Causa T‑218/17
HF
contro
Parlamento europeo
«Funzione pubblica – Agenti contrattuali – Articolo 24 dello Statuto – Domanda di assistenza – Articolo 12bis dello Statuto – Molestie psicologiche – Comitato consultivo competente per le molestie sul lavoro e per la relativa prevenzione – Decisione di rigetto della domanda di assistenza – Diritto di essere ascoltato – Principio del contraddittorio – Diniego di comunicazione del parere del comitato consultivo e dei resoconti di audizione dei testimoni – Durata del procedimento amministrativo – Termine ragionevole»
Massime – Sentenza del Tribunale (Prima Sezione ampliata) del 29 giugno 2018
Funzionari – Principi – Diritti della difesa – Domanda di assistenza trasmessa all’amministrazione in cui si deducono pretese molestie psicologiche – Obbligo di ascoltare l’autore di tale domanda – Portata
(Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, artt. 41 e 48; Statuto dei funzionari, artt. 12bis e 24)
Funzionari – Principi – Diritti della difesa – Domanda di assistenza trasmessa all’amministrazione in cui si deducono pretese molestie psicologiche – Obbligo di ascoltare il presunto molestatore – Portata
(Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 48; Statuto dei funzionari, art. 12bis)
Funzionari – Diritti ed obblighi – Indagine interna relativa a pretese molestie psicologiche – Obbligo di trasmettere al denunciante il parere del comitato incaricato dell’indagine – Portata
(Statuto dei funzionari, artt. 12bis e 24)
Funzionari – Diritti ed obblighi – Indagine interna relativa a pretese molestie psicologiche – Obbligo di trasmettere al denunciante i resoconti di audizione dei testimoni sentiti dal comitato incaricato dell’indagine – Insussistenza
(Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 41; Statuto dei funzionari, artt. 12bis e 24)
Funzionari – Diritti ed obblighi – Indagine interna relativa a pretese molestie psicologiche – Obbligo del comitato incaricato dell’indagine di convocare tutti i testimoni proposti dal denunciante – Insussistenza
Funzionari – Diritti ed obblighi – Indagine interna relativa a pretese molestie psicologiche – Composizione del comitato incaricato dell’indagine – Mancanza di parità completa tra i membri designati dall’amministrazione e quelli designati dalla rappresentanza del personale – Ammissibilità – Partecipazione del capo dell’unità Risorse umane dell’istituzione interessata – Ammissibilità
Funzionari – Molestie psicologiche – Nozione – Potere discrezionale dell’amministrazione in merito all’applicazione della nozione – Insussistenza
(Statuto dei funzionari, art. 12bis, § 3)
Il rispetto dei diritti della difesa, ai sensi dell’articolo 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, è destinato ad essere fatto valere solo nell’ambito di una procedura avviata contro una persona e che possa sfociare in un atto lesivo nei suoi confronti nel quale l’amministrazione addebiti elementi a carico di tale persona
A tal riguardo, una procedura di indagine amministrativa esperita a seguito della presentazione, da parte di un funzionario o agente, di una domanda di assistenza ai sensi dell’articolo 24 dello Statuto per fatti di un terzo, funzionario o agente, asseritamente costitutivi di molestie psicologiche ai sensi dell’articolo 12bis dello Statuto, è sì avviata su sua domanda, ma non può essere considerata come una procedura di indagine avviata contro il detto funzionario o agente. Infatti, il ruolo dell’autore della domanda di assistenza in cui si asseriscono fatti configuranti molestie psicologiche consiste sostanzialmente nella sua collaborazione alla buona conduzione dell’indagine amministrativa al fine di accertare i fatti.
Di conseguenza, nell’ambito della procedura seguita dall’amministrazione al fine di statuire su una domanda di assistenza fondata su una violazione dell’articolo 12bis dello Statuto, l’autore di tale domanda non può né rivendicare il rispetto dei diritti della difesa previsti all’articolo 48 della Carta in quanto tali né, in tale ambito, sotto forma di violazione del principio del contraddittorio. Tuttavia, si devono riconoscere all’autore di una domanda di assistenza, in quanto presunta vittima, diritti procedurali, distinti dai diritti della difesa di cui all’articolo 48 della Carta, che non sono così estesi come questi ultimi e che, in definitiva, rientrano nel diritto a una buona amministrazione, quale ormai previsto dall’articolo 41 della Carta.
A tal riguardo, al fine di rispettare il diritto a una buona amministrazione, l’autore della domanda di assistenza deve necessariamente, in conformità dell’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta, essere utilmente ascoltato prima che tale decisione di rigetto della domanda di assistenza sia adottata dall’amministrazione. Ciò implica che l’interessato sia preliminarmente sentito sui motivi che l’amministrazione intende addurre a sostegno del rigetto di tale domanda.
(v. punti 66‑68, 70, 74)
Nell’ambito della procedura seguita dall’amministrazione al fine di statuire su una domanda di assistenza fondata su una violazione dell’articolo 12bis dello Statuto, il presunto molestatore non può né rivendicare il rispetto dei diritti della difesa previsti all’articolo 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea in quanto tali né, in tale ambito, sotto forma di violazione del principio del contraddittorio.
Infatti, è vero che il presunto molestatore può essere personalmente chiamato in causa nella domanda di assistenza sfociata nell’avvio dell’indagine amministrativa e, già in tale fase, può dover difendersi contro accuse nei suoi confronti, il che giustifica che egli possa essere sentito, se del caso a più riprese, nell’ambito dell’indagine. Tuttavia, solo in una fase successiva della procedura, se nei suoi confronti dovessero essere intentati procedimenti disciplinari, nella fattispecie con l’adizione della commissione di disciplina, egli beneficerebbe allora dei diritti della difesa ai sensi dell’articolo 48 della Carta e, in particolare, del principio del contraddittorio, dovendosi sottolineare che lo Statuto prevede solo un diritto di essere ascoltato sul principio dell’avvio del procedimento disciplinare e che la procedura assume un carattere in contraddittorio solo dopo l’adizione della commissione di disciplina.
(v. punti 68, 69)
Fatta salva la tutela degli interessi delle persone chiamate in causa e di quelle che hanno testimoniato nell’ambito di un’indagine relativa a pretese molestie psicologiche, nessuna disposizione dello Statuto vieta la trasmissione di una relazione finale di indagine ad un terzo avente un interesse legittimo a prenderne conoscenza, come nel caso della persona che presenta una domanda di assistenza, ai sensi dell’articolo 24 dello Statuto, asserendo una violazione dell’articolo 12bis dello Statuto.
Pertanto, qualora l’amministrazione decida di avvalersi del parere di un comitato consultivo al quale essa affidi il compito di condurre un’indagine amministrativa e qualora, nella decisione sulla domanda di assistenza, essa tenga conto del parere così emesso da tale comitato consultivo, il detto parere, consultivo e redigibile in forma non riservata rispettosa dell’anonimato concesso ai testimoni, dev’essere in linea di principio portato a conoscenza dell’autore della domanda di assistenza in applicazione del diritto di quest’ultimo di essere ascoltato, e ciò anche se le norme interne in materia di molestie non prevedono tale trasmissione.
(v. punti 79, 80)
In linea di principio, al fine di garantire un’applicazione efficace del divieto di ogni forma di molestie psicologiche o sessuali sul luogo di lavoro, l’amministrazione può legittimamente prevedere la possibilità di garantire ai testimoni che accettino di fornire i loro racconti dei fatti controversi in un asserito caso di molestie che le loro testimonianze resteranno riservate, nei confronti tanto del presunto molestatore quanto della supposta vittima, almeno nell’ambito della procedura seguita per la trattazione di una domanda di assistenza ai sensi dell’articolo 24 dello Statuto.
Infatti, da una parte, dato che, nell’ambito della trattazione di una domanda di assistenza, uno degli obiettivi impartiti all’amministrazione è quello di riportare la serenità nel servizio, la presa di conoscenza del contenuto delle testimonianze, tanto da parte del presunto molestatore, quanto della supposta vittima, potrebbe compromettere tale obiettivo ravvivando un’eventuale animosità interpersonale in seno al servizio e dissuadendo, per il futuro, le persone in grado di fornire una testimonianza pertinente dal farlo.
Dall’altra parte, quando un’istituzione riceve informazioni fornite a titolo volontario, ma accompagnate da una richiesta di riservatezza al fine di proteggere l’anonimato dell’informatore, l’istituzione che accetta di ricevere tali informazioni è tenuta a rispettare tale condizione. Orbene, lo stesso può valere quando taluni funzionari o agenti accettino di rendere le loro testimonianze al fine di consentire all’amministrazione di far luce sui fatti che formano oggetto di una domanda di assistenza, esigendo però, in contropartita, che il loro anonimato sia garantito nei confronti del presunto molestatore e/o della supposta vittima, dovendosi sottolineare che, anche se la loro partecipazione è auspicabile, da un punto di vista statutario essi non sono necessariamente tenuti a collaborare all’indagine fornendo le loro testimonianze.
Pertanto, per quanto riguarda un’indagine relativa a pretese molestie, è senza violare il diritto di essere ascoltato, quale previsto all’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che l’amministrazione rifiuta di trasmettere al denunciante i resoconti di audizione dei testimoni nella fase precontenziosa.
(v. punti 83‑85, 87)
Un organo incaricato di un’indagine amministrativa relativa a molestie, che è tenuto ad istruire le pratiche che gli sono sottoposte in maniera proporzionata, dispone di un ampio margine di discrezionalità per quel che riguarda la conduzione dell’indagine e, in particolare, per quel che riguarda la valutazione della qualità e dell’utilità della cooperazione fornita da testimoni. Pertanto, il comitato consultivo non è per nulla tenuto a convocare tutti i testimoni proposti dal denunciante nell’ambito dell’indagine.
Inoltre, a tal riguardo, pur essendo auspicabile che i funzionari e gli agenti di un’istituzione, vuoi che siano in attività vuoi che siano a riposo, portino il loro contributo a un’indagine amministrativa, essi non sono necessariamente tenuti, sotto il profilo statutario, a testimoniare dinanzi ad un organo quale il comitato consultivo.
(v. punti 97, 99, 101)
Per quanto riguarda il comitato incaricato di condurre un’indagine relativa a pretese molestie, anche se non è prevista una parità completa tra i membri designati dall’amministrazione e quelli designati dalla rappresentanza del personale, vi sono delle sufficienti garanzie di imparzialità e di obiettività del parere che detto comitato deve formulare e adottare all’attenzione dell’amministrazione, in considerazione, in primo luogo, della presenza di un medico di fiducia dell’istituzione in seno al comitato consultivo, in secondo luogo, della circostanza che è previsto, ai sensi delle norme interne dell’istituzione interessata in materia di molestie, che il comitato consultivo lavori nella più completa autonomia, indipendenza e riservatezza e, in terzo luogo, del carattere collegiale delle deliberazioni.
A questo proposito, la circostanza che il presidente del comitato consultivo sia, inoltre, il capo dell’unità Risorse umane della direzione Risorse della DG «Personale» dell’istituzione interessata non implica che egli eserciti o possa esercitare un potere sui membri del personale e, pertanto, sulle deliberazioni del comitato consultivo, così come sul tenore delle testimonianze rese da testimoni.
(v. punti 103, 104)
La definizione di molestie psicologiche di cui all’articolo 12bis dello Statuto costituisce una nozione oggettiva che, pur basandosi su una qualificazione contestuale di atti e di comportamenti di terzi, non sempre semplice da effettuare, non implica tuttavia che si proceda a valutazioni complesse, del tipo di quelle che possono derivare da nozioni di natura economica, scientifica o ancora tecnica che giustificherebbero il riconoscimento all’amministrazione di un margine di discrezionalità nell’applicazione della nozione di cui trattasi.
(v. punto 123)