SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

31 ottobre 2019 ( *1 )

«Inadempimento di uno Stato – Risorse proprie – Associazione dei paesi e territori d’oltremare (PTOM) all’Unione europea – Decisione 91/482/CEE – Decisione 2001/822/CE – Ammissione all’importazione nell’Unione in esenzione da dazi doganali dei prodotti originari dei PTOM – Certificato di circolazione delle merci EUR. 1 – Rilascio irregolare di certificati da parte delle autorità di un PTOM – Dazi doganali non riscossi dagli Stati membri d’importazione – Articolo 4, paragrafo 3, TUE – Principio di leale cooperazione – Responsabilità dello Stato membro che intrattiene relazioni particolari con i PTOM interessati – Obbligo di compensare la perdita di risorse proprie dell’Unione causata dal rilascio irregolare di certificati EUR. 1 – Importazioni di latte in polvere e di riso provenienti da Curaçao, nonché di semola e semolino da Aruba»

Nella causa C‑395/17,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’articolo 258 TFUE, proposto il 30 giugno 2017,

Commissione europea, rappresentata da J.-F. Brakeland, A. Caeiros, L. Flynn e S. Noë, in qualità di agenti,

ricorrente,

contro

Regno dei Paesi Bassi, rappresentato da M.K. Bulterman, M.H.S. Gijzen, P. Huurnink e J. Langer, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da:

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato inizialmente da J. Kraehling, G. Brown, R. Fadoju e S. Brandon, in qualità di agenti, assistiti da K. Beal, QC, e P. Luckhurst, barristers, successivamente da S. Brandon e F. Shibli, en qualità di agenti, assistiti da K. Beal, QC, e P. Luckhurst, barristers,

interveniente,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, R. Silva de Lapuerta, vicepresidente, J.‑C. Bonichot, A. Arabadjiev, M. Safjan, S. Rodin, presidenti di sezione, J. Malenovský, L. Bay Larsen, T. von Danwitz (relatore), C. Toader, C. Vajda, F. Biltgen e K. Jürimäe, giudici,

avvocato generale: M. Bobek

cancelliere: L. Hewlett, amministratrice principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 2 ottobre 2018,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 6 febbraio 2019,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con il suo ricorso, la Commissione europea chiede alla Corte di dichiarare che il Regno dei Paesi Bassi, non avendo compensato la perdita delle risorse proprie che avrebbero dovuto essere accertate e messe a disposizione del bilancio dell’Unione europea conformemente agli articoli 2, 6, 10, 11 e 17 del regolamento (CEE, Euratom) n.°1552/89 del Consiglio, del 29 maggio 1989, recante applicazione della decisione 88/376/CEE, Euratom, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità (GU 1989, L 155, pag. 1) [divenuti articoli 2, 6, 10, 11 e 17 del regolamento (CE, Euratom) n. 1150/2000 del Consiglio, del 22 maggio 2000, recante applicazione della decisione 94/728/CE, Euratom, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità (GU 2000, L 130, pag. 1)], se certificati di circolazione delle merci EUR. 1 non fossero stati rilasciati in violazione, da un lato, dell’articolo 101, paragrafo 1, della decisione 91/482/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1991, relativa all’associazione dei paesi e territori d’oltremare alla Comunità economica europea (GU 1991, L 263, pag. 1; in prosieguo: la «decisione PTOM del 1991»), e dell’articolo 12, paragrafo 6, dell’allegato II di detta decisione per quanto riguarda l’importazione di latte in polvere e riso da Curaçao nel periodo 1997/2000 e, dall’altro, dell’articolo 35, paragrafo 1, della decisione 2001/822/CE del Consiglio, del 27 novembre 2001, relativa all’associazione dei paesi e territori d’oltremare alla Comunità europea («Decisione sull’associazione d’oltremare») (GU 2001, L 314, pag. 1; in prosieguo: la «decisione PTOM del 2001»), e dell’articolo 15, paragrafo 4, dell’allegato III a detta decisione per quanto riguarda l’importazione di semola e semolino da Aruba nel periodo 2002/2003, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti ai sensi dell’articolo 5 del Trattato CE (divenuto articolo 10 CE, poi articolo 4, paragrafo 3, TUE).

Contesto normativo

Diritto internazionale

2

La Carta delle Nazioni Unite è stata firmata a San Francisco il 26 giugno 1945. L’articolo 73 di tale Carta, contenuto nel capitolo XI di quest’ultima, intitolato «Dichiarazione concernente i territori non autonomi», dispone quanto segue:

«I Membri delle Nazioni unite, i quali abbiano o assumano la responsabilità dell’amministrazione di territori la cui popolazione non abbia ancora raggiunto una piena autonomia, riconoscono il principio che gli interessi degli abitanti di tali territori sono preminenti, ed accettano come sacra missione l’obbligo di promuovere al massimo, nell’ambito del sistema di pace e di sicurezza internazionale istituito [dalla presente Carta], il benessere degli abitanti di tali territori, e, a tal fine, l’obbligo:

(…)

b. di sviluppare l’autogoverno delle popolazioni, di prendere in debita considerazione le aspirazioni politiche e di assisterle nel progressivo sviluppo delle loro libere istituzioni politiche, in armonia con le circostanze particolari di ogni territorio e delle sue popolazioni e del loro diverso grado di sviluppo;

(…)».

Diritto dell’Unione

Il Trattato CE

3

I fatti all’origine dell’inadempimento contestato sono sia anteriori sia posteriori all’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam che ha modificato il Trattato CE. Tuttavia, le disposizioni rilevanti per il presente ricorso per inadempimento sono rimaste sostanzialmente identiche. L’articolo 5 del Trattato CE (divenuto articolo 10 CE) era del seguente tenore:

«Gli Stati membri adottano tutte le misure di carattere generale e particolare atte ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dal presente trattato ovvero determinati dagli atti delle istituzioni della Comunità. Essi facilitano quest’ultima nell’adempimento dei propri compiti.

Essi si astengono da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione degli scopi del presente trattato».

4

Tale disposizione è stata sostanzialmente sostituita dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE.

5

La parte quarta di tale trattato, intitolata «Associazione dei paesi e territori d’oltremare», riuniva gli articoli da 131 a 137 del medesimo (divenuti, in seguito a modifica, articoli da 182 CE a 188 CE, successivamente articoli da 198 a 204 TFUE). Ai sensi di detto articolo 131 (divenuto, in seguito a modifica, articolo 182 CE e poi articolo 198 TFUE):

«Gli Stati membri convengono di associare alla Comunità i paesi e i territori non europei che mantengono con il Belgio, la Danimarca, la Francia, l’Italia, i Paesi Bassi e il Regno Unito delle relazioni particolari. Questi paesi e territori, qui di seguito chiamati “paesi e territori”, sono enumerati nell’elenco che costituisce l’allegato IV del presente trattato.

Scopo dell’associazione è di promuovere lo sviluppo economico e sociale dei paesi e territori e l’instaurazione di strette relazioni economiche tra essi e la Comunità nel suo insieme.

Conformemente ai principi enunciati nel preambolo del presente trattato, l’associazione deve in primo luogo permettere di favorire gli interessi degli abitanti di questi paesi e territori e la loro prosperità, in modo da condurli allo sviluppo economico, sociale e culturale che essi attendono».

6

L’articolo 133, paragrafo 1, del suddetto Trattato (divenuto, in seguito a modifica, articolo 184, paragrafo 1, CE e poi articolo 200, paragrafo 1, TFUE) prevedeva quanto segue:

«Le importazioni originarie dei paesi e territori beneficiano, al loro ingresso negli Stati membri, dell’eliminazione totale dei dazi doganali che interviene progressivamente fra gli Stati membri conformemente alle disposizioni del presente trattato».

7

Ai sensi dell’articolo 136 del medesimo trattato (divenuto, in seguito a modifica, articolo 187 CE e poi articolo 203 TFUE):

«Per un primo periodo di cinque anni a decorrere dall’entrata in vigore del presente trattato, una convenzione di applicazione, allegata a tale trattato, stabilisce le modalità e la procedura dell’associazione tra i paesi e territori e la Comunità.

Prima dello scadere della convenzione prevista dal comma precedente, il Consiglio, deliberando all’unanimità, stabilisce, movendo dalle realizzazioni acquisite e basandosi sui principi iscritti nel presente trattato, le disposizioni che dovranno essere previste per un nuovo periodo».

8

L’articolo 227, paragrafi 1 e 3, del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, articolo 299, paragrafi 1 e 3, CE, poi articolo 52, paragrafo 1, TUE e articolo 355, paragrafo 2, TFUE), così disponeva:

«1.   Il presente trattato si applica al Regno del Belgio, al Regno di Danimarca, alla Repubblica federale di Germania, alla Repubblica ellenica, al Regno di Spagna, alla Repubblica francese, all’Irlanda, alla Repubblica italiana, al Granducato del Lussemburgo, al Regno dei Paesi Bassi, alla Repubblica d’Austria, alla Repubblica portoghese, alla Repubblica di Finlandia, al Regno di Svezia e al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord.

(…)

3.   I paesi e i territori d’oltremare, il cui elenco figura nell’allegato IV del presente trattato, costituiscono l’oggetto dello speciale regime di associazione definito nella quarta parte del trattato stesso.

Il presente trattato non si applica ai paesi e territori d’oltremare che mantengono relazioni particolari con il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord non menzionati nell’elenco precitato».

9

L’elenco contenuto nell’allegato IV del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, allegato II del Trattato CE e poi allegato II del trattato FUE), intitolato «Paesi e territori d’oltremare cui si applicano le disposizioni della parte quarta del trattato», menzionava, in particolare, Aruba e le Antille olandesi, tra le quali figurava Curaçao.

Regolamenti n. 1552/89 e n. 1150/2000

10

Gli articoli 2, 6, 10, 11 e 17 del regolamento n. 1552/89 (divenuti articoli 2, 6, 10, 11 e 17 del regolamento n. 1150/2000), disciplinavano successivamente, all’epoca dei fatti, le condizioni alle quali gli Stati membri erano tenuti ad accertare e mettere a disposizione del bilancio dell’Unione le risorse proprie di quest’ultima, tra le quali figuravano i dazi doganali.

Le decisioni PTOM del 1991 e del 2001

11

Il primo considerando della decisione PTOM del 1991 così recitava:

«[C]onsiderando che è necessario stabilire per un nuovo periodo le disposizioni da applicare all’associazione dei paesi e territori d’oltremare, qui di seguito denominati “PTOM”, alla Comunità economica europea; che dette disposizioni si applicano ai territori della Repubblica francese, ai paesi e territori del Regno Unito, ai paesi del Regno dei Paesi Bassi e, in parte, alla Groenlandia».

12

Conformemente all’articolo 1 di tale decisione, quest’ultima aveva lo scopo di promuovere e accelerare lo sviluppo economico, culturale e sociale, e di rafforzare le strutture economiche degli PTOM elencati nell’allegato I di detta decisione. Il punto 4 di tale allegato menzionava le Antille olandesi, tra le quali figurava Curaçao, nonché Aruba, quali PTOM del Regno dei Paesi Bassi.

13

L’articolo 6, primo comma, della decisione PTOM del 1991 così disponeva:

«Nell’ambito delle rispettive competenze, le autorità che partecipano alla procedura di collaborazione di cui all’articolo 10 esaminano periodicamente i risultati dell’applicazione della stessa e danno i pareri e gli impulsi necessari per il conseguimento degli scopi della presente decisione».

14

Ai sensi dell’articolo 10 della medesima decisione:

«Allo scopo di consentire alle competenti autorità locali degli PTOM un maggiore coinvolgimento nell’attuazione dei principi dell’associazione degli PTOM alla CEE, nel rispetto delle competenze dei poteri centrali degli Stati membri interessati, è istituita una procedura consultiva fondata sul principio di compartecipazione tra la Commissione, lo Stato membro e lo PTOM.

Detta compartecipazione, le cui modalità sono stabilite agli articoli da 234 a 236, consentirà di esaminare le realizzazioni conseguite nel quadro dell’associazione e di discutere i problemi eventualmente sorti nelle relazioni tra gli PTOM e la Comunità».

15

L’articolo 101, paragrafo 1, di detta decisione era formulato come segue:

«I prodotti originari degli PTOM sono ammessi all’importazione nella Comunità in esenzione da dazi doganali e tasse d’effetto equivalente».

16

In forza dell’articolo 108, paragrafo 1, primo trattino, della decisione PTOM del 1991, la nozione di prodotti originari ed i relativi metodi di cooperazione amministrativa erano definiti nell’allegato II di quest’ultima.

17

Ai sensi dell’articolo 234 di tale decisione:

«L’azione comunitaria si basa per quanto possibile su una stretta concertazione tra la Commissione, lo Stato membro da cui uno PTOM dipende e le autorità locali competenti degli PTOM.

La concertazione è in appresso denominata “compartecipazione”».

18

L’articolo 235, paragrafi 1 e 2, di detta decisione prevedeva quanto segue:

«1.   La compartecipazione riguarda la programmazione, la preparazione, il finanziamento, il controllo e la valutazione delle azioni realizzate dalla Comunità nell’ambito della presente decisione, nonché qualsiasi eventuale problema nelle relazioni tra gli PTOM e la Comunità.

2.   A tal fine si possono costituire, per zona geografica di PTOM, o per gruppo di PTOM dipendenti da uno stesso Stato membro, in particolare su richiesta degli PTOM interessati, gruppi di lavoro nel contesto dell’associazione degli PTOM, di carattere consultivo e composti dalle tre parti di cui all’articolo 234. Questi gruppi sono costituiti:

ad hoc, per trattare problemi specifici;

su base permanente, per il restante periodo di applicabilità della decisione di associazione; in questo caso, si riuniscono almeno una volta l’anno per fare il punto sull’esecuzione della presente decisione o per trattare altre questioni di cui al paragrafo 1».

19

Secondo l’articolo 237 della stessa decisione:

«Fatte salve le disposizioni particolari in materia di relazioni fra gli PTOM e i dipartimenti francesi d’oltremare ivi enunciate, la presente decisione si applica ai territori ove trova applicazione il trattato che istituisce la Comunità economica europea ed alle condizioni precisate da detto trattato, nonché ai territori degli PTOM».

20

L’articolo 1 dell’allegato II della decisione PTOM del 1991, relativo alla definizione della nozione di “prodotti originari” e ai metodi di cooperazione amministrativa, così disponeva:

«Ai fini dell’applicazione delle disposizioni della decisione in materia di cooperazione commerciale, sono considerati prodotti originari dei paesi e territori in appresso denominati “PTOM”, della Comunità o degli Stati ACP i prodotti ivi interamente ottenuti o sufficientemente trasformati».

21

L’articolo 12, paragrafi 1 e 6, di detto allegato prevedeva quanto segue:

«1.   La prova del carattere originario dei prodotti a norma del presente allegato è fornita da un certificato di circolazione delle merci EUR. 1, il cui modello si trova nell’allegato 4 del presente allegato.

(…)

6.   Il certificato di circolazione delle merci EUR. 1 viene rilasciato dalle autorità doganali dello PTOM di esportazione se le merci possono essere considerate “prodotti originari” ai sensi del presente protocollo».

22

L’articolo 26 di detto allegato, intitolato «Controllo dei certificati di circolazione delle merci EUR. 1 e dei formulari EUR. 2», così recitava:

«1.   Il controllo a posteriori dei certificati di circolazione delle merci EUR. 1 e dei formulari EUR. 2 viene effettuato per sondaggio ed ogniqualvolta le autorità doganali dello Stato d’importazione nutrano fondati dubbi sull’autenticità del documento o sulla esattezza delle informazioni riguardanti la reale origine delle merci in questione.

(…)

6.   Qualora dalla procedura di controllo o da qualsiasi altra informazione disponibile emergano indicazioni di possibili violazioni delle disposizioni del presente allegato, di propria iniziativa o a richiesta della Comunità lo PTOM effettua le inchieste necessarie o dispone affinché tali inchieste siano effettuate con la dovuta sollecitudine allo scopo di prevenire siffatte violazioni. La Commissione può partecipare a dette inchieste.

(…)

7.   Le contestazioni che non sia possibile dirimere tra le autorità doganali dello Stato d’importazione e quelle dello PTOM d’esportazione, o che creino un problema d’interpretazione del presente allegato, vengono sottoposte al comitato per l’origine istituito dal [regolamento (CEE) n. 802/68 del Consiglio, del 27 giugno 1968, relativo alla definizione comune della nozione di origine delle merci (GU 1968, L 148, pag. 1)]».

23

Conformemente all’articolo 12, paragrafo 1, di tale regolamento, il comitato dell’origine è composto da rappresentanti degli Stati membri e presieduto da un rappresentante della Commissione.

24

La decisione PTOM del 1991 è rimasta applicabile fino al 1o dicembre 2001. Il 2 dicembre del medesimo anno è entrata in vigore la decisione PTOM del 2001. L’articolo 4, paragrafo 1, di quest’ultima decisione così disponeva:

«Nell’ambito del partenariato di cui all’articolo 7, il compito di definire le strategie di associazione e di sviluppo e la relativa attuazione attraverso l’elaborazione, insieme alla Commissione e allo Stato membro cui è connesso il PTOM, dei documenti unici di programmazione (…) e dei programmi di cooperazione spettano in primo luogo alle autorità dei PTOM».

25

L’articolo 7 della decisione PTOM del 2001 prevedeva quanto segue:

«1.   Per consentire ai PTOM di partecipare pienamente all’attuazione dell’associazione PTOM-CE nel rispetto delle modalità di organizzazione delle istituzioni degli Stati membri interessati, l’associazione prevede una procedura di consultazione basata sulle disposizioni in appresso. Essa riguarda tutte le questioni che si pongono nelle relazioni fra i PTOM e la Comunità.

(…)

3.   Esiste un partenariato separato tra la Commissione, lo Stato membro cui è connesso il PTOM e ciascun PTOM, rappresentato dalle sue autorità, per consentire di realizzare gli obiettivi e i principi della presente decisione, in particolare quelli di cui agli articoli 4 e 19. Detta consultazione trilaterale è denominata, in prosieguo, “partenariato”.

Sono istituiti gruppi di lavoro del partenariato di natura consultiva per ciascun PTOM. Vi partecipano i tre partner suddetti. Tali gruppi di lavoro possono essere riuniti a richiesta della Commissione, di uno Stato membro o di un PTOM. Su richiesta di uno dei partner, vari gruppi di lavoro del partenariato possono tenere riunioni congiunte per esaminare temi di interesse comune agli aspetti regionali dell’associazione.

4.   La consultazione si tiene in piena conformità delle rispettive competenze istituzionali, giuridiche e finanziarie di ciascuno dei tre partner.

(…)».

26

L’articolo 35 di tale decisione prevedeva quanto segue:

«1.   I prodotti originari dei PTOM sono importati nella Comunità in esenzione dai dazi all’importazione.

2.   La nozione di prodotti originari e i relativi metodi di cooperazione amministrativa sono definiti nell’allegato III».

27

L’articolo 2 dell’allegato III di detta decisione, relativo alla definizione della nozione di «prodotti originari» e ai metodi di cooperazione amministrativa, stabiliva, al paragrafo 1, i prodotti considerati prodotti originari dei PTOM.

28

Conformemente all’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), di tale allegato, i prodotti originari dei PTOM potevano beneficiare della decisione PTOM del 2001 all’atto della loro importazione nella Comunità, dietro presentazione di un certificato EUR. 1.

29

L’articolo 15, paragrafi 1 e 4, di detto allegato prevedeva quanto segue:

«1.   Il certificato EUR. 1 è rilasciato dalle autorità doganali del PTOM esportatore su richiesta scritta compilata dall’esportatore o, sotto la sua responsabilità, dal suo rappresentante autorizzato.

(…)

4.   Il certificato di circolazione delle merci EUR. 1 è rilasciato dalle autorità doganali del PTOM esportatore se i prodotti in questione possono essere considerati prodotti originari dei PTOM della Comunità o degli Stati ACP e soddisfano gli altri requisiti previsti nel presente allegato».

30

L’articolo 32 dell’allegato III della decisione PTOM del 2001, intitolato «Verifica delle prove dell’origine», era così formulato:

«1.   Al fine di garantire la corretta applicazione del presente allegato, i PTOM, la Comunità e gli Stati ACP si prestano reciproca assistenza, mediante le amministrazioni doganali competenti, nel controllo dell’autenticità dei certificati di circolazione delle merci EUR. 1 o delle dichiarazioni su fattura e della correttezza delle informazioni riportate in tali documenti.

(…)

2.   Il controllo a posteriori delle prove dell’origine è effettuato per sondaggio o ogniqualvolta le autorità doganali del paese importatore abbiano ragionevole motivo di dubitare dell’autenticità dei documenti, del carattere originario dei prodotti in questione o dell’osservanza degli altri requisiti del presente allegato.

(…)

8.   Qualora dalla procedura di controllo o da qualsiasi altra informazione disponibile emergano indizi di violazioni delle disposizioni del presente allegato, il PTOM effettua, di propria iniziativa o a richiesta della Comunità, le inchieste necessarie o dispone affinché tali inchieste siano effettuate con la dovuta sollecitudine allo scopo di individuare e prevenire siffatte violazioni. La Commissione può partecipare alle inchieste».

31

L’articolo 34 di tale allegato, intitolato «Composizione delle controversie», al suo primo comma così recitava:

«Allorché insorgono controversie sulle procedure di controllo di cui agli articoli 32 e 33 che non possano essere risolte tra le autorità doganali che chiedono il controllo e le autorità doganali responsabili della sua esecuzione, o qualora tali controversie sollevino una questione relativa all’interpretazione del presente allegato, esse sono sottoposte al comitato del codice doganale (sezione origine) istituito dal [regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (GU 1992, L 302, pag. 1)]».

32

Conformemente all’articolo 247, paragrafo 1, di tale regolamento, il comitato del codice doganale era composto da rappresentanti degli Stati membri e presieduto da un rappresentante della Commissione.

Codice doganale

33

L’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), nonché l’articolo 239 del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (GU 1992, L 302, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) n. 2700/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2000 (GU 2000, L 311, pag. 17) (in prosieguo: il «codice doganale»), precisavano le condizioni alle quali gli Stati membri potevano astenersi dalla contabilizzazione a posteriori dei dazi doganali oppure effettuare un rimborso o uno sgravio di tali dazi.

Il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002

34

Il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (GU 2002, L 248, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE, Euratom) n. 1995/2006 del Consiglio, del 13 dicembre 2006 (GU 2006, L 390, pag. 1) (in prosieguo: il «regolamento finanziario»), all’articolo 73 bis così dispone:

«Fatte salve le disposizioni di normative specifiche e l’applicazione della decisione del Consiglio relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità, i crediti delle Comunità nei confronti di terzi ed i crediti di terzi nei confronti delle Comunità sono soggetti a un termine di prescrizione di cinque anni.

La data dalla quale calcolare il termine di prescrizione e le condizioni per interrompere il decorso del termine sono stabilite nelle modalità d’esecuzione».

Il regolamento (CE, Euratom) n. 2342/2002

35

L’articolo 85 ter del regolamento (CE, Euratom) n. 2342/2002 della Commissione, del 23 dicembre 2002, recante modalità d’esecuzione del regolamento n. 1605/2002 (GU 2002, L 357, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE, Euratom) n. 478/2007 della Commissione, del 23 aprile 2007 (GU 2007, L 111, pag. 13) (in prosieguo: il «regolamento di esecuzione»), intitolato «Norme relative ai termini di prescrizione», al paragrafo 1, primo comma, così dispone:

«Il termine di prescrizione per i crediti delle Comunità nei confronti di terzi decorre dal giorno successivo alla data di scadenza indicata al debitore nella nota di addebito (…)».

Diritto dei Paesi Bassi

36

Conformemente allo Statuut voor het Koninkrijk der Nederlanden (Carta del Regno dei Paesi Bassi), nella versione applicabile durante il periodo controverso, il Regno dei Paesi Bassi era costituito da tre paesi (landen), vale a dire i Paesi Bassi (Nederland), le Antille olandesi (Nederlandse Antillen) e Aruba. Durante tale periodo Curaçao faceva parte delle Antille olandesi.

37

In forza dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), di tale Carta, gli affari esteri rientravano «nella competenza del Regno».

38

Ai sensi dell’articolo 50, paragrafo 1, di detta Carta:

«I provvedimenti legislativi e amministrativi nelle Antille olandesi e ad Aruba contrari alla presente Carta, a uno strumento internazionale, a una legge del Regno o a un regolamento amministrativo del Regno, o a interessi la cui promozione o protezione rientrino nella competenza del Regno, possono essere sospesi e annullati dal Re in quanto capo del Regno mediante un decreto motivato. (…)».

39

L’articolo 51 della medesima Carta è così formulato:

«Se un organo nelle Antille olandesi e ad Aruba non adempie o non assolve correttamente le proprie funzioni conformemente alla Carta, ad uno strumento internazionale, ad una legge del Regno o a un regolamento amministrativo del Regno, le modalità in cui dette funzioni devono essere adempiute possono essere stabilite da un regolamento amministrativo del Regno in cui siano indicati le basi giuridiche e i motivi su cui esso si fonda».

40

L’articolo 52 della Carta del Regno dei Paesi Bassi così disponeva:

«Con il consenso del Re, la normativa del paese può conferire al Re, in quanto capo del Regno, o al governatore, in quanto organo del Regno, competenze relative agli affari del paese».

Fatti

41

Negli anni dal 1997 al 2000, sono stati importati in Germania latte in polvere e riso provenienti da Curaçao, mentre, negli anni 2002 e 2003, semola e semolino provenienti da Aruba sono stati importati nei Paesi Bassi.

42

Le autorità di Curaçao e Aruba avevano rilasciato certificati di circolazione delle merci EUR. 1 (in prosieguo: i «certificati EUR. 1») per tali merci, sebbene queste ultime non soddisfacessero i requisiti richiesti per essere considerate prodotti di origine preferenziale in forza dell’articolo 101, paragrafo 1, della decisione PTOM del 1991 e dell’articolo 35, paragrafo 1, della decisione PTOM del 2001.

43

Il rilascio dei certificati EUR. 1 da parte delle autorità di Curaçao e di Aruba è stato oggetto di indagini da parte dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF). Quest’ultimo ha pubblicato le sue relazioni di missione riguardanti Curaçao e Aruba rispettivamente il 24 ottobre 2000 e il 23 dicembre 2004.

44

A seguito di tali indagini, la Commissione ha informato le autorità olandesi e tedesche dell’irregolarità di tali certificati EUR. 1 e le ha invitate a riscuotere i dazi doganali relativi alle importazioni corrispondenti. Le autorità olandesi e tedesche hanno accertato soltanto una parte di tali dazi doganali, mentre la parte rimanente è incorsa in prescrizione.

45

Con lettere datate rispettivamente 27 gennaio e 31 maggio 2012, la Commissione ha ritenuto il Regno dei Paesi Bassi responsabile dell’errore commesso dalle autorità di Curaçao e di Aruba. Essa ha chiesto al Regno dei Paesi Bassi di compensare, rispettivamente entro il 20 marzo e il 20 luglio 2012, la perdita di risorse proprie che ne derivava.

Procedimento precontenzioso

46

Poiché il Regno dei Paesi Bassi non si è conformato a tale richiesta, il 21 novembre 2013 la Commissione ha inviato a quest’ultimo una lettera di diffida, alla quale le autorità olandesi hanno risposto il 20 febbraio 2014, declinando ogni responsabilità per gli atti dei loro PTOM.

47

Il 17 ottobre 2014, la Commissione ha inviato un parere motivato al Regno dei Paesi Bassi, nel quale ha confermato la posizione già espressa nella lettera di diffida. Il termine per adottare le misure necessarie per conformarsi al parere motivato è scaduto il 17 dicembre 2014.

48

Con lettera del 19 novembre 2015, il Regno dei Paesi Bassi ha risposto al parere motivato, continuando a declinare ogni responsabilità.

49

La Commissione ha allora deciso di presentare il presente ricorso.

Sul ricorso

Sulla ricevibilità del ricorso

Argomenti delle parti

50

Il Regno dei Paesi Bassi contesta la ricevibilità del ricorso per il motivo che il ricorso sarebbe ambiguo e non presenterebbe in modo coerente e preciso il fondamento dell’inadempimento degli obblighi derivanti dall’articolo 5 del Trattato CE (divenuto articolo 10 CE, poi articolo 4, paragrafo 3, TUE) che gli viene contestato. A tale riguardo, il Regno dei Paesi Bassi rileva che, in taluni punti del ricorso, la Commissione sembra sostenere che esso sarebbe responsabile degli atti delle autorità doganali dei suoi PTOM, come se queste ultime costituissero proprie autorità, mentre, in altri punti, essa contesta al medesimo di aver omesso di adottare misure adeguate per impedire il rilascio irregolare di certificati EUR. 1 da parte di tali autorità.

51

La Commissione sostiene che il suo ricorso è ricevibile.

Giudizio della Corte

52

Risulta da una giurisprudenza costante relativa all’articolo 120, lettera c), del regolamento di procedura della Corte che ogni atto introduttivo del ricorso deve indicare in modo sufficientemente chiaro e preciso l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti per consentire alla parte convenuta di preparare la sua difesa e alla Corte di esercitare il suo sindacato. Ne deriva che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali tale ricorso si basa devono emergere in modo coerente e comprensibile dal testo del ricorso stesso e che le conclusioni di quest’ultimo devono essere formulate in modo inequivoco allo scopo di evitare che la Corte statuisca ultra petita ovvero ometta di pronunciarsi su una censura (sentenza dell’11 luglio 2018, Commissione/Belgio, C‑356/15, EU:C:2018:555, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

53

La Corte ha altresì dichiarato, in relazione a un ricorso proposto ai sensi dell’articolo 258 TFUE, che esso deve esporre le censure in modo coerente e preciso, così da consentire allo Stato membro e alla Corte di comprendere esattamente la portata della violazione del diritto dell’Unione contestata, presupposto necessario affinché il suddetto Stato possa far valere utilmente i suoi motivi di difesa e affinché la Corte possa verificare l’esistenza dell’inadempimento addotto (sentenza dell’11 luglio 2018, Commissione/Belgio, C‑356/15, EU:C:2018:555, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

54

In particolare, il ricorso della Commissione deve contenere un’esposizione coerente e dettagliata delle ragioni che l’hanno condotta al convincimento che lo Stato membro interessato è venuto meno a uno degli obblighi impostigli dai Trattati (sentenza dell’11 luglio 2018, Commissione/Belgio, C‑356/15, EU:C:2018:555, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

55

Nel caso di specie, si deve constatare che la Commissione indica con precisione la disposizione del diritto dell’Unione asseritamente violata dal Regno dei Paesi Bassi, vale a dire l’articolo 5 del Trattato CE (divenuto articolo 10 CE, poi articolo 4, paragrafo 3, TUE), nonché i fatti contestati a quest’ultimo, ossia la mancata compensazione dell’importo, maggiorato degli interessi, corrispondente alla perdita di risorse proprie tradizionali derivante dal rilascio, da parte delle autorità di Curaçao e di Aruba, di certificati EUR. 1 in violazione delle decisioni PTOM del 1991 e del 2001.

56

Inoltre, sebbene il ricorso della Commissione menzioni l’eventuale mancata adozione, da parte dei Paesi Bassi, delle misure adeguate al fine di evitare tale rilascio irregolare, da tale atto emerge chiaramente che il ricorso della Commissione non ha ad oggetto tale eventuale omissione, ma soltanto l’assenza di compensazione, da parte del Regno dei Paesi Bassi, della perdita di risorse proprie tradizionali derivante dall’irregolare rilascio dei certificati EUR. 1 di cui trattasi.

57

Peraltro, come ha rilevato, in sostanza, l’avvocato generale al paragrafo 43 delle sue conclusioni, il fatto che il suddetto ricorso non precisi se, secondo la Commissione, tale rilascio irregolare sia il risultato di atti delle autorità di Curaçao e di Aruba imputabili al Regno dei Paesi Bassi o se sia la conseguenza dell’omessa adozione, da parte di tale Stato membro, di misure adeguate per prevenire tale rilascio, non ha impedito a quest’ultimo di esercitare effettivamente i suoi diritti della difesa per quanto riguarda l’inadempimento contestato.

58

Pertanto, l’eccezione di irricevibilità sollevata dal Regno dei Paesi Bassi deve essere respinta.

Nel merito

Argomenti delle parti

59

La Commissione sostiene che il Regno dei Paesi Bassi è tenuto, in forza del principio di leale cooperazione sancito dall’articolo 5 del Trattato CE (divenuto articolo 10 CE, poi articolo 4, paragrafo 3, TUE), a compensare la perdita di risorse proprie tradizionali derivante dal fatto che le autorità di Curaçao e di Aruba hanno rilasciato certificati EUR. 1 in violazione delle disposizioni delle decisioni PTOM del 1991 e del 2001, impedendo in tal modo agli Stati membri d’importazione di recuperare taluni dazi doganali relativi alle importazioni di cui trattasi.

60

A tale riguardo, la Commissione considera, in primo luogo, che il Regno dei Paesi Bassi, in quanto Stato membro, debba assumersi la responsabilità degli atti adottati e delle negligenze commesse dalle autorità di Curaçao e di Aruba, in violazione delle decisioni PTOM del 1991 e del 2001, tenuto conto delle relazioni particolari che esso manterrebbe con tali PTOM, i quali, secondo la Commissione, non erano Stati indipendenti e facevano entrambi parte di tale Regno.

61

La Commissione aggiunge che il Regno dei Paesi Bassi non può invocare l’autonomia di cui disponevano Curaçao e Aruba, conformemente alla Carta del Regno dei Paesi Bassi, per giustificare l’inosservanza dei suoi obblighi derivanti dal principio di leale cooperazione. Inoltre, l’autonomia di tali PTOM non sarebbe assoluta, poiché, in forza degli articoli da 50 a 52 di tale Carta, le autorità del Regno dei Paesi Bassi disporrebbero dei poteri che consentono di garantire il rispetto, da parte delle autorità di Curaçao e di Aruba, delle disposizioni delle decisioni PTOM del 1991 e del 2001.

62

In secondo luogo, la Commissione ricorda che il principio di leale cooperazione impone agli Stati membri di adottare tutte le misure atte a garantire la portata e l’efficacia del diritto dell’Unione. Nel caso di specie, il rilascio irregolare di certificati EUR. 1 da parte delle autorità di Curaçao e di Aruba avrebbe impedito la riscossione dei dazi doganali e la messa a disposizione di tali dazi al bilancio dell’Unione quali risorse proprie. Ebbene, astenendosi dal compensare tale perdita di risorse proprie, il Regno dei Paesi Bassi avrebbe ostacolato il buon funzionamento del sistema delle risorse proprie dell’Unione, poiché detta perdita dovrebbe essere compensata da tutti gli Stati membri attraverso un aumento della risorsa propria basata sul reddito nazionale lordo. Pertanto, la tutela del bilancio dell’Unione richiederebbe che il Regno dei Paesi Bassi possa essere ritenuto responsabile della violazione, da parte delle autorità di Curaçao e di Aruba, delle decisioni PTOM del 1991 e del 2001, e obbligato a compensare la perdita di risorse che ne risulta.

63

La Commissione sostiene, in terzo luogo, che il Regno dei Paesi Bassi è tenuto a pagare interessi di mora sull’importo corrispondente a tale perdita di risorse proprie. Secondo la Commissione, l’obbligo di pagare tali interessi di mora non si fonda sulla normativa dell’Unione in materia di risorse proprie, ma deriva direttamente dall’obbligo di leale cooperazione, tenuto conto del nesso indissolubile esistente tra l’obbligo di accertare le risorse proprie dell’Unione, quello di accreditarle sul conto della Commissione entro i termini impartiti e, infine, quello di versare interessi di mora.

64

Il Regno dei Paesi Bassi, sostenuto dal Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, contesta l’inadempimento che gli viene addebitato. In primo luogo, pur ammettendo di essere direttamente responsabile degli atti dei paesi che lo compongono, il Regno dei Paesi Bassi ritiene che tale responsabilità si estenda unicamente alla violazione degli obblighi ad esso incombenti in quanto Stato membro dell’Unione.

65

Secondo la giurisprudenza della Corte risultante dal parere 1/78 (Accordo internazionale sulla gomma naturale), del 4 ottobre 1979 (EU:C:1979:224, punto 62), occorrerebbe determinare in che qualità il Regno dei Paesi Bassi può essere considerato responsabile, ossia in quanto Stato membro dell’Unione o in quanto rappresentante dei suoi PTOM nelle relazioni internazionali. Ebbene, conformemente all’articolo 227, paragrafo 3, del Trattato CE (divenuto articolo 299, paragrafo 3, CE, poi articolo 355, paragrafo 2, TFUE), l’ambito di applicazione territoriale di tale trattato si limiterebbe alla parte europea del Regno, vale a dire i Paesi Bassi, mentre i PTOM sarebbero esclusivamente disciplinati dallo speciale regime oggetto della quarta parte del Trattato stesso. Pertanto, le disposizioni generali del medesimo Trattato sarebbero inapplicabili ai PTOM in assenza di un riferimento espresso. In particolare, i PTOM dovrebbero essere trattati come paesi terzi per quanto riguarda l’importazione delle merci nell’Unione. Pertanto, i PTOM non possono essere considerati parte integrante dello Stato membro al quale sono associati.

66

In tale contesto, il Regno dei Paesi Bassi sottolinea che, poiché il Regno ha soltanto qualità di soggetto di diritto internazionale pubblico e la competenza a concludere trattati, esso ha ratificato il Trattato CE unicamente per i Paesi Bassi, cosicché solo questi ultimi sarebbero vincolati dai diritti e dagli obblighi derivanti dalla sua adesione all’Unione.

67

Il Regno dei Paesi Bassi ritiene che, tenuto conto dell’autonomia di cui disponevano le Antille olandesi e Aruba, la tesi secondo la quale i Paesi Bassi sarebbero responsabili degli atti delle autorità di tali PTOM è contraria all’articolo 4, paragrafo 2, TUE e all’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite. Secondo le disposizioni della Carta del Regno dei Paesi Bassi, le Antille olandesi e Aruba non potrebbero essere considerate come facenti parte dei Paesi Bassi nel corso del periodo controverso, poiché, sebbene tali due territori avessero, al pari dei Paesi Bassi, la qualità di paesi (landen) del Regno dei Paesi Bassi, essi disponevano ciascuno della propria Staatsregeling (legge fondamentale) e godevano di ampia autonomia a livello del Regno. Del resto, gli articoli da 50 a 52 della Carta del Regno dei Paesi Bassi non conferirebbero ai Paesi Bassi alcun potere nei confronti delle autorità di Curaçao e di Aruba, e prevedrebbero soltanto la possibilità di adottare decisioni nei confronti di tali territori in seno al Consiglio dei ministri del Regno.

68

In secondo luogo, il Regno dei Paesi Bassi afferma che l’obbligo di compensazione e di pagamento di interessi di mora invocato non trova fondamento né nella normativa dell’Unione relativa alle risorse proprie, né nelle decisioni PTOM del 1991 e del 2001. Pertanto, ammettere l’esistenza di siffatto obbligo contrasterebbe con il principio della certezza del diritto. Il Regno dei Paesi Bassi aggiunge che la Commissione non può neppure basarsi, a tale riguardo, sull’articolo 5 del Trattato CE (divenuto articolo 10 CE, poi articolo 4, paragrafo 3, TUE), senza dimostrare che i Paesi Bassi hanno violato gli obblighi ad essi incombenti in forza del diritto dell’Unione. Ebbene, la Commissione non avrebbe fornito tale prova e si limiterebbe ad affermare che i Paesi Bassi non hanno reagito «in modo adeguato» all’infrazione commessa dai PTOM interessati.

69

Il Regno dei Paesi Bassi rileva inoltre che, secondo le decisioni PTOM del 1991 e del 2001, il rilascio di certificati EUR. 1 spettava alle sole autorità dei PTOM, mentre le autorità degli Stati membri non disponevano di alcuna possibilità di ingerenza, né erano soggette ad alcuna responsabilità a tale riguardo. In particolare, tali decisioni PTOM del 1991 e del 2001 avrebbero previsto un sistema di cooperazione amministrativa tra, da un lato, le autorità dei PTOM e, dall’altro, la Commissione e le autorità degli Stati membri, che consente di verificare il rispetto di tali decisioni e di rivolgersi, a tal fine, direttamente alle autorità dei PTOM. Inoltre, i problemi sorti tra i PTOM e l’Unione dovevano essere definiti nell’ambito del partenariato.

70

Peraltro, la contestazione della responsabilità dei Paesi Bassi in quanto Stato membro sarebbe in contrasto con il principio della certezza del diritto e con il principio di buona amministrazione. A tale riguardo, il Regno dei Paesi Bassi sostiene che, contrariamente alla giurisprudenza risultante dalla sentenza del 13 novembre 2014, Nencini/Parlamento (C‑447/13 P, EU:C:2014:2372, punto 48), la Commissione non ha agito entro un termine ragionevole, in quanto tale istituzione ha chiesto la messa a disposizione dei dazi doganali in questione rispettivamente più di sette e più di undici anni dopo che l’OLAF ha accertato le irregolarità in questione.

Giudizio della Corte

71

In via preliminare, occorre sottolineare che, sebbene, all’epoca del comportamento delle autorità di Curaçao e di Aruba all’origine del presente ricorso per inadempimento, il principio di leale cooperazione fosse sancito dall’articolo 5 del Trattato CE e, successivamente, dall’articolo 10 CE, tali disposizioni, quando la Commissione ha chiesto al Regno dei Paesi Bassi di compensare la perdita di risorse proprie che, a suo avviso, deriva da tale comportamento, erano state sostituite dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE. Ne consegue che il ricorso deve essere esaminato alla luce del principio di leale cooperazione quale sancito da tale ultima disposizione.

72

Conformemente all’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, TUE, il Regno dei Paesi Bassi, in quanto Stato membro dell’Unione, è tenuto ad adottare ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l’esecuzione dei propri obblighi derivanti dai trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell’Unione.

73

Sebbene, a tal fine, spetti a tutte le autorità degli Stati membri garantire il rispetto delle norme del diritto dell’Unione nell’ambito delle loro competenze, detto Stato membro rimane, in forza dell’articolo 258 TFUE, il solo responsabile, nei confronti dell’Unione, dell’osservanza degli obblighi derivanti da tale diritto (v., in tal senso, sentenze del 4 ottobre 2012, Byankov, C‑249/11, EU:C:2012:608, punto 64 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 13 maggio 2014, Commissione/Spagna, C‑184/11, EU:C:2014:316, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

74

Ebbene, come precisato dalla Commissione nella sua replica, il presente ricorso per inadempimento è fondato non già su errori commessi dalle autorità dei Paesi Bassi, bensì sulla responsabilità di tale Stato membro per una perdita di risorse proprie derivante dall’inosservanza, che non viene contestata, delle disposizioni delle decisioni PTOM del 1991 e del 2001 che disciplinano il rilascio di certificati EUR. 1 da parte delle autorità di Curaçao e di Aruba.

75

Come emerge dall’articolo 227, paragrafo 3, del trattato CE, in combinato disposto con l’allegato IV di quest’ultimo (divenuti articolo 299, paragrafo 3, CE e allegato II del trattato CE, poi articolo 355, paragrafo 2, TFUE e allegato II del Trattato FUE), Curaçao e Aruba figuravano tra i PTOM elencati in detto allegato ed erano, pertanto, soggetti allo speciale regime di associazione definito nella quarta parte del Trattato CE, che comprendeva gli articoli da 131 a 137 del medesimo (divenuti articoli da 182 a 188 CE, poi articoli da 198 a 204 TFUE), regime le cui modalità e procedure sono state definite dalle decisioni PTOM del 1991 e del 2001, sulla base dell’articolo 136 di detto trattato (divenuto articolo 187 CE, poi articolo 203 TFUE).

76

Ciò premesso, occorre sottolineare che, se è vero che la Corte ha dichiarato che le disposizioni generali del Trattato CE, vale a dire quelle che non figurano nella quarta parte del medesimo, non sono applicabili ai PTOM senza espresso riferimento (sentenza del 5 giugno 2014, X e TBG, C‑24/12 e C‑27/12, EU:C:2014:1385, punto 45 e giurisprudenza ivi citata), l’inadempimento contestato al Regno dei Paesi Bassi non rientra nell’ipotesi prevista da tale giurisprudenza. Infatti, la Commissione non afferma che il principio di leale cooperazione si applica a Curaçao e Aruba, ma sostiene che il Regno dei Paesi Bassi è tenuto, in forza di tale principio, a rispondere delle conseguenze del rilascio irregolare di certificati EUR. 1 da parte delle autorità di Curaçao e di Aruba. Ebbene, come è stato ricordato al punto 72 della presente sentenza, detto principio si impone al Regno dei Paesi Bassi quale Stato membro dell’Unione.

77

Alla luce di tali considerazioni, si deve verificare, in primo luogo, se il Regno dei Paesi Bassi, in forza degli obblighi ad esso incombenti in quanto Stato membro ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, sia responsabile, nei confronti dell’Unione, dell’eventuale rilascio di certificati EUR. 1 da parte delle autorità di Curaçao e di Aruba in violazione delle decisioni PTOM del 1991 e del 2001, in secondo luogo, se esso sia tenuto, in forza di tale disposizione, a compensare l’importo, eventualmente maggiorato degli interessi di mora, dell’eventuale perdita di risorse proprie dell’Unione che ne deriva e, in terzo luogo, in caso affermativo, se l’inadempimento contestato al Regno dei Paesi Bassi sia fondato.

– Sulla responsabilità del Regno dei Paesi Bassi per l’eventuale rilascio irregolare di certificati EUR. 1 da parte delle autorità di Curaçao e di Aruba

78

La Commissione sostiene che è a causa delle relazioni particolari che legano Curaçao e Aruba al Regno dei Paesi Bassi che tale Stato membro deve rispondere, nei confronti dell’Unione, degli atti e delle omissioni delle autorità di Curaçao e di Aruba allorché queste ultime hanno rilasciato certificati EUR. 1 in violazione delle decisioni PTOM del 1991 e del 2001.

79

Il Regno dei Paesi Bassi figura tra gli Stati membri che, ai sensi dell’articolo 131, primo comma, del Trattato CE (divenuto articolo 182, primo comma, CE, poi articolo 198, primo comma, TFUE), mantengono «relazioni particolari» con i PTOM. Conformemente a tale disposizione, l’assoggettamento di tali paesi e territori allo speciale regime di associazione definito nella parte quarta del Trattato CE si fondava, all’epoca di tale concessione, su tali relazioni particolari.

80

Dette relazioni particolari sono caratterizzate dal fatto che i PTOM non sono Stati indipendenti, ma costituiscono paesi e territori che dipendono da tale Stato, il quale garantisce, in particolare, la loro rappresentanza sul piano internazionale [v., in tal senso, parere 1/78 (Accordo internazionale sulla gomma naturale), del 4 ottobre 1979 (EU:C:1979:224, punto 62, e 1/94 (Accordi allegati all’accordo OMC), del 15 novembre 1994, EU:C:1994:384, punto 17].

81

Conformemente all’articolo 131 del Trattato CE (divenuto articolo 182 CE, poi articolo 198 TFUE), dell’applicazione dello speciale regime di associazione definito nella quarta parte di tale Trattato, diretta a promuovere lo sviluppo economico, sociale e culturale dei PTOM, beneficiano soltanto paesi e territori che mantengono relazioni particolari con lo Stato membro interessato, il quale ha chiesto che fosse reso loro applicabile lo speciale regime di associazione. Per quanto riguarda, in particolare, Curaçao e Aruba, che facevano parte delle Antille olandesi al momento dell’entrata in vigore del Trattato CEE, gli Stati membri hanno concluso la convenzione 64/533/CEE, del 13 novembre 1962, di revisione del Trattato che istituisce la Comunità economica europea per rendere applicabile alle Antille olandesi il regime speciale d’associazione definito nella IV parte del Trattato (GU 1964, P 150, pag. 2414).

82

In tal senso, i termini utilizzati, in particolare, al primo considerando nonché all’articolo 234 e all’articolo 235, paragrafo 2, della decisione PTOM del 1991, nonché, in particolare, agli articoli 4 e 7 della decisione PTOM del 2001 per designare lo Stato membro «da cui dipendono» i PTOM o lo Stato membro «cui sono connessi» dei PTOM sono l’espressione delle relazioni particolari che esistono tra loro, ai sensi dell’articolo 131, primo comma, del Trattato CE (divenuto articolo 182, primo comma, CE, poi articolo 198, primo comma, TFUE). Tale interpretazione è confermata dall’articolo 1 della decisione PTOM del 1991, in combinato disposto con l’allegato I, punto 4, della medesima, da cui emerge che Curaçao e Aruba erano PTOM «del» Regno dei Paesi Bassi.

83

Inoltre, nell’ambito del suddetto speciale regime di associazione, i prodotti originari di Curaçao e di Aruba beneficiavano di un accesso privilegiato al mercato interno in esenzione da dazi doganali e tasse di effetto equivalente, conformemente all’articolo 133, paragrafo 1, del Trattato CE (divenuto articolo 184, paragrafo 1, CE, poi articolo 200, paragrafo 1, TFUE), in combinato disposto con l’articolo 101, paragrafo 1, l’articolo 108, paragrafo 1, primo trattino, nonché l’allegato II della decisione PTOM del 1991 (articolo 35 e allegato III della decisione PTOM del 2001).

84

Ebbene, il rilascio di certificati EUR. 1 era disciplinato dal diritto dell’Unione. Infatti, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 6, dell’allegato II della decisione PTOM del 1991 (articolo 15, paragrafo 4, dell’allegato III della decisione PTOM del 2001), la quale si applicava ai territori dei PTOM in forza del suo articolo 237, i certificati in parola, che attestano tale origine, dovevano essere rilasciati dalle autorità dei PTOM. Pertanto, quando tali autorità rilasciavano detti certificati, erano tenute a rispettare i requisiti contenuti nell’allegato II della decisione PTOM del 1991 (allegato III della decisione PTOM del 2001).

85

Inoltre, le procedure previste dalle decisioni PTOM del 1991 e del 2001 per comporre le controversie o gli eventuali problemi risultanti in tale contesto rispecchiavano il carattere centrale che rivestivano, per il regime di associazione definito nella parte quarta del Trattato CE, le relazioni particolari, ai sensi dell’articolo 131, primo comma, del Trattato CE (divenuto articolo 182, primo comma, CE, poi articolo 198, primo comma, TFUE), tra il PTOM interessato e lo Stato membro da cui dipendeva.

86

A tale riguardo, occorre tener conto, in particolare, dell’articolo 26, paragrafo 7, dell’allegato II della decisione PTOM del 1991, nonché dell’articolo 34 dell’allegato III della decisione PTOM del 2001, secondo i quali le controversie vertenti sulla legittimità di certificati EUR. 1 che non potevano essere risolte tra le autorità doganali dello Stato d’importazione e quelle del PTOM di esportazione dovevano essere risolte a livello del comitato dell’origine e, successivamente, del comitato del codice doganale, nell’ambito di una procedura alla quale partecipava, in particolare, un rappresentante dello Stato membro da cui dipende il PTOM d’esportazione, ma non le autorità locali competenti di tale PTOM.

87

Inoltre, per quanto riguarda l’eventuale risoluzione di problemi che possono sorgere con il rilascio irregolare di certificati EUR. 1 nell’ambito della compartecipazione di cui agli articoli 234 e 235 della decisione PTOM del 1991 (poi articolo 7 della decisione PTOM del 2001), è necessario constatare che tale compartecipazione non poteva fondarsi su un dialogo bilaterale tra il PTOM interessato e la Commissione, ma necessitava di una concertazione trilaterale alla quale dovevano partecipare, oltre alla Commissione, lo Stato membro da cui dipendeva il PTOM e le autorità locali competenti di quest’ultimo. Ai sensi dell’articolo 10, primo comma, della decisione PTOM del 1991, la partecipazione dello Stato membro da cui il PTOM dipendeva a tale concertazione trilaterale era richiesta al fine di garantire il rispetto delle «competenze dei poteri centrali degli Stati membri interessati». Analogamente, l’articolo 7, paragrafo 1, della decisione PTOM del 2001 poneva l’accento sulla necessità di rispettare «l’organizzazione delle istituzioni degli Stati membri interessati».

88

In tali circostanze, l’esistenza di relazioni particolari, ai sensi dell’articolo 131, primo comma, del Trattato CE (divenuto articolo 182, primo comma, CE, poi articolo 198, primo comma, TFUE), tra il Regno dei Paesi Bassi e i suoi PTOM può far sorgere una responsabilità specifica di tale Stato membro nei confronti dell’Unione allorché le autorità di tali PTOM rilasciano certificati EUR. 1 in violazione di dette decisioni.

89

Il Regno dei Paesi Bassi contesta tuttavia l’esistenza di tale responsabilità. In primo luogo, esso sostiene che, poiché il Trattato CE è stato ratificato unicamente per i Paesi Bassi, occorre distinguere tra Curaçao e Aruba, da un lato, e il Regno dei Paesi Bassi in quanto Stato membro, dall’altro, conformemente alla giurisprudenza risultante dal parere 1/78 (Accordo internazionale sulla gomma naturale), del 4 ottobre 1979 (EU:C:1979:224, punto 62). In secondo luogo, secondo il Regno dei Paesi Bassi, il sistema di cooperazione amministrativa istituito dalle decisioni PTOM del 1991 e del 2001 consentiva di rivolgersi direttamente alle autorità di detti PTOM, cosicché la Commissione non può considerarlo responsabile degli atti di tali autorità sulla base dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE. In terzo luogo, il riconoscimento di tale responsabilità pregiudicherebbe l’autonomia di tali PTOM, in violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, TUE e dell’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite.

90

Per quanto riguarda il primo argomento, la Corte ha certamente dichiarato, in sostanza, al punto 62 del parere citato al punto precedente che, quando uno Stato membro conclude un accordo internazionale in quanto rappresentante internazionale di un PTOM che dipende da detto Stato, esso non agisce in qualità di Stato membro. Ebbene, tale constatazione, che ha consentito alla Corte di concludere che una simile rappresentanza non incideva sulla «delimitazione delle sfere di competenza nell’ambito della Comunità», non è pertinente al fine di valutare la responsabilità di uno Stato membro nell’ambito del rilascio, da parte delle autorità di un PTOM che fa parte di tale Stato membro, di certificati EUR. 1 in violazione delle decisioni PTOM del 1991 e del 2001, che era disciplinato dalle norme del diritto dell’Unione applicabili sul territorio dei PTOM.

91

Per quanto riguarda il secondo argomento del Regno dei Paesi Bassi, relativo al sistema di cooperazione amministrativa istituito dalle decisioni PTOM del 1991 e del 2001, è vero che, conformemente all’articolo 26, paragrafo 6, dell’allegato II della decisione PTOM del 1991, e successivamente all’articolo 32, paragrafo 8, dell’allegato III della decisione PTOM del 2001, spettava alle autorità del PTOM in questione, in particolare, svolgere le inchieste necessarie nel caso in cui dalla procedura di controllo di cui all’articolo 26, paragrafo 1, dell’allegato II della prima decisione, e successivamente all’articolo 32, paragrafo 2, dell’allegato III della seconda decisione, o da qualsiasi altra informazione disponibile emergessero indizi di violazioni delle disposizioni di tali allegati. Tuttavia, da un lato, queste stesse disposizioni prevedevano che la Commissione «può partecipare» alle inchieste volte a individuare e a prevenire le violazioni delle disposizioni che disciplinano il rilascio dei certificati EUR. 1, senza imporre a quest’ultima un obbligo al riguardo. Dall’altro lato, se è vero che l’articolo 26, paragrafo 7, dell’allegato II della decisione PTOM del 1991 e l’articolo 34 dell’allegato III della decisione PTOM del 2001 disponevano che le controversie sorte in occasione di tali inchieste o che sollevano un problema d’interpretazione «vengono sottoposte» a una procedura di risoluzione delle controversie, dalla formulazione stessa di tali disposizioni emerge che esse si riferivano unicamente alle controversie sorte tra lo Stato d’importazione e il PTOM di esportazione e, pertanto, non erano vincolanti per la Commissione.

92

Peraltro, e contrariamente a quanto sostiene il Regno dei Paesi Bassi, le disposizioni relative alla consultazione denominata «compartecipazione» non ostano neppure a che uno Stato membro possa essere ritenuto responsabile, in forza dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, di un rilascio irregolare di certificati EUR. 1 da parte delle autorità dei suoi PTOM. Infatti, secondo i termini stessi dell’articolo 234 della decisione PTOM del 1991, l’azione dell’Unione doveva basarsi solo «per quanto possibile» su tale concertazione tra la Commissione, lo Stato membro da cui dipendeva il PTOM e le autorità locali competenti di quest’ultimo. Inoltre, secondo l’articolo 235, paragrafo 2, di tale decisione, «si possono costituire» gruppi di lavoro di associazione, in particolare su richiesta dei PTOM interessati, al fine di trattare qualsiasi problema che sia sorto tra i PTOM e l’Unione. Analogamente, l’articolo 7, paragrafo 3, della decisione PTOM del 2001 si limitava a prevedere che i gruppi di lavoro di partenariato istituiti per ciascun PTOM «possono essere riuniti» su richiesta, in particolare, di un PTOM. Pertanto, sebbene tale procedura di collaborazione non sia stata attuata nel caso di specie, resta il fatto che la formulazione di tali disposizioni indica che esse conferivano carattere facoltativo a tale attuazione.

93

Il terzo argomento, vertente sull’autonomia costituzionale di Curaçao e di Aruba, non può essere accolto, in quanto il Regno dei Paesi Bassi non spiega in che modo la responsabilità di uno Stato membro per gli atti dei suoi PTOM, che non pregiudica i compiti affidati a questi ultimi dalle decisioni PTOM del 1991 e del 2001, possa pregiudicare la loro autonomia.

94

Occorre inoltre valutare per quali tipi di errori commessi da un PTOM nell’ambito del rilascio di certificati EUR. 1 lo Stato membro da cui esso dipende debba essere considerato responsabile.

95

A tale riguardo, dal principio di leale cooperazione, sancito all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, risulta che gli Stati membri sono tenuti ad adottare tutte le misure atte a garantire la portata e l’efficacia del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 7 ottobre 2010, Stils Met, C‑382/09, EU:C:2010:596, punto 44, e del 5 dicembre 2017, Germania/Consiglio, C‑600/14, EU:C:2017:935, punto 94).

96

Ebbene, tenuto conto del carattere preferenziale e derogatorio del regime doganale di cui beneficiavano i prodotti originari dei PTOM, alle condizioni di cui all’articolo 133, paragrafo 1, del Trattato CE (divenuto articolo 184, paragrafo 1, CE, poi articolo 200, paragrafo 1, TFUE) e all’articolo 101, paragrafo 1, in combinato disposto con l’articolo 108, paragrafo 1, primo trattino, nonché l’allegato II della decisione PTOM del 1991 (articolo 35 e allegato III della decisione PTOM del 2001), l’obbligo ricordato al punto precedente si impone con particolare rigore nel caso di specie. Pertanto, la responsabilità nei confronti dell’Unione che grava sullo Stato membro da cui dipende un PTOM si estende, in forza dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, a qualsiasi errore commesso dalle autorità di tale PTOM, nell’ambito del rilascio di certificati EUR. 1.

97

Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, si deve concludere che il Regno dei Paesi Bassi, in forza degli obblighi ad esso incombenti in quanto Stato membro ai sensi dell’articolo 131, primo comma, del Trattato CE (divenuto articolo 182, primo comma, CE, poi articolo 198, primo comma, TFUE), nonché dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, è responsabile, nei confronti dell’Unione, dell’eventuale rilascio da parte delle autorità di Curaçao e di Aruba di certificati EUR. 1 in violazione delle decisioni PTOM del 1991 e del 2001 [v., per analogia, sentenza odierna, Commissione/Regno Unito (Responsabilità per l’azione di un PTOM), C‑391/17, punto 95].

– Sull’obbligo di compensare un’eventuale perdita di risorse proprie, in forza dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE

98

Risulta da costante giurisprudenza che, in forza del principio di leale cooperazione, gli Stati membri sono tenuti ad eliminare le conseguenze illecite di una violazione del diritto dell’Unione. Spetta pertanto alle autorità degli Stati membri adottare, nell’ambito delle loro competenze, tutti i provvedimenti necessari per rimediare ad una violazione di tale diritto (v., in tal senso, sentenze del 21 giugno 2007, Jonkman e a., da C‑231/06 a C‑233/06, EU:C:2007:373, punti 3738, nonché del 26 luglio 2017, Comune di Corridonia e a., C‑196/16 e C‑197/16, EU:C:2017:589, punto 35 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 27 giugno 2019, Belgisch Syndicaat van Chiropraxie e a., C‑597/17, EU:C:2019:544, punto 54).

99

Poiché il rilascio di un certificato EUR. 1 in violazione delle decisioni PTOM del 1991 e del 2001 impedisce, alle condizioni previste all’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), e all’articolo 239 del codice doganale, alle autorità dello Stato membro d’importazione interessato di riscuotere i dazi doganali che esse avrebbero dovuto percepire in assenza di tale certificato EUR 1, la perdita di risorse proprie tradizionali dell’Unione che ne deriva costituisce la conseguenza illecita di una violazione del diritto dell’Unione. Infatti, secondo la giurisprudenza della Corte, tale perdita deve essere compensata da un’altra risorsa propria, oppure da un adeguamento delle spese (v., per analogia, sentenze del 15 novembre 2005, Commissione/Danimarca, C‑392/02, EU:C:2005:683, punto 54, e del 5 ottobre 2006, Commissione/Germania, C‑105/02, EU:C:2006:637, punto 88).

100

Pertanto, lo Stato membro che è responsabile, nei confronti dell’Unione, del rilascio irregolare di un simile certificato è tenuto, conformemente al principio di leale cooperazione, ad adottare tutte le misure necessarie al fine di porre rimedio a tale violazione del diritto dell’Unione e, in particolare, deve compensare la perdita di risorse proprie che ne deriva [v., per analogia, sentenza odierna, Commissione/Regno Unito (Responsabilità per l’azione di un PTOM), C‑391/17, punto 98].

101

Per quanto riguarda, più in particolare, la questione se l’importo di tale perdita di risorse proprie debba, eventualmente, essere maggiorato degli interessi di mora, è sufficiente rilevare che la sola compensazione dell’importo dei dazi doganali che non hanno potuto essere riscossi non può essere sufficiente a eliminare le conseguenze illecite del rilascio irregolare di un certificato EUR 1.

102

Tale interpretazione non può essere messa in discussione dall’argomento relativo al principio della certezza del diritto, invocato dal Regno dei Paesi Bassi e dal Regno Unito, secondo il quale siffatto obbligo di compensazione non può sussistere in assenza di una disposizione espressa al riguardo nel diritto dell’Unione. Infatti, l’obbligo di compensare la perdita di risorse proprie derivante da un rilascio irregolare di certificati EUR. 1 costituisce solo un’espressione particolare dell’obbligo, derivante dal principio di leale cooperazione, secondo cui gli Stati membri sono tenuti ad adottare tutti i provvedimenti necessari per rimediare ad una violazione del diritto dell’Unione ed eliminarne le conseguenze illecite. Come risulta dalla giurisprudenza costante richiamata al punto 98 della presente sentenza, tale ultimo obbligo si estende a tutte le conseguenze illecite di una violazione di detto diritto, in particolare a quelle aventi natura finanziaria, come quelle di cui trattasi nel caso di specie.

103

Tuttavia, gli interessi di mora iniziano a decorrere soltanto dalla data della domanda rivolta allo Stato membro interessato volta a compensare detta perdita di risorse proprie.

104

Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, si deve concludere che lo Stato membro responsabile nei confronti dell’Unione di un rilascio irregolare di certificati EUR. 1 da parte di un PTOM da esso dipendente è tenuto, conformemente al principio di leale cooperazione, a compensare un’eventuale perdita di risorse proprie, maggiorata, se del caso, degli interessi di mora.

– Sull’inadempimento contestato

105

Dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che negli anni dal 1997 al 2000, nonché nel 2002 e nel 2003, sono state importate nei Paesi Bassi e in Germania, in esenzione da dazi all’importazione, merci che beneficiano di certificati EUR. 1 rilasciati dalle autorità di Curaçao e di Aruba.

106

È pacifico tra le parti che i certificati EUR. 1 in questione sono stati rilasciati dalle suddette autorità nonostante le merci di cui trattasi non soddisfacessero i requisiti richiesti per essere considerate prodotti di origine preferenziale, in forza dell’articolo 101, paragrafo 1, della decisione PTOM del 1991 e dell’articolo 35, paragrafo 1, della decisione PTOM del 2001. È altresì pacifico che la violazione di tali disposizioni ha comportato per l’Unione una perdita di risorse proprie a titolo di dazi all’importazione.

107

In tali circostanze, il Regno dei Paesi Bassi è tenuto, conformemente all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, a compensare l’importo di tale perdita di risorse proprie, come richiesto dalla Commissione con lettere del 27 gennaio e del 31 maggio 2012.

108

Il Regno dei Paesi Bassi afferma tuttavia che i principi di certezza del diritto e di buona amministrazione ostano, nel caso di specie, alla possibilità di accertare un inadempimento di tale obbligo di compensazione, per il motivo che la Commissione non gli avrebbe chiesto di procedere a tale compensazione entro un termine ragionevole conformemente alla giurisprudenza risultante dalla sentenza del 13 novembre 2014, Nencini/Parlamento (C‑447/13 P, EU:C:2014:2372, punto 48).

109

A tale riguardo, occorre ricordare che la giurisprudenza derivante dalla sentenza citata al punto precedente riguarda l’articolo 85 ter del regolamento di esecuzione che fissa il punto di partenza del termine di prescrizione quinquennale di cui all’articolo 73 bis del regolamento finanziario alla data di scadenza comunicata al debitore nella nota di addebito.

110

In detta sentenza, è vero che la Corte ha dichiarato che, nel silenzio dei testi applicabili, il principio della certezza del diritto esige che l’istituzione interessata proceda a tale comunicazione entro un termine ragionevole, pur precisando che il termine di comunicazione di una nota di addebito si deve presumere irragionevole allorché tale comunicazione sia intervenuta oltre un termine di cinque anni a decorrere dal momento in cui l’istituzione è stata normalmente in grado di far valere il proprio credito (v., in tal senso, sentenza del 13 novembre 2014, Nencini/Parlamento, C‑447/13 P, EU:C:2014:2372, punti 4849).

111

Tuttavia, senza che occorra esaminare se l’articolo 73 bis del regolamento finanziario e l’articolo 85 ter del regolamento di esecuzione si applichino all’obbligo di compensare una perdita di risorse proprie ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, come quello di cui trattasi nel caso di specie, è necessario constatare che la Commissione non ha, in ogni caso, superato il termine di cinque anni oltre il quale il termine di comunicazione di una nota di addebito deve essere presunto irragionevole secondo la giurisprudenza risultante dalla sentenza citata al punto precedente. Infatti, è pacifico tra le parti che la perdita di risorse proprie dell’Unione derivante dal rilascio irregolare di certificati EUR. 1 da parte delle autorità di Curaçao e di Aruba è divenuta definitiva solo nel 2009. Poiché, prima di tale data, la Commissione non era in grado di chiedere la compensazione di detta perdita, si deve ritenere che quest’ultima abbia rispettato detto termine di cinque anni quando ha chiesto al Regno dei Paesi Bassi di procedere a tale compensazione nel corso del 2012.

112

Di conseguenza, si deve constatare che, non avendo compensato la perdita di risorse proprie derivante dal rilascio irregolare, alla luce della decisione PTOM del 1991 e, in seguito, della decisione PTOM del 2001, da parte delle autorità di Curaçao e di Aruba, di certificati EUR. 1 per quanto riguarda, rispettivamente, importazioni di latte in polvere e di riso provenienti da Curaçao nel periodo 1997/2000 e importazioni di semola e semolino provenienti da Aruba nel periodo 2002/2003, il Regno dei Paesi Bassi è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE.

Sulle spese

113

Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Il Regno dei Paesi Bassi, rimasto soccombente, deve essere condannato alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.

114

In applicazione dell’articolo 140, paragrafo 1, del medesimo regolamento di procedura, secondo il quale le spese sostenute dagli Stati membri intervenuti nella causa restano a loro carico, il Regno Unito sopporterà le proprie spese.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

Il Regno dei Paesi Bassi, non avendo compensato la perdita di risorse proprie derivante dal rilascio irregolare, alla luce della decisione 91/482/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1991, relativa all’associazione dei paesi e territori d’oltremare alla Comunità economica europea e, in seguito, della decisione 2001/822/CE del Consiglio, del 27 novembre 2001, relativa all’associazione dei paesi e territori d’oltremare alla Comunità europea, da parte delle autorità di Curaçao e di Aruba, di certificati di circolazione delle merci EUR. 1 per quanto riguarda, rispettivamente, importazioni di latte in polvere e di riso da Curaçao nel periodo 1997/2000 e importazioni di semola e semolino da Aruba nel periodo 2002/2003, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE.

 

2)

Il Regno dei Paesi Bassi è condannato alle spese.

 

3)

Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sopporta le proprie spese.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il neerlandese