CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MICHAL BOBEK

presentate il 7 marzo 2019 ( 1 )

Causa C‑2/18

Lietuvos Respublikos Seimo narių grupė

con l’intervento di:

Lietuvos Respublikos Seimas

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Lietuvos Respublikos Konstitucinis Teismas (Corte costituzionale della Repubblica di Lituania)]

«Domanda di pronuncia pregiudiziale – Agricoltura – Organizzazione comune di mercato – Latte e prodotti lattiero-caseari – Regolamento (UE) n. 1308/2013 – Articolo 148, paragrafo 4 – Disposizioni contrattuali – Libera negoziazione dei prezzi – Normativa nazionale che obbliga gli acquirenti di latte crudo ad offrire i medesimi prezzi ai gruppi di produttori e che vieta la riduzione ingiustificata dei prezzi»

I. Introduzione

1.

Il mercato del latte crudo in Lituania è caratterizzato da un’offerta atomizzata, con migliaia di piccoli produttori di latte crudo, e una domanda altamente concentrata, con un numero limitato di grandi imprese acquirenti. I piccoli produttori non sono organizzati. Le imprese acquirenti sono riuscite pertanto ad imporre loro prezzi di acquisto che comportano prezzi molto bassi per il latte crudo.

2.

In risposta a tale situazione la Lituania ha adottato una normativa specifica al fine di evitare talune pratiche commerciali sleali nel settore del latte crudo. Detta normativa stabilisce una classificazione dei produttori in funzione del volume di latte crudo venduto ogni giorno e obbliga i produttori di latte crudo ad offrire il medesimo prezzo a tutti gli acquirenti che appartengono allo stesso gruppo. Essa vieta altresì agli acquirenti di latte crudo di abbassare i prezzi senza esporne i motivi. Una riduzione pari o superiore al 3% del prezzo di acquisto è consentita soltanto previa autorizzazione dell’autorità amministrativa competente.

3.

Nel procedimento principale, un gruppo di membri del Parlamento lituano ha presentato un ricorso dinanzi al Lietuvos Respublikos Konstitucinis Teismas (Corte costituzionale della Repubblica di Lituania) in ordine alla costituzionalità di tali disposizioni legislative nazionali. Nell’ambito di detto procedimento sono stati altresì espressi dubbi circa la compatibilità delle disposizioni in parola con l’articolo 148, paragrafo 4, del regolamento n. 1308/2013 ( 2 ), in particolare con il requisito secondo cui tutti gli elementi dei contratti devono essere liberamente negoziati tra le parti, ivi compreso il prezzo di acquisto.

4.

In tale contesto, la questione fondamentale sollevata dalla presente causa è come valutare se vi sia un’«armonizzazione esaustiva» o una «prevalenza normativa dell’Unione» in un determinato settore o con riguardo ad una determinata materia. Quali sono i criteri e le considerazioni di cui si deve tenere conto? Se ovviamente la questione relativa all’ambito delle competenze degli Stati membri in settori disciplinati dal diritto dell’Unione non è di certo nuova, le recenti modifiche nella tecnica e nell’approccio normativi nella politica agricola comune e l’organizzazione comune del mercato dei prodotti agricoli hanno avuto un impatto anche sulla tradizionale giurisprudenza in materia in detto settore, come recentemente dimostrato dalla sentenza nella causa Scotch Whisky Association ( 3 ).

II. Contesto normativo

A.   Diritto dell’Unione

5.

L’articolo 148 del regolamento n. 1308/2013 è formulato come segue:

«1.   Qualora uno Stato membro decida che ogni consegna di latte crudo nel proprio territorio da parte di un agricoltore ad un trasformatore di latte crudo deve formare oggetto di un contratto scritto fra le parti e/o decida che i primi acquirenti devono presentare un’offerta scritta per un contratto per la consegna del latte crudo da parte degli agricoltori, detto contratto e/o tale offerta soddisfino le condizioni definite nel paragrafo 2.

(…)

2.   Il contratto e/o l’offerta di contratto di cui al paragrafo 1:

a)

è stipulato/a prima della consegna;

b)

è stipulato per iscritto e

c)

comprende, fra l’altro, i seguenti elementi:

i)

il prezzo da pagare alla consegna, che:

è fisso ed è stabilito nel contratto, e/o

è calcolato combinando vari fattori stabiliti nel contratto, che possono comprendere indicatori di mercato che riflettono cambiamenti nelle condizioni di mercato, il volume consegnato e la qualità o la composizione del latte crudo consegnato;

ii)

il volume di latte crudo che può e/o deve essere consegnato e il calendario di tali consegne;

iii)

la durata del contratto, che può essere determinata o indeterminata, con clausole di risoluzione;

iv)

le precisazioni riguardanti le scadenze e le procedure di pagamento;

v)

le modalità per la raccolta o la consegna del latte crudo; e

vi)

le norme applicabili in caso di forza maggiore.

(…)

4.   Tutti gli elementi dei contratti per la consegna di latte crudo conclusi da agricoltori, collettori o trasformatori di latte crudo, compresi gli elementi di cui al paragrafo 2, lettera c), sono liberamente negoziati tra le parti.

In deroga al primo comma, si applicano uno o più dei seguenti casi:

a)

qualora uno Stato membro decida di rendere obbligatorio un contratto scritto per la consegna di latte crudo ai sensi del paragrafo 1, può stabilire una durata minima applicabile soltanto ai contratti scritti tra un agricoltore e il primo acquirente di latte crudo; tale durata minima è di almeno sei mesi e non compromette il corretto funzionamento del mercato interno;

b)

qualora uno Stato membro decida che il primo acquirente di latte crudo deve presentare un’offerta scritta per un contratto all’agricoltore ai sensi del paragrafo 1, esso può prevedere che l’offerta comprenda una durata minima per il contratto come previsto dalla legislazione nazionale a tal fine; tale durata minima è di almeno sei mesi e non compromette il corretto funzionamento del mercato interno.

Il secondo comma non pregiudica il diritto dell’agricoltore di rifiutare una tale durata minima purché lo faccia per iscritto. In tal caso, le parti sono libere di negoziare tutti gli elementi del contratto, compresi quelli di cui al paragrafo 2, lettera c).

6.

Il regolamento (UE) 2017/2393 ( 4 ), che modifica il regolamento n. 1308/2013, ha modificato l’articolo 148, paragrafo 4, lettera a), come segue:

«a)

qualora uno Stato membro decida di rendere obbligatorio un contratto scritto per la consegna di latte crudo ai sensi del paragrafo 1, può stabilire:

i)

un obbligo per le parti di concordare un rapporto tra un determinato quantitativo consegnato e il prezzo da pagare per tale consegna;

ii)

una durata minima applicabile soltanto ai contratti scritti tra un agricoltore e il primo acquirente di latte crudo; tale durata minima è di almeno sei mesi e non compromette il corretto funzionamento del mercato interno;

(…)».

B.   Diritto lituano

7.

A norma dell’articolo 46, primo comma, della Costituzione della Lietuvos Respublikos Konstitucija (Costituzione della Repubblica di Lituania): «L’economia della Lituania è fondata sul diritto alla proprietà privata, sul libero esercizio delle attività e delle iniziative economiche individuali».

8.

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 5, della Lietuvos Respublikos Ūkio subjektų, perkančių-parduodančių žalią pieną ir prekiaujančių pieno gaminiais, nesąžiningų veiksmų draudimo įstatymas (Legge che vieta agli operatori economici di porre in essere pratiche sleali nell’ambito della compravendita del latte crudo e della commercializzazione di prodotti lattiero-caseari) ( 5 ), come modificata dalla legge n. XII‑2230 (in prosieguo: la «Legge sul divieto di pratiche sleali») ( 6 ), i venditori di latte crudo sono classificati in 10 gruppi in base al volume (in chilogrammi) di latte crudo, contenente grasso naturale, venduto ogni giorno. L’articolo 2, paragrafo 7, della Legge sul divieto di pratiche sleali stabilisce che il prezzo di acquisto del latte crudo è pari all’importo convenuto dall’acquirente e dal venditore di latte crudo per il latte crudo che possiede gli indicatori di composizione di base del latte, esclusi supplementi, maggiorazioni o riduzioni. Detti indicatori sono stati stabiliti nel decreto n. 146 del Ministro dell’agricoltura, del 9 maggio 2001, intitolato «Approvazione della normativa per l’acquisto del latte».

9.

L’articolo 3 della Legge sul divieto di pratiche sleali è intitolato «Divieto per gli operatori economici di porre in essere pratiche sleali». Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, punto 1, di detta legge: «All’acquirente di latte crudo è vietato porre in essere le seguenti pratiche sleali: (1) fissare prezzi di acquisto diversi per il latte crudo in contratti di compravendita di latte crudo quando acquista latte crudo che soddisfa i requisiti di qualità previsti dal decreto del Ministro dell’agricoltura lituano, dal medesimo gruppo di venditori di latte crudo e quando esso è consegnato all’acquirente di latte crudo con le stesse modalità (il latte crudo è consegnato a un punto di acquisto di latte crudo, il latte crudo è acquistato direttamente da una fattoria, il latte crudo è consegnato direttamente a un’impresa di trasformazione di latte crudo), salvo quando il latte crudo venga acquistato da venditori di latte crudo che vendono latte da essi stessi prodotto e che appartengono a un’organizzazione di produttori di latte riconosciuta ai sensi delle norme previste dal decreto del Ministro dell’agricoltura lituano. In quest’ultimo caso, tuttavia, il prezzo di acquisto del latte crudo applicato non può essere inferiore al prezzo che sarebbe stato fissato in funzione del gruppo di venditori di latte crudo».

10.

L’articolo 3, paragrafo 3, punto 3, della Legge sul divieto di pratiche sleali dispone quanto segue: «Agli acquirenti di latte crudo è vietato porre in essere le seguenti pratiche sleali: (…) (3) ridurre ingiustificatamente il prezzo di acquisto del latte crudo».

11.

L’articolo 5 della Legge sul divieto di pratiche sleali prevede che:

«1.   Qualora l’acquirente di latte crudo riduca il prezzo di acquisto del latte crudo stabilito nel contratto per la compravendita di latte crudo di oltre il 3%, lo stesso deve esporre i motivi della riduzione del prezzo e comunicarli all’Agenzia per la regolamentazione del mercato.

2.   L’Agenzia per la regolamentazione del mercato, ai sensi delle linee guida approvate con decreto del Ministro dell’agricoltura lituano, dopo avere esaminato, entro cinque giorni lavorativi, i motivi della riduzione del prezzo di acquisto del latte crudo da parte dell’acquirente di cui al paragrafo 1 del presente articolo, dovrà decidere, entro tre giorni lavorativi, se la riduzione del prezzo d’acquisto del latte crudo di oltre il 3% sia giustificata.

3.   Qualora l’Agenzia per la regolamentazione del mercato, in conformità alle linee guida di cui al paragrafo 2 del presente articolo, decida che la riduzione del prezzo di acquisto del latte crudo di oltre il 3% è ingiustificata, l’acquirente di latte crudo non potrà ridurre il prezzo di acquisto del latte crudo stabilito nel contratto di compravendita di latte crudo».

III. Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

12.

Il Lietuvos Respublikos Seimo narių grupė (un gruppo di membri del Parlamento lituano; in prosieguo: «i ricorrenti») hanno chiesto alla Lietuvos Respublikos Konstitucinis Teismas (Corte costituzionale lituana) di accertare la compatibilità della Legge sul divieto di pratiche sleali, in particolare degli articoli 3 e 5, con la Costituzione lituana, in particolare con il primo comma dell’articolo 46. Essi sostengono che la Legge sul divieto di pratiche sleali è incostituzionale in quanto limita il diritto delle parti di un contratto di stabilire di comune accordo gli elementi essenziali di tale contratto relativi alla compravendita di latte crudo. Ciò è in contrasto con la libertà contrattuale costituzionalmente garantita dall’articolo 46, primo comma, della Costituzione lituana.

13.

Il giudice del rinvio spiega che il mercato del latte crudo in Lituania (essendo il settore lattiero-caseario uno dei maggiori settori di produzione alimentare, che rappresenta circa il 2% del PIL del paese) è caratterizzato dall’esistenza di una moltitudine di piccoli produttori (circa 25.000 produttori, il 74% dei quali possiede da 1 a 5 mucche) e pochi trasformatori (sei imprese di trasformazione trasformano il 97% del latte). I vari metodi impiegati per agevolare la cooperazione tra produttori di latte crudo non sono stati proficui. Non esistono organizzazioni di produttori di latte crudo come quelle definite e riconosciute ai sensi degli articoli da 152 a 154 del regolamento n. 1308/2013. Il latte crudo viene acquistato dai piccoli produttori di latte crudo mediante punti di acquisto di latte. Prima che la Legge sul divieto di pratiche sleali fosse approvata, gli acquirenti, senza negoziare con i produttori di latte crudo, fornivano semplicemente informazioni sul prezzo al quale essi avrebbero acquistato il latte crudo. Di conseguenza, secondo i dati della Commissione europea, il prezzo medio di acquisto per il latte crudo in Lituania era tra i più bassi in tutta l’Unione europea.

14.

Il giudice del rinvio rileva inoltre che l’obiettivo della Legge sul divieto di pratiche sleali consiste nel vietare che i venditori e gli acquirenti di latte crudo pongano in essere pratiche sleali. La nota esplicativa della versione provvisoria di tale legge prevedeva che la stessa era intesa a garantire un equilibrio tra gli interessi legittimi degli acquirenti e dei venditori di latte crudo, a limitare l’esercizio da parte delle grandi imprese che trasformano il latte del loro ampio potere di mercato, nonché a limitare l’indebito vantaggio tratto dagli operatori economici che vendono prodotti lattiero-caseari dalla riduzione dei prezzi all’ingrosso di tali prodotti.

15.

Secondo le opinioni espresse nel corso del procedimento dinanzi al Lietuvos Respublikos Konstitucinis Teismas (Corte costituzionale lituana), gli articoli 3, paragrafo 3, punti 1 e 3, e l’articolo 5 della Legge sul divieto di pratiche sleali sollevano problemi di compatibilità con l’articolo 148, paragrafo 4, del regolamento n. 1308/2013. La Lietuvos Respublikos Konstitucinis Teismas (Corte costituzionale lituana) osserva che l’interpretazione dell’articolo 148, paragrafo 4, del regolamento n. 1308/2013 rileva effettivamente al fine di stabilire se le disposizioni contestate siano conformi all’articolo 46, primo comma, della Costituzione lituana. Il diritto dell’Unione costituisce una fonte per l’interpretazione del diritto lituano, ivi compresa la Costituzione, nei settori in cui la Lituania condivide con l’Unione europea o conferisce a quest’ultima i poteri delle proprie istituzioni nazionali, come nel caso dei settori dell’agricoltura e del mercato interno.

16.

Date tali circostanze, il Lietuvos Respublikos Konstitucinis Teismas (Corte costituzionale lituana) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 148, paragrafo 4, del regolamento n. 1308/2013 possa essere interpretato nel senso che, al fine di rafforzare i poteri negoziali dei produttori di latte crudo e di evitare pratiche commerciali sleali, e tenendo conto di talune particolari caratteristiche strutturali del settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari dello Stato membro, nonché dei cambiamenti nel mercato del latte, esso non vieta l’istituzione di un quadro normativo nazionale che limiti la libertà delle parti contraenti di negoziare il prezzo di acquisto del latte crudo nel senso che a un acquirente di latte crudo è vietato pagare prezzi diversi per il latte crudo a venditori di latte crudo appartenenti allo stesso gruppo, raggruppati in base al volume del latte venduto, che non appartengono a un’organizzazione riconosciuta di produttori di latte, per latte crudo avente la stessa qualità e composizione di quello consegnato all’acquirente con le stesse modalità, e, dunque, nel senso che le parti non possono concordare un diverso prezzo di acquisto del latte crudo prendendo in considerazione altri fattori.

2)

Se l’articolo 148, paragrafo 4, del regolamento n. 1308/2013 possa essere interpretato nel senso che, al fine di rafforzare i poteri negoziali dei produttori di latte crudo e di evitare pratiche commerciali sleali, e tenendo conto di talune caratteristiche strutturali del settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari dello Stato membro e dei cambiamenti nel mercato del latte, esso non vieta l’istituzione di un quadro normativo nazionale che limiti la libertà delle parti contraenti di negoziare il prezzo di acquisto del latte crudo nel senso che è vietato a un acquirente di latte crudo ridurre ingiustificatamente il prezzo di acquisto del latte crudo, e una riduzione del prezzo di oltre il 3% è possibile solo se un’istituzione autorizzata dallo Stato riconosca che una riduzione siffatta è giustificata».

17.

Hanno presentato osservazioni scritte i governi tedesco, francese e lituano e la Commissione europea. Tali parti interessate, nonché i ricorrenti e il governo dei Paesi Bassi hanno presentato osservazioni orali all’udienza tenutasi il 5 dicembre 2018.

IV. Valutazione

18.

Le presenti conclusioni sono articolate come segue. In primo luogo, inizierò indicando quali considerazioni dovrebbero orientare la valutazione della questione se il diritto dell’Unione precluda l’adozione di talune misure da parte degli Stati membri (A). In secondo luogo, alla luce di tali considerazioni, analizzerò le questioni poste dal giudice del rinvio, concludendo che le misure nazionali, come quelle di cui al procedimento principale nel caso di specie, sono in effetti escluse (B). In terzo luogo, intendo altresì formulare alcune osservazioni conclusive, che sono giustificate se si guarda al più ampio contesto della presente causa (C).

A.   Armonizzazione dell’Unione europea (o piuttosto prevalenza federale)

1. Contesto normativo in evoluzione

19.

La presente causa solleva una questione fondamentale, che è datata come lo stesso progetto di integrazione europea: in quale misura gli Stati membri possono (ancora) adottare misure nazionali in un settore «coperto» dal diritto dell’Unione? La natura evolutiva della normativa della politica agricola comune conferisce alla questione (e alla giurisprudenza più risalente della Corte che si è occupata di tale questione) un’impostazione alquanto nuova.

20.

La questione relativa alla portata dell’armonizzazione dell’Unione è spesso sorta, storicamente, nel settore della politica agricola comune, tenuto conto dell’azione ampia e dettagliata del diritto dell’Unione nel campo in parola. Pur essendo impossibile ricostruire tutte le complessità della voluminosa giurisprudenza della Corte nel settore di cui trattasi ( 7 ), si può affermare, in sintesi, che la tale questione ha ricevuto da parte della Corte una risposta sfaccettata in funzione: 1) dell’occupazione dello spazio normativo da parte delle norme dell’Unione; 2) della specifica interazione tra la norma nazionale e il quadro normativo dell’Unione in termini di specificità del conflitto normativo, nonché 3) degli obiettivi perseguiti dalle diverse norme.

21.

Pertanto, in situazioni in cui il diritto dell’Unione ha ampiamente disciplinato una materia (talvolta si è parlato di armonizzazione «esaustiva»), gli Stati membri non possono più intervenire con disposizioni nazionali adottate unilateralmente che possono incidere sul sistema istituito a livello dell’Unione. Il quadro normativo del diritto dell’Unione, che crea un sistema o un insieme normativo completo, non può determinare una completa prevalenza di «settore» o di «materia» ma i suoi effetti vi si avvicinano: qualsiasi norma nazionale che possa incidere su detto quadro normativo è esclusa ( 8 ). Di conseguenza, non sarebbe stata ammessa alcuna norma nazionale che disciplinasse detto settore.

22.

In passato, questo sembra essere stato il caso del regime comune dei prezzi, che era il fulcro del «vecchio» quadro normativo dell’organizzazione comune del mercato in diversi settori. Nonostante il fatto che potrebbe essere oggetto di discussione se vi fosse effettivamente una prevalenza assoluta nell’intero settore ( 9 ), la Corte ha dichiarato che «nei settori disciplinati da un’organizzazione comune, a maggior ragione quando quest’organizzazione si basi su un regime comune dei prezzi, gli Stati membri non possono più intervenire con disposizioni nazionali adottate unilateralmente nel processo di formazione dei prezzi disciplinati, per il medesimo stadio di produzione, dall’organizzazione comune» ( 10 ).

23.

Tuttavia, le riforme successive della politica agricola comune hanno portato a un approccio più orientato al mercato, in modo da rafforzare la competitività del settore e la sua sostenibilità nel contesto della globalizzazione degli scambi ( 11 ). Tale cambiamento di approccio, a sua volta, ha condotto ad una «nuova calibrazione» del livello di prevalenza con riguardo allo spazio normativo nazionale. L’organizzazione comune di mercato unica infatti non si basa più su un regime comune dei prezzi ( 12 ).

24.

Si può pertanto affermare che detti elementi siano (completamente) tornati al regime generale della competenza concorrente. Conformemente all’articolo 4, paragrafo 2, lettera d), TFUE, la politica agricola comune è un settore di competenza concorrente tra l’Unione europea e gli Stati membri. Pertanto, in linea con l’articolo 2, paragrafo 2, TFUE, gli Stati membri possono esercitare la loro competenza normativa nella misura in cui l’Unione europea non ha disciplinato una materia ( 13 ).

25.

In tale contesto, non può esservi prevalenza automatica nei confronti di una norma nazionale, in quanto essa concerne il latte, che è un prodotto che rientra nell’ambito dell’organizzazione comune di mercato unica. Detta norma non può neanche essere esclusa per il fatto di incidere sulla formazione dei prezzi. In altre parole, l’approccio non è (o non è più, se mai lo è stato) quello di un’«armonizzazione del settore» o una «prevalenza in blocco», in cui nessuna norma in un settore definito in astratto potrebbe essere mai adottata a livello nazionale.

2. Elementi da prendere in considerazione

26.

Per effettuare una corretta valutazione della sussistenza o meno della prevalenza normativa dell’Unione nel caso di specie, è importante tenere conto di tre elementi: il livello corretto di analisi o astrazione al quale le norme dell’Unione e le norme nazionali devono essere comparate e confrontate (a); il tipo e la portata del conflitto che può emergere (b); infine, l’individuazione degli obiettivi che le diverse norme perseguono (c).

a) Livello di analisi

27.

Esaminare la prevalenza in termini di «esaustività» dell’armonizzazione al di fuori delle situazioni chiaramente definite non costituisce, a mio avviso, un quadro adeguato di analisi. Infatti, l’analisi della questione se il diritto dell’Unione abbia disciplinato in modo esaustivo una specifica materia dipenderà, naturalmente, da quanto ristretto o ampio si immagina il quadro di riferimento.

28.

Si consideri, ad esempio, il fatto che un provvedimento del diritto dell’Unione possa aver previsto una norma (immaginaria) in una direttiva in materia di tutela dei consumatori. Tale norma immaginaria stabilisce che «se il commerciante, nel corso della negoziazione di un contratto con un consumatore, non si trovi nei propri locali commerciali e, nel discutere la qualità del prodotto che vende, per almeno due volte sbatta le palpebre in modo sospetto, si ha un motivo sufficiente perché il contratto sia dichiarato nullo». Ciò non può essere interpretato nel senso che una siffatta norma (o più norme in materia nel provvedimento di cui trattasi) miri ad armonizzare (in modo esaustivo) «tutti gli elementi della formazione dei contratti con i consumatori» o, passando ad un livello maggiore di astrazione, la «formazione dei contratti (con i consumatori)» o anche «il diritto contrattuale» nel suo insieme.

29.

Pertanto, logicamente, quando la questione che si pone riguarda la compatibilità di una norma nazionale con una disposizione del diritto dell’Unione, il punto di partenza per valutare la compatibilità deve essere l’ambito di applicazione della norma quale stabilito dal diritto dell’Unione. Come ho indicato in un’altra occasione, il modo più opportuno per affrontare la questione se il diritto dell’Unione prevalga su una specifica norma nazionale si ha a livello di microanalisi, incentrata su una norma specifica o su un aspetto specifico e chiaramente definito del diritto dell’Unione ( 14 ). È pertanto necessario intraprendere l’analisi della prevalenza esaminando uno specifico conflitto normativo.

b) Tipo di conflitto

30.

Collocando la norma del diritto dell’Unione al suo livello adeguato di astrazione, il passo successivo consiste nel valutare se essa sia in contrasto, a livello della natura e dell’ambito di applicazione della norma giuridica, con una disposizione di diritto nazionale. Possono potenzialmente emergere due tipi di conflitto.

31.

In primo luogo, un evidente conflitto normativo sorge quando vi è uno «scontro» testuale diretto tra le disposizioni di diritto dell’Unione e una o più norme di diritto nazionale. A livello di precetto normativo, la proposta dell’Unione e quella nazionale non possono coesistere: la norma dell’Unione dice di «essere A», mentre la norma nazionale dice di «essere (in tutto o in parte) non A».

32.

In secondo luogo, tuttavia, i conflitti normativi possono avere anche una natura funzionale: ciò accade in situazioni in cui le norme di diritto nazionale e le norme di diritto dell’Unione sono incompatibili in quanto, anche in mancanza di una disposizione espressa e contrastante, determinate norme dello Stato membro sono in contrasto con il quadro normativo del diritto dell’Unione a livello di applicazione o di attuazione ( 15 ). Intenderei in tal senso l’affermazione della Corte secondo cui, anche se la materia in esame non è stata disciplinata esaustivamente dall’organizzazione comune di mercato, il diritto dell’Unione ha effetto ostativo sulle disposizioni che ostano al buon funzionamento della stessa ( 16 ).

33.

È tuttavia evidente che le due categorie in parola sono lungi dall’essere separate in modo chiaro. Esse sono più simili a due punti sullo spettro. È altresì chiaro che probabilmente conflitti diretti relativi al testo delle norme si verificano solo raramente ( 17 ). I conflitti si possono verificare più frequentemente in ipotesi in cui una disposizione nazionale istituisca una norma incidentalmente diversa o introduca eccezioni, deroghe o condizioni supplementari che non sono espressamente previste nella disposizione di diritto dell’Unione. Ciò rende dunque particolarmente necessario esaminare il più ampio contesto di una disposizione, incluso il regime generale di cui essa fa parte e i suoi obiettivi.

c) Obiettivi

34.

Al fine di determinare se una disposizione di diritto dell’Unione in contrasto con una norma nazionale prevalga su quest’ultima, la Corte ha riconosciuto che gli obiettivi perseguiti al livello nazionale di cui trattasi svolgono un ruolo importante, lasciando spazio ad una giustificazione della misura nazionale nel rispetto dei requisiti di proporzionalità ( 18 ).

35.

Tuttavia, siffatta possibilità di diversificazione nazionale è legata naturalmente alla portata e all’esaustività della prevalenza dell’Unione (altresì denominata «esaustività dell’armonizzazione» ( 19 )). Ciò spiega la decisione che qualsiasi misura nazionale la quale influisce sul processo di formazione dei prezzi nelle fasi di produzione e di commercializzazione in un’organizzazione comune di mercato dell’ancien régime venga esclusa «qualunque sia peraltro la sua finalità asserita o reale» ( 20 ) o «anche se [detta misura fosse] att[a] a servire da sostegno alla politica comune [dell’Unione europea]» ( 21 ).

36.

Per contro, in settori normativi non completamente disciplinati dal legislatore dell’Unione o che sono stati «deregolamentati» a livello dell’Unione, l’esame della compatibilità delle norme nazionali con il diritto dell’Unione può tenere conto degli obiettivi perseguiti ad entrambi i livelli. Di conseguenza, le norme nazionali che perseguono obiettivi d’interesse generale diversi da quelli perseguiti dallo strumento di diritto dell’Unione di cui trattasi, come la tutela della salute delle persone, sono state dichiarate compatibili con il diritto dell’Unione, fermo restando il rispetto dei requisiti del principio di proporzionalità, anche se esse possono avere un’incidenza sull’organizzazione comune del mercato ( 22 ). La Corte ha altresì dichiarato che «la semplice istituzione di un’organizzazione comune di mercato non ha l’effetto di sottrarre i produttori agricoli a qualsiasi normativa nazionale che persegua scopi diversi da quelli propri dell’organizzazione comune di mercato, nemmeno se questa normativa può avere un’incidenza sul funzionamento del mercato nel settore interessato» ( 23 ).

37.

Tuttavia, in una situazione in cui le norme in parola perseguono i medesimi obiettivi della norma di diritto dell’Unione con cui sono in conflitto, le disposizioni nazionali sono escluse ( 24 ). L’approccio differenziato è dovuto al fatto che, laddove norme in conflitto tra di loro perseguano gli stessi obiettivi, le norme nazionali in conflitto si scontrano con le norme di diritto dell’Unione in quanto esse semplicemente mirano ad instaurare un equilibrio normativo diverso sulla base dello stesso tipo di considerazioni. In altre parole, dopo aver preso in considerazione tutti i fattori pertinenti, il legislatore dell’Unione ha optato per una particolare soluzione normativa che richiede il raggiungimento di un punto di equilibrio tra i diversi interessi e considerazioni in oggetto. Una norma nazionale che persegua gli stessi scopi ma attraverso un insieme diverso di norme implica una nuova valutazione della medesima questione.

38.

L’esistenza di obiettivi diversi significa, al contrario, che le considerazioni che i due legislatori avevano in mente erano di natura diversa. Ad esempio, tali considerazioni possono riguardare settori del diritto diversi che hanno soltanto un collegamento incidentale con un atto di diritto dell’Unione oppure, pur riferendosi a un settore disciplinato dal diritto dell’Unione, esse possono riguardare una fase diversa della catena di produzione/distribuzione o attori diversi. Al legislatore nazionale è concesso un certo grado di libertà nel perseguire altri obiettivi di interesse pubblico, che il legislatore dell’Unione non ha (o non poteva) prendere in considerazione quando è stata redatta la norma dell’Unione di cui trattasi,.

39.

Vorrei sottolineare un’importante precisazione: la differenza in termini di obiettivi perseguiti deve riguardare la natura, non soltanto il grado. Pertanto, ad esempio, quando viene adottato un provvedimento dell’Unione che mira a tutelare i consumatori, con cui è stato raggiunto un equilibrio in particolare tra la tutela dei consumatori, da un lato, e la concorrenza e la libertà contrattuale, dall’altro lato, è del tutto plausibile che non sia stato considerato l’obiettivo costituito dalla tutela della salute pubblica o dell’ambiente. Diversa è la situazione in cui tanto le misure dell’Unione quanto quelle nazionali siano volte a realizzare lo stesso tipo di obiettivi, ma aventi peso diverso. Ciò si verificherebbe se la normativa nazionale a cui facevo riferimento nel mio precedente esempio dovesse porre un maggiore accento sulla tutela dei consumatori rispetto al diritto dell’Unione in tal caso particolare, prevedendo, ad esempio, divieti più precisi e dettagliati. Ciò comporterebbe una differenza di grado o di precisione, ma le norme in parola sarebbero ancora riconducibili ad obiettivi della medesima natura.

40.

Infine, anche se sussiste una differenza reale nella natura dell’obiettivo, è stato già precisato che non vi è alcun arbitrario margine di manovra per adottare norme nazionali che perseguono obiettivi diversi, qualunque sia il loro potenziale «impatto» sulle norme comuni. Le limitazioni derivanti dall’applicazione del principio di proporzionalità indicano necessariamente che occorre trovare un equilibrio tra tali obiettivi e quelli relativi alla politica agricola comune e all’organizzazione comune di mercato, come pure che la misura sia idonea e non ecceda quanto è strettamente necessario ( 25 ).

41.

È nell’ambito di tale quadro analitico che interpreterei le recenti dichiarazioni della Corte nella sentenza Scotch Whisky Association ( 26 ). Detta causa riguardava una normativa nazionale che imponeva prezzi minimi nella vendita al dettaglio di bevande alcoliche al fine di tutelare la salute delle persone. La Corte ha dichiarato che la normativa nazionale era idonea ad arrecare pregiudizio alle relazioni concorrenziali, impedendo a taluni produttori o importatori di trarre vantaggio da prezzi inferiori. Essa ha dichiarato che la normativa nazionale era in contrasto con il principio di libera determinazione del prezzo dei prodotti agricoli attraverso il libero gioco della concorrenza, sul quale è fondato il regolamento n. 1308/2013. Tuttavia, dal momento che la norma nazionale perseguiva un obiettivo d’interesse generale diverso da quelli perseguiti dal regolamento n. 1308/2013, la Corte ha dichiarato che la norma non è esclusa se soddisfa il principio di proporzionalità.

42.

Sembrerebbe che l’obiettivo di tutela della salute delle persone non sia stato specificamente parte dell’equazione nell’equilibrio raggiunto dal legislatore dell’Unione a livello europeo all’atto di stabilire le norme per il funzionamento del mercato comune in materia di prodotti vinicoli ( 27 ). Tale obiettivo faceva parte di un diverso sistema normativo nazionale, guidato da considerazioni diverse, che soltanto incidentalmente si sovrapponeva a quello dell’Unione. La norma nazionale di cui trattasi era una misura applicabile soltanto nella fase di vendita al dettaglio. Pertanto, sebbene anche la vendita al dettaglio sia naturalmente una fase (l’ultima) della catena della commercializzazione, la sovrapposizione e il conseguente conflitto tra norme dell’Unione e norme nazionali era di fatto marginale.

B.   Caso di specie

43.

Tenuto conto di tali chiarimenti generali, mi accingo ora ad affrontare l’esame del caso di specie.

44.

Con le sue questioni, il giudice nazionale s’interroga sulla compatibilità degli articoli 3, paragrafo 3, punti 1 e 3, e 5 della Legge sul divieto di pratiche sleali con l’articolo 148, paragrafo 4, del regolamento n. 1308/2013. Il contenuto e l’ambito di applicazione di quest’ultima disposizione costituiscono dunque logicamente il punto di partenza quale norma di riferimento a livello di Unione per la valutazione di potenziali conflitti, definendo allo stesso tempo il livello corretto di astrazione a cui deve essere effettuata l’analisi relativa alla prevalenza.

45.

Pertanto, non è persuasivo l’argomento del governo francese che indica il campo generale dei «rapporti contrattuali» o del diritto commerciale come quadro di riferimento per valutare l’esaustività dell’armonizzazione, affermando contemporaneamente che non possono essere escluse norme applicabili all’intero campo dei rapporti contrattuali in quanto dal regolamento n. 1308/2013 non deriva una simile armonizzazione. Al di fuori dei casi di prevalenza di «settore» o di «materia», a cui non appartiene (o non appartiene più) detto elemento di organizzazione comune del mercato del latte, è necessario concentrare l’attenzione sul reale conflitto normativo. Adottando tale quadro di riferimento, correttamente, a mio avviso, il governo tedesco e la Commissione si sono focalizzati sulla norma specifica relativa alla libera negoziazione di tutti gli elementi del contratto per la consegna di latte crudo (ivi compreso il prezzo) di cui all’articolo 184, paragrafo 4, del regolamento n. 1308/2013.

46.

Allo scopo di fornire una risposta alle questioni sollevate dal giudice del rinvio, occorre verificare, in primo luogo, l’ambito di applicazione e l’interpretazione esatti di tale norma, contenuta nell’articolo 148, paragrafo 4, del regolamento n. 1308/2013 (1). In secondo luogo, si deve esaminare se le disposizioni nazionali di cui trattasi siano in contrasto con detta disposizione (2). In tal caso, una norma nazionale in conflitto potrebbe essere compatibile con il diritto dell’Unione, fermi restando i requisiti del principio di proporzionalità, soltanto qualora essa perseguisse obiettivi di natura diversa (3).

47.

Una volta effettuata tale analisi, devo concludere che, poiché l’articolo 3, paragrafo 3, punti 1 e 3, e l’articolo 5 della Legge sul divieto di pratiche sleali sembrano perseguire obiettivi della medesima natura rispetto a quelli che sono già insiti nell’articolo 148, paragrafo 4, del regolamento n. 1308/2013 e che sono già stati presi in considerazione dal legislatore dell’Unione nell’adottare tale norma, le norme nazionali di cui trattasi sono esclude dal diritto dell’Unione (4).

1. Articolo 148, paragrafo 4, del regolamento n. 1308/2013 e la norma della «libertà di negoziare tutti gli elementi del contratto»

48.

L’articolo 148 del regolamento n. 1308/2013 dev’essere analizzato nel contesto dell’evoluzione della regolamentazione dell’organizzazione comune del mercato nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari ( 28 ). Le successive riforme della politica agricola comune hanno comportato un cambiamento di approccio, determinato da una maggiore enfasi attribuita all’orientamento del mercato e alla competitività ( 29 ).

49.

Tuttavia, per rispondere alla difficile situazione del mercato nel settore in parola, sono state ritenute necessarie misure aggiuntive, in base alle raccomandazioni formulate dal gruppo di esperti di alto livello sul latte. Dette misure (di sostegno) comprendevano una raccomandazione volta all’adozione di disposizioni in materia di relazioni contrattuali. Di conseguenza, nel 2012 è stata introdotta nel regolamento (CE) n. 1234/2007 una disposizione corrispondente all’attuale articolo 148 ( 30 ).

50.

L’adozione di una disposizione in materia di contratti formali scritti è stata considerata essere una misura siffatta di sostegno per il settore del latte, tenuto conto del fatto che il sistema di fissazione comune dei prezzi non era più applicabile e che il sistema delle quote era vicino alla scadenza. Il legislatore dell’Unione ha ritenuto che l’uso di contratti formali scritti potrebbe «contribuire a rafforzare la responsabilità degli operatori nella filiera lattiero-casearia e ad accrescere la consapevolezza della necessità di tenere meglio conto dei segnali del mercato, a migliorare la trasmissione dei prezzi e a adeguare l’offerta alla domanda, nonché contribuire a evitare determinate pratiche commerciali sleali» ( 31 ). La disposizione relativa alle relazioni contrattuali, inizialmente di carattere provvisorio, è divenuta in seguito una misura permanente ( 32 ) ed è stata estesa a settori diversi da quello del latte e dei prodotti lattiero-caseari ( 33 ).

51.

Ai sensi dell’articolo 148 del regolamento n. 1308/2013, qualora uno Stato membro decida che le consegne di latte crudo da parte di un agricoltore ad un trasformatore di latte crudo devono formare oggetto di un contratto scritto (come nel caso della Lituania, secondo il giudice del rinvio), detti contratti devono soddisfare, in base al paragrafo 1 della disposizione in oggetto, talune condizioni. Come indicato nel considerando 127, il regolamento stabilisce alcune condizioni di base per l’utilizzazione di tali contratti, al fine di garantire che vi siano norme minime adeguate per questo tipo di contratti e per assicurare altresì il corretto funzionamento del mercato interno e dell’organizzazione comune dei mercati. Al fine di assolvere tale funzione, l’articolo 148, paragrafo 2, del regolamento n. 1308/2013 stabilisce il contenuto minimo che tali contratti dovrebbero avere, ivi compreso il prezzo ( 34 ).

52.

L’articolo 148, paragrafo 2, prevede inoltre che il contratto è stipulato prima della consegna e per iscritto; esso deve comprendere, fra l’altro, elementi come il prezzo, il volume di latte consegnato e il calendario delle consegne, la durata del contratto, le precisazioni riguardanti il pagamento, le modalità per la raccolta o la consegna e le norme applicabili in caso di forza maggiore. L’articolo 148, paragrafo 2, lettera c), punto i), specifica che l’elemento «prezzo», che deve figurare obbligatoriamente nel contratto scritto, può essere espresso in modi diversi: il prezzo è fisso ed è stabilito nel contratto e/o il prezzo è calcolato combinando vari fattori stabiliti nel contratto (che possono comprendere indicatori di mercato che riflettono cambiamenti nelle condizioni di mercato, il volume consegnato e la qualità o la composizione del latte crudo consegnato).

53.

Tuttavia, anche se gli Stati membri si avvalgono della possibilità che concede loro il regolamento n. 1308/2013 di rendere obbligatori i contratti scritti, tutti gli elementi di tali contratti conclusi tra venditori e acquirenti, ivi compreso il prezzo, devono continuare a essere liberamente negoziabili. Pertanto, come emerge dal suo considerando 127, l’articolo 148, paragrafo 4, del regolamento n. 1308/2013 stabilisce quali limiti sono posti al potere degli Stati membri di intervenire nel settore rendendo obbligatoria la conclusione di contratti scritti. Tale disposizione di per sé ammette soltanto due deroghe specifiche al principio della libera negoziazione. In primo luogo, uno Stato membro può sancire l’obbligo per le parti di concordare un rapporto tra un determinato quantitativo consegnato e il prezzo da pagare per tale consegna. In secondo luogo, uno Stato membro può stabilire una durata minima per i contratti tra un agricoltore e il primo acquirente.

54.

Per sintetizzare la struttura invero alquanto complessa della disposizione in parola, la regola generale che dovrebbe permeare la nuova organizzazione comune del mercato è la libera determinazione del prezzo di vendita attraverso il libero gioco della concorrenza, che allo stesso modo «costituisce l’espressione del principio di libera circolazione delle merci in condizioni di concorrenza effettiva» ( 35 ). In deroga a quanto precede, gli Stati membri possono imporre una serie di formalità contrattuali, sostanzialmente quale misura di sostegno volta a correggere gli squilibri di tale settore specifico. Tuttavia, anche se gli Stati membri prevedono dette deroghe, l’eccezione ha un limite esterno: gli Stati membri non possono arrivare a compromettere il principio della libertà di negoziare tutti gli elementi del contratto, ivi compreso il prezzo, con le limitate eccezioni di cui all’articolo 148, paragrafo 4.

55.

È in tale contesto, tenendo conto della natura e della portata della norma applicabile del diritto dell’Unione, che le disposizioni nazionali in oggetto devono essere valutate.

2. Vi è conflitto tra l’articolo 148, paragrafo 4, e le disposizioni nazionali?

a) Questione 1: articolo 3, paragrafo 3, punto 1, della Legge sul divieto di pratiche sleali

56.

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 148, paragrafo 4, del regolamento n. 1308/2013 osti ad una disposizione nazionale come l’articolo 3, paragrafo 3, punto 1, della Legge sul divieto di pratiche sleali. Ai sensi di quest’ultima disposizione, un acquirente di latte crudo non può applicare prezzi di acquisto diversi per il latte crudo quando acquista quest’ultimo da venditori dello stesso gruppo. I gruppi sono formati in base al volume di latte venduto e comprendono soltanto produttori che non appartengono a organizzazioni riconosciute di produttori di latte. Ogni gruppo deve applicare lo stesso prezzo al latte crudo avente la stessa composizione e la stessa qualità di quello consegnato all’acquirente con le stesse modalità.

57.

Il giudice del rinvio rileva inoltre che le parti di un contratto non possono concordare un prezzo di acquisto per il latte crudo tenendo conto di fattori rilevanti diversi da quelli previsti dalla normativa. In base alle informazioni fornite da tale giudice, ai sensi della normativa per l’acquisto del latte, il latte viene acquistato se gli indicatori di qualità iniziali (colore del latte, odore, consistenza, temperatura, gusto, acidità, purezza, densità, sostanze neutralizzanti e inibitrici) sono conformi a quelli previsti nella normativa. Qualora il latte non sia conforme ad altri indicatori di qualità del latte (come il numero totale di batteri, il numero di cellule somatiche, le sostanze inibitrici, la temperatura di congelamento del latte), si devono applicare le riduzioni dell’importo previsto nella normativa. Di conseguenza, ai produttori di latte crudo possono essere versati supplementi o maggiorazioni conformemente alle condizioni stabilite nel contratto e ciò vale anche per il latte di migliore qualità.

58.

Pertanto, un acquirente di latte crudo può applicare prezzi diversi di acquisto di latte crudo a venditori di latte crudo appartenenti allo stesso gruppo, ma può farlo soltanto se varia la composizione e la qualità del latte fornito. Tuttavia, l’elenco dei fattori che influenzano il prezzo di acquisto del latte crudo è esaustivo. Le parti del contratto non possono quindi scegliere liberamente i fattori rilevanti ai fini della determinazione del prezzo.

59.

Alla luce di tale duplice limitazione, devo concordare con la Commissione e il governo tedesco sul fatto che le disposizioni nazionali non sono compatibili con la libertà di negoziare tutti gli elementi dei contratti scritti, prevista dall’articolo 148, paragrafo 4, del regolamento n. 1308/2013. Inoltre, come ha rilevato altresì il governo tedesco, l’articolo 148, paragrafo 4, prevede esplicitamente eccezioni al principio di libera negoziazione degli elementi del contratto. Le limitazioni previste dall’articolo 3, paragrafo 3, punto 1, della Legge sul divieto di pratiche sleali non rientrano in alcuna delle deroghe in parola.

60.

Il governo lituano ha tuttavia sostenuto che le parti contraenti negoziano liberamente il «prezzo base», facendo riferimento ad indicatori che si basano sulla composizione del latte. L’articolo 3, paragrafo 3, punto 1, ha come effetto l’applicazione di tale prezzo base a tutti i membri di un gruppo. In tal caso, il prezzo può variare a seconda delle modalità di consegna. Il prezzo finale sarà poi influenzato da supplementi, riduzioni o maggiorazioni basati su criteri di qualità. Di conseguenza, il governo lituano afferma che siffatto meccanismo rispetta la libertà di negoziare i prezzi evitando al contempo pratiche sleali.

61.

Gli argomenti del governo lituano non risultano convincenti.

62.

In primo luogo, il governo lituano sostiene che il prezzo base è liberamente negoziato fra le parti. Tuttavia, anche se ciò fosse vero con riguardo ad un produttore, presumibilmente quello con il quale l’acquirente ha concluso il primo contratto nell’ambito di un dato gruppo ( 36 ), l’effetto dell’articolo 3, paragrafo 3, punto 1, della Legge sul divieto di pratiche sleali consiste nell’applicazione obbligatoria dello stesso prezzo base a tutti gli altri produttori del medesimo gruppo. Non vedo come imporre lo stesso prezzo base a tutti i membri di un gruppo di produttori sarebbe rispettoso del principio della libera negoziazione in relazione a tutti gli altri contratti. Per tutti gli altri produttori del gruppo di cui trattasi, il prezzo base diventa in effetti fisso.

63.

In secondo luogo, l’argomento del governo lituano secondo cui il prezzo può altresì variare a seconda di altri fattori stabiliti dalla normativa non conducono ad una diversa conclusione. Ciò si limita a sottolineare il fatto che, una volta che il prezzo base viene fissato, lo sono anche tutti i fattori che possono essere presi in considerazione quando si calcola il prezzo esatto di ogni singola consegna, di fatto non vi è dunque alcuna libera negoziazione del prezzo.

64.

L’articolo 148, paragrafo 2, lettera c), punto i), del regolamento n. 1308/2013 fa riferimento al contenuto minimo dei contratti per quanto riguarda l’indicazione del prezzo da pagare per la consegna che dev’essere ivi indicato. Quest’ultimo deve riferirsi ad un prezzo fisso e/o a un prezzo calcolato combinando vari fattori stabiliti nel contratto. A titolo di esempio, detta disposizione stabilisce che i fattori in parola «possono comprendere indicatori di mercato che riflettono cambiamenti nelle condizioni di mercato, il volume consegnato e la qualità o la composizione del latte crudo consegnato».

65.

Dall’uso delle congiunzioni «e/o» nell’articolo 148, paragrafo 2, lettera c), punto i), si evince che il regolamento n. 1308/2013 è neutrale rispetto al meccanismo di determinazione dei prezzi scelto dalle parti del contratto. Inoltre, l’espressione «che possono comprendere» indica che i fattori elencati nel secondo trattino dell’articolo 148, paragrafo 2, lettera c), punto i), sono puramente indicativi e che potrebbero variare aumentando o diminuendo.

66.

In ogni caso, tuttavia, l’essenza dell’articolo 148, paragrafo 4, resta la stessa: dev’essere possibile per le parti negoziare liberamente tutti gli elementi di un contratto. Fissare un elenco immodificabile degli unici fattori che possono essere presi in considerazione per calcolare il prezzo esatto di ogni consegna con un decreto dello Stato membro, che tutte le parti devono obbligatoriamente applicare, è ancora una volta inconciliabile con una simile affermazione.

67.

Di conseguenza, occorre concludere che la disposizione di cui trattasi nel caso di specie limita la libertà delle parti contraenti di negoziare il prezzo di acquisto del latte crudo sotto due profili: vincola il prezzo base al gruppo e comporta che le parti di un contratto non possano concordare un diverso prezzo di acquisto del latte crudo, prendendo in considerazione fattori diversi da quelli indicati nella normativa nazionale.

b) Questione 2: divieto di riduzioni ingiustificate del prezzo

68.

Con la sua seconda questione, il giudice nazionale si chiede se l’articolo 148, paragrafo 4, del regolamento n. 1308/2013 osti a disposizioni nazionali in base alle quali è vietato a un acquirente di latte crudo ridurre ingiustificatamente il prezzo di acquisto del latte crudo. Una riduzione del prezzo oltre il 3% diventa possibile soltanto se l’autorità competente (l’Agenzia per la regolamentazione del mercato) la ritiene giustificata.

69.

Secondo il governo lituano, l’articolo 3, paragrafo 3, punto 3, e l’articolo 5 mirano a fornire garanzie al fine di evitare ingiustificate modifiche di prezzo dopo la conclusione del contratto. Dette disposizioni non stabiliscono un limite alla libera negoziazione dei prezzi, ma una garanzia che il prezzo non verrà modificato senza che ne siano esposti i motivi oggettivi.

70.

Il governo tedesco ha sostenuto che l’articolo 3, paragrafo 3, punto 3, della Legge sul divieto di pratiche sleali non viola l’articolo 148, paragrafo 4, del regolamento n. 1308/2013. Esso afferma che la norma in parola riguarda il comportamento unilaterale di una delle parti del contratto dopo che il contratto è stato concluso e, in quanto tale, non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 148, paragrafo 4, in quanto concerne un aspetto che non è in esso disciplinato: il divieto di porre in essere pratiche sleali.

71.

La Commissione afferma che detta disposizione, al pari dell’articolo 3, paragrafo 3, punto 1, della Legge sul divieto di pratiche sleali, costituisce una restrizione della libertà di negoziare il prezzo, prevista dall’articolo 148, paragrafo 4, del regolamento n. 1308/2013 ed è pertanto esclusa da quest’ultima disposizione.

72.

Concordo con la Commissione su tale punto.

73.

In via preliminare, devo ammettere che l’articolo 3, paragrafo 3, punto 3, e l’articolo 5 della Legge sul divieto di pratiche sleali mi lasciano un po’ perplesso. La loro semplice esistenza sembra implicare che, nonostante sia obbligatorio redigere contratti scritti (e anche dopo la determinazione di prezzi comuni nell’ambito del gruppo ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, punto 1, di detta legge) vi possa ancora essere una volatilità piuttosto elevata nei prezzi dopo la conclusione di un tale contratto scritto il cui scopo dichiarato è consistito nel conferire stabilità alle relazioni contrattuali.

74.

All’udienza, il governo lituano ha spiegato che la ragion d’essere di tale disposizione risiede nella peculiarità del mercato lituano. A causa dell’ineguale potere di negoziazione delle parti del contratto, gli acquirenti di latte crudo possono imporre ai produttori un prezzo inferiore, minacciando di non rivolgersi più a loro in futuro. Secondo detto governo, le clausole contrattuali non funzionano come dovrebbero in relazione agli acquirenti di latte crudo.

75.

Alla luce di una siffatta realtà, ritengo che l’argomento del governo tedesco – che si fonda sulla distinzione tra il momento esatto in cui il contratto viene concluso, a cui si applica il principio della libera negoziazione, e la successiva esecuzione del contratto, che non è soggetta a tali norme – sia alquanto formalistico e poco convincente. Le spiegazioni offerte dal governo lituano sottolineano piuttosto il fatto che l’asimmetria del potere di negoziazione che esiste nella fase negoziale del contratto può facilmente essere trasferita nella fase successiva dell’esecuzione del contratto. Ciò può avvenire in maniera formale (inserendo clausole contrattuali le quali consentono una simile volatilità dei prezzi, che – è superfluo precisare – va evidentemente a scapito di una sola parte) o a livello fattuale (in quanto è probabile che venga concluso tra le medesime parti un certo numero di contratti successivi in cui – nel senso indicato dal governo lituano – una «mancanza di cooperazione» in caso di «mancata esecuzione» di un contratto potrebbe tradursi in «condizioni meno favorevoli» nel successivo contratto concluso tra le medesime parti).

76.

Tuttavia, considerando entrambi i punti di vista, è altresì piuttosto evidente, a mio avviso, che le disposizioni in materia intendono in effetti limitare la libertà di negoziare gli elementi del contratto, il che compromette l’operatività dell’articolo 148, paragrafo 4, del regolamento. Essi limitano la possibilità di negoziare liberamente le riduzione di prezzo. L’articolo 3, paragrafo 3, punto 3, della Legge sul divieto di pratiche sleali impone un divieto assoluto di effettuare riduzioni ingiustificate, limitando in tal modo chiaramente la libertà contrattuale delle parti. L’articolo 5 di detta Legge estende ulteriormente e definisce a livello istituzionale tale logica subordinando la riduzione dei prezzi oltre il 3% al conseguimento di un’autorizzazione da parte dell’organo amministrativo competente.

77.

In conclusione, pur essendo a conoscenza della realtà economica che è alla base del funzionamento del mercato del latte crudo in Lituania, non riesco a individuare un modo per conciliare tali norme nazionali con la norma, formulata in modo chiaro, secondo cui le parti di un contratto devono essere in grado di negoziare liberamente tutti gli elementi del contratto stesso.

3. Obiettivi diversi?

78.

All’udienza il governo dei Paesi Bassi ha affermato, basandosi sulla sentenza nella causa Scotch Whisky Association e a. ( 37 ), che, benché le norme di cui trattasi comportino limitazioni alla libertà di negoziazione prevista dall’articolo 148, paragrafo 4, del regolamento n. 1308/2013, esse dovrebbero tuttavia essere esaminate con riferimento ai requisiti del principio di proporzionalità in quanto esse perseguono obiettivi diversi da quelli contemplati dal presente regolamento. A tale proposito, il governo dei Paesi Bassi ritiene che l’obiettivo perseguito dalla Legge sul divieto di pratiche sleali – quello di evitare pratiche commerciali sleali – non costituisca un obiettivo autonomo del regolamento in parola, ma che abbia il ruolo di una considerazione meramente accessoria.

79.

Analogamente, il governo francese ha sostenuto all’udienza che la soluzione nella causa Scotch Whisky Association è applicabile al caso di specie, in quanto la norma di cui trattasi non comporta un’armonizzazione esaustiva. È possibile stabilire soltanto caso per caso se le disposizioni nazionali che hanno un impatto su una disposizione espressa di diritto dell’Unione possano essere ammesse su tale base.

80.

Il governo tedesco è di parere opposto. Esso ritiene che la presente causa sia diversa dalla causa Scotch Whisky Association. Contrariamente a quanto avviene in quest’ultima, il cui oggetto non era disciplinato dal regolamento n. 1308/2013, la presente causa riguarda una norma espressa che disciplina i limiti che uno Stato membro può imporre alla libertà di negoziare tutti gli elementi di un contratto.

81.

Nell’applicare il quadro analitico di cui ai paragrafi da 26 a 42 delle presenti conclusioni, la questione fondamentale in relazione a tale fase di valutazione diventa: quali erano esattamente gli obiettivi perseguiti rispettivamente dalle disposizioni del diritto dell’Unione e del diritto nazionale che, come appena confermato, sono in conflitto tra di loro?

82.

Per quanto concerne l’articolo 148, paragrafo 4, del regolamento n. 1308/2013, emergono due obiettivi. In primo luogo, vi è l’obiettivo di migliorare il potere di negoziazione dei produttori di latte nello specifico settore del latte. Come afferma correttamente la Commissione, detto regolamento, come si afferma al considerando 128, ha introdotto misure atte a rafforzare il potere di negoziazione dei produttori di latte nei confronti dei trasformatori, per assicurare ai primi un equo tenore di vita. L’articolo 149 del regolamento n. 1308/2013 consente ad un’organizzazione di produttori costituita da produttori di latte, o alle loro associazioni, di negoziare collettivamente le condizioni contrattuali per la consegna del latte crudo, a titolo di eccezione all’applicazione delle regole in materia di concorrenza. Inoltre, il regolamento si basa in generale (non soltanto nel settore del latte) sulla capacità di tali organizzazioni di produttori di concentrare la fornitura e di contribuire quindi alla posizione di negoziazione dei produttori, promuovendo a loro volta la creazione e il riconoscimento di tali organizzazioni ( 38 ).

83.

In secondo luogo, come indicato dal considerando 138 del regolamento n. 1308/2013, l’uso di contratti scritti formali, come previsto dagli articoli 148 e 168 del regolamento n. 1308/2013, è in genere considerato uno strumento che può contribuire a evitare determinate pratiche commerciali sleali. La disposizione equivalente all’articolo 148 è stata introdotta nel regolamento n. 1234/2007 da parte del regolamento n. 261/2012, con l’obiettivo esplicito che l’uso di contratti scritti formalizzati contribuisca a evitare determinate pratiche commerciali sleali ( 39 ). In particolare, i considerando del regolamento n. 261/2012 chiariscono che le considerazioni che hanno condotto all’adozione della disposizione corrispondente all’attuale articolo 148 del regolamento n. 1308/2013 consistevano nel fatto che, nonostante le notevoli differenze nelle situazioni degli Stati membri per quanto riguarda i settori di produzione e trasformazione dei prodotti lattiero-caseari., in molti casi si rileva una bassa concentrazione dell’offerta, che si traduce in uno squilibrio del potere di negoziazione all’interno della filiera tra agricoltori e latterie, che può portare a pratiche commerciali sleali ( 40 ).

84.

Per quanto riguarda gli obiettivi perseguiti dalla Legge sul divieto di pratiche sleali, il governo lituano ha dichiarato che le norme in oggetto mirano a vietare pratiche commerciali sleali, stimolando pertanto la concorrenza e rafforzando il potere di negoziazione degli agricoltori. L’articolo 3, paragrafo 3, punto 1, di detta legge assicura un certo grado di cooperazione tra i produttori in relazione alla fissazione dei prezzi del latte crudo come mezzo per rafforzare la loro posizione di negoziazione. La Legge sul divieto di pratiche sleali mira dunque a potenziare il potere di negoziazione dei produttori di latte e ad evitare pratiche commerciali sleali nel settore del latte.

85.

È pertanto evidente che gli obiettivi perseguiti dalle disposizioni nazionali di cui trattasi sono gli stessi del regolamento. All’udienza, lo stesso governo lituano l’ha ammesso. Il legislatore dell’Unione ha elaborato l’articolo 148 del regolamento n. 1308/2013 in particolare dopo aver tenuto conto di considerazioni della stessa natura di quelle che hanno motivato l’adozione, da parte del legislatore lituano, delle disposizioni della Legge sul divieto di pratiche sleali oggetto di contestazione. Il risultato è stato forse un equilibrio diverso tra i medesimi valori: nel tentativo di conciliare gli obiettivi di libera concorrenza con gli obiettivi specifici della politica agricola comune, ivi compreso quello di assicurare un equo tenore di vita agli agricoltori del settore del latte, rafforzando il loro potere di negoziazione e tutelandoli da pratiche commerciali sleali, il legislatore dell’Unione ha scelto, anziché le misure probabilmente più drastiche adottate dal legislatore lituano, di ammettere semplicemente la possibilità di rendere obbligatorio per gli Stati membri il requisito del contratto scritto.

86.

Ora, se e quanto tale misura sia effettivamente idonea ed efficace a raggiungere tali obiettivi è una questione alquanto diversa, sulla quale tornerò nella sezione conclusiva delle presenti conclusioni. Tuttavia, non vi è alcun dubbio che il legislatore dell’Unione abbia operato una chiara scelta di valore: prendere in considerazione gli stessi obiettivi e arrivare a disciplinare la stessa situazione esattamente nella stessa fase della filiera di produzione. Per i motivi in parola, il conflitto tra le norme di diritto dell’Unione e le norme nazionali nel caso di specie non costituisce semplicemente un esempio meramente marginale di due regimi che in parte si sovrappongono, in cui l’esame ulteriore della proporzionalità potrebbe anche essere in discussione. Al contrario, si tratta di uno scontro funzionale fondamentale tra due modi di disciplinare esattamente la stessa questione, i quali riflettono diverse scelte di valore tra gli stessi obiettivi.

87.

Il fatto che, come osserva il giudice del rinvio, non vi siano ancora ulteriori misure specifiche di diritto dell’Unione in materia di pratiche commerciali sleali tra imprese della filiera alimentare, ma soltanto misure preparatorie ( 41 ) cambia poco il risultato.

88.

Una proposta di direttiva in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera alimentare è stata pubblicata nell’aprile del 2018 ( 42 ). È certamente vero che, finché tale spazio normativo rimane vuoto, fino all’adozione di uno strumento del diritto dell’Unione in tale settore, gli Stati membri potrebbero adottare disposizioni nazionali.

89.

Tuttavia, è altrettanto vero che le misure che gli Stati membri potrebbero adottare nel frattempo non possono essere in contrasto con le norme del diritto dell’Unione che sono già in vigore ai sensi del regolamento n. 1308/2013 o con qualsiasi altro strumento di diritto dell’Unione in vigore.

90.

All’udienza, il governo dei Paesi Bassi ha tuttavia affermato che la suddetta proposta significa che il diritto dell’Unione, all’articolo 148 del regolamento n. 1308/2013, non può aver già disciplinato in modo esclusivo la questione relativa alla tutela da pratiche commerciali sleali nel settore del latte crudo. Se così fosse stato, come potrebbe ora la Commissione proporre una nuova normativa per quel settore? Pertanto, proponendo una nuova normativa esattamente su tale materia, la Commissione di fatto ha implicitamente riconosciuto che esiste una lacuna normativa specifica.

91.

Per quanto l’argomento in oggetto possa apparire a prima vista elegante, ad un esame più attento esso mostra delle falle. In primo luogo, l’effettiva prevalenza dell’Unione, come sopra descritta ( 43 ), si è verificata al livello della norma la quale enuncia che tutti gli elementi del contratto devono essere liberamente negoziati tra le parti. Ciò non esclude altre potenziali misure che mirino a correggere la situazione di squilibrio e che non ostacolino l’operatività di tale norma specifica. Orbene, è quanto fanno le disposizioni di cui al procedimento principale. In secondo luogo, anche se si dovesse ritenere che vi sia un’esatta corrispondenza tra l’ambito di applicazione delle nuove norme dell’Unione che saranno proposte e l’attuale ambito di applicazione dell’articolo 148 e di altre disposizioni del regolamento n. 1308/2013, quod non, il fatto che vengano proposte nuove norme nel medesimo campo potrebbe anche significare semplicemente che ciò che già esiste in tale campo è in corso di modifica. Le disposizioni successive del diritto dell’Unione costituirebbero quindi una lex posterior allo stesso livello normativo del regolamento n. 1308/2013.

4. Conclusione provvisoria

92.

Alla luce di quanto precede ritengo che l’articolo 148, paragrafo 4, del regolamento n. 1308/2013 debba essere interpretato nel senso che osta ad una normativa come quella di cui trattasi, che, al fine di rafforzare i poteri negoziali dei produttori di latte crudo e di evitare pratiche commerciali sleali:

limita la libertà delle parti contraenti di negoziare il prezzo di acquisto del latte crudo nel senso che a un acquirente di latte crudo è vietato pagare prezzi diversi per il latte crudo a venditori di latte crudo appartenenti allo stesso gruppo, raggruppati in base al volume del latte venduto, che non appartengono a un’organizzazione riconosciuta di produttori di latte, per latte crudo avente la stessa qualità e composizione di quello consegnato all’acquirente con le stesse modalità, e, dunque, nel senso che le parti non possono concordare un diverso prezzo di acquisto del latte crudo prendendo in considerazione altri fattori; e

limita la libertà delle parti contraenti di negoziare il prezzo di acquisto del latte crudo nel senso che a un acquirente di latte crudo è vietato ridurre ingiustificatamente il prezzo di acquisto del latte crudo, e una riduzione del prezzo di oltre il 3% è possibile solo se autorizzata dall’autorità competente.

C.   Post scriptum

93.

Tenuto conto della modifica del quadro normativo nella politica agricola comune e nell’organizzazione comune del mercato nel settore dei prodotti agricoli, nonché della sentenza della Corte nella causa Scotch Whisky Association, possono essere sorti dubbi su quale sia esattamente il margine riservato alle disposizioni nazionali quando si perseguono obiettivi legittimi che non rientrano negli strumenti della politica agricola comune.

94.

Alla luce delle modifiche intervenute riguardo all’approccio normativo e alla logica normativa, analizzate nelle presenti conclusioni, vi è spazio per una diversità nazionale, in particolare ai margini del mercato, dove le forze del mercato devono conciliarsi con altri obiettivi e valori. Non ritengo tuttavia che la «facoltà di discostarsi», anche se guidata da obiettivi del tutto legittimi, possa spingersi al punto di avviare lo smantellamento dell’essenza dell’organizzazione comune di mercato unica.

95.

Tali affermazioni non negano in alcun modo la legittimità e la fondatezza di quanto il legislatore lituano intendeva conseguire con le disposizioni della Legge sul divieto di pratiche sleali oggetto di contestazione. Sono infatti personalmente molto favorevole a tali obiettivi. Le disposizioni nazionali di cui trattasi mirano a dare una risposta ad uno specifico contesto nazionale in cui sembra che l’approccio normativo fondato sul potenziale delle organizzazioni dei produttori e delle loro associazioni non pare aver funzionato correttamente. L’ultima relazione della Commissione sull’attuazione delle disposizioni in materia del regolamento n. 1308/2013 riflette tale realtà sul campo a livello nazionale, evocando la resistenza, in alcuni Stati membri, ad un «approccio associativo» come una delle ragioni del successo incompleto del regolamento ( 44 ).

96.

Tuttavia, per evitare che l’organizzazione del mercato dei prodotti agricoli diventi come l’Emmental, anche tali considerazioni non consentono ad uno Stato membro di discostarsi unilateralmente dai chiari requisiti del diritto dell’Unione. In primo luogo, il regolamento n. 1308/2013 prevede che siano adottate misure specifiche per risolvere problemi specifici ( 45 ). In secondo luogo, esso si sforza altresì di garantire la pronta reazione del legislatore dell’Unione aggiungendo obblighi di comunicazione e di relazione ( 46 ).

97.

In terzo luogo, e soprattutto, in termini generali gli Stati membri sono tenuti, in virtù del dovere di leale collaborazione, a rispettare il diritto dell’Unione. In caso di difficoltà e problemi nell’applicazione, essi devono, se lo ritengono necessario per affrontare tali problemi, ricorrere ad idonei canali istituzionali a livello dell’Unione al fine di promuovere una modifica legislativa e il progressivo adeguamento alle circostanze in evoluzione ( 47 ).

98.

Tuttavia, il dovere di leale collaborazione è bidirezionale. Esso impone non soltanto agli Stati membri, ma anche alle istituzioni l’obbligo di «collaborare in buona fede per superare le difficoltà nel pieno rispetto delle norme del Trattato e delle altre norme [dell’Unione], soprattutto di quelle che regolano l’organizzazione comune dei mercati del settore in questione» ( 48 ).

99.

In tale contesto, è compito del legislatore dell’Unione reagire in tempo utile a tali sviluppi ( 49 ). Come ho indicato in un’altra occasione, il fatto che il legislatore dell’Unione disponga di un ampio margine di discrezionalità, in particolare nel settore della politica agricola comune, non costituisce un «assegno in bianco», in virtù del quale le scelte normative sull’organizzazione del mercato adottate in passato debbano essere percepite come una giustificazione permanente e adeguata della loro costante applicazione in contesti sociali e di mercato notevolmente cambiati ( 50 ). Infatti, il principio di proporzionalità esige anche che gli strumenti di diritto dell’Unione siano idonei a realizzare gli obiettivi che essi perseguono, altrimenti la loro validità può essere eventualmente contestata ( 51 ). Una siffatta contestazione costituirebbe tuttavia un caso diverso, imponendo la presentazione di argomenti e mezzi di prova diversi alla Corte.

V. Conclusione

100.

Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni sottopostele dal Lietuvos Respublikos Konstitucinis Teismas (Corte costituzionale della Repubblica di Lituania) come segue:

L’articolo 148, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007, dev’essere interpretato nel senso che osta ad una normativa come quella di cui trattasi, che, al fine di rafforzare i poteri di negoziazione dei produttori di latte crudo e di evitare pratiche commerciali sleali:

limita la libertà delle parti contraenti di negoziare il prezzo di acquisto del latte crudo nel senso che a un acquirente di latte crudo è vietato pagare prezzi diversi per il latte crudo a venditori di latte crudo appartenenti allo stesso gruppo, raggruppati in base al volume del latte venduto, che non appartengono a un’organizzazione riconosciuta di produttori di latte, per latte crudo avente la stessa qualità e composizione di quello consegnato all’acquirente con le stesse modalità, e, dunque, nel senso che le parti non potrebbero concordare un diverso prezzo di acquisto del latte crudo prendendo in considerazione altri fattori e;

limita la libertà delle parti contraenti di negoziare il prezzo di acquisto del latte crudo nel senso che a un acquirente di latte crudo è vietato ridurre ingiustificatamente il prezzo di acquisto del latte crudo, e una riduzione del prezzo di oltre il 3% è possibile solo se autorizzata dall’autorità competente.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 (GU 2013, L 347, pag. 671).

( 3 ) Sentenza del 23 dicembre 2015, Scotch Whisky Association e a. (C‑333/14, EU:C:2015:845).

( 4 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2017 (GU 2017, L 350, pag. 15).

( 5 ) Repertorio legislativo (TAR), 9 luglio 2015, n. 11209.

( 6 ) Repertorio legislativo (TAR), 29 dicembre 2015, n. 20903.

( 7 ) V., in relazione alle fasi successive dell’evoluzione della politica agricola comune (PAC), ad esempio: Barents, R., The Agricultural Law of the EC, Kluwer, 1994; Usher, J.A., EC Agricultural Law, Oxford University Press, 2001; McMahon, J.A., EU Agricultural Law, Oxford University Press, 2007; e Schütze, R., «Reforming the “CAP”: From Vertical to Horizontal Harmonisation», Yearbook of European Law, Volume 28, 1o edizione, 2009, pagg. da 337 a 361.

( 8 ) Alcune sentenze della Corte sembravano indicare un effetto ostativo, affermando che «quando una normativa che istituisce un’organizzazione comune di mercato può essere considerata esauriente gli Stati membri non hanno più competenza in materia, salvo che non sia specificamente disposto in senso contrario [dal diritto dell’Unione]», sentenza del 13 marzo 1984, Prantl (16/83, EU:C:1984:101, punto 13). Su tale dibattito, v. Schütze, R., «Reforming the “CAP”: From Vertical to Horizontal Harmonization»Yearbook of European Law, Volume 28, 1o edizione, 2009, pagg. da 337 a 361.

( 9 ) V., ad esempio, Berardis, G., «The Common organisation of agricultural markets and national price regulations», CMLRev, 1980, pagg. da 539 a 551; Usher, J.A., «The Effects of Common Organisations and Policies on the Powers of a Member State», European Law Review, Volume 2, 1977, pagg. da 428 a 443.

( 10 ) V., ad esempio, sentenza del 26 maggio 2005, Kuipers (C‑283/03, EU:C:2005:314, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

( 11 ) V. considerando 1 del regolamento (UE) n. 261/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 marzo 2012, che modifica il regolamento (CE) n. 1234/2007 per quanto riguarda i rapporti contrattuali nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari (GU 2012, L 94, pag. 38).

( 12 ) Conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa The Scotch Whisky Association e a. (C‑333/14, EU:C:2015:527, paragrafi 31 e segg.).

( 13 ) V. in tal senso, sentenza del 19 settembre 2013, Panellinios Sindesmos Viomikhanion Metapoiisis Kapnou (C‑373/11, EU:C:2013:567, punto 26).

( 14 ) V. le mie conclusioni nella causa Dzivev (C‑310/16, EU:C:2018:623, paragrafi da 72 a 80).

( 15 ) V., ancora una volta, le mie conclusioni nella causa Dzivev (C‑310/16, EU:C:2018:623, paragrafo 76), che cita, a titolo esemplificativo, nel contesto del mandato d’arresto europeo, la sentenza del 30 maggio 2013, F. (C‑168/13 PPU, EU:C:2013:358, punti 37, 3856).

( 16 ) V., ad esempio, sentenza del 19 marzo 1998, Compassion in World Farming (C‑1/96, EU:C:1998:113, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

( 17 ) V., per la discussione in oggetto, Arena, A., «The Twin Doctrines of Primacy and Pre-emption» in Schütze, R., e Tridimas, T., Oxford Principles of European Union Law: The European Union Legal Order, Vol. 1, Oxford University Press, 2018, pagg. da 300 a 349, in particolare pag. 329.

( 18 ) V. sentenza del 23 dicembre 2015, Scotch Whisky Association and Others (C‑333/14, EU:C:2015:845, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

( 19 ) V. supra, paragrafi 21 e 22.

( 20 ) V. sentenza del 26 maggio 2005, Kuipers (C‑283/03, EU:C:2005:314, punto 53).

( 21 ) V., ad esempio, sentenza del 14 ottobre 2004, Spagna/Commissione (C‑173/02, EU:C:2004:617, punto 19 e giurisprudenza ivi citata).

( 22 ) Sentenza del 23 dicembre 2015, Scotch Whisky Association e a. (C‑333/14, EU:C:2015:845, punti da 26 a 29).

( 23 ) V., ad esempio, sentenza del 6 ottobre 1987, Nertsvoederfabriek Nederland (118/86, EU:C:1987:424, punto 12). V. altresì sentenza del 1o aprile 1982, Holdijk e a. (da 141/81 a 143/81, EU:C:1982:122, punti 1213).

( 24 ) V., ad esempio, sentenza del 16 gennaio 2003, Hammarsten (C‑462/01, EU:C:2003:33, punto 34 e segg.), e ordinanza dell’11 luglio 2008, Babanov (C‑207/08, non pubblicata, EU:C:2008:407, punto 28 e segg.).

( 25 ) V., in tal senso, sentenza del 23 dicembre 2015, Scotch Whisky Association e a. (C‑333/14, EU:C:2015:845, punto 29).

( 26 ) Sentenza del 23 dicembre 2015, Scotch Whisky Association e a. (C‑333/14, EU:C:2015:845).

( 27 ) Conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa The Scotch Whisky Association e a. (C‑333/14, EU:C:2015:527, paragrafo 41).

( 28 ) Sezione 3, dedicata al latte e ai prodotti lattiero-caseari, del capo II (relativa alle disposizioni specifiche relative ai singoli settori) del titolo II della parte II del regolamento n. 1308/2013.

( 29 ) Supra, paragrafo 23.

( 30 ) L’articolo 185 septies è stato inserito nel regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, del 22 ottobre 2007, recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM) (GU 2007, L 299, pag. 1) dal regolamento n. 261/2012.

( 31 ) Considerando 8 del regolamento n. 261/2012.

( 32 ) A norma dell’articolo 232, paragrafo 2, del regolamento n. 1308/2013, l’articolo 148 doveva essere applicato soltanto fino al 30 giugno 2020. Tuttavia, essendo stato ritenuto opportuno continuare a sostenere il settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari nella sua transizione conseguente alla fine del sistema delle quote e incoraggiarlo a rispondere con maggiore efficacia alle fluttuazioni del mercato e dei prezzi, tale data conclusiva è stata eliminata dal regolamento 2017/2393, v. considerando 60 e articolo 4, punto 22.

( 33 ) V. considerando 138 e articolo 168 del regolamento n. 1308/2013.

( 34 ) Il carattere «minimo» di tale norma emerge altresì in modo evidente dai travaux préparatoires, in particolare dalla Proposta della Commissione di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica al regolamento (CE) n. 1234/2007 per quanto riguarda i rapporti contrattuali nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari, COM(2010) 0728 definitivo (proposta che ha portato all’adozione del regolamento n. 261/2012, introducendo la disposizione che ha preceduto l’articolo 148).

( 35 ) V. sentenza del 23 dicembre 2015, Scotch Whisky Association e a. (C‑333/14, EU:C:2015:845, punto 20).

( 36 ) «Presumibilmente» in quanto in un mercato con caratteristiche come quelle del mercato lituano del latte crudo, in cui sembra esservi un significativo squilibrio nel potere contrattuale, sarebbe lecito ritenere che ciò si tradurrebbe altresì in un’asimmetria notevole nelle informazioni.

( 37 ) Sentenza del 23 dicembre 2015 (C‑333/14, EU:C:2015:845, punti da 26 a 29).

( 38 ) Vedi considerando da 131 a 134 e il capo III del titolo II della parte II del regolamento, sulle «organizzazioni di produttori e loro associazioni e organizzazioni interprofessionali».

( 39 ) Considerando 8 del regolamento n. 261/2012, citato al paragrafo 50 delle presenti conclusioni.

( 40 ) V. considerando 5 del regolamento n. 261/2012.

( 41 ) Il 7 giugno 2016 il Parlamento europeo ha approvato una Risoluzione sulle pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare [2015/2065(INI)]. Il 14 novembre 2016 la task force per i mercati agricoli, istituita dal commissario dell’Unione Phil Hogan, ha pubblicato una Relazione sul rafforzamento della posizione degli agricoltori nella filiera alimentare, mentre il 12 dicembre 2016 il Consiglio dell’Unione europea ha approvato le conclusioni della Relazione in materia di rafforzamento della posizione degli agricoltori nella filiera alimentare e sulla lotta contro le pratiche commerciali sleali (conclusioni n. 15508/16).

( 42 ) COM(2018) 173 final, del 12 aprile 2018.

( 43 ) Paragrafo 29 e paragrafi da 59 a 67 delle presenti conclusioni.

( 44 ) Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio. Evoluzione della situazione del mercato lattiero-caseario e funzionamento delle disposizioni del «pacchetto latte» [COM(2016) 724 final]. Un osservatore scettico proveniente dalle zone più orientali dell’Unione europea potrebbe non trovare sorprendenti dette conclusioni, rilevando che ciò accade probabilmente quando una «soluzione» unica, sul piano culturale piuttosto chiaramente orientata, viene proposta al resto dell’Europa. Negli Stati membri con una sensibilità storica alquanto recente all’associazione «obbligatoria» e alla collettivizzazione della produzione agricola, un siffatto modello molto probabilmente andrà incontro ad «insuccesso».

( 45 ) V., in particolare, l’articolo 221, paragrafo 1, del regolamento n. 1308/2013.

( 46 ) Rispettivamente articoli 223 e 225 del regolamento.

( 47 ) V., in tal senso, sentenza del 7 febbraio 1973, Commissione/Italia (39/72, EU:C:1973:13, punto 20 e segg.).

( 48 ) Sentenza dell’8 gennaio 2002, van der Bor (C‑428/99, EU:C:2002:3, punto 47).

( 49 ) V., in tal senso, con riguardo al «dovere di adeguare la sua normativa», sentenza del 12 dicembre 1985, Vonk’s Kaas Inkoop en Produktie Holland (208/84, EU:C:1985:508, punto 22).

( 50 ) V. le mie conclusioni nella causa Lidl (C‑134/15, EU:C:2016:169, paragrafo 90) e nella causa Confédération paysanne e a. (C‑528/16, EU:C:2018:20, paragrafo 139).

( 51 ) V., ad esempio, sentenza del 12 luglio 2012, Association Kokopelli (C‑59/11, EU:C:2012:447, punto 38 e giurisprudenza ivi citata). V. altresì sentenza del 6 dicembre 1984, Biovilac/CEE (59/83, EU:C:1984:380, punto 17), secondo la quale «(…) solo la patente inidoneità di un provvedimento, rispetto allo scopo perseguito dall’istituzione competente, può inficiarne la legittimità».