CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 17 ottobre 2019 ( 1 )

Causa C‑766/18 P

Foundation for the Protection of the Traditional Cheese of Cyprus named Halloumi

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)

«Impugnazione – Marchio dell’Unione – Marchio collettivo – Denominazione geografica – Carattere distintivo – Opposizione – Domanda di registrazione di un marchio figurativo contenente la parola BBQLOUMI – Rigetto dell’opposizione»

I. Introduzione

1.

Dal 2014 è in corso la procedura per l’istituzione di una denominazione d’origine protetta, che riserverebbe ai produttori ciprioti l’uso della denominazione Halloumi per formaggi, ma la Commissione non l’ha ancora conclusa ( 2 ). Allo stesso tempo, Cipro e altri enti stanno tentando di impedire ad alcune imprese di usare, sulla base della normativa in materia di marchi, la denominazione Halloumi ( 3 ).

2.

Nel presente caso, la Foundation for the Protection of the Traditional Cheese of Cyprus named Halloumi (Fondazione per la protezione del formaggio tradizionale cipriota denominato Halloumi; in prosieguo: la «Foundation») ha ottenuto la titolarità della denominazione HALLOUMI come marchio collettivo UE per il formaggio e tenta ora, sulla base di detto marchio, di impedire ad un’impresa bulgara di acquisire un marchio figurativo contenente la parola BBQLOUMI, anch’esso per il formaggio. In base a quanto riportato dalla Foundation, ulteriori procedimenti basati sul marchio collettivo sono pendenti dinanzi all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (in prosieguo: l’«EUIPO») e al Tribunale; in un primo caso la Corte si è già pronunciata, in modo definitivo, in senso sfavorevole alla Foundation ( 4 ).

3.

Finora, gli sforzi profusi dalla Foundation nel presente procedimento sono rimasti infruttuosi, in quanto l’EUIPO e il Tribunale ritengono che la denominazione HALLOUMI abbia solo un carattere distintivo minimo, in quanto descriverebbe il formaggio menzionato. Pertanto, nell’uso del termine BBQLOUMI, nonostante la sussistenza di una certa somiglianza, non vi sarebbe motivo di temere che il pubblico di riferimento possa effettuare un collegamento con i produttori associati nella Foundation.

4.

La Foundation ritiene, tuttavia, che un marchio collettivo debba godere di una tutela più ampia, ciò di cui il Tribunale non avrebbe tenuto sufficientemente conto.

II. Contesto normativo

5.

Il considerando 8 del regolamento sul marchio ( 5 ) riguarda la funzione di origine del marchio:

«La tutela conferita dal marchio comunitario, che mira in particolare a garantire la funzione d’origine del marchio di impresa, dovrebbe essere assoluta in caso di identità tra il marchio di impresa e il segno, e tra i prodotti o servizi; la tutela dovrebbe applicarsi anche in caso di somiglianza tra il marchio di impresa e il segno, e tra i prodotti o servizi. È opportuno interpretare il concetto di somiglianza in relazione al rischio di confusione; il rischio di confusione, la cui valutazione dipende da numerosi fattori, e segnatamente dalla notorietà del marchio di impresa sul mercato, dalla possibile associazione tra il marchio di impresa e il segno usato o registrato, dal grado di somiglianza tra il marchio di impresa e il segno e tra i prodotti o servizi designati, dovrebbe costituire la condizione specifica della tutela».

6.

L’articolo 4 del regolamento sul marchio contempla i requisiti fondamentali di un marchio:

«Possono costituire marchi comunitari tutti i segni che possono essere riprodotti graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, la forma dei prodotti o del loro imballaggio, a condizione che tali segni siano adatti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese».

7.

L’articolo 7, paragrafo 1, lettere c) e d), del regolamento sul marchio vieta la registrazione di marchi descrittivi:

«Sono esclusi dalla registrazione:

a)

b)

i marchi privi di carattere distintivo;

c)

i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio;

d)

i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che siano divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o nelle consuetudini leali e costanti del commercio;

e)

…».

8.

Il motivo di opposizione consistente nel rischio di confusione è sancito dall’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento sul marchio concernente gli impedimenti relativi alla registrazione:

«In seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se:

a)

b)

a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore».

9.

L’articolo 65, paragrafo 3, del regolamento sul marchio disciplina i poteri dei giudici dell’Unione con riguardo ai ricorsi proposti in base al regolamento medesimo:

«La Corte di giustizia è competente sia ad annullare che a riformare la decisione impugnata».

10.

L’articolo 66 del regolamento sul marchio consente la domanda di marchi collettivi:

«1.   Possono costituire marchi comunitari collettivi i marchi comunitari così designati all’atto del deposito e idonei a distinguere i prodotti o i servizi dei membri dell’associazione titolare da quelli di altre imprese. Possono depositare marchi comunitari collettivi le associazioni di fabbricanti, produttori, prestatori di servizi o commercianti che, conformemente alla legislazione loro applicabile, hanno la capacità, a proprio nome, di essere titolari di diritti e obblighi di qualsiasi natura, di stipulare contratti o compiere altri atti giuridici e di stare in giudizio, nonché le persone giuridiche di diritto pubblico.

2.   In deroga all’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), possono costituire marchi comunitari collettivi, ai sensi del paragrafo 1, segni o indicazioni che, nel commercio, possono servire a designare la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi. Un marchio collettivo non autorizza il titolare a vietare a un terzo l’uso nel commercio di siffatti segni o indicazioni, purché detto uso sia conforme alle consuetudini di lealtà in campo industriale o commerciale; in particolare un siffatto marchio non può essere opposto a un terzo abilitato a utilizzare una denominazione geografica.

3.   Salvo disposizione contraria degli articoli da 67 a 74, le disposizioni del presente regolamento si applicano ai marchi comunitari collettivi».

11.

L’articolo 67 del regolamento sul marchio prevede l’adozione di un regolamento d’uso del marchio:

«1.   La domanda di marchio comunitario collettivo deve essere accompagnata, entro il termine prescritto, da un regolamento d’uso.

2.   Nel regolamento d’uso si devono indicare le persone abilitate a usare il marchio, le condizioni di appartenenza all’associazione e, qualora siano previste, le condizioni per l’utilizzazione del marchio, comprese le sanzioni. Il regolamento d’uso di un marchio di cui all’articolo 66, paragrafo 2, deve autorizzare le persone i cui prodotti o servizi provengano dalla zona geografica in questione a diventare membri dell’associazione titolare del marchio».

III. Fasi precedenti del procedimento

12.

Il 9 luglio 2014, M.J. Dairies EOOD ha presentato all’EUIPO la domanda di registrazione del marchio figurativo a colori di seguito rappresentato ( 6 ):

Image

13.

I prodotti e i servizi per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nelle classi 29, 30 e 43 ai sensi dell’Accordo di Nizza del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato (in prosieguo: l’«Accordo di Nizza»), e comprendono taluni alimenti, inclusi i formaggi, nonché determinati servizi di ristorazione.

14.

La Foundation è titolare del marchio denominativo collettivo HALLOUMI, registrato dall’EUIPO il 14 luglio 2000 con il n. 1082965 per prodotti della classe 29 con la descrizione «formaggio» ( 7 ). In data 12 novembre 2014, la Foundation presentava opposizione alla domanda di marchio, argomentando al riguardo, in particolare, sulla base di un rischio di confusione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento sul marchio.

15.

La divisione di opposizione respingeva l’opposizione e neanche il ricorso proposto contro di essa veniva accolto. Con la sentenza del 25 settembre 2018ora impugnata, Foundation for the Protection of the Traditional Cheese of Cyprus named Halloumi/EUIPO – M.J. Dairies (BBQLOUMI) (T‑328/17, non pubblicata, EU:T:2018:594), il Tribunale respingeva infine anche il ricorso proposto contro la decisione della commissione di ricorso.

16.

Tali decisioni si fondano essenzialmente sulla considerazione che il marchio HALLOUMI corrisponde alla denominazione di un noto formaggio cipriota, cosicché avrebbe solo un carattere distintivo minimo. Pertanto, alla luce delle differenze rispetto al marchio richiesto, le istanze dell’EUIPO e il Tribunale non constatavano alcun rischio di confusione.

17.

La Corte deve ora pronunciarsi sull’impugnazione presentata dalla Foundation in data 5 dicembre 2018.

18.

La Foundation chiede di

1)

dichiarare ammissibile l’impugnazione avverso la sentenza del Tribunale nella causa T‑328/17, Foundation for the Protection of the Traditional Cheese of Cyprus named Halloumi/Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), EU:T:2018:594, e accogliere la sua domanda di annullamento;

2)

condannare l’EUIPO e la M.J. Dairies EOOD a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Foundation.

19.

L’EUIPO e la M.J. Dairies EOOD chiedono rispettivamente di

1)

respingere l’impugnazione e

2)

condannare la Foundation alle spese.

20.

Le parti hanno presentato osservazioni scritte e, all’udienza del 12 settembre 2019, hanno svolto osservazioni orali.

IV. Valutazione

21.

La Foundation fonda la propria impugnazione su quattro motivi, alcuni dei quali sono correlati tra loro. I primi due motivi riguardano la questione se ai marchi collettivi debba essere attribuito un particolare carattere distintivo (v. al riguardo sub B). Con il terzo motivo, la Foundation contesta al Tribunale di aver applicato un criterio errato nella valutazione del rischio di confusione tra i due marchi (v. al riguardo sub A). Con il quarto motivo, la ricorrente lamenta che il Tribunale, pur avendo ritenuto che la commissione di ricorso abbia commesso errori nella valutazione del suo marchio, non le abbia rinviato la causa (v. al riguardo sub C).

A.   Sul criterio di esame del Tribunale

22.

La Corte potrebbe limitarsi a statuire sul terzo motivo, dato che, nell’originaria versione inglese, vale a dire nella lingua processuale, il punto 71 della sentenza impugnata era viziato da un errore di diritto.

23.

Ivi il Tribunale ha dichiarato che non poteva esistere alcun rischio di confusione per il pubblico di riferimento, sebbene i prodotti designati dai marchi in questione, ad eccezione dei servizi designati dal marchio richiesto, fossero in parte identici e in parte in qualche misura simili. Infatti, l’esistenza di una somiglianza visiva, fonetica e concettuale tra un marchio descrittivo anteriore con un carattere distintivo minimo non sarebbe sufficiente a dar luogo ad una presunzione di rischio di confusione ( 8 ).

24.

Tale constatazione è già di per sé incomprensibile, perché l’esame di un rischio di confusione non consiste nell’accertare se esso possa essere oggetto di presunzione. Al contrario, secondo una giurisprudenza costante, il rischio di confusione nella mente del pubblico deve essere oggetto di valutazione globale, tenendo conto di tutti i fattori pertinenti nel caso di specie ( 9 ). Occorre quindi decidere se il pericolo sussista in concreto.

25.

D’altronde, la Corte si è già pronunciata sulla necessità di attribuire ad un marchio descrittivo registrato un certo grado di carattere distintivo e che è dunque possibile un rischio di confusione tra detto marchio e un marchio posteriore ( 10 ). Inoltre, anche il Tribunale ammette, al punto 49 della sentenza impugnata, la possibilità teorica di un rischio di confusione in relazione ai due marchi.

26.

Tuttavia, secondo l’originaria versione inglese del punto 71 della sentenza impugnata, il Tribunale non ha valutato l’esistenza in concreto di un rischio di confusione, ma ha applicato la regola secondo la quale l’esistenza di somiglianza visiva, fonetica e concettuale in un marchio descrittivo anteriore con un carattere distintivo minimo non sarebbe sufficiente a dar luogo ad un rischio di confusione.

27.

Pertanto, il punto 71 della sentenza impugnata, nell’originaria versione della lingua processuale, era viziato da un errore di diritto che, in linea di principio, avrebbe dovuto determinare il suo annullamento. Inoltre, dato che la Corte non può sindacare di per sé l’omessa valutazione degli aspetti rilevanti da parte del Tribunale, la causa avrebbe dovuto essere rinviata a quest’ultimo giudice.

28.

Tuttavia, come osservato anche dall’EUIPO, il Tribunale ha emanato la sentenza impugnata, in effetti, sulla base della sua versione francese, la lingua di lavoro interna della Corte. Al punto 71 di tale versione, il Tribunale rileva, in particolare, che gli elementi presenti non erano sufficienti a ritenere esistente un rischio di confusione. Di conseguenza, il Tribunale ha svolto gli apprezzamenti di merito nel caso di specie ed è solo la traduzione della sua sentenza nella lingua processuale ad essere errata.

29.

Sebbene l’EUIPO e la M.J. Dairies sostengano che la versione inglese del punto 71 della sentenza impugnata debba essere interpretata alla luce del contesto generale allo stesso modo della versione francese, tuttavia terrei tale aspetto al di fuori della valutazione del rischio di confusione. È certamente opportuno consultare la versione francese qualora sussistano dubbi su quanto affermato dalla Corte in certe versioni linguistiche delle sue sentenze, ma le norme che disciplinano la lingua processuale sarebbero vanificate se anche le affermazioni chiare rese in tale lingua potessero essere modificate, in un certo senso contra iudicium ( 11 ), da una mera interpretazione fornita alla luce della versione francese. Tali modifiche devono invero discendere da una rettifica in conformità all’articolo 164 del regolamento di procedura del Tribunale.

30.

In ogni caso, contrariamente a quanto sostenuto dalla Foundation, il termine di due settimane decorrente dalla pronuncia della sentenza, previsto dall’articolo 164, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale, non osta alla rettifica di un siffatto errore di traduzione. M.J. Dairies sottolinea infatti, giustamente, che tale termine riguarda esclusivamente le richieste di rettifica presentate dalle parti e non la rettifica d’ufficio ( 12 ).

31.

La rettifica di cui all’articolo 164, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale può essere effettuata in caso di errori materiali o di calcolo e di evidenti inesattezze. Ciò include certamente gli errori di traduzione ( 13 ), a titolo di evidente inesattezza.

32.

Tuttavia, ha un ruolo più importante l’obiezione secondo la quale il Tribunale, mediante la rettifica, sottrae all’impugnazione, almeno in parte, il suo fondamento. Nondimeno, l’annullamento della sentenza impugnata sulla base di un errore evidente di traduzione avrebbe come unico effetto il protrarsi del procedimento, con ulteriori spese, nel caso in cui il Tribunale avesse già provveduto a rettificarlo. Infatti, in caso di rinvio, il Tribunale respingerebbe, in definitiva, nuovamente il ricorso per gli stessi motivi – con l’unica variante della traduzione corretta.

33.

Va inoltre osservato che una rettifica non può incidere sulla tutela giurisdizionale delle parti. Pertanto, in linea di principio, con la rettifica dovrebbe iniziare a decorrere un nuovo termine ai fini dell’impugnazione delle parti rettificate della sentenza, ma solo contro di esse. In alternativa, la Corte potrebbe concedere alle parti nel presente procedimento un termine per modificare i loro argomenti.

34.

Poiché, con l’ordinanza del 17 settembre 2019, Foundation for the Protection of the Traditional Cheese of Cyprus named Halloumi/EUIPO – M.J. Dairies (BBQLOUMI) (T‑328/17, non pubblicata, EU:T:2019:662), il Tribunale ha rettificato tale errore di traduzione, il terzo motivo nella sua attuale formulazione non è pertinente.

35.

Pertanto, procederò all’esame degli altri motivi.

B.   Sul carattere distintivo dei marchi collettivi

36.

Con i primi due motivi, la Foundation contesta, anzitutto, il punto 41 della sentenza impugnata e quindi il punto 71, ma in realtà essa chiede che il regolamento sul marchio e, in particolare, le norme riguardanti il rischio di confusione siano applicate ai marchi collettivi in modo diverso rispetto ai marchi individuali. A tal riguardo, la tesi della Foundation si sviluppa su tre livelli di argomentazione: in primo luogo, la Foundation sostiene che il Tribunale le avrebbe chiesto di provare il carattere distintivo del suo marchio collettivo registrato. In secondo luogo, essa ritiene che dovrebbe essere necessariamente attribuito un carattere distintivo più elevato ad un marchio collettivo registrato, benché quest’ultimo abbia carattere descrittivo. In terzo luogo, essa rappresenta che, in ogni caso, il carattere distintivo dei marchi collettivi geografici di cui all’articolo 66, paragrafo 2, del regolamento sul marchio, vale a dire i marchi collettivi contenenti segni o indicazioni che possono servire, nel commercio, a designare la provenienza geografica dei prodotti o servizi, non potrebbe essere valutato sulla base dei criteri generali.

37.

In ogni caso, siffatti argomenti devono anzitutto essere collocati nell’ambito dell’impedimento alla registrazione costituito dal rischio di confusione invocato dalla Foundation.

1. L’impedimento alla registrazione costituito dal rischio di confusione

38.

Gli argomenti della Foundation vertono sull’asserzione di un rischio di confusione tra il proprio marchio e il marchio in questione.

39.

L’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento sul marchio – il quale, salvo disposizione contraria degli articoli da 67 a 74, si applica ai marchi collettivi UE ai sensi dell’articolo 66, paragrafo 3 –, prevede che, su opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se, a causa della sua identità o somiglianza con un marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi che i due marchi designano, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato ( 14 ).

40.

Ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b, del regolamento sul marchio, il rischio di confusione presuppone sia un’identità o una somiglianza tra il marchio richiesto e il marchio anteriore, sia un’identità o una somiglianza tra i prodotti o servizi indicati nella domanda di registrazione e quelli per cui il marchio anteriore è stato registrato, e che si tratta in tal caso di condizioni cumulative ( 15 ).

41.

La valutazione globale del rischio di confusione implica una certa interdipendenza tra i fattori presi in considerazione e, in particolare, la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o dei servizi designati. Pertanto, un minimo grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e viceversa. L’interdipendenza tra detti fattori viene infatti esplicitato nel considerando 8 del regolamento sul marchio, secondo il quale è indispensabile interpretare la nozione di somiglianza in relazione al rischio di confusione, la cui valutazione a sua volta dipende segnatamente dalla notorietà del marchio di impresa sul mercato e dal grado di somiglianza tra il marchio di impresa e il segno e tra i prodotti o servizi designati ( 16 ).

42.

Inoltre, il rischio di confusione, secondo la giurisprudenza relativa ai marchi individuali, è tanto più elevato quanto più rilevante è il carattere distintivo del marchio anteriore ( 17 ). In tal senso, i marchi che hanno un elevato carattere distintivo, o intrinsecamente o a motivo della loro notorietà sul mercato, godono di una tutela più ampia rispetto ai marchi il cui carattere distintivo è inferiore ( 18 ). Occorre però di seguito stabilire in quale misura tali considerazioni possano essere applicate ai marchi collettivi geografici (v. al riguardo sub 4).

43.

La nozione di carattere distintivo di un marchio individuale significa che tale marchio permette di identificare il prodotto per il quale è chiesta la registrazione come proveniente da un’impresa determinata e, dunque, di distinguere tale prodotto da quelli di altre imprese ( 19 ).

44.

Ai sensi dell’articolo 66, paragrafo 1, del regolamento sul marchio, invece, un marchio collettivo deve distinguere i prodotti o i servizi dei membri dell’associazione titolare del marchio da quelli di altre imprese. La funzione essenziale di tale marchio collettivo è quindi quella di garantire l’origine commerciale collettiva dei prodotti e dei servizi ( 20 ).

2. Sull’onere della prova riguardante il carattere distintivo di un marchio collettivo registrato

45.

La Foundation contesta segnatamente il punto 41 della sentenza impugnata. In base ad esso, spetterebbe al titolare di un marchio collettivo provare il grado di carattere distintivo del marchio, dato che egli intende basarsi su di esso in un procedimento di opposizione.

46.

In parte, la Foundation interpreta quanto affermato dal Tribunale nel senso che sarebbe necessaria una prova dell’esistenza stessa del carattere distintivo di un marchio collettivo registrato.

47.

La constatazione del Tribunale sembra, in effetti, non chiara a tal riguardo, in quanto né la decisione Tulliallan Burlington/EUIPO ( 21 ), menzionata dal Tribunale come prova diretta, né la sentenza Anheuser-Busch/Budějovický Budvar ( 22 ), cui esso ha fatto un riferimento indiretto, contengono alcuna affermazione in merito all’onere della prova concernente il carattere distintivo di un marchio collettivo registrato.

48.

Per contro, l’articolo 76 del regolamento sul marchio, del pari menzionato dal Tribunale, è applicabile in quanto, ai sensi del suo paragrafo 1, secondo periodo, in procedure concernenti gli impedimenti relativi alla registrazione, l’Ufficio si limita agli argomenti addotti e alle richieste presentate dalle parti. Tuttavia, tale disposizione, come peraltro le succitate sentenze, non richiede una prova specifica del carattere distintivo dei marchi collettivi registrati.

49.

Una maggiore chiarezza si rinviene nella sentenza Formula One Licensing/UAMI applicata «in via analogica» dal Tribunale – come richiesto ( 23 ) dalla Foundation nel suo ricorso ( 24 ). Sono dell’avviso che detta sentenza affermi che un marchio registrato deve avere un grado minimo di carattere distintivo finché non sia stato cancellato ( 25 ). Non è possibile esigere particolari prove a tal riguardo.

50.

Null’altro può desumersi dal punto 41 della sentenza impugnata, il quale stabilisce che debba essere provato solo il grado («level», «niveau») di carattere distintivo, mentre il Tribunale vi riconosce un grado minimo («a certain degree», «un certain degré») come ribadito ancora al punto 47. Ciò è confermato dal punto 71 della sentenza impugnata, del pari contestato dalla Foundation, ove il Tribunale, per quanto affermi che il marchio collettivo HALLOUMI avrebbe solo un debole carattere distintivo, conferma con ciò tuttavia, allo stesso tempo, la presenza di un grado minimo di carattere distintivo.

51.

La Foundation, ove sostiene che il Tribunale avrebbe preteso la prova del carattere distintivo di un marchio collettivo registrato, si basa dunque su un’errata interpretazione della sentenza impugnata. L’argomento in questione deve essere pertanto respinto.

3. Sul carattere distintivo di un marchio collettivo registrato

52.

In effetti, la Foundation non si preoccupa però del riconoscimento di un grado minimo di carattere distintivo del proprio marchio collettivo, ma in generale rivendica un più elevato carattere distintivo dei marchi collettivi. Di conseguenza, ciò eliminerebbe al tempo stesso la necessità di fornire prove ad hoc.

53.

Tale richiesta va però respinta.

54.

Dato che, in forza dell’articolo 66, paragrafo 1, del regolamento sul marchio, un marchio collettivo è destinato a garantire la provenienza commerciale collettiva, conformemente all’articolo 4, applicabile ai marchi collettivi ai sensi del successivo articolo 66, paragrafo 3, stabiliscono che possono costituire marchi dell’Unione soltanto segni atti a distinguere l’origine commerciale dei prodotti o dei servizi sui quali tali segni sono apposti ( 26 ). Di conseguenza, la registrazione di un marchio collettivo, proprio come la registrazione di altri marchi, presuppone il suo carattere distintivo.

55.

D’altro canto, non vi è alcun elemento a sostegno dell’ipotesi che un marchio collettivo debba avere un particolare carattere distintivo, già solo in ragione della sua registrazione ( 27 ). Piuttosto, i marchi collettivi, proprio come tutti gli altri marchi, possono avere carattere più o meno distintivo. Come spiegano chiaramente le esemplificazioni dell’EUIPO, a tal riguardo il grado di carattere distintivo dipende, da un lato, dal segno di volta in volta scelto e, dall’altro, dall’acquisizione di ulteriore carattere distintivo attraverso l’uso del segno. Pertanto, in linea di principio, il carattere distintivo dei marchi collettivi deve essere valutato alla luce delle regole generali.

56.

Di conseguenza, i primi due motivi sono infondati anche sotto tale profilo, in quanto la Foundation ritiene che i marchi collettivi registrati debbano avere un carattere distintivo più elevato.

4. Sul carattere distintivo di un marchio collettivo geografico

57.

È più difficile rispondere alla domanda se il carattere distintivo dei marchi collettivi geografici ai sensi dell’articolo 66, paragrafo 2, del regolamento sul marchio possa essere valutato sulla base di criteri generali.

58.

L’articolo 66, paragrafo 2, del regolamento sul marchio consente che, in deroga all’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), possano costituire marchi collettivi, ai sensi del paragrafo 1, segni o indicazioni che, nel commercio, possono servire a designare la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi. L’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), esclude dalla registrazione, in particolare, i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare la provenienza geografica del prodotto o servizio.

59.

Il marchio collettivo DARJEELING ( 28 ), che è stato oggetto della sentenza finora più importante sui marchi collettivi, è un classico esempio dell’applicazione dell’articolo 66, paragrafo 2, del regolamento sul marchio, in quanto esso costituisce il nome di una città e di un distretto in India e, allo stesso tempo, è un tè nero molto rinomato ivi coltivato.

60.

L’argomento della Foundation può essere inteso nel senso che almeno il carattere distintivo dei marchi collettivi geografici non possa essere valutato sulla base di criteri generali, ma dovrebbe essere loro attribuito ipso iure un carattere distintivo più elevato.

a) Sulla ricevibilità dell’argomento della Foundation

61.

Sussistono dubbi sulla stessa ricevibilità di un siffatto argomento della Foundation.

62.

Infatti, l’argomentazione della Foundation in merito all’articolo 66, paragrafo 2, del regolamento sul marchio fa riferimento, in modo del tutto indiretto, alla presenza di eventuali errori di diritto nella sentenza impugnata, senza tuttavia specificare, come invece richiesto dall’articolo 169, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quali affermazioni del Tribunale potrebbero essere viziate da siffatti errori.

63.

In particolare, la Foundation non fa una chiara distinzione, nella sua argomentazione, tra il marchio collettivo in generale e il marchio collettivo geografico.

64.

Inoltre, l’argomento della Foundation relativo ad una possibile violazione dell’articolo 66, paragrafo 2, del regolamento sul marchio è contraddittorio: essa sostiene, da un lato, che tale disposizione non costituirebbe il motivo per il quale la sua opposizione debba essere accolta ( 29 ) e, dall’altro, che tale disposizione sarebbe nondimeno rilevante ( 30 ). Un siffatto difetto di coerenza non soddisfa i requisiti di un atto di ricorso ai sensi dell’articolo 168, paragrafo 1, lettera d), del regolamento di procedura della Corte e comporta del pari l’irricevibilità dell’argomento ( 31 ).

65.

Di conseguenza, l’argomento della Foundation relativo al carattere distintivo dei marchi collettivi geografici è irricevibile.

66.

Inoltre, anche se l’argomento della Foundation in merito agli effetti giuridici connessi ad un marchio geografico collettivo fosse ricevibile, esso sarebbe per il resto inoperante.

67.

Infatti, l’EUIPO osserva correttamente che è dubbio addirittura se il marchio HALLOUMI sia o meno un marchio ai sensi dell’articolo 66, paragrafo 2, del regolamento sul marchio e che il Tribunale non si è pronunciato in merito.

68.

La Foundation non censura l’assenza di tali constatazioni.

69.

A differenza di DARJEELING, HALLOUMI non designa un luogo specifico, ma è solo associato ad un luogo, segnatamente Cipro – almeno nella precedente giurisprudenza del Tribunale ( 32 ). Anche tale aspetto potrebbe essere messo in dubbio, poiché tali formaggi, spesso con lo stesso nome o nomi simili, sembrano essere diffusi in altri paesi all’interno dell’area menzionata.

70.

Pertanto, non si può presumere che HALLOUMI sia un marchio ai sensi dell’articolo 66, paragrafo 2, del regolamento sul marchio e qualsiasi affermazione circa gli effetti giuridici di tale disposizione non potrebbe più incidere sull’esito della controversia.

b) In subordine: fondatezza

71.

Tuttavia, nel caso in cui la Corte voglia comunque analizzare il contenuto dell’articolo 66, paragrafo 2, del regolamento sul marchio, occorre anzitutto precisare che tale disposizione è un elemento estraneo alla normativa in materia di marchi. Il divieto di marchi descrittivi di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettere c) e d), è evidentemente giustificato dall’esistenza di un imperativo di disponibilità di tali termini ( 33 ). Gli altri operatori del mercato devono poter utilizzare siffatte descrizioni anche per i propri prodotti o servizi. Allo stesso tempo, il pubblico non percepisce necessariamente i marchi descrittivi come indicazione della provenienza commerciale, bensì come descrizione del prodotto ( 34 ).

72.

Ciò vale anche per le indicazioni geografiche di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento sul marchio. Il pubblico può percepirle come un’indicazione di provenienza geografica o addirittura come una descrizione di un prodotto associato ad un determinato luogo, piuttosto che come un’indicazione di provenienza commerciale (collettiva).

73.

All’udienza, l’EUIPO ha quindi correttamente affermato che il trattamento privilegiato di cui all’articolo 66, paragrafo 2, del regolamento sul marchio ha un effetto simile alla registrazione di un marchio descrittivo secondo la citata sentenza Formula One Licensing/UAMI ( 35 ). Ad un marchio di questo tipo viene riconosciuto il grado minimo di carattere distintivo necessario per giustificare la sua registrazione, ma non necessariamente un carattere distintivo più elevato.

74.

Il Tribunale non statuisce diversamente quando, al punto 71 della sentenza impugnata, ritiene che il marchio HALLOUMI abbia solo un grado minimo di carattere distintivo e pertanto nega l’esistenza di un rischio di confusione.

75.

Infatti, ai punti da 50 a 53 e 70 della sentenza impugnata, il Tribunale ha espressamente dichiarato che il marchio HALLOUMI non sarebbe stato percepito come indicazione di provenienza commerciale (individuale o collettiva), ma come designazione di una specialità casearia ( 36 ). Tuttavia, l’articolo 66, paragrafo 2, del regolamento sui marchi non accorda un trattamento privilegiato alla descrizione di un particolare prodotto, anche se il pubblico potrebbe associarla ad una determinata provenienza geografica. Inoltre, la valutazione della percezione di un marchio è di natura fattuale e si sottrae quindi al sindacato della Corte nel procedimento di impugnazione ( 37 ).

76.

Tale conclusione spiega la tesi della Foundation secondo la quale l’esplicita ammissibilità dei marchi collettivi geografici sarebbe priva di effetto pratico se a tali marchi collettivi fosse attribuito soltanto un carattere distintivo minimo ai fini della valutazione del rischio di confusione.

77.

Tuttavia, l’obiettivo della Foundation di rafforzare il proprio marchio HALLOUMI non può essere conseguito mediante il riconoscimento ipso iure di un carattere distintivo più elevato ai marchi collettivi geografici. Infatti, tale carattere distintivo resterebbe fittizio: il pubblico continuerebbe a non percepire l’indicazione geografica come un’indicazione della provenienza commerciale collettiva del prodotto.

78.

Piuttosto, al marchio geografico collettivo dovrebbe essere attribuita una funzione del tutto diversa, ossia quella di garantire esclusivamente una determinata provenienza geografica dei prodotti o servizi in questione.

79.

Tuttavia, ciò avrebbe richiesto un’espressa disciplina, poiché l’articolo 66, paragrafo 3, del regolamento sul marchio prevede che, salvo disposizione contraria degli articoli da 67 a 74, si applichino le disposizioni (generali) di tale regolamento.

80.

Pertanto, la Corte, nella sentenza sul marchio collettivo geografico DARJEELING, ha ribadito l’applicazione dei principi generali ai marchi collettivi geografici. Essa ha sottolineato che, come emerge dalla formulazione stessa dell’articolo 66, paragrafo 2, del regolamento sul marchio, i marchi collettivi costituiti da segni o da indicazioni che, in commercio, possono servire per designare la provenienza geografica di prodotti o di servizi configurano marchi collettivi ai sensi del paragrafo 1 dello stesso articolo. Ebbene, secondo detto paragrafo 1, possono costituire marchi collettivi UE soltanto i segni idonei a distinguere i prodotti o i servizi dei membri dell’associazione che ne è titolare da quelli di altre imprese ( 38 ).

81.

La funzione essenziale del marchio è quella di garantire ai consumatori la provenienza del prodotto, nel senso di consentire di identificare il prodotto o il servizio designato dal marchio come proveniente da una determinata impresa e quindi di distinguere tale prodotto o servizio da quelli di altre imprese ( 39 ).

82.

Pertanto, considerare che la funzione essenziale di un marchio collettivo geografico contemplata all’articolo 66, paragrafo 2, del regolamento sul marchio è di servire da indicazione dell’origine geografica dei prodotti o dei servizi proposti con un simile marchio, e non da indicazione della loro origine commerciale, disconoscerebbe tale funzione essenziale ( 40 ).

83.

Di conseguenza, anche il carattere distintivo di un marchio collettivo geografico deve essere valutato in base alla misura in cui esso identifichi la provenienza commerciale collettiva del rispettivo prodotto o servizio.

84.

Tuttavia, come si è osservato, in base alle constatazioni di fatto del Tribunale, il marchio HALLOUMI contribuisce tutt’al più in misura non apprezzabile ad una siffatta identificazione. Di conseguenza, le considerazioni del Tribunale circa il carattere distintivo del marchio HALLOUMI e il rischio di confusione, nonché, in particolare, i punti 41 e 71 della sentenza impugnata, ove il Tribunale riconosce al marchio HALLOUMI solo un grado minimo di carattere distintivo insufficiente a dar luogo ad un rischio di confusione con il marchio controverso, non sono viziati da un errore di diritto.

85.

Non depone in senso sfavorevole a tale conclusione il fatto che ne risulti limitato in modo significativo l’effetto pratico dell’articolo 66, paragrafo 2, del regolamento sul marchio e la tutela dei marchi collettivi geografici. I titolari di un marchio collettivo geografico continuano infatti a godere di un livello minimo di protezione che consente loro di impedire la registrazione di marchi identici per gli stessi prodotti. Allo stesso tempo, essi possono influire sulla percezione del marchio laddove ne sia fatto uso con modalità tali da fargli acquisire un carattere distintivo ( 41 ).

86.

Infine, non occorre una protezione più ampia, in quanto le norme sulle denominazioni di origine protette e sulle indicazioni geografiche protette ( 42 ) possono fornire una protezione sufficiente indipendentemente dai marchi. Tali norme presentano l’ulteriore vantaggio rispetto al marchio collettivo geografico che, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1151/2012, le denominazioni di origine protette e le indicazioni geografiche protette possono essere utilizzate da qualsiasi operatore che commercializzi un prodotto conforme al relativo disciplinare. A tal fine, come previsto dall’articolo 67, paragrafo 2, del regolamento sul marchio, l’appartenenza ad un’associazione non è necessaria. Inoltre, l’EUIPO sottolinea giustamente che sarebbe incongruo se le associazioni di produttori potessero beneficiare, sulla base della normativa in materia di marchi, di una protezione delle denominazioni geografiche equivalente o addirittura più ampia rispetto a quella fornita dal sistema delle denominazioni d’origine protette.

87.

I primi due motivi devono pertanto essere integralmente respinti.

C.   Sull’omissione del rinvio alla commissione di ricorso

88.

Con il quarto motivo, la Foundation lamenta che il Tribunale si sia sostituito alla commissione di ricorso invece di rinviarle la causa.

89.

Ai punti 63 e 64 della sentenza impugnata, il Tribunale censura l’affermazione della commissione di ricorso secondo la quale i due segni sarebbero foneticamente diversi. Inoltre, ai punti da 64 a 68 della sentenza impugnata, il Tribunale non condivide la conclusione cui è pervenuta la commissione di ricorso secondo la quale i segni sarebbero concettualmente diversi. Al contrario, esisterebbe una tenue somiglianza fonetica e concettuale.

90.

Inoltre, al punto 71 della sentenza impugnata, il Tribunale compie una propria valutazione globale del rischio di confusione, tenendo conto delle summenzionate constatazioni, concludendo che tale rischio non esisterebbe.

91.

Con il quarto motivo si fa valere il fatto che almeno una siffatta valutazione globale debba essere riservata alla commissione di ricorso.

92.

Tuttavia, tale argomentazione è errata in quanto, ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 3, del regolamento sul marchio, il Tribunale non si limita ad annullare la decisione della commissione di ricorso, ma può anche riformarla.

93.

Sebbene il potere di riforma riconosciuto al Tribunale non abbia come effetto di conferire a quest’ultimo la facoltà di sostituire la propria valutazione a quella della commissione di ricorso, e neppure la facoltà di procedere ad una valutazione alla quale tale commissione non ha ancora proceduto, tuttavia, in linea di principio, l’esercizio del potere di riforma deve essere limitato alle situazioni nelle quali il Tribunale, dopo aver controllato la valutazione compiuta da detta commissione, sia in grado di determinare, sulla base degli elementi di fatto e di diritto accertati, la decisione che la commissione di ricorso era tenuta a prendere ( 43 ).

94.

Nella sentenza impugnata, il Tribunale non ha fatto altro che correggere la valutazione della somiglianza fonetica e concettuale compiuta dalla commissione di ricorso e quindi, alla luce della riforma di tali valutazioni, ha effettuato una nuova valutazione globale che ha condotto alla medesima conclusione della valutazione della commissione di ricorso.

95.

Il quarto motivo deve pertanto essere respinto.

V. Spese

96.

Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è accolta e la controversia viene definitivamente decisa dalla Corte, quest’ultima statuisce sulle spese. Conformemente all’articolo 138, paragrafo 1, del medesimo regolamento, reso applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

97.

In linea di principio, la Foundation, in quanto parte soccombente, deve sostenere le spese.

98.

Tuttavia, non sarebbe opportuno condannare la Foundation alle spese sostenute in relazione al terzo motivo di impugnazione, in quanto tale motivo ha tratto origine da un errore di traduzione della Corte di giustizia dell’Unione europea. Dunque, in un primo momento, tutte le parti dovrebbero sostenere le proprie spese. Successivamente, esse potranno valutare l’opportunità di presentare le pertinenti richieste di risarcimento danni nei confronti della Corte di giustizia dell’Unione europea.

VI. Conclusione

99.

Propongo quindi alla Corte di pronunciarsi nei seguenti termini:

1)

L’impugnazione è respinta.

2)

La Foundation for the Protection of the Traditional Cheese of Cyprus named Halloumi è condannata alle spese del procedimento, ad eccezione di quelle relative al terzo motivo di impugnazione. Con riguardo a detto motivo ciascuna parte sopporterà le proprie spese.


( 1 ) Lingua originale: il tedesco.

( 2 ) Pubblicazione di una domanda di modifica ai sensi dell’articolo 50, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (UE) n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari (GU 2015, C 246, pag. 9). V. anche http://ec.europa.eu/agriculture/quality/door/publishedName.html?denominationId= 12050 e il comunicato stampa IP/15/5448 della Commissione del 28 luglio 2015, «Specialità casearia cipriota “Χαλλουμι” (Halloumi)/“Hellim” pronta ad ottenere lo status di denominazione d’origine protetta (DOP)» (http://europa.eu/rapid/press-release_IP-15-5448_en.htm).

( 3 ) V., ad esempio, sentenze del Tribunale del 13 giugno 2012, Organismos Kypriakis Galaktokomikis Viomichanias/UAMI – Garmo (HELLIM) (T‑534/10, EU:T:2012:292), del 7 ottobre 2015, Cipro/UAMI (XAΛΛOYMI e HALLOUMI) (T‑292/14 e T‑293/14, EU:T:2015:752), del 13 luglio 2018, Cipro/EUIPO – Papouis Dairies (Pallas Halloumi) (T‑825/16, EU:T:2018:482), nonché Cipro/EUIPO – POA (COWBOYS HALLOUMI) (T‑847/16, non pubblicata, EU:T:2018:481), del 25 settembre 2018, Cipro/EUIPO – M.J. Dairies (BBQLOUMI) (T‑384/17, non pubblicata, EU:T:2018:593), e del 23 novembre 2018, Cipro/EUIPO – Papouis Dairies (Papouis Halloumi) (T‑703/17, non pubblicata, EU:T:2018:835).

( 4 ) Ordinanza del 21 marzo 2013, Organismos Kypriakis Galaktokomikis Viomichanias/UAMI (C‑393/12 P, non pubblicata, EU:C:2013:207).

( 5 ) Regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (GU 2009, L 78, pag. 1), come modificato dall’allegato III, n. 2.I., dell’atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica di Croazia e agli adattamenti del trattato sull’Unione europea, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e del trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica (GU 2012, L 112, pag. 41), ora sostituito dal regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione (GU 2017, L 154, pag. 1).

( 6 ) La foto che ritrae un porto di pescatori sarebbe stata scattata nel porto di Naousa sull’isola greca di Paros (https://www.gtp.gr/locpage.asp?id= 12121ng= 1), più precisamente in direzione est a 37,124862 gradi nord e 25,237685 gradi est.

( 7 ) Secondo la banca dati dell’EUIPO, https://euipo.europa.eu/eSearch/#details/trademarks/001082965, le pertinenti procedure di cancellazione sono ancora pendenti. Tuttavia, vi sono anche dati relativi ad una precedente procedura di cancellazione, apparentemente infruttuosa.

( 8 ) Il testo aveva il seguente tenore letterale: «Despite the fact that, with the exception of the services covered by the mark applied for, the goods covered by the marks at issue are in part identical and in part similar to some degree, there cannot be any likelihood of confusion on the part of the relevant public since the existence of a visual, phonetic and conceptual similarity is not, in the case of an earlier descriptive mark with low distinctive character, sufficient to give rise to a presumption of a likelihood of confusion (…)».

( 9 ) Sentenze dell’11 novembre 1997 nella causa SABEL (C‑251/95, EU:C:1997:528, punto 22), del 23 marzo 2006 nella causa Mülhens/UAMI (C‑206/04 P, EU:C:2006:194, punto 18) e del 4 luglio 2019 nella causa FTI Touristik/EUIPO (C‑99/18 P, EU:C:2019:565, punto 13), nonché ordinanza del 21 marzo 2013, Organismos Kypriakis Galaktokomikis Viomichanias/UAMI (C‑393/12 P, non pubblicata, EU:C:2013:207, punto 32).

( 10 ) Sentenza dell’8 novembre 2016, BSH/EUIPO (C‑43/15 P, EU:C:2016:837, punti 67, 6871).

( 11 ) Sull’interpretazione contra legem cfr. le sentenze del 16 giugno 2005, Pupino (C‑105/03, EU:C:2005:386, punto 47), del 15 aprile 2008, Impact (C‑268/06, EU:C:2008:223, punti 100103), e del 24 giugno 2019, Popławski (C‑573/17, EU:C:2019:530, punto 76).

( 12 ) In tal senso ordinanza del 17 marzo 2006, Commissione/Grecia (C‑417/02, EU:C:2006:189).

( 13 ) In tal senso ordinanza del 17 marzo 2006, Commissione/Grecia (C‑417/02, EU:C:2006:189).

( 14 ) Sentenza del 20 settembre 2017, The Tea Board/EUIPO (cause riunite da C‑673/15 P a C‑676/15 P, EU:C:2017:702, punto 46).

( 15 ) Sentenze del 23 gennaio 2014, UAMI/riha WeserGold Getränke (C‑558/12 P, EU:C:2014:22, punto 41), e del 20 settembre 2017, The Tea Board/EUIPO (cause riunite da C‑673/15 P a C‑676/15 P, EU:C:2017:702, punto 47, e la giurisprudenza ivi citata).

( 16 ) Sentenza del 29 settembre 1998, Canon (C‑39/97, EU:C:1998:442, punto 17).

( 17 ) Sentenze dell’11 novembre 1997, SABEL (C‑251/95, EU:C:1997:528, punto 24), del 29 settembre 1998, Canon (C‑39/97, EU:C:1998:442, punto 18) e dell’8 novembre 2016, BSH/EUIPO (C‑43/15 P, EU:C:2016:837, punto 62).

( 18 ) Sentenza del 29 settembre 1998, Canon (C‑39/97, EU:C:1998:442, punto 18).

( 19 ) Sentenze del 4 maggio 1999, Windsurfing Chiemsee (cause riunite C‑108/97 e C‑109/97, EU:C:1999:230, punto 49), del 22 giugno 1999, Lloyd Schuhfabrik Meyer (C‑342/97, EU:C:1999:323, punto 22) e dell’8 aprile 2003, Linde e a. (cause riunite da C‑‑53/01 a C‑55/01, EU:C:2003:206, punto 40).

( 20 ) Sentenza del 20 settembre 2017, The Tea Board/EUIPO (cause riunite da C‑673/15 P a C‑676/15 P, EU:C:2017:702, punti 5057).

( 21 ) Sentenza del Tribunale del 6 dicembre 2017, Tulliallan Burlington/EUIPO – Burlington Fashion (BURLINGTON) (T‑123/16, non pubblicata, EU:T:2017:870, punto 60).

( 22 ) Sentenza del 29 marzo 2011 (C‑96/09 P, EU:C:2011:189, punto 189).

( 23 ) Punto 29 del ricorso nella causa T‑328/17.

( 24 ) Sentenza del 24 maggio 2012 (C‑196/11 P, EU:C:2012:314, punti da 40 a 47).

( 25 ) Mie conclusioni nella causa Pandalis/EUIPO (C‑194/17 P, EU:C:2018:725, paragrafo 51). V. anche sentenza dell’8 novembre 2016, BSH/EUIPO (C‑43/15 P, EU:C:2016:837, punto 67).

( 26 ) Sentenza del 20 settembre 2017, The Tea Board/EUIPO (cause riunite da C‑673/15 P a C‑676/15 P, EU:C:2017:702, punti 5051).

( 27 ) In tal senso pure sentenza del Tribunale del 5 dicembre 2012, Consorzio vino Chianti Classico/UAMI – FFR (F.F.R.) (T‑143/11, non pubblicata, EU:T:2012:645, punto 61).

( 28 ) Sentenza del 20 settembre 2017, The Tea Board/EUIPO (cause riunite da C‑673/15 P a C‑676/15 P, EU:C:2017:702, punto 18). V. anche ordinanza del Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania) del 30 novembre 1995, MADEIRA (I ZB 32/93, Gewerblicher Rechtsschutz und Urheberrecht 1996, pag. 270).

( 29 ) Punto 51 del ricorso.

( 30 ) Punto 63 del ricorso.

( 31 ) V., in tal senso, sentenza del 28 giugno 2007, Commissione/Spagna (C‑235/04, EU:C:2007:386, punto 47).

( 32 ) Punti 50 e 66 della sentenza impugnata. V. pure sentenze del Tribunale del 13 giugno 2012, Organismos Kypriakis Galaktokomikis Viomichanias/UAMI – Garmo (HELLIM) (T‑534/10, EU:T:2012:292, punto 41), del 7 ottobre 2015, Cipro/UAMI (XAΛΛOYMI e HALLOUMI) (cause riunite T‑292/14 e T‑293/14, EU:T:2015:752, punti 2021), del 13 luglio 2018, Cipro/EUIPO – Papouis Dairies (Pallas Halloumi) (T‑825/16, EU:T:2018:482, punti 4142), nonché Cipro/EUIPO – POA (COWBOYS HALLOUMI) (T‑847/16, non pubblicata, EU:T:2018:481, punti 3940) e del 23 novembre 2018, Cipro/EUIPO – Papouis Dairies (Papouis Halloumi) (T‑703/17, non pubblicata, EU:T:2018:835, punto 61).

( 33 ) Sentenze del 4 maggio 1999, Windsurfing Chiemsee (cause riunite C‑108/97 e C‑109/97, EU:C:1999:230, punti 2526), del 10 luglio 2014, BSH/UAMIC‑126/13 P, non pubblicata, EU:C:2014:2065, punto 19) e del 20 settembre 2017, The Tea Board/EUIPO (cause riunite da C‑673/15 P a C‑676/15 P, EU:C:2017:702, punto 59).

( 34 ) In senso esplicativo, la sentenza del 31 gennaio 2019, Pandalis/EUIPO (C‑194/17 P, EU:C:2019:80, punti da 87 a 93, nonché da 103 a 105).

( 35 ) Sentenza del 24 maggio 2012 (C‑196/11 P, EU:C:2012:314, punti da 40 a 47).

( 36 ) V. anche sentenze del Tribunale del 13 giugno 2012, Organismos Kypriakis Galaktokomikis Viomichanias/UAMI – Garmo (HELLIM) (T‑534/10, EU:T:2012:292, punto 41), del 7 ottobre 2015, Cipro/UAMI (XAΛΛOYMI e HALLOUMI) (cause riunite T‑292/14 e T‑293/14, EU:T:2015:752, punto 28), del 13 luglio 2018, Cipro/EUIPO – Papouis Dairies (Pallas Halloumi) (T‑825/16, EU:T:2018:482, punti 4243), nonché Cipro/EUIPO – POA (COWBOYS HALLOUMI) (T‑847/16, non pubblicata, EU:T:2018:481, punti 4041) e del 23 novembre 2018, Cipro/EUIPO – Papouis Dairies (Papouis Halloumi) (T‑703/17, non pubblicata, EU:T:2018:835, punto 49).

( 37 ) Sentenza del 31 gennaio 2019, Pandalis/EUIPO (C‑194/17 P, EU:C:2019:80, punto 93).

( 38 ) Sentenza del 20 settembre 2017, The Tea Board/EUIPO (cause riunite da C‑673/15 P a C‑676/15 P, EU:C:2017:702, punto 50).

( 39 ) Sentenza del 20 settembre 2017, The Tea Board/EUIPO (cause riunite da C‑673/15 P a C‑676/15 P, EU:C:2017:702, punto 52).

( 40 ) Sentenza del 20 settembre 2017, The Tea Board/EUIPO (cause riunite da C‑673/15 P a C‑676/15 P, EU:C:2017:702, punto 54).

( 41 ) Sentenza del 4 maggio 1999, Windsurfing Chiemsee (cause riunite C‑108/97 e C‑109/97, EU:C:1999:230, punto 47).

( 42 ) Titolo II del regolamento (UE) n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari (GU 2012, L 343, pag. 1).

( 43 ) Sentenza del 5 luglio 2011, Edwin/UAMI (C‑263/09 P, EU:C:2011:452, punto 72).