SENTENZA DELLA CORTE (Decima Sezione)

4 giugno 2020 (*)

«Impugnazione – Energia – Progetti di interesse comune dell’Unione europea – Contributo finanziario dell’Unione concesso in favore di due progetti nel settore delle reti transeuropee dell’energia – Direttiva 2004/17/CE – Articolo 37 – Subappalto – Articolo 40, paragrafo 3, lettera c) – Affidamento diretto – Specificità tecnica – Accordo quadro – Riduzione del contributo inizialmente accordato a seguito di un audit finanziario – Rimborso delle somme inizialmente versate»

Nella causa C‑812/18 P,

avente ad oggetto un’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 18 dicembre 2018,

Terna SpA, con sede in Roma (Italia), rappresentata da F. Covone, A. Police, L. Di Via, D. Carria e F. Degni, avvocati,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione europea, rappresentata da O. Beynet, M. Ilkova, G. Gattinara e P. Ondrůšek, in qualità di agenti,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Decima Sezione),

composta da I. Jarukaitis, presidente di Sezione, E. Juhász (relatore) e M. Ilešič, giudici,

avvocato generale: E. Sharpston

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la sua impugnazione, Terna SpA chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 18 ottobre 2018, Terna/Commissione (T‑387/16; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2018:699), con la quale quest’ultimo ha respinto il suo ricorso diretto all’annullamento delle decisioni contenute nelle lettere della Commissione europea del 6 luglio 2015 nonché del 23 maggio e del 14 giugno 2016 (in prosieguo: gli «atti controversi»), concernenti taluni costi sostenuti nell’ambito di due progetti nel settore delle reti transeuropee dell’energia, segnatamente, il progetto di interesse comune denominato «Trasmissione di energia elettrica in corrente continua tra Italia e Francia attraverso infrastrutture autostradali (2007-E221/07/2007-TREN/07TEN-E-S 07.91403)» (in prosieguo: il «progetto E 221») e il progetto d’interesse comune denominato «Studio di fattibilità per una nuova interconnessione elettrica transfrontaliera meridionale Italia – Francia mediante infrastrutture autostradali» (2009-E255/09-ENER/09/TEN-E-S 12.564583) (in prosieguo: il «progetto E 255») (in prosieguo, considerati nel loro insieme: i «progetti di cui trattasi») in seguito al contributo finanziario concesso da detta istituzione alla ricorrente.

 Contesto normativo

 Regolamento (CE) n. 680/2007

2        Il regolamento (CE) n. 680/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2007, che stabilisce i principi generali per la concessione di un contributo finanziario della Comunità nel settore delle reti transeuropee dei trasporti e dell’energia (GU 2007, L 162, pag. 1), stabilisce le condizioni, le modalità e le procedure di erogazione del contributo finanziario dell’Unione europea a favore di progetti d’interesse comune che, nel settore dell’energia, sono selezionati in funzione del grado in cui contribuiscono agli obiettivi e alle priorità definiti nell’ambito della decisione n. 1364/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006, che stabilisce orientamenti per le reti transeuropee nel settore dell’energia e abroga la decisione 96/391/CE e la decisione n. 1229/2003/CE (GU 2006, L 262, pag. 1).

3        L’articolo 9 di tale regolamento, rubricato «Concessione del contributo finanziario [dell’Unione]», al paragrafo 1 così dispone:

«A seguito di ogni invito a presentare proposte in base ai programmi di lavoro pluriennali o annuali (...), la Commissione (...) fissa l’ammontare del contributo finanziario concesso ai progetti o alle parti di progetti selezionati. La Commissione ne precisa le condizioni e le modalità di applicazione».

4        L’articolo 12 di detto regolamento, rubricato «Compatibilità con il diritto [dell’Unione] e le politiche [dell’Unione]», prevede quanto segue:

«I progetti finanziati a norma del presente regolamento sono realizzati in conformità al diritto [dell’Unione] e tengono conto delle politiche [dell’Unione], in particolare in materia di concorrenza, (...) [e di] aggiudicazione degli appalti pubblici (...)».

5        Ai sensi dell’articolo 13 del medesimo regolamento, rubricato «Annullamento, riduzione, sospensione e soppressione del contributo»:

«1.      Previo esame adeguato e dopo aver fornito ai beneficiari e agli Stati membri interessati la possibilità di presentare le loro osservazioni entro una determinata scadenza, la Commissione:

(...)

b)      può sospendere, ridurre o sopprimere il contributo finanziario:

i)      in caso di irregolarità commesse nell’attuazione del progetto o di una parte di progetto, in relazione alle disposizioni del diritto [dell’Unione]; (...)

(...)

2.      La Commissione può recuperare la totalità o parte delle somme già versate:

a)      ove necessario, in particolare a seguito di annullamento, soppressione o riduzione del contributo finanziario o di richiesta di rimborso del contributo finanziario; (...)

(...)».

 Direttiva 2004/17/CE

6        L’articolo 1 della direttiva 2004/17/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali (GU 2004, L 134, pag. 1), rubricato «Definizioni», al suo paragrafo 4 così dispone:

«Un “accordo quadro” è un accordo concluso tra uno o più enti aggiudicatori di cui all’articolo 2, paragrafo 2 e uno o più operatori economici e il cui scopo è quello di stabilire le clausole relative agli appalti da aggiudicare durante un dato periodo, in particolare per quanto riguarda i prezzi e, se del caso, le quantità previste».

7        L’articolo 14 di tale direttiva, rubricato «Accordi quadro», prevede quanto segue:

«1.      Gli enti aggiudicatori possono considerare un accordo quadro come un appalto ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2 e aggiudicarlo secondo la presente direttiva.

2.      Gli enti aggiudicatori, quando hanno aggiudicato un accordo quadro secondo la presente direttiva, possono applicare l’articolo 40, paragrafo 3, punto i), se aggiudicano appalti basati su tale accordo quadro.

3.      Quando un accordo quadro non sia stato aggiudicato secondo la presente direttiva, gli enti aggiudicatori non possono applicare l’articolo 40, paragrafo 3, punto i).

4.      Gli enti aggiudicatori non possono ricorrere agli accordi quadro in modo abusivo per ostacolare, limitare o falsare la concorrenza».

8        A termini dell’articolo 17, paragrafo 2, della medesima direttiva: «[g]li enti aggiudicatori non possono eludere l’applicazione della presente direttiva suddividendo i progetti d’opera o i progetti di commessa volti ad ottenere un certo quantitativo di forniture e/o di servizi o utilizzando modalità di calcolo particolari del valore stimato degli appalti».

9        L’articolo 37 della stessa direttiva, rubricato «Subappalto», stabilisce quanto segue:

«Nel capitolato d’oneri l’ente aggiudicatore può chiedere o può essere obbligato da uno Stato membro a chiedere all’offerente di indicare, nella sua offerta, le parti dell’appalto che intende subappaltare a terzi, nonché i subappaltatori proposti. Tale comunicazione lascia impregiudicata la questione della responsabilità dell’operatore economico principale».

10      A termini dell’articolo 40 della direttiva 2004/17, rubricato «Ricorso a procedure aperte, ristrette e negoziate»:

«1.      Per aggiudicare gli appalti di forniture, di lavori e di servizi, gli enti aggiudicatori applicano procedure adattate ai fini della presente direttiva.

2.      Gli enti aggiudicatori possono scegliere una delle procedure di cui all’articolo 1, paragrafo 9, lettere a), b) o c), purché, fatto salvo il paragrafo 3, sia stata indetta una gara conformemente all’articolo 42.

3.      Gli enti aggiudicatori possono ricorrere a una procedura senza previa indizione di una gara nei seguenti casi:

(...)

c)      quando, per ragioni di natura tecnica o artistica ovvero attinenti alla tutela di diritti esclusivi, l’appalto possa essere affidato unicamente ad un operatore economico determinato;

(...)

e)      nel caso di appalti di forniture per consegne complementari effettuate dal fornitore originario e destinate o al rinnovo parziale di forniture o di impianti di uso corrente, o all’ampliamento di forniture o impianti esistenti, qualora il cambiamento di fornitore obbligherebbe l’ente aggiudicatore ad acquistare materiale con caratteristiche tecniche differenti, il cui impiego o la cui manutenzione comporterebbero incompatibilità o difficoltà tecniche sproporzionate;

(...)

i)      per gli appalti da aggiudicare in base a un accordo quadro, purché sia soddisfatta la condizione di cui all’articolo 14, paragrafo 2;

(...)».

 Direttiva 2014/25/UE

11      L’articolo 106 della direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE (GU 2014, L 94, pag. 243), dispone, al suo paragrafo 1, che «[g]li Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 18 aprile 2016».

12      Ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, della direttiva 2014/25, «[l]a direttiva [2004/17] è abrogata a decorrere dal 18 aprile 2016».

13      Conformemente all’articolo 109 della direttiva 2014/25, rubricato «Entrata in vigore», «[l]a presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea».

 Fatti

14      I fatti all’origine della controversia sono esposti ai punti da 1 a 19 della sentenza impugnata. Ai fini del presente procedimento, essi possono essere riassunti come segue.

15      Terna è una società con sede in Italia, attiva nel settore della trasmissione e della distribuzione di energia elettrica ad alta tensione. Essa è azionista al 42,68% di CESI SpA, società operante nel settore delle prove e delle certificazioni di apparati elettromeccanici nonché delle consulenze in materia di sistemi elettrici.

16      Il 15 giugno 2007, conformemente alla decisione n. 1364/2006, la Commissione ha pubblicato un invito a presentare proposte di azione per la concessione di un contributo finanziario nell’ambito del programma di lavoro annuale (2007) 3945 del 14 agosto 2007 per la concessione di sovvenzioni nel settore delle reti transeuropee dell’energia.

17      Con la decisione C(2008) 7941, del 2 dicembre 2008 (in prosieguo: la «decisione del 2 dicembre 2008»), la Commissione, ai sensi dell’articolo 9 del regolamento n. 680/2007, ha selezionato, tra i progetti idonei a beneficiare di detto contributo finanziario, il progetto E 221. Con tale decisione, alla ricorrente è stato concesso un contributo finanziario massimo di EUR 1 542 600.

18      Con la decisione C(2010) 3360, del 21 maggio 2010 (in prosieguo: la «decisione del 21 maggio 2010»), la Commissione, ai sensi dell’articolo 9 del regolamento n. 680/2007, ha selezionato, tra i programmi idonei a beneficiare di tale contributo finanziario, il progetto E 255. Con tale decisione, alla ricorrente è stato concesso un contributo finanziario massimo di EUR 500 000.

19      Poiché taluni servizi rientranti nell’esecuzione dei progetti in questione richiedevano il ricorso a competenze di cui la ricorrente non disponeva, essa ne ha affidato l’esecuzione a CESI, mediante l’affidamento diretto a quest’ultima di sette incarichi (in prosieguo: gli «incarichi in questione»), definiti negli accordi quadro nn. 3000029140, 3000034279 e 6000001506 (in prosieguo, congiuntamente: gli «accordi quadro»), i quali, stipulati rispettivamente il 17 aprile 2009, il 27 maggio 2010 e il 28 aprile 2011, erano essi stessi oggetto di una deroga alle regole per l’aggiudicazione degli appalti pubblici, a motivo dell’esistenza di specificità tecniche.

20      Dopo la realizzazione dei progetti di cui trattasi, la Commissione, con lettera del 5 novembre 2012, ha informato Terna che avrebbe proceduto all’audit finanziario dei costi da essa dichiarati nell’ambito dell’esecuzione di tali progetti.

21      Il 18 giugno 2014 la Commissione ha trasmesso alla ricorrente una relazione di audit definitiva, nella quale si concludeva che i costi relativi agli incarichi in questione non potevano essere considerati ammissibili, in quanto Terna e CESI appartenevano ad uno stesso gruppo di società. In tale occasione, la Commissione ha comunicato a Terna che avrebbe proceduto ad emettere due note di debito per il recupero, rispettivamente, di importo pari a EUR 414 101,72 per il progetto E 221 e ad EUR 80 769,67 per il progetto E 255.

22      Terna ha contestato le conclusioni di tale relazione di audit facendo valere che l’affidamento diretto degli incarichi in questione era regolare e che i relativi costi erano, di conseguenza, ammissibili, in quanto tali incarichi erano stati attribuiti alle condizioni di esenzione previste dall’articolo 40, paragrafo 3, lettere c), e) ed i), della direttiva 2004/17.

23      A seguito di un supplemento d’istruttoria condotto dalla Commissione, quest’ultima, con lettera del 6 luglio 2015, ha comunicato a Terna che i costi inerenti all’affidamento diretto degli incarichi in questione erano inammissibili non per il fatto che tali incarichi fossero stati effettuati nell’ambito di uno stesso gruppo di società, ma perché non erano stati assegnati alle condizioni previste dall’articolo 40, paragrafo 3, lettere c), e) e i), della direttiva 2004/17.

24      A tal riguardo, richiamando l’articolo 40, paragrafo 3, lettera c), della direttiva 2004/17, la Commissione ha dichiarato che Terna non aveva fornito la prova del fatto che solo CESI fosse, per «ragioni di natura tecnica», in grado di eseguire gli incarichi in questione. Per quanto riguarda l’articolo 40, paragrafo 3, lettera e), di tale direttiva, tale disposizione non sarebbe stata applicabile, in quanto era destinata ad applicarsi esclusivamente agli appalti di forniture e non, di conseguenza, ad appalti di servizi, come quelli del caso di specie. Infine, per quanto riguarda l’articolo 40, paragrafo 3, lettera i), della medesima direttiva, la Commissione ha sottolineato che l’affidamento degli incarichi in questione senza la previa indizione di una gara, tramite accordi quadro, sarebbe stato legittimo laddove tali accordi quadro fossero stati stipulati tramite una procedura di gara, conformemente alle norme in materia di appalti pubblici dell’Unione.

25      Con lettera del 23 maggio 2016 della sua direzione generale (DG) «Energia», la Commissione ha informato Terna che essa confermava la propria posizione espressa nella sua lettera del 6 luglio 2015 e che, entro il termine di un mese, avrebbe emesso due note di debito volte al recupero, rispettivamente, di un importo di EUR 414 101,72, per il progetto E 221, e di un importo di EUR 80 769,67, per il progetto E 255.

26      Con lettera del 14 giugno 2016, la Commissione ha trasmesso alla ricorrente queste due note di debito.

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

27      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 luglio 2016, Terna ha presentato una domanda di annullamento degli atti controversi.

28      A sostegno del suo ricorso, Terna ha dedotto quattro motivi, vertenti, il primo, su un difetto di istruttoria e di motivazione di tali atti nonché su una violazione degli articoli 14 e 37 della direttiva 2004/17 e dell’articolo III.3.7, paragrafi 1, 4 e 6, dell’allegato III di ciascuna delle decisioni del 2 dicembre 2008 e del 21 maggio 2010, il secondo, su una violazione dell’articolo 40, paragrafo 3, lettera c), della direttiva 2004/17, il terzo, su una violazione del principio della tutela del legittimo affidamento e, il quarto, su una violazione del principio di proporzionalità.

29      Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto in toto il ricorso presentato da Terna.

 Conclusioni delle parti

30      Con la sua impugnazione, Terna chiede, in sostanza, che la Corte voglia:

–        annullare e/o riformare la sentenza impugnata, annullando gli atti controversi e

–        condannare la Commissione alle spese.

31      La Commissione chiede che la Corte voglia:

–        respingere l’impugnazione e

–        condannare Terna alle spese.

 Sull’impugnazione

32      A sostegno della sua impugnazione, Terna deduce quattro motivi.

33      Il primo motivo d’impugnazione verte su una violazione degli articoli 14 e 37 della direttiva 2004/17 nonché dell’articolo III.3.7, paragrafi 1, 4 e 6, dell’allegato III di ciascuna delle decisioni del 2 dicembre 2008 e del 21 maggio 2010, in quanto il Tribunale ha preso erroneamente in considerazione gli accordi quadro al fine di valutare la legittimità degli incarichi in questione; il secondo, su una violazione dell’articolo 40, paragrafo 3, lettera c), della direttiva 2004/17, in quanto il Tribunale ha erroneamente considerato che gli incarichi in questione non presentassero una specificità tecnica nel senso di tale disposizione; il terzo, su una violazione del principio della tutela del legittimo affidamento; e, infine, il quarto, su una violazione del principio di proporzionalità.

 Sul primo e sul secondo motivo

 Argomenti delle parti

34      Con il primo e il secondo motivo di impugnazione, che occorre esaminare congiuntamente, Terna rimprovera al Tribunale di aver violato, nella sentenza impugnata, gli articoli 14 e 37 e l’articolo 40, paragrafo 3, lettera c), della direttiva 2004/17, nonché l’articolo III.3.7, paragrafi 1, 4 e 6, dell’allegato III di ciascuna delle decisioni del 2 dicembre 2008 e del 21 maggio 2010.

35      Terna fa valere che, ai punti da 37 a 43 della sentenza impugnata, il Tribunale ha erroneamente suggerito che, al fine di eludere l’applicazione della direttiva 2004/17, essa ha suddiviso gli incarichi in questione attribuendoli mediante accordi quadro. Parimenti, ai punti da 63 a 65 della sentenza impugnata, il Tribunale ha erroneamente considerato illegittimo l’affidamento diretto di tali incarichi per il solo motivo che gli accordi quadro prevedevano la possibilità di ricorrere al subappalto, mentre la possibilità di un siffatto ricorso in un accordo quadro non esclude, di per sé, l’esistenza di specificità tecniche che giustifichino un tale affidamento a un determinato operatore e che, in ogni caso, la legittimità di detti incarichi deve essere valutata alla luce degli incarichi stessi e non dell’accordo quadro in cui essi rientrano. Inoltre, non sono state tratte conseguenze giuridiche dalla circostanza, non contestata dalla Commissione, che l’aggiudicazione di uno degli accordi quadro sia stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

36      Terna aggiunge che il Tribunale ha dato un’interpretazione restrittiva della specificità tecnica che giustifica il ricorso all’affidamento diretto, quando invece avrebbe dovuto tener conto dell’articolo 50, lettera c), ii), della direttiva 2014/25, secondo cui gli enti aggiudicatori possono ormai ricorrere a una procedura negoziata senza la previa indizione di una gara quando i servizi possono essere forniti unicamente da un determinato operatore economico perché «la concorrenza è assente per motivi tecnici», il che si verificherebbe nel caso in cui non sussista nessun’altra soluzione ragionevole atta a giustificare il ricorso a un altro operatore.

37      Infine, Terna deduce che, ai punti da 83 a 85 della sentenza impugnata, il Tribunale ha erroneamente considerato che essa non aveva dimostrato che l’intervento della CESI fosse necessario da un punto di vista tecnico, poiché tale società poteva concedere a un operatore economico terzo una licenza relativa ai software di cui era titolare, anche se, secondo la ricorrente, detta società, quale titolare dei diritti sui software, non vi era obbligata. Sempre erroneamente il Tribunale ha adottato, al punto 85 della sentenza impugnata, un «approccio eccessivamente formalistico», escludendo l’applicazione dell’articolo 40, paragrafo 3, lettera c), della direttiva 2004/17, motivando che «l’assenza di alternative ragionevoli non è il criterio di riferimento per stabilire la legittimità dell’affidamento diretto a un determinato operatore, il quale presuppone, al contrario, l’assoluta necessità di un simile affidamento».

38      La Commissione fa valere che il primo e il secondo motivo di impugnazione devono essere integralmente respinti. In particolare, essa contesta la ricevibilità dell’argomentazione relativa alla violazione dell’articolo III.3.7, paragrafi 1, 4 e 6, dell’allegato III di ciascuna delle decisioni del 2 dicembre 2008 e del 21 maggio 2010.

 Giudizio della Corte

39      Occorre preliminarmente ricordare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, dall’articolo 256, paragrafo 1, secondo comma, TFUE, dall’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea nonché dall’articolo 168, paragrafo 1, lettera d), e dall’articolo 169, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte emerge che un’impugnazione deve indicare in modo preciso gli elementi contestati della sentenza di cui si chiede l’annullamento nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda (sentenza del 17 maggio 2017, Portogallo/Commissione, C‑337/16 P, EU:C:2017:381, punto 19 e giurisprudenza ivi citata).

40      Nel caso di specie, l’impugnazione proposta dalla ricorrente non contiene alcun elemento a sostegno di una presunta violazione dell’articolo III.3.7, paragrafi 1, 4 e 6, dell’allegato III di ciascuna delle decisioni del 2 dicembre 2008 e del 21 maggio 2010. L’argomentazione presentata da Terna a tal riguardo deve, di conseguenza, essere respinta in quanto irricevibile.

41      Per quanto riguarda, in primo luogo, l’argomentazione della ricorrente relativa ai punti da 37 a 43 della sentenza impugnata, occorre rilevare che, in tali punti, il Tribunale non ha affatto considerato che, al fine di eludere la direttiva 2004/17, Terna avesse deliberatamente suddiviso gli incarichi in questione attribuendoli mediante accordi quadro.

42      Infatti, nei suddetti punti da 37 a 43, il Tribunale ha unicamente constatato che gli incarichi in questione erano stati attribuiti sulla base degli accordi quadro, il che implicava che la legittimità di tali incarichi fosse analizzata «in stretto collegamento» con tali accordi quadro, pur ricordando, al punto 41 della sentenza impugnata, che, «ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 2, della direttiva 2004/17, gli enti aggiudicatori non possono eludere l’applicazione di tale direttiva suddividendo i progetti d’opera o i progetti di commessa volti ad ottenere un certo quantitativo».

43      La ricorrente fa valere che l’assenza di reazione della Commissione, a seguito della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea dell’affidamento diretto di un accordo quadro, rende valido tale accordo quadro e che l’affidamento diretto degli incarichi in questione intervenuto successivamente deve essere valutato indipendentemente dagli accordi quadro prima di trarne la conseguenza che l’affidamento diretto degli incarichi in questione sia valido.

44      Tuttavia, la ricorrente ammette che «gli [a]ccordi quadro sono stati stipulati per finalità non integralmente coincidenti con lo sviluppo dei [p]rogetti [in questione]» e che questi ultimi «preved[evano] ambiti d’intervento più ampi e non esauribili nelle attività previste dagli incarichi [in questione]».

45      Mediante tali affermazioni, la ricorrente stessa riconosce che l’oggetto degli accordi quadro e quello degli incarichi in questione sono stati, in ogni caso, almeno in parte identici.

46      Di conseguenza, il Tribunale poteva, senza incorrere in errori, dichiarare, al punto 43 della sentenza impugnata, che «la Commissione [aveva] correttamente valutato la legittimità dell’affidamento diretto a CESI degli incarichi in questione in stretto collegamento con l’aggiudicazione degli accordi quadro da cui essi dipendevano».

47      In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomentazione relativa ai punti da 63 a 65 della sentenza impugnata, formulata dalla ricorrente in merito al rapporto tra la possibilità per l’aggiudicatario di un contratto diretto di ricorrere al subappalto ai sensi dell’articolo 37 della direttiva 2004/17 e la facoltà, per l’ente aggiudicatore, di affidare direttamente un contratto sulla base dell’articolo 40, paragrafo 3, lettera c), di tale direttiva, occorre rilevare che, a detto punto 63, il Tribunale ha dichiarato che «il ricorso ad altri operatori economici ai fini della fornitura di un servizio [escludeva], di per sé, che tale prestazione [potesse] rientrare nella deroga prevista dall’articolo 40, paragrafo 3, lettera c), [di detta] direttiva».

48      Al punto 65 di tale sentenza, il Tribunale ha aggiunto che «non si può sostenere che il ricorso ad altri operatori, anche ove si [trattasse] di un caso marginale, di numero limitato di operatori o di attività secondarie, non [escludeva] che la prestazione [potesse] rientrare nell’ambito della deroga di cui all’articolo 40, paragrafo 3, lettera c), della direttiva 2004/17». In altri termini, il Tribunale afferma che il ricorso ad altri operatori, indipendentemente da quale sia l’incarico di cui trattasi, esclude l’applicazione dell’articolo 40, paragrafo 3, lettera c), della direttiva 2004/17.

49      Secondo la ricorrente, il subappalto non è, di per sé, incompatibile con l’affidamento diretto di un contratto e la facoltà di ricorrere al subappalto non esclude, di per sé, l’esistenza di ragioni tecniche che giustifichino l’affidamento diretto degli incarichi in questione.

50      A tal riguardo, occorre rilevare che nell’articolo 37 della direttiva 2004/17 non vi sono elementi atti ad indicare che il ricorso al subappalto sia escluso per gli aggiudicatari di contratti diretti e che nell’articolo 40, paragrafo 3, lettera c), di tale direttiva non vi sono elementi atti ad indicare che, in caso di affidamento diretto di un contratto a motivo della specificità tecnica di quest’ultimo, il subappalto debba essere escluso.

51      È vero che il ricorso al subappalto è escluso in forza dell’articolo 40, paragrafo 3, lettera c), di detta direttiva per quanto riguarda le «ragioni di natura tecnica» che hanno giustificato l’affidamento diretto del contratto di cui trattasi, poiché tale subappalto dimostrerebbe che l’operatore economico che ha beneficiato di tale affidamento diretto non era l’unico in grado di eseguire gli incarichi richiesti. Tuttavia, il ricorso al subappalto riguardo ad incarichi per i quali non sussistano «ragioni di natura tecnica» deve restare possibile.

52      Tale constatazione non è rimessa in discussione dalla sentenza del 2 giugno 2005, Commissione/Grecia (C‑394/02, EU:C:2005:336, punti 34 e 37), alla quale il Tribunale ha fatto riferimento ai punti 63 e 64 della sentenza impugnata. Al punto 37 di tale sentenza, la Corte ha rilevato che, in quel caso di specie, l’ente aggiudicatore aveva invitato anche un altro operatore economico a presentare un’offerta, circostanza che costituiva un elemento atto a dimostrare come l’aggiudicatario diretto non fosse l’unico in grado di dare esecuzione all’appalto. Motivando in tal modo, la Corte non si è affatto pronunciata sulla possibilità di subappaltare gli incarichi per i quali non sussistano «ragioni di natura tecnica». Tutt’al contrario, la Corte si è invece basata sulla constatazione, effettuata al punto 35 di detta sentenza, secondo la quale il governo ellenico non aveva dimostrato in modo convincente che soltanto l’aggiudicatario diretto di cui trattavasi fosse in grado di eseguirli e che fosse, di conseguenza, assolutamente necessario affidare ad esso l’appalto.

53      Peraltro, la facoltà di ricorrere al subappalto è un elemento importante del sistema degli appalti pubblici dell’Unione, la cui limitazione sarebbe possibile solo sulla base dell’applicazione di una norma del diritto dell’Unione come interpretata da una giurisprudenza consolidata della Corte.

54      Pertanto, ai punti 63 e 65 della sentenza impugnata, il Tribunale ha interpretato erroneamente l’articolo 37 e l’articolo 40, paragrafo 3, lettera c), della direttiva 2004/17.

55      Si deve tuttavia ricordare che se dalla motivazione di una sentenza del Tribunale risulta una violazione del diritto dell’Unione, ma il dispositivo della medesima sentenza appare fondato per altri motivi di diritto, una violazione siffatta non è idonea a determinare l’annullamento di tale sentenza (sentenza del 19 marzo 2020, ClientEarth/Commissione, C‑612/18 P, non pubblicata, EU:C:2020:223, punto 40).

56      Orbene, nel caso di specie, ai punti da 75 a 86 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato la questione se la ricorrente avesse dimostrato che gli incarichi in questione potevano, in quanto tali, essere attribuiti direttamente a CESI, ai sensi dell’articolo 40, paragrafo 3, lettera c), della direttiva 2004/17, e ha concluso in senso negativo.

57      Di conseguenza, l’argomento della ricorrente relativo ai punti da 63 a 65 della sentenza impugnata è inconferente e deve essere respinto.

58      Per quanto riguarda, in terzo luogo, l’argomento relativo ai punti da 83 a 85 della sentenza impugnata, secondo cui erroneamente il Tribunale ha considerato che la ricorrente non avesse fornito la prova di ragioni di natura tecnica idonee a consentire l’applicazione dell’articolo 40, paragrafo 3, lettera c), della direttiva 2014/17, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, conformemente all’articolo 256, paragrafo 1, TFUE e all’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, l’impugnazione è limitata alle questioni di diritto. Il Tribunale è dunque competente in via esclusiva ad accertare e a valutare i fatti rilevanti nonché a valutare gli elementi di prova. La valutazione di tali fatti e di tali elementi di prova non costituisce, quindi, una questione di diritto, come tale soggetta al controllo della Corte nell’ambito di un’impugnazione, salvo il caso di snaturamento di tali fatti e di tali elementi (sentenza del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punto 177 e giurisprudenza ivi citata).

59      Nel caso di specie, il Tribunale ha rilevato, ai punti da 83 a 85 della sentenza impugnata, che «la ricorrente (...) non [aveva] dimostrato alcuna specificità tecnica né alcun altro motivo in base al quale una tale specificità, ammesso che sussistesse, rendeva assolutamente necessario affidare la realizzazione di tali prestazioni a CESI», che essa «non [si era mai riferita] a una ragione di incompatibilità tecnica che impedisse oggettivamente a un altro operatore di fornire gli stessi servizi, così che, (...) fosse assolutamente necessario scegliere un unico operatore», e, infine, che «la ricorrente si [era] limitata a richiamare in modo generico la circostanza che il ricorso a qualsiasi altro operatore avrebbe aumentato i costi e i tempi senza fornire spiegazioni idonee a dimostrare la necessità del ricorso ad un unico imprenditore».

60      Orbene, tali constatazioni del Tribunale sono constatazioni di fatto le quali, non avendo la ricorrente fatto valere il loro snaturamento, non possono essere oggetto di sindacato della Corte nell’ambito di un’impugnazione.

61      Per quanto riguarda il criterio da applicare, questione che impone una valutazione di diritto rientrante nell’ambito del sindacato della Corte, si deve considerare che, al punto 85 della sentenza impugnata, il Tribunale ha correttamente dichiarato che l’assenza di alternative ragionevoli non era il criterio di riferimento per stabilire la legittimità dell’affidamento diretto a un determinato operatore, il quale presuppone, al contrario, secondo la giurisprudenza, l’assoluta necessità di un simile affidamento.

62      Per quanto riguarda la censura della ricorrente, secondo cui il Tribunale non ha tenuto conto, ai fini dell’interpretazione dell’articolo 40, paragrafo 3, lettera c), della direttiva 2004/17, delle modifiche apportate dalla direttiva 2014/25, è sufficiente constatare che tale nuova direttiva, la quale è entrata in vigore il 17 aprile 2014 e ha abrogato la direttiva 2004/17 con effetto dal 18 aprile 2016, data di scadenza del suo termine di trasposizione, non era applicabile ai fatti del caso di specie.

63      Alla luce delle considerazioni svolte, occorre respingere il primo e il secondo motivo d’impugnazione in quanto, in parte, irricevibili e, in parte, infondati.

 Sul terzo motivo

 Argomenti delle parti

64      Con il terzo motivo d’impugnazione, Terna censura il punto 93 della sentenza impugnata, deducendo che il Tribunale ha erroneamente considerato che, in mancanza di assicurazioni precise fornite dalla Commissione, la ricorrente non poteva invocare il principio di tutela del legittimo affidamento, sebbene tale istituzione abbia potuto conoscere i termini di uno degli accordi quadro, abbia esaminato l’aggiudicazione degli appalti rientranti nei progetti in questione e ne abbia accettato i costi.

65      La Commissione replica che il terzo motivo d’impugnazione dev’essere respinto.

 Giudizio della Corte

66      Si deve ricordare che il diritto di avvalersi del principio di tutela del legittimo affidamento presuppone che rassicurazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate ed affidabili, siano state fornite all’interessato dalle autorità competenti dell’Unione (v., in particolare, sentenze del 22 giugno 2006, Belgio e Forum 187/Commissione, C‑182/03 e C‑217/03, EU:C:2006:416, punto 147, nonché del 7 aprile 2011, Grecia/Commissione, C‑321/09 P, EU:C:2011:218, punto 45).

67      Pertanto, come dichiarato dal Tribunale al punto 94 della sentenza impugnata, il silenzio serbato dalla Commissione in merito all’affidamento diretto di uno degli accordi quadro «non può essere considerato come un’assicurazione precisa fornita dall’amministrazione tale da creare un legittimo affidamento» rispetto agli atti della ricorrente successivi a tali accordi quadro.

68      Per quanto concerne l’esame dell’aggiudicazione degli appalti rientranti nei progetti in questione e l’accettazione dei costi sostenuti nell’ambito di tali progetti, come correttamente constatato dal Tribunale al punto 93 della sentenza impugnata, «la verifica dell’ammissibilità delle spese è stata effettuata solo in epoca successiva alla produzione dei rendiconti finanziari definitivi, mentre le fasi precedenti riguardano soltanto il controllo tecnico dello stato di avanzamento dei progetti». Di conseguenza, non si può ritenere che, nel corso di tali fasi precedenti, la Commissione abbia approvato il procedimento in base al quale i compiti di cui trattasi sarebbero stati attribuiti senza la previa indizione di una gara.

69      Alla luce delle considerazioni che precedono, il terzo motivo d’impugnazione deve essere respinto in quanto infondato.

 Sul quarto motivo

 Argomenti delle parti

70      Con il quarto motivo d’impugnazione, Terna contesta i punti 102 e 103 della sentenza impugnata in quanto il Tribunale ha erroneamente considerato, al punto 102, che il motivo vertente sulla violazione del principio di proporzionalità era inconferente in materia di violazione delle norme in materia di aggiudicazione di appalti pubblici, quando invece tale principio è destinato ad applicarsi a tutte le situazioni nelle quali la totalità dei costi sostenuti da un’impresa sono stati dichiarati inammissibili nell’ambito dell’esecuzione di un contratto, a prescindere da quali siano le cause di tale inammissibilità. La ricorrente aggiunge che sempre erroneamente, al punto 103 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che il motivo di cui era stato investito doveva essere respinto in ragione del fatto che la Commissione non aveva esercitato alcun potere sanzionatorio, ma si era limitata a constatare la violazione dell’articolo III.2.5.3 dell’allegato III di ciascuna delle decisioni del 2 dicembre 2008 e del 21 maggio 2010.

71      La Commissione replica che il quarto motivo d’impugnazione dev’essere respinto.

 Giudizio della Corte

72      Benché il Tribunale non abbia esaminato la fondatezza del motivo vertente su una violazione del principio di proporzionalità, esso ha correttamente rilevato che la Commissione non poteva giungere a una conclusione diversa da quella di dichiarare inammissibile l’insieme dei costi relativi ai progetti in questione, in quanto gli articoli III.2.5.3 e III.3.7 dell’allegato III di ciascuna delle decisioni del 2 dicembre 2008 e del 21 maggio 2010 prevedevano che solo i costi relativi ad appalti aggiudicati conformemente alla normativa dell’Unione sugli appalti pubblici potessero essere considerati come costi ammissibili.

73      Alla luce delle suesposte considerazioni, anche il quarto motivo d’impugnazione deve essere respinto in quanto infondato.

74      In considerazione di tutto quanto precede, l’impugnazione deve essere respinta integralmente.

 Sulle spese

75      Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, di tale regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

76      Terna, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.

Per questi motivi, la Corte (Decima Sezione) dichiara e statuisce:

1)      L’impugnazione è respinta.


2)      Terna SpA è condannata alle spese.

Jarukaitis

Juhász

Ilešič

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 4 giugno 2020.

Il cancelliere

 

Il presidente della Decima Sezione

A. Calot Escobar

 

I. Jarukaitis


*      Lingua processuale: l’italiano.