CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate l’11 luglio 2019 ( 1 )

Cause riunite C‑469/18 e C‑470/18

IN (C‑469/18)

JM (C‑470/18)

contro

Belgische Staat

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hof van Cassatie (Corte di cassazione, Belgio)]

«Domanda di pronuncia pregiudiziale – Imposizione – Diritto a un ricorso effettivo – Sindacato giurisdizionale su un avviso di accertamento – Competenza della Corte nell’ambito dell’accertamento dell’imposta sui redditi – Utilizzo da parte dell’amministrazione tributaria di un mezzo di prova asseritamente acquisito in violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare – Obbligo del giudice di non tener conto di simili mezzi di prova»

I. Introduzione

1.

Uno Stato membro dà attuazione al diritto dell’Unione quando le sue autorità fiscali utilizzano, ai fini di un avviso di accertamento dell’imposta sui redditi, un mezzo di prova che le autorità inquirenti hanno acquisito dopo l’accertamento di un carosello sull’IVA? O, in altri termini, una violazione dei diritti fondamentali dell’Unione in sede di acquisizione degli elementi di prova implica un divieto del loro utilizzo nell’ambito di un accertamento dell’imposta sui redditi? Queste sono, sostanzialmente, le questioni di cui la Corte è chiamata ad occuparsi a fronte di due domande di pronuncia pregiudiziale dello Hof van Cassatie (Corte di cassazione, Belgio).

2.

Le suddette questioni sorgono nel quadro di indagini penali nel corso delle quali il Lussemburgo metteva a disposizione del Belgio un mezzo di prova in violazione di una riserva giudiziaria prevista in un accordo internazionale. Tale mezzo di prova veniva comunque utilizzato ai fini dell’avviso di accertamento dell’imposta sui redditi. Nell’ambito dei procedimenti principali, i ricorrenti in cassazione (in prosieguo: i «ricorrenti in cassazione») contestano unicamente detto avviso.

3.

Si discute in questo contesto dell’applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») – nella specie il suo articolo 47 – nell’ambito di un accertamento dell’imposta sui redditi. La questione di cui trattasi trascende la tanto discussa ( 2 ) sentenza Åkerberg Fransson del 2013 ( 3 ). La Corte ha ivi stabilito che un procedimento penale per frode IVA rappresenta un’«attuazione del diritto dell’Unione» ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta. Occorre adesso esaminare se anche l’accertamento di un’imposta sul reddito costituisca un’attuazione del diritto dell’Unione quando viene utilizzato un mezzo di prova acquisito nell’ambito di un procedimento di indagine penale avviato a fronte di una sospetta frode IVA.

II. Contesto normativo

A.   Diritto internazionale

4.

Il Regno del Belgio, il Granducato di Lussemburgo e il Regno dei Paesi Bassi sono parte del Trattato di estradizione e assistenza giudiziaria in materia penale, stipulato il 27 giugno 1962 a Bruxelles (in prosieguo: il «Trattato del Benelux»).

5.

L’articolo 20, paragrafi 1 e 2, del Trattato del Benelux così recita:

«(1)

Su domanda della parte richiedente la parte richiesta, nei limiti in cui ciò sia consentito dalla sua normativa, sequestra gli oggetti:

a)

che possono servire come mezzi di prova;

b)

che provengono dal reato e sono rinvenuti o prima o dopo l’estradizione della persona arrestata;

e consegna detti oggetti.

(2)

La consegna è soggetta all’approvazione del Raadkamer van de rechtbank (Camera di consiglio del tribunale) dove sono avvenuti la perquisizione e il sequestro. La Camera di consiglio decide se gli oggetti sequestrati siano consegnati in tutto o in parte al richiedente. Essa può disporre la restituzione di oggetti non direttamente riguardanti il reato di cui l’imputato è accusato e decide eventualmente in merito a ricorsi di terzi che detenevano l’oggetto o di altri aventi diritto».

6.

L’articolo 24, paragrafo 2, del Trattato del Benelux così dispone:

«Tuttavia, le commissioni rogatorie aventi ad oggetto una perquisizione o un sequestro saranno effettuate unicamente per fatti che, in forza del presente trattato, possono determinare l’estradizione, e fatta salva la riserva di cui all’articolo 20, paragrafo 2».

B.   Diritto belga

7.

Il diritto tributario belga non prevede alcun divieto assoluto di utilizzo delle prove acquisite in modo illegittimo. Tuttavia, lo Hof van Cassatie (Corte di cassazione) ha sviluppato una giurisprudenza nota come dell’«Antigone fiscale». In base ad essa, l’utilizzo di elementi di prova acquisiti illecitamente non è ammesso, in materia tributaria, solo quando la documentazione probatoria di cui trattasi sia stata acquisita con modalità tali per cui l’utilizzo deve essere considerato in ogni caso inammissibile o quando lo stesso violi il diritto del soggetto passivo a un processo equo. Tale aspetto deve essere oggetto di una valutazione complessiva da parte del giudice.

III. Fatti e procedimento principale

8.

I ricorrenti in cassazione sono gli amministratori di società che commercializzano e distribuiscono computer e accessori per computer in Belgio.

9.

Nel 1995 il Bijzondere Belastinginspectie (ispettorato speciale belga per le imposte) avviava, nei confronti delle imprese dei ricorrenti in cassazione, delle indagini in relazione a una frode carosello sull’IVA. Inoltre, nel 1996, a fronte di una denuncia dell’ispettorato speciale belga per le imposte, nei loro confronti venivano avviate indagini penali. Dalle domande di pronuncia pregiudiziale non emerge chiaramente se dette indagini si riferissero all’evasione dell’IVA o dell’imposta sui redditi.

10.

Nell’ambito delle indagini penali, le autorità inquirenti belghe inoltravano una richiesta di assistenza giudiziaria al Granducato di Lussemburgo che, il 15 luglio 1998, sfociava nel sequestro di documentazione bancaria presso una banca lussemburghese. Il sequestro avveniva alla presenza di un giudice delle indagini preliminari lussemburghese e di un giudice belga.

11.

Le autorità lussemburghesi consegnavano la documentazione così acquisita alle autorità inquirenti belghe senza che fosse stata richiesta, né tantomeno rilasciata, l’autorizzazione di un giudice lussemburghese come previsto nell’articolo 20, paragrafo 2, del Trattato del Benelux.

12.

Le autorità inquirenti belghe consentivano alle autorità fiscali di detto paese di avere accesso agli atti penali. Sulla base delle informazioni così ottenute, nel 1999 e nel 2000, le autorità fiscali belghe inviavano ai ricorrenti in cassazione degli avvisi di rettifica della dichiarazione relativa alle imposte delle persone fisiche per gli anni d’imposta 1997 e 1998. Le autorità assoggettavano a imposizione a titolo di ricavi lordi da attività produttive e commerciali gli importi accreditati su conto lussemburghese intestato ai ricorrenti in cassazione.

13.

A fronte dei ricorsi proposti avverso i suddetti avvisi di accertamento, il Tribunale tributario belga di primo grado riduceva, nei confronti dei ricorrenti in cassazione, la parte principale degli importi complementari a titolo di imposta sulle persone fisiche accertati a loro carico.

14.

A fronte dell’impugnazione proposta dal resistente in cassazione nei procedimenti principali, il giudice d’appello revocava la sentenza di primo grado nella parte in cui riduceva l’imponibile assoggettato a imposta sulle persone fisiche. A suo giudizio, non sussistevano i presupposti per un divieto di utilizzo dei mezzi di prova a norma del [criterio] belga dell’Antigone fiscale. Avverso la suddetta sentenza, i ricorrenti in cassazione proponevano ricorso in cassazione dinanzi allo Hof van Cassatie (Corte di cassazione).

IV. Domanda di pronuncia pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte di giustizia

15.

Con ordinanze del 28 giugno 2018, lo Hof van Cassatie (Corte di cassazione) sottoponeva alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 47 della Carta [dei diritti fondamentali dell’Unione europea] debba essere interpretato nel senso che, in procedimenti vertenti sull’imposta sul valore aggiunto, osta in tutti i casi all’impiego di elementi probatori acquisiti in violazione del diritto al rispetto della vita privata, sancito all’articolo 7 della Carta, o se esso tolleri un regime nazionale ai sensi del quale il giudice, che deve valutare se siffatto elemento probatorio possa essere impiegato come fondamento per un’imposizione di IVA, deve effettuare una valutazione come descritta al numero 4 della presente sentenza [v. paragrafo 7 delle presenti conclusioni]».

16.

Il 6 settembre 2018, il Presidente della Corte ha deciso di riunire le cause C‑469/18 e C‑470/18 ai fini delle fasi scritta ed orale del procedimento nonché della sentenza.

17.

Nel procedimento pregiudiziale dinanzi alla Corte hanno presentato osservazioni scritte i ricorrenti in cassazione, il Regno del Belgio, la Repubblica italiana, il Regno dei Paesi Bassi e la Commissione europea.

V. Ricevibilità della questione pregiudiziale

18.

Occorre anzitutto chiarire se la questione pregiudiziale sia ricevibile. Difatti, lo Hof van Cassatie (Corte di cassazione) chiede espressamente se determinati mezzi di prova possano essere utilizzati ai fini di una «imposizione di IVA». Tuttavia, oggetto della controversia nei procedimenti principali sono degli avvisi di accertamento non in materia di IVA, ma dell’imposta sui redditi. Pertanto, la questione pregiudiziale non avrebbe manifestamente alcuna relazione con l’oggetto della controversia principale, sarebbe di natura ipotetica e, quindi, irricevibile ( 4 ).

19.

Secondo costante giurisprudenza, spetta alla Corte, nell’ambito della procedura di cooperazione con i giudici nazionali creata dall’articolo 267 TFUE, fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia sottopostagli, e, in tale prospettiva, spetta alla Corte, se necessario, riformulare le questioni che le sono sottoposte ( 5 ).

20.

Nella sua questione pregiudiziale lo Hof van Cassatie non può aver inteso riferirsi all’utilizzo di elementi probatori ai fini di un’imposizione di IVA, in quanto nella domanda di pronuncia pregiudiziale si parla non di avvisi di accertamento in materia di IVA, ma unicamente di avvisi di accertamento dell’imposta sui redditi. L’espressione «imposizione di IVA» sembra essere una svista nella redazione e deve di conseguenza essere sostituita con l’espressione «accertamento dell’imposta sui redditi».

21.

Inoltre, lo Hof van Cassatie (Corte di cassazione) chiede di pronunciarsi sull’ammissibilità dell’utilizzo di mezzi di prova per detta imposizione «in procedimenti vertenti sull’imposta sul valore aggiunto». Nella specie, il collegamento tra l’accertamento dell’imposta sui redditi e l’IVA può essere ravvisato unicamente nel fatto che una sospetta frode IVA è stata la causa scatenante delle indagini fiscali e penali a seguito delle quali i mezzi di prova sono stati acquisiti e utilizzati nell’ambito dell’accertamento dell’imposta sui redditi.

22.

Pertanto, la Corte può riformulare la questione pregiudiziale nei seguenti termini: se l’articolo 47 della Carta debba essere interpretato nel senso che, nell’ambito di un accertamento dell’imposta sui redditi, esso osta in tutti i casi all’impiego di elementi probatori acquisiti - in violazione dell’articolo 7 della Carta - in un procedimento di indagine penale scaturito da un sospetto di frode IVA, o se esso ammetta un’interpretazione secondo cui il giudice, chiamato a valutare se siffatti elementi probatori possano essere impiegati come fondamento per un accertamento dell’imposta sui redditi, deve effettuare una valutazione caso per caso.

23.

Così riformulata, la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.

VI. Competenza della Corte

24.

Tuttavia, nell’ambito del procedimento pregiudiziale a norma dell’articolo 267, primo comma, lettera a), TFUE, la Corte si pronuncia sull’interpretazione del diritto dell’Unione. Nella specie è però dubbio se la Carta trovi applicazione sia ratione temporis (v. infra, paragrafi 25 e segg.) che ratione materiae (v. infra, paragrafi 30 e segg.).

A.   Applicabilità ratione temporis della Carta

25.

Occorre anzitutto chiarire se la Carta, entrata in vigore il 1o dicembre 2009, si applichi ratione temporis a un’asserita violazione procedurale avvenuta nel 1998.

26.

Da una parte, nella causa Sabou, anch’essa rientrante nell’ambito delle imposte dirette, la Corte ha negato l’applicabilità della Carta in virtù del fatto che il procedimento di assistenza che ha portato all’avviso suppletivo d’accertamento dell’imposta ivi controverso si era concluso prima della sua entrata in vigore ( 6 )

27.

Dall’altra, anche nella causa Åkerberg Fransson, ad esempio, si discuteva di avvisi di accertamento anteriori al 1o dicembre 2009. Tuttavia, nell’adottare la propria decisione, il giudice penale era ivi obbligato a tener conto del principio del ne bis in idem. Tale momento ricadeva nell’ambito di applicazione ratione temporis della Carta.

28.

Una fattispecie analoga ricorre anche nel caso di specie. Benché l’acquisizione degli elementi di prova sia avvenuta nel 1998, la questione della loro valutazione si pone al giudice nazionale all’atto dell’adozione della sua decisione e, quindi, dopo l’entrata in vigore della Carta.

29.

Mentre – come ad esempio nella causa Sabou, citata al paragrafo 26 – le informazioni sulla richiesta di assistenza e l’eventuale partecipazione alla formulazione di detta richiesta sono definiti con la conclusione del procedimento di assistenza reciproca, un eventuale divieto di acquisizione degli elementi di prova mantiene rilevanza ai fini della valutazione di un divieto di utilizzo di detti elementi di prova. Ne consegue che la Carta è applicabile ratione temporis al presente caso di specie.

B.   Applicabilità ratione materiae della Carta

30.

L’ambito di applicazione della Carta è definito al suo articolo 51. A norma del paragrafo 1, prima frase, di tale disposizione, le disposizioni della Carta si applicano agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione.

31.

A tal proposito, la Corte ha già ricordato che essa, per quanto riguarda la Carta, non può valutare una normativa nazionale che non si collochi nell’ambito del diritto dell’Unione ( 7 ).

32.

Più di una delle parti del procedimento mette in dubbio la competenza della Corte in ragione del fatto che la Carta non sarebbe applicabile. Sia il Belgio che la Commissione ritengono che la Corte non sia competente poiché l’emanazione di avvisi di accertamento dell’imposta sui redditi non rappresenterebbe un’attuazione del diritto dell’Unione. Perfino lo Hof van Cassatie (Corte di cassazione) osserva che la causa in esame «vert[e] sulle imposte sul reddito, che non sono disciplinate dal diritto dell’Unione» ( 8 ).

33.

Cionondimeno, nel giustificare l’applicabilità della Carta, nel caso in esame occorre prendere in considerazione due criteri di collegamento: accanto all’assistenza reciproca (v. infra, paragrafi 34 e segg.), nel caso di specie soprattutto l’armonizzazione dell’IVA a livello di diritto dell’Unione (v. infra, paragrafi 38 e segg.).

1. Sull’eventuale attuazione del diritto dell’Unione nell’ambito dell’assistenza reciproca

34.

Anzitutto, un’ipotesi di attuazione del diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta potrebbe sussistere ove il mezzo di prova fosse stato acquisito nell’ambito dell’assistenza reciproca a norma della direttiva 77/799 (in prosieguo: la «direttiva sull’assistenza reciproca») ( 9 ).

35.

La direttiva sull’assistenza reciproca disciplina unicamente la collaborazione fra amministrazioni in materia di imposizione e non l’assistenza giudiziaria in materia penale, come ad esempio il Trattato del Benelux. L’assistenza reciproca delle autorità amministrative si limita nel merito a una collaborazione degli Stati membri sotto il profilo dello scambio di informazioni, mentre nell’ambito dell’assistenza giudiziaria in materia penale possono essere adottati specifici atti di indagine ai fini dell’ottenimento degli elementi probatori.

36.

Da un lato, la controversa consegna della documentazione bancaria oltrepassa un mero scambio di informazioni nel quadro dell’assistenza reciproca. Tale mezzo di prova è stato invece sequestrato in forza di una richiesta di assistenza giudiziaria. Dall’altro, nel 1998, all’epoca dell’acquisizione degli elementi di prova, l’assistenza giudiziaria in materia penale non era stata ancora armonizzata ( 10 ).

37.

Pertanto, nella specie, un’attuazione del diritto dell’Unione non può essere riconosciuta sulla base dell’assistenza reciproca fornita.

2. Sull’eventuale qualificazione dell’accertamento dell’imposta sui redditi quale attuazione del diritto dell’Unione

38.

Pertanto, occorrerebbe poter considerare l’accertamento dell’imposta sui redditi quale attuazione del diritto dell’Unione. In linea di principio, in mancanza di disposizioni di diritto dell’Unione in questo settore, tale accertamento non configura siffatta attuazione.

39.

La normativa in materia di imposte sui redditi è disciplinata unicamente in modo puntuale e a livello di diritto derivato sulla base dell’articolo 115 TFUE (direttiva sulle società madri e figlie ( 11 ), direttiva fusioni ( 12 ), direttiva interessi e canoni ( 13 ), direttiva recante norme contro le pratiche di elusione fiscale ( 14 )). Quanto al resto, per giurisprudenza constante, le imposte dirette rientrano nella competenza degli Stati membri ( 15 ). L’imposta a carico delle persone fisiche alla base del procedimento principale è un’imposta diretta sui redditi rispetto alla quale il Belgio è pertanto competente in via esclusiva.

40.

Tuttavia, la peculiarità del caso in esame risiede nel fatto che, ai fini dell’accertamento dell’imposta sui redditi, è stato utilizzato un mezzo di prova acquisito dalle autorità inquirenti belghe in un procedimento di indagine penale avviato in ragione di una sospetta frode IVA.

a) Sull’eventuale qualificazione della legislazione in materia di IVA quale attuazione del diritto dell’Unione

41.

Se gli atti giuridici impugnati nei procedimenti principali fossero degli avvisi di accertamento in materia di IVA, occorrerebbe riconoscere un’attuazione del diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta. Infatti, da una parte, la Corte ha stabilito che dagli articoli 2, 250, paragrafo 1, e 273 della direttiva 2006/112 (in prosieguo: la «direttiva IVA») ( 16 ) e dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE, discende, in capo agli Stati membri, l’obbligo di adottare tutte le misure legislative e amministrative atte a garantire che l’IVA dovuta sia interamente riscossa nel loro territorio ( 17 ). Pertanto, un accertamento supplementare dell’IVA in seguito alla constatazione di una pratica abusiva costituisce un’attuazione del diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta ( 18 ).

42.

Dall’altra, benché il diritto dell’Unione non contenga né disposizioni in materia di diritto tributario penale né sanzioni amministrative, le sanzioni volte ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e, a norma dell’articolo 325 TFUE, a combattere la frode, costituiscono «attuazione del diritto dell’Unione» ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta ( 19 ).

43.

Dall’esposizione dei fatti dello Hof van Cassatie (Corte di cassazione) non si evince quali misure in materia di normativa sull’IVA e quali sanzioni penali abbia adottato il Belgio a fronte della frode IVA. Oggetto dei rinvii pregiudiziali sono unicamente le misure in materia di normativa sulle imposte sul reddito e, quindi, gli avvisi di accertamenti relativi all’imposta sul reddito delle persone fisiche.

b) Sull’eventuale qualificazione come attuazione del diritto dell’Unione dell’acquisizione dei mezzi di prova nel corso di un procedimento di indagine sulla base di una sospetta frode IVA

44.

Tuttavia, il mezzo di prova utilizzato ai fini dell’accertamento dell’imposta sui redditi non è stato acquisito dalle autorità fiscali nell’ambito di indagini da esse condotte. Esso proviene invece da indagini penali avviate a seguito di una denuncia dell’ispettorato speciale belga per le imposte in relazione a una frode carosello sull’IVA. Detta acquisizione degli elementi di prova nell’ambito di indagini penali potrebbe integrare un’attuazione del diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta.

45.

Il diritto penale si colloca al centro della sovranità nazionale ( 20 ). In tale ambito, l’Unione dispone soltanto di una competenza limitata (articoli 83 TFUE e 325, paragrafo 4, TFUE). Inoltre, il diritto penale sostanziale e processuale degli Stati membri non è stato oggetto di armonizzazione a livello dell’Unione ( 21 ). Pertanto, anche la competenza per il diritto penale resta essenzialmente in capo agli Stati membri.

46.

Nella causa Åkerberg Fransson, peraltro, in relazione a un procedimento giurisdizionale penale per reati in materia di IVA, la Corte ha stabilito che non solo sovrattasse, ma anche un procedimento penale per frode fiscale a causa dell’inesattezza delle informazioni fornite in materia di IVA costituisce un’attuazione del diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta ( 22 ). Il fatto che le normative sanzionatorie e procedurali nazionali non siano state adottate per trasporre la direttiva IVA sarebbe irrilevante in considerazione degli obblighi derivanti dalla direttiva IVA, dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE e dall’articolo 325 TFUE ( 23 ).

47.

In seguito, la Corte ha sviluppato il principio di effettività delle azioni penali relative a reati in materia di IVA ( 24 ). In base ad esso, gli Stati membri sono tenuti a perseguire in maniera efficace le violazioni della direttiva IVA.

48.

Tuttavia, come osservato dalla Corte ( 25 ), il principio di effettività delle azioni penali relative a reati in materia di IVA deve essere rispettato non soltanto nel corso del procedimento giudiziario penale, ma già durante la fase delle indagini preliminari, a decorrere dal momento in cui «una persona è accusata» o dal momento in cui «l’interessato è accusato».

49.

Tuttavia, dalla giurisprudenza non risulta con chiarezza a quale momento specifico si intenda in tal modo fare riferimento. Il momento dirimente potrebbe coincidere, da un lato, con la comunicazione ufficiale da parte dell’autorità competente dell’accusa di aver commesso un reato ( 26 ). Una siffatta comunicazione dell’apertura di un procedimento di indagine non è però prevista in tutti gli ordinamenti giuridici. Se detto procedimento è archiviato, l’accusato può, a determinate condizioni, non venire neppure a conoscenza del procedimento di indagine condotto contro di lui. Se si facesse riferimento a una siffatta comunicazione, la determinazione del momento a partire dal quale i diritti fondamentali della Carta trovano applicazione sarebbe dunque rimessa alle autorità inquirenti.

50.

A questo riguardo deve essere sufficiente che dagli atti processuali risulti l’avvio di indagini penali volte a perseguire una frode IVA. Detto momento può essere stabilito con ragionevole certezza. A partire da esso, l’autorità è vincolata quindi ai diritti fondamentali dell’Unione anche nella conduzione delle proprie indagini penali.

51.

Tuttavia, nel caso di specie non è chiaro se le indagini penali e l’acquisizione degli elementi di prova fossero dirette a perseguire una frode IVA o una frode in materia di imposte sui redditi. In linea di principio, spetterebbe allo Hof van Cassatie (Corte di cassazione) a seguito del procedimento pregiudiziale chiarire detto aspetto.

52.

Posto però che detta questione è dirimente già ai fini della ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, propongo alla Corte di basarsi al riguardo, in linea con la giurisprudenza costante, sulla presunzione di rilevanza della questione pregiudiziale in caso di dubbio ( 27 ).

53.

Infatti, in base alle circostanze fattuali illustrate dallo Hof van Cassatie (Corte di cassazione) nelle sue domande di pronuncia pregiudiziale, è comunque certo che, ai fini dell’emanazione degli avvisi di accertamento dell’imposta sui redditi siano stati utilizzati mezzi di prova acquisiti nel procedimento di indagine introdotto a seguito della denuncia dell’autorità fiscale che aveva avviato delle indagini in relazione a una frode carosello sull’IVA. A questo riguardo, si presume, in prosieguo, che l’acquisizione degli elementi di prova sia avvenuta nell’ambito di un procedimento di indagine penale diretto a perseguire una frode IVA.

c) Sull’eventuale qualificazione come attuazione del diritto dell’Unione dell’utilizzo, in sede di accertamento dell’imposta sui redditi, di mezzi di prova così acquisiti

54.

Tuttavia, al pari delle indagini delle autorità fiscali per la frode carosello sull’IVA, anche le indagini penali non sono sfociate in una domanda di pronuncia pregiudiziale.

55.

Alla luce della giurisprudenza della Corte successiva alla sentenza Åkerberg Fransson, occorre però ora ritenere che uno Stato membro attui il diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta anche quando, ai fini dell’emanazione di un avviso di accertamento dell’imposta sui redditi, sono utilizzati elementi di prova acquisiti in precedenza nel quadro di un procedimento di indagine penale per una frode IVA?

56.

In base alla giurisprudenza costante della Corte, la nozione di «attuazione del diritto dell’Unione», di cui all’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, richiede l’esistenza di un collegamento tra un atto di diritto dell’Unione e il provvedimento nazionale in questione che vada al di là dell’affinità tra le materie prese in considerazione o dell’influenza indirettamente esercitata da una materia sull’altra ( 28 ).

57.

Conformemente alla giurisprudenza della Corte, per determinare se uno Stato membro attui il diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta occorre verificare, inter alia, se la normativa nazionale in questione abbia lo scopo di attuare una disposizione del diritto dell’Unione, quale sia il suo carattere e se essa persegua obiettivi diversi da quelli contemplati dal diritto dell’Unione, anche se è in grado di incidere indirettamente su quest’ultimo, nonché se esista una normativa di diritto dell’Unione che disciplini specificamente la materia o che possa incidere sulla stessa ( 29 ).

58.

A favore della tesi del riconoscimento di un’attuazione del diritto dell’Unione depone unicamente il fatto che l’utilizzo cui il mezzo di prova è, in definitiva, destinato non incide su un’eventuale violazione commessa all’atto della sua acquisizione. Ove gli elementi di prova siano stati acquisiti nel campo di applicazione del diritto dell’Unione, si potrebbe sostenere che tale diritto debba trovare applicazione anche al loro utilizzo.

59.

L’attuazione del diritto dell’Unione in sede di acquisizione della prova si estenderebbe parimenti agli ambiti in cui i mezzi di prova sono utilizzati anche se detti ambiti – nella specie l’accertamento dell’imposta sui redditi – non rientrano nel diritto dell’Unione. Questa interpretazione andrebbe ben oltre l’interpretazione della nozione di «applicazione del diritto dell’Unione» adottata nella causa Åkerberg Fransson. Infatti, ivi si è argomentato sulla base dell’articolo 325 TFUE e del collegamento tra procedimento penale per frode IVA ed efficace riscossione di detta imposta. Tale argomentazione non è pertinente quando si discute dell’effettiva applicazione dell’imposta sui redditi.

60.

Contro una soluzione siffatta depone anche il fatto che, in una fattispecie come quella in esame, è una circostanza meramente casuale se le autorità fiscali o penali indaghino per evasione dell’imposta sul reddito o per una frode fiscale. Spesso una frode IVA (vale a dire la mancata dichiarazione di operazioni imponibili) è collegata a una frode sull’imposta sui redditi (ossia la mancata dichiarazione di redditi imponibili).

61.

Contrasterebbe con la succitata giurisprudenza della Corte ( 30 ) se tutte le successive misure adottate dall’autorità dovessero costituire attuazione del diritto dell’Unione unicamente in ragione della circostanza, del tutto casuale, che il procedimento di indagine sia stato avviato per evasione dell’imposta sul reddito o dell’IVA.

62.

Infatti, in primo luogo, nell’emettere degli avvisi di accertamento dell’imposta sui redditi, gli Stati membri non intendono dare attuazione al diritto dell’Unione. La normativa in materia di imposte sui redditi non è neppure funzionale all’attuazione di obblighi sanciti dal diritto dell’Unione, ma – come indicato supra ai paragrafi 38 e segg. – ricade nella competenza degli Stati membri.

63.

In secondo luogo, le disposizioni nazionali relative all’imposta sui redditi perseguono, per loro natura, finalità diverse da quelle rientranti nel diritto dell’Unione. È vero che gli obblighi gravanti sugli Stati membri in relazione alle risorse proprie dell’Unione in forza dell’articolo 325 TFUE si estendono a qualsiasi elemento di diritto nazionale che dia loro effettiva attuazione ( 31 ) Tuttavia, nel caso delle imposte sui redditi non si tratta di risorse dell’Unione, ma di risorse degli Stati membri.

64.

In terzo luogo, fatta eccezione per i provvedimenti di diritto derivato citati nel paragrafo 39, non vi sono regole specifiche di diritto dell’Unione per il settore delle imposte sui redditi. Non sarebbe né ragionevolmente prevedibile né funzionalmente necessario ammettere che potenziali effetti indiretti della normativa IVA sulla normativa in materia di imposte sui redditi siano sufficienti per riconoscere un’attuazione del diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta.

65.

Se qualsiasi effetto indiretto della normativa IVA sulla normativa in materia di imposte sui redditi fosse sufficiente a giustificare l’applicabilità del diritto dell’Unione, sarebbe di fatto impossibile definire i pochi ambiti rimasti della normativa in materia di imposte sui redditi oggetto di valutazione unicamente sulla base del diritto nazionale. In particolare, di norma, la mancata dichiarazione di operazioni IVA comporta indirettamente l’omissione di ricavi rilevanti ai fini dell’imposta sui redditi. Pertanto, in definitiva, ciò minerebbe la competenza sulle imposte dirette rimasta, in base all’attuale stato di sviluppo del diritto dell’Unione, in capo agli Stati membri.

66.

In conclusione, non sussiste dunque alcuna attuazione del diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta quando, ai fini di un avviso di accertamento dell’imposta sui redditi, sono utilizzati elementi di prova acquisiti nell’ambito di un procedimento di indagine per reati in materia di IVA.

67.

Tuttavia, come correttamente osservato di recente dall’avvocato generale Saugmandsgard Øe, ciò non significa che esistano lacune nella protezione dei diritti fondamentali dei cittadini dell’Unione. Con riferimento all’accertamento dell’imposta sui redditi, questi ultimi continuano a disporre di mezzi di ricorso nazionali con i diritti fondamentali previsti dal diritto interno e, allorquando siffatti mezzi di ricorso sono esauriti, possono proporre un ricorso dinanzi alla Corte EDU ( 32 ).

3. Conclusione parziale

68.

In sintesi, si può affermare che la Carta non trovi applicazione ratione materiae. Pertanto, la Corte non è competente a pronunciarsi sulla domanda di pronuncia pregiudiziale.

VII. In subordine: analisi nel merito della questione pregiudiziale

69.

Nell’eventualità che la Corte riconosca comunque la propria competenza e ravvisi nell’accertamento dell’imposta sui redditi un’attuazione del diritto dell’Unione, lo Hof van Cassatie (Corte di cassazione) desidera essenzialmente sapere, nel merito, se l’articolo 47 della Carta osti all’utilizzo di elementi di prova acquisiti illegittimamente o ammetta una valutazione da parte del giudice nazionale. In particolare, in tale contesto, lo Hof van Cassatie (Corte di cassazione) chiede che siano precisati i corrispondenti passaggi formulati nella sentenza WebMindLicenses ( 33 ).

70.

La sentenza WebMindLicenses concerneva l’esigenza che le prove alla base di una decisione che costituisce l’attuazione del diritto dell’Unione (nel caso di specie, l’accertamento dell’IVA) non siano state ottenute e utilizzate in violazione dei diritti garantiti dal diritto dell’Unione e, in special modo, dalla Carta ( 34 ).

71.

A questo riguardo, la Corte ha stabilito che il requisito di cui trattasi è soddisfatto se il giudice investito di un ricorso avverso la decisione de qua è abilitato a controllare che le prove sulle quali si basa tale decisione, siano state ottenute conformemente ai diritti garantiti dal diritto dell’Unione ( 35 ).

72.

Pertanto, nella sentenza WebMindLicenses, la Corte si è pronunciata unicamente sulla necessità che il giudice nazionale verifichi la legittimità di una siffatta acquisizione delle prove. Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti in cassazione, non si evince invece se una violazione in sede di acquisizione delle prove comporti automaticamente un divieto del loro utilizzo o se il giudice nazionale possa compiere una propria valutazione.

73.

A questo riguardo occorre anzitutto osservare che il diritto dell’Unione non stabilisce norme relative alle modalità di assunzione delle prove e al loro utilizzo nell’ambito di procedimenti penali in materia di IVA, cosicché tale ambito, in linea di principio, ricade nella competenza degli Stati membri ( 36 ). I procedimenti penali volti a contrastare le violazioni in materia di IVA rientrano quindi nell’autonomia procedurale e istituzionale degli Stati membri. Ciò vale ancor di più per l’utilizzo, ai fini dell’accertamento dell’imposta sui redditi, di elementi di prova acquisiti nell’ambito di un procedimento di indagine per reati in materia di IVA.

74.

Tuttavia, in sede di attuazione del diritto dell’Unione, detta autonomia è limitata dai diritti fondamentali e dal principio di proporzionalità, oltre che dai principi di equivalenza e di effettività ( 37 ).

75.

In tale contesto, non emerge però alcun elemento indicante che, in sede di riconoscimento di un divieto di utilizzo dei mezzi di prova, i principi di equivalenza e di effettività ostino a una valutazione da parte del giudice nazionale.

76.

Non si ravvisa neppure una violazione dei diritti fondamentali. L’articolo 47 della Carta non comporta automaticamente un divieto di utilizzo dei mezzi di prova.

77.

Già prima dell’entrata in vigore della Carta, richiamandosi alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ( 38 ), la Corte ha stabilito che l’ammissibilità di un elemento di prova raccolto in maniera illegittima non può essere esclusa per principio e in astratto, ma spetta al giudice nazionale valutare gli elementi di prova ottenuti ( 39 ).

78.

Il miglior modo di tener conto dei diritti fondamentali passa attraverso un esame caso per caso della proporzionalità dell’ingerenza, come quello compiuto in sede di valutazione da parte dei giudici nazionali (ad esempio, secondo il criterio belga dell’Antigone fiscale). A questo proposito, in una fattispecie concernente la redazione di un elenco di dati personali ai fini della riscossione delle imposte, la Corte ha stabilito che i giudici nazionali devono verificare, nel singolo caso, se elementi per riconoscere un interesse legittimo all’eventuale riservatezza dell’elenco di cui trattasi prevalgano sull’interesse alla tutela dei diritti del singolo ( 40 ).

79.

In una fattispecie come quella in esame, nel valutare il caso specifico il giudice nazionale dovrà considerare soprattutto quale disposizione sia stata violata e la natura della violazione. A tal fine, occorrerà considerare che, all’atto del sequestro dei mezzi di prova da parte del giudice lussemburghese, era presente un giudice belga cosicché, eventualmente, sussiste «soltanto» una violazione del Trattato del Benelux che non integra automaticamente una violazione dell’articolo 7 della Carta.

80.

In conclusione, l’articolo 47 della Carta non osta a una normativa interna in base alla quale un giudice nazionale, chiamato a decidere se un mezzo di prova, acquisito nell’ambito di un procedimento di indagine per reati in materia di IVA in violazione del diritto dell’Unione, possa essere utilizzato ai fini dell’accertamento dell’imposta sui redditi, è tenuto a compiere una valutazione, nell’ambito della quale esso deve considerare anzitutto la natura della violazione.

VIII. Conclusione

81.

Tuttavia, alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di dichiarare la propria incompetenza a trattare la questione sollevata dallo Hof van Cassatie (Corte di cassazione, Belgio).


( 1 ) Lingua originale: il tedesco.

( 2 ) V., ad esempio, le considerazioni del BVerfG (Bundesverfassungsgericht, Corte costituzionale federale, Germania), sentenza del 24 aprile 2013, Antiterrordatei [banca dati anti terrorismo] (1 BVR 1215/07, BVerfGE 133, 277, ECLI:DE:BVerfG:2013:rs20130424.1bvr121507, punto 91).

( 3 ) Sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105).

( 4 ) V., tra le tante, da ultimo, sentenza del 28 marzo 2019, Verlezza e a. (da C‑487/17 a C‑489/17, EU:C:2019:270, punto 29 e la giurisprudenza ivi citata).

( 5 ) Da ultimo, sentenze dell’11 marzo 2008, Jager (C‑420/06, EU:C:2008:152, punto 46); dell’8 dicembre 2011, Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (C‑157/10, EU:C:2011:813, punto 18), e del 28 febbraio 2013, Petersen e Petersen (C‑544/11, EU:C:2013:124, punto 23).

( 6 ) Secondo la sentenza del 22 ottobre 2013, Sabou (C‑276/12, EU:C:2013:678, punto 25), e le conclusioni da me formulate nella stessa causa (EU:C:2013:370, paragrafo 34).

( 7 ) Sentenze del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 19); del 30 aprile 2014, Pfleger e a. (C‑390/12, EU:C:2014:281, punto 33), del 27 marzo 2014, Torralbo Marcos (C‑265/13, EU:C:2014:187, punto 29); del 6 ottobre 2015, Delvigne (C‑650/13, EU:C:2015:648, punto 26); del 30 giugno 2016, Toma e Biroul Executorului Judecătoresc Horațiu-Vasile Cruduleci (C‑205/15, EU:C:2016:499, punto 23), e dell’8 dicembre 2016, Eurosaneamientos e a. (C‑532/15 e C‑538/15, EU:C:2016:932, punto 52).

( 8 ) Punto 11 della domanda di pronuncia pregiudiziale.

( 9 ) Direttiva 77/799/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1977, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette (GU 1977, L 336, pag. 15), nel frattempo revocata dalla direttiva 2011/16/UE del Consiglio, del 15 febbraio 2011, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e che abroga la direttiva 77/799/CEE (GU 2011, L 64, pag. 1); v., al riguardo, ad esempio, le cause pendenti C‑245/19, État du Grand-duché de Luxembourg, e C‑246/19, État du Grand-duché de Luxembourg.

( 10 ) V., ora, la direttiva 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa all’ordine europeo di indagine penale (GU 2014, L 130, pag. 1).

( 11 ) Direttiva 2011/96/UE del Consiglio, del 30 novembre 2011, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (GU 2011, L 345, pag. 8).

( 12 ) Direttiva 2009/133/CE del Consiglio, del 19 ottobre 2009, relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, alle scissioni parziali, ai conferimenti d’attivo ed agli scambi d’azioni concernenti società di Stati membri diversi e al trasferimento della sede sociale di una SE e di una SCE tra Stati membri (GU 2009, L 310, pag. 34).

( 13 ) Direttiva 2003/49/CE del Consiglio, del 3 giugno 2003, concernente il regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni fra società consociate di Stati membri diversi (GU 2003, L 157, pag. 49).

( 14 ) Direttiva (UE) 2016/1164 del Consiglio, del 12 luglio 2016, recante norme contro le pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul funzionamento del mercato interno (GU 2016, L 193, pag. 1).

( 15 ) Sentenze del 7 settembre 2004, Manninen (C‑319/02, EU:C:2004:484, punto 19); del 25 ottobre 2007, Porto Antico di Genova (C‑427/05, EU:C:2007:630, punto 10), e da ultimo del 19 dicembre 2018, Cadeddu (C‑667/17, EU:C:2018:1036, punto 15).

( 16 ) Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1); nel periodo del carosello sull’IVA alla base dei fatti in esame trovava invece ancora applicazione la sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU 1977, L 145, pag. 1).

( 17 ) Sentenze del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 25); del 20 marzo 2018, Menci (C‑524/15, EU:C:2018:197, punto 18), e del 21 novembre 2018, Fontana (C‑648/16, EU:C:2018:932, punto 33).

( 18 ) Sentenza del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C‑419/14, EU:C:2015:832, punto 67). V. conclusioni dell’avvocato generale Bobek nella causa Ispas (C‑298/16, EU:C:2017:650, paragrafo 52).

( 19 ) Sentenze del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105, punti 2627); del 5 aprile 2017, Orsi e Baldetti (C‑217/15 e C‑350/15, EU:C:2017:264, punto 16), e del 20 marzo 2018, Menci (C‑524/15, EU:C:2018:197, punto 21).

( 20 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa Ognyanov (C‑554/14, EU:C:2016:319, paragrafo 121).

( 21 ) Sentenza del 27 maggio 2014, Spasic (C‑129/14 PPU, EU:C:2014:586, punto 76).

( 22 ) Sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 27).

( 23 ) V. sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 28).

( 24 ) Sentenza del 17 gennaio 2019, Dzivev e a. (C‑310/16, EU:C:2019:30, dispositivo e punti 39 e 41).

( 25 ) Sentenze del 5 giugno 2018, Kolev e a. (C‑612/15, EU:C:2018:392, punto 71), e del 17 gennaio 2019, Dzivev e a. (C‑310/16, EU:C:2019:30, punto 33).

( 26 ) V. Corte EDU, sentenza del 10 settembre 2010, McFarlane/Irlanda (CE:ECHR:2010:0910JUD003133306, § 143), sull’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU.

( 27 ) V., tra le tante, sentenze del 12 febbraio 2009, Klarenberg (C‑466/07, EU:C:2009:85, punto 27), e del 6 ottobre 2015, Capoda Import-Export (C‑354/14, EU:C:2015:658, punto 25).

( 28 ) Sentenze del 6 marzo 2014, Siragusa (C‑206/13, EU:C:2014:126, punto 24); del 10 luglio 2014, Julián Hernández e a.(C‑198/13, EU:C:2014:2055, punto 34), e del 6 ottobre 2016, Paoletti e a. (C‑218/15, EU:C:2016:748, punto 14); v., da ultimo, conclusioni dell’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2017:395, paragrafo 43, nota 36), e dell’avvocato generale Bobek nella causa Ispas (C‑298/16, EU:C:2017:650, paragrafo 45); o nelle parole del Bundesverfassungsgericht (Corte costituzionale federale), in risposta alla sentenza Åkerberg Fransson: «für eine Bindung der Mitgliedstaaten durch die in der Grundrechtecharta niedergelegten Grundrechte der Europäischen Union [reicht] nicht schon jeder sachliche Bezug einer [nationalen] Regelung zum bloß abstrakten Anwendungsbereich des Unionsrechts oder rein tatsächliche Auswirkungen auf dieses aus (affinché gli Stati membri siano vincolati ai diritti fondamentali dell’Unione europea sanciti nella Carta dei diritti fondamentali non è [sufficiente] un qualsiasi rimando sostanziale di una disciplina [nazionale] al semplice astratto ambito di applicazione del diritto dell’Unione o un mero concreto impatto su di esso)», BVerfG, Sentenza del 24 aprile 2013, Antiterrordatei [banca dati anti terrorismo] (1 BVR 1215/07, BVerfGE 133, 277, ECLI:DE:BVerfG:2013:rs20130424.1bvr121507, punto 91).

( 29 ) Sentenze del 6 marzo 2014, Siragusa (C‑206/13, EU:C:2014:126, punto 25), e del 10 luglio 2014, Julián Hernández e a. (C‑198/13, EU:C:2014:2055, punto 37), e, da ultimo, ordinanza del 7 settembre 2017, Demarchi Gino e Garavaldi (C‑177/17 e C‑178/17, EU:C:2017:656, punto 20).

( 30 ) Sentenze del 6 marzo 2014, Siragusa (C‑206/13, EU:C:2014:126, punto 24); del 10 luglio 2014, Julián Hernández e a.(C‑198/13, EU:C:2014:2055, punto 34), e del 6 ottobre 2016, Paoletti e a. (C‑218/15, EU:C:2016:748, punto 14).

( 31 ) Conclusioni dell’avvocato generale Bobek nella causa Ispas (C‑298/16, EU:C:2017:650, paragrafi da 26 a 65) e nella causa Dzivev e a. (C‑310/16, EU:C:2018:623, paragrafo 68).

( 32 ) Conclusioni dell’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa Commissione/Ungheria (Diritti di usufrutto su terreni agricoli) (C‑235/17, EU:C:2018:971, paragrafo 109).

( 33 ) Sentenza del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C‑419/14, EU:C:2015:832, punti da 86 a 89).

( 34 ) V. sentenza del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C‑419/14, EU:C:2015:832, punto 87).

( 35 ) Sentenza del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C‑419/14, EU:C:2015:832, punto 88).

( 36 ) V. sentenze del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C‑419/14, EU:C:2015:832, punto 65); del 2 maggio 2018, Scialdone (C‑574/15, EU:C:2018:295, punto 25), e del 17 gennaio 2019, Dzivev e a. (C‑310/16, EU:C:2019:30, punto 24).

( 37 ) V., in tal senso, sentenze del 2 maggio 2018, Scialdone (C‑574/15, EU:C:2018:295, punto 29), e del 17 gennaio 2019, Dzivev e a. (C‑310/16, EU:C:2019:30, punto 30).

( 38 ) Corte EDU, sentenze del 18 marzo 1997, Mantovanelli/Francia (ECLI:CE:ECHR:1997:0318JUD002149793, §§ 33 e 34), e del 25 marzo 1999, Pélissier e Sassi/Francia (ECLI:CE:ECHR:1999:0325JUD002544494, § 45)

( 39 ) V. sentenza del 10 aprile 2003, Steffensen (C‑276/01, EU:C:2003:228, punto 75).

( 40 ) Sentenza del 27 settembre 2017, Puškár (C‑73/16, EU:C:2017:725, punto 97).