SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

15 ottobre 2020 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Tutela dei consumatori – Servizi di pagamento nel mercato interno – Direttiva 2007/64/CE – Articolo 45 – Direttiva (UE) 2015/2366 – Articolo 55 – Recesso da un contratto quadro – Direttiva 2014/17/UE – Contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali – Articolo 12, paragrafo 1, paragrafo 2, lettera a), e paragrafo 3 – Pratiche di commercializzazione abbinata – Pratiche di commercializzazione aggregata – Direttiva 2014/92/UE – Conti di pagamento – Articoli da 9 a 14 – Trasferimento del conto di pagamento – Obbligo di accreditare i propri redditi su un conto di pagamento presso il creditore durante un periodo fissato dal contratto di prestito come contropartita di un vantaggio personalizzato – Durata dell’obbligo – Perdita del vantaggio personalizzato in caso di chiusura anticipata del conto»

Nella causa C‑778/18,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia), con decisione del 5 dicembre 2018, pervenuta in cancelleria l’11 dicembre 2018, nel procedimento

Association française des usagers de banques

contro

Ministre de l’Économie et des Finances,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da E. Regan, presidente di sezione, M. Ilešič, E. Juhász, C. Lycourgos e I. Jarukaitis (relatore), giudici,

avvocato generale: H. Saugmandsgaard Øe

cancelliere: M. Krausenböck, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 18 dicembre 2019,

considerate le osservazioni presentate:

per il governo francese, da A.-L. Desjonquères, J. Traband, E. Toutain e D. Colas, in qualità di agenti;

per il governo ceco, da M. Smolek, J. Vláčil e S. Šindelková, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da D. Triantafyllou e H. Tserepa-Lacombe, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 27 febbraio 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 45 della direttiva 2007/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, recante modifica delle direttive 97/7/CE, 2002/65/CE, 2005/60/CE e 2006/48/CE, che abroga la direttiva 97/5/CE (GU 2007, L 319, pag. 1, e rettifica in GU 2009, L 187, pag. 5), dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), e paragrafo 3, della direttiva 2014/17/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 febbraio 2014, in merito ai contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali e recante modifica delle direttive 2008/48/CE e 2013/36/UE e del regolamento (UE) n. 1093/2010 (GU 2014, L 60, pag. 34 e rettifica in GU 2015, L 246, pag. 11), degli articoli da 9 a 14 della direttiva 2014/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014, sulla comparabilità delle spese relative al conto di pagamento, sul trasferimento del conto di pagamento e sull’accesso al conto di pagamento con caratteristiche di base (GU 2014, L 257, pag. 214), nonché dell’articolo 55 della direttiva (UE) 2015/2366 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, che modifica le direttive 2002/65/CE, 2009/110/CE e 2013/36/UE e il regolamento (UE) n. 1093/2010, e abroga la direttiva 2007/64/CE (GU 2015, L 337, pag. 35, e rettifica in GU 2018, L 102, pag. 97).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra l’Association française des usagers de banques (in prosieguo: l’«AFUB») e il ministre de l’Économie et des Finances (Ministro dell’Economia e delle Finanze, Francia) in merito alla legittimità di un decreto che fissa il periodo durante il quale il creditore può imporre al mutuatario l’accredito dei suoi stipendi o dei suoi redditi assimilati su un conto di pagamento.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

La direttiva 2007/64/CE

3

Ai sensi del considerando 29 della direttiva 2007/64:

«Per agevolare la mobilità dei clienti, i consumatori dovrebbero avere il diritto di rescindere un contratto quadro dopo la scadenza di un anno senza dover sostenere spese. (...)».

4

L’articolo 45 di tale direttiva, intitolato «Recesso», ai suoi paragrafi 1 e 2 prevede quanto segue:

«1.   I contratti quadro possono essere sciolti in qualsiasi momento dall’utente dei servizi di pagamento, salvo qualora sia stato convenuto contrattualmente un periodo di preavviso che non può essere superiore a un mese.

2.   Il recesso da un contratto quadro concluso per una durata superiore ai 12 mesi o per una durata indefinita non comporta spese per l’utente dei servizi di pagamento dopo la scadenza di 12 mesi. In tutti gli altri casi le spese per lo scioglimento del contratto devono essere adeguate e in linea con i costi sostenuti».

La direttiva 2015/2366

5

La direttiva 2007/64 è stata abrogata, con effetto dal 13 gennaio 2018, dalla direttiva 2015/2366. Il considerando 62 di quest’ultima direttiva è così formulato:

«Per agevolare la mobilità dei clienti, è opportuno che i consumatori abbiano il diritto di recedere da un contratto quadro senza dover sostenere spese. Tuttavia, se un consumatore recede dal contratto entro i primi sei mesi di efficacia del medesimo, si dovrebbe consentire ai prestatori di servizi di pagamento di addebitare le spese in linea con i costi sostenuti per il recesso dal contratto quadro da parte del consumatore. (...)».

6

L’articolo 55 di detta direttiva, intitolato «Recesso», che ha sostituito l’articolo 45 della direttiva 2007/64, ai suoi paragrafi 1 e 2 prevede quanto segue:

«1.   I contratti quadro possono essere sciolti in qualsiasi momento dall’utente dei servizi di pagamento, salvo qualora sia stato convenuto dalle parti un periodo di preavviso che non può essere superiore ad un mese.

2.   Il recesso dal contratto quadro non comporta oneri per l’utente dei servizi di pagamento, salvo che il contratto sia stato in vigore per meno di sei mesi. Qualsiasi spesa per il recesso dal contratto quadro deve essere adeguata e in linea con i costi sostenuti».

La direttiva 2014/17

7

I considerando 15, 24 e 25 della direttiva 2014/17 sono formulati come segue:

«(15)

L’obiettivo della presente direttiva è garantire un elevato livello di protezione dei consumatori che sottoscrivano contratti di credito relativi a beni immobili. (...)

(...)

24.

(...) La combinazione dei contratti di credito con uno o più servizi o prodotti finanziari sotto forma di pacchetto permette ai creditori di diversificare l’offerta in uno spirito di concorrenza, purché le componenti del pacchetto possano essere acquistate anche separatamente. Se è vero che i consumatori possono beneficiare della combinazione di contratti di credito con uno o più servizi o prodotti finanziari in pacchetti, è anche vero che la mobilità dei consumatori e la loro capacità di operare scelte informate può essere ostacolata da questa stessa pratica a meno che le componenti del pacchetto non possano essere acquistate separatamente. È importante impedire pratiche quali la commercializzazione abbinata di taluni prodotti che possono indurre i consumatori a concludere contratti di credito non rispondenti al loro interesse, senza peraltro limitare la commercializzazione aggregata di prodotti potenzialmente vantaggiosa per i consumatori. Tuttavia gli Stati membri dovrebbero continuare a controllare attentamente i mercati dei servizi finanziari al dettaglio per garantire che le pratiche di vendita aggregata non distorcano la scelta del consumatore e la concorrenza nel mercato.

(25)

Di norma le pratiche di commercializzazione abbinata non dovrebbero essere ammesse, salvo che i servizi o prodotti finanziari offerti insieme con il contratto di credito non possano essere offerti separatamente in quanto parte integrante del credito, per esempio nel caso di uno scoperto garantito. In altri casi può tuttavia essere giustificato che i creditori offrano o vendano un contratto di credito insieme con un conto di pagamento, un conto di risparmio, prodotti d’investimento o pensionistici laddove, per esempio, il capitale del conto è usato per rimborsare il credito o costituisce un prerequisito della raccolta di risorse ai fini dell’ottenimento del credito, ovvero in situazioni in cui, per esempio, un prodotto d’investimento o un prodotto pensionistico privato serve da ulteriore garanzia del credito (...)».

8

L’articolo 1 di tale direttiva, intitolato «Oggetto», prevede quanto segue:

«La presente direttiva definisce un quadro comune per alcuni aspetti delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti contratti concernenti i crediti ai consumatori garantiti da un’ipoteca o altrimenti relativi a beni immobili residenziali (...)».

9

L’articolo 2 della suddetta direttiva, intitolato «Livello di armonizzazione», al paragrafo 1 così dispone:

«La presente direttiva non impedisce agli Stati membri di mantenere o introdurre disposizioni più stringenti per tutelare i consumatori, a condizione che tali disposizioni siano coerenti con i loro obblighi ai sensi del diritto dell’Unione».

10

L’articolo 4 della direttiva 2014/17, intitolato «Definizioni», prevede quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:

(...)

26.

“pratica di commercializzazione abbinata”: l’offerta o la commercializzazione di un contratto di credito in un pacchetto che comprende altri prodotti o servizi finanziari distinti, qualora il contratto di credito non sia disponibile per il consumatore separatamente;

27.

“pratica di commercializzazione aggregata”: l’offerta o la commercializzazione di un contratto di credito in un pacchetto che comprende altri prodotti o servizi finanziari distinti, in cui il contratto di credito viene messo a disposizione del consumatore anche separatamente, ma non necessariamente alle stesse condizioni praticate quando esso è offerto in maniera aggregata con i servizi accessori;

(...)».

11

Contenuto nel capo 4 di tale direttiva, intitolato «Informazioni e pratiche preliminari alla conclusione del contratto di credito», l’articolo 12 della medesima, che verte sulle «[p]ratiche di commercializzazione abbinata e aggregata», così recita:

«1.   Gli Stati membri consentono le pratiche di commercializzazione aggregata, ma vietano le pratiche di commercializzazione abbinata.

2.   In deroga al paragrafo 1, gli Stati membri possono prevedere che i creditori possano chiedere al consumatore o a un familiare o parente stretto del consumatore:

a)

l’apertura o la tenuta di un conto di pagamento o di risparmio, il cui unico fine sia l’accumulo di capitale per rimborsare il credito in capitale o interessi, raccogliere risorse per ottenere il credito o fornire ulteriore garanzia per il creditore nell’eventualità di un inadempimento;

(...)

3.   In deroga al paragrafo 1, gli Stati membri possono consentire pratiche di commercializzazione abbinata qualora il creditore possa dimostrare alla pertinente autorità competente che i prodotti o le categorie di prodotti abbinati offerti, a condizioni tra loro simili, che non sono messi a disposizione separatamente, comportano un chiaro vantaggio per i consumatori tenendo debitamente conto della disponibilità e dei prezzi di prodotti analoghi offerti sul mercato. Il presente paragrafo si applica soltanto ai prodotti immessi in commercio dopo il 20 marzo 2014.

(...)».

La direttiva 2014/92

12

I considerando 9 e 12 della direttiva 2014/92 sono formulati come segue:

«(9)

Per supportare una mobilità finanziaria efficace e senza problemi nel lungo termine, è essenziale stabilire un insieme uniforme di norme per far fronte al problema della scarsa mobilità dei consumatori e in particolare (...) per incentivare il trasferimento del conto (...)

(...)

12.

(...) Tutte le disposizioni della presente direttiva dovrebbero riguardare i conti di pagamento mediante i quali i consumatori sono in grado di effettuare le seguenti operazioni: deposito di fondi e prelievo di contante, ed esecuzione e ricezione di operazioni di pagamento a favore di terzi e da questi ultimi, compresa l’esecuzione di bonifici. Di conseguenza, dovrebbero essere esclusi i conti con funzioni più limitate. Ad esempio, in linea di principio dovrebbero essere esclusi dall’ambito di applicazione della presente direttiva i conti quali (...) i mutui a conto corrente (...). Tuttavia, se tali conti venissero utilizzati per operazioni di pagamento ordinarie e comprendessero tutte le funzioni sopra elencate, essi rientrerebbero nell’ambito di applicazione della presente direttiva. (...)».

13

L’articolo 2 di tale direttiva, intitolato «Definizioni», enuncia quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

(...)

15.

“spese”: tutti i costi e tutte le penali che il consumatore è tenuto eventualmente a pagare al prestatore di servizi di pagamento o all’ente creditizio per la fornitura dei servizi collegati a un conto di pagamento o in relazione a tali servizi.

(...)».

14

L’articolo 9 di detta direttiva, intitolato «Fornitura del servizio di trasferimento», impone agli Stati membri di assicurare che i prestatori di servizi di pagamento forniscano un servizio di trasferimento a tutti i consumatori che aprono o detengono un conto di pagamento presso un prestatore di tali servizi situato nel territorio dello Stato membro interessato.

15

L’articolo 10 della direttiva 2014/92, intitolato «Servizio di trasferimento», stabilisce le modalità che i prestatori di servizi devono applicare in esecuzione delle richieste di trasferimento dei consumatori.

16

L’articolo 11 di tale direttiva, intitolato «Agevolazione dell’apertura di un conto transfrontaliero da parte dei consumatori», impone agli Stati membri di agevolare l’apertura di un conto transfrontaliero e ne definisce le modalità.

17

L’articolo 12 di detta direttiva, intitolato «Spese connesse con il servizio di trasferimento», ai paragrafi 3 e 4 enuncia quanto segue:

«3.   Gli Stati membri assicurano che eventuali spese addebitate al consumatore dal prestatore di servizi di pagamento trasferente per la chiusura del conto di pagamento detenuto presso di esso siano fissate conformemente all’articolo 45, paragrafi 2, 4 e 6 della direttiva [2007/64].

4.   Gli Stati membri assicurano che eventuali spese addebitate al consumatore dal prestatore di servizi di pagamento trasferente o dal prestatore di servizi di pagamento ricevente per i servizi forniti a norma dell’articolo 10 diversi da quelli di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 del presente articolo siano ragionevoli e in linea con i costi effettivamente sostenuti dal prestatore di servizi di pagamento».

18

L’articolo 13 della direttiva 2014/92, intitolato «Perdita finanziaria per i consumatori», prescrive, al suo paragrafo 1, agli Stati membri di assicurare che eventuali perdite finanziarie causate direttamente dal mancato rispetto, da parte di un prestatore di servizi di pagamento, degli obblighi a lui imposti dall’articolo 10 siano rimborsate senza indugio al consumatore.

19

L’articolo 14 di tale direttiva, intitolato «Informazioni sul servizio di trasferimento», stabilisce le modalità relative alle informazioni che i prestatori di servizi di pagamento sono tenuti a mettere a disposizione dei consumatori in relazione al trasferimento.

Diritto francese

20

Ai sensi dell’articolo 67, II, primo comma, della legge n. 2016-1691, del 9 dicembre 2016, sulla trasparenza, la lotta contro la corruzione e la modernizzazione della vita economica (JORF del 10 dicembre 2016, testo n. 2):

«Alle condizioni previste dall’articolo 38 della Costituzione, il governo può adottare con ordinanza, entro un termine di sei mesi a decorrere dalla data di promulgazione della presente legge, le misure previste ai sensi di legge al fine di prevedere, nel rispetto dell’articolo L. 312-1-2 del code monétaire et financier (codice monetario e finanziario), le condizioni alle quali la sottoscrizione, da parte di un consumatore, di un contratto di credito immobiliare, nonché il livello del tasso d’interesse dello stesso, possono essere abbinati all’apertura di un conto di deposito e all’accredito del proprio reddito, qualunque sia la natura o l’origine degli stessi, per la durata del credito».

21

L’articolo L. 312-1-2, I., 1., del codice monetario e finanziario, nella versione applicabile ai fatti del procedimento principale, così dispone:

«È vietata la vendita o l’offerta in vendita di prodotti o di prestazioni di servizi aggregati, salvo che i prodotti o le prestazioni di servizi inclusi nell’offerta aggregata possano essere acquistati individualmente o qualora siano inseparabili».

22

L’articolo L. 314-1, I, di tale codice è così formulato:

«Costituisce un conto di pagamento un conto detenuto in nome di una o più persone, utilizzato per l’esecuzione di operazioni di pagamento».

23

Ai sensi dell’art. L. 313-25 del code de la consommation (codice del consumo), nella versione risultante dall’ordinanza n. 2017-1090, del 1o giugno 2017, relativa alle offerte di prestito immobiliare condizionate all’accredito degli stipendi o redditi assimilati del mutuatario su un conto di pagamento (JORF del 3 giugno 2017, testo n. 13), applicabile ai fatti del procedimento principale:

«L’offerta di cui all’articolo L. 313-24:

(...)

10°

Indica se il credito è soggetto alla condizione di accredito di cui all’articolo L. 313-25-1. In tal caso, sono indicate la durata di quest’ultima, eventualmente le spese di apertura e di tenuta del conto sul quale sono accreditati gli stipendi o i redditi assimilati, nonché la natura del vantaggio personalizzato concesso in cambio dal creditore. L’offerta deve consentire di identificare chiaramente tale vantaggio, indicandone le condizioni, di tasso o di altro tipo, alle quali essa è effettuata, e che sarebbero applicate dal creditore qualora venisse meno il requisito dell’accredito da parte del mutuatario.

(...)».

24

L’articolo L. 313-25-1 di tale codice, inserito in quest’ultimo dall’ordinanza n. 2017-1090, prevede quanto segue:

«Il creditore può condizionare l’offerta di prestito menzionato all’articolo L. 313-24 all’accredito, da parte del mutuatario, dei suoi stipendi o redditi assimilati su un conto di pagamento di cui all’articolo L. 314-1 del codice monetario e finanziario, purché, in contropartita, il creditore conceda al mutuatario il beneficio di un vantaggio personalizzato.

Tale condizione non può essere imposta al mutuatario oltre una durata massima fissata con decreto del Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia). Alla scadenza del termine previsto dal contratto di credito, il vantaggio personalizzato viene acquisito dal mutuatario fino alla scadenza del credito.

Se, prima della scadenza di tale termine, la predetta condizione di accredito da parte del mutuatario viene meno, il creditore può cessare, per le scadenze restanti fino alla scadenza del credito, il vantaggio personalizzato di cui al primo comma e applicare le condizioni, di tasso o di altro tipo, indicate al paragrafo 10° dell’articolo L. 313-25. (...)».

25

L’articolo R. 313-21-1 di detto codice, inserito in quest’ultimo dal decreto n. 2017-1099, del 14 giugno 2017, che stabilisce il periodo durante il quale il creditore può imporre al mutuatario l’accredito degli stipendi o redditi assimilati su un conto di pagamento (JORF del 16 giugno 2017, testo n. 38), dispone quanto segue:

«La durata massima del periodo di accredito degli stipendi o redditi assimilati di cui all’articolo L. 313-25-1 è fissata a dieci anni a decorrere dalla conclusione del contratto di credito o, eventualmente, dalla modifica del contratto di credito iniziale.

In nessun caso tale durata può eccedere quella del contratto di credito».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

26

Il 9 agosto 2017, l’AFUB ha presentato al Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia) un ricorso diretto all’annullamento, per eccesso di potere, del decreto n. 2017-1099.

27

Dinanzi al giudice del rinvio, l’AFUB sostiene, da un lato, che l’ordinanza n. 2017-1090, per la cui applicazione è stato adottato il decreto n. 2017-1099, disattende l’obiettivo di agevolare la mobilità bancaria perseguito dalle direttive 2007/64, 2014/17, 2014/92 e 2015/2366, nella parte in cui autorizza gli enti creditizi ad imporre ai consumatori l’accredito dei loro stipendi o dei loro redditi assimilati e, dall’altro, che tale decreto disattende il medesimo obiettivo nella parte in cui fissa a dieci anni la durata massima del periodo nel quale gli enti creditizi possono subordinare a tale accredito la concessione di vantaggi personalizzati ai consumatori.

28

Il Ministro dell’Economia e delle Finanze conclude per il rigetto del ricorso.

29

Il giudice del rinvio rileva che la disposizione di cui all’articolo L. 313-25-1 del codice del consumo consente agli enti creditizi di subordinare la concessione di un vantaggio personalizzato, nell’ambito di un contratto di credito proposto ad un mutuatario in relazione a un bene immobile, all’impegno di accreditare i suoi stipendi o i suoi redditi assimilati presso tale ente per un determinato periodo, in quanto il mancato rispetto di tale impegno prima della scadenza di tale periodo comporta la perdita di tale vantaggio.

30

Tale giudice ritiene che, per rispondere ai motivi dedotti dall’AFUB occorre stabilire, in primo luogo, se le disposizioni dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2014/17, tenuto conto in particolare della finalità che le stesse attribuiscono al conto di pagamento o di risparmio, o le disposizioni dell’articolo 12, paragrafo 3 della medesima direttiva consentano, da un lato, che il creditore imponga al mutuatario, come contropartita di un vantaggio personalizzato, l’accredito di tutti i suoi redditi salariali o assimilati su un conto di pagamento per un periodo la cui durata è stabilita dal contratto di prestito, a prescindere dall’importo, dalle scadenze e dalla durata del mutuo stesso, e, dall’altro, di fissare tale durata a massimo dieci anni, senza che possa tuttavia eccedere quelle del contratto di credito.

31

Tale risposta dipenderebbe, in secondo luogo, dalla questione se, da un lato, l’articolo 45 della direttiva 2007/64, l’articolo 55 della direttiva 2015/2366, nonché gli articoli da 9 a 14 della direttiva 2014/92, relativi all’agevolazione della mobilità bancaria e alle spese per la chiusura di un conto di pagamento, ostino a che la chiusura di un conto che era stato aperto dal mutuatario presso il creditore affinché vi venissero accreditati i suoi redditi in cambio di un vantaggio personalizzato nell’ambito di un contratto di credito implichi, qualora essa avvenga prima della scadenza del periodo fissato nel contratto stesso, la perdita del vantaggio di cui trattasi, anche quando sia trascorso più di un anno dall’apertura del conto e, dall’altra, se le medesime disposizioni ostino a che tale periodo possa protrarsi fino a dieci anni o per tutta la durata del credito.

32

Ciò premesso, il Conseil d’État (Consiglio di Stato) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

[S]e le disposizioni di cui all’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della direttiva [2014/17], tenuto conto in particolare della finalità che le stesse attribuiscono al conto di pagamento o di risparmio di cui autorizzano l’apertura o la tenuta, o le disposizioni [di cui all’articolo 12, paragrafo 3, di tale direttiva] permettano, da un lato, che il creditore imponga al mutuatario, come contropartita di un vantaggio personalizzato, l’accredito di tutti i suoi redditi salariali o assimilati su un conto di pagamento per un periodo la cui durata è stabilita dal contratto di credito, a prescindere dall’importo, dalle scadenze e dalla durata del credito, e dall’altro, che la durata così fissata possa raggiungere i dieci anni o, qualora sia inferiore, la durata del contratto stesso;

2)

[S]e l’articolo 45 della direttiva [2007/64], applicabile nel periodo rilevante e oggi ripreso all’articolo 55 della direttiva [2015/2366], e gli articoli da 9 a 14 della direttiva [2014/92], relativi all’agevolazione della mobilità bancaria e alle spese per la chiusura di un conto di pagamento, ostino[, da una parte,] a che la chiusura di un conto che il mutuatario aveva aperto presso il creditore affinché vi venissero accreditati i suoi redditi in cambio di un vantaggio personalizzato nell’ambito di un contratto di credito implichi, qualora essa avvenga prima della scadenza del periodo fissato nel contratto stesso, la perdita del vantaggio di cui trattasi, anche qualora sia trascorso più di un anno dall’apertura del conto e, d’altra parte, (...) a che tale periodo possa protrarsi fino a dieci anni o per tutta la durata del credito».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

33

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), e paragrafo 3, della direttiva 2014/17 debba essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale che autorizza il creditore ad imporre al mutuatario, nell’ambito della conclusione di un contratto di credito concernente beni immobili residenziali, in cambio di un vantaggio personalizzato, l’accredito di tutti i suoi redditi salariali o assimilati su un conto di pagamento aperto presso tale creditore, indipendentemente dall’importo, dalle scadenze e dalla durata del mutuo stesso, e ciò per un periodo non superiore a dieci anni o, se la durata del contratto di prestito è inferiore, per tale durata.

34

Dall’articolo 1 della direttiva 2014/17, come chiarito dal suo considerando 15, risulta che tale direttiva definisce un quadro comune per alcuni aspetti delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti contratti riguardanti i crediti ai consumatori garantiti da un’ipoteca o altrimenti relativi a beni immobili residenziali al fine di assicurare a questi ultimi un elevato livello di protezione.

35

A tale riguardo, l’articolo 12 di tale direttiva dispone, al paragrafo 1, che gli Stati membri consentono le pratiche di commercializzazione aggregata, ma vietano le pratiche di commercializzazione abbinata.

36

Per quanto riguarda la nozione di «pratica di commercializzazione aggregata», essa è definita all’articolo 4, punto 27, della direttiva 2014/17 come riguardante l’offerta o la commercializzazione di un contratto di credito in un pacchetto che comprende altri prodotti o servizi finanziari distinti, in cui il contratto di credito viene messo a disposizione del consumatore anche separatamente, ma non necessariamente alle stesse condizioni praticate quando esso è offerto in maniera aggregata con i servizi accessori.

37

Quanto alla nozione di «pratica di commercializzazione abbinata», l’articolo 4, punto 26, di tale direttiva la definisce come l’offerta o la commercializzazione di un contratto di credito in un pacchetto che comprende altri prodotti o servizi finanziari distinti, qualora il contratto di credito non sia disponibile per il consumatore separatamente.

38

Ne consegue che la differenza tra tali due operazioni, che costituiscono la pratica di commercializzazione aggregata e la pratica di commercializzazione abbinata, ai sensi di detta direttiva, consiste nel fatto che, nella prima operazione, il consumatore dispone della possibilità di acquistare separatamente un contratto di credito e altri prodotti o servizi finanziari proposti dal creditore in un pacchetto, mentre, nella seconda operazione, il consumatore è privato di tale possibilità.

39

Tuttavia, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), di detta direttiva, gli Stati membri possono prevedere, in deroga al divieto di pratiche di commercializzazione abbinata di cui al paragrafo 1 di tale articolo, che i creditori possano chiedere al consumatore o a un familiare o parente stretto del medesimo l’apertura o la tenuta di un conto di pagamento o di risparmio, il cui unico fine sia l’accumulo di capitale per rimborsare il prestito, raccogliere risorse per ottenere il credito o fornire ulteriore garanzia per il creditore nell’eventualità di un inadempimento.

40

Pertanto, dalla formulazione dell’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2014/17 risulta che, sebbene tale direttiva vieti, in linea di principio, la pratica di commercializzazione abbinata, essa prevede tuttavia, in deroga a tale divieto, talune situazioni rigorosamente definite nelle quali gli Stati membri possono autorizzare siffatta operazione, e che una di tali situazioni è quella prevista al paragrafo 2, lettera a), di tale articolo.

41

Dalla formulazione dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2014/17 risulta altresì che esso interessa unicamente la pratica di commercializzazione abbinata e non riguarda la pratica di commercializzazione aggregata, la quale è autorizzata all’articolo 12, paragrafo 1, di tale direttiva.

42

Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che l’articolo L. 312-1-2, I., 1., del codice monetario e finanziario dispone che è vietata la vendita o l’offerta in vendita di prodotti o di prestazioni di servizi aggregati, salvo che i prodotti o le prestazioni di servizi inclusi nell’offerta aggregata possano essere acquistati individualmente o qualora siano inseparabili. In risposta ad una richiesta di chiarimenti della Corte, il giudice del rinvio ha precisato che tale disposizione deve essere interpretata nel senso che essa vieta le pratiche di commercializzazione abbinata e autorizza le pratiche di commercializzazione aggregata, ai sensi della direttiva 2014/17.

43

Inoltre, da tale decisione risulta che l’articolo L. 313-25-1 del codice del consumo, nella sua versione applicabile al procedimento principale, prevede che il creditore possa condizionare l’offerta di prestito all’accredito da parte del mutuatario, per un periodo previsto dal contratto di credito, dei suoi stipendi o redditi assimilati su un conto di pagamento purché, in contropartita, il creditore conceda al mutuatario il beneficio di un vantaggio personalizzato. Tale disposizione aggiunge che, alla scadenza di tale termine, tale vantaggio viene acquisito dal mutuatario fino alla scadenza del credito, precisando al contempo che, se il mutuatario cessa di soddisfare la condizione di accredito prima della scadenza di tale termine, il creditore può porre fine a detto vantaggio per le scadenze restanti fino alla scadenza del credito.

44

Occorre rilevare, al riguardo, che il governo francese sostiene che la detta disposizione riguarda la pratica di commercializzazione aggregata, poiché i creditori, secondo tale governo, sono tenuti a proporre ai consumatori sia contratti di credito immobiliare accompagnati da una clausola di accredito, sia contratti di credito immobiliare privi di tale clausola. L’esistenza o meno di tale tipologia di clausola rientrerebbe quindi nell’ambito della libertà contrattuale delle parti di tali contratti.

45

Se si dovesse ammettere, circostanza che spetta unicamente al giudice del rinvio verificare, che l’articolo L. 313-25-1 del codice del consumo riguardi effettivamente la pratica di commercializzazione aggregata, l’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2014/17 non sarebbe applicabile nel caso di specie, dal momento che, come constatato al punto 41 della presente sentenza, quest’ultima disposizione riguarda soltanto la pratica di commercializzazione abbinata.

46

Tuttavia, il giudice del rinvio nutre dubbi quanto alla portata dell’articolo L. 313-25-1 del codice del consumo. Esso indica, nella sua risposta alla richiesta di chiarimenti di cui al punto 42 della presente sentenza, che la questione se la possibilità prevista da tale disposizione di subordinare la concessione del prestito alla condizione dell’accredito dei redditi su un conto aperto presso il creditore debba essere interpretata nel senso che consente una pratica di commercializzazione abbinata o una pratica di commercializzazione aggregata, potrà essere risolta solo dopo che la Corte avrà risposto alla questione pregiudiziale.

47

A tale riguardo occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, nell’ambito di un procedimento ai sensi dell’articolo 267 TFUE, basato sulla netta separazione di funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, il giudice nazionale è l’unico competente a conoscere e valutare i fatti della controversia di cui alla causa principale nonché ad interpretare ed a applicare il diritto nazionale. Parimenti, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte (sentenza del 26 maggio 2011, Stichting Natuur en Milieu e a., da C‑165/09 a C‑167/09, EU:C:2011:348, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

48

In tali circostanze, dal momento che la valutazione definitiva della portata dell’articolo L. 313-25-1 del codice del consumo appartiene al giudice del rinvio, occorre, ai fini della risposta alla prima questione sollevata, accogliere l’ipotesi secondo la quale tale articolo prevede una deroga al divieto della pratica di commercializzazione abbinata di cui all’articolo L. 312-1-2 del codice monetario e finanziario, che costituisce la trasposizione dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2014/17 nell’ordinamento giuridico francese.

49

Per quanto riguarda la questione se, in primo luogo, l’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2014/17 debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale in forza della quale il creditore può esigere dal mutuatario che quest’ultimo accrediti tutti i suoi stipendi o redditi assimilati su un conto di pagamento aperto presso il medesimo creditore, indipendentemente dall’importo, dalle scadenze e dalla durata del prestito, occorre, conformemente alla giurisprudenza costante della Corte, tener conto non soltanto del tenore letterale di tale articolo, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui è parte (v., in tal senso, sentenza del 26 maggio 2016, Envirotec Denmark, C‑550/14, EU:C:2016:354, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

50

Per quanto riguarda, innanzitutto, il tenore letterale dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2014/17, occorre sottolineare che tale disposizione prevede la possibilità per i creditori di chiedere al consumatore di aprire un conto di pagamento o di risparmio ai soli fini previsti da tale disposizione, vale a dire accumulare capitale per rimborsare il prestito, raccogliere risorse per ottenere il credito o fornire ulteriore garanzia per il creditore nell’eventualità di un inadempimento.

51

Per quanto riguarda, poi, lo scopo della direttiva 2014/17, quest’ultima mira, come risulta dal punto 34 della presente sentenza, ad assicurare un elevato livello di protezione dei consumatori che stipulano contratti di credito relativi a beni immobili. Tale direttiva ha altresì lo scopo, come si può dedurre dal suo considerando 24, di tutelare la mobilità di tali consumatori e la loro capacità di operare scelte informate.

52

Per quanto riguarda, infine, il contesto dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2014/17, occorre rilevare, come risulta dal punto 40 della presente sentenza, che, sebbene l’articolo 12 di tale direttiva vieti, in linea di principio, al suo paragrafo 1, la pratica di commercializzazione abbinata, poiché essa può pregiudicare gli obiettivi menzionati al punto precedente, detto articolo prevede tuttavia, al suo paragrafo 2, le situazioni in cui gli Stati membri possono autorizzare siffatta vendita, ed una di tali situazioni è quella prevista al punto a) di quest’ultimo paragrafo.

53

Poiché l’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2014/17 costituisce una deroga alla regola generale prevista all’articolo 12, paragrafo 1, di tale direttiva, esso deve, secondo costante giurisprudenza della Corte, essere oggetto di un’interpretazione restrittiva [v., per analogia, sentenza del 22 gennaio 2020, Pensionsversicherungsanstalt (Cessazione di attività dopo l’età pensionabile), C‑32/19, EU:C:2020:25, punto 38 e giurisprudenza ivi citata].

54

Tale deroga offre ai creditori la possibilità, come risulta altresì dal considerando 25 di tale direttiva, di richiedere l’apertura di un conto di pagamento o di risparmio, in particolare, al fine di accumulare capitale su un tale conto, che fa parte dell’offerta o della vendita di un contratto di credito ai fini del rimborso del credito o, per l’ottenimento di quest’ultimo, ai fini della raccolta di risorse, quale condizione preliminare per tale ottenimento. Ne consegue che l’obbligo imposto ad un mutuatario di procedere all’accredito dei suoi redditi a tal fine è, in linea di principio, conforme a tale disposizione.

55

Tuttavia, nel caso di specie, dalla formulazione della prima questione sollevata emerge che il giudice del rinvio ritiene che l’articolo L. 313-25-1 del codice del consumo autorizzi il creditore a subordinare la concessione del prestito all’accredito di tutti gli stipendi o redditi assimilati di un mutuatario su un conto di pagamento, indipendentemente dall’importo, dalle scadenze e dalla durata del prestito.

56

Alla luce delle considerazioni che precedono, una siffatta possibilità offerta ad un creditore è sproporzionata, in quanto la normativa nazionale di cui trattasi non prevede la presa in considerazione delle caratteristiche del prestito interessato legate al suo importo, alle sue scadenze e alla sua durata. L’accredito che il creditore è in tal modo autorizzato ad esigere dal mutuatario può pertanto eccedere, almeno in determinati casi, quanto necessario per il rimborso del prestito, l’ottenimento del credito o la fornitura al creditore di un’ulteriore garanzia nell’eventualità di un inadempimento. Ebbene, tenuto conto degli elementi rilevati ai punti da 51 a 54 della presente sentenza, la possibilità per gli Stati membri di autorizzare i creditori a realizzare pratiche di commercializzazione abbinata è loro offerta al solo scopo di realizzare almeno una delle tre finalità elencate all’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2014/17.

57

Qualsiasi altra interpretazione di tale ultima disposizione, da un lato, nuocerebbe all’obiettivo di tale direttiva, che è quello di garantire un elevato livello di protezione dei consumatori, dal momento che, in talune circostanze, la conclusione di un contratto di prestito accompagnato da una clausola di accredito di tutti i redditi del consumatore indipendentemente dalle caratteristiche del prestito legate al suo importo, alle sue scadenze e alla sua durata potrebbe non corrispondere ai suoi interessi. Dall’altro, una siffatta interpretazione sarebbe contraria all’obiettivo della mobilità bancaria dei consumatori, parimenti perseguito da detta direttiva, in particolare nel caso in cui un consumatore intendesse concludere più contratti di mutuo con creditori diversi.

58

Si deve pertanto ritenere che l’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2014/17 debba essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale che consente al creditore di subordinare la concessione di un prestito all’accredito di tutti gli stipendi o dei redditi assimilati del mutuatario su un conto di pagamento aperto presso il medesimo creditore, indipendentemente dall’importo, dalle scadenze e dalla durata del prestito.

59

Occorre peraltro ricordare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, il giudice nazionale è tenuto, in forza del principio di interpretazione conforme del diritto interno, a dare a tale diritto, quanto più possibile, un’interpretazione conforme ai requisiti del diritto dell’Unione e a garantire, in tal modo, nell’ambito delle sue competenze, la piena efficacia del diritto dell’Unione quando risolve la controversia ad esso sottoposta. Tale principio impone al giudice nazionale di prendere in considerazione l’insieme del diritto nazionale per valutare in quale misura esso possa essere applicato in modo tale da non addivenire ad un risultato in contrasto con il diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 19 dicembre 2013, Koushkaki, C‑84/12, EU:C:2013:862, punti 7576, nonché del 24 giugno 2019, Popławski, C‑573/17, EU:C:2019:530, punto 55).

60

Nel caso di specie, spetta quindi al giudice del rinvio verificare se sia possibile un’interpretazione dell’articolo L. 313-25-1 del codice del consumo conforme all’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2014/17. Ciò avverrebbe, in particolare, come risulta dal punto 54 della presente sentenza, se tale disposizione di diritto nazionale potesse essere interpretata nel senso che consente al creditore di subordinare la concessione del prestito all’accredito della sola parte degli stipendi o dei redditi assimilati del mutuatario corrispondente a quanto necessario ai fini del rimborso del prestito, dell’ottenimento del credito o della fornitura al creditore di ulteriori garanzie nell’eventualità di un inadempimento, ai sensi di detta disposizione della direttiva 2014/17.

61

Quanto alla questione se, in secondo luogo, l’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2014/17 debba essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale che prevede che la durata dell’accredito obbligatorio degli stipendi o dei redditi assimilati del mutuatario imposta dal creditore possa raggiungere dieci anni o, se la durata del contratto di prestito in questione è inferiore, la durata di tale contratto, si deve constatare che tale direttiva non prevede limitazioni del periodo durante il quale i creditori possono chiedere ai consumatori di mantenere un conto di pagamento o di risparmio aperto in applicazione delle disposizioni che traspongono detta disposizione nell’ordinamento giuridico nazionale. La durata massima dell’accredito degli stipendi che il creditore è autorizzato ad esigere dal mutuatario può quindi essere uguale a quella del contratto di prestito di cui trattasi, a condizione che, come risulta dai punti da 56 a 58 della presente sentenza, la condizione relativa all’accredito sia limitata a quanto necessario per raggiungere le finalità elencate in tale disposizione, ossia fornire al creditore talune garanzie relative all’ottenimento o al rimborso del credito.

62

Pertanto, alla luce, in particolare, dello scopo della direttiva 2014/17, che è quello di garantire un elevato livello di protezione dei consumatori, nonché dell’articolo 2, paragrafo 1, di quest’ultima, secondo il quale tale direttiva non impedisce agli Stati membri di mantenere o introdurre disposizioni più stringenti per tutelare i consumatori, occorre considerare che la limitazione nel tempo del periodo durante il quale il creditore può imporre al mutuatario l’accredito dei suoi redditi salariali o assimilati non è contraria all’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), di detta direttiva.

63

Peraltro, tenuto conto del fatto che il vantaggio individuale che, ai sensi dell’articolo L. 313-25-1 del codice del consumo, deve essere proposto al mutuatario costituisce il corrispettivo dell’apertura del conto di accredito presso il creditore, una siffatta situazione rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2014/17, in modo che non occorre rispondere alla prima questione alla luce dell’articolo 12, paragrafo 3, di tale direttiva.

64

Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2014/17 deve essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale che autorizza il creditore ad imporre al mutuatario, nell’ambito della conclusione di un contratto di credito concernente beni immobili residenziali, in cambio di un vantaggio personalizzato, l’accredito di tutti i suoi redditi salariali o assimilati su un conto di pagamento aperto presso il medesimo creditore, indipendentemente dall’importo, dalle scadenze e dalla durata del prestito. Per contro, tale disposizione deve essere interpretata nel senso che non osta ad una normativa nazionale secondo la quale la durata dell’accredito imposto, qualora quest’ultimo non riguardi tutti i redditi salariali del mutuatario, può raggiungere dieci anni o, se inferiore, la durata del contratto di credito di cui trattasi.

Sulla seconda questione

65

Alla luce della formulazione della seconda questione posta nonché del fascicolo di cui dispone la Corte, occorre considerare che, con tale questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la nozione di «spese», ai sensi dell’articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2007/64, dell’articolo 55, paragrafo 2, della direttiva 2015/2366 nonché dell’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2014/92, debba essere interpretata nel senso che essa include la perdita di un vantaggio personalizzato offerto dal creditore al mutuatario in cambio dell’apertura di un conto presso il medesimo creditore per accreditarvi i suoi redditi nell’ambito di un contratto di credito, causata dalla chiusura di tale conto e, in caso affermativo, se tali disposizioni ostino ad una normativa nazionale secondo la quale la perdita di tale vantaggio può avvenire più di un anno dopo l’apertura di tale conto.

66

Per quanto riguarda, in primo luogo, le direttive 2007/64 e 2015/2366, che riguardano i servizi di pagamento nel mercato interno, il considerando 29 della prima di tali direttive e il considerando 62 della seconda di esse enunciano che, al fine di agevolare la mobilità dei clienti, i consumatori dovrebbero disporre, a talune condizioni, diritto di recedere da un contratto quadro senza dover sostenere spese. In tale prospettiva, l’articolo 45 della direttiva 2007/64 prevede, al suo paragrafo 1, che i contratti quadro possono essere sciolti in qualsiasi momento dall’utente dei servizi di pagamento, salvo qualora sia stato convenuto contrattualmente un periodo di preavviso, e, al suo paragrafo 2, che il recesso da tale contratto quadro concluso per una durata superiore a dodici mesi o per una durata indefinita non comporta spese dopo la scadenza di dodici mesi. Le disposizioni dell’articolo 55, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2015/2366 riprendono sostanzialmente la formulazione di quelle dell’articolo 45, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2007/64, con la sola differenza che il recesso senza spese dal contratto quadro presuppone ora che tale contratto sia in vigore da almeno sei mesi.

67

Per quanto riguarda, in secondo luogo, la direttiva 2014/92, dall’articolo 2, punto 15, di quest’ultima risulta che costituiscono «spese», ai sensi di tale direttiva, tutti i costi e tutte le penali che il consumatore è tenuto eventualmente a pagare al prestatore di servizi di pagamento o all’ente creditizio per la fornitura dei servizi collegati a un conto di pagamento o in relazione a tali servizi.

68

Detta direttiva prevede, inoltre, al suo articolo 12, paragrafo 3, che gli Stati membri assicurano che eventuali spese addebitate al consumatore dal prestatore di servizi di pagamento trasferente per la chiusura del conto di pagamento detenuto presso di esso siano fissate conformemente, in particolare, all’articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2007/64, che è stato sostituito dall’articolo 55, paragrafo 2, della direttiva 2015/2366.

69

Ebbene, nel caso di specie, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale ai paragrafi 84 e 85 delle sue conclusioni, è pacifico che la perdita del vantaggio personalizzato, di cui all’articolo L. 313-25-1 del codice del consumo, sia il risultato dell’applicazione di una clausola contrattuale concordata tra le parti di un contratto di prestito, che subordina l’acquisto di tale vantaggio all’accredito, da parte del mutuatario, dei suoi stipendi o redditi assimilati presso il creditore per un determinato periodo, anch’esso previsto da tale contratto e che, pertanto, tale perdita sia la conseguenza non tanto della chiusura del conto di pagamento aperto ai fini dell’accredito dei redditi del mutuatario presso il creditore, ma della fine di tale accredito. Risulta quindi, con riserva di verifica da parte del giudice del rinvio, che, anche dopo la cessazione di tale accredito, siffatto conto possa restare aperto.

70

Si deve pertanto constatare che la perdita di un siffatto vantaggio non può essere considerata costitutiva di spese fatturate da un prestatore di servizi di pagamento per lo scioglimento del contratto quadro o per la chiusura di un conto di pagamento, ai sensi delle direttive 2007/64, 2015/2366 e 2014/92. Di conseguenza, le modalità di fatturazione di tali spese, previste da tali direttive, non sono applicabili alla perdita di un vantaggio di tale natura.

71

Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla seconda questione sollevata dichiarando che la nozione di «spese», ai sensi dell’articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2007/64, dell’articolo 55, paragrafo 2, della direttiva 2015/2366, nonché dell’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2014/92, deve essere interpretata nel senso che essa non include la perdita di un vantaggio personalizzato offerto dal creditore al mutuatario in cambio dell’apertura di un conto presso il medesimo creditore per accreditarvi i suoi redditi nell’ambito di un contratto di credito, causata dalla chiusura di tale conto.

Sulle spese

72

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2014/17/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 febbraio 2014, in merito ai contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali e recante modifica delle direttive 2008/48/CE e 2013/36/UE e del regolamento (UE) n. 1093/2010 deve essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale che autorizza il creditore ad imporre al mutuatario, nell’ambito della conclusione di un contratto di credito concernente beni immobili residenziali, in cambio di un vantaggio personalizzato, l’accredito di tutti i suoi redditi salariali o assimilati su un conto di pagamento aperto presso il medesimo creditore, indipendentemente dall’importo, dalle scadenze e dalla durata del prestito. Per contro, tale disposizione deve essere interpretata nel senso che non osta ad una normativa nazionale secondo la quale la durata dell’accredito imposto, qualora quest’ultimo non riguardi tutti i redditi salariali del mutuatario, può raggiungere dieci anni o, se inferiore, la durata del contratto di credito di cui trattasi.

 

2)

La nozione di «spese», ai sensi dell’articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2007/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, recante modifica delle direttive 97/7/CE, 2002/65/CE, 2005/60/CE e 2006/48/CE, che abroga la direttiva 97/5/CE, dell’articolo 55, paragrafo 2, della direttiva (UE) 2015/2366 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, che modifica le direttive 2002/65/CE, 2009/110/CE e 2013/36/UE e il regolamento (UE) n. 1093/2010, e abroga la direttiva 2007/64/CE, nonché dell’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2014/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014, sulla comparabilità delle spese relative al conto di pagamento, sul trasferimento del conto di pagamento e sull’accesso al conto di pagamento con caratteristiche di base, deve essere interpretata nel senso che essa non include la perdita di un vantaggio personalizzato offerto dal creditore al mutuatario in cambio dell’apertura di un conto presso il medesimo creditore per accreditarvi i suoi redditi nell’ambito di un contratto di credito, causata dalla chiusura di tale conto.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il francese.