SENTENZA DELLA CORTE (Settima Sezione)

11 febbraio 2021 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 1999/70/CE – Accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato – Clausola 5 – Misure dirette a prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato – Contratti di lavoro a tempo determinato nel settore pubblico – Contratti successivi o primo contratto prorogato – Norma equivalente – Divieto costituzionale assoluto di trasformare contratti di lavoro a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato – Obbligo di interpretazione conforme»

Nella causa C‑760/18,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Monomeles Protodikeio Lasithiou (Tribunale monocratico di primo grado di Lasithi, Grecia), con decisione del 4 dicembre 2018, pervenuta in cancelleria il 4 dicembre 2018, nel procedimento

M.V. e a.

contro

Organismos Topikis Aftodioikisis (OTA) «Dimos Agiou Nikolaou»,

LA CORTE (Settima Sezione),

composta da A. Kumin (relatore), presidente di sezione, T. von Danwitz e P.G. Xuereb, giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per M.V. e a., da E. Chafnavi, dikigoros;

per l’Organismos Topikis Aftodioikisis (OTA) «Dimos Agiou Nikolaou», da K. Zacharaki, dikigoros;

per il governo ellenico, da E.-M. Mamouna, E. Tsaousi e K. Georgiadis, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, inizialmente da A. Bouchagiar e M. van Beek, successivamente da A. Bouchagiar, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della clausola 1 e della clausola 5, punto 2, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 (in prosieguo: l’«accordo quadro»), che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU 1999, L 175, pag. 43).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, M.V. e altri lavoratori e, dall’altro, il loro datore di lavoro, l’Organismos Topikis Aftodioikisis (OTA) «Dimos Agiou Nikolaou» (ente locale «Comune di Agios Nikolaos», Grecia) (in prosieguo: il «Comune di Agios Nikolaos») in merito alla qualifica dei loro rapporti di lavoro, in qualità di dipendenti del servizio di pulizia di tale Comune, a tempo indeterminato.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3

Ai sensi della clausola 1 dell’accordo quadro:

«L’obiettivo [di quest’ultimo] è:

a)

migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione;

b)

creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato».

4

La clausola 3 di tale accordo quadro, intitolata «Definizioni», prevede quanto segue:

«

«1.

Ai fini del presente accordo, il termine “lavoratore a tempo determinato” indica una persona con un contratto o un rapporto di lavoro definiti direttamente fra il datore di lavoro e il lavoratore e il cui termine è determinato da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico.

(...)».

5

La clausola 5 di detto accordo quadro, intitolata «Misure di prevenzione degli abusi», così recita:

«1.

Per prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a:

a)

ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti;

b)

la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi;

c)

il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.

2.

Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato:

a)

devono essere considerati “successivi”;

b)

devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato».

6

La clausola 8 del medesimo accordo quadro, intitolata «Disposizioni di attuazione», così dispone:

«1.

Gli Stati membri e/o le parti sociali possono mantenere o introdurre disposizioni più favorevoli per i lavoratori di quelle stabilite nel presente accordo.

(...)».

Diritto ellenico

Disposizioni costituzionali

7

Nel corso del 2001 sono stati aggiunti all’articolo 103 della Costituzione ellenica i paragrafi 7 e 8, così formulati:

«7.   L’assunzione di dipendenti nella pubblica amministrazione e nel settore pubblico in senso lato (...) avviene tramite concorso o selezione secondo criteri predefiniti e oggettivi ed è soggetta al controllo di un’autorità indipendente, come previsto dalla legge. (...)

8.   La legge definisce le condizioni e la durata dei rapporti di lavoro di diritto privato con lo Stato e il settore pubblico in senso lato, come definito in ciascun caso, al fine di coprire posti in organico diversi da quelli previsti al primo comma del paragrafo 3, oppure esigenze provvisorie, impreviste o urgenti, ai sensi del paragrafo 2, secondo comma. La legge stabilisce altresì le funzioni che possono essere esercitate dal personale menzionato al comma precedente. È vietato immettere in ruolo per via legislativa il personale di cui al primo comma o trasformare i contratti in contratti a tempo indeterminato. I divieti di cui al presente paragrafo si applicano anche alle persone impiegate nell’ambito di un contratto d’opera».

Disposizioni legislative

8

L’articolo 8, paragrafi 1 e 3, della legge 2112/1920, che disciplina la risoluzione obbligatoria del contratto di lavoro dei dipendenti del settore privato (FEK A’67/18.3.1920), che fissa disposizioni di tutela a favore del lavoratore per quanto riguarda la risoluzione dei contratti di lavoro a tempo indeterminato di diritto privato, così dispone:

«1.   È nullo qualsiasi contratto contrario alla presente legge, a meno che non sia più favorevole al dipendente. (...)

(...)

3.   Le disposizioni della presente legge si applicano anche ai contratti di lavoro a tempo determinato, nel caso in cui la durata determinata del contratto non sia giustificata dalla natura del contratto stesso, ma sia stata intenzionalmente fissata allo scopo di eludere le disposizioni della presente legge relative alla risoluzione obbligatoria del contratto di lavoro».

9

Dal fascicolo di cui dispone la Corte emerge che l’articolo 8, paragrafo 3, della legge 2112/1920, in combinato disposto con, in particolare, gli articoli 281 e 671 del Codice civile ellenico, nonché con i principi generali della Costituzione ellenica, in particolare l’articolo 25, paragrafi 1 e 3, di quest’ultima, è stato applicato nel corso degli anni dai tribunali ellenici ai fini della corretta qualificazione giuridica dei rapporti di lavoro; detti tribunali, sulla base di tale articolo 8, paragrafo 3, hanno qualificato giuridicamente come «contratti a tempo indeterminato» i contratti presentati come contratti a tempo determinato ma che, in realtà, erano diretti, attraverso il loro rinnovo, a soddisfare esigenze permanenti e durature del datore di lavoro.

10

Il giudice del rinvio sottolinea che, a seguito della revisione della Costituzione ellenica, i giudici ellenici, sulla base dell’articolo 8, paragrafo 3, della legge 2112/1920, hanno cessato di trasformare in contratti a tempo indeterminato i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati da datori di lavoro del settore pubblico. Essi hanno ritenuto che una siffatta trasformazione fosse contraria al divieto di immettere in ruolo il personale del settore pubblico, sancito dall’articolo 103 di detta Costituzione, come riveduta, anche se il contratto a tempo determinato soddisfaceva esigenze permanenti e durature del datore di lavoro.

Disposizioni relative ai rinnovi dei contratti a tempo determinato del personale del settore della pulizia degli enti locali

11

Ai sensi dell’articolo 205, paragrafo 1, del Kodikas Katastasis Dimotikon kai Koinotikon Ypallilon (Codice recante lo statuto degli agenti comunali), gli enti locali possono concludere contratti di lavoro di diritto privato a tempo determinato per far fronte a esigenze stagionali o ad altre esigenze periodiche od occasionali.

12

L’articolo 21 della legge 2190/1994, recante istituzione di un’autorità indipendente per la selezione del personale e la gestione amministrativa (FEK A’ 28/3.3.1994), così dispone:

«1.   Le amministrazioni pubbliche e le persone giuridiche (…) possono assumere personale con contratto di lavoro di diritto privato a tempo determinato per far fronte a fabbisogni di carattere stagionale o ad altre esigenze di carattere periodico o temporaneo, alle condizioni e secondo la procedura di seguito previste.

2.   La durata dell’attività lavorativa del personale di cui al paragrafo 1 non può eccedere gli otto mesi nell’ambito di un periodo complessivo di dodici mesi. Quando viene assunto temporaneamente personale per far fronte, in base alle disposizioni in vigore, a esigenze urgenti, a causa di assenze del personale o di posti vacanti, la durata dell’attività lavorativa per la stessa persona non può superare i quattro mesi. La proroga di un contratto o la conclusione di un nuovo contratto nel corso dello stesso anno nonché la trasformazione in contratto a tempo indeterminato sono nulle».

13

L’articolo 167 della legge 4099/2012 (FEK A’ 250/20.12.2012), nella versione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale, così dispone:

«In deroga a qualsiasi altra disposizione, sono automaticamente prorogati fino al 31 dicembre 2017 i contratti individuali in vigore e i contratti individuali scaduti fino a novanta (90) giorni prima dell’entrata in vigore della presente legge e relativi alla pulizia dei locali della pubblica amministrazione, delle autorità indipendenti, delle persone giuridiche di diritto pubblico, delle persone giuridiche di diritto privato e degli enti locali, di qualsiasi servizio degli enti locali competente in materia di pulizia e incaricato di soddisfare esigenze in materia di pulizia di altri servizi degli enti locali. La suddetta proroga non si applica ai contratti individuali stipulati per ovviare a esigenze urgenti, stagionali o occasionali in materia di pulizia, la cui durata non superi i due mesi nell’arco di un periodo di dodici mesi e che siano stati conclusi a partire dal 1o gennaio 2016».

14

L’articolo 76 della legge 4386/2016 (FEK A’ 83/11.5.2016) ha aggiunto, dopo il primo comma del paragrafo 1 dell’articolo 167 della legge 4099/2012, nella versione allora vigente, un comma in cui si prevedeva che il rinnovo automatico, fino al 31 dicembre 2016, dei contratti individuali di lavoro di cui al comma precedente si applicasse anche a decorrere dall’entrata in vigore della legge 4325/2015 (ossia a decorrere dall’11 maggio 2015), ai contratti del personale assunto, per soddisfare esigenze urgenti, stagionali o occasionali nel settore della pulizia, mediante contratti di lavoro a tempo determinato la cui durata non poteva superare i due mesi nell’arco di un periodo di dodici mesi.

Disposizioni regolamentari

15

Il decreto presidenziale 164/2004, recante disposizioni riguardanti i lavoratori assunti con contratto a tempo determinato nel settore pubblico (FEK A’ 134/19.7.2004), che ha recepito la direttiva 1999/70 nel diritto ellenico applicabile ai dipendenti statali e ai dipendenti del settore pubblico in senso lato, prevede, al suo articolo 2, paragrafo 1, quanto segue:

«Le disposizioni del presente decreto si applicano al personale del settore pubblico (…) nonché al personale delle imprese comunali e municipali assunto con un contratto o rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato, o con un contratto d’opera, oppure con qualsiasi altro tipo di contratto o rapporto di lavoro che dissimuli un vincolo di subordinazione (...)».

16

L’articolo 4 di tale decreto presidenziale così dispone:

«1.   Per quanto riguarda le modalità e condizioni di lavoro, i lavoratori assunti a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori assunti a tempo indeterminato per il solo motivo che il loro contratto è stipulato a tempo determinato. In via eccezionale, è consentito un trattamento differenziato se giustificato da ragioni oggettive.

2.   I criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro sono gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da ragioni oggettive».

17

L’articolo 5 del suddetto decreto presidenziale, intitolato «Contratti successivi», prevede quanto segue:

«1.   Sono vietati i contratti successivi stipulati ed eseguiti tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, per un identico o analogo tipo di mansioni e a condizioni di lavoro identiche o analoghe, a intervalli inferiori a tre mesi.

2.   In via eccezionale, la stipula di tali contratti è lecita se giustificata da una ragione obiettiva. Sussiste una ragione obiettiva se i contratti successivi al contratto originario sono stipulati per soddisfare esigenze particolari dello stesso genere direttamente o indirettamente riconducibili alla forma, al tipo o all’attività dell’impresa.

3.   La stipula di contratti successivi avviene in forma scritta e le ragioni che la giustificano sono espressamente menzionate nel contratto, qualora non emergano direttamente dal medesimo. In via eccezionale, non è richiesta la forma scritta quando, tenuto conto del carattere occasionale dell’occupazione, il rinnovo del contratto non ha durata superiore a un mese, salvo qualora tale forma scritta sia espressamente prevista da un’altra disposizione. Al lavoratore viene consegnata una copia del contratto entro cinque giorni lavorativi dall’inizio della sua attività lavorativa.

4.   In nessun caso il numero dei contratti successivi può essere superiore a tre, fatte salve le disposizioni di cui al paragrafo 2 dell’articolo seguente».

18

L’articolo 6 dello stesso decreto presidenziale, che riguarda la durata massima dei contratti a tempo determinato, così dispone:

«1.   I contratti successivi stipulati ed eseguiti tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore per un identico o analogo tipo di mansioni e a condizioni di lavoro identiche o analoghe non possono superare una durata complessiva di 24 mesi, indipendentemente dal fatto che siano stipulati in forza dell’articolo precedente o di altre disposizioni vigenti.

2.   Una durata complessiva del periodo di attività lavorativa superiore a 24 mesi è consentita soltanto con riferimento a categorie speciali di lavoratori, per la natura della loro attività e previste dalle disposizioni vigenti, quali quelle del personale dirigente, dei lavoratori assunti nell’ambito di specifici programmi di ricerca o di altri programmi sovvenzionati o finanziati, nonché dei lavoratori assunti per il compimento di mansioni connesse all’adempimento di obblighi derivanti da convenzioni con organizzazioni internazionali».

19

L’articolo 7 del decreto presidenziale 164/2004, intitolato «Sanzione delle infrazioni», così recita:

«1.   Qualsiasi contratto concluso in violazione degli articoli 5 e 6 del presente decreto è nullo di diritto.

2.   Nel caso in cui il contratto nullo sia stato in tutto o in parte eseguito, devono essere versate al lavoratore le somme dovute e quelle eventualmente già versate non sono ripetibili. Il lavoratore ha diritto, a titolo di risarcimento, alla somma che percepirebbe un lavoratore corrispondente assunto a tempo indeterminato, in caso di risoluzione del contratto. Se i contratti nulli sono più di uno, il periodo considerato ai fini del calcolo del risarcimento è quello della durata complessiva del periodo di attività lavorativa in base ai contratti nulli. Le somme versate dal datore di lavoro al lavoratore sono imputate al responsabile.

3.   Chiunque violi le disposizioni degli articoli 5 e 6 del presente decreto è punito con la reclusione (…). Se l’illecito è stato commesso con colpa, il responsabile è punito con la reclusione fino ad un anno. Tale violazione costituisce al tempo stesso anche infrazione disciplinare grave».

20

Ai sensi dell’articolo 10 di tale decreto presidenziale, quest’ultimo non mette in discussione disposizioni che siano più favorevoli ai lavoratori nel loro insieme e ai lavoratori disabili.

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

21

Nel corso del 2015 M.V. e a. sono stati assunti dal Comune di Agios Nikolaos, presso i suoi servizi di pulizia, con contratti di lavoro a tempo determinato di diritto privato, per occupare posti di lavoro a tempo pieno, a fronte di una retribuzione mensile fissata secondo le tariffe legali.

22

Tali contratti, inizialmente conclusi per un periodo di otto mesi, sono stati rinnovati fino al 31 dicembre 2017, con effetto retroattivo e senza interruzione, tramite diversi interventi legislativi che il giudice del rinvio ha elencato ai punti da 15 a 22 della sua domanda di pronuncia pregiudiziale; la durata complessiva rispettiva di detti contratti era compresa tra 24 e 29 mesi. Il Comune di Agios Nikolaos ha infine risolto detti contratti alla data summenzionata. Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale emerge inoltre che tali proroghe non sono state precedute da alcuna valutazione volta a determinare se perdurassero le esigenze stagionali, periodiche o occasionali che avrebbero giustificato, se del caso, la conclusione iniziale di tali contratti.

23

Ritenendo che la loro situazione costituisse un abuso risultante dall’utilizzo di una successione di contratti a tempo determinato e che quest’ultima fosse quindi contraria all’obiettivo e allo scopo dell’accordo quadro, i ricorrenti di cui al procedimento principale hanno chiesto al Monomeles Protodikeio Lasithiou (Tribunale monocratico di primo grado di Lasithi, Grecia), da un lato, di constatare che essi continuano ad essere vincolati al Comune di Agios Nikolaos sulla base di un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e che la risoluzione dei loro contratti di lavoro con effetto a decorrere dal 31 dicembre 2017 è nulla nonché, dall’altro, di ingiungere a tale Comune, a pena di ammenda, di assumerli sulla base di contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

24

Il giudice del rinvio ricorda anzitutto che la direttiva 1999/70 è stata recepita nel diritto ellenico, per quanto riguarda il personale del settore pubblico quali i ricorrenti di cui al procedimento principale, con il decreto presidenziale 164/2004, che prevede misure volte a prevenire l’utilizzo abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato.

25

Inoltre, sarebbe comunque applicabile la legge 2112/1920, il cui articolo 8, paragrafi 1 e 3, prevede la nullità di un contratto a tempo determinato se tale durata non è giustificata dalla natura del contratto, ma è stata intenzionalmente fissata con lo scopo di eludere le disposizioni relative alla risoluzione obbligatoria del contratto di lavoro.

26

Il giudice del rinvio sottolinea che, in via eccezionale, la stipula di contratti a tempo determinato successivi, in forza del diritto ellenico, è lecita a determinate condizioni. Al riguardo, detto giudice ricorda che l’articolo 5 del decreto presidenziale 164/2004 prevede, segnatamente, che la conclusione di tale tipo di contratti è possibile qualora sia giustificata da una ragione obiettiva e soddisfi altri requisiti, come la conclusione per iscritto di un nuovo contratto di lavoro, purché rispetti un numero massimo di tre proroghe. Sussisterebbe una siffatta ragione obiettiva qualora i contratti successivi al contratto iniziale siano stipulati per soddisfare esigenze particolari dello stesso tipo, direttamente o indirettamente riconducibili alla forma, al tipo o all’attività dell’impresa.

27

Tuttavia, tale giudice precisa che, dopo l’entrata in vigore della direttiva 1999/70, ma prima della scadenza del termine stabilito per la sua trasposizione in diritto ellenico, la modifica dell’articolo 103 della Costituzione ellenica, avvenuta nel corso del 2001, ha introdotto, al paragrafo 8 di tale articolo, un divieto di trasformare i contratti a tempo determinato del personale del settore pubblico in contratti a tempo indeterminato. Il giudice del rinvio osserva, a tal riguardo, che, se è vero che i giudici nazionali applicavano la legge 2112/1920 quale «norma equivalente» ai sensi della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro, al fine di riqualificare i contratti di lavoro a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato, la revisione costituzionale intervenuta ha ora reso impossibile l’applicazione di tali disposizioni di tutela.

28

Inoltre, il giudice del rinvio segnala una decisione dell’Elegktiko Synedrio (Corte dei conti, Grecia), in cui sarebbe stato recentemente dichiarato che una siffatta proroga dei contratti di lavoro di diritto privato è contraria alla direttiva 1999/70, come recepita in diritto nazionale con il decreto presidenziale 164/2004. Tale proroga darebbe luogo a una successione inaccettabile di contratti stipulati ed eseguiti dallo stesso datore di lavoro e dallo stesso lavoratore per lo stesso tipo di mansioni e alle stesse condizioni di lavoro, senza che siano stati fissati criteri oggettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo di tali contratti risponda effettivamente a un’esigenza reale, sia atto a conseguire l’obiettivo perseguito e sia necessario a tal fine, tenuto conto, in particolare, del fatto che esso comporta un rischio reale di ricorso abusivo a tale tipo di contratti.

29

In tale contesto, il giudice del rinvio esprime, in particolare, dubbi sulla compatibilità della normativa nazionale di cui trattasi nella controversia principale, che recepisce l’accordo quadro, con tale medesimo accordo, nella misura in cui tale normativa è interpretata nel senso che le proroghe automatiche dei contratti di lavoro di cui trattasi non rientrano nella nozione di «successione di contratti di lavoro a tempo determinato», sebbene si tratti non della stipula per iscritto di un nuovo contratto di lavoro a tempo determinato, bensì della proroga della durata di un contratto di lavoro preesistente.

30

Inoltre, il giudice del rinvio ritiene che i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con i ricorrenti di cui al procedimento principale siano manifestamente contrari a tutte le misure di prevenzione degli abusi risultanti dal ricorso a una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, previste dagli articoli 5 e 6 del decreto presidenziale 164/2004, come stabilito dalla clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro. A tal riguardo, esso afferma, segnatamente, che non vi è stata alcuna interruzione tra i vari rinnovi contrattuali e che non vi è stata alcuna ragione obiettiva che li abbia giustificati. Inoltre, esso lamenta i molteplici interventi del legislatore ellenico, che hanno comportato il superamento, da un lato, del numero massimo di rinnovi di contratti, fissato a tre, e, dall’altro, della durata massima di 24 mesi di questi ultimi, imposta dal decreto presidenziale 164/2004.

31

Secondo quanto accertato dal giudice del rinvio, l’articolo 167 della legge 4099/2012, nella versione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale, ha avuto l’effetto di consentire la proroga automatica dei contratti di lavoro a tempo determinato di cui trattasi, mediante un semplice atto di accertamento adottato da ciascun organismo datore di lavoro, senza nessun altra procedura né decisione di un organo collegiale di un siffatto organismo, e senza che sia stata previamente effettuata una valutazione circa il perdurare delle esigenze che avevano inizialmente reso necessari tali contratti.

32

Il giudice del rinvio precisa che, anche nel caso in cui i contratti di lavoro a tempo determinato nel settore della pulizia fossero stati inizialmente stipulati per un periodo di otto mesi, in base all’articolo 205 del Codice recante lo statuto degli agenti comunali, e a prescindere dalle esigenze permanenti e durevoli degli enti locali, la loro proroga fino al 31 dicembre 2017, mediante atti legislativi con effetto retroattivo e applicabili esclusivamente a detti contratti, dimostra che le esigenze contemplate da tali contratti non possono essere considerate occasionali, stagionali o periodiche.

33

Inoltre, il giudice del rinvio osserva che il legislatore ellenico ha adottato una serie di disposizioni complementari riguardanti, in particolare, la regolarizzazione relativa alle spese pubbliche risultanti dall’impiego dei lavoratori nel settore della pulizia degli enti locali per tutta la durata dei rinnovi dei loro contratti di lavoro avvenuti in forza dell’articolo 167 della legge 4099/2012, legittimando così il motivo di tali spese, di norma illegittime. Orbene, con tale intervento, il legislatore ellenico avrebbe impedito ai lavoratori interessati di percepire l’indennizzo previsto dall’articolo 7 del decreto presidenziale 164/2004, nei limiti in cui tale disposizione stabilirebbe come condizione che il contratto di lavoro sia nullo per violazione degli articoli 5 e 6 di detto decreto. Allo stesso tempo, sarebbe stato deciso che le sanzioni di cui all’articolo 7 del decreto presidenziale 164/2004 non fossero applicabili agli enti locali che impiegavano personale nel settore della pulizia, sulla base dei suddetti contratti di lavoro a tempo determinato, quali prorogati ripetutamente fino alla fine del 2017. Inoltre, in forza di un’altra disposizione legislativa, la proroga di detti contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dagli enti locali non è stata presa in considerazione nel calcolo della durata massima di 24 mesi di cui agli articoli da 5 a 7 del decreto presidenziale 164/2004.

34

In tali circostanze, il Monomeles Protodikeio Lasithiou (Tribunale monocratico di primo grado di Lasithi) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se comprometta lo scopo e l’efficacia pratica dell’accordo quadro (...) un’interpretazione delle disposizioni di diritto nazionale, che traspongono l’accordo quadro nell’ordinamento giuridico nazionale, la quale escluda dalla definizione di «successione» di contratti a tempo determinato, ai sensi delle clausole 1 e 5, punto 2, dell’accordo quadro, la proroga automatica dei contratti di lavoro a tempo determinato di lavoratori nel settore della pulizia degli enti locali, in forza di una espressa disposizione di diritto nazionale quale l’articolo 167 della legge 4099/2012, con la motivazione che non rappresenta una stipulazione in forma scritta di un nuovo contratto a tempo determinato, bensì una proroga della durata di un contratto di lavoro già esistente.

2)

Se, in caso di regolamentazione e attuazione di una prassi, nell’assunzione di lavoratori nel settore della pulizia degli enti locali, in contrasto con le misure di prevenzione degli abusi risultanti dall’utilizzo di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, le quali sono previste dalla misura di trasposizione, in diritto nazionale, della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro, l’obbligo di interpretazione conforme al diritto dell’Unione del diritto nazionale da parte di un giudice nazionale includa anche l’applicazione di una disposizione di diritto nazionale, come l’articolo 8, paragrafo 3, della legge 2112/1920, in quanto norma equivalente, ai sensi della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro, che è preesistente ma ancora in vigore, che consentirebbe la corretta qualificazione giuridica come contratti a tempo indeterminato della successione di contratti di lavoro a tempo determinato utilizzati per far fronte ad esigenze permanenti e durevoli di enti locali nel settore della pulizia.

3)

Se, in caso di risposta affermativa alla questione precedente, vi sia una restrizione eccessiva dell’obbligo del giudice nazionale di interpretare il diritto nazionale in modo conforme al diritto dell’Unione quando una norma di rango costituzionale, come quella dell’articolo 103, paragrafi 7 e 8, della Costituzione ellenica, a seguito della revisione del 2001, vieti del tutto, nel settore pubblico, la conversione dei contratti di lavoro a tempo determinato conclusi durante la vigenza di detta disposizione in contratti a tempo indeterminato, rendendo impossibile l’applicazione di una norma equivalente di diritto nazionale, ai sensi della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro, che è preesistente ma ancora in vigore, quale l’articolo 8, paragrafo 3, della legge 2112/1920, e sopprimendo in tal modo la possibilità di riqualificare giuridicamente, nel corso di un procedimento giurisdizionale, come contratti a tempo indeterminato la successione di contratti di lavoro a tempo determinato utilizzati per far fronte ad esigenze permanenti e durevoli degli enti locali nel settore della pulizia anche nel caso in cui i medesimi siano destinati a far fronte ad esigenze permanenti e durevoli».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

35

Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la clausola 1 e la clausola 5, punto 2, dell’accordo quadro debbano essere interpretate nel senso che l’espressione «successione di contratti di lavoro a tempo determinato», ivi contenuta, comprende anche la proroga automatica dei contratti di lavoro a tempo determinato dei lavoratori del settore della pulizia degli enti locali, effettuata conformemente a disposizioni nazionali espresse e nonostante il mancato rispetto della forma scritta, prevista in linea di principio per la stipula di contratti successivi.

36

A tal riguardo occorre ricordare che la clausola 5 dell’accordo quadro ha lo scopo di attuare uno degli obiettivi perseguiti dallo stesso, vale a dire limitare il ripetuto ricorso ai contratti o ai rapporti di lavoro a tempo determinato, considerato come potenziale fonte di abuso a danno dei lavoratori, prevedendo un certo numero di disposizioni di tutela minima volte ad evitare la precarizzazione della situazione dei lavoratori dipendenti (sentenza del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punto 53 nonché giurisprudenza ivi citata).

37

Pertanto, la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro impone agli Stati membri, al fine di prevenire l’utilizzo abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, l’adozione effettiva e vincolante di almeno una delle misure che essa elenca, qualora il loro diritto interno non contenga norme equivalenti (sentenza del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punto 55 nonché giurisprudenza ivi citata).

38

Tuttavia, dalla formulazione di tale clausola dell’accordo quadro nonché da una giurisprudenza costante risulta che detta clausola si applica solo in caso di successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato (sentenze del 22 gennaio 2020, Baldonedo Martín, C‑177/18, EU:C:2020:26, punto 70, e del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punto 56 nonché giurisprudenza ivi citata), di modo che un contratto che è il primo o l’unico contratto di lavoro a tempo determinato non rientra nell’ambito di applicazione della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro (v., in tal senso, sentenza del 23 aprile 2009, Angelidaki e a., da C‑378/07 a C‑380/07, EU:C:2009:250, punto 90 nonché giurisprudenza ivi citata).

39

Orbene, nel caso di specie, non si tratta, stricto sensu, di una successione di due o più contratti di lavoro, che presupponga l’esistenza e la conclusione formale di due o più contratti distinti, uno dei quali subentra all’altro. Più precisamente, si tratta di una proroga automatica di un contratto iniziale a tempo determinato, risultante da atti legislativi. Occorre pertanto esaminare se tale situazione rientri nella nozione di «successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato» di cui alla clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro.

40

A tal riguardo, secondo costante giurisprudenza, la clausola 5, punto 2, lettera a), dell’accordo quadro lascia, in linea di principio, agli Stati membri e/o alle parti sociali il compito di stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato devono essere considerati «successivi» (v., in tal senso, sentenze del 22 gennaio 2020, Baldonedo Martín, C‑177/18, EU:C:2020:26, punto 71, nonché del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punto 57).

41

Se è vero che un siffatto rinvio alle autorità nazionali per la definizione delle modalità concrete di applicazione del termine «successivi» ai sensi dell’accordo quadro si spiega con la volontà di salvaguardare la diversità delle normative nazionali in materia, è tuttavia importante ricordare che la discrezionalità così lasciata agli Stati membri non è illimitata, poiché non può in alcun caso arrivare a pregiudicare lo scopo o l’efficacia pratica dell’accordo quadro. In particolare, tale potere discrezionale non deve essere esercitato dalle autorità nazionali in modo tale da condurre ad una situazione che possa generare abusi e pertanto ostacolare detto obiettivo (sentenze del 4 luglio 2006, Adeneler e a., C‑212/04, EU:C:2006:443, punto 82, e del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punto 58).

42

Infatti, gli Stati membri sono tenuti a garantire il risultato imposto dal diritto dell’Unione, così come risulta non solo dall’articolo 288, terzo comma, TFUE, ma anche dall’articolo 2, primo comma, della direttiva 1999/70, letto alla luce del considerando 17 di quest’ultima (v., in tal senso, sentenze del 4 luglio 2006, Adeneler e a., C‑212/04, EU:C:2006:443, punto 68, nonché del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punto 59).

43

I limiti alla discrezionalità riconosciuta agli Stati membri, di cui al punto 41 della presente sentenza, si impongono in particolare per quanto riguarda una nozione chiave, quale quella del carattere successivo dei rapporti di lavoro, che è determinante per la definizione dell’ambito di applicazione perfino delle disposizioni nazionali volte ad attuare l’accordo quadro (sentenza del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punto 60).

44

Orbene, il fatto di concludere nel senso dell’assenza di rapporti di lavoro a tempo determinato successivi, ai sensi della clausola 5 dell’accordo quadro, per il solo motivo che il primo contratto di lavoro a tempo determinato dei lavoratori del settore della pulizia degli enti locali di cui trattasi nel procedimento principale era stato automaticamente prorogato da atti legislativi, senza formale stipulazione, per iscritto, di uno o più nuovi contratti di lavoro a tempo determinato, rischierebbe di compromettere l’oggetto, lo scopo e l’efficacia pratica di tale accordo.

45

Infatti, una siffatta interpretazione restrittiva della nozione di «successione di rapporti di lavoro a tempo determinato» consentirebbe di assumere lavoratori in modo precario per anni (sentenze del 4 luglio 2006, Adeneler e a., C‑212/04, EU:C:2006:443, punto 85, nonché del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punto 62).

46

Inoltre, la stessa interpretazione restrittiva rischierebbe di avere non solo l’effetto di escludere di fatto un gran numero di rapporti di lavoro a tempo determinato dal beneficio della tutela dei lavoratori perseguita dalla direttiva 1999/70 e dall’accordo quadro, svuotando di gran parte del suo significato l’obiettivo da essi perseguito, ma anche di consentire l’utilizzo abusivo di siffatti rapporti, da parte dei datori di lavoro, per rispondere ad esigenze permanenti e durevoli in materia di personale (sentenza del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punto 63).

47

In tale contesto, occorre altresì constatare che la nozione di «durata» del rapporto di lavoro costituisce un elemento essenziale di ogni contratto a tempo determinato. Ai sensi della clausola 3, punto 1, dell’accordo quadro, il «termine [del contratto o del rapporto di lavoro] è determinato da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico». La modifica del termine di un contratto di lavoro a tempo determinato costituisce quindi un cambiamento essenziale di tale contratto, che può essere legittimamente assimilato alla conclusione di un nuovo rapporto di lavoro a tempo determinato che subentra al precedente rapporto di lavoro, rientrando così nell’ambito di applicazione della clausola 5 dell’accordo quadro.

48

Infatti, come risulta dal secondo comma del preambolo dell’accordo quadro, nonché dai punti 6 e 8 delle considerazioni generali di tale accordo quadro, il beneficio della stabilità dell’impiego è inteso come un elemento portante della tutela dei lavoratori, mentre soltanto in alcune circostanze i contratti di lavoro a tempo determinato sono atti a rispondere alle esigenze sia dei datori di lavoro sia dei lavoratori (sentenza del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punto 54 nonché giurisprudenza ivi citata).

49

In tale contesto, il fatto che la proroga o il rinnovo dei contratti di lavoro risulti da atti legislativi emanati dal Parlamento ellenico è irrilevante. Infatti, occorre constatare che l’efficacia pratica dell’accordo quadro sarebbe compromessa da un’interpretazione che consenta di prorogare unilateralmente la durata di un contratto di lavoro a tempo determinato mediante un intervento legislativo.

50

A tal riguardo, occorre altresì rilevare che la Corte ha giudicato che una disposizione nazionale che si limiti ad autorizzare, in modo generale e astratto, mediante una norma legislativa o regolamentare, il ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato successivi non è conforme alle prescrizioni della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro. Invero, una siffatta disposizione di natura puramente formale non consente di stabilire criteri oggettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo di siffatti contratti risponda effettivamente ad un’esigenza reale, se esso sia idoneo a conseguire l’obiettivo perseguito e sia necessario a tale effetto. Una disposizione del genere comporta quindi un rischio concreto di determinare un ricorso abusivo a tale tipo di contratti e, pertanto, non è compatibile con lo scopo e l’efficacia pratica dell’accordo quadro (sentenza del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punti 6768, nonché giurisprudenza ivi citata).

51

Nel caso di specie, dal momento che la proroga automatica per via legislativa può essere assimilata a un rinnovo e, di conseguenza, alla stipula di un contratto a tempo determinato distinto, contratti come quelli di cui al procedimento principale possono effettivamente essere qualificati come «successivi» ai sensi della clausola 5 dell’accordo quadro. Tale considerazione è corroborata dal fatto che, nella causa di cui al procedimento principale, da un lato, nessuna interruzione è stata rilevata tra il primo contratto di lavoro e i contratti di lavoro che sono seguiti sulla base delle proroghe automatiche previste dagli atti legislativi e, dall’altro, ciascuno dei ricorrenti ha continuato a lavorare, ininterrottamente, per il rispettivo datore di lavoro, nell’ambito dello stesso tipo di mansioni e alle stesse condizioni di lavoro, ad eccezione di quella relativa alla durata del rapporto di lavoro.

52

Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alla prima questione dichiarando che la clausola 1 e la clausola 5, punto 2, dell’accordo quadro devono essere interpretate nel senso che l’espressione «successione di contratti di lavoro a tempo determinato», ivi contenuta, comprende anche la proroga automatica dei contratti di lavoro a tempo determinato dei lavoratori del settore della pulizia degli enti locali, effettuata conformemente a disposizioni nazionali espresse e nonostante il mancato rispetto della forma scritta, prevista in linea di principio per la stipula di contratti successivi.

Sulla seconda e terza questione

53

Con la seconda e la terza questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se, in caso di risposta affermativa alla prima questione, la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro debba essere interpretata nel senso che, quando si è verificato un utilizzo abusivo di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, ai sensi di tale disposizione, l’obbligo per il giudice del rinvio di effettuare, il più possibile, un’interpretazione e un’applicazione di tutte le pertinenti disposizioni del diritto interno, idonee a sanzionare debitamente tale abuso e ad eliminare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione, includa l’applicazione di una disposizione nazionale che consente di convertire in un contratto di lavoro a tempo indeterminato la successione di contratti a tempo determinato, sebbene un’altra disposizione nazionale, di rango superiore in ragione della sua natura costituzionale, vieti in modo assoluto, nel settore pubblico, una siffatta conversione.

54

A tal riguardo, occorre ricordare, in via preliminare, che la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro impone agli Stati membri, al fine di prevenire l’utilizzo abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, l’adozione effettiva e vincolante di almeno una delle misure da essa elencate, qualora il loro diritto interno non contenga norme equivalenti. Le misure così elencate in tale clausola 5, punto 1, lettere da a) a c), in numero di tre, sono relative, rispettivamente, a ragioni obiettive che giustificano il rinnovo dei suddetti contratti o rapporti di lavoro, alla durata massima totale di tali contratti o rapporti di lavoro successivi e al numero di rinnovi di questi ultimi (sentenza del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punto 83 nonché giurisprudenza ivi citata).

55

Gli Stati membri dispongono al riguardo di discrezionalità, dal momento che possono scegliere di far ricorso a una o più delle misure elencate nella clausola 5, punto 1, lettere da a) a c), dell’accordo quadro oppure a norme esistenti equivalenti, e ciò tenendo conto, al contempo, delle esigenze di settori specifici e/o di categorie di lavoratori (sentenza del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 et C‑429/18, punto 84 nonché giurisprudenza ivi citata).

56

In tal modo la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro assegna agli Stati membri un obiettivo generale, consistente nella prevenzione di tali abusi, lasciando loro nel contempo la scelta dei mezzi per conseguirlo, purché essi non rimettano in discussione lo scopo o l’efficacia pratica dell’accordo quadro (sentenza del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, EU:C:2020:219, punto 85 e giurisprudenza ivi citata).

57

La clausola 5 dell’accordo quadro non enuncia sanzioni specifiche nell’ipotesi in cui siano constatati abusi. In un caso del genere, spetta alle autorità nazionali adottare misure che siano non soltanto proporzionate, ma altresì tanto effettive e dissuasive da garantire la piena efficacia delle norme adottate in attuazione dell’accordo quadro (sentenza del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punto 86 e giurisprudenza ivi citata).

58

Pertanto, la clausola 5 dell’accordo quadro non sancisce un obbligo generale degli Stati membri di prevedere la trasformazione in contratto a tempo indeterminato dei contratti a tempo determinato. L’ordinamento giuridico interno dello Stato membro interessato deve tuttavia prevedere un’altra misura effettiva per prevenire e, se del caso, sanzionare l’utilizzo abusivo di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato (sentenza del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punto 87 nonché giurisprudenza ivi citata).

59

Quando si sia verificato un ricorso abusivo a una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato deve potersi applicare una misura che presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori, al fine di sanzionare debitamente tale abuso e di rimuovere le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione. Infatti, secondo i termini stessi dell’articolo 2, primo comma, della direttiva 1999/70, gli Stati membri devono «prendere tutte le disposizioni necessarie per essere sempre in grado di garantire i risultati prescritti da [tale] direttiva» (sentenza del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punto 88 nonché giurisprudenza ivi citata).

60

Occorre ricordare, inoltre, che non spetta alla Corte pronunciarsi sull’interpretazione delle disposizioni di diritto interno, compito che incombe ai giudici nazionali competenti, i quali devono determinare se le prescrizioni di cui alla clausola 5 dell’accordo quadro siano soddisfatte dalle disposizioni della normativa nazionale applicabile (sentenza del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punto 89 nonché giurisprudenza ivi citata).

61

Incombe pertanto, nel caso di specie, al giudice del rinvio valutare entro quali limiti i presupposti per l’applicazione nonché l’effettiva attuazione delle disposizioni rilevanti del diritto interno costituiscano una misura adeguata per prevenire e, se del caso, sanzionare l’utilizzo abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato (v., per analogia, sentenza del 21 novembre 2018, de Diego Porras, C‑619/17, EU:C:2018:936, punto 90 e giurisprudenza ivi citata).

62

La Corte, statuendo sul rinvio pregiudiziale, può nondimeno apportare precisazioni per guidare tale giudice nella sua valutazione (sentenza del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a., C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219, punto 91 e giurisprudenza ivi citata).

63

A tal riguardo, occorre ricordare che la Corte ha già giudicato che la riqualificazione di contratti di lavoro a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 3, della legge 2112/1920, potrebbe costituire, nei limiti in cui tale disposizione sia ancora applicabile nell’ordinamento giuridico ellenico, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, una misura che offra garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori, al fine di sanzionare debitamente gli eventuali utilizzi abusivi di contratti di lavoro a tempo determinato e di eliminare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione (v., in tal senso, ordinanza del 24 aprile 2009, Koukou, C‑519/08, non pubblicata, EU:C:2009:269, punto 79 e giurisprudenza ivi citata).

64

Si deve ricordare, inoltre, che la Corte ha già dichiarato che la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro non risulta, sotto il profilo del suo contenuto, incondizionata e tanto precisa da poter essere invocata da un soggetto dell’ordinamento dinanzi a un giudice nazionale. Infatti, ai sensi di tale disposizione, rientra nel potere discrezionale degli Stati membri ricorrere, al fine di prevenire l’utilizzo abusivo di contratti di lavoro a tempo determinato, ad una o più tra le misure enunciate in tale clausola o, ancora, a norme equivalenti esistenti, tenendo conto, nel contempo, delle esigenze di settori e/o di categorie specifici di lavoratori. Inoltre, non è possibile determinare sufficientemente la protezione minima che dovrebbe comunque essere attuata in virtù della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro (sentenza del 23 aprile 2009, Angelidaki e a., da C‑378/07 a C‑380/07, EU:C:2009:250, punto 196).

65

Tuttavia, da giurisprudenza costante emerge che, nell’applicare il diritto interno, i giudici nazionali sono tenuti ad interpretarlo, per quanto possibile, alla luce del testo e dello scopo della direttiva in questione, così da conseguire il risultato perseguito da quest’ultima e conformarsi, di conseguenza, all’articolo 288, terzo comma, TFUE. Tale obbligo di interpretazione conforme riguarda tutte le disposizioni del diritto nazionale, sia anteriori che posteriori alla direttiva di cui trattasi (sentenza del 23 aprile 2009, Angelidaki e a., da C‑378/07 a C‑380/07, EU:C:2009:250, punto 197).

66

L’obbligo di interpretazione conforme del diritto nazionale attiene infatti al sistema del Trattato FUE, in quanto permette ai giudici nazionali di assicurare, nell’ambito delle rispettive competenze, la piena efficacia del diritto dell’Unione quando risolvono le controversie ad essi sottoposte (sentenza del 23 aprile 2009, Angelidaki e a., da C‑378/07 a C‑380/07, EU:C:2009:250, punto 198).

67

È ben vero che l’obbligo per il giudice nazionale di fare riferimento al contenuto di una direttiva nell’interpretazione e nell’applicazione delle norme pertinenti del diritto nazionale trova i suoi limiti nei principi generali del diritto, in particolare in quelli di certezza del diritto e d’irretroattività, e non può servire a fondare un’interpretazione contra legem del diritto nazionale (sentenza del 23 aprile 2009, Angelidaki e a., da C‑378/07 a C‑380/07, EU:C:2009:250, punto 199).

68

Tuttavia, il principio di interpretazione conforme esige che i giudici nazionali si adoperino al meglio nei limiti del loro potere, prendendo in considerazione il diritto interno nel suo insieme ed applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da quest’ultimo, al fine di garantire la piena efficacia della direttiva di cui trattasi e di pervenire ad una soluzione conforme allo scopo perseguito da quest’ultima (sentenza del 23 aprile 2009, Angelidaki e a., da C‑378/07 a C‑380/07, EU:C:2009:250, punto 200).

69

Nel caso di specie, spetta quindi al giudice del rinvio, per quanto possibile e qualora si sia verificato un utilizzo abusivo di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, interpretare ed applicare le pertinenti disposizioni di diritto interno in modo da sanzionare debitamente il suddetto abuso e da eliminare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione. In tale contesto, spetta a tale giudice valutare se le disposizioni dell’articolo 8, paragrafo 3, della legge 2112/1920 possano, eventualmente, applicarsi ai fini di tale interpretazione conforme (sentenza del 23 aprile 2009, Angelidaki e a., da C‑378/07 a C‑380/07, EU:C:2009:250, punto 203).

70

Nel caso in cui il giudice nazionale dovesse concludere nel senso che la trasformazione dei contratti di lavoro a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 3, della legge 2112/1920 non fosse possibile, dal momento che condurrebbe a un’interpretazione contra legem dell’articolo 103, paragrafi 7 e 8, della Costituzione ellenica, tale giudice dovrebbe verificare se vi siano altre misure effettive in tal senso nel diritto ellenico. A tale riguardo, occorre precisare che misure siffatte devono essere tanto effettive e dissuasive da garantire la piena efficacia delle norme adottate in applicazione dell’accordo quadro, vale a dire, nel caso di specie, gli articoli 5 e 6 del decreto presidenziale 164/2004, i quali hanno recepito nell’ordinamento giuridico ellenico la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro.

71

Quanto all’incidenza, a tale riguardo, della circostanza che l’articolo 103, paragrafo 8, della Costituzione ellenica è stato modificato successivamente all’entrata in vigore della direttiva 1999/70 e prima della scadenza del termine per il suo recepimento, allo scopo di vietare in modo assoluto, nel settore pubblico, la trasformazione di contratti di lavoro a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato, è sufficiente ricordare che una direttiva produce effetti giuridici nei confronti dello Stato membro destinatario e, pertanto, di tutti gli organi nazionali, a seguito della sua pubblicazione o dalla data della sua notifica, a seconda dei casi (sentenza del 23 aprile 2009, Angelidaki e a., da C‑378/07 a C‑380/07, EU:C:2009:250, punto 204 nonché giurisprudenza ivi citata).

72

Nel caso di specie, la direttiva 1999/70 precisa, all’articolo 3, che essa entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, ossia il 10 luglio 1999.

73

Orbene, secondo una costante giurisprudenza, in pendenza del termine per il recepimento di una direttiva, gli Stati membri, destinatari di quest’ultima, devono astenersi dall’adottare disposizioni che possano compromettere gravemente il risultato prescritto dalla direttiva stessa (sentenza del13 novembre 2019, Lietuvos Respublikos Seimo narių grupė, C‑2/18, EU:C:2019:962, punto 55 e giurisprudenza ivi citata). A questo proposito poco rileva il fatto che la norma di diritto nazionale in parola, adottata dopo l’entrata in vigore della direttiva di cui trattasi, sia o meno finalizzata al recepimento di tale direttiva (sentenza del 23 aprile 2009, Angelidaki e a., da C‑378/07 a C‑380/07, EU:C:2009:250, punto 206 e giurisprudenza ivi citata).

74

Ne consegue che tutte le autorità degli Stati membri sono soggette all’obbligo di garantire la piena efficacia delle disposizioni del diritto dell’Unione, anche quando tali autorità modificano la loro Costituzione (sentenza del 23 aprile 2009, Angelidaki e a., da C‑378/07 a C‑380/07, EU:C:2009:250, punto 207 nonché giurisprudenza ivi citata).

75

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda e alla terza questione dichiarando che la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro deve essere interpretata nel senso che, quando si è verificato un utilizzo abusivo di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, ai sensi di tale disposizione, l’obbligo per il giudice del rinvio di effettuare, il più possibile, un’interpretazione e un’applicazione di tutte le pertinenti disposizioni del diritto interno, idonee a sanzionare debitamente tale abuso e ad eliminare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione, include la valutazione della questione se le disposizioni di una normativa nazionale anteriore, ancora in vigore, che consente di convertire in un contratto di lavoro a tempo indeterminato la successione di contratti a tempo determinato, possano, eventualmente, applicarsi ai fini di tale interpretazione conforme, sebbene disposizioni nazionali di natura costituzionale vietino in modo assoluto, nel settore pubblico, una siffatta conversione.

Sulle spese

76

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Settima Sezione) dichiara:

 

1)

La clausola 1 e la clausola 5, punto 2, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, devono essere interpretate nel senso che l’espressione «successione di contratti di lavoro a tempo determinato», ivi contenuta, comprende anche la proroga automatica dei contratti di lavoro a tempo determinato dei lavoratori del settore della pulizia degli enti locali, effettuata conformemente a disposizioni nazionali espresse e nonostante il mancato rispetto della forma scritta, prevista in linea di principio per la stipula di contratti successivi.

 

2)

La clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato deve essere interpretata nel senso che, quando si è verificato un utilizzo abusivo di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, ai sensi di tale disposizione, l’obbligo per il giudice del rinvio di effettuare, il più possibile, un’interpretazione e un’applicazione di tutte le pertinenti disposizioni del diritto interno, idonee a sanzionare debitamente tale abuso e ad eliminare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione, include la valutazione della questione se le disposizioni di una normativa nazionale anteriore, ancora in vigore, che consente di convertire in un contratto di lavoro a tempo indeterminato la successione di contratti a tempo determinato, possano, eventualmente, applicarsi ai fini di tale interpretazione conforme, sebbene disposizioni nazionali di natura costituzionale vietino in modo assoluto, nel settore pubblico, una siffatta conversione.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il greco.