SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)

8 maggio 2019 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Articolo 49 TFUE – Articolo 15, paragrafo 2, e articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Libertà di stabilimento e di prestazione di servizi – Restrizione – Decisione di chiusura immediata di un esercizio commerciale – Assenza di motivazione – Ragioni imperative di interesse generale – Prevenzione della commissione di reati nei confronti delle persone che esercitano la prostituzione – Tutela della sanità pubblica – Proporzionalità della restrizione alla libertà di stabilimento – Articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali – Effettività del controllo giurisdizionale – Diritti della difesa – Principio generale del diritto ad una buona amministrazione»

Nella causa C‑230/18,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Landesverwaltungsgericht Tirol (tribunale amministrativo regionale del Tirolo, Austria), con decisione del 27 marzo 2018, pervenuta in cancelleria il 30 marzo 2018, nel procedimento

PI

contro

Landespolizeidirektion Tirol,

LA CORTE (Sesta Sezione),

composta da C. Toader, presidente di sezione, A. Rosas e M. Safjan (relatore), giudici,

avvocato generale: Y. Bot

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per PI, da A. Zelinka, Rechtsanwalt;

per la Landespolizeidirektion Tirol, da C. Schmalzl, in qualità di agente;

per il governo austriaco, da G. Hesse, in qualità di agente;

per la Commissione europea, da H. Krämer e L. Malferrari, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 15, paragrafo 2, nonché degli articoli 41, 47 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra PI e la Landespolizeidirektion Tirol (direzione regionale di polizia del Tirolo, Austria, in prosieguo: la «direzione regionale») in merito alla legittimità della chiusura di un esercizio commerciale gestito da PI.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

La Carta

3

L’articolo 15 della Carta, dal titolo «Libertà professionale e diritto di lavorare», dispone quanto segue:

«1.   Ogni persona ha il diritto di lavorare e di esercitare una professione liberamente scelta o accettata.

2.   Ogni cittadino dell’Unione ha la libertà di cercare un lavoro, di lavorare, di stabilirsi o di prestare servizi in qualunque Stato membro.

(…)».

4

Le spiegazioni relative alla Carta (GU 2007, C 303, pag. 17) precisano, riguardo all’articolo 15, paragrafo 2, di quest’ultima, che tale disposizione riprende le tre libertà garantite dagli articoli 26, 45, 49 e 56 TFUE, ossia la libera circolazione dei lavoratori, la libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi.

5

Ai sensi dell’articolo 16 della Carta, intitolato «Libertà d’impresa»:

«È riconosciuta la libertà d’impresa, conformemente al diritto dell’Unione e alle legislazioni e prassi nazionali».

6

Le spiegazioni relative alla Carta precisano, per quanto riguarda l’articolo 16 della stessa, che tale disposizione si basa sulla giurisprudenza della Corte che ha riconosciuto la libertà di esercitare un’attività economica o commerciale e la libertà contrattuale, nonché sull’articolo 119, paragrafi 1 e 3, TFUE, che riconosce la libera concorrenza.

7

L’articolo 35 della Carta, intitolato «Protezione della salute», è così formulato:

«Ogni persona ha il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali. (…)».

8

L’articolo 41 della Carta, recante il titolo «Diritto ad una buona amministrazione», così dispone:

«1.   Ogni persona ha diritto a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni, organi e organismi dell’Unione.

2.   Tale diritto comprende in particolare:

a)

il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio;

b)

il diritto di ogni persona di accedere al fascicolo che la riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale e commerciale;

c)

l’obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni.

(…)».

9

L’articolo 47 della Carta, dal titolo «Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale», stabilisce quanto segue:

«Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo.

Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni persona ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare.

(…)».

10

L’articolo 48 della Carta, intitolato «Presunzione di innocenza e diritti della difesa», al suo paragrafo 2 così dispone:

«Il rispetto dei diritti della difesa è garantito ad ogni imputato».

11

L’articolo 51 della Carta, intitolato «Ambito di applicazione», prevede quanto segue al suo paragrafo 1:

«Le disposizioni della presente Carta si applicano alle istituzioni, organi e organismi dell’Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà, come pure agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. (…)».

12

L’articolo 52 della Carta, intitolato «Portata e interpretazione dei diritti e dei principi», enuncia quanto segue:

«1.   Eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.

2.   I diritti riconosciuti dalla presente Carta per i quali i trattati prevedono disposizioni si esercitano alle condizioni e nei limiti dagli stessi definiti.

(…)

7.   I giudici dell’Unione e degli Stati membri tengono nel debito conto le spiegazioni elaborate al fine di fornire orientamenti per l’interpretazione della presente Carta».

Direttiva 2006/123/CE

13

Ai sensi dell’articolo 4 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU 2006, L 376, pag. 36), intitolato «Definizioni»:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

(…)

5)

“stabilimento”: l’esercizio effettivo di un’attività economica di cui all’articolo 43 [CE] a tempo indeterminato da parte del prestatore, con un’infrastruttura stabile a partire dalla quale viene effettivamente svolta l’attività di prestazione di servizi;

6)

“regime di autorizzazione”: qualsiasi procedura che obbliga un prestatore o un destinatario a rivolgersi ad un’autorità competente allo scopo di ottenere una decisione formale o una decisione implicita relativa all’accesso ad un’attività di servizio o al suo esercizio;

(…)».

14

Il capo III della direttiva citata, intitolato «Libertà di stabilimento dei prestatori», contiene, alla sua sezione I, dal titolo «Autorizzazioni», gli articoli da 9 a 13.

15

L’articolo 9 della suddetta direttiva, dal titolo «Regimi di autorizzazione», al paragrafo 1 così recita:

«Gli Stati membri possono subordinare l’accesso ad un’attività di servizio e il suo esercizio ad un regime di autorizzazione soltanto se sono soddisfatte le condizioni seguenti:

a)

il regime di autorizzazione non è discriminatorio nei confronti del prestatore;

b)

la necessità di un regime di autorizzazione è giustificata da un motivo imperativo di interesse generale;

c)

l’obiettivo perseguito non può essere conseguito tramite una misura meno restrittiva, in particolare in quanto un controllo a posteriori interverrebbe troppo tardi per avere reale efficacia».

16

L’articolo 10 della medesima direttiva, dal titolo «Condizioni di rilascio dell’autorizzazione», al paragrafo 1 è così formulato:

«I regimi di autorizzazione devono basarsi su criteri che inquadrino l’esercizio del potere di valutazione da parte delle autorità competenti affinché tale potere non sia utilizzato in modo arbitrario».

17

La sezione 2, intitolata «Requisiti vietati o soggetti a valutazione», del capo III della direttiva 2006/123, comprende gli articoli 14 e 15 della stessa.

Diritto austriaco

18

L’articolo 14 del Tiroler Landes-Polizeigesetz (legge di polizia del Land Tirolo), del 6 luglio 1976 (LGBl. n. 60/1976), nella sua versione da ultimo modificata (LGBl. n. 56/2017) (in prosieguo: la «legge di polizia»), intitolato «Divieto», prevede quanto segue:

«È vietato:

a)

tollerare a titolo professionale il compimento di atti di natura sessuale sul proprio corpo o praticare, a titolo professionale, atti di natura sessuale (prostituzione) al di fuori delle case di prostituzione autorizzate (articolo 15)

(…)».

19

L’articolo 15 della medesima legge, recante il titolo «Autorizzazione all’esercizio di una casa di prostituzione», al suo paragrafo 1 enuncia quanto segue:

«Una casa di prostituzione è un locale in cui si esercita la prostituzione. È possibile gestire una casa di prostituzione solo previa autorizzazione (autorizzazione all’esercizio di una casa di prostituzione)».

20

L’articolo 19 della legge in parola, intitolato «Disposizione penale», al paragrafo 2 è così formulato:

«Chiunque gestisca una casa di prostituzione senza esservi autorizzato in conformità all’articolo 15, compie un illecito amministrativo ed è passibile di ammenda fino a EUR 36000 e, in caso di mancato pagamento della stessa, è passibile di pena detentiva fino a quattro settimane».

21

Ai sensi dell’articolo 19a della medesima legge, recante il titolo «Controllo e chiusura di una casa di prostituzione»:

«1.   Qualora, sulla base di circostanze concrete, sussista un fondato sospetto di violazione delle disposizioni amministrative di cui all’articolo 19, paragrafi 1 o 2, l’autorità competente e gli organi del servizio di pubblica sicurezza sono autorizzati ad (…) introdursi all’interno degli edifici e dei locali che in base alle apparenze servono all’esercizio illecito della prostituzione. I proprietari o locatari di tali edifici o locali sono tenuti a consentire un siffatto accesso ai propri edifici o locali. È autorizzato l’esercizio della coercizione diretta.

(…)

3.   Qualora, sulla base di circostanze concrete, sussista un fondato sospetto di violazione delle disposizioni amministrative di cui all’articolo 19, paragrafo 2, e si debba supporre che l’esercizio illecito di una casa di prostituzione prosegua, l’autorità competente, anche senza previo svolgimento di un procedimento, può assumere i provvedimenti necessari per porre fine all’esercizio della casa di prostituzione, e segnatamente ingiungere, direttamente sul posto, la chiusura della casa di prostituzione.

4.   Su istanza del soggetto che sino a quel momento gestiva i locali o del proprietario dei locali che sono stati utilizzati come casa di prostituzione, l’autorità competente è tenuta ad adottare una decisione di revoca delle misure adottate ai sensi del paragrafo 3 qualora il richiedente

a)

possa produrre un’autorizzazione di gestione di una casa di prostituzione, o se

b)

possa garantire che, dopo l’annullamento delle misure di cui al paragrafo 3, non verrà ripresa l’attività di gestione della casa di prostituzione».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

22

PI, cittadina bulgara, proponeva servizi di massaggio, in conformità alla licenza professionale rilasciatale il 9 febbraio 2011 dallo Stadtmagistrat Innsbruck (amministrazione comunale di Innsbruck, Austria). Essa gestiva un salone per massaggi situato nella stessa città.

23

Il 12 dicembre 2017 due agenti di polizia della direzione regionale hanno effettuato un controllo presso il salone per massaggi di PI. Convinti che, nel salone di cui trattasi, fossero offerti ai clienti servizi di natura sessuale, vale a dire massaggi nudi e massaggi erotici, detti agenti hanno deciso il giorno stesso, verso le ore 20:30, di chiudere il salone di cui trattasi sulla base di un sospetto di violazione dell’articolo 19, paragrafo 2, della legge di polizia (in prosieguo: la «decisione del 12 dicembre 2017»). Sul salone in questione sono stati di conseguenza apposti sigilli ufficiali.

24

PI è stata informata verbalmente della decisione stessa immediatamente prima della chiusura del suo salone. Non le è stata notificata alcuna conferma della chiusura in parola ed essa non ha ricevuto alcun documento che illustrasse i motivi dell’adozione di tale decisione.

25

Il 13 dicembre 2017 PI ha incaricato un legale di tutelare i suoi interessi e, nei giorni successivi, questi ha più volte tentato di ottenere l’accesso al fascicolo della polizia. L’accesso stesso gli è stato tuttavia negato con la motivazione che, nel caso di misure amministrative come quelle di cui PI era stata oggetto, l’accesso in questione non era autorizzato, tenuto conto della mancanza di avvio di un procedimento penale nei confronti della stessa.

26

Il 14 dicembre 2017 PI ha chiesto l’annullamento della decisione del 12 dicembre 2017 e, in data 29 dicembre 2017, la direzione regionale ha deciso di accogliere tale istanza. La decisione adottata da tale autorità amministrativa non conteneva alcuna motivazione relativa alla chiusura, né le ragioni che avevano condotto all’annullamento della decisione del 12 dicembre 2017.

27

Il 18 dicembre 2017 PI ha proposto dinanzi al giudice del rinvio, il Landesverwaltungsgericht Tirol (Tribunale amministrativo regionale del Tirolo, Austria), un ricorso volto a ottenere l’accertamento dell’illegittimità della chiusura del suo salone di massaggi.

28

Poiché la direzione regionale ha omesso di comunicargli i documenti e gli elementi fattuali rilevanti ai fini del procedimento in questione, il giudice del rinvio ha esso stesso proceduto all’accertamento di tali circostanze fattuali.

29

Tale giudice rileva che, in base alla normativa nazionale, una decisione attinente alla chiusura di un esercizio commerciale, quale il salone di massaggi di PI, produce i suoi effetti sin dal momento della sua adozione. Posto che l’obiettivo di tale normativa è contrastare la prostituzione illegale, sarebbe necessario che le autorità competenti potessero adottare provvedimenti nell’ambito del loro potere di ingiunzione e di coercizione.

30

Una tale decisione potrebbe essere annullata, su richiesta del soggetto interessato, o dall’autorità amministrativa, in questo caso la direzione regionale, con efficacia ex nunc, ovvero da un giudice, nel caso di specie il giudice del rinvio, il quale può verificare la legittimità di tale decisione.

31

Tuttavia, a differenza di altri procedimenti nazionali che implicano l’esercizio del potere di ingiunzione e di coercizione delle autorità, la normativa che disciplina la procedura di cui trattasi nel procedimento principale non richiederebbe che tali autorità, a seguito dell’esercizio del potere sopra descritto, motivino la loro decisione per iscritto. Orbene, l’obbligo di motivare per iscritto una decisione adottata nell’esercizio del medesimo potere mirerebbe a costringere l’autorità in questione a verificare, nuovamente, la legittimità del proprio intervento.

32

Il giudice del rinvio ritiene che, in mancanza di un documento scritto che esponga i motivi a sostegno della decisione assunta dall’autorità competente nell’ambito di una procedura come quella di cui trattasi nel procedimento principale, il destinatario di tale decisione si veda negata la possibilità di consultare il fascicolo che lo riguarda, di prendere conoscenza delle prove acquisite da tale autorità e di esprimere il proprio punto di vista in proposito. È solo indirettamente, nell’ambito di un ricorso proposto avverso i provvedimenti adottati da tale autorità, che il destinatario stesso potrebbe essere informato dei motivi in base ai quali l’autorità stessa ha sospettato il compimento di un atto illegittimo.

33

Inoltre, le possibilità di impugnare la decisione in questione non sarebbero sufficienti.

34

Invero, in conformità all’articolo 19a, paragrafo 4, della legge di polizia, l’annullamento, da parte dell’autorità competente, della propria decisione relativa alla chiusura dell’attività in questione può aver luogo solo in due casi, vale a dire nel caso in cui il destinatario di tale decisione possa produrre un’autorizzazione di gestione di una casa di prostituzione, ovvero possa fornire garanzie quanto al fatto che non vi sarà una ripresa della gestione della casa di prostituzione dopo l’annullamento della decisione di chiusura.

35

Tuttavia, per quanto riguarda la decisione del 12 dicembre 2017, il giudice del rinvio non sarebbe legittimato ad esercitare alcun controllo quanto alla fondatezza delle circostanze fattuali all’origine della decisione stessa, atteso che detto giudice è competente solo a valutare se, nel caso di specie, un agente di polizia potesse a buon diritto sospettare l’esistenza di un’attività illecita.

36

In tale contesto, il Landesverwaltungsgericht Tirol (tribunale amministrativo regionale del Tirolo) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 15, paragrafo 2, della [Carta] debba essere inteso nel senso che esso osta a una normativa nazionale che consente, come l’articolo 19[a], paragrafo 3, della [legge di polizia], che gli organi di un’autorità amministrativa possano disporre, anche senza previo procedimento amministrativo, provvedimenti diretti, quali, segnatamente, la chiusura di un’attività decisa sul posto, seppure non si tratti di provvedimenti meramente temporanei.

2)

Se l’articolo 47 della [Carta], eventualmente in combinato disposto con gli articoli 41 e 52 della medesima [Carta], debba essere inteso, sotto l’aspetto della parità di armi e quello del diritto a un ricorso effettivo, nel senso che esso osta a una normativa nazionale che prevede, come disposto dall’articolo 19[a], paragrafi 3 e 4, del[la legge di polizia], provvedimenti di fatto adottati nell’esercizio diretto del potere amministrativo, quali in particolare chiusure aziendali, in assenza di documentazione e senza conferma nei confronti di un soggetto interessato.

3)

Se l’articolo 47 della [Carta], eventualmente in combinato disposto con gli articoli 41 e 52 della medesima, debba essere inteso, sotto l’aspetto della parità di armi, nel senso che esso osta a una normativa nazionale che richiede, come disposto dall’articolo 19[a], paragrafi 3 e 4, del[la legge di polizia], per la revoca di provvedimenti di fatto adottati nell’esercizio diretto del potere amministrativo, senza un procedimento, quali in particolare le chiusure aziendali, che il soggetto interessato da tali provvedimenti presenti una domanda motivata per la revoca di detta chiusura.

4)

Se l’articolo 47 della [Carta], in combinato disposto con l’articolo 52 della medesima, debba essere inteso, in relazione a un ricorso effettivo, nel senso che esso osta a una normativa nazionale che, come l’articolo 19[a], paragrafo 4, del[la legge di polizia], nel caso di un provvedimento coercitivo sotto forma di una chiusura aziendale, limita il diritto di presentare una domanda di revoca solo a determinate condizioni».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla ricevibilità

37

Nelle osservazioni scritte, il governo austriaco sostiene che la quarta questione è irricevibile, come anche, in parte, la seconda e la terza questione, laddove queste ultime si riferiscono all’articolo 19a, paragrafo 4, della legge di polizia, che prevede la possibilità, per un’autorità competente, di annullare le misure di cui trattasi.

38

Infatti, la direzione regionale avrebbe ritirato il provvedimento di chiusura del salone di PI e ordinato la rimozione dei sigilli ufficiali apposti al salone stesso. In tali circostanze, la disposizione citata al punto precedente non sarebbe più applicabile nel procedimento principale, che ha ad oggetto un controllo di natura non amministrativa, bensì giudiziaria, dei provvedimenti in questione.

39

A tal riguardo, si deve rilevare che, come risulta dal fascicolo sottoposto alla Corte, il procedimento principale verte sul controllo della legittimità della decisione del 12 dicembre 2017, che ha ingiunto la chiusura del salone di PI, dal momento che il ricorso avverso tale decisione è stato proposto prima che quest’ultima fosse annullata, in data 29 dicembre 2017, dalla direzione regionale.

40

Occorre altresì ricordare che, secondo costante giurisprudenza della Corte, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità, e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il diniego, da parte della Corte, di pronunciarsi su una domanda proposta da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia principale, qualora la questione sia di tipo ipotetico, o ancora quando la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte nonché per comprendere le ragioni per le quali il giudice nazionale ritiene di aver bisogno delle risposte a tali questioni ai fini di risolvere la controversia pendente dinanzi ad esso (sentenza del 14 febbraio 2019, Milivojević, C‑630/17, EU:C:2019:123, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

41

Nella presente causa, si deve rilevare che il giudice del rinvio è il più qualificato per valutare l’esistenza, alla luce del diritto nazionale, dell’interesse ad agire di PI. Si deve pertanto dichiarare che le questioni dalla seconda alla quarta sono ricevibili.

Osservazioni preliminari

42

Occorre preliminarmente ricordare che, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita all’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito. In tale prospettiva, spetta alla Corte, se necessario, riformulare le questioni che le sono sottoposte. La Corte ha difatti il compito di interpretare tutte le norme del diritto dell’Unione che possano essere utili ai giudici nazionali al fine di dirimere le controversie di cui sono investiti, anche qualora tali norme non siano espressamente indicate nelle questioni ad essa sottoposte da detti giudici (sentenza del 19 dicembre 2018, AREX CZ, C‑414/17, EU:C:2018:1027, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

43

Nella causa in esame, benché formalmente il giudice del rinvio abbia limitato le sue questioni all’interpretazione dell’articolo 15, paragrafo 2, nonché degli articoli 41, 47 e 52 della Carta, ciò non impedisce alla Corte di fornirgli tutti gli elementi interpretativi del diritto dell’Unione che possano essere utili per definire la controversia di cui è investito, a prescindere dal fatto che il detto giudice vi abbia fatto riferimento o meno nel formulare le proprie questioni. A tal proposito, la Corte è tenuta a trarre dall’insieme degli elementi forniti dal giudice nazionale e, in particolare, dalla motivazione della decisione di rinvio, gli elementi di detto diritto che richiedono un’interpretazione, tenuto conto dell’oggetto della controversia (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2018, AREX CZ, C‑414/17, EU:C:2018:1027, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

44

Come emerge dal fascicolo sottoposto alla Corte, PI, cittadina bulgara, esercita in Austria un’attività indipendente, vale a dire la gestione di un salone di massaggi.

45

Al fine di statuire sul ricorso di cui è investito, il giudice del rinvio desidera sapere se il diritto dell’Unione osti a una normativa nazionale che preveda che un esercizio commerciale, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, possa essere chiuso con effetto immediato mediante una decisione di un’autorità nazionale, in quanto quest’ultima sospetti lo svolgimento, all’interno dello stesso, senza la necessaria autorizzazione, di un’attività di prostituzione, senza tuttavia garantire alla persona che gestisce tale esercizio il rispetto di taluni diritti procedurali.

46

A tal riguardo si deve rilevare, in limine, che l’attività descritta al punto 44 della presente sentenza costituisce un servizio ai sensi dell’articolo 57 TFUE, dal momento che essa è esercitata sul territorio di uno Stato membro da parte di una cittadina di un altro Stato membro. Inoltre, la gestione di un salone di massaggi sul territorio di un altro Stato membro rientra nell’ambito di applicazione della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi, ai sensi degli articoli 49 e seguenti TFUE.

47

Supponendo che l’attività di PI comprenda altresì la gestione di un esercizio nel cui ambito si propongono servizi di prostituzione, occorre rammentare che la prostituzione costituisce una prestazione di servizi retribuita (sentenza del 20 novembre 2001, Jany e a., C‑268/99, EU:C:2001:616, punto 49), mentre un’attività consistente nella gestione di una casa di prostituzione rientra nella libertà di stabilimento, ai sensi dell’articolo 49 TFUE e degli articoli da 9 a 15 della direttiva 2006/123, qualora essa sia esercitata dal prestatore per un periodo di tempo indeterminato e mediante un’infrastruttura stabile (v., in tal senso, sentenza del 1o ottobre 2015, Trijber e Harmsen, C‑340/14 e C‑341/14, EU:C:2015:641, punti da 67 a 77).

48

Pertanto, ove risultasse che, nel caso di specie, l’attività di PI è esercitata per un periodo di tempo indeterminato e mediante un’infrastruttura stabile, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, tale attività rientrerebbe nell’ambito di applicazione della libertà di stabilimento, ai sensi dell’articolo 49 TFUE e degli articoli da 9 a 15 della direttiva 2006/123.

49

Risulta dalla decisione di rinvio che la normativa nazionale applicabile nel procedimento principale subordina l’esercizio della prostituzione al requisito di un’autorizzazione.

50

Per quanto riguarda la direttiva 2006/123, i cui articoli da 9 a 13 prevedono le condizioni che un regime di autorizzazione deve soddisfare, occorre rilevare che le questioni sollevate nell’ambito della domanda di pronuncia pregiudiziale in esame non vertono sulla legittimità del regime nazionale che disciplina l’esercizio delle attività di prostituzione in quanto tale, bensì sulla conformità al diritto dell’Unione di un provvedimento di chiusura di un esercizio commerciale adottato senza determinate garanzie procedurali.

51

In tali circostanze, occorre rispondere alle questioni sollevate tenendo conto dell’articolo 49 TFUE e non della direttiva 2006/123.

52

Quanto all’articolo 15, paragrafo 2, della Carta, cui si riferisce la prima questione, esso riconosce segnatamente la libertà di stabilirsi o di prestare servizi in qualunque Stato membro.

53

Emerge dalle spiegazioni relative alla Carta, le quali, conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, terzo comma, TUE e all’articolo 52, paragrafo 7, della Carta, devono essere prese in considerazione ai fini della sua interpretazione, che l’articolo 15, paragrafo 2, della Carta riprende le tre libertà garantite dagli articoli 26, 45, 49 e 56 TFUE, ossia la libera circolazione dei lavoratori, la libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi.

54

A tale riguardo occorre osservare che, sebbene il giudice del rinvio non menzioni nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale l’articolo 16 della Carta, risulta dalla giurisprudenza della Corte che tale disposizione fa riferimento, in particolare, all’articolo 49 TFUE, che garantisce l’esercizio della libertà fondamentale di stabilimento (v., in tal senso, sentenza del 13 febbraio 2014, Sokoll-Seebacher, C‑367/12, EU:C:2014:68, punto 22).

55

Di conseguenza, il riferimento, per quanto riguarda la libertà di stabilimento, all’articolo 15, paragrafo 2, della Carta, implica, nell’ambito del procedimento principale, la valutazione del rispetto di tale libertà anche alla luce dell’articolo 16 della stessa.

56

Quanto all’articolo 41 della Carta, richiamato dalla seconda e dalla terza questione, occorre rilevare che si evince chiaramente dal tenore letterale di quest’ultima disposizione che essa non si rivolge agli Stati membri, ma unicamente alle istituzioni, agli organi e agli organismi dell’Unione (sentenza del 13 settembre 2018, UBS Europe e a., C‑358/16, EU:C:2018:715, punto 28 e giurisprudenza ivi citata). Ne consegue che l’articolo 41 della Carta non è rilevante ai fini del procedimento principale.

57

La citata disposizione riflette tuttavia un principio generale del diritto dell’Unione, secondo cui il diritto a una buona amministrazione comprende l’obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni (v., in tal senso, sentenza del 17 luglio 2014, YS e a., C‑141/12 e C‑372/12, EU:C:2014:2081, punto 68). L’obbligo per l’amministrazione di motivare una decisione in modo sufficientemente dettagliato e concreto al fine di consentire all’interessato di comprendere le ragioni del provvedimento individuale che gli arreca pregiudizio costituisce pertanto il corollario del principio del rispetto dei diritti della difesa, principio generale del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 22 novembre 2012, M., C‑277/11, EU:C:2012:744, punto 88, e dell’11 dicembre 2014, Boudjlida, C‑249/13, EU:C:2014:2431, punto 38).

58

Da quanto precede risulta pertanto che, con le sue questioni, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 49 TFUE, l’articolo 15, paragrafo 2, e gli articoli 16, 47 e 52 della Carta, nonché il principio generale del diritto a una buona amministrazione, debbano essere interpretati nel senso che, in circostanze quali quelle di cui trattasi nel procedimento principale, essi ostano ad una normativa nazionale che preveda la possibilità, per un’autorità amministrativa, di decidere di chiudere con effetto immediato un esercizio commerciale, in quanto sospetti l’esercizio, all’interno dello stesso, di un’attività di prostituzione senza l’autorizzazione richiesta dalla detta normativa nazionale, in quanto quest’ultima, in primo luogo, non richiede che tale decisione sia motivata, in fatto e in diritto, per iscritto e comunicata al suo destinatario; in secondo luogo, esige che l’istanza, formulata dal destinatario stesso e volta all’annullamento di tale decisione, sia, da parte sua, motivata, e, in terzo luogo, limita i motivi sulla cui base l’organo amministrativo competente può annullare la decisione stessa.

Sulle questioni

59

Secondo una giurisprudenza costante della Corte, costituisce una restrizione ai sensi dell’articolo 49 TFUE ogni provvedimento nazionale che, pur se applicabile senza discriminazioni in base alla cittadinanza, vieti, ostacoli o renda meno allettante l’esercizio, da parte dei cittadini dell’Unione, della libertà di stabilimento garantita dal trattato (sentenza del 14 novembre 2018, Memoria e Dall’Antonia, C‑342/17, EU:C:2018:906, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

60

Nella specie, una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede che un’autorità amministrativa possa decidere di chiudere con effetto immediato un esercizio commerciale, in quanto sospetti l’esercizio, all’interno dello stesso, di un’attività di prostituzione senza l’autorizzazione richiesta da tale normativa, può avere conseguenze negative sul fatturato e sulla continuazione dell’attività professionale, in particolare per quanto riguarda il rapporto con i clienti che beneficiano dei servizi di cui trattasi. Di conseguenza, tale normativa è idonea a ostacolare o a dissuadere persone provenienti da altri Stati membri che desiderino stabilirsi nel Land Tirolo (Austria) per ivi esercitare un’attività professionale quale quella di cui trattasi nella causa principale (v., per analogia, sentenza del 5 novembre 2014, Somova, C‑103/13, EU:C:2014:2334, punti da 41 a 45).

61

Ne consegue che la normativa suddetta costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento, ai sensi dell’articolo 49 TFUE.

62

Conformemente a una giurisprudenza costante della Corte, una restrizione alla libertà di stabilimento stabilita all’articolo 49 TFUE può essere giustificata, a condizione che essa si applichi senza discriminazioni basate sulla cittadinanza, per ragioni imperative di interesse generale, purché sia idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non ecceda quanto necessario per conseguirlo (sentenza del 14 novembre 2018, Memoria e Dall’Antonia, C‑342/17, EU:C:2018:906, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).

63

È parimenti costante giurisprudenza che i diritti fondamentali garantiti dalla Carta sono applicabili a tutte le situazioni regolate dal diritto dell’Unione e che, quindi, essi devono essere rispettati, segnatamente, allorché una normativa nazionale rientra nell’ambito di applicazione di tale diritto (sentenza del 21 dicembre 2016, AGET Iraklis, C‑201/15, EU:C:2016:972, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).

64

Ciò si verifica in particolare allorché una normativa nazionale è atta ad ostacolare una o più libertà fondamentali garantite dal Trattato e allorché lo Stato membro interessato adduce ragioni imperative di interesse generale per giustificare siffatto ostacolo. In una simile ipotesi, la normativa nazionale considerata potrà beneficiare delle eccezioni previste solo se è conforme ai diritti fondamentali di cui la Corte garantisce il rispetto (sentenza del 21 dicembre 2016, AGET Iraklis, C‑201/15, EU:C:2016:972, punto 63 e giurisprudenza ivi citata).

65

Nel caso di specie, poiché la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale rappresenta, come emerge dal punto 61 della presente sentenza, una restrizione alla libertà di stabilimento, ai sensi dell’articolo 49 TFUE, essa comporta altresì una limitazione all’esercizio della libertà di stabilimento e della libertà d’impresa, sancite rispettivamente all’articolo 15, paragrafo 2, e all’articolo 16 della Carta.

66

Nel contempo, l’articolo 52, paragrafo 1, della Carta consente che siano apportate limitazioni all’esercizio dei diritti sanciti da quest’ultima, purché tali limitazioni siano previste dalla legge, rispettino il contenuto essenziale di detti diritti e libertà e, nel rispetto del principio di proporzionalità, siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui (sentenza del 21 dicembre 2016, AGET Iraklis, C‑201/15, EU:C:2016:972, punto 70 e giurisprudenza ivi citata).

67

Nel caso di specie, il governo austriaco afferma che tale normativa nazionale è necessaria per la prevenzione di attività criminali connesse alla prostituzione, nonché ai fini della tutela della salute umana.

68

Posto che nel Land del Tirolo l’esercizio della prostituzione non è vietato, esso sarebbe soggetto ad un controllo e a talune limitazioni previsti nell’interesse generale. A tal fine, la citata normativa nazionale sottoporrebbe, segnatamente, tale attività ad autorizzazione. Inoltre, le persone che la esercitano sarebbero soggette a specifiche prescrizioni in materia sanitaria e a un controllo regolare finalizzato ad individuare le malattie sessualmente trasmissibili, compreso l’AIDS, nonché la tubercolosi.

69

Atteso che la prostituzione illegale sfugge a siffatto controllo, essa presenta, a parere di tale governo, un rischio per la salute delle persone che la esercitano, per i loro clienti, nonché, in generale, per la società.

70

A tal riguardo, si deve ricordare che la prevenzione del compimento di reati nei confronti delle persone che si prostituiscono, in particolare, la tratta di esseri umani, la prostituzione forzata e la prostituzione minorile rappresenta una ragione imperativa di interesse generale (v., in tal senso, sentenza del 1o ottobre 2015, Trijber e Harmsen, C‑340/14 e C‑341/14, EU:C:2015:641, punto 68).

71

Inoltre, deriva da una costante giurisprudenza della Corte che la tutela della sanità pubblica figura tra le ragioni imperative di interesse generale riconosciute dal diritto dell’Unione (sentenza del 1o marzo 2018, CMVRO, C‑297/16, EU:C:2018:141, punto 57).

72

La tutela della salute è altresì garantita dall’articolo 35 della Carta, ai sensi del quale ogni persona ha il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali.

73

Nel caso di specie, la prestazione di servizi consistente nello svolgere attività di prostituzione, anche per un breve periodo, nell’ambito di un esercizio commerciale non registrato e, pertanto, non munito di un’autorizzazione concessa da un’autorità pubblica di uno Stato membro, non consente di garantire il controllo adeguato, ad opera delle autorità competenti, di tali attività all’interno dell’esercizio di cui trattasi e può quindi aumentare il rischio, per le persone che vi esercitano le loro attività, di essere vittime di reati.

74

Del pari, la prestazione di tali servizi da parte di persone non soggette a specifiche prescrizioni in ambito sanitario e a un controllo regolare finalizzato all’individuazione delle malattie sessualmente trasmissibili può incrementare i rischi per la salute tanto delle persone che esercitano la prostituzione, quanto dei loro clienti, essendo pacifico che le malattie trasmissibili sessualmente non trattate causano un deterioramento delle condizioni di salute e che il fatto di essere portatore di una malattia trasmissibile sessualmente non trattata aumenta il rischio di contrarre un’altra malattia.

75

In tale contesto, la restrizione alla libertà di stabilimento determinata da una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che conferisce ad un’autorità amministrativa la competenza a decidere la chiusura con effetto immediato di un esercizio commerciale in quanto essa sospetti lo svolgimento, all’interno dello stesso, di un’attività di prostituzione senza l’autorizzazione richiesta da tale normativa, deve essere considerata giustificata da ragioni imperative di interesse generale e atta a garantire la realizzazione degli obiettivi perseguiti dalla normativa stessa, vale a dire la prevenzione del compimento di reati nei confronti delle persone che esercitano la prostituzione, nonché la tutela della salute pubblica.

76

Ciò premesso, occorre stabilire se la possibilità, per un’autorità amministrativa nazionale, di decidere la chiusura con effetto immediato di un esercizio commerciale in quanto sospetti lo svolgimento, all’interno dello stesso, di un’attività di prostituzione senza l’autorizzazione richiesta dalla normativa nazionale, possa essere considerata proporzionata agli obiettivi indicati al punto precedente.

77

A tal riguardo, una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede che un’autorità amministrativa possa decidere la chiusura con effetto immediato di un esercizio commerciale, per le ragioni sopra esposte, potrebbe essere considerata, in linea di principio, proporzionata alla luce di tali obiettivi. Tuttavia, nel caso di specie, la normativa stessa consente di disporre la chiusura di un esercizio senza alcuna motivazione, in fatto e in diritto, in forma scritta e comunicata al suo destinatario, pur esigendo, nel contempo, che la domanda di annullamento di una decisione attinente alla chiusura stessa sia motivata dall’interessato.

78

Emerge dalla giurisprudenza della Corte che l’efficacia del controllo giurisdizionale garantito dall’articolo 47 della Carta presuppone che l’interessato possa conoscere la motivazione della decisione adottata da un’autorità amministrativa nei suoi confronti, vuoi in base alla lettura della decisione stessa, vuoi a seguito di comunicazione della motivazione effettuata su sua richiesta, fermo restando il potere del giudice competente di richiedere all’autorità di cui trattasi la comunicazione della motivazione medesima, al fine di consentirgli di difendere i suoi diritti nelle migliori condizioni possibili e di decidere, con piena cognizione di causa, se gli sia utile adire il giudice competente, e per consentire pienamente a quest’ultimo di esercitare il controllo sulla legittimità della decisione nazionale in questione (sentenze del 4 giugno 2013, ZZ, C‑300/11, EU:C:2013:363, punto 53, e, in tal senso, del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund, C‑682/15, EU:C:2017:373, punto 84).

79

Inoltre, il diritto al contraddittorio in qualsiasi procedimento, che è sancito dagli articoli 47 e 48 della Carta e che costituisce parte integrante del rispetto dei diritti della difesa, principio generale del diritto dell’Unione, implica che l’amministrazione presti tutta l’attenzione necessaria alle osservazioni della persona coinvolta esaminando, in modo accurato e imparziale, tutti gli elementi rilevanti della fattispecie e motivando circostanziatamente la sua decisione, laddove l’obbligo di motivare una decisione in modo sufficientemente dettagliato e concreto, al fine di consentire all’interessato di comprendere le ragioni del diniego opposto alla sua domanda, costituisce un corollario del principio del rispetto dei diritti della difesa (v., in tal senso, sentenza del 5 novembre 2014, Mukarubega, C‑166/13, EU:C:2014:2336, punti 43, 4548).

80

L’obbligo di rispettare i diritti della difesa dei destinatari di decisioni che incidono in modo rilevante sui loro interessi incombe, dunque, in linea di principio sulle amministrazioni degli Stati membri ogniqualvolta esse adottano provvedimenti che rientrano nella sfera d’applicazione del diritto dell’Unione (sentenza del 5 novembre 2014, Mukarubega, C‑166/13, EU:C:2014:2336, punto 50).

81

Tale requisito della motivazione delle decisioni delle autorità amministrative nazionali è di particolare rilevanza nel contesto di una causa come quella di cui al procedimento principale, ove è necessario valutare il carattere giustificato e proporzionato di una restrizione alla libertà di stabilimento, ai sensi dell’articolo 49 TFUE, nonché alle libertà di stabilimento e di impresa, sancite, rispettivamente, dall’articolo 15, paragrafo 2, e dall’articolo 16 della Carta.

82

Infatti, per un verso, spetta ai giudici nazionali compiere una valutazione globale delle circostanze alla base dell’adozione e dell’attuazione di una normativa restrittiva sulla scorta degli elementi di prova forniti dalle autorità competenti dello Stato membro, volti a dimostrare la sussistenza di obiettivi idonei a legittimare un ostacolo a una libertà fondamentale garantita dal Trattato FUE e la proporzionalità di tale ostacolo (sentenza del 28 febbraio 2018, Sporting Odds, C‑3/17, EU:C:2018:130, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

83

Per altro verso, se è vero che tali giudici possono essere tenuti, in applicazione delle norme processuali nazionali, ad adottare le misure necessarie al fine di agevolare la produzione di detti elementi di prova, essi non possono invece essere tenuti a sostituirsi alle suddette autorità al fine di fornire le giustificazioni che tali autorità hanno l’obbligo di fornire. Qualora tali giustificazioni non siano fornite in ragione dell’assenza o della passività delle autorità summenzionate, i giudici nazionali devono poter trarre tutte le conseguenze derivanti da tale mancanza (sentenza del 28 febbraio 2018, Sporting Odds, C‑3/17, EU:C:2018:130, punto 54).

84

Nel caso di specie, atteso che la normativa nazionale non richiede che la decisione che dispone la chiusura con effetto immediato di un esercizio commerciale, quale quello di cui trattasi nel procedimento principale, sia debitamente motivata, in fatto e in diritto, in forma scritta e comunicata al suo destinatario, essa non soddisfa i requisiti stabiliti dalla giurisprudenza citata ai punti da 78 a 83 della presente sentenza.

85

Invero, la normativa in esame non garantisce che il destinatario di tale decisione possa conoscere i motivi su cui essa si fonda, al fine di consentirgli di difendere i suoi diritti nelle migliori condizioni possibili e di decidere se gli sia utile adire il giudice competente. Nella specie, dunque, la normativa stessa non consente di garantire l’effettività del controllo giurisdizionale, né il rispetto dei diritti della difesa, garantiti dagli articoli 47 e 48 della Carta e dai principi generali del diritto dell’Unione.

86

Per quanto riguarda il requisito, previsto dalla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, secondo cui qualsiasi domanda di annullamento di una decisione di chiusura di un esercizio deve essere debitamente motivata dall’interessato, occorre rilevare che tale requisito è sproporzionato, in considerazione del fatto che, invece, quella stessa normativa non prevede l’obbligo di motivare una siffatta decisione.

87

A tale proposito, esigere che il destinatario di una decisione amministrativa motivi la sua domanda diretta all’annullamento della decisione stessa, quando invece quest’ultima non è, dal canto suo, motivata, pregiudica il diritto del citato destinatario a un ricorso effettivo e all’accesso a un giudice, nonché i suoi diritti della difesa.

88

Per quanto riguarda la limitazione, di cui all’articolo 19a, paragrafo 4, della legge di polizia, dei motivi atti a giustificare l’annullamento, da parte di un organismo amministrativo, della decisione di chiusura di un esercizio commerciale, si deve ricordare che tale decisione è annullabile qualora il destinatario della stessa possa produrre un’autorizzazione all’esercizio di una casa di prostituzione, ovvero possa garantire che non vi sarà una ripresa dell’esercizio della casa di prostituzione a seguito di tale annullamento.

89

Supponendo che tale disposizione della legge di polizia sia applicabile al procedimento principale, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, non risulta che la limitazione di cui al punto precedente sia sproporzionata alla luce degli obiettivi perseguiti da una siffatta legge, vale a dire la prevenzione della commissione di reati a danno delle persone che esercitano la prostituzione, nonché la tutela della salute pubblica.

90

Invero, poiché, come rilevato ai punti da 73 a 75 della presente sentenza, la possibilità di chiudere con effetto immediato un esercizio commerciale in quanto l’autorità competente sospetti lo svolgimento, all’interno dello stesso, di un’attività di prostituzione senza l’autorizzazione richiesta a tal fine, è giustificata dai citati obiettivi, la limitazione di cui all’articolo 19a, paragrafo 4, della legge di polizia deve essere considerata come una logica conseguenza del divieto, previsto dalla normativa in questione, di gestire una casa di prostituzione senza un’autorizzazione siffatta.

91

Alla luce di quanto sopra esposto, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che l’articolo 49 TFUE, l’articolo 15, paragrafo 2, e gli articoli 16, 47 e 52 della Carta, nonché il principio generale del diritto a una buona amministrazione devono essere interpretati nel senso che, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, essi ostano ad una normativa nazionale che preveda la possibilità, per un’autorità amministrativa, di decidere di chiudere con effetto immediato un esercizio commerciale in quanto sospetti lo svolgimento, al suo interno, di un’attività di prostituzione senza l’autorizzazione richiesta dalla normativa stessa, nei limiti in cui quest’ultima normativa, per un verso, non esige che una siffatta decisione sia motivata, in fatto e in diritto, per iscritto e sia comunicata al suo destinatario e, per altro verso, impone che un’istanza formulata dal citato destinatario per ottenere l’annullamento della decisione stessa sia, dal canto suo, motivata.

Sulle spese

92

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara:

 

L’articolo 49 TFUE, l’articolo 15, paragrafo 2, e gli articoli 16, 47 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché il principio generale del diritto a una buona amministrazione devono essere interpretati nel senso che, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, essi ostano ad una normativa nazionale che preveda la possibilità, per un’autorità amministrativa, di decidere di chiudere con effetto immediato un esercizio commerciale in quanto sospetti lo svolgimento, al suo interno, di un’attività di prostituzione senza l’autorizzazione richiesta dalla normativa stessa, nei limiti in cui quest’ultima normativa, per un verso, non esige che una siffatta decisione sia motivata, in fatto e in diritto, per iscritto e sia comunicata al suo destinatario e, per altro verso, impone che un’istanza formulata dal citato destinatario per ottenere l’annullamento della decisione stessa sia, dal canto suo, motivata.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.