ORDINANZA DELLA CORTE (Decima Sezione)

14 maggio 2019 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte – Direttiva 2005/29/CE – Pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno – Direttiva 2009/72/CE – Mercato interno dell’energia elettrica – Direttiva 2009/73/CE – Mercato interno del gas naturale – Direttiva 2011/83/UE – Pratiche commerciali aggressive – Stipulazione di contratti di fornitura di energia elettrica e di gas naturale non richiesti dai consumatori – Stipulazione di contratti di fornitura a distanza o di contratti negoziati fuori dei locali commerciali in violazione dei diritti dei consumatori – Autorità competente a sanzionare siffatte pratiche»

Nelle cause riunite da C‑406/17 a C‑408/17 e C‑417/17,

aventi ad oggetto quattro domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia), con ordinanze del 25 gennaio 2017, pervenute in cancelleria il 6 luglio 2017 (da C‑406/17 a C‑408/17) e il 10 luglio 2017 (C‑417/17), nei procedimenti

Acea Energia SpA (C‑406/17)

Green Network SpA (C‑407/17)

Enel Energia SpA (C‑408/17)

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato,

Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas e il Sistema Idrico,

Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni,

nei confronti di:

Adiconsum - Associazione Difesa Consumatori e Ambiente,

Movimento Consumatori,

Federconsumatori,

Gianluca Salvati,

Associazione Codici - Centro per i Diritti del Cittadino,

Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e la tutela dei diritti di utenti e consumatori (Codacons),

Tutela Noi Consumatori,

Movimento Difesa del Cittadino (da C‑406/17 a C‑408/17),

e

Hera Comm Srl

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato,

Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas e il Sistema Idrico,

nei confronti di:

Federconsumatori (C‑417/17),

LA CORTE (Decima Sezione),

composta da C. Lycourgos, presidente di sezione, E. Juhász e I. Jarukaitis (relatore), giudici,

avvocato generale: M. Campos Sánchez-Bordona

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di statuire con ordinanza motivata, conformemente all’articolo 99 del regolamento di procedura della Corte,

ha emesso la seguente

Ordinanza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali») (GU 2005, L 149, pag. 22), in particolare dell’articolo 3, paragrafo 4, dell’articolo 5, paragrafo 3, e degli articoli 8 e 9 di tale direttiva, nonché dell’allegato I a quest’ultima, dell’articolo 37 della direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE (GU 2009, L 211, pag. 55), e dell’articolo 41 della direttiva 2009/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale e che abroga la direttiva 2003/55/CE (GU 2009, L 211, pag. 94).

2        Tali domande sono state presentate, da un lato, nell’ambito di tre controversie sorte tra la Acea Energia SpA (C‑406/17), la Green Network SpA (C‑407/17) e l’Enel Energia SpA (C‑408/17), da una parte, e l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Italia), (in prosieguo: l’«AGCM»), l’Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas e il Sistema Idrico (Italia), (in prosieguo: l’«AEEGSI») e l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Italia), dall’altra parte, e, dall’altro lato, nell’ambito di una controversia sorta tra la Hera Comm Srl (C‑417/17), da una parte, e l’AGCM e l’AEEGSI, dall’altra, in merito a decisioni dell’AGCM con le quali essa ha dichiarato che le suddette società avevano posto in essere pratiche commerciali sleali e avevano adottato una condotta contraria ai diritti dei consumatori, ordinando loro la cessazione di tali condotte e irrogando sanzioni amministrative pecuniarie nei loro confronti.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

 Direttive relative alla tutela dei consumatori

–       Direttiva 2005/29

3        Il considerando 10 della direttiva 2005/29 così recita:

«È necessario garantire un rapporto coerente tra la presente direttiva e il diritto [dell’Unione europea] esistente, soprattutto per quanto concerne le disposizioni dettagliate in materia di pratiche commerciali sleali applicabili a settori specifici. (...) Di conseguenza, la presente direttiva si applica soltanto qualora non esistano norme di diritto [dell’Unione] specifiche che disciplinino aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali, come gli obblighi di informazione e le regole sulle modalità di presentazione delle informazioni al consumatore. Essa offre una tutela ai consumatori ove a livello [dell’Unione] non esista una specifica legislazione di settore (...). La presente direttiva completa pertanto l’acquis [di diritto dell’Unione] applicabile alle pratiche commerciali lesive degli interessi economici dei consumatori».

4        Ai sensi dell’articolo 1 della direttiva 2005/29, essa «intende contribuire al corretto funzionamento del mercato interno e al conseguimento di un livello elevato di tutela dei consumatori mediante l’armonizzazione delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pratiche commerciali sleali lesive degli interessi economici dei consumatori».

5        L’articolo 3 della direttiva in parola è del seguente tenore:

«1.      La presente direttiva si applica alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori, come stabilite all’articolo 5, poste in essere prima, durante e dopo un’operazione commerciale relativa a un prodotto.

(...)

4.      In caso di contrasto tra le disposizioni della presente direttiva e altre norme [di diritto dell’Unione] che disciplinino aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali, prevalgono queste ultime e si applicano a tali aspetti specifici.

(...)».

6        L’articolo 5 della direttiva 2005/29, intitolato «Divieto delle pratiche commerciali sleali», ai suoi paragrafi 3 e 5 così dispone:

«3.      Le pratiche commerciali che possono falsare in misura rilevante il comportamento economico solo di un gruppo di consumatori chiaramente individuabile, particolarmente vulnerabili alla pratica o al prodotto cui essa si riferisce a motivo della loro infermità mentale o fisica, della loro età o ingenuità, in un modo che il professionista può ragionevolmente prevedere sono valutate nell’ottica del membro medio di tale gruppo. (...)

(...)

5.      L’allegato I riporta l’elenco di quelle pratiche commerciali che sono considerate in ogni caso sleali. Detto elenco si applica in tutti gli Stati membri e può essere modificato solo mediante revisione della presente direttiva».

7        L’articolo 8 della direttiva in parola stabilisce le condizioni in cui una pratica commerciale è considerata aggressiva.

8        Nell’articolo 9 della medesima direttiva, intitolato «Ricorso a molestie, coercizione o indebito condizionamento», figura un elenco di elementi che devono essere presi in considerazione «[n]el determinare se una pratica commerciale comporti molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica, o indebito condizionamento».

9        Conformemente al punto 29 dell’allegato I alla direttiva 2005/29, costituisce una pratica commerciale ingannevole il fatto di «[e]sigere il pagamento immediato o differito (...) di prodotti che il professionista ha fornito, ma che il consumatore non ha richiesto».

–        Direttiva 2011/83/UE

10      La direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, sui diritti dei consumatori, recante modifica della direttiva 93/13/CEE del Consiglio e della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 85/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2011, L 304, pag. 64), così dispone, al suo articolo 3, intitolato «Ambito di applicazione», paragrafi 1 e 2:

«1.      La presente direttiva si applica, alle condizioni e nella misura stabilita nelle sue disposizioni, a qualsiasi contratto concluso tra un professionista e un consumatore. Si applica altresì ai contratti per la fornitura di acqua, gas, elettricità o teleriscaldamento, anche da parte di prestatori pubblici, nella misura in cui detti prodotti di base sono forniti su base contrattuale.

2.      In caso di conflitto tra le disposizioni della presente direttiva e una disposizione di un altro atto dell’Unione che disciplini settori specifici, la disposizione di tale altro atto dell’Unione prevale e si applica a tali settori specifici».

11      L’articolo 6, paragrafo 1, lettera h), l’articolo 8, paragrafo 6, l’articolo 9, paragrafo 2, lettera c), l’articolo 11, paragrafi 1 e 4, nonché l’articolo 27 della direttiva 2011/83 contengono norme relative, rispettivamente, agli obblighi di informazione per i contratti a distanza e per i contratti negoziati fuori dei locali commerciali, ai requisiti formali per i contratti a distanza, al diritto di recesso e all’esercizio del suddetto diritto, nonché alla fornitura non richiesta.

 Direttive sui mercati interni dell’energia elettrica e del gas naturale

–       Direttiva 2009/72

12      Ai sensi del considerando 3 della direttiva 2009/72, «[l]e libertà assicurate ai cittadini dell’Unione dal trattato [CE] – tra l’altro, la libera circolazione delle merci, la libertà di stabilimento e la libera fornitura dei servizi – possono essere attuate soltanto in un mercato completamente aperto, che consenta ad ogni consumatore la libera scelta dei fornitori e ad ogni fornitore la libera fornitura ai propri clienti».

13      L’articolo 1 della direttiva in parola, intitolato «Oggetto e ambito di applicazione», prevede quanto segue:

«La presente direttiva stabilisce norme comuni per la generazione, la trasmissione, la distribuzione e la fornitura dell’energia elettrica, unitamente a disposizioni in materia di protezione dei consumatori al fine di migliorare e integrare i mercati competitivi dell’energia elettrica nel[l’Unione]. (...)».

14      L’articolo 3 di detta direttiva, intitolato «Obblighi relativi al servizio pubblico e tutela dei consumatori», al suo paragrafo 7 così dispone:

«Gli Stati membri adottano misure adeguate per tutelare i clienti finali ed assicurano in particolare ai clienti vulnerabili un’adeguata protezione. (...) Essi garantiscono un elevato livello di protezione dei consumatori, con particolare riguardo alla trasparenza delle condizioni generali di contratto, alle informazioni generali ed ai meccanismi di risoluzione delle controversie. Gli Stati membri provvedono affinché i clienti idonei possano effettivamente cambiare fornitore con facilità. Per quanto riguarda almeno i clienti civili, queste misure comprendono quelle che figurano nell’allegato I».

15      Ai sensi dell’articolo 37 della direttiva in parola, intitolato «Compiti e competenze dell’autorità di regolamentazione»:

«1.      L’autorità di regolamentazione ha i seguenti compiti:

(...)

n)      garantire, in collaborazione con altre autorità competenti, che le misure di tutela dei consumatori, incluse quelle indicate all’allegato I, siano effettive e applicate;

(...)».

16      L’allegato I alla direttiva 2009/72, intitolato «Misure sulla tutela dei consumatori», prevede, al suo paragrafo 1, le modalità più concrete di applicazione delle misure di cui all’articolo 3 della direttiva 2009/72, «[f]atte salve le norme [dell’Unione] relative alla tutela dei consumatori, nella fattispecie la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 1997, riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza [GU 1997, L 144, pag. 19] e la direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori [GU 1993, L 95, pag. 29]». Il paragrafo in parola elenca, nella sua lettera a), le condizioni che devono essere specificate in un contratto stipulato tra un consumatore e un fornitore di energia elettrica e dispone, al secondo comma della suddetta lettera, che «[l]e condizioni devono essere eque e comunicate in anticipo» e che, «[d]ovrebbero comunque essere trasmesse prima della conclusione o della conferma del contratto».

17      Il paragrafo 1, lettera d), dell’allegato I alla direttiva 2009/72 prevede che le misure di cui all’articolo 3 della direttiva in esame mirano ad assicurare che i clienti «dispongano di un’ampia gamma di metodi di pagamento, che non devono creare discriminazioni indebite tra i consumatori», ed afferma che «[i] clienti sono protetti dai metodi di vendita sleali o ingannevoli».

–       Direttiva 2009/73

18      Il considerando 3 della direttiva 2009/73 è sostanzialmente identico al considerando 3 della direttiva 2009/72.

19      L’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2009/73, intitolato «Oggetto e ambito di applicazione», è formulato nel modo seguente:

«La presente direttiva stabilisce norme comuni per il trasporto, la distribuzione, la fornitura e lo stoccaggio di gas naturale. Essa definisce le norme relative all’organizzazione e al funzionamento del settore del gas naturale, l’accesso al mercato, i criteri e le procedure applicabili in materia di rilascio di autorizzazioni per il trasporto, la distribuzione, la fornitura e lo stoccaggio di gas naturale nonché la gestione dei sistemi».

20      L’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2009/73 ha un tenore letterale sostanzialmente identico a quello dell’articolo 3, paragrafo 7, della direttiva 2009/72.

21      L’articolo 41, paragrafo 1, lettera o), della direttiva 2009/73 riprende, in termini identici, l’articolo 37, paragrafo 1, lettera n), della direttiva 2009/72.

22      Il paragrafo 1, lettere a) e d), dell’allegato I alla direttiva 2009/73 è sostanzialmente identico al paragrafo 1, lettere a) e d), dell’allegato I alla direttiva 2009/72.

 Diritto italiano

23      L’articolo 20, comma 2, del decreto legislativo del 6 settembre 2005, n. 206 - Codice del consumo, a norma dell’articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229 (supplemento ordinario alla GURI n. 235, dell’8 ottobre 2005), nella sua versione applicabile ai fatti oggetto dei procedimenti principali (in prosieguo: il «codice del consumo»), vieta le pratiche commerciali sleali in termini sostanzialmente identici a quelli contenuti all’articolo 5 della direttiva 2005/29.

24      Gli articoli 24, 25 e 26, paragrafo 1, lettera f), di tale codice riguardano le pratiche commerciali aggressive e riprendono, in sostanza, la formulazione, rispettivamente, degli articoli 8 e 9, nonché dell’allegato I, punto 29, della suddetta direttiva.

25      L’articolo 27, comma 1 bis, del codice del consumo, ivi inserito dall’articolo 1, comma 6, lettera a), del decreto legislativo del 21 febbraio 2014, n. 21 - Attuazione della direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori, recante modifica delle direttive 93/13/CEE e 1999/44/CE e che abroga le direttive 85/577/CEE e 97/7/CE (GURI n. 58, dell’11 marzo 2014, pag. 1) (in prosieguo: il «decreto legislativo n. 21/2014»), è così formulato:

«Anche nei settori regolati, ai sensi dell’articolo 19, comma 3, la competenza ad intervenire nei confronti delle condotte dei professionisti che integrano una pratica commerciale scorretta, fermo restando il rispetto della regolazione vigente, spetta, in via esclusiva, all’[AGCM], che la esercita in base ai poteri di cui al presente articolo, acquisito il parere dell’Autorità di regolazione competente. Resta ferma la competenza delle Autorità di regolazione ad esercitare i propri poteri nelle ipotesi di violazione della regolazione che non integrino gli estremi di una pratica commerciale scorretta. Le Autorità possono disciplinare con protocolli di intesa gli aspetti applicativi e procedimentali della reciproca collaborazione, nel quadro delle rispettive competenze».

26      L’articolo 49, comma 1, lettera h), l’articolo 51, comma 6, l’articolo 52, comma 2, lettera c), l’articolo 54, commi 1 e 4, nonché l’articolo 66 quinquies del codice in esame vertono sulla stipulazione di contratti a distanza e di contratti negoziati fuori dei locali commerciali e riprendono, in sostanza, il tenore letterale, rispettivamente, dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera h), dell’articolo 8, paragrafo 6, dell’articolo 9, paragrafo 2, lettera c), dell’articolo 11, paragrafi 1 e 4, nonché dell’articolo 27 della direttiva 2011/83.

 Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

27      Con decisioni del 4 e dell’11 novembre 2015, l’AGCM ha dichiarato che le ricorrenti nei procedimenti principali avevano posto in essere pratiche commerciali che dovevano essere considerate sleali, in quanto consistenti nella stipulazione di contratti di fornitura di energia elettrica e di gas naturale con consumatori che non avevano richiesto tali contratti, al fine di acquisire clientela sul «mercato libero», nonché illegali, ai sensi del codice del consumo, in quanto corrispondenti alla stipulazione di contratti a distanza e di contratti negoziati fuori dei locali commerciali in violazione dei diritti del consumatore come definiti dal decreto legislativo n. 21/2014.

28      In tali decisioni l’AGCM ha affermato che le ricorrenti nei procedimenti principali erano società attive nel settore della vendita al dettaglio di energia elettrica e di gas naturale alla clientela domestica e alla clientela non domestica di piccole dimensioni nel contesto di un mercato di massa («mass market») in cui, a parere di tale autorità, i nuovi potenziali clienti devono essere contattati singolarmente e convinti mediante mezzi di comunicazione particolari, quali vendite a domicilio o a distanza («teleselling»). Tenuto conto della peculiarità di mezzi di comunicazione di tal genere, i consumatori sarebbero maggiormente propensi a contrarre obblighi senza essere pienamente consapevoli, o essendo indotti in errore, riguardo all’effettivo momento di instaurazione del vincolo contrattuale.

29      L’AGCM ha sottolineato che la violazione degli articoli 20, 24, 25, lettera d), e 26, lettera f), del codice del consumo era legata a profili di aggressività delle pratiche commerciali controverse nei procedimenti principali, le quali consistevano nell’acquisire contratti di fornitura senza consenso effettivo del consumatore (assenza del medesimo o di manifestazione di volontà ovvero falsità della sottoscrizione), nel comunicare al consumatore informazioni ingannevoli o nell’omettere informazioni rilevanti, al fine di ottenere una sua adesione inconsapevole alla proposta di contratto, nell’imporre ostacoli all’esercizio del diritto di recesso nonché nel richiedere il pagamento di importi non dovuti. Non sarebbero stati rispettati neanche i requisiti di forma previsti nel suddetto codice del consumo.

30      Ciascuna delle ricorrenti nei procedimenti principali ha proposto ricorso dinanzi al giudice del rinvio, al fine di ottenere l’annullamento, previa sospensione, di tali decisioni dell’AGCM.

31      L’Acea Energia sostiene, nell’ambito del suo ricorso, che l’AGCM non era competente ad irrogare una sanzione nei suoi confronti e che, quindi, detta autorità aveva violato i principi di tassatività e di certezza del diritto, dal momento che i contratti con clienti finali sono stati stipulati, a parere dell’Acea Energia, conformemente alle regole stabilite dall’AEEGSI, in qualità di autorità di settore. Inoltre, essa contesta la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione dell’AGCM ad essa relativa, in particolare l’imposizione di ostacoli all’esercizio del diritto di recesso e la mancata acquisizione del consenso dei consumatori su un supporto durevole, nonché la gravità della sanzione irrogata.

32      La Green Network fa valere, nell’ambito del suo ricorso proposto dinanzi al giudice del rinvio, di non aver commesso l’infrazione addebitata e di aver seguito, al fine di ottenere il consenso dei consumatori, procedure idonee previste dalla normativa nazionale applicabile. Inoltre, non potrebbero esserle imputate le condotte sleali ad essa contestate, essendo state poste in essere da suoi collaboratori esterni. Essa fa valere anche che l’AGCM ha sanzionato due volte la stessa condotta, applicando due disposizioni diverse del codice del consumo, e che, in ogni caso, la sanzione irrogata nei suoi confronti è troppo elevata.

33      L’Enel Energia contesta, da parte sua, la competenza dell’AGCM a irrogare sanzioni nel caso di specie, poiché tale competenza apparterrebbe, a suo parere, all’AEEGSI. Peraltro, essa sostiene di aver dato esecuzione alle misure richieste per innalzare la tutela dei consumatori e che l’AGCM ha violato la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale. Essa contesta, poi, l’importo dell’ammenda che quest’ultima le ha irrogato.

34      La Hera Comm sostiene, nell’ambito del suo ricorso, che la decisione dell’AGCM nei suoi confronti è stata adottata in base ad una disposizione nazionale che potrebbe risultare in contrasto con la direttiva 2005/29, avendo applicato tale autorità un regime generale previsto dal codice del consumo a condotte che, a parere della società in parola, rientrano nella disciplina nazionale settoriale. In ogni caso, le infrazioni ad essa addebitate non sarebbero riscontrabili, avendo predisposto tale società un valido sistema di protezione dei consumatori. Peraltro, la pratica commerciale controversa nel procedimento principale non potrebbe essere qualificata come «aggressiva» a fronte della mancanza di taluni elementi che, conformemente alla giurisprudenza nazionale, caratterizzerebbero una qualificazione di tal genere. Inoltre, richiedere il pagamento di forniture non volute rispetterebbe la disciplina di settore stabilita dall’AEEGSI. La Hera Comm contesta anche l’importo della sanzione ad essa irrogata dall’AGCM.

35      Il giudice del rinvio afferma che le ricorrenti di cui ai procedimenti principali gli hanno chiesto di sottoporre alla Corte questioni pregiudiziali vertenti sull’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2005/29, le quali corrispondono, in sostanza, a quelle già sottoposte alla Corte dal Consiglio di Stato (Italia) nelle cause da cui ha avuto origine la sentenza del 13 settembre 2018, Wind Tre e Vodafone Italia (C‑54/17 e C‑55/17, EU:C:2018:710).

36      A tal riguardo, il giudice del rinvio rileva che, ad avviso delle ricorrenti nei procedimenti principali, da un lato, la normativa vigente nei settori dell’energia elettrica e del gas naturale è tassativa e prevede regole di comportamento che riguardano l’intero contenuto delle condotte controverse nei procedimenti principali, sanzionate dall’AGCM, e, dall’altro, l’AEEGSI è competente a irrogare sanzioni nel contesto del mercato dell’energia, cosicché il principio di specialità sancito dall’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2005/29 risulta applicabile e non è necessario applicare il regime di diritto comune di protezione dei consumatori derivante da tale direttiva.

37      Nutrendo dubbi in proposito, il giudice del rinvio ritiene necessario sottoporre alla Corte alcune questioni pregiudiziali vertenti sull’interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione sulla tutela dei consumatori applicabili al settore della fornitura di energia elettrica e di gas naturale.

38      In tale contesto, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia) ha deciso di sospendere i procedimenti e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, formulate in termini identici nelle cause da C‑406/17 a C‑408/17 e C‑417/17:

«1)      Se la “ratio” della direttiva “generale” [2005/29], intesa quale “rete di sicurezza” per la tutela dei consumatori, nonché, nello specifico, il “Considerando n. 10”, l’art. 3, paragrafo 4, e l’art. 5, paragrafo 3, della medesima direttiva ostino a una norma nazionale che riconduca la valutazione del rispetto degli obblighi specifici previsti dalle direttive settoriali [2009/72] e [2009/73] a tutela dell’utenza nell’ambito di applicazione della direttiva generale [2005/29] sulle pratiche commerciali scorrette, escludendo, per l’effetto, l’intervento dell’autorità di settore – nel caso di specie AEEGSI – a reprimere una violazione della direttiva settoriale in ogni ipotesi che sia suscettibile di integrare altresì gli estremi di una pratica commerciale scorretta o sleale;

2)      Se il principio di specialità di cui all’art. 3, paragrafo 4, della direttiva [2005/29] deve essere inteso quale principio regolatore dei rapporti tra ordinamenti (ordinamento generale e ordinamenti di settore), ovvero dei rapporti tra norme (norme generali e norme speciali) ovvero, ancora, dei rapporti tra autorità indipendenti preposte alla regolazione e vigilanza dei rispettivi settori;

3)      Se la nozione di “contrasto” di cui all’art. 3, paragrafo 4, della direttiva [2005/29] possa ritenersi integrata solo in caso di radicale antinomia tra le disposizioni della normativa sulle pratiche commerciali scorrette e le altre norme di derivazione europea che disciplinano aspetti specifici delle pratiche commerciali, ovvero se sia sufficiente che le norme in questione dettino una disciplina difforme dalla normativa sulle pratiche commerciali scorrette, tale da determinare un concorso di norme in relazione a una stessa fattispecie concreta;

4)      Se la nozione di [norme di diritto dell’Unione] di cui all’art. 3, paragrafo 4, della direttiva [2005/29] abbia riguardo alle sole disposizioni contenute nei regolamenti e nelle direttive europee, nonché alle norme di diretta trasposizione delle stesse, ovvero se includa anche le disposizioni legislative regolamentari attuative di principi di diritto [dell’Unione];

5)      Se il principio di specialità, sancito al “Considerando 10” e all’art. 3, paragrafo 4, della direttiva [2005/29] e [l’articolo] 37 della direttiva [2009/72] [nonché l’articolo] 41 della direttiva [2009/73] ostino a una interpretazione delle corrispondenti norme di trasposizione nazionale per cui si ritenga che, ogni qualvolta si verifichi in un settore regolamentato, contenente una disciplina “consumeristica” settoriale con attribuzione di poteri regolatori e sanzionatori all’autorità del settore, una condotta riconducibile alla nozione di “pratica aggressiva”, ai sensi degli articoli 8 e 9 della direttiva [2005/29], o “in ogni caso aggressiva” ai sensi dell’Allegato I della direttiva [2005/29], debba sempre trovare applicazione la normativa generale sulle pratiche scorrette, e ciò anche qualora esista una normativa settoriale, adottata a tutela dei (medesimi) consumatori e fondata su previsioni di diritto dell’Unione, che regoli in modo compiuto le medesime “pratiche aggressive” e “in ogni caso aggressive” o, comunque, le medesime “pratiche scorrette/sleali”».

39      Con decisione del presidente della Corte del 19 dicembre 2018, le cause da C‑406/17 a C‑408/17 e C‑417/17 sono state riunite ai fini delle fasi scritta ed orale del procedimento, nonché della sentenza.

 Sulle questioni pregiudiziali

40      Ai sensi dell’articolo 99 del regolamento di procedura della Corte, quando la risposta a una questione pregiudiziale può essere chiaramente desunta dalla giurisprudenza, la Corte, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, può statuire in qualsiasi momento con ordinanza motivata.

41      Tale disposizione va applicata nelle presenti cause.

 Sulle questioni dalla prima alla quarta

42      In via preliminare è opportuno ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, nell’ambito della cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia sottopostagli. In tale prospettiva, spetta alla Corte, se necessario, riformulare le questioni che le sono sottoposte e, in siffatto contesto, interpretare tutte le norme del diritto dell’Unione che possano essere utili ai giudici nazionali al fine di dirimere le controversie di cui sono investiti, anche qualora tali norme non siano espressamente indicate nelle questioni a essa sottoposte da detti giudici (v., in particolare, sentenza del 4 ottobre 2018, Kamenova, C‑105/17, EU:C:2018:808, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).

43      Di conseguenza, benché formalmente il giudice del rinvio abbia limitato le sue questioni all’interpretazione di talune disposizioni della direttiva 2005/29, la Corte è tenuta a trarre dall’insieme degli elementi forniti dal giudice del rinvio e, in particolare, dalla motivazione delle ordinanze di rinvio, gli elementi di diritto dell’Unione che richiedano un’interpretazione, tenuto conto dell’oggetto delle controversie di cui ai procedimenti principali (sentenza del 4 ottobre 2018, Kamenova, C‑105/17, EU:C:2018:808, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

44      Nel caso di specie, risulta dalle ordinanze di rinvio che, da un lato, una parte delle disposizioni nazionali rilevanti nei procedimenti principali, ossia l’articolo 49, comma 1, lettera h), l’articolo 51, comma 6, l’articolo 52, comma 2, lettera c), l’articolo 54, commi 1 e 4, nonché l’articolo 66 quinquies del codice del consumo recepiscono nell’ordinamento italiano, rispettivamente, l’articolo 6, paragrafo 1, lettera h), l’articolo 8, paragrafo 6, l’articolo 9, paragrafo 2, lettera c), l’articolo 11, paragrafi 1 e 4, nonché l’articolo 27 della direttiva 2011/83. Dall’altro lato, risulta da tali ordinanze di rinvio che le ricorrenti nei procedimenti principali sono state sanzionate dall’AGCM, segnatamente, per una condotta illegale consistente nell’aver stipulato con i consumatori contratti a distanza e contratti negoziati fuori dei locali commerciali, di cui determinati aspetti sono disciplinati dalla direttiva 2011/83.

45      Tuttavia, il giudice del rinvio chiede alla Corte, nell’ambito della norma di conflitto introdotta dall’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2005/29, di pronunciarsi, segnatamente, sulla competenza dell’autorità di regolamentazione di settore, ai sensi delle direttive 2009/72 e 2009/73, a sanzionare condotte come quelle controverse nei procedimenti principali e non chiede, nelle sue questioni pregiudiziali, che sia interpretata la direttiva 2011/83. Orbene, si deve rilevare che l’articolo 3, paragrafo 2, di quest’ultima direttiva contiene una norma di conflitto che è formulata in termini sostanzialmente identici a quelli dell’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2005/29.

46      In tale contesto, occorre considerare che il giudice del rinvio, con le sue questioni dalla prima alla quarta, che è opportuno esaminare congiuntamente, chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2005/29 e l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2011/83 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale in forza della quale determinate condotte, come quelle controverse nei procedimenti principali, consistenti nella stipulazione di contratti di fornitura che non sono stati richiesti dai consumatori o di contratti a distanza e di contratti negoziati fuori dei locali commerciali in violazione dei diritti dei consumatori, devono essere valutate alla luce delle rispettive disposizioni delle direttive 2005/29 e 2011/83, con la conseguenza che, conformemente a tale normativa nazionale, l’autorità di regolamentazione di settore, ai sensi delle direttive 2009/72 e 2009/73, non è competente a sanzionare siffatte condotte.

47      In proposito è opportuno ricordare che l’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2005/29 dispone che, in caso di contrasto tra le disposizioni della direttiva in parola e altre norme dell’Unione che disciplinino aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali, prevalgono queste ultime e si applicano a tali aspetti specifici. Tale direttiva trova quindi applicazione, come confermato dal suo considerando 10, soltanto qualora non esistano specifiche norme del diritto dell’Unione che disciplinino aspetti particolari delle pratiche commerciali sleali (sentenza del 13 settembre 2018, Wind Tre e Vodafone Italia, C‑54/17 e C‑55/17, EU:C:2018:710, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

48      L’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2005/29 disciplina espressamente i casi di contrasto tra norme dell’Unione e non tra norme nazionali (sentenza del 13 settembre 2018, Wind Tre e Vodafone Italia, C‑54/17 e C‑55/17, EU:C:2018:710, punto 59).

49      Per quanto riguarda la nozione di «contrasto», si deve rilevare che essa denota un rapporto tra le disposizioni cui si riferisce che va oltre la mera difformità o la semplice differenza, evidenziando una divergenza che non può essere superata mediante una formula inclusiva che permetta la coesistenza di entrambe le realtà, senza che sia necessario snaturarle. Pertanto, un contrasto come quello contemplato dall’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2005/29 sussiste unicamente quando disposizioni estranee a quest’ultima, disciplinanti aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali, impongono ai professionisti, senza alcuna discrezionalità, obblighi incompatibili con quelli stabiliti dalla direttiva 2005/29 (sentenza del 13 settembre 2018, Wind Tre e Vodafone Italia, C‑54/17 e C‑55/17, EU:C:2018:710, punti 60 e 61).

50      Peraltro, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2011/83, in caso di conflitto tra le disposizioni della direttiva in parola e una disposizione di un altro atto dell’Unione che disciplini settori specifici, la disposizione di tale altro atto dell’Unione prevale e si applica a detti settori specifici.

51      La disposizione in esame introduce, quindi, una norma di conflitto che è sostanzialmente identica a quella prevista all’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2005/29. Pertanto, le considerazioni esposte ai punti da 47 a 49 della presente ordinanza si applicano altresì con riferimento all’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2011/83.

52      Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre verificare se le direttive 2009/72 e 2009/73, in merito alle quali il giudice del rinvio chiede alla Corte di pronunciarsi, disciplinino aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali, quali la fornitura di prodotti non richiesta dal consumatore, ai sensi della direttiva 2005/29, e la stipulazione di contratti a distanza e di contratti negoziati fuori dei locali commerciali in violazione dei diritti dei consumatori, ai sensi della direttiva 2011/83 (v., per analogia, sentenza del 13 settembre 2018, Wind Tre e Vodafone Italia, C‑54/17 e C‑55/17, EU:C:2018:710, punto 62).

53      In proposito si deve ricordare che la direttiva 2009/72, come risulta dal suo articolo 1, mira a stabilire norme comuni, in particolare, per la distribuzione dell’energia elettrica al fine di migliorare e integrare i mercati competitivi dell’energia elettrica nell’Unione. Infatti, come risulta dal considerando 3 della direttiva 2009/72, quest’ultima è volta a realizzare un mercato completamente aperto, che consenta ad ogni consumatore la libera scelta dei fornitori e ad ogni fornitore la libera fornitura ai propri clienti (sentenza del 28 novembre 2018, Solvay Chimica Italia e a., C‑262/17, C‑263/17 e C‑273/17, EU:C:2018:961, punti 27 e 55).

54      La direttiva 2009/73 mira, da parte sua, come risulta dal suo articolo 1, a stabilire norme comuni per il trasporto, la distribuzione, la fornitura e lo stoccaggio di gas naturale. Essa è volta altresì a realizzare un mercato interno del gas naturale completamente ed effettivamente aperto e concorrenziale, nell’ambito del quale tutti i consumatori possano scegliere liberamente i propri fornitori e in cui ogni fornitore possa fornire liberamente i propri prodotti ai propri clienti (sentenza del 7 settembre 2016, ANODE, C‑121/15, EU:C:2016:637, punto 26).

55      A tal riguardo, le direttive 2009/72 e 2009/73 contengono alcune disposizioni relative alla tutela dei consumatori. Esse prevedono, rispettivamente, all’articolo 3, paragrafo 7, e all’articolo 3, paragrafo 3, che gli Stati membri adottino misure appropriate per tutelare i clienti finali e garantiscano un elevato livello di tutela dei consumatori, con particolare riguardo alla trasparenza delle condizioni di contratto, alle informazioni generali ed alle procedure di risoluzione delle controversie.

56      Tuttavia, si deve rilevare che le suddette disposizioni, che riguardano il principio secondo cui gli Stati membri devono adottare misure per tutelare i consumatori, non disciplinano aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali ai sensi della direttiva 2005/29, né aspetti relativi alla stipulazione di contratti a distanza e di contratti negoziati fuori dei locali commerciali ai sensi della direttiva 2011/83.

57      Inoltre, gli allegati I delle direttive 2009/72 e 2009/73, redatti in termini sostanzialmente identici, prevedono che, fatte salve le norme dell’Unione relative alla tutela dei consumatori, le suddette misure consistono nel garantire, da un lato, che i clienti abbiano diritto a un contratto concluso con il fornitore che specifichi determinate informazioni elencate in tali allegati, e, dall’altro, che le condizioni siano eque e comunicate in anticipo. Orbene, dall’espressione «fatte salve le norme [dell’Unione] relative alla tutela dei consumatori», contenuta in detti allegati, risulta che l’applicabilità delle direttive 2005/29 e 2011/83 non è pregiudicata dalle disposizioni delle direttive 2009/72 e 2009/73 (v., per analogia, sentenza del 13 settembre 2018, Wind Tre e Vodafone Italia, C‑54/17 e C‑55/17, EU:C:2018:710, punto 67).

58      Infine, occorre rilevare che queste ultime direttive si limitano a riscontrare, al paragrafo 1, lettera d), di ciascuno di detti allegati, che i clienti sono protetti da metodi di vendita sleali o ingannevoli, senza definire tali nozioni e senza prevedere le concrete modalità di siffatta tutela.

59      Pertanto, né le disposizioni indicate ai punti da 55 a 58 della presente ordinanza, né altre disposizioni di cui alle direttive 2009/72 e 2009/73 contengono norme che disciplinino aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali, come la fornitura di prodotti non richiesta dai consumatori, in violazione della direttiva 2005/29, e la stipulazione di contratti a distanza e di contratti negoziati fuori dei locali commerciali, in violazione dei diritti dei consumatori tutelati dalla direttiva 2011/83.

60      Ne consegue che non vi è contrasto tra le disposizioni delle direttive 2005/29 e 2011/83, da un lato, e le norme sancite dalle direttive 2009/72 e 2009/73, dall’altro, per quanto concerne i diritti dei clienti (v., per analogia, sentenza del 13 settembre 2018, Wind Tre e Vodafone Italia, C‑54/17 e C‑55/17, EU:C:2018:710, punto 68).

61      Di conseguenza, in circostanze come quelle di cui trattasi nei procedimenti principali, trovano applicazione le norme pertinenti delle direttive 2005/29 e 2011/83 (v., per analogia, sentenza del 13 settembre 2018, Wind Tre e Vodafone Italia, C‑54/17 e C‑55/17, EU:C:2018:710, punto 69).

62      Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve rispondere alle questioni dalla prima alla quarta dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2005/29 nonché l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2011/83 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale in forza della quale determinate condotte, come quelle controverse nei procedimenti principali, consistenti nella stipulazione di contratti di fornitura non richiesti dai consumatori o di contratti a distanza e di contratti negoziati fuori dei locali commerciali in violazione dei diritti dei consumatori, devono essere valutate alla luce delle rispettive disposizioni delle direttive 2005/29 e 2011/83, con la conseguenza che, conformemente a tale normativa nazionale, l’autorità di regolamentazione di settore, ai sensi delle direttive 2009/72 e 2009/73, non è competente a sanzionare siffatte condotte.

 Sulla quinta questione

63      Si deve considerare, in base alle stesse ragioni esposte ai punti da 42 a 45 della presente ordinanza, che il giudice del rinvio, con la quinta questione, chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2005/29, l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2011/83, l’articolo 37, paragrafo 1, lettera n), della direttiva 2009/72 e l’articolo 41, paragrafo 1, lettera o), della direttiva 2009/73 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale in forza della quale, quando vi sia, in un settore regolamentato, un regime settoriale che disciplina la tutela dei consumatori e che in tale settore sia posta in essere una condotta rientrante nella nozione di «pratica commerciale aggressiva» o di «pratica commerciale aggressiva in ogni caso», ai sensi della direttiva 2005/29, o siano stipulati contratti a distanza e contratti negoziati fuori dei locali commerciali in violazione della direttiva 2011/83, tali due ultime direttive devono essere sempre applicate, e ciò anche se la normativa di settore in parola regola in modo compiuto le suddette pratiche commerciali.

64      Si deve rilevare che la quinta questione in esame si basa sulla premessa secondo cui le direttive 2009/72 e 2009/73 disciplinino, in modo compiuto, la tutela dei consumatori nei settori specifici del mercato interno dell’energia elettrica e del mercato interno del gas naturale e contemplino, segnatamente, condotte rientranti nella nozione di «pratica commerciale aggressiva» o in quella di «pratica commerciale aggressiva in ogni caso», ai sensi della direttiva 2005/29, nonché la stipulazione di contratti a distanza e di contratti negoziati fuori dei locali commerciali in violazione della direttiva 2011/83.

65      Orbene, come risulta dall’analisi delle questioni dalla prima alla quarta, svolta ai punti da 46 a 62 della presente ordinanza, tale premessa è errata. Ciò considerato, non si deve rispondere alla quinta questione (v., per analogia, sentenza del 13 settembre 2018, Wind Tre e Vodafone Italia, C‑54/17 e C‑55/17, EU:C:2018:710, punto 73).

 Sulle spese

66      Nei confronti delle parti nei procedimenti principali la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Per questi motivi, la Corte (Decima Sezione) dichiara:

L’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, nonché l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, sui diritti dei consumatori, recante modifica della direttiva 93/13/CEE del Consiglio e della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 85/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale in forza della quale determinate condotte, come quelle controverse nei procedimenti principali, consistenti nella stipulazione di contratti di fornitura non richiesti dai consumatori o di contratti a distanza e di contratti negoziati fuori dei locali commerciali in violazione dei diritti dei consumatori, devono essere valutate alla luce delle rispettive disposizioni delle direttive 2005/29 e 2011/83, con la conseguenza che, conformemente a tale normativa nazionale, l’autorità di regolamentazione di settore, ai sensi della direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE, e della direttiva 2009/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale e che abroga la direttiva 2003/55/CE, non è competente a sanzionare siffatte condotte.

Lussemburgo, 14 maggio 2019.

Il cancelliere

 

Il presidente della Decima Sezione

A. Calot Escobar

 

C. Lycourgos


*      Lingua processuale: l’italiano.