SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

9 luglio 2020 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Medicinale per uso umano – Certificato protettivo complementare per i medicinali – Regolamento (CE) n. 469/2009 – Articolo 3, lettera d) – Presupposti per la concessione di un certificato – Conseguimento della prima autorizzazione di immissione in commercio del prodotto in quanto medicinale – Autorizzazione di immissione in commercio di una nuova applicazione terapeutica di un principio attivo noto»

Nella causa C‑673/18,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi, Francia), con decisione del 9 ottobre 2018, pervenuta in cancelleria il 30 ottobre 2018, nel procedimento

Santen SAS

contro

Directeur général de l’Institut national de la propriété industrielle,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, R. Silva de Lapuerta, vicepresidente, J.‑C. Bonichot, M. Vilaras, E. Regan, M. Safjan, S. Rodin e P.G. Xuereb, presidenti di sezione, T. von Danwitz, D. Šváby, F. Biltgen, K. Jürimäe (relatrice) e C. Lycourgos, giudici,

avvocato generale: G. Pitruzzella

cancelliere: V. Giacobbo, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 5 novembre 2019,

considerate le osservazioni presentate:

per la Santen SAS, da T. Bouvet e L. Romestant, avocats, nonché da C. Fulda, Rechtsanwalt;

per il governo francese, da A.-L. Desjonquères e A. Daniel, in qualità di agenti;

per il governo ungherese, da M.Z. Fehér, in qualità di agente;

per il governo dei Paesi Bassi, da K. Bulterman e C. Schillemans, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da É. Gippini Fournier, S.L. Kalėda e J. Samnadda, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 23 gennaio 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 3, lettera d), del regolamento (CE) n. 469/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, sul certificato protettivo complementare per i medicinali (GU 2009, L 152, pag. 1).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Santen SAS e il direttore generale dell’Institut National de la Propriété Industrielle (Istituto Nazionale della Proprietà Industriale; in prosieguo: il «direttore generale dell’INPI») in merito alla decisione di quest’ultimo di respingere la domanda di certificato protettivo complementare (in prosieguo: il «CPC») depositata dalla Santen per un medicinale commercializzato con il nome di «Ikervis», che ha come principio attivo la ciclosporina.

Contesto normativo

Regolamento (CEE) n. 1768/92

3

L’articolo 2 del regolamento (CEE) n. 1768/92 del Consiglio, del 18 giugno 1992, sull’istituzione di un certificato protettivo complementare per i medicinali (GU 1992, L 182, pag. 1), abrogato e sostituito dal regolamento n. 469/2009, così disponeva:

«Ogni prodotto protetto da un brevetto nel territorio di uno Stato membro e soggetto, in quanto medicinale, prima dell’immissione in commercio ad una procedura di autorizzazione amministrativa ai sensi della [direttiva 65/65/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 1965, per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali (GU 1965, 22, pag. 369)] o della [direttiva 81/851/CEE del Consiglio, del 28 settembre 1981, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai medicinali veterinari (GU 1981, L 317, pag. 1)], può formare oggetto di un [CPC] alle condizioni e secondo le modalità previste nel presente regolamento».

4

L’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1768/92, come modificato dall’atto relativo alle condizioni di adesione del Regno di Norvegia, della Repubblica d’Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea (GU 1994, C 241, pag. 21), prevedeva quanto segue:

«Qualsiasi prodotto che, alla data dell’adesione, sia protetto da un brevetto in vigore e per il quale, in quanto medicinale, sia stata rilasciata una prima autorizzazione di immissione in commercio nella Comunità o nel rispettivo territorio dell’Austria, della Finlandia, della Norvegia e della Svezia dopo il 1o gennaio 1985, può formare oggetto di un [CPC].

(...)».

Regolamento n. 469/2009

5

I considerando 3, 4 e da 7 a 10 del regolamento n. 469/2009 enunciano quanto segue:

«(3)

I medicinali, in particolare quelli derivanti da una ricerca lunga e costosa, potranno continuare a essere sviluppati nella Comunità e in Europa solo se potranno beneficiare di una normativa favorevole che preveda una protezione sufficiente a incentivare tale ricerca.

(4)

Attualmente, il periodo che intercorre fra il deposito di una domanda di brevetto per un nuovo medicinale e l’autorizzazione di immissione in commercio dello stesso riduce la protezione effettiva conferita dal brevetto a una durata insufficiente ad ammortizzare gli investimenti effettuati nella ricerca.

(...)

(7)

È opportuno prevedere una soluzione uniforme a livello comunitario e prevenire in tal modo un’evoluzione eterogenea delle legislazioni nazionali che comporti ulteriori differenze tali da ostacolare la libera circolazione dei medicinali all’interno della Comunità e da incidere, di conseguenza, direttamente sul funzionamento del mercato interno.

(8)

È pertanto necessario prevedere un [CPC] per i medicinali la cui immissione in commercio sia stata autorizzata, il quale possa essere ottenuto dal titolare di un brevetto nazionale o europeo alle stesse condizioni in ciascuno Stato membro. Di conseguenza, il regolamento costituisce lo strumento giuridico più appropriato.

(9)

La durata della protezione conferita dal [CPC] dovrebbe essere fissata in modo da permettere una protezione effettiva sufficiente. A tal fine, il titolare che disponga contemporaneamente di un brevetto e di un [CPC] deve poter beneficiare complessivamente di quindici anni al massimo di esclusività, a partire dalla prima autorizzazione di immissione in commercio nella Comunità del medicinale in questione.

(10)

Tuttavia, in un settore così complesso e sensibile come il settore farmaceutico, dovrebbero essere presi in considerazione tutti gli interessi in gioco, ivi compresi quelli della salute pubblica. A questo fine, il [CPC] non dovrebbe essere rilasciato per una durata superiore a cinque anni. La protezione che esso conferisce dovrebbe inoltre essere strettamente limitata al prodotto oggetto dell’autorizzazione di immissione in commercio in quanto medicinale».

6

L’articolo 1 di tale regolamento così dispone:

«Ai fini del presente regolamento si intende per:

a)

“medicinale”: ogni sostanza o composizione presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane o animali, nonché ogni sostanza o composizione da somministrare all’uomo o all’animale allo scopo di stabilire una diagnosi medica o di ripristinare, correggere o modificare funzioni organiche dell’uomo o dell’animale;

b)

“prodotto”: il principio attivo o la composizione di principi attivi di un medicinale;

c)

“brevetto di base”: un brevetto che protegge un prodotto in quanto tale, un processo di fabbricazione di un prodotto o un impiego di prodotto e che è designato dal suo titolare ai fini della procedura di rilascio di un [CPC];

(...)».

7

L’articolo 2 di detto regolamento prevede quanto segue:

«Ogni prodotto protetto da un brevetto nel territorio di uno Stato membro e soggetto, in quanto medicinale, prima dell’immissione in commercio a una procedura di autorizzazione amministrativa ai sensi della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano [(GU 2001, L 311, pag. 67)] o della direttiva 2001/82/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali veterinari [(GU 2001, L 311, pag. 1)], può formare oggetto di un [CPC] alle condizioni e secondo le modalità previste dal presente regolamento».

8

L’articolo 3 del medesimo regolamento, intitolato «Condizioni di rilascio del [CPC]», è così formulato:

«Il [CPC] viene rilasciato se nello Stato membro nel quale è presentata la domanda di cui all’articolo 7 e alla data di tale domanda:

a)

il prodotto è protetto da un brevetto di base in vigore;

b)

per il prodotto in quanto medicinale è stata rilasciata un’autorizzazione in corso di validità di immissione in commercio a norma, secondo il caso, della direttiva [2001/83] o della direttiva [2001/82];

c)

il prodotto non è già stato oggetto di un [CPC];

d)

l’autorizzazione di cui alla lettera b) è la prima autorizzazione di immissione in commercio del prodotto in quanto medicinale».

9

Ai sensi dell’articolo 4 del regolamento n. 469/2009, intitolato «Oggetto della protezione»:

«Nei limiti della protezione conferita dal brevetto di base, la protezione conferita dal [CPC] riguarda il solo prodotto oggetto dell’autorizzazione di immissione in commercio del medicinale corrispondente, per qualsiasi impiego del prodotto in quanto medicinale, che sia stato autorizzato prima della scadenza del [CPC]».

10

L’articolo 5 di tale regolamento, intitolato «Effetti del [CPC], così dispone:

«Fatto salvo l’articolo 4, il [CPC] conferisce gli stessi diritti che vengono attribuiti dal brevetto di base ed è soggetto alle stesse limitazioni e agli stessi obblighi».

11

L’articolo 7, paragrafo 1, del citato regolamento prevede quanto segue:

«La domanda di [CPC] deve essere depositata entro il termine di sei mesi a decorrere dalla data in cui per il prodotto, in quanto medicinale, è stata rilasciata l’autorizzazione di immissione in commercio menzionata all’articolo 3, lettera b)».

12

A termini dell’articolo 13 del medesimo regolamento, rubricato «Durata del [CPC]»:

«1.   Il [CPC] ha efficacia a decorrere dal termine legale del brevetto di base per una durata uguale al periodo intercorso tra la data del deposito della domanda del brevetto di base e la data della prima autorizzazione di immissione in commercio nella Comunità, ridotto di cinque anni.

2.   Fatto salvo il paragrafo 1, la durata del [CPC] non può essere superiore a cinque anni a decorrere dalla data in cui il [CPC] acquista efficacia.

3.   I periodi stabiliti ai paragrafi 1 e 2 sono prorogati di sei mesi qualora si applichi l’articolo 36 del regolamento (CE) n. 1901/2006 [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativo ai medicinali per uso pediatrico e che modifica il regolamento (CEE) n. 1768/92, la direttiva 2001/20/CE, la direttiva 2001/83/CE e il regolamento (CE) n. 726/2004 (GU 2006, L 378, pag. 1)]. In tal caso il periodo di cui al paragrafo 1 del presente articolo può essere prorogato una sola volta.

4.   Qualora un [CPC] sia rilasciato per un prodotto protetto da un brevetto che, anteriormente al 2 gennaio 1993, sia stato prorogato o abbia formato oggetto di una richiesta di proroga, in virtù della legislazione nazionale, la durata di tale [CPC] è ridotta del numero di anni eccedenti i venti anni di durata del brevetto».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

13

La Santen è un laboratorio farmaceutico specializzato in oftalmologia. È titolare del brevetto europeo (FR) n. 057959306, depositato il 10 ottobre 2005 (in prosieguo: il «brevetto di base in questione»), che tutela in particolare un’emulsione oftalmica in cui il principio attivo è la ciclosporina, un agente immunosoppressore.

14

La Santen ha ottenuto un’autorizzazione di immissione in commercio (in prosieguo: l’«AIC») rilasciata il 19 marzo 2015 dall’Agenzia europea per i medicinali (EMA) per il medicinale commercializzato con il nome «Ikervis», il cui principio attivo è la ciclosporina (in prosieguo: l’«AIC di cui trattasi»). Tale medicinale serve a trattare la cheratite grave in pazienti adulti con sindrome dell’occhio secco non rispondente al trattamento con sostituti lacrimali, che provoca un’infiammazione della cornea.

15

Sul fondamento del brevetto di base in questione e dell’AIC di cui trattasi, il 3 giugno 2015 la Santen ha depositato una domanda di CPC avente ad oggetto un prodotto denominato «Ciclosporine pour son utilisation dans le traitement de la kératite» (Ciclosporina per uso nel trattamento della cheratite). Con decisione del 6 ottobre 2017, il direttore generale dell’INPI ha respinto tale domanda di CPC, ritenendo che l’AIC di cui trattasi non fosse la prima AIC, ai sensi dell’articolo 3, lettera d), del regolamento n. 469/2009, per la ciclosporina.

16

Il direttore generale dell’INPI ha basato la sua decisione sul fatto che, il 23 dicembre 1983, era stata rilasciata un’AIC per un medicinale, commercializzato con il nome di «Sandimmun», il cui principio attivo era sempre la ciclosporina. Tale medicinale si presentava sotto forma di soluzione orale ed era indicato per la prevenzione del rigetto di trapianti di organi solidi o di midollo osseo nonché per altri usi terapeutici, in particolare per il trattamento dell’uveite endogena, un’infiammazione di tutta o parte dell’uvea, la parte centrale del bulbo oculare.

17

La Santen ha proposto ricorso avverso la decisione del direttore generale dell’INPI dinanzi al giudice del rinvio, la cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi, Francia). Dinanzi a quest’ultima, la Santen chiede, in via principale, l’annullamento di tale decisione e, in subordine, di sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale vertente sull’interpretazione dell’articolo 3 del regolamento n. 469/2009.

18

Il giudice del rinvio ricorda che la Corte, nella sua sentenza del 19 luglio 2012, Neurim Pharmaceuticals (1991) (C‑130/11; in prosieguo: la «sentenza Neurim, EU:C:2012:489), ha dichiarato che gli articoli 3 e 4 del regolamento n. 469/2009 devono essere interpretati nel senso che, in un caso come quello discusso nella causa che ha dato luogo a tale sentenza, l’esistenza di un’AIC precedente ottenuta per il medicinale ad uso veterinario non osta al rilascio di un CPC per un’applicazione diversa del medesimo prodotto per la quale sia stata rilasciata un’AIC, purché tale applicazione rientri nell’ambito della protezione conferita dal brevetto di base addotto a sostegno della domanda di CPC.

19

Tale giudice rileva un contrasto tra il direttore generale dell’INPI e la Santen in merito all’interpretazione delle nozioni di «applicazione diversa del medesimo prodotto» e di «applicazione [rientrante] nell’ambito della protezione conferita dal brevetto di base», impiegate dalla Corte nella sentenza Neurim al fine di interpretare, in particolare, l’articolo 3 del regolamento n. 469/2009.

20

Per quanto riguarda la nozione di «applicazione diversa» del medesimo prodotto, il direttore generale dell’INPI riterrebbe che tale nozione debba essere interpretata restrittivamente. L’AIC invocata dovrebbe riguardare o un’indicazione rientrante in un settore terapeutico nuovo, nel senso di una nuova specialità medicinale, rispetto all’AIC anteriore, o un medicinale nel quale il principio attivo esercita un’azione diversa da quella svolta nel medicinale oggetto della prima AIC. Occorrerebbe altresì chiedere alla Corte se, alla luce degli obiettivi del regolamento n. 469/2009, diretti ad istituire un sistema equilibrato che tenga conto di tutti gli interessi coinvolti, compresi quelli della salute pubblica, la nozione di «nuovo uso terapeutico» debba essere valutata secondo criteri più stringenti di quelli che servono alla valutazione della brevettabilità di una nuova applicazione terapeutica.

21

La Santen sosterrebbe invece che la nozione di «applicazione [terapeutica] diversa», ai sensi della sentenza Neurim, dev’essere intesa in senso ampio, includendo non soltanto indicazioni terapeutiche e usi per malattie diverse, ma anche formulazioni, posologie e modalità di somministrazione diverse.

22

Per quanto riguarda la condizione fissata dalla Corte nella sentenza Neurim, secondo la quale l’applicazione terapeutica prevista dall’AIC utilizzata come base della domanda di CPC deve rientrare nell’ambito della protezione conferita dal brevetto di base, il direttore generale dell’INPI si chiederebbe, da un lato, in che modo stabilire il nesso tra l’applicazione terapeutica diversa e tale brevetto nonché, dall’altro, se la portata di detto brevetto debba corrispondere a quella dell’AIC invocata e, pertanto, limitarsi alla nuova applicazione terapeutica corrispondente all’indicazione di tale AIC.

23

In tale contesto, la cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se la nozione di “applicazione diversa” ai sensi della [sentenza Neurim] debba essere interpretata in senso restrittivo, vale a dire:

come limitata ai soli casi di applicazione sull’uomo successiva a un’applicazione veterinaria;

oppure come riguardante un’indicazione rientrante in un settore terapeutico nuovo, nel senso di una nuova specialità medicinale, rispetto all’AIC anteriore, o un medicinale nel quale il principio attivo svolge una funzione diversa da quella svolta nel medicinale oggetto della prima AIC;

o, più in generale, alla luce degli obiettivi del [regolamento n. 469/2009] di istituire un sistema equilibrato che tenga conto di tutti gli interessi coinvolti, ivi compresi quelli della salute pubblica, se debba essere valutata secondo criteri più stringenti di quelli alla base della valutazione della brevettabilità dell’invenzione;

– oppure se debba essere invece intesa in senso ampio, vale a dire come ricomprendente non solo indicazioni terapeutiche e patologie differenti, ma anche formulazioni, posologie e/o modalità di somministrazione differenti.

2)

Se la nozione di “applicazione rientrante nell’ambito della protezione conferita dal brevetto di base” ai sensi della [sentenza Neurim] implichi che la portata del brevetto di base deve coincidere con quella dell’AIC invocata e, di conseguenza, limitarsi al nuovo uso medico corrispondente all’indicazione terapeutica di detta AIC».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

24

Nelle sue osservazioni scritte, il governo dei Paesi Bassi sostiene che la domanda di pronuncia pregiudiziale è irricevibile, in quanto la situazione discussa nel procedimento principale non rientrerebbe nell’ambito di applicazione del regolamento n. 469/2009.

25

La Corte avrebbe infatti statuito, al punto 48 della sentenza del 28 luglio 2011, Synthon (C‑195/09, EU:C:2011:518), che dall’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1768/92 risulta che tale regolamento non è applicabile ai prodotti immessi in commercio in Francia anteriormente al 1o gennaio 1985. Orbene, tale interpretazione del regolamento n. 1768/92 si attaglierebbe pienamente al regolamento n. 469/2009, il quale non costituirebbe che una codificazione del regolamento n. 1768/92. Il governo dei Paesi Bassi ne deduce che, dal momento che un’AIC è stata rilasciata in Francia per un medicinale il cui principio attivo è la «ciclosporina», il 23 dicembre 1983, la domanda della Santen non rientra nell’ambito di applicazione del regolamento n. 469/2009. Le questioni pregiudiziali sarebbero quindi ipotetiche.

26

A tale proposito, occorre ricordare che spetta soltanto al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolarità del caso di specie, tanto la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, quanto la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, allorché le questioni sollevate riguardano l’interpretazione di una norma giuridica dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (sentenza del 10 dicembre 2018, Wightman e a., C‑621/18, EU:C:2018:999, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

27

Ne consegue che le questioni vertenti sul diritto dell’Unione sono assistite da una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione richiesta relativamente ad una norma dell’Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte (sentenza del 10 dicembre 2018, Wightman e a., C‑621/18, EU:C:2018:999, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

28

Nel caso di specie, occorre rilevare che le questioni pregiudiziali vertono, in sostanza, sull’interpretazione dell’articolo 3, lettera d), del regolamento n. 469/2009, e più precisamente sulla definizione nonché sulla portata della nozione di «prima [AIC] del prodotto in quanto medicinale», ai sensi di tale disposizione, letta alla luce della sentenza Neurim.

29

Orbene, con la sua argomentazione relativa all’irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, il governo dei Paesi Bassi muove dalla premessa che l’AIC rilasciata in Francia per il Sandimmun, contenente il principio attivo «ciclosporina», il 23 dicembre 1983, è la prima AIC di tale prodotto in quanto medicinale e che, pertanto, il regolamento n. 469/2009 non è applicabile a detto prodotto, discusso nel procedimento principale.

30

Tuttavia, la verifica della fondatezza di una tale premessa richiede che si risponda, preliminarmente, alle questioni pregiudiziali che vertono sull’interpretazione dell’articolo 3, lettera d), del regolamento n. 469/2009. Ne consegue che l’argomentazione del governo dei Paesi Bassi richiamata al punto 25 della presente sentenza non consente di ritenere che tali questioni siano di natura ipotetica perché prive di rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della causa principale.

31

Di conseguenza, la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.

Nel merito

32

Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede alla Corte, in sostanza, di interpretare la nozione di «prima [AIC] in quanto medicinale», ai sensi dell’articolo 3, lettera d), del regolamento n. 469/2009, il che richiederebbe, secondo tale giudice, che la Corte precisi la portata delle nozioni di «applicazione [terapeutica] diversa» e di «applicazione [terapeutica] rientr[ante] nell’ambito della protezione conferita dal brevetto di base», di cui al punto 1 del dispositivo della sentenza Neurim.

33

Al punto 1 del dispositivo di tale sentenza, la Corte ha dichiarato che gli articoli 3 e 4 del regolamento n. 469/2009 devono essere interpretati nel senso che, in un caso come quello della causa che ha dato luogo a detta sentenza, l’esistenza di un’AIC precedente ottenuta per un medicinale per uso veterinario come quello discusso in tale causa non osta di per sé al rilascio di un CPC per un’applicazione terapeutica diversa del medesimo prodotto per la quale sia stata rilasciata un’AIC, purché tale applicazione rientri nell’ambito della protezione conferita dal brevetto di base addotto a sostegno della domanda di CPC.

34

Le questioni sollevate si basano quindi sulla premessa, derivante dalla sentenza Neurim, secondo la quale è possibile, in talune circostanze – che, secondo il giudice del rinvio, rimangono da precisare –, ottenere un CPC per un’applicazione terapeutica nuova di un principio attivo che sia già stato oggetto di un’AIC precedente a quella su cui si basa la domanda di tale CPC.

35

A tale riguardo, secondo costante giurisprudenza della Corte, benché formalmente il giudice del rinvio abbia limitato le proprie questioni all’interpretazione di taluni aspetti del diritto dell’Unione, una simile circostanza non osta a che la Corte gli fornisca tutti gli elementi interpretativi del diritto dell’Unione che possano risultare utili per definire la controversia sottoposta al suo esame, a prescindere dal fatto che detto giudice vi abbia fatto riferimento o meno nel formulare le proprie questioni (v., in tal senso, sentenza del 5 giugno 2018, Coman e a., C‑673/16, EU:C:2018:385, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

36

Orbene, occorre tener conto della circostanza che, nel procedimento principale, il giudice del rinvio deve decidere se una domanda di CPC relativa alla ciclosporina per uso nel trattamento della cheratite possa essere accolta sulla base dell’AIC di cui trattasi, che è stata rilasciata per l’Ikervis il 19 marzo 2015, sebbene il 23 dicembre 1983 fosse già stata rilasciata un’AIC per un’altra applicazione terapeutica della ciclosporina.

37

Pertanto, al fine di fornire una risposta utile al giudice del rinvio, occorre esaminare se l’articolo 3, lettera d), del regolamento n. 469/2009 debba essere interpretato nel senso che un’AIC può essere considerata la prima AIC, ai sensi di tale disposizione, quando essa verte su una nuova applicazione terapeutica di un principio attivo, o di una combinazione di principi attivi, che è già stato oggetto di un’AIC per un’altra applicazione terapeutica.

38

A tale titolo, occorre rilevare che l’AIC di cui all’articolo 3, lettera d), del regolamento n. 469/2009 dev’essere rilasciata per un prodotto determinato, quale definito all’articolo 1, lettera b), di detto regolamento.

39

Occorre pertanto, in primo luogo, stabilire se la nozione di «prodotto», come definita all’articolo 1, lettera b), del regolamento n. 469/2009, dipenda dall’applicazione terapeutica del principio attivo e, in particolare, se una nuova applicazione terapeutica di un principio attivo possa essere considerata un prodotto che si distingue da un’altra applicazione terapeutica già nota di questo stesso principio attivo.

40

Ai sensi di tale disposizione, per «prodotto» si intende il principio attivo o la composizione di principi attivi di un medicinale.

41

Non essendovi alcuna definizione della nozione di «principio attivo» nel regolamento n. 469/2009, la determinazione del significato e della portata dei suddetti termini va operata considerando il contesto generale nel quale essi sono utilizzati e conformemente al loro senso abituale nel linguaggio corrente (sentenze del 4 maggio 2006, Massachusetts Institute of Technology, C‑431/04, EU:C:2006:291, punto 17, e del 21 marzo 2019, Abraxis Bioscience, C‑443/17, EU:C:2019:238, punto 25).

42

A tale riguardo, la Corte ha già dichiarato che nella nozione di «principio attivo», considerata nella sua accezione comune in farmacologia, non rientrano le sostanze incluse nella composizione di un medicinale che non esercitano un’azione propria sull’organismo umano o animale (sentenze del 4 maggio 2006, Massachusetts Institute of Technology, C‑431/04, EU:C:2006:291, punto 18, e del 15 gennaio 2015, Forsgren, C‑631/13, EU:C:2015:13, punto 23), e che tale nozione si riferisce, ai fini dell’applicazione del regolamento n. 469/2009, alle sostanze che producono un’azione farmacologica, immunologica o metabolica propria (sentenza del 15 gennaio 2015, Forsgren, C‑631/13, EU:C:2015:13, punto 25). Ne consegue che detta nozione rinvia alle sostanze che hanno almeno un effetto terapeutico proprio.

43

Peraltro, dal combinato disposto dell’articolo 1, lettera b), e dell’articolo 4 del regolamento n. 469/2009 risulta che, ai fini dell’applicazione di detto regolamento, per «prodotto» si intende il principio attivo o la composizione di principi attivi di un medicinale, senza che occorra limitarne la portata ad una sola delle applicazioni terapeutiche alle quali un tale principio attivo, o una tale combinazione di principi attivi, possa dar luogo.

44

Infatti, ai sensi del menzionato articolo 4, la protezione conferita al prodotto dal CPC, pur riguardando il solo prodotto oggetto dell’AIC, vale per contro per qualsiasi impiego del prodotto in quanto medicinale, che sia stato autorizzato prima della scadenza del CPC. Ne consegue che la nozione di «prodotto», ai sensi del regolamento n. 469/2009, non dipende dal modo in cui tale prodotto è utilizzato e che la destinazione del medicinale non costituisce un criterio determinante per il rilascio di un CPC (v., in tal senso, sentenza del 19 ottobre 2004, Pharmacia Italia, C‑31/03, EU:C:2004:641, punti 1920).

45

Una simile interpretazione è corroborata dall’analisi della genesi del regolamento n. 469/2009. In tal senso, il punto 11 della relazione che accompagna la proposta di regolamento (CEE) del Consiglio, dell’11 aprile 1990, sulla creazione di un certificato protettivo complementare per i medicinali [COM(90) 101 def.], all’origine del regolamento (CEE) n. 1768/92, a sua volta abrogato e sostituito dal regolamento n. 469/2009, indica che il termine «prodotto» è inteso nel senso stretto di principio attivo e che eventuali modifiche di minore importanza apportate al medicinale, come un nuovo dosaggio, l’utilizzo di un sale o di un estere diversi, oppure una forma farmaceutica diversa, non rendono necessario un nuovo CPC (v., in tal senso, sentenze del 4 maggio 2006, Massachusetts Institute of Technology, C‑431/04, EU:C:2006:291, punto 19, e del 21 marzo 2019, Abraxis Bioscience, C‑443/17, EU:C:2019:238, punto 26).

46

Orbene, tale concezione restrittiva della nozione di «prodotto» si è concretizzata nell’articolo 1, lettera b), del regolamento n. 469/2009, il quale definisce detta nozione con riferimento a un principio attivo o ad una composizione di principi attivi e non all’applicazione terapeutica di un principio attivo protetto dal brevetto di base o di una combinazione di principi attivi protetta da detto brevetto.

47

Dalle considerazioni che precedono discende che l’articolo 1, lettera b), del regolamento n. 469/2009 deve essere interpretato nel senso che il fatto che un principio attivo, o una combinazione di principi attivi, sia utilizzato ai fini di una nuova applicazione terapeutica non gli conferisce la qualità di prodotto distinto qualora lo stesso principio attivo, o la stessa combinazione di principi attivi, sia stato utilizzato ai fini di un’altra applicazione terapeutica già nota.

48

In secondo luogo, occorre stabilire se un’AIC rilasciata per una nuova applicazione di un principio attivo, o di una combinazione di principi attivi, possa essere considerata la prima AIC rilasciata per tale prodotto in quanto medicinale, ai sensi dell’articolo 3, lettera d), del regolamento n. 469/2009, nel caso in cui tale AIC sia la prima AIC a rientrare nell’ambito di protezione del brevetto di base invocato a sostegno della domanda di CPC.

49

Secondo il presupposto per il rilascio di un CPC stabilito da tale disposizione, l’AIC ottenuta per il prodotto oggetto della domanda di CPC deve, alla data di tale domanda, essere la prima AIC di tale prodotto in quanto medicinale nello Stato membro in cui è presentata detta domanda.

50

A tal riguardo, il testo di detta disposizione non fa riferimento all’ambito di protezione del brevetto di base.

51

Inoltre, alla luce della definizione restrittiva della nozione di «prodotto», ai sensi dell’articolo 1, lettera b), del regolamento n. 469/2009, risultante dai punti da 40 a 45 della presente sentenza, l’analisi dei termini dell’articolo 3, lettera d), di tale regolamento presuppone che la prima AIC del prodotto in quanto medicinale, ai sensi di detta disposizione, designi la prima AIC di un medicinale che incorpora il principio attivo o la combinazione di principi attivi in questione (v., in tal senso, sentenza del 21 marzo 2019, Abraxis Bioscience, C‑443/17, EU:C:2019:238, punto 34), e ciò a prescindere da quale sia stata l’applicazione terapeutica di detto principio attivo, o di detta combinazione di principi attivi, per la quale tale AIC è stata ottenuta.

52

Orbene, ritenere che la nozione di «prima AIC del prodotto in quanto medicinale», ai sensi dell’articolo 3, lettera d), del regolamento n. 469/2009, riguardi esclusivamente la prima AIC a rientrare nell’ambito di protezione del brevetto di base invocato a sostegno della domanda di CPC porterebbe necessariamente a rimettere in discussione tale definizione restrittiva della nozione di «prodotto», ai sensi dell’articolo 1, lettera b), di tale regolamento, dal momento che è possibile, come precisa l’articolo 1, lettera c), di detto regolamento, che il brevetto di cui trattasi copra solo un’applicazione terapeutica del prodotto considerato. Infatti, se così fosse, tale applicazione terapeutica potrebbe giustificare la concessione di un CPC nonostante il fatto che lo stesso principio attivo, o la stessa combinazione di principi attivi, sia oggetto di un’altra applicazione terapeutica già nota e che ha dato luogo a un’AIC precedente.

53

Ne consegue che, contrariamente a quanto dichiarato dalla Corte al punto 27 della sentenza Neurim, per definire la nozione di «prima [AIC] del prodotto in quanto medicinale», ai sensi dell’articolo 3, lettera d), del regolamento n. 469/2009, non occorre prendere in considerazione l’ambito di protezione del brevetto di base.

54

Un’analisi degli obiettivi del regolamento n. 469/2009 conferma parimenti tale interpretazione.

55

In tal senso, dal punto 11 della relazione menzionata al punto 45 della presente sentenza risulta che il legislatore dell’Unione, nell’istituire il regime del CPC, ha inteso favorire la protezione non di qualsiasi ricerca farmaceutica che dia luogo al rilascio di un brevetto e alla commercializzazione di un nuovo medicinale, ma di quella che conduce alla prima immissione in commercio di un principio attivo o di una combinazione di principi attivi in quanto medicinale (v., in tal senso, sentenza del 21 marzo 2019, Abraxis Bioscience, C‑443/17, EU:C:2019:238, punto 37).

56

Ebbene, un siffatto obiettivo sarebbe compromesso se, al fine di soddisfare la condizione di cui all’articolo 3, lettera d), del regolamento n. 469/2009, fosse possibile tener conto soltanto della prima AIC ad essere rientrata nell’ambito del brevetto di base che copre una nuova applicazione terapeutica di un dato principio attivo, o di una data combinazione di principi attivi, e di ignorare un’AIC precedentemente rilasciata per un’altra applicazione terapeutica del medesimo principio attivo o della medesima combinazione (v., in tal senso, sentenza del 21 marzo 2019, Abraxis Bioscience, C‑443/17, EU:C:2019:238, punto 38).

57

Tale interpretazione consente inoltre di conciliare in modo equilibrato, da un lato, l’obiettivo del regime di CPC, quale risulta dai considerando da 3 a 5 e 9 del regolamento n. 469/2009, consistente nell’ovviare all’inadeguatezza della protezione conferita dal brevetto ad ammortizzare gli investimenti effettuati nella ricerca di nuovi principi attivi o combinazioni di principi attivi e, pertanto, ad incoraggiare tale ricerca e, dall’altro, l’intenzione del legislatore dell’Unione, quale risulta dal considerando 10 di detto regolamento, di conseguire tale obiettivo in modo da tener conto di tutti gli interessi in gioco, ivi compresi quelli della salute pubblica, in un settore così complesso e sensibile come il settore farmaceutico (v., in tal senso, sentenza del 21 marzo 2019, Abraxis Bioscience, C 443/17, EU:C:2019:238, punto 36).

58

Un’interpretazione del genere non è del resto rimessa in discussione dal punto 12 della relazione suddetta, da cui risulta che il regolamento n. 469/2009 non è limitato ai nuovi prodotti, in quanto un nuovo processo di fabbricazione di un prodotto o un nuovo impiego di un prodotto possono essere anch’essi protetti da un CPC. Infatti, il presupposto di cui all’articolo 3, lettera d), del regolamento n. 469/2009 può essere soddisfatto, in particolare, quando l’AIC che serve da base alla domanda di CPC riguarda un prodotto che era già noto prima del rilascio del brevetto di base, ma non aveva mai dato luogo a un’AIC in quanto medicinale.

59

Inoltre, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 55 e 56 delle sue conclusioni, un’interpretazione dell’articolo 3, lettera d), del regolamento n. 469/2009 come quella prospettata al punto 56 della presente sentenza rischierebbe di compromettere la semplicità e la prevedibilità del sistema volute dal legislatore dell’Unione al fine di garantire l’attuazione di una soluzione uniforme a livello dell’Unione da parte degli uffici nazionali dei brevetti. Infatti, l’introduzione di una distinzione tra diverse applicazioni terapeutiche, senza che tale nozione sia neppure definita in detto regolamento, rischierebbe di indurre gli uffici nazionali ad adottare interpretazioni complesse e divergenti del presupposto sancito da tale disposizione.

60

Da quanto precede risulta che la premessa sulla quale si fonda il giudice del rinvio, menzionata al punto 34 della presente sentenza, deve essere disattesa e che un’AIC per un’applicazione terapeutica di un prodotto non può essere considerata la prima AIC di tale prodotto in quanto medicinale, ai sensi dell’articolo 3, lettera d), del regolamento n. 469/2009, quando sia stata rilasciata in precedenza un’altra AIC per un’applicazione terapeutica diversa del medesimo prodotto. Il fatto che l’AIC più recente sia la prima AIC a rientrare nell’ambito di protezione del brevetto di base invocato a sostegno della domanda di CPC non può inficiare tale interpretazione.

61

Alla luce di tutti gli elementi che precedono, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che l’articolo 3, lettera d), del regolamento n. 469/2009 dev’essere interpretato nel senso che un’AIC non può essere considerata la prima AIC, ai sensi di tale disposizione, quando essa verte su una nuova applicazione terapeutica di un principio attivo, o di una combinazione di principi attivi, che è già stato oggetto di un’AIC per un’altra applicazione terapeutica.

Sulle spese

62

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

 

L’articolo 3, lettera d), del regolamento (CE) n. 469/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, sul certificato protettivo complementare per i medicinali, dev’essere interpretato nel senso che un’autorizzazione di immissione in commercio non può essere considerata la prima autorizzazione di immissione in commercio, ai sensi di tale disposizione, quando essa verte su una nuova applicazione terapeutica di un principio attivo, o di una combinazione di principi attivi, che è già stato oggetto di un’autorizzazione di immissione in commercio per un’altra applicazione terapeutica.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il francese.