CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 7 maggio 2020 ( 1 )

Causa C‑223/19

YS

contro

NK

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Landesgericht Wiener Neustadt (Tribunale del Land di Wiener Neustadt, Austria)]

«Domanda di pronuncia pregiudiziale – Politica sociale – Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di retribuzioni e sicurezza sociale – Direttiva 2006/54/CE – Previdenza complementare aziendale – Pensioni speciali – Pensioni aziendali in forma di promessa di prestazione diretta del datore di lavoro – Trattenuta di un contributo di garanzia pensionistica – Mancato adeguamento di pensioni speciali – Discriminazione indiretta degli uomini – Direttiva 2000/78/CE – Discriminazione in ragione dell’età – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 20 – Articolo 21 – Divieto di discriminazione fondata sul sesso, sul patrimonio e sull’età»

I. Introduzione

1.

Una normativa nazionale che, per garantire i redditi da pensione, introduca, tra l’altro, un contributo per «pensioni speciali» di importo particolarmente elevato, introduce una discriminazione nei confronti degli uomini, quali principali percettori di pensioni particolarmente elevate rispetto alle donne, che in media percepiscono pensioni decisamente più basse?

2.

Così si può riassumere la questione cruciale oggetto della presente domanda di pronuncia pregiudiziale.

3.

Per assicurare il finanziamento a lungo termine dei diritti a pensione, dalla fine degli anni ’90 il legislatore austriaco ha attuato diverse riforme. A tale riguardo, oltre all’assicurazione pensionistica legale e alle pensioni dei dipendenti pubblici, possono incidere indirettamente sulla spesa pubblica anche gli accordi relativi a pensioni aziendali sotto forma di cosiddette promesse di prestazioni dirette di imprese controllate dallo Stato. Infatti, con tali accordi un’impresa si impegna direttamente a versare con cadenza mensile al beneficiario, dal momento del suo pensionamento, un importo stabilito anticipatamente. Attraverso i minori dividendi versati agli azionisti, gli impegni di entità particolarmente elevata delle imprese pubbliche si ripercuotono quindi anche sulle entrate della pubblica amministrazione.

4.

L’attore nel procedimento principale (in prosieguo: l’«attore») percepisce una pensione aziendale di tale tipo in forma di una promessa di prestazione diretta da parte di un’impresa di cui lo Stato detiene la quota di maggioranza. Ora, da un lato, a partire dal 2015, il suo ex datore di lavoro trattiene un cosiddetto contributo di garanzia pensionistica sulla sua pensione aziendale. Dall’altro lato, nell’ambito della perequazione pensionistica per il 2018, per le imprese controllate dallo Stato è stato introdotto, nei casi in cui il reddito pensionistico complessivo dell’avente diritto alla prestazione supera un determinato importo, il divieto di applicare l’aumento annuale stabilito contrattualmente per tali pensioni aziendali.

5.

Poiché le disposizioni illustrate riguarderebbero un numero maggiore di uomini che di donne, e più anziani che giovani, l’attore le reputa discriminatorie e, pertanto, contrarie al diritto dell’Unione. Per questo motivo, nell’ambito del presente procedimento, la Corte è chiamata a precisare se le direttive antidiscriminazione e le disposizioni della Carta, in particolare i suoi articoli 20 e 21, ostino a siffatte normative nazionali.

II. Contesto normativo

A.   Diritto dell’Unione

1. Direttiva 2000/78/CE

6.

La direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (in prosieguo: la «direttiva 2000/78») ( 2 ), mira, sulla base del suo articolo 1, a stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni «fondate sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali».

7.

L’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva definisce l’ambito di applicazione della stessa nei seguenti termini:

«1.   Nei limiti dei poteri conferiti alla Comunità, la presente direttiva si applica a tutte le persone, sia del settore pubblico che del settore privato, compresi gli organismi di diritto pubblico, per quanto attiene:

(…)

c)

all’occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione; (…)».

2. Direttiva 2006/54/CE

8.

La direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (rifusione) (in prosieguo: la «direttiva 2006/54») ( 3 ), contiene tra l’altro, in conformità del suo articolo 1, disposizioni relative alle «condizioni di lavoro, compresa la retribuzione» e ai «regimi professionali di sicurezza sociale».

9.

L’articolo 2 della suddetta direttiva così dispone:

«1.   Ai sensi della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:

a)

discriminazione diretta: situazione nella quale una persona è trattata meno favorevolmente in base al sesso di quanto un’altra persona sia, sia stata o sarebbe trattata in una situazione analoga;

b)

discriminazione indiretta: situazione nella quale una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso, rispetto a persone dell’altro sesso, a meno che detta disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari;

(…)

e)

retribuzione: salario o stipendio normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore a motivo dell’impiego di quest’ultimo;

f)

regimi professionali di sicurezza sociale: regimi non regolati dalla direttiva 79/7/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale aventi lo scopo di fornire ai lavoratori, subordinati o autonomi, raggruppati nell’ambito di un’impresa o di un gruppo di imprese, di un ramo economico o di un settore professionale o interprofessionale, prestazioni destinate a integrare le prestazioni fornite dai regimi legali di sicurezza sociale o di sostituirsi ad esse, indipendentemente dal fatto che l’affiliazione a questi regimi sia obbligatoria o facoltativa».

10.

L’articolo 4 della direttiva 2006/54 stabilisce quanto segue:

«Per quanto riguarda uno stesso lavoro o un lavoro al quale è attribuito un valore uguale, occorre eliminare la discriminazione diretta e indiretta basata sul sesso e concernente un qualunque aspetto o condizione delle retribuzioni.

In particolare, qualora si utilizzi un sistema di classificazione professionale per determinare le retribuzioni, questo deve basarsi su principi comuni per i lavoratori di sesso maschile e per quelli di sesso femminile ed essere elaborato in modo da eliminare le discriminazioni fondate sul sesso».

11.

L’articolo 5 della direttiva 2006/54 così recita:

«Fermo restando quanto disposto dall’articolo 4, nei regimi professionali di sicurezza sociale è vietata qualsiasi discriminazione diretta o indiretta fondata sul sesso, specificamente per quanto riguarda:

(…)

c)

il calcolo delle prestazioni, comprese le maggiorazioni da corrispondere per il coniuge e per le persone a carico, nonché le condizioni relative alla durata e al mantenimento del diritto alle prestazioni».

B.   Normativa nazionale

1. Legge sulle pensioni aziendali

12.

In Austria la previdenza complementare aziendale è disciplinata dal Betriebspensionengesetz (legge sulle pensioni aziendali; in prosieguo: il «BPG») ( 4 ).

13.

Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, del BPG, la legge in questione si applica alle promesse di prestazioni di un datore di lavoro nei confronti di un lavoratore, nell’ambito di un rapporto di lavoro di diritto privato, ad integrazione dell’assicurazione pensionistica legale.

14.

L’articolo 2 del BPG prevede, al titolo «Tipi di promesse di prestazioni», quanto segue:

«Le promesse di prestazioni ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, sono impegni assunti dal datore di lavoro, a seguito di dichiarazioni unilaterali, accordi individuali o norme di contratti collettivi,

1.

a versare a un fondo pensione o a un ente ai sensi dell’articolo 5, punto 4, del Pensionenkassengesetz (legge in materia di fondi pensioni) (...) contributi a favore del lavoratore e dei superstiti dello stesso; (...)

2.

a erogare prestazioni direttamente al lavoratore e ai superstiti dello stesso (promessa di prestazione diretta):

3.

a versare premi per un’assicurazione sulla vita stipulata a favore del lavoratore e dei superstiti dello stesso».

2. Norme sulla trattenuta di un contributo di garanzia pensionistica

15.

La trattenuta di contributi di garanzia pensionistica si fonda sul Sonderpensionenbegrenzungsgesetz (legge sulla limitazione delle pensioni speciali; in prosieguo: lo «SpBegrG») ( 5 ) del 1o gennaio 2015. Quale novella legislativa di ampia portata, tale atto ha emendato diverse leggi federali, tra cui il Bundesverfassungsgesetz über die Begrenzung von Bezügen öffentlicher Funktionäre (legge costituzionale federale sulla limitazione delle retribuzioni dei funzionari pubblici; in prosieguo: il «BezBegrBVG») ( 6 ). Quest’ultima legge prevede l’introduzione di massimali per le retribuzioni di determinati funzionari federali e dipendenti pubblici. Inoltre essa consente al legislatore federale austriaco di imporre contributi di garanzia pensionistica sulle prestazioni pensionistiche e previdenziali di tali funzionari e sulle promesse di prestazioni dirette a favore di ex dipendenti da parte di enti che sono sottoposti al controllo del Rechnungshof (Corte dei conti), nei casi in cui tali retribuzioni o diritti superano un determinato massimale. L’articolo 10, paragrafo 6, del BezBegrBVG autorizza il legislatore del Land (Stato federato) a introdurre tale contributo di garanzia pensionistica a livello di Stato federato.

16.

Sulla base di detta autorizzazione, il Land della Bassa Austria ha adottato l’articolo 24a del Niederösterreichisches Landes- und Gemeindebezügegesetz (legge del Land della Bassa Austria sui compensi a livello di Land e di comuni; in prosieguo: il «NÖ Landes- und GemeindebezügeG») ( 7 ). La disposizione di cui trattasi è formulata come segue:

«(1)   Gli aventi diritto a prestazioni pensionistiche e previdenziali in forza di promesse di prestazioni

a)

da parte di enti costituiti con legge del Land;

b)

da parte di enti che, in considerazione della partecipazione di maggioranza o del controllo di fatto esercitato mediante misure economiche, finanziarie oppure organizzative, da parte del Land della Bassa Austria, di uno o più comuni o di un’associazione di comuni della Bassa Austria, sono soggetti al controllo della Corte dei conti;

devono corrispondere un contributo di garanzia pensionistica per ogni quota eccedente la base contributiva mensile massima ai sensi dell’articolo 45 [dell’ASVG (legge generale sulla previdenza sociale)]. Ciò vale anche per il pagamento di premi.

(2)   Tale contributo di garanzia pensionistica dev’essere trattenuto dall’ente erogante e dev’essere versato all’ente costituito ai sensi della legge dello Stato federato o all’impresa da cui provengono le prestazioni pensionistiche o previdenziali.

(3)   Il contributo di garanzia pensionistica ammonta al:

1.

5% per la parte eccedente il 100% della base contributiva massima mensile, ma inferiore al 150%;

2.

10% per la parte eccedente il 150% della base contributiva massima mensile, ma inferiore al 200%;

3.

20% per la parte eccedente il 200% della base contributiva massima mensile, ma inferiore al 300%, e

4.

25% per la parte eccedente il 300% della base contributiva massima mensile».

17.

Dall’ordinanza di rinvio emerge che la nozione di «promessa di prestazione» di cui all’articolo 24a, paragrafo 1, del NÖ Landes- und GemeindebezügeG comprende solo premesse di prestazioni dirette ai sensi dell’articolo 2, punto 2, del BPG. Infatti, solo tali promesse di prestazioni dirette rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 1 dello SpBegrG e sono quindi legittimate sul fondamento dell’articolo 10, paragrafo 6, del BezBegrBVG ( 8 ).

3. Norme sulla limitazione degli aumenti delle pensioni

18.

Ai sensi degli articoli 108f e 108h dell’Allgemeines Sozialversicherungsgesetz (legge generale sulla previdenza sociale; in prosieguo: l’«ASVG») ( 9 ), gli importi delle pensioni legali sono adeguati annualmente in base a un cosiddetto indice di perequazione legato all’andamento dei prezzi al consumo.

19.

Per l’anno 2018, il Pensionsanpassungsgesetz 2018 (legge sulla perequazione delle pensioni del 2018; in prosieguo: il «PAG 2018») ( 10 ) ha modificato tale meccanismo di adeguamento. In concreto, con il PAG 2018 è stato introdotto l’articolo 711 dell’ASVG, che prevede il seguente scaglionamento degli aumenti delle pensioni:

«(1)   In deroga all’articolo 108 h, paragrafi 1, prima frase, e 2, per il 2018 l’aumento delle pensioni non è basato sull’indice di perequazione, bensì deve essere effettuato secondo le seguenti modalità:

Il reddito complessivo da pensione (paragrafo 2) va adeguato

1.

per importi mensili non superiori a EUR 1500, del 2,2%;

2.

per importi mensili superiori a EUR 1500 fino a EUR 2000, di EUR 33;

3.

per importi mensili superiori a EUR 2000 fino a EUR 3355, dell’1,6%;

4.

per importi mensili superiori a EUR 3355 fino a EUR 4980, la pensione deve essere maggiorata di un’aliquota che diminuisce in modo lineare tra i sopra citati valori, dall’1,6% fino allo 0%.

Per redditi complessivi da pensione mensili superiori a EUR 4980 non si applica alcun adeguamento.

(2)   Il reddito complessivo da pensione di una persona è la somma di tutte le pensioni percepite dall’assicurazione pensionistica legale, spettanti ai sensi delle disposizioni vigenti al 31 dicembre 2017. (...) Sono considerate parte del reddito complessivo da pensione anche tutte le prestazioni rientranti nello [SpBegrG], spettanti al beneficiario al 31 dicembre 2017.

(…)

(6)   (...) (norma di rango costituzionale) L’adeguamento per il 2018 di prestazioni rientranti nello [SpBegrG] non deve superare l’aumento previsto al paragrafo 1, tenuto conto del reddito complessivo da pensione (paragrafo 2)».

III. Fatti e domanda di pronuncia pregiudiziale

20.

L’attore è un ex dipendente della NK, la convenuta nel procedimento principale (in prosieguo: la «convenuta»). La convenuta è una società per azioni quotata in borsa, di cui lo Stato federato Bassa Austria detiene una partecipazione di maggioranza del 51%.

21.

In data 2 marzo 1992 l’attore, nel corso del proprio rapporto di lavoro, stipulava con la convenuta un contratto pensionistico contenente una promessa di prestazione diretta. Per tale nozione si deve intendere un obbligo unilaterale assunto dal datore di lavoro di versare direttamente al lavoratore, una volta terminato il rapporto di lavoro, una pensione aziendale di una determinata entità, finanziata dalle riserve dell’impresa. Il contratto dell’attore prevede inoltre una cosiddetta clausola di garanzia del valore, secondo la quale gli importi da corrispondere aumentano annualmente della stessa percentuale che si applica alle retribuzioni della rispettiva categoria massima in base al contratto collettivo in vigore per i dipendenti della convenuta.

22.

L’attore è in pensione dal 1o aprile 2010, e per tale motivo percepisce diverse prestazioni pensionistiche. Tra l’altro, dal 17 dicembre 2010 riceve dalla convenuta, a seguito della promessa di prestazione diretta del 2 marzo 1992, una pensione aziendale.

23.

A partire dal 1o gennaio 2015 la convenuta trattiene una parte di tale pensione a titolo di contributo di garanzia pensionistica ai sensi dell’articolo 24a del Landes- und GemeindebezügeG.

24.

Inoltre, nel 2018 la convenuta non ha adeguato l’importo da versare in conformità della clausola di garanzia del valore, poiché a tale pensione si applicano le disposizioni del PAG 2018, in particolare il nuovo articolo 711, paragrafo 6, dell’ASVG, secondo cui determinati diritti a pensione non vengono adeguati qualora il reddito complessivo da pensione di una persona superi l’importo di EUR 4980.

25.

L’attore ha impugnato nel procedimento principale sia la trattenuta di contributi di garanzia pensionistica, sia il mancato adeguamento della sua pensione aziendale nel 2018. In sostanza egli adduce che le normative nazionali su cui si fondano entrambi i provvedimenti lo discriminerebbero a motivo del suo sesso, dell’età e del patrimonio e che sarebbero contrarie sia alle direttive sulla parità di trattamento che alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Infatti, tali disposizioni comporterebbero riduzioni soprattutto per le pensioni di importo particolarmente elevato erogate in base a vecchi contratti e riguarderebbero un numero nettamente superiore di uomini rispetto a quello delle donne.

26.

In tale contesto, il Landesgericht Wiener Neustadt (Tribunale del Land di Wiener Neustadt, Austria) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali.

«1)

Se rientrino nel campo di applicazione della [direttiva 79/7/CEE ( 11 )] e/o della [direttiva 2006/54] disposizioni di uno Stato membro che producano l’effetto che, al momento dell’erogazione delle pensioni aziendali, l’ex datore di lavoro deve trattenere somme di denaro da un numero notevolmente più elevato di uomini aventi diritto alla pensione aziendale che di donne aventi diritto alla pensione aziendale e possa utilizzare dette somme liberamente, e se tali disposizioni siano discriminatorie ai sensi delle citate direttive.

2)

Se rientrino nel campo di applicazione della [direttiva 2000/78] disposizioni di uno Stato membro che discriminino in base all’età, ponendo un onere economico solo a carico di persone anziane che abbiano un diritto di natura privatistica all’erogazione di una pensione aziendale pattuita in forma di promessa di prestazione diretta, mentre le persone meno anziane e giovani che abbiano stipulato contratti relativi alle pensioni aziendali sono escluse da tale onere economico.

3)

Se le disposizioni della [Carta] e, in particolare, i divieti di discriminazione di cui ai suoi articoli 20 e 21, siano applicabili alle pensioni aziendali anche qualora le disposizioni di uno Stato membro non comportino discriminazioni come quelle vietate dalle direttive 79/7, 2000/78 e 2006/54.

4)

Se gli articoli 20 e ss. della [Carta] debbano essere interpretati nel senso che ostano a disposizioni di uno Stato membro che diano attuazione al diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51 della [Carta] e che discriminino persone che vantano un diritto di natura privatistica a una pensione aziendale, rispetto ad altre persone che vantano un diritto a una pensione aziendale, in base al sesso, all’età, al patrimonio o per altri motivi, come, ad esempio, l’attuale assetto proprietario dell’ex datore di lavoro, e se la [Carta] proibisca siffatte forme di discriminazione.

5)

Se disposizioni nazionali che impongono prestazioni finanziarie in favore dell’ex datore di lavoro solo a un gruppo ristretto di persone che vantano diritti contrattuali a una pensione aziendale in forma di promessa di prestazione diretta siano discriminatorie anche in base al patrimonio, ai sensi dell’articolo 21 della [Carta], quando siano colpite solo persone con pensioni aziendali elevate.

6)

Se l’articolo 17 della [Carta] debba essere interpretato nel senso che osta a disposizioni di uno Stato membro che prevedano un’ingerenza con effetto espropriativo, la quale avvenga direttamente per legge e senza il pagamento di un’indennità, nell’accordo stipulato tra due privati in merito a una pensione aziendale in forma di promessa di prestazione diretta, a carico dell’ex lavoratore dipendente di un’impresa che abbia istituito l’erogazione della pensione aziendale e che non si trovi in difficoltà economiche.

7)

Se un obbligo previsto per legge a carico dell’ex datore di lavoro di una persona che vanta un diritto a una pensione aziendale di non erogare parte della remunerazione pattuita (la pensione aziendale pattuita) rappresenti, quale violazione della libertà contrattuale, un’ingerenza nel diritto di proprietà del datore di lavoro.

8)

Se l’articolo 47 della [Carta] debba essere interpretato nel senso che osta a disposizioni di uno Stato membro che prevedano l’espropriazione direttamente per legge e non contemplino nessun rimedio contro quest’ultima, se non quello di agire nei confronti del beneficiario dell’espropriazione (ossia l’ex datore di lavoro, debitore nell’ambito del contratto pensionistico), chiedendo il risarcimento dei danni e il rimborso delle somme di denaro espropriate.

27.

Nel procedimento dinanzi alla Corte hanno presentato osservazioni scritte l’attore, la Repubblica d’Austria e la Commissione europea. All’udienza del 22 gennaio 2020 erano presenti tali parti e la convenuta.

IV. Analisi giuridica

28.

Il presente procedimento di pronuncia pregiudiziale verte su due normative nazionali che incidono sull’ammontare della pensione aziendale percepita dall’attore dal suo datore di lavoro, una società controllata dallo Stato, sulla base di una cosiddetta promessa di prestazione diretta.

29.

Fino al momento dell’introduzione del fondo pensioni aziendale il 1o luglio 1990, dette promesse di prestazioni dirette costituivano la forma usuale di previdenza complementare aziendale in Austria. Con tali accordi il datore di lavoro si impegna a versare mensilmente al lavoratore, dal momento del suo pensionamento, un importo di una determinata entità. I lavoratori in posizioni direttive hanno spesso potuto raggiungere in tal modo accordi sulle pensioni aziendali particolarmente redditizi. Nel frattempo, la maggior parte dei datori di lavoro hanno iniziato a fare versamenti mensili, nel corso del rapporto di lavoro, in un fondo pensioni aziendale o a favore di una polizza di assicurazione sulla vita.

30.

A partire dal 2005, da un lato, sulle pensioni aziendali come quella dell’attore, il cui importo supera un determinato limite, viene attualmente trattenuto un cosiddetto contributo di garanzia pensionistica. Dall’altro lato, nel 2018 la pensione aziendale dell’attore non è stata adeguata, contrariamente alla clausola di garanzia del valore prevista contrattualmente, in quanto la sua pensione complessiva - di cui fanno parte, oltre alla pensione legale, anche promesse di prestazioni dirette di imprese controllate dallo Stato - supera il massimale di EUR 4980.

31.

Stando alle affermazioni del giudice del rinvio, le normative in discussione riguardano, da un punto di vista statistico, più uomini che donne, più anziani che giovani e più persone benestanti di quelle che dispongono di pochi mezzi. Esso chiede pertanto se dette disposizioni siano compatibili con i divieti di discriminazione (indiretta) a motivo del sesso e dell’età contenuti nelle direttive 79/7, 2000/78 e 2006/54. Esso prende inoltre in considerazione violazioni degli articoli 17, 20, 21 e 47 della Carta.

32.

In concreto, con le prime due questioni, il giudice del rinvio sostanzialmente chiede se le citate direttive siano applicabili (v., a tale proposito, la sezione A.) e se le normative nazionali configurino una discriminazione indiretta a motivo del sesso (v., a tale proposito, la sezione B.) o dell’età (v., a tale proposito, la sezione C.). Esso solleva altresì la questione dell’applicabilità della Carta nel procedimento principale e, in caso di risposta affermativa, dell’interpretazione da dare a tali diritti fondamentali in relazione alle disposizioni controverse (v., a tale proposito, la sezione D.).

A.   Sull’ambito di applicazione delle direttive 79/7, 2000/78 e 2006/54 (prima parte della prima e della seconda questione pregiudiziale)

33.

Con la prima parte, rispettivamente, delle prime due questioni, che occorre esaminare congiuntamente in via preliminare, il giudice del rinvio chiede se normative come quelle di cui trattasi nel procedimento principale ricadano nell’ambito di applicazione delle direttive 79/7, 2000/78 e 2006/54.

34.

Per quanto riguarda la direttiva 79/7, emerge dal suo articolo 3, paragrafo 1, lettera a), che essa trova applicazione unicamente a regimi legali ( 12 ). Le disposizioni controverse nel procedimento principale di cui all’articolo 24a del NÖ Landes- und GemeindebezügeG e all’articolo 711, paragrafo 6, dell’ASVG riguardano invece promesse di prestazioni che, sulla base della definizione giuridica di cui all’articolo 1, paragrafo 1, del BPG, sono di natura contrattuale.

35.

Le pensioni aziendali di questo tipo rientrano nell’ambito di applicazione delle direttive 2000/78 e 2006/54.

36.

Infatti, in quanto obblighi contrattuali aventi, tra l’altro, lo scopo di assicurare ai lavoratori di un’impresa diritti supplementari rispetto al regime pensionistico legale, esse costituiscono un regime professionale di sicurezza sociale ai sensi dell’articolo 1, secondo comma, lettera c), della direttiva 2006/54. Inoltre, secondo una costante giurisprudenza, le pensioni aziendali sono comprese nella nozione di retribuzione di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2000/78 e all’articolo 1, secondo comma, lettera b), della direttiva 2006/54 ( 13 ).

37.

A parere del governo austriaco, tuttavia, le disposizioni controverse non dovrebbero ricadere nell’ambito di applicazione di tali direttive, in quanto costituirebbero una sorta di imposta straordinaria a carico di diritti a pensione di entità particolarmente elevata. A tale riguardo, detto governo si fonda sulla sentenza pronunciata dalla Corte nella causa C, in cui quest’ultima ha dichiarato che l’introduzione di un’imposta addizionale sui redditi pensionistici che superano una determinata soglia, che sia priva di un legame con il contratto di lavoro, non rientra nell’ambito di applicazione delle direttive in esame ( 14 ).

38.

Si deve tuttavia, in primo luogo, obiettare a tale argomento che, nella causa C, la Corte ha considerato che il prelievo di un’imposta non riguarda le modalità o i criteri di determinazione dell’importo delle prestazioni corrisposte al lavoratore in ragione del precedente rapporto di lavoro. In tal senso, detto prelievo non presenta alcun nesso con la quantificazione della «retribuzione» ai sensi della direttiva 2000/78 ( 15 ).

39.

Per contro, l’articolo 24a del NÖ Landes- und GemeindebezügeG e l’articolo 711, paragrafo 6, dell’ASVG incidono direttamente sull’entità della pensione aziendale dovuta dal datore di lavoro all’ex dipendente interessato sulla base dei relativi accordi complementari al contratto di lavoro. Infatti, con la trattenuta del contributo di garanzia pensionistica e il divieto di adeguamento in conformità della clausola di garanzia del valore, il datore di lavoro è tenuto a versare all’ex dipendente un importo inferiore a quello pattuito contrattualmente.

40.

In secondo luogo, negando che quella fattispecie rientrasse nell’ambito di applicazione delle direttive, la Corte ha preso come fondamento una nozione formale di imposta basandosi sulla circostanza che la tassazione dei redditi pensionistici rientra nella competenza esclusiva degli Stati membri in materia di diritto tributario ( 16 ). Il mero scopo perseguito dalle disposizioni nella specie controverse, ovvero di aumentare le entrate della pubblica amministrazione assicurando in tal modo il finanziamento sostenibile dei diritti a pensione, non è tuttavia ancora sufficiente per considerare le stesse come norme tributarie.

41.

Dalle considerazioni che precedono si desume l’applicabilità delle direttive 2006/54 e 2000/78.

B.   Sulla discriminazione indiretta a motivo del sesso (prima questione pregiudiziale)

42.

Con la seconda parte della prima questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede, da un lato, se gli articoli 4, secondo comma, e 5, lettera c), della direttiva 2006/54 debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che, per i percettori di determinate «pensioni speciali», segnatamente promesse di prestazioni dirette da parte di imprese controllate dallo Stato, di importo superiore a un massimale stabilito per legge, prevede la trattenuta di un contributo di garanzia pensionistica, se più uomini che donne beneficino di diritti che si collocano al di sopra di tale soglia.

43.

Dall’altro lato, il giudice del rinvio chiede se gli articoli 4, secondo comma, e 5, lettera c), della direttiva 2006/54 ostino a una normativa che, per l’anno 2018, a partire da un reddito complessivo da pensione di EUR 4980, esclude totalmente l’aumento previsto contrattualmente di una promessa di prestazione diretta di un’impresa controllata dallo Stato, laddove più uomini che donne beneficino di un diritto di tale entità.

44.

Gli articoli 4, secondo comma, e 5, lettera c), della direttiva 2006/54 vietano qualsiasi discriminazione diretta o indiretta fondata sul sesso concernente aspetti della retribuzione e nell’ambito dei regimi professionali di sicurezza sociale, in particolare per quanto riguarda il calcolo delle prestazioni.

45.

Una discriminazione diretta basata sul sesso è esclusa nella specie, in quanto né l’articolo 24a del NÖ Landes- und GemeindebezügeG, né l’articolo 711, paragrafo 6, dell’ASVG collegano l’obbligo di corrispondere il contributo di garanzia pensionistica o il mancato adeguamento della pensione aziendale al sesso del percettore.

46.

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/54, può tuttavia sussistere una discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una posizione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso rispetto a persone dell’altro sesso ( 17 ).

47.

Su tale base, l’accertamento di una discriminazione indiretta avviene in due fasi. Nella prima fase occorre verificare se sussista una disparità di trattamento con riferimento a un criterio di differenziazione «neutro» (v. in proposito più avanti, sub 1.) ( 18 ). Solo una volta appurata tale condizione si deve verificare, in una seconda fase, se lo svantaggio procurato dalla normativa riguardi in particolare persone appartenenti a uno dei sessi rispetto a quelle appartenenti all’altro sesso (v. in proposito più avanti, sub 2. e 3.) ( 19 ). Infine, si pone eventualmente la questione di una possibile giustificazione (v. in proposito sub 4.).

1. Sulla presenza di una disparità di trattamento fondata su «disposizioni, criteri o prassi neutri»

48.

L’articolo 24a del NÖ Landes- und GemeindebezügeG e l’articolo 711, paragrafo 6, dell’ASVG collegano l’obbligo di corrispondere un contributo di garanzia pensionistica o il mancato adeguamento della pensione aziendale a tre presupposti (neutri): in primo luogo, una persona deve avere diritto a una promessa di prestazione diretta; in secondo luogo, quest’ultima deve provenire da un’impresa controllata dallo Stato e, in terzo luogo, il diritto deve essere superiore a EUR 5370 ( 20 ) ovvero a EUR 4980 ( 21 ).

49.

A parere del giudice del rinvio, le norme controverse determinano pertanto una disparità di trattamento dei pensionati a motivo del tipo della promessa di prestazione di cui sono beneficiari, del tipo di ente debitore della promessa di prestazione e dell’entità del diritto.

50.

Infatti, né gli aventi diritto ad altre pensioni aziendali di importi superiori ai rispettivi limiti, ovvero a promesse relative a fondi pensione o a un’assicurazione sulla vita (differenziazione in base al tipo di promessa di prestazione), né gli aventi diritto a prestazioni dirette di analoga entità da parte di imprese private (differenziazione in base al tipo di ente debitore), né i percettori di promesse di prestazioni dirette di imprese controllate dallo Stato i cui diritti sono inferiori al limite massimo stabilito (differenziazione in base all’entità del diritto) sono tenuti ai sensi dell’articolo 24a del NÖ Landes- und GemeindebezügeG e dell’articolo 711, paragrafo 6, dell’ASVG a versare un contributo di garanzia pensionistica o sono interessati dall’esclusione dall’adeguamento delle pensioni.

51.

Per quanto riguarda i primi due criteri, appare già dubbia la presenza di una disparità di trattamento. Infatti, secondo una giurisprudenza costante, una discriminazione può consistere solo nell’applicazione di norme diverse a situazioni analoghe ( 22 ). Nella valutazione della comparabilità occorre nuovamente fare riferimento alle finalità della misura concreta ( 23 ).

52.

In tale contesto occorre ricordare che le norme controverse mirano in particolare, secondo le affermazioni del governo austriaco, ad aumentare le entrate della pubblica amministrazione. Infatti, benché le promesse di prestazioni dirette non siano direttamente a carico dello Stato, ma delle riserve dell’impresa interessata, gli impegni di importo particolarmente elevato riducono gli utili delle imprese e di conseguenza la loro distribuzione alla pubblica amministrazione. La trattenuta di un contributo di garanzia pensionistica, come il mancato adeguamento delle pensioni aziendali di ex dipendenti particolarmente meritevoli di imprese controllate dallo Stato, recherebbe pertanto indirettamente vantaggi anche al settore pubblico.

53.

Per tale motivo, l’ambito di applicazione delle norme in questione è limitato alle promesse di prestazioni dirette di imprese controllate dallo Stato. Le pensioni aziendali a carico di un fondo pensioni o di un’assicurazione non costituiscono più, infatti, obblighi del datore di lavoro. Di conseguenza tale tipo di pensioni aziendali, anche nel caso di imprese controllate dallo Stato, non hanno alcuna incidenza indiretta sulla spesa pubblica. Lo stesso vale anche per gli obblighi relativi a pensioni aziendali di imprese private.

54.

Alla luce delle finalità delle misure, appare già impossibile comparare la situazione dei percettori di altri tipi di pensioni aziendali e degli ex dipendenti di imprese private con quella dei percettori di promesse di prestazioni dirette di imprese a controllo pubblico.

55.

Comunque, secondo il parere del giudice del rinvio, proprio l’importo del diritto a prestazioni è il criterio decisivo che comporterebbe una discriminazione indiretta degli uomini, in quanto più uomini che donne beneficiano di diritti di tale elevata entità. Per quanto riguarda la disparità di trattamento di persone aventi diritti a prestazioni di entità superiore e inferiore ai rispettivi limiti, si potrebbe altresì sollevare la questione se addirittura sia opportuno, data la loro diversa capacità finanziaria, un loro pari trattamento riguardo a un contributo destinato ad assicurare il finanziamento delle pensioni. Ritengo tuttavia che tale questione assuma rilevanza solo nel quadro di un eventuale esame dei motivi giustificativi. Nel prosieguo occorre anzitutto esaminare se, di fatto, la condizione legata all’entità del diritto a prestazioni abbia effetti discriminatori indiretti.

2. Sullo svantaggio specifico per gli uomini derivante dal riferimento al criterio apparentemente neutro

56.

Nell’accertare la presenza di una discriminazione indiretta si riscontrano tipicamente problemi nella valutazione della questione se il riferimento a un criterio apparentemente neutro provochi particolari svantaggi di genere.

57.

Secondo la giurisprudenza, a tale scopo possono essere presi in considerazione, tra l’altro, dati statistici ( 24 ). A tale proposito occorre calcolare due rapporti, ovvero due percentuali, per stabilire se il criterio in discussione procuri svantaggi a un maggior numero di uomini che di donne ( 25 ).

58.

Per contro, non è sufficiente considerare cifre assolute, poiché queste dipendono dal numero complessivo di lavoratori attivi in uno Stato membro e da quanti di questi sono uomini e donne ( 26 ).

59.

In tale contesto si osserva anzitutto che, a quanto pare, il giudice del rinvio si è limitato a una siffatta analisi di cifre assolute. Esso ha semplicemente constatato - del resto senza neppure presentare cifre esatte - che un maggior numero di uomini rispetto a donne ha versato un contributo di garanzia pensionistica ovvero non ha ricevuto, ai sensi dell’articolo 711, paragrafo 6, dell’ASVG, alcun adeguamento della pensione aziendale.

60.

Il giudice del rinvio sembra in tal modo aver raffrontato il numero di uomini soggetti all’obbligo di corrispondere un contributo di garanzia pensionistica, ovvero colpiti dal mancato adeguamento delle pensioni aziendali, con il numero di donne interessate da tali misure ( 27 ). In altre parole, esso ha considerato unicamente il gruppo di persone che soddisfano il criterio controverso, ovvero i cui diritti superano il massimale stabilito. Se tuttavia, in relazione a tale gruppo, si calcolano i necessari rapporti percentuali, è giocoforza constatare che sono interessati il 100% degli uomini e il 100% delle donne.

61.

Un mero confronto di dette cifre assolute può per di più essere distorto da elementi congiunturali o specifici di un dato settore o da altri fattori. Nella specie, ad esempio, tali cifre dipendono dal numero di donne e di uomini che fino alla fine degli anni ’90 lavoravano in posizioni direttive in imprese controllate dallo Stato. Infatti, è molto probabile che solo dette persone fossero in pratica nella condizione di negoziare diritti di importo superiore al massimale di EUR 5730 ovvero di EUR 4980 ( 28 ).

62.

Pertanto, la Corte ha già affermato, da una parte, che spetta al giudice del rinvio prendere in considerazione l’insieme dei lavoratori assoggettati alla normativa nazionale da cui ha origine la disparità di trattamento e, dall’altra, che il miglior metodo di comparazione consiste nel comparare le proporzioni rispettive dei lavoratori che sono colpiti dalla norma in questione nell’ambito della manodopera maschile e le medesime proporzioni nell’ambito della manodopera femminile ( 29 ). In altre parole, occorre determinare le quote rispettive di lavoratori colpiti da tale disparità di trattamento tra le persone di sesso maschile e quelle di sesso femminile, rapportate alla cerchia di persone determinata dalla sfera di applicazione della normativa controversa ( 30 ). Tale cerchia non comprende necessariamente tutti i lavoratori o i pensionati dello Stato membro interessato ( 31 ).

63.

Solo limitando in tal modo la cerchia delle persone considerate è possibile stabilire se la normativa in discussione e il criterio ivi controverso hanno effettivamente un effetto discriminatorio indiretto, ed escludere nel contempo che i risultati siano influenzati da altri fattori.

64.

Ciò emerge con particolare evidenza sulla base della situazione all’origine del procedimento principale. Si otterrebbe un quadro distorto se si mettesse in relazione il rispettivo numero di uomini e donne soggetti agli obblighi oggetto della controversia con, da un lato, tutti gli attuali pensionati di sesso maschile e, dall’altro, quelli di sesso femminile. Infatti, non si terrebbe così conto del fatto che la cerchia di persone che, fino agli anni ’90, potevano concludere accordi relativi a pensioni aziendali era con tutta probabilità composta da un numero notevolmente superiore di uomini che di donne. Allo stesso modo si includerebbero nel rapporto percentuale donne che in quel periodo certamente lavoravano, ma alle quali, per il tipo di occupazione o la proporzione del loro tempo di lavoro, non è stato offerto alcun accordo di pensione aziendale integrativa oltre il regime pensionistico legale. Il risultato del confronto rifletterebbe quindi solo le condizioni di politica sociale dell’epoca, ma non gli eventuali effetti di discriminazione indiretta delle disposizioni in esame.

65.

Pertanto il giudice del rinvio deve correlare, da un lato, il numero di uomini che beneficiano di un diritto a prestazioni superiori al massimale in questione con il numero totale di uomini che percepiscono una promessa di prestazione diretta da un’impresa controllata dallo Stato. La percentuale in tal modo ottenuta va poi raffrontata alla percentuale di donne che beneficiano di un diritto a prestazioni per un importo superiore al massimale di cui trattasi rispetto al numero totale di donne che percepiscono una promessa di prestazione diretta da un’impresa controllata dallo Stato,.

66.

In tale contesto, se risultasse che la percentuale delle donne interessate, su un numero totale, date le circostanze, relativamente basso di donne che rientrano nell’ambito di applicazione della normativa, non è affatto di molto inferiore alla percentuale di uomini interessati, all’interno di una cerchia probabilmente molto più ampia di uomini, non sarebbe di conseguenza lecito trarre automaticamente la conclusione che le norme in discussione determinino una discriminazione indiretta in base al sesso.

67.

Spetta esclusivamente al giudice del rinvio valutare in via definitiva se i dati così ottenuti siano significativi ( 32 ).

68.

Nella presente fattispecie, potrebbero sorgere dubbi sull’attendibilità dei dati se si riscontrasse, per esempio, una distribuzione anomala, cioè inattesa, di uomini e donne nell’ambito di applicazione delle disposizioni. L’ordinanza di rinvio non fornisce tuttavia indizi in tal senso. In particolare, non sembra che il giudice del rinvio si fondi su cifre in base alle quali, in confronto alla distribuzione dei sessi tra i pensionati in generale, tra gli ex dipendenti di imprese controllate dallo Stato si troverebbe un numero estremamente elevato di uomini. Non risulta neppure che esso disponga di dati secondo cui, nella cerchia di percettori di pensioni aziendali, i beneficiari di una promessa di prestazione diretta di sesso maschile siano in percentuale più numerosi delle donne. Al contrario, anzi, dall’ordinanza di rinvio si evince che fino agli anni ’90 le promesse di prestazioni dirette costituivano il modello ricorrente di pensioni aziendali, ovvero il 100% di uomini e il 100% di donne a cui all’epoca veniva offerta una pensione aziendale ricevevano una promessa di prestazione diretta.

69.

Dalle considerazioni che precedono emerge altresì che la limitazione dell’ambito di applicazione delle disposizioni in esame alle promesse di prestazioni dirette da parte di imprese controllate dallo Stato in quanto tali (escludendo altri tipi di pensioni aziendali e i datori di lavoro privati) non comporta di per sé evidentemente alcuna discriminazione indiretta a motivo del sesso ( 33 ).

3. Sull’accertamento di uno svantaggio particolare per gli uomini nel caso concreto

70.

All’udienza la convenuta ha osservato che è possibile che i dati statistici necessari non siano disponibili. Infatti, avendo i diritti a prestazione origine da contratti individuali, non sarebbe possibile rilevare in generale quanti uomini e quante donne percepiscono promesse di prestazioni dirette da imprese controllate dallo Stato e quanti di loro beneficiano di diritti di importo superiore ai massimali stabiliti dall’articolo 24a del NÖ Landes- und GemeindebezügeG e dall’articolo 711, paragrafo 6, dell’ASVG.

71.

Tutt’al più si potrebbero presentare dati riguardanti il numero di uomini e di donne che beneficiano di una promessa di prestazione diretta della convenuta e, tra questi, il numero di uomini e di donne che rispettivamente hanno un obbligo di corresponsione di un contributo di garanzia pensionistica o sono esclusi dall’adeguamento dei diritti loro spettanti.

72.

A tale proposito occorre ricordare che i dati statistici non rappresentano affatto l’unico mezzo per provare una discriminazione indiretta. Secondo la giurisprudenza, viene attribuito loro unicamente una valenza di indizi ( 34 ). Per il resto, le perplessità di fondo che emergono sull’utilizzo di dati statistici in questo contesto sono già state discusse in altra sede ( 35 ). Per questo motivo, il diritto nazionale può prevedere che la prova di una discriminazione indiretta sia accertata con qualsiasi mezzo ( 36 ).

73.

Inoltre, la Corte ha già dichiarato che il fatto che non siano accessibili dati statistici pertinenti, nell’ambito dell’accertamento di una discriminazione, non deve rischiare di compromettere la realizzazione dell’obiettivo perseguito dalla direttiva medesima, privandola in tal modo del suo effetto utile ( 37 ). In tale contesto, la Corte ha stabilito, nella sentenza Schuch-Ghannadan, che in determinate circostanze è possibile far ricorso ad altri dati disponibili ( 38 ).

74.

In ultima analisi è determinante se il giudice del rinvio, cui spetta in via esclusiva valutare gli elementi di fatto, si convinca nell’ambito dell’esame di tali dati alternativi che essi siano validi, rappresentativi e significativi e non riflettano fenomeni puramente fortuiti o congiunturali ( 39 ). Prendendo in considerazione i dati della convenuta, esso dovrebbe di conseguenza valutare se la distribuzione di uomini e donne nella cerchia di persone che percepiscono prestazioni dalla convenuta sulla base di una promessa di prestazione diretta corrisponda all’incirca alla suddivisione di uomini e donne nella cerchia di persone che rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 24a del NÖ Landes- und GemeindebezügeG e dell’articolo 711, paragrafo 6, dell’ASVG.

4. Sulla giustificazione di un’eventuale discriminazione in base al sesso

75.

Qualora il giudice del rinvio pervenga alla conclusione che le ingerenze nei diritti pensionistici oggetto della controversia fondano una discriminazione indiretta a motivo del sesso, esso dovrà infine verificare se tali ingerenze siano oggettivamente giustificate da una finalità legittima, estranea a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso, e se i mezzi prescelti per il conseguimento della finalità perseguita siano appropriati e necessari ( 40 ).

76.

A tale proposito occorre rilevare, in via preliminare, che un effetto di discriminazione indiretta delle disposizioni, qualora dovesse essere accertato dal giudice del rinvio, è in ogni caso collegato a una condizione di disparità già esistente. Infatti, una quota prevalente di uomini colpiti da tale discriminazione sarebbe con tutta probabilità riconducibile unicamente al fatto che, in media, gli uomini continuano, come in passato, a percepire retribuzioni più alte delle donne e sono sovrarappresentati nelle posizioni direttive. Diversamente dagli altri casi finora decisi, quindi, nella specie non viene ulteriormente inasprita la disparità economica esistente tra i sessi ( 41 ). Ne deriva che i requisiti per la giustificazione di un’eventuale discriminazione indiretta sono proporzionalmente di minore portata.

77.

Secondo le indicazioni fornite dal governo austriaco, le normative controverse perseguono sostanzialmente due obiettivi. Da un lato, esse mirano a ridurre l’onere a carico del bilancio pubblico derivante da pensioni di importo particolarmente elevato nel settore pubblico e para-pubblico ( 42 ). Dall’altro lato, alla luce delle notevoli differenze di importo dei diritti a pensione, percepite come ingiuste, dette normative perseguono l’obiettivo di un generale ravvicinamento del livello delle pensioni.

78.

La Corte riconosce in linea di principio che assicurare il buon funzionamento dei regimi previdenziali di tipo contributivo e garantirne l’equilibrio finanziario costituiscono legittimi obiettivi di politica sociale ( 43 ). Inoltre, essa attribuisce agli Stati membri un ampio margine discrezionale in relazione agli obiettivi da questi perseguiti in materia di politica sociale e di occupazione ( 44 ). Tuttavia, secondo una costante giurisprudenza, gli strumenti scelti per realizzare detti obiettivi devono essere attuati in maniera coerente e sistematica ( 45 ).

79.

Al riguardo, alla luce dell’obiettivo di ridurre gli oneri per il bilancio pubblico, occorre in primo luogo osservare che lo SpBegrG contiene anche disposizioni sulla limitazione delle retribuzioni di dipendenti e funzionari pubblici in generale, nonché norme sulla trattenuta di contributi di garanzia pensionistica a carico di tali gruppi di persone che beneficiano di prestazioni previdenziali finanziate direttamente con risorse pubbliche ( 46 ). Inoltre, l’articolo 711, paragrafo 1, dell’ASVG introduce per l’anno 2018 anche una diminuzione progressiva dell’adeguamento pensionistico per gli aventi diritto del regime pensionistico legale, che prevede la completa esclusione dell’adeguamento al di sopra del massimale di EUR 4980. Di conseguenza, il legislatore sembra perseguire l’obiettivo del contenimento della spesa pubblica in modo completo e sistematico.

80.

In secondo luogo, all’udienza è stato effettivamente più volte sottolineato che le disposizioni controverse non obbligano le imprese controllate dallo Stato a utilizzare le risorse risparmiate per costituire riserve destinate alle pensioni. Per tale motivo non sarebbe certo che da tali disposizioni possa veramente derivare un contributo per il finanziamento delle pensioni. In tale contesto si deve tuttavia rilevare che, nei casi in cui detiene una quota maggioritaria, la pubblica amministrazione potrebbe comunque ottenere una distribuzione di utili. In tal modo sarebbe possibile garantire, in caso di dubbi, che non sussista il rischio di un ulteriore aggravio della spesa pubblica qualora un’impresa non utilizzi adeguatamente i risparmi.

81.

In terzo luogo, si deve porre in rilievo il fatto che, nelle normative di cui trattasi, il mancato adeguamento dei diritti, ovvero l’obbligo di corresponsione e la portata del contributo di garanzia pensionistica, sono configurati in modo da tener conto della capacità finanziaria degli interessati. Sono colpiti solo diritti di importo molto elevato, che secondo le indicazioni del governo austriaco si situano oltre il 290% del livello medio delle pensioni, e anche l’ammontare del contributo da versare è proporzionale all’entità del diritto.

82.

In tale contesto, e alla luce dell’ampio margine di discrezionalità del legislatore nazionale in materia di politica sociale sopra menzionato, le normative in oggetto non possono pertanto manifestamente essere considerate inadeguate o incoerenti.

5. Conclusione

83.

Dalle considerazioni che precedono deriva che gli articoli 4, secondo comma, e 5, lettera c) della direttiva 2006/54/CE devono essere interpretati nel senso che in linea di principio possono di fatto ostare a disposizioni nazionali che prevedono, per i percettori di pensioni aziendali in forma di promesse di prestazioni dirette di imprese controllate dallo Stato, la trattenuta di un contributo di garanzia pensionistica ovvero il mancato adeguamento previsto contrattualmente dei corrispondenti diritti, nei casi in cui tali diritti superano un determinato massimale stabilito per legge. Tuttavia ciò presuppone che, la percentuale di appartenenti ad un sesso i cui diritti sono di importo superiore al citato massimale, rispetto al totale degli appartenenti a tale sesso, all’interno della cerchia degli aventi diritto al tipo di pensione aziendale di cui trattasi, sia notevolmente superiore rispetto alla corrispondente percentuale di persone dell’altro sesso, e che tale circostanza non possa essere giustificata da un motivo oggettivo estraneo ad una discriminazione fondata sul sesso.

C.   Sulla discriminazione indiretta a motivo dell’età (seconda questione pregiudiziale)

84.

Con la seconda parte della seconda questione pregiudiziale, il giudice del rinvio sostanzialmente vuole sapere se l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2000/78 osti a disposizioni nazionali come quelle in discussione nella specie che rappresentano ingerenze nei diritti pensionistici, se soprattutto persone anziane sopra i 60 anni sono colpite dall’obbligo ivi previsto di corresponsione di un contributo di garanzia pensionistica, ovvero dal mancato adeguamento delle pensioni.

85.

L’accertamento di una discriminazione indiretta ai fini della direttiva 2000/78 deve avvenire in base agli stessi principi validi per la direttiva 2006/54 ( 47 ).

86.

Dalle considerazioni che precedono emerge che, in sostanza, occorre determinare, in riferimento alla cerchia delle persone cui si applica la normativa nazionale controversa, se la differenziazione operata nell’ambito della stessa riguardi in modo particolare le persone anziane ( 48 ).

87.

Dall’ordinanza di rinvio non emerge peraltro in tal senso che, tra le persone tenute, ai sensi delle disposizioni controverse, a corrispondere un contributo di garanzia pensionistica o a cui viene negato l’adeguamento dei diritti, vi sia in percentuale un maggior numero di anziani con più di 60 anni rispetto a quelli rientranti tra le persone non interessate da dette misure in base all’entità dei diritti spettanti.

88.

Il giudice del rinvio sembra piuttosto individuare una discriminazione indiretta in base all’età nella circostanza che le menzionate ingerenze nei diritti pensionistici si applichino indipendentemente dagli svantaggi concreti in tal modo procurati, unicamente ai percettori di promesse di prestazioni dirette, i quali sarebbero necessariamente più anziani dei percettori di altri tipi di pensioni aziendali, in quanto gli accordi relativi a dette promesse di prestazioni dirette sarebbero stati stipulati solo fino alla fine degli anni ’90. Dopo l’introduzione dei fondi pensione aziendali, di fatto i datori di lavoro si sarebbero orientati ad offrire altri tipi di pensioni aziendali.

89.

Tuttavia, al riguardo, occorre osservare che, già in re ipsa, i soggetti cui trova applicazione una situazione giuridica posteriore sono più giovani di quelli che rientrano nella situazione giuridica antecedente. Comunque non si configura in tal modo alcuna discriminazione indiretta in base all’età ( 49 ).

90.

Di conseguenza, occorre rispondere alla seconda questione pregiudiziale che l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2000/78 deve essere interpretato nel senso che disposizioni nazionali che prevedono, per i percettori di pensioni aziendali di un certo tipo, di importo superiore a un determinato massimale stabilito per legge, la trattenuta di un contributo di garanzia pensionistica, ovvero il mancato adeguamento dell’aumento dei diritti spettanti previsto contrattualmente, non configurano alcuna discriminazione indiretta in base all’età, ai sensi della suddetta disposizione, se a partire da una determinata data il tipo di pensione aziendale in questione non è più stato stipulato e pertanto gli aventi diritto ad altri tipi di pensioni aziendali stipulate successivamente non rientrano nell’ambito di applicazione delle disposizioni di cui trattasi.

D.   Sui diritti fondamentali sanciti dalla Carta (dalla terza all’ottava questione pregiudiziale)

91.

Con le questioni pregiudiziali dalla terza all’ottava, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede in sostanza come si debbano interpretare gli articoli 17, 20, 21 e 47 della Carta alla luce di normative nazionali quali quelle in discussione nella specie che configurano ingerenze nei diritti pensionistici.

92.

In concreto, esso chiede anzitutto, con la quarta e quinta questione, se i principi di parità di trattamento di cui agli articoli 20 e 21 della Carta ostino a tali disposizioni, in particolare se in esse si debba ravvisare una discriminazione fondata sul patrimonio ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, della Carta. Inoltre il giudice del rinvio chiede, con la sesta e settima questione, se siffatte disposizioni possano essere in contrasto con la libertà contrattuale e il diritto alla proprietà. Infine, con l’ottava questione, esso solleva l’interrogativo se nella specie potrebbe risultare contraria all’articolo 47 della Carta la circostanza che non sia previsto alcun mezzo di ricorso diretto contro l’articolo 24a del NÖ Landes- und GemeindebezügeG e l’articolo 711, paragrafo 6, dell’ASVG.

93.

Si deve tuttavia chiarire in via preliminare fino a che punto la Carta sia comunque applicabile nel procedimento principale (v., in proposito, sub 1.). In tal senso, è vero che il giudice del rinvio, con la terza questione pregiudiziale, chiede solo se sia applicabile la Carta, anche qualora dalle disposizioni in discussione non derivi alcuna discriminazione indiretta ai sensi delle direttive 2000/78 e 2006/54. In tale contesto occorre tuttavia parimenti esaminare le obiezioni della Commissione in merito alle disposizioni applicabili della Carta.

94.

Solo in seguito a tale analisi procederò ad approfondire il significato delle singole disposizioni della Carta in relazione a disposizioni come quelle oggetto del procedimento principale (v., in proposito, sub 2.).

1. Sull’ambito di applicazione della Carta (terza questione pregiudiziale)

95.

Secondo il parere del giudice del rinvio, nel procedimento principale va confermata l’applicabilità della Carta indipendentemente dall’accertamento di una discriminazione indiretta ai sensi della direttiva 2006/54 o della direttiva 2000/78, in quanto le controverse ingerenze nei diritti pensionistici riguardano pensioni aziendali che rientrano nell’ambito di applicazione materiale di dette direttive ( 50 ).

96.

In tale contesto è utile rammentare che l’applicabilità della Carta presuppone che gli Stati membri agiscano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione ( 51 ). A tal fine non è sufficiente, tuttavia, che una misura nazionale ricada in un settore nel quale l’Unione è competente ( 52 ). Occorre piuttosto, secondo una giurisprudenza costante, che il diritto dell’Unione nella materia in questione imponga agli Stati membri obblighi specifici in relazione alla situazione oggetto del procedimento principale ( 53 ).

97.

Ne consegue che la mera circostanza che le normative nazionali controverse riguardino pensioni aziendali non è sufficiente per determinare l’applicabilità della Carta.

98.

Nella misura in cui, tuttavia, le disposizioni controverse di fatto determinano nel calcolo delle prestazioni una discriminazione indiretta fondata sul sesso, che necessita di giustificazioni ( 54 ), esse sono soggette ai requisiti concreti del diritto dell’Unione per quanto riguarda la configurazione delle pensioni aziendali. Infatti, ai sensi delle direttive 2006/54 e 2000/78, l’entità e il calcolo delle prestazioni nei regimi professionali di sicurezza sociale devono essere privi di discriminazioni. In tal senso, perciò, le disposizioni di cui trattasi attuano il diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51 della Carta ( 55 ).

99.

A parere della Commissione, comunque, anche nel caso in cui le disposizioni in esame fondino una discriminazione indiretta in base al sesso, dovrebbe risultare applicabile solo l’articolo 21, paragrafo 1, della Carta, e segnatamente solo nella misura in cui esso impone un divieto di discriminazione in base al sesso. Infatti, poiché la direttiva 2006/54 concretizzerebbe sotto tale aspetto l’articolo 21 della Carta ( 56 ), anche lo Stato membro darebbe attuazione al diritto dell’Unione solo in tal senso.

100.

Tuttavia, la ratio del vincolo alla Carta imposto agli Stati membri nell’attuazione del diritto dell’Unione comporta in primo luogo che tale vincolo sia totale. Infatti, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, gli organi dell’Unione sono vincolati in modo completo alla Carta per tutte le loro azioni, quindi sempre. Il vincolo degli Stati membri «nell’attuazione del diritto dell’Unione» mira peraltro proprio ad assicurare che essi non infrangano in una certa misura i diritti fondamentali, operando quali agenti dell’Unione ( 57 ). Di conseguenza, il loro vincolo alla Carta deve corrispondere nella portata a quello dell’Unione.

101.

In secondo luogo, la giurisprudenza della Corte secondo la quale le direttive antidiscriminazione concretizzano l’articolo 21 della Carta non significa che queste determinino il contenuto normativo di tale diritto fondamentale, con la conseguenza che al di là di esse non sussisterebbe una protezione dei diritti fondamentali ( 58 ). Ai sensi della citata giurisprudenza occorre piuttosto interpretare le direttive alla luce dell’articolo 21 della Carta. Ne deriva che, nel caso in cui sia accertata una violazione delle direttive non si deve più esaminare separatamente dallo stesso punto di vista una violazione dell’articolo 21 della Carta ( 59 ). In parallelo, nondimeno, rimane ovviamente obbligatoria l’osservanza di altri diritti fondamentali sanciti dalla Carta.

102.

Di conseguenza, la Corte ha già stabilito che, nell’ambito di applicazione della direttiva 2000/78, gli Stati membri sono tenuti ad osservare gli articoli 28, 15 e 16 della Carta ( 60 ). Inoltre, per esempio nell’ambito di applicazione della direttiva 2004/38/CE ( 61 ), essa ha richiamato l’obbligo degli Stati membri di osservare gli articoli 7 e 24, paragrafo 2, della Carta ( 62 ).

103.

In conclusione, si deve rispondere alla terza questione pregiudiziale che l’articolo 51, paragrafo 1, della Carta deve essere interpretato nel senso che la configurazione legislativa delle pensioni aziendali, che ricadono nell’ambito di applicazione delle direttive 2006/54 e 2000/78, rappresenta un’attuazione del diritto dell’Unione, se in tal modo viene introdotta una discriminazione che necessita di giustificazione ai sensi di tali direttive.

2. Sull’interpretazione dei singoli diritti fondamentali

a) Sull’articolo 21, paragrafo 1, della Carta (quarta e quinta questione pregiudiziale)

104.

Ho già illustrato in precedenza che, anche nel caso in cui il giudice del rinvio giungesse alla conclusione che le normative controverse determinano una discriminazione indiretta fondata sul sesso che necessita di giustificazione, non occorre più valutare l’articolo 21, paragrafo 1, della Carta sotto il profilo della discriminazione basata sul sesso o sull’età ( 63 ). In tal senso risulta quindi superfluo rispondere alla quarta questione.

105.

Tuttavia si dovrebbe ancora valutare come interpretare l’articolo 21, paragrafo 1, della Carta dal punto di vista di una discriminazione fondata sul patrimonio in relazione alle disposizioni in oggetto.

106.

Non osta a tale conclusione il fatto che la direttiva 2000/78 non menzioni il patrimonio quale motivo di discriminazione e che l’articolo 21, paragrafo 1, della Carta non possa ampliare l’ambito di applicazione di detta direttiva con un motivo non previsto dalla stessa ( 64 ). Infatti, nella specie non è in discussione una violazione della direttiva 2000/78, bensì l’osservanza di disposizioni della Carta nell’applicazione del diritto dell’Unione da parte di uno Stato membro, con riferimento in concreto a una discriminazione ai sensi della direttiva 2006/54.

107.

A quanto consta, finora la Corte non ha avuto occasione di esprimersi sulla questione di una discriminazione fondata sul patrimonio.

108.

Ritengo tuttavia che, nella specie, si possa soprassedere all’esame delle misure concrete cui potrebbe ostare specificamente il divieto in oggetto, in quanto in merito alla giustificazione di un’eventuale discriminazione sulla base del patrimonio non si potrebbero comunque applicare criteri diversi da quelli utilizzati in relazione a una discriminazione fondata sul sesso ( 65 ). In conclusione, un’eventuale discriminazione in ragione del patrimonio dovrebbe perciò essere perlomeno considerata giustificata.

b) Sugli articoli 16 e 17 della Carta (sesta e settima questione pregiudiziale)

109.

A parere del giudice del rinvio, anche l’articolo 17, paragrafo 1, della Carta potrebbe ostare alle disposizioni controverse, in quanto esse rappresenterebbero «un’ingerenza con effetto espropriativo, la quale avv[iene] direttamente per legge e senza il pagamento di un’indennità» nel diritto di proprietà dei pensionati interessati. Inoltre, il giudice del rinvio considera leso il diritto di proprietà dell’ex datore di lavoro, in quanto il divieto di adeguare i diritti relativi alle pensioni aziendali come previsto dagli accordi contrattuali violerebbe la sua libertà contrattuale.

110.

Ai sensi della giurisprudenza della Corte, la libertà contrattuale fa parte della libertà imprenditoriale, garantita dall’articolo 16 della Carta. Essa comprende la libertà di determinare il prezzo di una prestazione ( 66 ) ovvero di prendere accordi in tal senso. Nella misura in cui le menzionate interferenze nei diritti pensionistici incidono sull’ammontare della pensione aziendale pattuito mediante contratto, considerato secondo la giurisprudenza un aspetto della retribuzione ( 67 ), esse configurano quindi una limitazione della libertà imprenditoriale.

111.

La nozione di proprietà di cui all’articolo 17, paragrafo 1, della Carta comprende tutti i diritti patrimoniali da cui discende, avuto riguardo all’ordinamento giuridico, una posizione giuridica acquisita che consente un esercizio autonomo di tali diritti da parte e a favore del loro titolare ( 68 ). Dal punto di vista del lavoratore vi rientrano in linea di principio anche i diritti pensionistici. Tuttavia, ai sensi della giurisprudenza della Corte, il diritto di proprietà non può essere interpretato nel senso che conferisca il diritto a una pensione di un determinato importo ( 69 ). In particolare, mere prospettive future e incerte di un aumento di valore, quali l’adeguamento annuale della pensione aziendale, non possono ancora essere considerate come una voce patrimoniale concreta. Nella misura in cui però viene trattenuta una quota di diritti già acquisiti, si configura una limitazione dell’uso dei beni ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, terza frase, della Carta.

112.

Ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, una simile limitazione del diritto fondamentale della proprietà e della libertà imprenditoriale deve essere prevista dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti. Al riguardo, in ossequio al principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui ( 70 ).

113.

Anche a tale proposito si può fare riferimento in linea di principio alle considerazioni sulla giustificazione di un’eventuale discriminazione indiretta ( 71 ). In particolare, la Corte ha riconosciuto un ampio margine di discrezionalità degli Stati membri anche in relazione a una limitazione dei diritti di proprietà con la quale si perseguiva l’obiettivo di ridurre il monte retribuzioni nel settore pubblico e una riforma del sistema pensionistico ( 72 ). Nella specie, depone nel senso che siano rispettati il contenuto essenziale del diritto di proprietà e la proporzionalità della limitazione il fatto che l’obbligo di corrispondere un contributo di garanzia pensionistica riguardi solo i diritti di importo superiore a un determinato limite e che, a sua volta, la portata di tale obbligo si basi sull’entità del diritto ( 73 ).

c) Sull’articolo 47 della Carta (ottava questione pregiudiziale)

114.

Infine, il giudice del rinvio ritiene che sussista una violazione dell’articolo 47 della Carta per il fatto che i pensionati interessati non possono agire direttamente contro le disposizioni di rango costituzionale dello SpBegrG e le norme fondate sulle stesse, facendo valere una violazione del diritto dell’Unione, bensì sono costretti a chiedere all’ex datore di lavoro un risarcimento dei danni o il rimborso degli importi trattenuti.

115.

In tale contesto è sufficiente rammentare che, secondo la giurisprudenza della Corte, una possibilità di verifica in via incidentale può soddisfare la tutela del diritto fondamentale derivante dall’articolo 47 della Carta, se nell’ambito di tale possibilità di ricorso si riesce a chiarire come questione preliminare la compatibilità delle disposizioni nazionali con il diritto dell’Unione ( 74 ). Sembra evidentemente essere questo il caso nella specie.

V. Conclusione

116.

Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali proposte dal Landesgericht Wiener Neustadt (Tribunale del Land di Wiener Neustadt, Austria) nel modo seguente:

1)

Gli articoli 4, secondo comma, e 5, lettera c), della direttiva 2006/54/CE devono essere interpretati nel senso che in linea di principio possono di fatto ostare a disposizioni nazionali che prevedono, per i percettori di pensioni aziendali in forma di promesse di prestazioni dirette di imprese controllate dallo Stato, la trattenuta di un contributo di garanzia pensionistica ovvero il mancato adeguamento previsto contrattualmente dei corrispondenti diritti, nei casi in cui tali diritti superano un determinato importo stabilito per legge. Tuttavia ciò presuppone che,, la percentuale di appartenenti ad un sesso i cui diritti sono di importo superiore al citato massimale, rispetto al totale degli appartenenti tale sesso all’interno della cerchia degli aventi diritto al tipo di pensione aziendale di cui trattasi, sia notevolmente superiore rispetto alla corrispondente percentuale di persone dell’altro sesso, e che tale circostanza non possa essere giustificata da un motivo oggettivo estraneo a una discriminazione fondata sul sesso.

2)

L’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2000/78 deve essere interpretato nel senso che disposizioni nazionali che prevedono, per i percettori di pensioni aziendali di un certo tipo, di importo superiore a un determinato massimale stabilito per legge, la trattenuta di un contributo di garanzia pensionistica, ovvero il mancato adeguamento dell’aumento dei diritti spettanti previsto contrattualmente, non configurano alcuna discriminazione indiretta in base all’età, ai sensi della suddetta disposizione, se a partire da una determinata data il tipo di pensione aziendale in questione non è più stato stipulato e pertanto gli aventi diritto ad altri tipi di pensioni aziendali stipulate successivamente non rientrano nell’ambito di applicazione delle disposizioni di cui trattasi.

3)

L’articolo 51, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea deve essere interpretato nel senso che la configurazione legislativa delle pensioni aziendali, che ricadono nell’ambito di applicazione delle direttive 2006/54 e 2000/78, rappresenta un’attuazione del diritto dell’Unione, se in tal modo viene introdotta una discriminazione che necessita di giustificazione ai sensi di tali direttive.

4)

L’articolo 16 della Carta deve essere interpretato nel senso che una limitazione della libertà del datore di lavoro di concordare la retribuzione per le prestazioni lavorative di un lavoratore va considerata giustificata, se, nel rispetto del principio di proporzionalità, risulta necessaria e risponde effettivamente a una finalità di interesse generale quale la garanzia di finanziamento dei regimi pensionistici. Un’analoga considerazione si applica a una limitazione dell’uso dei beni di un lavoratore ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Carta dovuta alla trattenuta di una quota del diritto alla pensione aziendale, se tale diritto supera una determinata soglia e l’importo del contributo da versare dipende dall’entità del diritto spettante.

5)

L’articolo 47 della Carta deve essere interpretato nel senso che esso non richiede, nell’ordinamento giuridico di uno Stato membro, l’esistenza di un mezzo di ricorso autonomo volto a verificare in via principale la compatibilità di norme nazionali con il diritto dell’Unione, se altri mezzi di ricorso consentono di esaminare in via preliminare la questione a condizioni non meno favorevoli di quelle relative ad analoghi ricorsi di diritto interno.


( 1 ) Lingua originale: il tedesco.

( 2 ) GU 2000, L 303, pag. 16.

( 3 ) GU 2006, L 204, pag. 23.

( 4 ) BGBl. n. 282/1990.

( 5 ) BGBl. I n. 46/2014.

( 6 ) BGBl. I n. 64/1997.

( 7 ) LGBl. 0032-14.

( 8 ) V. ErlRV 140 BlgNR 25. GP, pag. 2).

( 9 ) BGBl. n. 189/1955.

( 10 ) BGBl. I n. 151/2017.

( 11 ) Direttiva del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale [GU 1979, L 6, pag. 24 (in prosieguo: la «direttiva 79/7»)].

( 12 ) V. in tal senso, in particolare in merito al regime pensionistico legale, la sentenza del 22 novembre 2012, Elbal Moreno (C‑385/11, EU:C:2012:746, punto 26).

( 13 ) Sentenze del 17 maggio 1990, Barber (C‑262/88, EU:C:1990:209, punto 12); del 7 gennaio 2004, K.B. (C‑117/01, EU:C:2004:7, punto 25); del 1o aprile 2008, Maruko (C‑267/06, EU:C:2008:179, punto 44), e del 2 giugno 2016, C (C‑122/15, EU:C:2016:391, punto 23). V., a tale proposito, anche il considerando 13 della direttiva 2006/54.

( 14 ) Sentenza del 2 giugno 2016, C (C‑122/15, EU:C:2016:391, punti 2526).

( 15 ) Sentenza del 2 giugno 2016, C (C‑122/15, EU:C:2016:391, punto 25).

( 16 ) Sentenza del 2 giugno 2016, C (C‑122/15, EU:C:2016:391, punti 2526).

( 17 ) V. anche sentenze del 27 ottobre 1998, Boyle e a. (C‑411/96, EU:C:1998:506, punto 76); del 20 ottobre 2011, Brachner (C‑123/10, EU:C:2008:675, punto 56), e dell’8 maggio 2019, Villar Láiz (C‑161/18, EU:C:2019:382, punto 37).

( 18 ) V. sentenze del 27 maggio 2004, Elsner-Lakeberg (C‑285/02, EU:C:2004:320, punto 18); del 6 dicembre 2007, Voß (C‑300/06, EU:C:2008:757, punto 27); del 13 luglio 2017, Kleinsteuber (C‑354/16, EU:C:2008:539, punti 2839), e del 7 febbraio 2019, Escribano Vindel (C‑49/18, EU:C:2019:106, punti 5455).

( 19 ) V., in tal senso, sentenze del 13 gennaio 2004, Allonby (C‑256/01, EU:C:2004:18, punto 74); del 27 maggio 2004, Elsner-Lakeberg (C‑285/02, EU:C:2004:320, punto 19); del 6 dicembre 2007, Voß (C‑300/06, EU:C:2008:757, punto 27), e del 16 luglio 2009, Gómez-Limón Sánchez-Camacho (C‑537/07, EU:C:2009:462, punto 57).

( 20 ) A tale importo è fissato per l’anno 2020 il limite di cui all’articolo 45 dell’ASVG, al quale fa riferimento l’articolo 24a, paragrafo 1, del NÖ Landes- und GemeindebezügeG.

( 21 ) Limite massimo vincolante del reddito complessivo da pensione ai sensi dell’articolo 711, paragrafo 6 in combinato disposto con il paragrafo 1 dell’ASVG.

( 22 ) V. sentenze del 27 ottobre 1998, Boyle e a. (C‑411/96, EU:C:1998:506, punto 39), e del 16 luglio 2009, Gómez-Limón Sánchez-Camacho (C‑537/07, EU:C:2009:462, punto 56).

( 23 ) V. sentenze del 26 giugno 2018, MB (cambiamento di sesso e pensione di vecchiaia) (C‑451/16, EU:C:2018:492, punto 42), e del 22 gennaio 2019, Cresco Investigation (C‑193/17, EU:C:2019:43, punto 42).

( 24 ) V. sentenze dell’8 maggio 2019, Villar Láiz (C‑161/18, EU:C:2019:382, punto 46), e del 3 ottobre 2019, Schuch-Ghannadan (C‑274/18, EU:C:2019:828, punto 45).

( 25 ) Sentenza del 20 ottobre 2011, Brachner (C‑123/10, EU:C:2011:675, punto 60).

( 26 ) V. sentenze del 9 febbraio 1999, Seymour-Smith e Perez (C‑167/97, EU:C:1999:60, punto 59), e dell’8 maggio 2019, Villar Láiz (C‑161/18, EU:C:2019:382, punto 39).

( 27 ) Così intendeva procedere anche il giudice del rinvio nella causa in cui è stata emanata la sentenza del 6 dicembre 2007, Voß (C‑300/06, EU:C:2007:757, punto 39). Tuttavia, al punto 40 di tale sentenza, la Corte ha respinto un approccio di questo tipo.

( 28 ) A tale proposito, v. anche il paragrafo 29 delle presenti conclusioni.

( 29 ) V. sentenze del 9 febbraio 1999, Seymour-Smith e Perez (C‑167/97, EU:C:1999:60, punto 59); del 13 gennaio 2004, Allonby (C‑256/01, EU:C:2004:18, punti da 73 a 75); del 6 dicembre 2007, Voß (C‑300/06, EU:C:2008:757, punto 41); dell’8 maggio 2019, Villar Láiz (C‑161/18, EU:C:2019:382, punto 39), e del 3 ottobre 2019, Schuch-Ghannadan (C‑274/18, EU:C:2019:828, punto 47).

( 30 ) V. sentenze del 13 gennaio 2004, Allonby (C‑256/01, EU:C:2004:18, punti da 73 a 75); del 6 dicembre 2007, Voß (C‑300/06, EU:C:2008:757, punto 40), e dell’8 maggio 2019, Villar Láiz (C‑161/18, EU:C:2019:382, punto 45).

( 31 ) V., in particolare, sentenza del 3 ottobre 2019, Schuch-Ghannadan (C‑274/18, EU:C:2019:828, punto 53). Nella sentenza del 20 ottobre 2011, Brachner (C‑123/10, EU:C:2011:675), la Corte si è basata sul complesso dei pensionati dello Stato membro interessato, in quanto la normativa in discussione riguardava l’entità dei diritti derivanti dal regime pensionistico legale e, pertanto, tutti i pensionati rientravano nell’ambito di applicazione della disposizione di cui trattasi. Nella sentenza del 9 febbraio 1999, Seymour-Smith e Perez (C‑167/97, EU:C:1999:60, punto 59), il criterio di riferimento doveva includere tutti i lavoratori, dal momento che il requisito in discussione oggetto del procedimento si applicava a tutti i lavoratori.

( 32 ) V., in tal senso, le sentenze del 27 ottobre 1993, Enderby (C‑127/92, EU:C:1993:859, punto 17); del 9 febbraio 1999, Seymour-Smith e Perez (C‑167/97, EU:C:1999:60, punto 62), e dell’8 maggio 2019, Villar Láiz (C‑161/18, EU:C:2019:382, punti 4045).

( 33 ) Sotto tale aspetto manca in ogni caso già la disparità di trattamento; v. in merito supra, paragrafi da 52 a 54 delle presenti conclusioni.

( 34 ) V. sentenze del 9 febbraio 1999, Seymour-Smith e Perez (C‑167/97, EU:C:1999:60, punti 5960), e del 20 ottobre 2011, Brachner (C‑123/10, EU:C:2011:675, punto 60).

( 35 ) In particolare, nelle conclusioni dell’avvocato generale Cosmas nella causa Seymour-Smith e Perez (C‑167/97, EU:C:1998:359, paragrafi 123 e segg.). Riguardo alla prova di una discriminazione indiretta in relazione alle libertà fondamentali, v. le mie conclusioni nella causa Tesco-Global Áruházak (C‑323/18, EU:C:2019:567, paragrafi 59 e segg. e 66 e seg.).

( 36 ) V. sentenze del 19 aprile 2012, Meister (C‑415/10, EU:C:2012:217, punti 43, 4447), e dell’8 maggio 2019, Villar Láiz (C‑161/18, EU:C:2019:382, punto 46).

( 37 ) V., in tal senso, le sentenze del 21 luglio 2011, Kelly (C‑104/10, EU:C:2011:506, punti 3435); dell’8 maggio 2019, Villar Láiz (C‑161/18, EU:C:2019:382, punto 45), e del 3 ottobre 2019, Schuch-Ghannadan (C‑274/18, EU:C:2019:828, punto 56).

( 38 ) V. sentenza del 3 ottobre 2019, Schuch-Ghannadan (C‑274/18, EU:C:2019:828, punto 53).

( 39 ) V., in tal senso, le sentenze del 27 ottobre 1993, Enderby (C‑127/92, EU:C:1993:859, punto 17); del 9 febbraio 1999, Seymour-Smith e Perez (C‑167/97, EU:C:1999:60, punto 62), e dell’8 maggio 2019, Villar Láiz (C‑161/18, EU:C:2019:382, punti 4045).

( 40 ) V. sentenze del 27 ottobre 1993, Enderby (C‑127/92, EU:C:1993:859, punto 14); dell’8 febbraio 1996, Laperre (C‑8/94, EU:C:1996:36, punto 14); del 20 ottobre 2011, Brachner (C‑123/10, EU:C:2008:675, punto 70), e del 22 novembre 2012, Elbal Moreno (C‑385/11, EU:C:2012:746, punto 32).

( 41 ) Nell’analogo contesto della causa Brachner, in cui la Corte ha pronunciato la sentenza del 20 ottobre 2011 (C‑123/10, EU:C:2011:675), ai beneficiari di pensioni minime - in maggioranza donne -, che comunque si trovavano già in una posizione economica più debole, veniva riservato un adeguamento delle pensioni di entità inferiore a quello dei beneficiari di pensioni di importo superiore.

( 42 ) A tale proposito, v. anche il paragrafo 52 delle presenti conclusioni.

( 43 ) V. sentenze del 10 marzo 2009, Hartlauer (C‑169/07, EU:C:2009:141, punto 47), e del 22 novembre 2012, Elbal Moreno (C‑385/11, EU:C:2012:746, punto 33).

( 44 ) V. sentenze dell’11 novembre 2014, Schmitzer (C‑530/13, EU:C:2014:2359, punto 38); del 19 giugno 2014, Specht e a. (da C‑501/12 a C‑506/12, C‑540/12 e C‑541/12, EU:C:2014:2005, punto 46), e del 26 settembre 2013, HK Danmark (C‑476/11, EU:C:2013:590, punto 60).

( 45 ) V. sentenze del 10 marzo 2009, Hartlauer (C‑169/07, EU:C:2009:141, punto 55); del 18 novembre 2010, Georgiev (C‑250/09 e C‑268/09, EU:C:2010:699, punto 56), e del 20 ottobre 2011, Brachner (C‑123/10, EU:C:2011:675, punto 71).

( 46 ) V. il paragrafo 15 delle presenti conclusioni.

( 47 ) A tale proposito, v. supra, i paragrafi 47 e segg. delle presenti conclusioni.

( 48 ) V, mutatis mutandis, i paragrafi 62 e seg. delle presenti conclusioni e la sentenza del 7 febbraio 2019, Escribano Vindel (C‑49/18, EU:C:2019:106, punto 43).

( 49 ) V., in tal senso, sentenza del 14 febbraio 2019, Horgan e Keegan (C‑154/18, EU:C:2019:113, punto 28).

( 50 ) A tale proposito, v. supra, il paragrafo 35 delle presenti conclusioni.

( 51 ) V. sentenze del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 19); del 6 marzo 2014, Siragusa (C‑206/13, EU:C:2014:126, punto 21), e del 10 luglio 2014, Julián Hernández e a. (C‑198/13, EU:C:2014:2055, punto 33).

( 52 ) V. sentenze del 10 luglio 2014, Julián Hernández e a. (C‑198/13, EU:C:2014:2055, punto 36).

( 53 ) V. sentenze del 6 marzo 2014, Siragusa (C‑206/13, EU:C:2014:126, punti 2526), e del 10 luglio 2014, Julián Hernández e a. (C‑198/13, EU:C:2014:2055, punto 35).

( 54 ) V., su tale argomento, anche i paragrafi da 56 a 69 delle presenti conclusioni.

( 55 ) V., in tal senso, la sentenza dell’8 maggio 2013, Ymeraga e a. (C‑87/12, EU:C:2013:291, punto 42).

( 56 ) V., in merito alla direttiva 2000/78, le sentenze del 19 gennaio 2010, Kücükdeveci (C‑555/07, EU:C:2010:21, punti 21 e segg.); del 13 settembre 2011, Prigge e a. (C‑447/09, EU:C:2011:573, punto 48); del 26 settembre 2013, HK Danmark (C‑476/11, EU:C:2013:590, punto 31); dell’11 novembre 2014, Schmitzer (C‑530/13, EU:C:2014:2359, punto 23), e del 21 dicembre 2016, Bowman, (C‑539/15, EU:C:2016:977, punto 48).

( 57 ) V. in proposito anche le conclusioni dell’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa Commissione/Ungheria (diritti di usufrutto su terreni agricoli) (C‑235/17, EU:C:2018:971, paragrafo 82).

( 58 ) Il divieto di discriminazione di cui all’articolo 21 della Carta non necessita di precisazioni ed è di per sé efficace, v. sentenze del 17 aprile 2018, Egenberger (C‑414/16, EU:C:2018:257, punto 76), e del 22 gennaio 2019, Cresco Investigation (C‑193/17, EU:C:2019:43, punto 76).

( 59 ) V. sentenze del 7 giugno 2012, Tyrolean Airways Tiroler Luftfahrt Gesellschaft (C‑132/11, EU:C:2012:329, punti da 21 a 23); dell’11 novembre 2014, Schmitzer (C‑530/13, EU:C:2008:2359, punto 24), e del 13 novembre 2014, Vital Pérez (C‑416/13, EU:C:2014:2371, punto 25).

( 60 ) V. sentenze dell’8 settembre 2011, Hennigs e Mai (C‑297/10 e C‑298/10, EU:C:2011:560, punti 66 e seg.); del 21 luglio 2011, Fuchs e Köhler (C‑159/10 e C‑160/10, EU:C:2011:508, punto 62), e del 14 marzo 2017, G4S Secure Solutions (C‑157/15, EU:C:2017:203, punto 38).

( 61 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, GU 2004, L 158, pag. 77, rettificata in GU 2007, L 299, pag. 35.

( 62 ) V. la sentenza del 13 settembre 2016, Rendón Marín (C‑165/14, EU:C:2016:675, punto 66).

( 63 ) V. paragrafo 101 delle presenti conclusioni.

( 64 ) V. sentenze dell’11 luglio 2006, Chacón Navas (C‑13/05, EU:C:2006:456, punto 56); del 18 dicembre 2014, FOA (C‑354/13, EU:C:2014:2463, punto 36), e del 21 maggio 2015, SCMD (C‑262/14, non pubblicata, EU:C:2015:336, punto 29).

( 65 ) A tale proposito, v. supra, i paragrafi da 77 a 82 delle presenti conclusioni.

( 66 ) V. sentenze del 19 aprile 2012, F-Tex (C‑213/10, EU:C:2012:215, punto 45), e del 22 gennaio 2013, Sky Österreich (C‑283/11, EU:C:2013:28, punto 42).

( 67 ) V., a tale proposito, anche i riferimenti nella nota 13 delle presenti conclusioni.

( 68 ) V. sentenza del 22 gennaio 2013, Sky Österreich (C‑283/11, EU:C:2013:28, punto 34).

( 69 ) V. sentenza del 13 giugno 2017, Florescu e a. (C‑258/14, EU:C:2017:448, punto 50).

( 70 ) V. sentenza del 13 giugno 2017, Florescu e a. (C‑258/14, EU:C:2017:448, punto 53), e del 22 gennaio 2013, Sky Österreich (C‑283/11, EU:C:2013:28, punto 48).

( 71 ) V. su tale argomento già i paragrafi da 77 a 82 delle presenti conclusioni.

( 72 ) V. sentenza del 13 giugno 2017, Florescu e a. (C‑258/14, EU:C:2017:448, punti 5657).

( 73 ) V., in tal senso, la sentenza del 13 giugno 2017, Florescu e a. (C‑258/14, EU:C:2017:448, punti 5558).

( 74 ) V. sentenze del 7 luglio 1981, Rewe-Handelsgesellschaft Nord e Rewe-Markt Steffen (C-167/80, EU:C:1981:163, punto 44), e del 13 marzo 2007, Unibet (C-432/05, EU:C:2007:163, punto 47).