SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)

12 settembre 2019 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Articolo 56 TFUE – Libera prestazione dei servizi – Distacco di lavoratori – Conservazione e traduzione della documentazione salariale – Permesso di lavoro – Sanzioni – Proporzionalità – Ammende di importo minimo predefinito – Cumulo – Assenza di un massimale – Spese giudiziarie – Pena detentiva sostitutiva»

Nelle cause riunite C‑64/18, C‑140/18, C‑146/18 e C‑148/18,

aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Landesverwaltungsgericht Steiermark (tribunale amministrativo regionale della Stiria, Austria), con decisioni del 25 gennaio 2018 (C‑64/18), del 31 gennaio 2018 (C‑140/18) e del 16 febbraio 2018 (C‑146/18 e C‑148/18), pervenute in cancelleria il 1o febbraio 2018 (C‑64/18), il 22 febbraio 2018 (C‑140/18) e il 23 febbraio 2018 (C‑146/18 e C‑148/18), nei procedimenti

Zoran Maksimovic (C‑64/18),

Humbert Jörg Köfler (C‑140/18, C‑146/18 e C‑148/18),

Wolfgang Leitner (C‑140/18 e C‑148/18),

Joachim Schönbeck (C‑140/18 e C‑148/18),

Wolfgang Semper (C‑140/18 e C‑148/18)

contro

Bezirkshauptmannschaft Murtal,

con l’intervento di:

Finanzpolizei,

LA CORTE (Sesta Sezione),

composta da C. Toader, presidente di sezione, L. Bay Larsen (relatore) e M. Safjan, giudici,

avvocato generale: M. Bobek

cancelliere: M. Krausenböck, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 6 maggio 2019,

considerate le osservazioni presentate:

per Z. Maksimovic, da R. Grilc, R. Vouk, M. Škof, M. Ranc e S. Grilc, Rechtsanwälte;

per H.J. Köfler, W. Leitner, J. Schönbeck e W. Semper, da E. Oberhammer e P. Pardatscher, Rechtsanwälte;

per la Finanzpolizei, da B. Schlögl, in qualità di agente;

per il governo austriaco, da G. Hesse, in qualità di agente;

per il governo ceco, da M. Smolek, J. Vláčil, J. Pavliš e L. Dvořáková, in qualità di agenti;

per il governo croato, inizialmente da T. Galli, successivamente da M. Vidović, in qualità di agenti;

per il governo ungherese, da M.Z. Fehér, G. Tornyai e G. Koós, in qualità di agenti;

per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

per il governo sloveno, da A. Grum e J. Morela, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da M. Kellerbauer, L. Malferrari e H. Krämer, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione dell’articolo 56 TFUE, degli articoli 47 e 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), della direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi (GU 1997, L 18, pag. 1), nonché della direttiva 2014/67/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, concernente l’applicazione della direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi e recante modifica del regolamento (UE) n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno («regolamento IMI») (GU 2014, L 159, pag. 11).

2

Tali domande sono state presentate nell’ambito di controversie tra i sigg. Zoran Maksimovic, Humbert Jörg Köfler, Wolfgang Leitner, Joachim Schönbeck e Wolfgang Semper da una parte, e la Bezirkshauptmannschaft Murtal (autorità amministrativa del distretto di Murtal, Austria) dall’altra, in merito ad ammende ad essi inflitte da quest’ultima per diverse violazioni delle disposizioni in materia di diritto del lavoro austriaco.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

Direttiva 2006/123/CE

3

Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 6, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU 2006, L 376, pag. 36):

«La presente direttiva non pregiudica la legislazione del lavoro, segnatamente le disposizioni giuridiche o contrattuali che disciplinano le condizioni di occupazione, le condizioni di lavoro, compresa la salute e la sicurezza sul posto di lavoro, e il rapporto tra datori di lavoro e lavoratori, che gli Stati membri applicano in conformità del diritto nazionale che rispetta il diritto comunitario. Parimenti, la presente direttiva non incide sulla normativa degli Stati membri in materia di sicurezza sociale».

Direttiva 2014/67

4

L’articolo 23, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2014/67 prevede quanto segue:

«Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 18 giugno 2016. Essi ne informano immediatamente la Commissione».

Diritto austriaco

5

L’articolo 7d dell’Arbeitsvertragsrechts-Anpassungsgesetz (legge recante adeguamento della normativa in materia di contratti di lavoro, BGBl., 459/1993), nella sua versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: l’«AVRAG»), così prevede:

«1.   Per il periodo del distacco (…), i datori di lavoro (…) devono tenere a disposizione, presso il luogo di lavoro (di impiego) in lingua tedesca, complessivamente (…) il contratto di lavoro o la scheda professionale del lavoratore (…), la busta paga, le attestazioni del pagamento della retribuzione (…), per la verifica del compenso spettante al lavoratore distaccato o alla lavoratrice distaccata per la durata di occupazione in base alla normativa austriaca (…)

2.   In caso di cessione temporanea transfrontaliera di lavoratori, l’obbligo di tenere a disposizione la documentazione salariale grava sul datore di lavoro nazionale. Il fornitore del personale è tenuto a mettere comprovatamente a disposizione del datore di lavoro la documentazione di cui trattasi.

(…)».

6

L’articolo 7i, paragrafo 4, dell’AVRAG è formulato come segue:

«Chiunque,

1.

nella veste di datore di lavoro (…) in violazione dell’articolo 7d non tiene a disposizione la documentazione salariale, oppure

2.

in caso di cessione temporanea transfrontaliera di lavoratori, quale fornitore del personale, in violazione dell’articolo 7d, paragrafo 2, non mette comprovatamente a disposizione del datore di lavoro la documentazione salariale, oppure

3.

in caso di cessione temporanea transfrontaliera di lavoratori, in violazione dell’articolo 7d, paragrafo 2, quale datore di lavoro non tiene a disposizione la documentazione salariale,

commette un illecito amministrativo e, per ogni lavoratore, deve essere sanzionato dall’autorità amministrativa distrettuale con un’ammenda compresa tra EUR 1000 ed EUR 10000, oppure, in caso di recidiva, tra EUR 2000 ed EUR 20000; ove siano interessati più di tre lavoratori, l’ammenda è compresa, per ciascun lavoratore, tra EUR 2000 ed EUR 20000, in caso di recidiva, tra EUR 4000 ed EUR 50000».

7

L’articolo 28, paragrafo 1, dell’Ausländerbeschäftigungsgesetz (legge sull’assunzione di lavoratori stranieri, BGBl., 218/1975), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: l’«AuslBG»), è formulato come segue:

«Se il fatto non costituisce una condotta punibile rientrante nella competenza degli organi giurisdizionali (articolo 28c)

1.

chi

a)

in violazione dell’articolo 3, impiega uno straniero per il quale non è stato né rilasciato un permesso di lavoro (…)

(…)

commette un illecito amministrativo e deve essere sanzionato dall’autorità amministrativa distrettuale, ove l’occupazione illegittima interessi non più di tre lavoratori stranieri, per ciascuno di essi con un’ammenda compresa tra EUR 1000 ed EUR 10000 o, in caso di recidiva o recidiva reiterata, tra EUR 2000 e EUR 20000; ove l’occupazione illegittima interessi più di tre lavoratori stranieri, per ciascuno di essi, con un’ammenda compresa tra EUR 2000 ed EUR 20000 o, in caso di recidiva o recidiva reiterata, tra EUR 4000 ed EUR 50000;

(…)».

8

L’articolo 52, paragrafi 1 e 2, del Verwaltungsgerichtsverfahrensgesetz (codice di procedura dei giudici amministrativi, BGBl. I, 33/2013), nella versione applicabile al procedimento principale, è formulato come segue:

«1.   In tutte le sentenze emesse dal giudice amministrativo con cui è confermato un provvedimento sanzionatorio, il giudice fissa l’importo delle spese che dovranno essere liquidate dal soggetto colpito dalla sanzione.

2.   Nel ricorso amministrativo, detto importo è pari al 20% della sanzione comminata e non può essere in ogni caso inferiore a dieci euro; nel caso di pene detentive, ai fini del calcolo delle spese, un giorno di pena detentiva corrisponde a EUR 100 (…)».

Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

9

Il 23 marzo 2014, nell’impianto della Zellstoff Pöls AG, sita in Pöls (Austria) si verificava un’esplosione che distruggeva ampie parti di un forno di combustione per il liscivio.

10

Con contratto dell’11 luglio 2014, la Zellstoff Pöl affidava all’Andritz AG, con sede in Austria, i lavori di risanamento e riavvio della caldaia.

11

Il 27 agosto 2014, la Andritz incaricava la Bilfinger Duro Dakovic Montaza d.o.o. (in prosieguo: la «Bilfinger»), con sede in Croazia, dello smantellamento e del montaggio meccanico della caldaia. Per l’esecuzione di questi lavori quest’ultima distaccava alcuni lavoratori in Austria, per i quali le autorità competenti austriache emettevano delle attestazioni di distacco europeo.

12

Non riuscendo la Bilfinger a rispettare la data di fine lavori, pattuita per il 25 agosto 2015, la Bilfinger e la Andritz concordavano che la Brodmont d.o.o, con sede in Croazia, sarebbe intervenuta in sostituzione per completare i lavori inizialmente affidati alla Bilfinger. A tal fine veniva stipulato un contratto l’11 settembre 2015.

13

Tra il 14 settembre 2015 e il 30 ottobre 2015, sul cantiere di cui trattasi nel procedimento principale operavano 217 lavoratori per la Brodmont, dato che quest’ultima società aveva assorbito tutti i lavoratori impiegati dalla Bilfinger sul cantiere.

14

In data 27 settembre, 13 ottobre e 28 ottobre 2015, la Finanzpolizei (polizia finanziaria, Austria) effettuava controlli sul cantiere, in occasione dei quali non era possibile esibirle la documentazione salariale completa di ciascuno di tali 217 lavoratori.

15

Sulla base degli accertamenti effettuati dalla polizia finanziaria al momento di detti controlli, l’autorità amministrativa del distretto di Murtal infliggeva sanzioni amministrative ai ricorrenti nel procedimento principale. Tale autorità riteneva che non si trattasse di un distacco di lavoratori, ma di una cessione temporanea transfrontaliera di lavoratori dalla Brodmont alla Andritz. Dalle decisioni di rinvio risulta invece che non era stato loro contestato di essere venute meno agli obblighi di pagamento dei minimi salariali.

16

Con decisione del 19 aprile 2017, l’autorità amministrativa del distretto di Murtal infliggeva una sanzione pecuniaria per un totale di EUR 3255000 al sig. Maksimovic, amministratore della Brodmont. Essa riteneva che la Brodmont fosse venuta meno all’obbligo, quale fornitore dei 217 lavoratori, di mettere a disposizione della Andritz, la società utilizzatrice, la documentazione salariale di tali lavoratori, previsto dall’articolo 7d dell’AVRAG.

17

Con decisioni del 25 aprile e del 5 maggio 2017, detta autorità infliggeva altresì delle sanzioni pecuniarie di importo pari, rispettivamente, a EUR 2604000 e EUR 2400000 a ciascuno dei quattro membri del consiglio di amministrazione della Andritz, vale a dire i sigg. Köfler, Leitner, Schönbeck e Semper, a causa dell’inosservanza di alcuni obblighi, sanciti dall’articolo 7d dell’AVRAG e dall’articolo 28, paragrafo 1, punto 1, lettera a, dell’AuslBG, in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 1, dell’AuslBG, relativo alla conservazione della documentazione salariale che incombeva a tale società quale datore di lavoro di detti lavoratori nonché all’ottenimento delle autorizzazioni amministrative per 200 lavoratori croati, serbi o bosniaci. Il giudice del rinvio precisa che tali sanzioni pecuniarie sarebbero state convertite, in caso di mancato pagamento del loro importo, in pene detentive sostitutive, rispettivamente, di 1736 giorni e 1600 giorni.

18

I destinatari di tali sanzioni hanno presentato ricorso contro tali decisioni dinanzi al giudice del rinvio.

19

Tale giudice ha innanzitutto dubbi sulla conformità al principio del diritto dell’UE della proporzionalità delle sanzioni di una normativa, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che, sebbene lasci ai giudici un certo margine discrezionale nella determinazione della sanzione, riduce significativamente il margine discrezionale a causa della combinazione del principio del cumulo, della sussistenza di circostanze che incidono sulla sanzione e dell’elevata sanzione minima, sicché, anche se l’ammenda irrogata è la più bassa tra quelle imponibili, il suo importo complessivo è ancora molto elevato.

20

In seguito, il giudice del rinvio desidera sapere se sia conforme a detto principio di proporzionalità la possibilità di comminare una pena detentiva di diversi anni per sanzionare un illecito amministrativo colposo.

21

Tale giudice afferma infine che, in caso di rigetto del ricorso ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 2, del codice di procedura dei giudici amministrativi, nella sua versione applicabile al procedimento principale, il contributo alle spese del procedimento imposto ai ricorrenti dovrebbe essere pari al 20% della sanzione irrogata.

22

In tale contesto, il Landesverwaltungsgericht Tirol (tribunale amministrativo regionale della Stiria, Austria) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

Nella causa C‑64/18:

«1)

Se l’articolo 56 TFUE, la [direttiva 96/71] e la [direttiva 2014/67] debbano essere interpretati nel senso che ostino a una disposizione nazionale in base alla quale, in caso di violazioni di obblighi formali nel quadro dell’impiego di manodopera transfrontaliera, come la mancata messa a disposizione della documentazione salariale da parte del fornitore del personale al datore di lavoro, sono previste ammende molto elevate, in particolare, sanzioni minime di una certa entità applicate cumulativamente per ciascun lavoratore interessato.

2)

Ove non debba essere data risposta affermativa già alla prima questione:

Se l’articolo 56 TFUE, la [direttiva 96/71] e la [direttiva 2014/67] debbano essere interpretati nel senso che, in caso di violazioni di obblighi formali nel quadro dell’impiego di manodopera transfrontaliera, ostino all’irrogazione di ammende cumulative in mancanza di limiti massimi in termini assoluti».

Nella causa C‑140/18:

«1)

Se l’articolo 56 TFUE, la [direttiva 96/71] e la [direttiva 2014/67] debbano essere interpretati nel senso che ostino a una disposizione nazionale in base alla quale, in caso di violazioni di obblighi formali nel quadro dell’impiego di manodopera transfrontaliera, come la mancata messa a disposizione della documentazione salariale da parte del fornitore del personale al datore di lavoro, sono previste ammende molto elevate, in particolare, sanzioni minime di una certa entità applicate cumulativamente per ciascun lavoratore interessato.

2)

Ove non debba essere data risposta affermativa già alla prima questione:

Se l’articolo 56 TFUE, la [direttiva 96/71] e la [direttiva 2014/67] debbano essere interpretati nel senso che, in caso di violazioni di obblighi formali nel quadro dell’impiego di manodopera transfrontaliera, ostino all’irrogazione di ammende cumulative in mancanza di limiti massimi in termini assoluti.

3)

Ove non debba essere data risposta affermativa già alla prima o alla seconda questione:

Se l’articolo 49, paragrafo 3, della [Carta] debba essere interpretato nel senso che osti a una disposizione nazionale che per gli illeciti colposi prevede sanzioni pecuniarie senza previsione di massimale e pene detentive sostitutive pluriennali».

Nella causa C‑146/18:

«Se gli articoli 47 e 49 della [Carta] debbano essere interpretati nel senso che ostino a una disposizione nazionale che, con riguardo alle spese previste nel contesto di un procedimento di ricorso amministrativo, prevede in termini cogenti un importo pari al 20% della sanzione comminata».

Nella causa C‑148/18:

«Se l’articolo 49, paragrafo 3, della [Carta] debba essere interpretato nel senso che osti a una disposizione nazionale che, per gli illeciti colposi, prevede ammende senza previsione di massimale, in particolare sanzioni minime elevate, e pene detentive sostitutive pluriennali».

23

Con decisioni del presidente della Corte le cause C‑64/18, C‑140/18, C‑146/18 e C‑148/18 sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento, nonché della sentenza.

Sulle questioni pregiudiziali

24

Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 56 TFUE, gli articoli 47 e 49 della Carta, la direttiva 96/71 nonché la direttiva 2014/67 debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede, in caso di violazione degli obblighi del diritto del lavoro relativi all’ottenimento delle autorizzazioni amministrative e alla conservazione della documentazione salariale, l’irrogazione di ammende:

che non possono essere inferiori a un importo predefinito;

che sono state irrogate cumulativamente per ciascun lavoratore interessato e senza un massimale;

alle quali si aggiunge un contributo alle spese del procedimento pari al 20% del loro importo in caso rigetto del ricorso proposto avverso la decisione che le irroga, e

che sono convertite in pene detentive in caso di mancato pagamento.

Osservazioni preliminari

25

Si deve anzitutto rilevare che dalle informazioni fornite dal giudice del rinvio risulta che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale non determina direttamente le condizioni di lavoro e occupazione applicabili in forza della normativa austriaca, ma mira a garantire l’efficacia dei controlli che possono essere operati dalle autorità austriache competenti al fine di assicurare il rispetto di tali condizioni.

26

Orbene, la Corte ha già statuito che tali misure di controllo non rientrano nell’ambito d’applicazione della direttiva 96/71, poiché quest’ultima è diretta a coordinare le discipline nazionali sostanziali relative alle condizioni di lavoro e di occupazione dei lavoratori distaccati, indipendentemente dalle norme amministrative accessorie destinate a consentire la verifica dell’osservanza di tali condizioni (sentenza del 3 dicembre 2014, De Clercq e a., C‑315/13, EU:C:2014:2408, punto 47).

27

Dalle decisioni di rinvio risulta inoltre che i fatti di cui al procedimento principale sono accaduti tra i mesi di settembre e ottobre 2015. Ne consegue che la direttiva 2014/67, il cui termine di trasposizione scadeva, ai sensi del suo articolo 23, il 18 giugno 2016 e che è stata recepita nell’ordinamento austriaco mediante una legge adottata nel mese di giugno 2016 entrata in vigore il 1o gennaio 2017, non è applicabile a questi ultimi (v., per analogia, sentenza del 13 novembre 2018, Čepelnik, C‑33/17, EU:C:2018:896, punto 27).

28

Infine, mentre alcune parti interessate che hanno presentato osservazioni alla Corte hanno affermato che quest’ultima dovrebbe inoltre fondare la sua risposta alle questioni pregiudiziali sulla direttiva 2006/123, si deve ricordare che, ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 6, tale direttiva non è applicabile alla previsione, contenuta in una normativa nazionale, di misure dissuasive atte a garantire il rispetto di norme sostanziali in materia di diritto del lavoro (v., in tal senso, sentenza del 13 novembre 2018, Čepelnik, C‑33/17, EU:C:2018:896, punti da 29 a 35).

29

Alla luce di quanto precede, si deve concludere che le direttive 96/71, 2014/67 e 2006/123 non sono rilevanti per rispondere alle questioni sollevate dal giudice del rinvio.

Sulla restrizione alla libera prestazione dei servizi

30

Occorre anzitutto rammentare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, devono considerarsi quali restrizioni della libera prestazione dei servizi tutte le misure che vietino, ostacolino o rendano meno allettante l’esercizio di detta libertà. Inoltre, l’articolo 56 TFUE conferisce diritti non soltanto al prestatore stesso, ma anche al destinatario dei servizi (sentenza del 13 novembre 2018, Čepelnik, C‑33/17, EU:C:2018:896, punti 3738 e giurisprudenza ivi citata).

31

Inoltre, la Corte ha dichiarato che una normativa nazionale che prevede, nel contesto di un distacco di lavoratori, l’obbligo di redigere e di tenere i documenti sociali e di lavoro nello Stato membro ospitante può comportare costi e oneri amministrativi ed economici supplementari per le imprese stabilite in un altro Stato membro e costituisce, pertanto, una restrizione alla libera prestazione dei servizi (v., in tal senso, sentenze del 23 novembre 1999, Arblade e a., C‑369/96 e C‑376/96, EU:C:1999:575, punti 5859; del 18 luglio 2007, Commissione/Germania, C‑490/04, EU:C:2007:430, punti da 66 a 69, e del 7 ottobre 2010, dos Santos Palhota e a., C‑515/08, EU:C:2010:589, punti da 42 a 44).

32

Per quanto attiene al distacco di lavoratori di uno Stato terzo da parte di un’impresa prestatrice di servizi stabilita in uno Stato membro dell’Unione, la Corte ha avuto modo di dichiarare che una normativa nazionale che subordini al rilascio di un’autorizzazione amministrativa l’esercizio di prestazioni di servizi sul territorio nazionale da parte di un’impresa avente sede in un altro Stato membro costituisce una restrizione alla libera prestazione di servizi ai sensi dell’articolo 56 TFUE (sentenza del 14 novembre 2018, Danieli & C. Officine Meccaniche e a., C‑18/17, EU:C:2018:904, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

33

Pertanto, è giocoforza constatare che una normativa nazionale che prevede sanzioni sia per il fornitore di servizi sia per il destinatario dei servizi interessati in caso di violazione di tali obblighi, che a loro volta rappresentano restrizioni della libera prestazione dei servizi, può rendere meno attraente l’esercizio di una simile libertà.

34

Pertanto, una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi.

Sulla giustificazione della restrizione alla libera prestazione dei servizi

35

Da una giurisprudenza consolidata della Corte risulta che i provvedimenti nazionali in grado di ostacolare o di rendere meno attraente l’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato FUE possono nondimeno essere ammessi quando siano giustificati da ragioni imperative d’interesse generale, siano idonei a garantire la realizzazione dello scopo perseguito e non vadano oltre quanto è necessario per il raggiungimento di quest’ultimo (sentenza del 13 novembre 2018, Čepelnik, C‑33/17, EU:C:2018:896, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

36

Nel caso di specie, il governo austriaco ritiene che la restrizione alla libera prestazione dei servizi di cui al procedimento principale sia giustificata dagli obiettivi di tutela sociale dei lavoratori, di lotta contro la frode, segnatamente sociale, e di prevenzione degli abusi.

37

Va osservato, a tale proposito, che la tutela sociale dei lavoratori, la lotta contro la frode, segnatamente sociale, e la prevenzione degli abusi costituiscono obiettivi riconducibili al novero dei motivi imperativi di interesse generale atti a giustificare una restrizione alla libera prestazione dei servizi (sentenza del 13 novembre 2018, Čepelnik, C‑33/17, EU:C:2018:896, punto 44).

38

In tale contesto, una normativa come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede sanzioni per le violazioni degli obblighi in materia di diritto del lavoro volte al conseguimento di tali scopi, può essere considerata idonea a garantire il rispetto di tali obblighi e, quindi, il conseguimento degli obiettivi perseguiti.

39

A tal riguardo, sulla necessità di una restrizione alla libera prestazione dei servizi come quella di cui al procedimento principale, occorre ricordare che la severità della sanzione irrogata deve essere adeguata alla gravità dell’infrazione che essa intende sanzionare. Inoltre, le misure amministrative o di esecuzione previste da una normativa nazionale non devono eccedere i limiti di ciò che è necessario al conseguimento degli scopi legittimamente perseguiti da tale normativa (v., per analogia, sentenza del 31 maggio 2018, Zheng, causa C‑190/17, EU:C:2018:357, punti 4142 e giurisprudenza ivi citata).

40

In tale contesto si deve, in primo luogo, rilevare che una normativa come quella oggetto del procedimento principale ha lo scopo di sanzionare il mancato rispetto dei requisiti in materia di diritto del lavoro riguardanti il conseguimento di autorizzazioni amministrative e la conservazione della documentazione salariale.

41

In secondo luogo, si deve certamente osservare che una normativa che prevede sanzioni il cui importo varia in funzione del numero di lavoratori interessati dalla violazione di determinati obblighi in materia di diritto del lavoro non risulta in quanto tale sproporzionata (v., per analogia, sentenza del 16 luglio 2015, Chmielewski, C‑255/14, EU:C:2015:475, punto 26).

42

Ciò premesso, la combinazione dell’elevato importo delle ammende previste per sanzionare la violazione di tali obblighi con il cumulo senza un massimale di queste ammende qualora l’infrazione riguardi diversi lavoratori può portare a sanzioni pecuniarie di importo significativo, che, come in questo caso, possono ammontare a diversi milioni di euro.

43

Inoltre, il fatto che tali ammende non possano, in ogni caso, essere inferiori a un importo predefinito, può consentire l’applicazione di tali sanzioni nei casi in cui non sia stato accertato che i fatti contestati presentino una gravità particolare.

44

In terzo luogo, il giudice del rinvio afferma che, conformemente alla normativa nazionale di cui al procedimento principale, in caso di rigetto del ricorso avverso la decisione che impone una simile sanzione da parte del suo destinatario, quest’ultimo deve pagare un importo pari al 20% di tale sanzione a titolo di contributo alle spese del procedimento.

45

In quarto luogo, dalle decisioni di rinvio emerge che la normativa di cui trattasi nel procedimento principale prevede, in caso di mancato pagamento della sanzione inflitta, l’applicazione di una pena detentiva sostitutiva, la quale è particolarmente severa alla luce delle conseguenze che ne derivano per la persona interessata (v., in tal senso, sentenze del 3 luglio 1980, Pieck, 157/79, EU:C:1980:179, punto 19; del 29 febbraio 1996, Skanavi e Chryssanthakopoulos, C‑193/94, EU:C:1996:70, punto 36, e del 26 ottobre 2017, I, C‑195/16, EU:C:2017:815, punto 77).

46

Alla luce di tali elementi, una normativa come quella di cui trattasi nel procedimento principale non appare adeguata alla gravità delle violazioni sanzionate, vale a dire la violazione di obblighi in materia di diritto del lavoro relativi al conseguimento delle autorizzazioni amministrative e alla conservazione della documentazione salariale.

47

Inoltre, l’effettiva attuazione degli obblighi la cui violazione è sanzionata da una normativa siffatta potrebbe essere assicurata da misure meno restrittive, quali la fissazione di ammende con un importo meno elevato o l’introduzione di un massimale per tali sanzioni, senza necessariamente accompagnare queste ultime a pene detentive sostitutive.

48

Pertanto, si deve ritenere che una normativa come quella di cui al procedimento principale ecceda i limiti di quanto è necessario per garantire il rispetto degli obblighi in materia di diritto del lavoro relativi al conseguimento di autorizzazione amministrativa e alla conservazione della documentazione salariale e per assicurare il conseguimento degli obiettivi perseguiti.

49

Alla luce di tali considerazioni, non occorre esaminare la compatibilità di tale normativa con gli articoli 47 e 49 della Carta.

50

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni sollevate affermando che l’articolo 56 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che prevede, in caso di inosservanza di obblighi in materia di diritto del lavoro relativi al conseguimento di autorizzazioni amministrative e alla conservazione della documentazione salariale, l’irrogazione di ammende:

che non possono essere inferiori a un importo predefinito;

che sono state irrogate cumulativamente per ciascun lavoratore interessato e senza un massimale;

alle quali si aggiunge un contributo alle spese del procedimento pari al 20% del loro importo in caso di rigetto del ricorso proposto avverso la decisione che le irroga, e

che sono convertite in pene detentive in caso di mancato pagamento.

Sulle spese

51

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara:

 

L’articolo 56 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che prevede, in caso di inosservanza di obblighi in materia di diritto del lavoro relativi al conseguimento di autorizzazioni amministrative e alla conservazione della documentazione salariale, l’irrogazione di ammende:

 

che non possono essere inferiori a un importo predefinito;

che sono state irrogate cumulativamente per ciascun lavoratore interessato e senza un massimale;

alle quali si aggiunge un contributo alle spese del procedimento pari al 20% del loro importo in caso di rigetto del ricorso proposto avverso la decisione che le irroga, e

che sono convertite in pene detentive in caso di mancato pagamento.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.