SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

11 marzo 2020 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Tutela dei consumatori – Direttiva 93/13/CEE – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Contratto di mutuo espresso in valuta – Articolo 4, paragrafo 1 – Considerazione di tutte le altre clausole del contratto ai fini della valutazione dell’abusività della clausola impugnata – Articolo 6, paragrafo 1 – Esame d’ufficio dell’abusività delle clausole che figurano nel contratto da parte del giudice nazionale – Portata»

Nella causa C‑511/17,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest Capitale, Ungheria), con decisione del 18 luglio 2017, pervenuta in cancelleria il 21 agosto 2017, nel procedimento

Györgyné Lintner

contro

UniCredit Bank Hungary Zrt.,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da A. Prechal (relatrice), presidente di sezione, K. Lenaerts, presidente della Corte, facente funzione di giudice della Terza Sezione, L.S. Rossi, J. Malenovský e F. Biltgen, giudici,

avvocato generale: E. Tanchev

cancelliere: R. Șereș, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 19 settembre 2019,

considerate le osservazioni presentate:

per la UniCredit Bank Hungary Zrt., da Z. Lajer, Á. Szőke e J. Pettkó‑Szandtner, ügyvédek;

per il governo ungherese, da M.Z. Fehér, in qualità di agente;

per la Commissione europea, da L. Havas e N. Ruiz García, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 19 dicembre 2019,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la signora Györgyné Lintner e la UniCredit Bank Hungary Zrt. (in prosieguo: la «UniCredit Bank») riguardo all’abusività di talune clausole che figurano in un contratto di mutuo ipotecario espresso in valuta estera.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3

Ai sensi del ventunesimo considerando della direttiva 93/13:

«considerando che gli Stati membri devono prendere le misure necessarie per evitare l’inserzione di clausole abusive in contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori; che se, ciò nonostante, tali clausole figurano in detti contratti, esse non vincoleranno il consumatore, e il contratto resta vincolante per le parti secondo le stesse condizioni, qualora possa sussistere anche senza le clausole abusive».

4

L’articolo 4, paragrafo 1, di tale direttiva così recita:

«Fatto salvo l’articolo 7, il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione e a tutte le altre clausole del contratto o di un altro contratto da cui esso dipende».

5

L’articolo 6, paragrafo 1, della citata direttiva prevede quanto segue:

«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

6

L’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 recita:

«Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori».

7

L’articolo 8 della medesima direttiva stabilisce quanto segue:

«Gli Stati membri possono adottare o mantenere, nel settore disciplinato dalla presente direttiva, disposizioni più severe, compatibili con il trattato, per garantire un livello di protezione più elevato per il consumatore».

Diritto ungherese

8

Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, della Polgári perrendtartásról szóló 1952. évi III. törvény (legge n. III del 1952, relativa al codice di procedura civile), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: il «codice di procedura civile»):

«Il giudice, salva contraria disposizione di legge, è vincolato dalle conclusioni e dagli argomenti giuridici sottoposti dalle parti. Il giudice prende in considerazione le conclusioni e gli argomenti presentati dalle parti non conformemente alla loro denominazione formale, bensì secondo il loro contenuto (...)».

9

L’articolo 23, paragrafo 1, del codice di procedura civile così dispone:

«Rientrano nella competenza degli organi giurisdizionali provinciali:

(...)

k)

i ricorsi finalizzati alla dichiarazione di invalidità di clausole contrattuali abusive;

(...)».

10

L’articolo 73/A, paragrafo 1, di detta legge così dispone:

«La rappresentanza da parte di un avvocato è obbligatoria:

(...)

b)

nelle cause rientranti nella competenza di un organo giurisdizionale provinciale, in quanto giudice di primo grado, e ciò in tutte le fasi del procedimento, anche in grado di appello (…)».

11

Ai sensi dell’articolo 215 del codice di procedura civile:

«La decisione non può estendersi oltre le domande formulate nell’atto introduttivo e dell’atto defensionale. Tale regola si applica anche alle pretese accessorie a quella principale (interessi, spese, ecc.)».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

12

Il 13 dicembre 2007 la sig.ra Lintner stipulava con l’UniCredit Bank un contratto di mutuo ipotecario espresso in valuta estera. Tale contratto contiene talune clausole che conferiscono all’UniCredit Bank il diritto di modificare unilateralmente detto contratto.

13

Le 18 luglio 2012 la Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest Capitale, Ungheria) è stata chiamata a pronunciarsi su un ricorso, basato segnatamente sulla direttiva 93/13, proposto dalla sig.ra Lintner e diretto a ottenere la pronuncia retroattiva dell’invalidità di tali clausole. Con sentenza del 29 agosto 2013, tale organo giurisdizionale ha respinto il ricorso.

14

Con ordinanza del 1o aprile 2014 la Fővárosi Ítélőtábla (Corte d’appello regionale di Budapest Capitale, Ungheria), su appello interposto dalla sig.ra Lintner, ha annullato tale sentenza e rinviato la causa alla Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest Capitale). La Fővárosi Ítélőtábla (Corte d’appello regionale di Budapest Capitale) ha ricordato, in tale ordinanza, che, nella sua giurisprudenza relativa alla direttiva 93/13, la Corte aveva sistematicamente evocato il principio secondo cui il giudice, nelle cause relative a contratti stipulati con i consumatori, deve esaminare d’ufficio il carattere abusivo delle clausole contenute in tali contratti. Essa ha precisato, a tal riguardo, che, in base alla sua interpretazione di detta direttiva e della relativa giurisprudenza, nonché del diritto nazionale applicabile, un’applicazione efficace di tale direttiva è possibile solo se il giudice nazionale esamina d’ufficio l’intero contratto controverso. Essa ha quindi chiesto che il Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest Capitale) invitasse la ricorrente a dichiarare se intendeva invocare il carattere abusivo delle clausole oggetto dell’ordinanza o di altre clausole del contratto che non erano oggetto del suo ricorso iniziale, e se essa si riconosceva vincolata dal contratto una volta escluse le clausole in questione.

15

Con ordinanza emessa il 7 dicembre 2015 la Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest Capitale), dopo aver ripreso l’esame della causa, ha posto fine al procedimento in quanto la sig.ra Lintner non aveva dato seguito all’invito che le era stato rivolto di formulare una domanda «di applicazione delle conseguenze giuridiche dell’invalidità», conformemente a una normativa ad hoc riguardante contratti di mutuo espressi in valuta estera, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, adottata nel corso del 2014, successivamente alla conclusione di contratti di mutuo che essa contempla. Tale normativa include in particolare la Kúriának a pénzügyi intézmények fogyasztói kölcsönszerződéseire vonatkozó jogegységi határozatával kapcsolatos egyes kérdések rendezéséről szóló 2014. évi XXXVIII. törvény (legge n. XXXVIII del 2014, relativa al regolamento di talune questioni connesse alla decisione emessa dalla Kúria [Corte suprema, Ungheria], nell’interesse dell’uniformità del diritto con riferimento a contratti di mutuo conclusi dagli istituti finanziari con i consumatori), e la Kúriának a pénzügyi intézmények fogyasztói kölcsönszerződéseire vonatkozó jogegységi határozatával kapcsolatos egyes kérdések rendezéséről szóló 2014. évi XXXVIII. törvényben rögzített elszámolás szabályairól és egyes egyéb rendelkezésekről szóló 2014. évi XL. törvény (legge n. XL del 2014, relativa alle norme applicabili al computo previsto dalla legge n. XXXVIII del 2014 relativa al regolamento di talune questioni connesse alla decisione emessa dalla Kúria [Corte suprema], nell’interesse dell’uniformità del diritto con riferimento a contratti di mutuo conclusi dagli istituti finanziari con i consumatori, nonché a diverse altre disposizioni; in prosieguo, rispettivamente: le «leggi DH1 e DH2»), le quali contengono disposizioni che disciplinano l’accertamento dell’abusività nonché le conseguenze che devono esserne tratte, con riferimento a talune clausole che compaiono nei contratti suddetti, cioè quelle relative, da un lato, alla facoltà unilaterale di modificare il contratto e, dall’altro, al divario tra il corso di vendita e il corso di acquisto della valuta di cui trattasi.

16

Il 29 marzo 2016 la Fővárosi Ítélőtábla (Corte d’appello regionale di Budapest Capitale), nuovamente investita di un appello proposto dalla sig.ra Lintner, ha confermato detta ordinanza per quanto riguarda le clausole del contratto di cui alle leggi DH1 e DH2, ma l’ha annullata quanto al resto e ha ingiunto alla Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest Capitale) di emettere una nuova decisione.

17

A tal riguardo, la Fővárosi Ítélőtábla (Corte d’appello regionale di Budapest Capitale) ha considerato che, sebbene le clausole oggetto delle leggi DH1 e DH2 non potessero effettivamente più essere oggetto di una decisione giurisdizionale, la Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest Capitale) doveva tuttavia, alla luce delle conclusioni della sig.ra Lintner, esaminare le clausole di questo stesso contratto relative all’attestazione notarile, ai motivi di risoluzione e a talune spese incombenti al consumatore.

18

La Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest Capitale), chiamata a pronunciarsi su dette clausole, rileva che essa è quindi tenuta ad esaminare d’ufficio le clausole contrattuali che la sig.ra Lintner non ha censurato in primo grado, senza che quest’ultima abbia neppure menzionato, nei motivi dedotti a sostegno del suo ricorso, elementi di fatto che avrebbero consentito di dedurre che essa chiedeva parimenti l’accertamento del carattere abusivo delle clausole indicate dalla Fővárosi Ítélőtábla (Corte d’appello regionale di Budapest Capitale).

19

Di conseguenza, il giudice del rinvio si chiede in che misura, da un lato, debba procedere all’esame del carattere abusivo di ogni clausola di un contratto, talune clausole del quale sono oggetto di un ricorso proposto dal consumatore e, dall’altro, esso sia vincolato, nell’ambito di tale esame, dalle conclusioni della ricorrente. Il giudice del rinvio fa riferimento, a tal riguardo, alla giurisprudenza della Corte, in particolare alla sentenza del 4 giugno 2009, Pannon GSM (C‑243/08, EU:C:2009:350), da cui risulterebbe che la valutazione d’ufficio del carattere abusivo delle clausole è motivata dal fatto che il consumatore ignora i suoi diritti o che è dissuaso dal farli valere, a causa delle spese che un’azione giudiziaria comporterebbe. Il giudice del rinvio precisa che, nel diritto ungherese, i procedimenti diretti all’accertamento del carattere abusivo di clausole contrattuali possono essere introdotti solo con il patrocinio di un avvocato.

20

In tale contesto, la Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest Capitale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva [93/13] debba essere interpretato – anche in considerazione della normativa nazionale relativa alla rappresentanza processuale obbligatoria – nel senso che occorre esaminare individualmente ogni clausola contrattuale nella prospettiva della possibilità di considerarla abusiva, indipendentemente dalla circostanza che sia effettivamente necessario un esame dell’insieme delle pattuizioni del contratto per statuire in ordine alla domanda formulata nell’ambito dell’azione.

2)

Se invece, in senso opposto a quanto si espone nella prima questione, l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva [93/13] debba essere interpretato nel senso che occorre esaminare tutte le altre clausole del contratto per concludere che la clausola sulla quale si fonda la domanda è abusiva.

3)

Nell’ipotesi di una risposta affermativa alla seconda questione, se da ciò consegua che, per poter determinare il carattere abusivo della clausola in parola, occorra procedere all’esame del contratto nella sua interezza, sicché il carattere abusivo di ciascuno degli elementi del contratto non deve essere esaminato autonomamente e indipendentemente dalla clausola impugnata nella domanda giudiziale».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

21

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 debba essere interpretato nel senso che un giudice nazionale, investito di un ricorso proposto da un consumatore e diretto a far accertare il carattere abusivo di talune clausole contenute in un contratto che quest’ultimo ha concluso con un professionista, è tenuto ad esaminare d’ufficio e individualmente tutte le altre clausole contrattuali, che non sono state impugnate da tale consumatore, al fine di verificare se esse possano essere considerate abusive.

22

Dalla decisione di rinvio risulta che il ricorso iniziale proposto dalla signora Lintner mirava soltanto a far dichiarare il carattere abusivo delle clausole contrattuali che conferivano all’UniCredit Bank la facoltà di modificare unilateralmente il contratto di mutuo di cui trattasi nella causa principale. Tuttavia, allo stadio attuale del giudizio, il giudice del rinvio è chiamato a pronunciarsi sulla questione se esso sia tenuto, in forza della direttiva 93/13, ad estendere d’ufficio, come impone la decisione della Fővárosi Ítélőtábla (Corte d’appello regionale di Budapest Capitale) emessa in appello, la controversia dinanzi ad esso pendente alla valutazione del carattere eventualmente abusivo delle clausole di tale contratto relative all’attestazione notarile, ai motivi di risoluzione di quest’ultimo e a talune spese imposte alla sig.ra Lintner, sebbene queste ultime clausole non siano state contestate nel ricorso iniziale dalla ricorrente nel procedimento principale.

23

Al riguardo, secondo una giurisprudenza costante della Corte, il sistema di tutela istituito dalla direttiva 93/13 è fondato sull’idea che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda sia il potere nelle trattative che il grado di informazione, situazione che lo induce ad aderire alle condizioni predisposte dal professionista senza poter incidere sul contenuto delle stesse (v., segnatamente, sentenze del 4 giugno 2009, Pannon GSM, C‑243/08, EU:C:2009:350, punto 22, e del 17 maggio 2018, Karel de Grote – Hogeschool Katholieke Hogeschool Antwerpen, C‑147/16, EU:C:2018:320, punto 26).

24

La Corte ha altresì dichiarato che, in considerazione di siffatta situazione di inferiorità, l’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva prevede che le clausole abusive non vincolino i consumatori. Come risulta dalla giurisprudenza, si tratta di una norma imperativa che mira a sostituire all’equilibrio formale che il contratto determina fra i diritti e gli obblighi delle parti contraenti un equilibrio reale, atto a ristabilire l’uguaglianza tra queste ultime (sentenza del 17 maggio 2018, Karel de Grote – Hogeschool Katholieke Hogeschool Antwerpen, C‑147/16, EU:C:2018:320, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

25

Per garantire la tutela voluta da detta direttiva, la Corte ha sottolineato che la situazione di disuguaglianza tra il consumatore e il professionista può essere riequilibrata solo grazie a un intervento positivo da parte di soggetti estranei al rapporto contrattuale (sentenze del 9 novembre 2010, VB Pénzügyi Lízing, C‑137/08, EU:C:2010:659, punto 48, e del 17 maggio 2018, Karel de Grote – Hogeschool Katholieke Hogeschool Antwerpen, C‑147/16, EU:C:2018:320, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

26

Quindi, in primo luogo e secondo una giurisprudenza costante, il giudice nazionale è tenuto ad esaminare d’ufficio, non appena disponga degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine, il carattere abusivo di una clausola contrattuale rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13 e, in tal modo, ad ovviare allo squilibrio che esiste tra il consumatore e il professionista (sentenze del 17 maggio 2018, Karel de Grote – Hogeschool Katholieke Hogeschool Antwerpen, C‑147/16, EU:C:2018:320, punto 29, e del 20 settembre 2018, OTP Bank e OTP Faktoring, C‑51/17, EU:C:2018:750, punto 87 e giurisprudenza ivi citata).

27

Pertanto, l’esame d’ufficio obbligatorio che il giudice nazionale adito deve effettuare in forza della direttiva 93/13 è limitato, in un primo tempo, alle clausole contrattuali il cui carattere abusivo può essere accertato sulla base degli elementi di diritto e di fatto contenuti nel fascicolo di cui dispone detto giudice nazionale. Quest’ultimo, infatti, se non dispone di tutti questi elementi, non sarà in grado di procedere a tale esame (v., in tal senso, sentenza del 13 settembre 2018, Profi Credit Polska, C‑176/17, EU:C:2018:711, punti 4647).

28

Un siffatto esame deve, in un secondo momento, rispettare i limiti dell’oggetto della controversia, inteso come il risultato che una parte persegue con le sue pretese, lette alla luce delle conclusioni e dei motivi presentati a tal fine.

29

Anzitutto, sebbene la tutela del consumatore voluta dalla direttiva 93/13 richieda un intervento positivo da parte del giudice nazionale adito, è pur sempre necessario che il procedimento giurisdizionale sia avviato da una delle parti del contratto perché tale tutela possa essere concessa (v., in tal senso, sentenza del 1o ottobre 2015, ERSTE Bank Hungary, C‑32/14, EU:C:2015:637, punto 63).

30

Inoltre, l’effettività della tutela che si ritiene concessa dal giudice nazionale interessato, in forza di detta direttiva, al consumatore mediante un intervento d’ufficio, non può spingersi fino a ignorare o eccedere i limiti dell’oggetto della controversia come definito dalle parti con le loro pretese, lette alla luce dei motivi da esse dedotti, di modo che detto giudice nazionale non è tenuto ad estendere tale controversia al di là delle conclusioni e dei motivi presentati dinanzi al medesimo, analizzando individualmente, quanto al loro carattere eventualmente abusivo, tutte le altre clausole di un contratto, soltanto alcune del quale sono oggetto di ricorso dinanzi ad esso.

31

Tale valutazione si giustifica in particolare con la circostanza che il principio dispositivo, secondo il quale le parti definiscono l’oggetto della controversia, nonché il principio del divieto di pronunciarsi ultra petita, secondo il quale il giudice non deve statuire al di là delle pretese delle parti, cui ha fatto riferimento anche il governo ungherese all’udienza, rischierebbero di essere violati se i giudici nazionali fossero tenuti, in forza della direttiva 93/13, a ignorare o eccedere i limiti dell’oggetto della controversia fissati dalle conclusioni e dai motivi delle parti, come ha, in sostanza, rilevato anche l’avvocato generale ai paragrafi 43 e 51 delle sue conclusioni.

32

Pertanto, è nei limiti dell’oggetto della controversia di cui è investito che il giudice nazionale è chiamato a esaminare d’ufficio una clausola contrattuale per la tutela che deve essere accordata al consumatore in forza della direttiva 93/13, per evitare che le pretese di quest’ultimo siano respinte con una decisione passata, eventualmente, in giudicato, mentre queste ultime avrebbero potuto essere accolte se tale consumatore non avesse, per ignoranza, omesso di invocare il carattere abusivo di tale clausola.

33

Occorre altresì precisare che, affinché il consumatore possa pienamente beneficiare della tutela che la direttiva 93/13 gli accorda e che non venga pregiudicato l’effetto utile di tale tutela, il giudice nazionale non deve procedere a una lettura formalistica delle pretese sottoposte al suo giudizio, ma, al contrario, deve comprendere il loro contenuto alla luce dei motivi dedotti a sostegno delle stesse.

34

Dalle considerazioni esposte ai punti da 27 a 33 della presente sentenza discende che solo le clausole contrattuali che, pur non essendo interessate dal ricorso del consumatore, sono connesse all’oggetto della controversia quale definito dalle parti alla luce delle loro conclusioni e dei loro motivi, rientrano nell’obbligo di esame d’ufficio incombente al giudice nazionale adito e devono essere esaminate, per verificare il loro eventuale carattere abusivo, non appena quest’ultimo disponga degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine.

35

In secondo luogo, per quanto riguarda l’attuazione di tale obbligo di esame d’ufficio, sebbene quest’ultimo sia limitato alle clausole previste al punto precedente, non se ne può tuttavia dedurre che il giudice nazionale adito debba, ai fini di tale esame, attenersi, in ogni caso, esclusivamente agli elementi di diritto e di fatto invocati dalle parti, per limitare detto esame alle clausole il cui carattere abusivo può essere valutato in maniera definitiva sulla base di questi soli elementi.

36

Infatti, la Corte ha giudicato in più occasioni che il giudice nazionale deve adottare d’ufficio misure istruttorie al fine di accertare se una clausola inserita nel contratto oggetto della controversia su cui egli è chiamato a pronunciarsi e che è stato stipulato tra un professionista e un consumatore rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13 (v., in tal senso, sentenze del 9 novembre 2010, VB Pénzügyi Lízing, C‑137/08, EU:C:2010:659, punto 56 e del 7 novembre 2019, Profi Credit Polska, C‑419/18 e C‑483/18, EU:C:2019:930, punto 66).

37

Allo stesso modo, e come ha altresì rilevato, in sostanza, l’avvocato generale ai paragrafi da 61 a 64 delle sue conclusioni, se gli elementi di diritto e di fatto contenuti nel fascicolo sottoposto al giudice nazionale fanno sorgere seri dubbi quanto al carattere abusivo di talune clausole che non sono state prese in considerazione dal consumatore ma che presentano un nesso con l’oggetto della controversia, senza tuttavia che sia possibile procedere a valutazioni definitive al riguardo, spetta al giudice nazionale adottare, se necessario d’ufficio, misure istruttorie necessarie per completare tale fascicolo, chiedendo alle parti, nel rispetto del contraddittorio, di fornirgli i chiarimenti e i documenti necessari a tale scopo.

38

Ne consegue che il giudice nazionale è tenuto ad adottare d’ufficio misure istruttorie, come quelle di cui al punto precedente della presente sentenza, purché gli elementi di diritto e di fatto già contenuti in detto fascicolo suscitino seri dubbi quanto al carattere abusivo di talune clausole che, pur non essendo state impugnate dal consumatore, sono connesse all’oggetto della controversia e, pertanto, l’attuazione dell’esame d’ufficio incombente a tale giudice richieda che tali misure istruttorie siano adottate.

39

Nel caso di specie, dalle considerazioni di cui al punto 22 della presente sentenza sembra risultare che il giudice del rinvio muove dalla premessa secondo cui le clausole che non sono state impugnate dalla sig.ra Lintner non sono connesse all’oggetto della controversia principale, in quanto il seguito che occorre dare alle pretese di quest’ultima, riguardanti specificamente le clausole che consentono all’UniCredit Bank di modificare unilateralmente il contratto, non dipende in alcun modo da una decisione relativa a tali clausole. Orbene, in tal caso, l’obbligo di esame d’ufficio risultante dalla direttiva 93/13 non si estende a dette clausole, fatte salve le verifiche che il giudice del rinvio dovrà, se del caso, effettuare per quanto riguarda l’oggetto preciso di detta controversia, alla luce delle conclusioni e dei motivi dedotti dalla sig.ra Lintner. Tale constatazione lascia tuttavia impregiudicata la possibilità di cui la sig.ra Lintner potrebbe, se del caso, decidere in forza del diritto nazionale applicabile, di proporre un nuovo ricorso riguardante le clausole del contratto che non erano oggetto del suo ricorso iniziale o di estendere l’oggetto della controversia di cui il giudice del rinvio è investito, su invito di detto giudice o di propria iniziativa.

40

Peraltro, il fatto che la sig.ra Lintner sia rappresentata da un avvocato non incide sull’analisi che precede, in quanto la questione, di carattere generale, relativa alla portata dell’esame d’ufficio che incombe al giudice nazionale adito deve essere risolta astraendo dalle circostanze concrete di ciascun procedimento (v., per analogia, sentenza del 4 ottobre 2007, Rampion e Godard, C‑429/05, EU:C:2007:575, punti 6265).

41

Infine, va ricordato, in primo luogo, che, ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 93/13, «gli Stati membri possono adottare o mantenere, nel settore disciplinato dalla presente direttiva, disposizioni più severe, compatibili con il trattato, per garantire un livello di protezione più elevato per il consumatore». Di conseguenza, gli Stati membri restano liberi di prevedere, nel loro diritto interno, un esame d’ufficio più esteso di quello che i loro giudici devono effettuare in forza di tale direttiva conformemente alle indicazioni esposte ai punti da 28 a 38 della presente sentenza.

42

In secondo luogo, qualora il giudice nazionale, dopo aver accertato, sulla base degli elementi di fatto e di diritto di cui dispone, o che gli sono stati comunicati in seguito alle misure istruttorie che ha adottato d’ufficio a tal fine, che una clausola rientra nell’ambito di applicazione della direttiva, constati, al termine di una valutazione cui ha proceduto d’ufficio, che tale clausola presenta carattere abusivo, deve, di norma, informarne le parti della controversia e invitarle a discuterne in contraddittorio secondo le forme previste dalle norme processuali nazionali (v., in tal senso, sentenze del 21 febbraio 2013, Banif Plus Bank, C‑472/11, EU:C:2013:88, punti 3132, e del 7 novembre 2019, Profi Credit Polska, C‑419/18 e C‑483/18, EU:C:2019:930, punto 70).

43

In terzo luogo, il giudice nazionale non è tenuto, in forza della direttiva 93/13, a disapplicare tali clausole contrattuali qualora il consumatore, dopo essere stato avvisato da detto giudice, non intenda invocarne la natura abusiva e non vincolante (sentenza del 4 giugno 2009, Pannon GSM, C‑243/08, EU:C:2009:350, punto 33).

44

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che un giudice nazionale, investito di un ricorso proposto da un consumatore e volto a far accertare il carattere abusivo di talune clausole contenute in un contratto che quest’ultimo ha concluso con un professionista, non è tenuto ad esaminare d’ufficio e individualmente l’insieme delle altre clausole contrattuali, che non sono state impugnate da tale consumatore, al fine di verificare se esse possano essere considerate abusive, ma solo quelle che sono connesse all’oggetto della controversia, come delimitato dalle parti, non appena disponga degli elementi di diritto e di fatto necessari a tale scopo, completati eventualmente da misure istruttorie.

Sulle questioni seconda e terza

45

Con le sue questioni seconda e terza, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 1, e l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 debbano essere interpretati nel senso che, qualora, per valutare il carattere abusivo della clausola contrattuale che funge da fondamento per le pretese di un consumatore, occorra prendere in considerazione tutte le altre clausole del contratto che quest’ultimo ha concluso con un professionista, una siffatta presa in considerazione implica, in quanto tale, un obbligo, per il giudice nazionale adito, di esaminare d’ufficio il carattere eventualmente abusivo di tutte le suddette clausole.

46

A tal riguardo, la Corte ha ricordato che, conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13, il giudice nazionale, per valutare il carattere eventualmente abusivo della clausola contrattuale su cui è basata la domanda di cui è investito, deve tener conto di tutte le altre clausole contrattuali (sentenza del 21 febbraio 2013, Banif Plus Bank, C‑472/11, EU:C:2013:88, punto 41).

47

Tale obbligo di tener conto di tutte le altre clausole del contratto concluso tra un professionista e un consumatore si spiega con il fatto che l’esame della clausola impugnata deve prendere in considerazione tutti gli elementi che possono essere pertinenti per comprendere tale clausola nel suo contesto, in quanto, in funzione del contenuto di tale contratto, può essere necessario, ai fini della valutazione del carattere abusivo di detta clausola, valutare l’effetto cumulativo di tutte le clausole di detto contratto (v., in tal senso, sentenza del 21 aprile 2016, Radlinger e Radlingerová, C‑377/14, EU:C:2016:283, punto 95).

48

Tuttavia, come risulta dalle considerazioni esposte nel contesto dell’analisi della prima questione pregiudiziale e come altresì rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 75 delle sue conclusioni, da ciò non deriva tuttavia che il giudice nazionale sia tenuto ad esaminare d’ufficio tali altre clausole contrattuali in modo autonomo quanto al loro carattere eventualmente abusivo, nell’ambito della valutazione che esso effettua sul fondamento dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13.

49

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda e alla terza questione dichiarando che l’articolo 4, paragrafo 1, e l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che, sebbene, per valutare il carattere abusivo della clausola contrattuale che funge da fondamento per le pretese di un consumatore, occorra prendere in considerazione tutte le altre clausole del contratto stipulato tra un professionista e tale consumatore, tale considerazione non implica, di per sé, un obbligo, per il giudice nazionale adito, di esaminare d’ufficio il carattere eventualmente abusivo di tutte le suddette clausole.

Sulle spese

50

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, deve essere interpretato nel senso che un giudice nazionale, investito di un ricorso proposto da un consumatore e volto a far accertare il carattere abusivo di talune clausole contenute in un contratto che quest’ultimo ha concluso con un professionista, non è tenuto ad esaminare d’ufficio e individualmente l’insieme delle altre clausole contrattuali, che non sono state impugnate da tale consumatore, al fine di verificare se esse possano essere considerate abusive, ma solo quelle che sono connesse all’oggetto della controversia, come delimitato dalle parti, non appena disponga degli elementi di diritto e di fatto necessari a tale scopo, completati eventualmente da misure istruttorie.

 

2)

L’articolo 4, paragrafo 1, e l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che, sebbene, per valutare il carattere abusivo della clausola contrattuale che funge da fondamento per le pretese di un consumatore, occorra prendere in considerazione tutte le altre clausole del contratto stipulato tra un professionista e tale consumatore, tale considerazione non implica, di per sé, un obbligo, per il giudice nazionale adito, di esaminare d’ufficio il carattere eventualmente abusivo di tutte le suddette clausole.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’ungherese