Causa C‑573/17

Daniel Adam Poplawski

(domanda di pronuncia pregiudiziale
proposta dal rechtbank Amsterdam)

Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 24 giugno 2019

«Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Mandato d’arresto europeo – Decisioni quadro – Assenza di effetto diretto – Primato del diritto dell’Unione – Conseguenze – Decisione quadro 2002/584/GAI – Articolo 4, punto 6 – Decisione quadro 2008/909/GAI – Articolo 28, paragrafo 2 – Dichiarazione di uno Stato membro che gli consente di continuare ad applicare gli strumenti giuridici vigenti sul trasferimento delle persone condannate applicabili prima del 5 dicembre 2011 – Dichiarazione tardiva – Conseguenze»

  1. Cooperazione giudiziaria in materia penale – Decisione quadro 2008/909 relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali – Disposizioni transitorie – Dichiarazione di uno Stato membro che consente di continuare ad applicare gli strumenti giuridici vigenti prima dell’entrata in vigore di tale decisione quadro sul trasferimento delle persone condannate – Dichiarazione resa successivamente alla data di adozione di tale decisione quadro – Conseguenze – Assenza di effetti giuridici

    (Decisione quadro del Consiglio 2008/909, artt. 4, § 7, 7, § 4, e 28, §§ 1 e 2)

    (v. punti 45‑49, dispositivo 1)

  2. Cooperazione giudiziaria in materia penale – Decisioni quadro dirette al ravvicinamento delle legislazioni nazionali – Attuazione da parte degli Stati membri – Effetti giuridici delle decisioni quadro – Obbligo di disapplicare una disposizione nazionale contraria a una decisione quadro – Insussistenza – Obbligo d’interpretazione conforme del diritto nazionale – Portata – Necessità di garantire la piena efficacia della decisione quadro

    (Decisione quadro del Consiglio 2002/584)

    (v. punti 68‑79, 81, 82, 94, dispositivo 2)

  3. Cooperazione giudiziaria in materia penale – Decisione quadro relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri – Motivi di non esecuzione facoltativa del mandato d’arresto europeo – Mandato d’arresto rilasciato ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà – Ricercato che dimora o risiede nello Stato membro di esecuzione ai sensi dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro – Presupposti della non esecuzione del mandato d’arresto – Impegno dello Stato membro di esecuzione a eseguire la sanzione – Portata – Interesse legittimo che giustifica l’esecuzione della sanzione nello Stato membro di esecuzione

    (Decisione quadro del Consiglio 2002/584, art. 4, punto 6)

    (v. punti 86, 88‑92, 97‑103, 109)

Sintesi

Il 25 giugno 2019, nella sentenza Popławski (C‑573/17), la Corte, riunita in Grande Sezione, ha affrontato la questione se l’autorità giudiziaria di esecuzione di un mandato d’arresto europeo sia tenuta, in forza del principio del primato del diritto dell’Unione, a disapplicare le disposizioni nazionali incompatibili con una decisione quadro. Essa ha inoltre fornito alcune precisazione in merito agli effetti giuridici di una dichiarazione resa da uno Stato membro ai sensi dell’articolo 28, paragrafo 2, della decisione quadro 2008/909 ( 1 ) successivamente alla sua adozione. In forza della disposizione di cui trattasi, uno Stato membro, «al momento dell’adozione della presente decisione quadro, (…) può fare una dichiarazione secondo cui, nei casi in cui la sentenza definitiva [che deve essere eseguita] è stata emessa anteriormente alla data da esso indicata, continuerà, in qualità di Stato di emissione e di esecuzione, ad applicare gli strumenti giuridici vigenti sul trasferimento delle persone condannate applicabili prima del 5 dicembre 2011. (...)». La controversia principale verteva su un procedimento relativo all’esecuzione, nei Paesi Bassi, di un mandato d’arresto europeo emesso nell’ottobre 2013 da un giudice polacco nei confronti di un cittadino polacco residente nei Paesi Bassi ai fini dell’esecuzione in Polonia di una pena privativa della libertà. Nell’ottobre 2015, nel quadro dell’esecuzione di detto mandato d’arresto europeo, il giudice del rinvio aveva presentato una prima domanda di pronuncia pregiudiziale su cui la Corte si è pronunciata con la sentenza del 29 giugno 2017, Popławski. In detta sentenza, la Corte ha dichiarato, in particolare, che l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 ( 2 ) deve essere interpretato nel senso che osta alla legislazione di uno Stato membro che dà esecuzione a tale disposizione che, nel caso in cui la consegna di un cittadino straniero, titolare di un permesso di soggiorno di durata illimitata nel territorio di tale Stato membro, sia richiesta da un altro Stato membro ai fini dell’esecuzione di una pena detentiva inflitta a tale cittadino con una sentenza divenuta definitiva, da una parte, non autorizza una siffatta consegna e, dall’altra parte, si limita a stabilire l’obbligo, per le autorità giudiziarie del primo Stato membro, di comunicare alle autorità giudiziarie del secondo Stato membro che sono disponibili a farsi carico dell’esecuzione di tale pronuncia senza che, alla data del rifiuto della consegna, sia assicurata l’effettiva presa in carico dell’esecuzione e senza che, inoltre, nell’ipotesi in cui tale presa in carico si riveli successivamente impossibile, un tale rifiuto possa essere rimesso in discussione.

Nella seconda sentenza Popławski, la Corte, richiamandosi segnatamente alla formulazione dell’articolo 28, paragrafo 2, della decisione quadro 2008/909 e all’economia generale di quest’ultima, ha stabilito, anzitutto, che non può produrre effetti giuridici una dichiarazione resa, ai sensi di tale disposizione, da uno Stato membro successivamente alla data di adozione di detta decisione quadro.

Essa ha inoltre ricordato la portata dell’obbligo gravante, in forza del principio del primato, su un giudice nazionale quando una disposizione del suo diritto nazionale è contraria a disposizioni del diritto dell’Unione che, come le decisioni quadro 2002/584 e 2008/909, sono prive di effetto diretto. In una situazione siffatta, detto giudice non è tenuto, sulla sola base del diritto dell’Unione, a disapplicare la disposizione del suo diritto nazionale contraria alla disposizione del diritto dell’Unione interessata.

Tuttavia, la Corte ha altresì ricordato che, anche se le decisioni quadro non possono avere effetto diretto, il loro carattere vincolante comporta in capo alle autorità nazionali un obbligo di interpretazione conforme del loro diritto interno a partire dalla data di scadenza del termine di recepimento di tali decisioni quadro, purché una siffatta interpretazione non sia contra legem e rispetti i principi generali del diritto, in particolare i principi di certezza del diritto e di irretroattività. Per quanto riguarda l’obbligo di interpretare il diritto dei Paesi Bassi in conformità alla decisione quadro 2002/584, la Corte ha ricordato che, nella sua precedente sentenza del 29 giugno 2017, Popławski, essa aveva dichiarato che l’obbligo del giudice nazionale di garantire la piena efficacia della decisione quadro 2002/584 comportava per il Regno dei Paesi Bassi l’obbligo di eseguire il mandato d’arresto europeo discusso o, in caso di rifiuto, quello di garantire nei Paesi Bassi l’effettiva esecuzione della pena pronunciata in Polonia a carico del sig. Popławski.

In secondo luogo, essa ha precisato l’interpretazione da dare dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584. A questo riguardo, essa ha ricordato, per quanto attiene in primis all’obbligo, imposto dall’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, di garantire, in caso di rifiuto dell’esecuzione del mandato d’arresto europeo, la presa in carico effettiva, da parte dello Stato membro di esecuzione, della pena privativa della libertà, che detto obbligo presuppone un serio impegno da parte di tale Stato ad eseguire la pena privativa della libertà pronunciata contro il ricercato. Così, la sola circostanza che tale Stato dichiari la sua «disponibilità» a far eseguire detta pena non può essere considerata di natura tale da giustificare un siffatto rifiuto. Pertanto, qualunque rifiuto di eseguire un mandato d’arresto europeo deve essere preceduto dalla verifica, da parte dell’autorità giudiziaria di esecuzione, della possibilità di eseguire realmente la pena conformemente al suo diritto interno. Spetta quindi unicamente al giudice del rinvio valutare se, nella specie, il diritto dei Paesi Bassi possa essere interpretato, senza ricorrere a un’interpretazione contra legem, nel senso che la decisione quadro 2002/584 è assimilabile a un fondamento giuridico convenzionale, ai fini dell’applicazione della disposizione nazionale controversa. In proposito, la Corte ha sottolineato che il giudice del rinvio non può, nel procedimento principale, validamente ritenere di trovarsi nell’impossibilità di interpretare detta disposizione nazionale conformemente al diritto dell’Unione per il solo fatto che la disposizione di cui trattasi è stata interpretata, da un Ministro chiamato a intervenire in caso di rifiuto della consegna, in un senso che è incompatibile con tale diritto. Di conseguenza, se il giudice del rinvio giunge alla conclusione che la decisione quadro 2002/584 può essere assimilata, conformemente ai metodi di interpretazione riconosciuti nel diritto dei Paesi Bassi, a una convenzione ai fini dell’applicazione della disposizione nazionale interessata, esso è tenuto ad applicare tale disposizione, così interpretata, alla controversia principale, senza tener conto del fatto che il Ministro contesti un’interpretazione del genere.

Per quanto concerne, in secondo luogo, il potere discrezionale previsto dall’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, a favore dell’autorità giudiziaria di esecuzione nell’attuazione del motivo di non esecuzione facoltativa di un mandato d’arresto europeo previsto da tale disposizione, la Corte ha ricordato che la suddetta autorità deve poter tenere conto dell’obiettivo perseguito da tale motivo di non esecuzione facoltativo che consiste nel permettere all’autorità giudiziaria di esecuzione di accordare una particolare importanza alla possibilità di accrescere le opportunità di reinserimento sociale del ricercato una volta scontata la pena cui è stato condannato. Così, la facoltà conferita all’autorità giudiziaria dell’esecuzione di rifiutare, sulla base del summenzionato articolo, la consegna della persona ricercata può essere esercitata solo se tale autorità – dopo aver verificato, da un lato, che tale persona dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadino o vi risieda e, dall’altro, che la pena privativa della libertà irrogata dallo Stato membro emittente nei confronti di tale persona possa essere eseguita effettivamente nello Stato membro di esecuzione – ritiene che sussista un legittimo interesse idoneo a giustificare che la pena inflitta nello Stato membro emittente venga eseguita nel territorio dello Stato membro di esecuzione. Spetta pertanto, in via principale, al giudice del rinvio, procedere, quanto più possibile, a un’interpretazione conforme del suo diritto nazionale che gli consenta di garantire un risultato compatibile con la finalità perseguita dalla decisione quadro. Ove ciò dovesse risultare impossibile, detto giudice dovrà, quantomeno, accogliere un’interpretazione del proprio diritto nazionale che consenta di pervenire a una soluzione che non sia in contrasto con l’obiettivo perseguito dalla decisione quadro 2002/584 e che permetta, quindi, di evitare l’impunità del sig. Poplawski. È quanto accadrebbe laddove l’autorità giudiziaria di cui trattasi interpretasse il diritto de quo nel senso che il rifiuto di eseguire il mandato d’arresto europeo, emesso nei confronti del sig. Poplawski, è subordinato alla garanzia che la pena privativa della libertà alla quale egli è stato condannato in Polonia sarà effettivamente eseguita nei Paesi Bassi, e ciò anche se detto rifiuto interviene in modo automatico.


( 1 ) Decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea (GU 2008, L 327, pag. 27).

( 2 ) Decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU 2002, L 190, pag. 1).