SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

13 dicembre 2018 ( *1 )

«Impugnazione – Ricorso per risarcimento danni – Articolo 340, secondo comma, TFUE – Durata eccessiva del procedimento nell’ambito di una causa dinanzi al Tribunale dell’Unione europea – Risarcimento del danno asseritamente subito dalla ricorrente – Danno patrimoniale – Spese di garanzia bancaria – Nesso causale – Interessi di mora – Danno non patrimoniale»

Nella causa C‑150/17 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 24 marzo 2017,

Unione europea, rappresentata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, rappresentata da J. Inghelram ed E. Beysen, in qualità di agenti,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Kendrion NV, con sede in Zeist (Paesi Bassi), rappresentata da Y. de Vries, T. Ottervanger ed E. Besselink, advocaten,

ricorrente in primo grado,

Commissione europea, rappresentata da C. Urraca Caviedes, S. Noë e F. Erlbacher, in qualità di agenti,

interveniente in primo grado,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da R. Silva de Lapuerta (relatore), vicepresidente, facente funzione di presidente della Prima Sezione, J.‑C. Bonichot, E. Regan, C.G. Fernlund e S. Rodin, giudici,

avvocato generale: N. Wahl

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 25 luglio 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con la sua impugnazione, l’Unione europea chiede l’annullamento parziale della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 1o febbraio 2017, Kendrion/Unione europea (T‑479/14; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2017:48), con cui esso, da un lato, ha condannato l’Unione europea a pagare alla Kendrion NV un’indennità di EUR 588769,18 e di EUR 6000, rispettivamente per il danno patrimoniale e per il danno non patrimoniale subìti da tale società in conseguenza della violazione del termine ragionevole di giudizio nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 16 novembre 2011, Kendrion/Commissione (T‑54/06, non pubblicata, EU:T:2011:667) (in prosieguo: la «causa T‑54/06»), e, dall’altro, ha respinto il ricorso quanto al resto.

2

Con la sua impugnazione incidentale, la Kendrion chiede alla Corte, in sostanza, di annullare la sentenza impugnata e di riconoscerle un’indennità di EUR 2308463,98 o, in subordine, dell’importo che la Corte riterrà ragionevole, a titolo di danno patrimoniale, nonché un’indennità di EUR 1700000 o, in subordine, dell’importo fissato dalla Corte in via equitativa, a titolo di danno non patrimoniale.

Contesto normativo

Diritto internazionale

3

L’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali, sottoscritta a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), prevede quanto segue:

«Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti. (…)».

4

A termini dell’articolo 41 della CEDU:

«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa».

Diritto dell’Unione

La Carta

5

Il titolo VI della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), denominato «Giustizia», comprende l’articolo 47, rubricato «Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale», che dispone quanto segue:

«Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo.

Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni persona ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare.

(…)».

6

Le spiegazioni relative alla Carta (GU 2007, C 303, pag. 17), precisano che l’articolo 47, primo comma, di quest’ultima si basa sull’articolo 13 della CEDU. L’articolo 47, secondo comma, della Carta corrisponde all’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU.

7

L’articolo 52 della Carta, intitolato «Portata e interpretazione dei diritti e dei principi», enuncia quanto segue:

«(…)

3.   Laddove la presente Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla [CEDU], il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione. La presente disposizione non preclude che il diritto dell’Unione conceda una protezione più estesa.

(…)».

Lo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea

8

L’articolo 56, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea così dispone:

«[Un’impugnazione dinanzi alla Corte] può essere proposta da qualsiasi parte che sia rimasta parzialmente o totalmente soccombente nelle sue conclusioni. (…)».

Fatti

9

Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 22 febbraio 2006, la Kendrion ha proposto ricorso avverso la decisione C(2005) 4634 della Commissione, del 30 novembre 2005, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo [101 TFUE] (caso COMP/F/38.354 – Sacchi industriali) [in prosieguo: la «decisione C(2005) 4634»]. Nel suo ricorso, la ricorrente chiedeva, in sostanza, che il Tribunale, in via principale, annullasse totalmente o parzialmente tale decisione o, in subordine, annullasse l’ammenda che le era stata inflitta con la stessa o ne riducesse l’importo.

10

Con sentenza del 16 novembre 2011, Kendrion/Commissione (T‑54/06, non pubblicata, EU:T:2011:667), il Tribunale ha respinto tale ricorso.

11

Con atto introduttivo depositato il 26 gennaio 2012, la Kendrion ha proposto impugnazione avverso la sentenza del 16 novembre 2011, Kendrion/Commissione (T‑54/06, non pubblicata, EU:T:2011:667).

12

Con sentenza del 26 novembre 2013, Kendrion/Commissione (C‑50/12 P, EU:C:2013:771), la Corte ha respinto tale impugnazione.

Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

13

Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 26 giugno 2014, la Kendrion ha proposto un ricorso ai sensi dell’articolo 268 TFUE contro l’Unione europea per il risarcimento del danno che tale società ritiene di aver subito a causa dell’eccessiva durata del procedimento dinanzi al Tribunale nell’ambito della causa T‑54/06.

14

Nella sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato e statuito quanto segue:

«1)

L’Unione europea, rappresentata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, è condannata a pagare un’indennità di EUR 588769,18 alla [Kendrion] per il danno materiale subìto da tale società in conseguenza della violazione del termine ragionevole di giudizio nella [causa T‑54/06].

2)

[L’Unione europea], rappresentata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, è condannata a pagare un’indennità di EUR 6000 alla Kendrion per il danno morale che tale società ha subìto in conseguenza della violazione del termine ragionevole di giudizio nella causa T‑54/06.

3)

Ciascuna delle indennità menzionate ai precedenti punti 1) e 2) sarà maggiorata di interessi di mora, a decorrere dalla pronuncia della presente sentenza e fino a pagamento integrale, al tasso fissato dalla Banca centrale europea (BCE) per le sue principali operazioni di rifinanziamento, aumentato di tre punti e mezzo percentuali.

4)

Il ricorso è respinto quanto al resto.

5)

[L’Unione europea], rappresentata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, è condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle che sono state esposte dalla Kendrion e che afferiscono all’eccezione di irricevibilità che ha dato luogo all’ordinanza del 6 gennaio 2015, Kendrion/Unione europea (T‑479/14, non pubblicata, EU:T:2015:2).

6)

La Kendrion, da una parte, e [l’Unione europea], rappresentata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, dall’altra, sopporteranno le proprie spese afferenti al ricorso che ha dato luogo alla presente sentenza.

7)

La Commissione europea sopporterà le proprie spese».

Conclusioni delle parti

15

Con la sua impugnazione, l’Unione europea chiede che la Corte voglia:

annullare il punto 1 del dispositivo della sentenza impugnata;

respingere in quanto infondata la domanda della Kendrion, formulata in primo grado, diretta al risarcimento del danno patrimoniale asseritamente subito o, in ulteriore subordine, ridurre tale risarcimento a EUR 175709,87, e

condannare la Kendrion alle spese.

16

La Kendrion chiede che la Corte voglia:

dichiarare l’impugnazione irricevibile;

in subordine, respingere l’impugnazione, e

condannare la ricorrente alle spese.

17

La Commissione chiede alla Corte di accogliere l’impugnazione sotto tutti questi profili.

18

Con la sua impugnazione incidentale, la Kendrion chiede alla Corte di annullare i punti da 1 a 6 del dispositivo della sentenza impugnata e, pronunciandosi nuovamente:

riconoscere un’indennità di EUR 2308463,98 o, in subordine, dell’importo che la Corte riterrà ragionevole, a titolo di danno patrimoniale, nonché un’indennità di EUR 1700000 o, in subordine, dell’importo fissato dalla Corte in via equitativa, a titolo di danno non patrimoniale;

maggiorare ciascun importo degli interessi di mora che la Corte fisserà in via equitativa, con decorrenza dal 26 novembre 2013;

in subordine, rinviare in tutto o in parte la causa al Tribunale, che si pronuncerà conformemente alla sentenza della Corte;

condannare l’Unione europea alle spese.

19

L’Unione europea chiede che la Corte voglia:

respingere l’impugnazione incidentale, e

condannare la Kendrion alle spese.

Sull’impugnazione principale

Sulla ricevibilità dell’impugnazione

Argomenti delle parti

20

La Kendrion, convenuta nell’impugnazione principale, sostiene che l’impugnazione è integralmente irricevibile per due motivi.

21

In primo luogo, vi sarebbe un conflitto di interessi derivante dal fatto che la Corte di giustizia dell’Unione europea avrebbe deciso di chiamare se stessa a pronunciarsi sulla causa con un’impugnazione. L’impugnazione violerebbe quindi l’articolo 47 della Carta, che garantisce il diritto a un procedimento dinanzi a un giudice imparziale e indipendente.

22

La Kendrion ritiene quindi che la ricorrente avrebbe dovuto astenersi dal proporre impugnazione contro la sentenza impugnata.

23

Inoltre, e in ogni caso, poiché, da un lato, per essere conforme ai dettami di una buona amministrazione della giustizia, la decisione di proporre la presente impugnazione nonché la scelta e il tenore dei motivi avrebbero dovuto essere stabiliti da un organo abilitato in tal senso all’interno della Corte di giustizia dell’Unione europea, organo che non sia incaricato dell’esercizio della funzione giurisdizionale della medesima e che non abbia alcuna influenza su quest’ultima, e poiché, dall’altro, non compare alcuna menzione a questo riguardo nell’impugnazione della ricorrente, la Kendrion ritiene che, finché tale questione non venga chiarita, l’impugnazione della Corte di giustizia dell’Unione europea sia irricevibile.

24

In secondo luogo, la Kendrion sottolinea che, nella sentenza del 26 novembre 2013, Kendrion/Commissione (C‑50/12 P, EU:C:2013:771), la Corte ha dichiarato che il ricorso per risarcimento danni proposto dinanzi al Tribunale costituisce una modalità riparatoria effettiva, abbandonando quindi il metodo di riduzione delle ammende che aveva applicato fino a tale sentenza. Orbene, il fatto che la Corte di giustizia dell’Unione europea abbia proposto questa impugnazione nonostante le spese e i ritardi che un’azione del genere implica per la Kendrion rimetterebbe in discussione, in pratica, tale giurisprudenza.

25

In ultimo luogo, se l’impugnazione dovesse essere ricevibile, la Kendrion sostiene che l’indipendenza e l’imparzialità della Corte richiedono che, nella presente causa, il controllo della Corte si limiti esclusivamente alla valutazione di un’avvenuta violazione, da parte del Tribunale, delle norme applicabili, o di una sua applicazione o interpretazione viziate, senza alcun ragionevole dubbio, da un errore di diritto.

26

L’Unione europea, ricorrente nell’impugnazione principale, contesta gli argomenti esposti dalla convenuta nell’impugnazione principale a sostegno della dedotta eccezione di irricevibilità.

Giudizio della Corte

27

Quanto, in primo luogo, all’argomentazione della Kendrion vertente sull’esistenza di un conflitto di interessi derivante dal fatto che la Corte di giustizia dell’Unione europea avrebbe deciso di chiamare se stessa a pronunciarsi sulla causa con un’impugnazione, conflitto che comporterebbe la violazione del diritto fondamentale della Kendrion a un tribunale indipendente e imparziale enunciato all’articolo 47, secondo comma, della Carta, occorre ricordare che, conformemente all’articolo 13, paragrafo 1, TUE, la Corte di giustizia dell’Unione europea è un’istituzione dell’Unione europea che, come emerge dall’articolo 19, paragrafo 1, TUE, comprende più organi giurisdizionali, ossia «la Corte di giustizia, il Tribunale e i tribunali specializzati».

28

L’articolo 13, paragrafo 2, TUE prevede che ciascuna istituzione dell’Unione agisce nei limiti delle attribuzioni che le sono conferite dai Trattati, secondo le procedure, condizioni e finalità da essi previste.

29

A tale riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 268 TFUE, la Corte di giustizia dell’Unione europea è competente a conoscere delle controversie relative al risarcimento dei danni di cui all’articolo 340, secondo e terzo comma, TFUE.

30

L’articolo 256, paragrafo 1, TFUE precisa che il Tribunale è competente a conoscere in primo grado dei ricorsi di cui all’articolo 268 TFUE e che le decisioni emesse dal Tribunale nell’ambito di tali ricorsi possono essere oggetto di impugnazione dinanzi alla Corte.

31

A tale riguardo, si deve rammentare che, a termini dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, l’impugnazione dinanzi alla Corte può essere proposta da qualsiasi parte che sia rimasta parzialmente o totalmente soccombente nelle sue conclusioni.

32

Peraltro, per quanto riguarda, segnatamente, la violazione del termine ragionevole di giudizio, occorre ricordare che la Corte ha ripetutamente dichiarato che la violazione, da parte di un giudice dell’Unione, dell’obbligo derivante dall’articolo 47, secondo comma, della Carta di decidere le controversie di cui è investito entro un termine ragionevole deve essere sanzionata in un ricorso per risarcimento danni presentato dinanzi al Tribunale, ricorso che costituisce un rimedio effettivo. La Corte ha quindi precisato che la domanda intesa ad ottenere il risarcimento del danno causato dalla violazione, da parte del Tribunale, del termine ragionevole di giudizio non può essere presentata direttamente alla Corte nel contesto di un’impugnazione, ma deve essere proposta dinanzi al Tribunale stesso (sentenza del 21 gennaio 2016, Galp Energía España e a./Commissione, C‑603/13 P, EU:C:2016:38, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

33

Infine, i ricorsi per risarcimento danni, ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, devono essere diretti contro l’Unione europea, che dev’essere rappresentata dall’istituzione dell’Unione il cui comportamento ha asseritamente cagionato il danno lamentato.

34

Da quanto detto consegue, in primo luogo, che, nell’ambito dei ricorsi diretti a ottenere, ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, il risarcimento dei danni derivanti dalla violazione, da parte del Tribunale, del proprio obbligo di pronunciarsi entro un termine ragionevole, come quello qui discusso, occorre distinguere tra, da un lato, l’istituzione «Corte di giustizia dell’Unione europea», che, in quanto istituzione dell’Unione, si considera essere all’origine del danno lamentato e possiede quindi la qualità di convenuta in primo grado e, eventualmente, di ricorrente in sede di impugnazione e, dall’altro, il Tribunale e la Corte, che sono gli organi giurisdizionali che la compongono, competenti a conoscere, rispettivamente, di tali ricorsi.

35

Così, la circostanza che, nel caso di specie, la ricorrente nell’impugnazione principale sia l’Unione europea, rappresentata dall’istituzione «Corte di giustizia dell’Unione europea», e, al tempo stesso, l’organo giurisdizionale chiamato a pronunciarsi sull’impugnazione sia la Corte non deriva da una scelta della ricorrente, ma dalla stretta applicazione delle norme del diritto dell’Unione in materia.

36

In secondo luogo, contrariamente a quanto sostenuto dalla Kendrion, una simile circostanza non compromette il diritto fondamentale del soggetto asseritamente leso dall’inosservanza, da parte del Tribunale, del termine ragionevole di giudizio a un tribunale indipendente e imparziale, enunciato all’articolo 47, secondo comma, della Carta, essendo tale diritto fondamentale garantito tanto in primo grado quanto in sede di impugnazione.

37

Per quanto riguarda, infatti, il procedimento di primo grado, la Corte ha già precisato che il Tribunale, competente ai sensi dell’articolo 256, paragrafo 1, TFUE e adito di una domanda diretta al risarcimento dell’asserito danno derivante dal superamento del termine ragionevole di giudizio, è tenuto a pronunciarsi su tale domanda decidendo in una composizione diversa da quella che si è trovata a decidere la controversia sfociata nel procedimento la cui durata è contestata (sentenza del 21 gennaio 2016, Galp Energía España e a./Commissione, C‑603/13 P, EU:C:2016:38, punto 56 e giurisprudenza ivi citata).

38

Per quanto riguarda l’impugnazione, la decisione dell’Unione europea, rappresentata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, di proporre, come nel caso di specie, un’impugnazione contro la sentenza emessa dal Tribunale nell’ambito di un ricorso per risarcimento danni spetta esclusivamente al presidente di tale istituzione, che la rappresenta. Inoltre, dato che il presidente di tale istituzione è anche il presidente della Corte in quanto organo giurisdizionale, investita di una simile impugnazione, egli non interviene nel trattamento giurisdizionale della causa, ed è sostituito nelle sue funzioni dal vicepresidente.

39

In terzo luogo, contrariamente a quanto sostenuto dalla Kendrion, non si può validamente sostenere che l’Unione europea avrebbe dovuto astenersi dal proporre la presente impugnazione. Essendo infatti rimasta soccombente nelle sue conclusioni nell’ambito del ricorso di primo grado, l’Unione europea, rappresentata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, è legittimata, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, a proporre impugnazione contro la sentenza impugnata. Invero, nessuna disposizione del diritto dell’Unione limita il diritto delle parti a proporre impugnazione laddove ricorrano i presupposti previsti da tale disposizione, anche quando la parte interessata sia l’Unione europea e quest’ultima sia rappresentata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, in quanto istituzione dell’Unione. Una limitazione del genere sarebbe inoltre contraria al principio della parità delle armi, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 26 delle proprie conclusioni.

40

Il primo argomento dedotto dalla Kendrion a fondamento dell’eccezione di irricevibilità dalla stessa sollevato deve quindi essere respinto.

41

Quanto, in secondo luogo, all’argomento della Kendrion vertente sul fatto che, presentando tale impugnazione, la ricorrente nell’impugnazione principale metterebbe in discussione l’affermazione secondo cui il ricorso per risarcimento danni è una modalità riparatoria effettiva, affermazione che la Corte stessa avrebbe reso nella sentenza del 26 novembre 2013, Kendrion/Commissione (C‑50/12 P, EU:C:2013:771), oltre al fatto che tale argomento non tiene conto della distinzione richiamata ai punti 27 e 34 della presente sentenza tra, da un lato, la Corte di giustizia dell’Unione europea in quanto istituzione, ricorrente nell’impugnazione principale, e, dall’altro, la Corte di giustizia in quanto organo giurisdizionale, che ha pronunciato la suddetta sentenza del 26 novembre 2013, Kendrion/Commissione (C‑50/12 P, EU:C:2013:771), è sufficiente rilevare come la circostanza che, in varie sentenze, la Corte abbia ritenuto che il ricorso per risarcimento danni sia una modalità riparatoria effettiva non impedisca affatto alla Corte di giustizia dell’Unione europea, in quanto istituzione che rappresenta l’Unione avverso la quale è proposto in ricorso per risarcimento danni, di impugnare la decisione del Tribunale che decide su tale ricorso, qualora i presupposti enunciati all’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea siano soddisfatti, né renda, di conseguenza, irricevibile una simile impugnazione.

42

Questo argomento deve pertanto esse respinto.

43

Infine, anche l’argomento della Kendrion relativo al criterio di controllo che la Corte dovrebbe applicare nell’ambito della presente impugnazione dev’essere respinto. Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 37 delle sue conclusioni, nessuna disposizione di diritto dell’Unione consente di ritenere che il controllo che la Corte è chiamata a esercitare nell’ambito di un’impugnazione proposta dall’Unione europea contro una sentenza di un Tribunale pronunciata nell’ambito di un ricorso per risarcimento danni basato sull’articolo 340, secondo comma, TFUE sia più o meno ampio a seconda dell’istituzione che rappresenta l’Unione.

44

L’impugnazione è pertanto ricevibile. Ciò premesso, questa conclusione non pregiudica minimamente l’esame della ricevibilità di taluni argomenti considerati separatamente (sentenza del 4 maggio 2017, RFA International/Commissione, C‑239/15 P, non pubblicata, EU:C:2017:337, punto 20 e giurisprudenza ivi citata).

Nel merito

45

L’Unione europea deduce tre motivi a sostegno della sua impugnazione.

Argomenti delle parti

46

Con il suo primo motivo, l’Unione europea sostiene che il Tribunale, ravvisando un nesso di causalità sufficientemente diretto tra la violazione del termine ragionevole di giudizio nella causa T‑54/06 e la perdita subita dalla Kendrion a causa del pagamento di spese di garanzia bancaria nel corso del periodo corrispondente al superamento di tale termine, ha commesso un errore di diritto nell’interpretazione della nozione di «nesso causale».

47

In particolare, l’Unione europea ritiene che il Tribunale si sia basato sull’errata premessa secondo cui la scelta di costituire una garanzia bancaria si esercita in un solo e unico momento nel tempo, ossia nel momento della «scelta iniziale» di costituire tale garanzia. Orbene, dato che l’obbligo di pagare l’ammenda sussisteva durante l’intero procedimento dinanzi ai giudici dell’Unione, e persino oltre tale periodo, poiché l’ammenda non è stata annullata, la ricorrente di primo grado aveva la possibilità di pagare l’ammenda e di dare quindi esecuzione all’obbligo sulla stessa gravante a tale riguardo. Avendo la possibilità di pagare, in ogni momento, l’ammenda, la scelta di tale ricorrente di sostituire detto pagamento con una garanzia bancaria sarebbe una scelta continuata, compiuta dalle stessa nel corso dell’intero procedimento. Pertanto, la causa determinante del pagamento delle spese di garanzia bancaria risiederebbe nella sua scelta personale di non pagare l’ammenda e di sostituire tale pagamento con una garanzia bancaria, e non nella violazione del termine ragionevole di giudizio.

48

La Commissione condivide gli argomenti dedotti dalla ricorrente nell’impugnazione principale.

49

La Kendrion fa valere che ciò che è essenziale nella presente causa, e che la distingue dalla giurisprudenza derivante, segnatamente, dalla sentenza del 21 aprile 2005, Holcim (Deutschland)/Commissione (T‑28/03, EU:T:2005:139, punti da 121 a 123), nonché dall’ordinanza del 12 dicembre 2007, Atlantic Container Line e a./Commissione (T‑113/04, non pubblicata, EU:T:2007:377, punti 3940), è che, come correttamente rilevato dal Tribunale ai punti da 87 a 89 della sentenza impugnata, alla data in cui ha costituito una garanzia bancaria, la convenuta nell’impugnazione principale non poteva e non doveva ragionevolmente prevedere che il Tribunale avrebbe agito illecitamente nei suoi confronti pronunciandosi al termine di un periodo straordinariamente lungo.

50

Peraltro, pur riconoscendo che essa aveva, in effetti, il diritto di scegliere in piena autonomia, per ragioni personali, di costituire o meno una garanzia bancaria, la Kendrion precisa che esercitare tale diritto non significa che essa debba sopportare tutti gli effetti negativi di circostanze che ricadono interamente nella sfera di rischio della ricorrente nell’impugnazione principale. Infine, la Kendrion sostiene che la scelta tra la costituzione di una garanzia bancaria e il pagamento di un’ammenda è una scelta grave che non può essere riesaminata costantemente, per non dire quotidianamente, dato che si deve tener conto degli accordi finanziari a lungo termine, degli accordi stipulati con i fornitori della garanzia bancaria, della situazione finanziaria dell’impresa nonché del rapporto con gli azionisti e con gli altri detentori di quote.

51

La Kendrion chiede quindi il rigetto di tale motivo.

Giudizio della Corte

52

Occorre ricordare che, come già sottolineato dalla Corte, il presupposto relativo al nesso causale richiesto dall’articolo 340, secondo comma, TFUE concerne l’esistenza di un rapporto di causa-effetto sufficientemente diretto tra il comportamento delle istituzioni dell’Unione e il danno, nesso di cui spetta al ricorrente fornire la prova, di modo che il comportamento addebitato deve essere la causa determinante del danno (ordinanza del 31 marzo 2011, Mauerhofer/Commissione, C‑433/10 P, non pubblicata, EU:C:2011:204, punto 127 e giurisprudenza ivi citata).

53

Occorre quindi valutare se la violazione del termine ragionevole di giudizio nella causa T‑54/06 sia la causa determinante del danno derivante dal pagamento di spese di garanzia bancaria nel corso del periodo corrispondente al superamento di detto termine per stabilire l’esistenza di un nesso diretto di causa-effetto tra il comportamento addebitato alla Corte di giustizia dell’Unione europea e il danno lamentato.

54

A tale riguardo, occorre osservare che, nell’ambito di un ricorso per risarcimento danni proposto contro la Commissione, ai fini, segnatamente, del rimborso delle spese di garanzia sostenute dalle ricorrenti onde ottenere la sospensione delle decisioni di recupero delle restituzioni di cui trattasi, decisioni successivamente oggetto di revoca, la Corte ha dichiarato che, quando una decisione che impone il pagamento di un’ammenda riconosce la facoltà di costituire una garanzia destinata a garantire tale pagamento e gli interessi moratori, in attesa dell’esito di un ricorso proposto avverso detta decisione, il danno che consiste nelle spese per la costituzione della garanzia non deriva da tale decisione, bensì dalla scelta personale dell’interessato di costituire una garanzia piuttosto che di dare immediatamente esecuzione all’obbligo di rimborso. In tali circostanze, la Corte ha dichiarato che non vi era alcun nesso causale diretto tra il comportamento addebitato alla Commissione e il danno lamentato (v., in tal senso, sentenza del 28 febbraio 2013, Inalca e Cremonini/Commissione, C‑460/09 P, EU:C:2013:111, punti 118120).

55

Orbene, il Tribunale ha dichiarato, al punto 89 della sentenza impugnata, che il nesso tra il superamento del termine ragionevole di giudizio nella causa T‑54/06 e il pagamento di spese di garanzia bancaria nel periodo corrispondente a tale superamento non poteva essere stato interrotto dalla scelta iniziale della Kendrion di non pagare immediatamente l’ammenda inflitta con la decisione C(2005) 4634 della Commissione e di costituire una garanzia bancaria.

56

In particolare, come emerge dai punti 87 e 88 della sentenza impugnata, le due circostanze su cui il Tribunale si è basato per giungere alla conclusione enunciata al punto 89 di tale sentenza sono, da un lato, che, nel momento in cui la Kendrion ha proposto il proprio ricorso nella causa T‑54/06, e nel momento in cui essa ha costituito una garanzia bancaria, la violazione del termine ragionevole di giudizio non era prevedibile e che tale società poteva legittimamente attendersi che detto ricorso fosse esaminato entro un termine ragionevole e, dall’altro, che il superamento del termine ragionevole di giudizio si è verificato dopo la scelta iniziale della Kendrion di costituire detta garanzia.

57

Orbene, le due circostanze prospettate dal Tribunale ai punti 87 e 88 della sentenza impugnata non possono assumere rilevanza per ritenere che il nesso causale tra la violazione del termine ragionevole di giudizio, nell’ambito della causa T‑54/06, e il danno subito dalla Kendrion, a causa del pagamento di spese di garanzia bancaria nel corso del periodo corrispondente al superamento di detto termine, non possa essere stato interrotto dalla scelta di detta impresa di costituire tale garanzia.

58

Infatti, ciò varrebbe solo nel caso in cui il mantenimento della garanzia bancaria rivestisse carattere obbligatorio, con la conseguenza che l’impresa che avesse proposto ricorso avverso una decisione della Commissione che le infliggeva un’ammenda, e che avesse scelto di costituire una garanzia bancaria al fine di non dare immediata esecuzione a tale decisione, non avrebbe avuto il diritto, prima della data di pronuncia della sentenza nell’ambito di detto ricorso, di pagare tale ammenda e di porre fine alla garanzia bancaria da essa costituita (sentenza odierna, C‑138/17 P e C‑146/17 P, Unione europea/Gascogne Sack Deutschland e Gascogne, punto 28).

59

Orbene, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 57, 69 e 70 delle sue conclusioni, e come già rilevato dalla Corte, così come la costituzione della garanzia bancaria, il mantenimento della stessa rientra nella libera discrezionalità dell’impresa interessata alla luce dei suoi interessi finanziari. Infatti, nessuna disposizione del diritto dell’Unione impedisce a tale impresa di porre fine, in qualsiasi momento, alla garanzia bancaria che essa ha costituito e di pagare l’ammenda inflitta, quando, alla luce dell’evoluzione delle circostanze rispetto a quelle esistenti al momento della costituzione di detta garanzia, detta impresa consideri tale opzione più vantaggiosa per se stessa. Ciò potrebbe avvenire, in particolare, qualora lo svolgimento del procedimento dinanzi al Tribunale induca l’impresa in questione a ritenere che la sentenza sarà pronunciata in data successiva a quella da essa inizialmente preventivata e che, di conseguenza, il costo della garanzia sarà superiore a quello da essa inizialmente previsto, al momento della costituzione di tale garanzia (sentenza odierna, C‑138/17 P e C‑146/17 P, Unione europea/Gascogne Sack Deutschland e Gascogne, punto 29).

60

Nel caso di specie, tenuto conto del fatto che, da un lato, nel mese di settembre 2008, ossia 2 anni e 6 mesi dopo la presentazione del ricorso nell’ambito della causa T‑54/06, l’apertura della fase orale in detta causa non era ancora neppure avvenuta, come emerge da quanto constatato dal Tribunale al punto 48 della sentenza impugnata, e che, dall’altro, il termine che la Kendrion stessa ha considerato, tanto nel suo ricorso di primo grado quanto nella sua impugnazione incidentale, quale termine normale per l’esame dei ricorsi di annullamento in materia di concorrenza è precisamente di 2 anni e 6 mesi, è necessario constatare che, al più tardi, nel suddetto mese di settembre 2008, la Kendrion non poteva ignorare che la durata del procedimento nella summenzionata causa avrebbe ampiamente superato quella da essa inizialmente prevista, e che essa poteva riconsiderare l’opportunità di mantenere la garanzia bancaria alla luce delle spese supplementari che il mantenimento di tale garanzia avrebbe potuto comportare.

61

Ciò considerato, la violazione del termine ragionevole di giudizio nella causa T‑54/06 non può essere la causa determinante del danno subito dalla Kendrion a causa del pagamento di spese di garanzia bancaria nel corso del periodo corrispondente al superamento di tale termine. Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 80 delle sue conclusioni, tale danno è il risultato della scelta personale compiuta dalla Kendrion di mantenere la garanzia bancaria nel corso dell’intero procedimento in detta causa, nonostante le conseguenze finanziarie che ciò comportava.

62

Dalle suesposte considerazioni consegue che, ravvisando un nesso di causalità sufficientemente diretto tra la violazione del termine ragionevole di giudizio nella causa T‑54/06 e la perdita subita dalla Kendrion a causa del pagamento di spese di garanzia bancaria nel corso del periodo corrispondente al superamento di tale termine, il Tribunale ha commesso un errore di diritto nell’interpretazione della nozione di «nesso causale».

63

Di conseguenza, dato che questo motivo deve essere accolto, occorre annullare il punto 1 del dispositivo della sentenza impugnata, senza che sia necessario pronunciarsi sul secondo e sul terzo motivo dedotti dall’Unione europea a sostegno della propria impugnazione.

Sull’impugnazione incidentale

64

A sostegno della propria impugnazione incidentale, la Kendrion deduce quattro motivi.

Sul terzo motivo

65

Con il suo terzo motivo, la Kendrion addebita al Tribunale di essere incorso in un difetto di motivazione nonché in un errore di diritto nell’interpretazione della nozione di «nesso causale», nella definizione del periodo corrispondente al superamento del termine ragionevole di giudizio e nella valutazione del danno patrimoniale derivante dal pagamento dei costi di una garanzia bancaria.

66

Dato che, come emerge dal punto 63 della presente sentenza, il punto 1 del dispositivo della sentenza impugnata è stato annullato, non occorre più esaminare il terzo motivo.

Sul primo motivo

Argomenti delle parti

67

Con il suo primo motivo, la Kendrion sostiene che il Tribunale, ritenendo che una durata di 26 mesi (15 mesi più 11 mesi) tra la fine della fase scritta e l’apertura della fase orale del procedimento fosse appropriata per trattare la causa T‑54/06, è incorso in un errore di diritto e in un difetto di motivazione nella determinazione del termine ragionevole di giudizio e, di conseguenza, della durata del superamento di tale termine.

68

In primo luogo, la Kendrion sostiene che, ai fini della determinazione del termine ragionevole di giudizio, anzitutto, il Tribunale avrebbe dovuto tener conto della durata totale del procedimento. Inoltre, sulla base tanto della giurisprudenza della Corte europea dei diritto dell’uomo quanto del rapporto dettagliato del 2012 «Sistemi giudiziari europei» della Commissione europea per l’efficienza della giustizia (in prosieguo: il rapporto del 2012 della CEPEG»), e considerata la complessità risultante dalla natura internazionale del Tribunale, esso avrebbe dovuto fissare in 2 anni e 6 mesi il termine ragionevole di giudizio nella causa T‑54/06. Il Tribunale avrebbe quindi dovuto ritenere, da ultimo, che la durata del superamento del termine ragionevole di giudizio fosse di 3 anni e 3 mesi.

69

La Kendrion precisa che una durata superiore a due anni e mezzo può anche essere ragionevole per trattare una causa come quella in questione, a condizione che vi sia una giustificazione particolare. Orbene, secondo la Kendrion, nel caso di specie, nessuna delle circostanze specifiche della causa può giustificare una durata del procedimento dinanzi al Tribunale superiore a due anni e mezzo, e ancor meno una durata di 26 mesi tra la fine della fase scritta e l’apertura della fase orale del procedimento.

70

In secondo luogo, il Tribunale non avrebbe motivato la valutazione espressa al punto 58 della sentenza impugnata né per quanto riguarda la durata di 15 mesi né quanto alla durata aggiuntiva di un mese per causa. Peraltro, vi sarebbe una contraddizione, in quanto tale approccio si baserebbe sull’idea che la complessità aumenta con il numero di cause, mentre tale complessità sarebbe già stata presa in considerazione nella determinazione della durata di inerzia di 15 mesi considerata inammissibile in ogni causa in materia di intese, e in quanto, nella sentenza del 26 novembre 2013, Kendrion/Commissione (C‑50/12 P, EU:C:2013:771, punto 104), la Corte ha stabilito che i motivi dedotti dalla Kendrion «non presentavano un livello di difficoltà particolarmente elevato».

71

L’Unione europea ritiene che gli argomenti della Kendrion siano irricevibili e, in ogni caso, infondati.

Giudizio della Corte

72

Con riferimento, in primo luogo, all’argomentazione vertente su un errore di diritto nella determinazione del termine ragionevole di giudizio, occorre sottolineare, sotto un primo profilo, che, contrariamente a quanto la Kendrion cerca di suggerire, dalla sentenza impugnata emerge che, ai fini della determinazione del termine ragionevole di giudizio e, di conseguenza, della durata del superamento di tale termine, il Tribunale ha preso in considerazione l’intera durata del procedimento nella causa T‑54/06.

73

Infatti, al punto 62 della sentenza impugnata, il Tribunale ha precisato che l’esame del fascicolo di tale causa non aveva rivelato alcuna circostanza che consentisse di ravvisare l’esistenza di un periodo di inerzia ingiustificata tra la data del deposito dell’atto introduttivo e la data del deposito della controreplica, da un lato, e tra l’apertura della fase orale del procedimento e la pronuncia della sentenza che ha posto fine a tale causa, dall’altro. Ne deriva che il Tribunale ha appurato che la durata della prima e dell’ultima fase del procedimento nella causa T‑54/06 è stata appropriata per trattare tale causa, mentre solo la durata della fase intermedia del procedimento, ossia quella compresa tra la fine della fase scritta e l’apertura della fase orale, è stata considerata irragionevole dal Tribunale. Tale circostanza ha avuto come effetto, in via consequenziale, di aumentare indebitamente la durata complessiva del procedimento, ai sensi dell’articolo 47, secondo comma, della Carta.

74

Sotto un secondo profilo, contrariamente a quanto sostenuto dalla Kendrion, nessuna disposizione di diritto dell’Unione stabilisce che, per il trattamento delle cause in materia di concorrenza promosse dinanzi al Tribunale, come quella qui discussa, una durata di 2 anni e 6 mesi debba essere considerata ragionevole, ai fini dell’articolo 47, secondo comma, della Carta.

75

A tale riguardo, la Kendrion fa riferimento alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo nonché al rapporto del 2012 della CEPEG a sostegno della sua argomentazione.

76

Orbene, per quanto riguarda la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, anche, se, alla luce dell’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, i principi risultanti da tale giurisprudenza con riferimento al diritto di ogni persona a che la sua causa sia giudicata entro un termine ragionevole, previsto all’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, potrebbero essere presi in considerazione per precisare la portata e il senso del diritto corrispondente previsto all’articolo 47, secondo comma, della Carta, nondimeno, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 146 delle sue conclusioni, la Kendrion non ha citato alcuna sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo da cui emergerebbe che, nei procedimenti in materia di intese dinanzi al Tribunale, come quello di cui trattasi, una durata di 2 anni e 6 mesi dev’essere considerata ragionevole.

77

Quanto al rapporto del 2012 della CEPEG, oltre al fatto che esso non contiene norme giuridiche, occorre rilevare che da tale rapporto emerge un’analisi sui tempi giudiziari negli Stati membri del Consiglio d’Europa, e non sui tempi di trattamento delle cause dinanzi ai giudici dell’Unione. Non si può pertanto validamente sostenere, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 147 delle sue conclusioni, che tale rapporto suggerisce che la durata di un procedimento relativo a una causa in materia di concorrenza dinanzi al Tribunale, come quella di cui trattasi, non dovrebbe superare i due anni e mezzo.

78

Il Tribunale non è quindi incorso in un errore di diritto dichiarando, al punto 58 della sentenza impugnata, che una durata di 26 mesi, ossia 15 mesi più 11 mesi, tra la fine della fase scritta e l’apertura della fase orale del procedimento costituiva un lasso di tempo adeguato per trattare la causa T‑54/06.

79

Infine, quanto all’argomento della Kendrion richiamato al punto 69 della presente sentenza, che consiste, in realtà, nel contestare le valutazioni del Tribunale relativamente alle circostanze specifiche della causa T‑54/06, occorre rilevare che la ricorrente nell’impugnazione incidentale non può ottenere dalla Corte che essa sostituisca la propria valutazione a quella del Tribunale. Secondo costante giurisprudenza, infatti, l’impugnazione si limita alle questioni di diritto. Il Tribunale è dunque competente in via esclusiva ad accertare e valutare i fatti rilevanti, nonché a valutare gli elementi di prova forniti. La valutazione di tali fatti ed elementi di prova non costituisce quindi, salvo il caso di un loro snaturamento, una questione di diritto soggetta in quanto tale al sindacato della Corte nell’ambito di un’impugnazione (v. ordinanza del 3 settembre 2013, Idromacchine e a./Commissione, C‑34/12 P, non pubblicata, EU:C:2013:552, punto 64 nonché giurisprudenza ivi citata). Orbene, nella fattispecie, la Kendrion non ha invocato, né tanto meno dimostrato, uno snaturamento siffatto, ragion per cui tale argomento è irricevibile.

80

Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’argomentazione vertente su un difetto di motivazione, si deve ricordare che, secondo costante giurisprudenza, la motivazione di una sentenza deve far apparire in modo chiaro e inequivocabile l’iter logico seguito dal Tribunale, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e da permettere alla Corte di esercitare il proprio controllo giurisdizionale (sentenza del 2 aprile 2009, France Télécom/Commissione, C‑202/07 P, EU:C:2009:214, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

81

Orbene, contrariamente a quanto affermato dalla Kendrion, il Tribunale ha sufficientemente esposto, ai punti da 50 a 57 della sentenza impugnata, i motivi per i quali ha ritenuto che una durata di 26 mesi (15 mesi più 11 mesi) tra la fine della fase scritta e l’apertura della fase orale del procedimento costituisse un lasso di tempo appropriato per trattare la causa T‑54/06.

82

Di conseguenza, il primo motivo deve essere respinto perché in parte irricevibile e in parte infondato.

Sul secondo motivo

Argomenti delle parti

83

Con il suo secondo motivo, la Kendrion addebita al Tribunale di aver commesso un errore manifesto di valutazione nonché un difetto di motivazione, laddove ha respinto la tua domanda di risarcimento per il danno patrimoniale subito a causa del pagamento di interessi di mora, in quanto la ricorrente nell’impugnazione incidentale non aveva fornito alcun elemento che consentisse di dimostrare che, nel corso del periodo corrispondente al superamento del termine ragionevole di giudizio, l’importo degli interessi di mora era stato superiore al vantaggio di cui essa aveva potuto beneficiare grazie alla disponibilità, nel corso di detto periodo, dell’importo dell’ammenda maggiorato degli interessi di mora. Peraltro, la Kendrion fa valere che, avendo ignorato la sua domanda subordinata di condannare l’Unione europea all’importo che il Tribunale avrebbe ritenuto ragionevole, sebbene quest’ultimo disponesse di informazioni sufficienti al riguardo, il Tribunale ha commesso un errore di diritto.

84

A sostegno della sua argomentazione relativa all’asserito errore manifesto di valutazione, la Kendrion rinvia, da un lato, ai punti 42 e 43 del suo ricorso di primo grado, a termini del quale essa avrebbe dimostrato di aver dovuto pagare alla Commissione interessi al tasso del 3,56% e di aver beneficiato essa stessa di un vantaggio pari agli interessi fissati nell’apertura di credito di cui beneficiava nel corso dello stesso periodo, nonché, dall’altro, all’allegato V.3 di detto ricorso, in cui sarebbe stato precisato l’importo di tali interessi. Analogamente, la ricorrente nell’impugnazione incidentale rinvia ai punti 6 e 45 del suo ricorso, in cui essa avrebbe espressamente offerto di produrre prove e documenti giustificativi. Nell’udienza dinanzi al Tribunale, sarebbe anche stato prospettato il danno.

85

L’Unione europea ritiene che gli argomenti diretti contro le valutazioni del Tribunale riguardanti il preteso danno patrimoniale per il pagamento di interessi di mora sull’importo dell’ammenda debbano essere respinti in quanto irricevibili o, in subordine, in quanto infondati. Per quanto riguarda l’argomentazione relativa alla domanda subordinata, l’Unione europea sostiene, in via principale, che una simile domanda è irricevibile e, in subordine, che, in ogni caso, respingendo la domanda di risarcimento del danno patrimoniale legato al pagamento di interessi di mora sull’importo dell’ammenda con la motivazione che la ricorrente nell’impugnazione incidentale non aveva dimostrato il danno lamentato pur essendovi tenuta, il Tribunale ha parimenti respinto, in modo fondato e sufficientemente motivato, tale domanda subordinata.

Giudizio della Corte

86

In via preliminare, occorre ricordare, che, come rilevato dal Tribunale al punto 64 della sentenza impugnata, qualsiasi danno di cui viene chiesto il risarcimento nell’ambito di un ricorso per responsabilità extracontrattuale dell’Unione a titolo dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, deve essere reale e certo (sentenza del 30 maggio 2017, Safa Nicu Sepahan/Consiglio, C‑45/15 P, EU:C:2017:402, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).

87

In tale contesto, occorre rilevare, come fatto dall’avvocato generale al paragrafo 87 delle sue conclusioni, che, poiché un atto o un’omissione di un’istituzione dell’Unione può dar luogo a determinati costi per l’impresa ma, al tempo stesso, può farle conseguire taluni guadagni, può ritenersi che vi sia un danno, ai sensi dell’articolo 340 TFUE, solo nel caso in cui la differenza netta tra i costi e i benefici derivanti dalla condotta addebitata a detta istituzione sia negativa.

88

Così, quanto all’asserito danno derivante dal pagamento di interessi di mora sull’importo dell’ammenda nel corso del periodo corrispondente al superamento del termine ragionevole di giudizio, è solo nel caso in cui gli interessi decorsi in tale periodo siano superiori al vantaggio conseguito dalla ricorrente nell’impugnazione incidentale grazie alla disponibilità, nel corso di tale periodo, della somma pari all’importo dell’ammenda maggiorato degli interessi di mora che può ravvisarsi l’esistenza di un danno reale e certo.

89

Peraltro, la Corte ha precisato che spetta alla parte che chiama in causa la responsabilità extracontrattuale dell’Unione fornire prove concludenti in ordine sia all’esistenza sia alla portata del danno lamentato (sentenza del 30 maggio 2017, Safa Nicu Sepahan/Consiglio, C‑45/15 P, EU:C:2017:402, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).

90

Orbene, nella fattispecie, dopo aver rilevato, al punto 76 della sentenza impugnata, che, nel corso del procedimento nella causa T‑54/06, la Kendrion non aveva pagato né l’importo dell’ammenda né gli interessi di mora – di modo che, durante il procedimento in detta causa, la Kendrion aveva avuto la disponibilità della somma corrispondente all’importo di tale ammenda maggiorata degli interessi di mora –, il Tribunale, al punto 77 della sentenza impugnata, ha dichiarato che la ricorrente nell’impugnazione incidentale non aveva fornito elementi atti a dimostrare che, durante il periodo corrispondente al superamento del termine ragionevole di giudizio nella causa T‑54/06, l’importo degli interessi di mora, successivamente pagati alla Commissione, fosse maggiore del vantaggio di cui detta ricorrente aveva potuto beneficiare grazie alla disponibilità della somma, pari all’importo dell’ammenda aumentata degli interessi di mora.

91

Il Tribunale ha inoltre rilevato, al punto 78 della sentenza impugnata, che una simile interpretazione non era rimessa in discussione dal metodo di calcolo proposto dalla ricorrente nell’impugnazione principale, che sarebbe consistito nel detrarre dall’importo del danno lamentato le spese di finanziamento che la summenzionata ricorrente avrebbe dovuto sostenere, per il finanziamento bancario, se fosse stata obbligata a pagare l’ammenda alla data del 26 agosto 2010. A tale riguardo, il Tribunale ha rilevato, al punto 79 di detta sentenza, che in nessun momento la Kendrion aveva sostenuto, né tanto meno dimostrato, di essere stata costretta a ricorrere a un finanziamento da parte di un terzo per pagare l’importo dell’ammenda inflitta dalla Commissione.

92

In tali circostanze, come risulta dai punti da 86 a 89 della presente sentenza, correttamente il Tribunale, da un lato, ha dichiarato, al punto 80 della sentenza impugnata, che non era stato dimostrato che, durante il periodo corrispondente al superamento del termine ragionevole di giudizio nella causa T‑54/06, la ricorrente nell’impugnazione incidentale avesse subito un danno reale e certo correlato al pagamento di interessi di mora sull’importo dell’ammenda non pagata e, dall’altro, ha pertanto respinto la domanda di risarcimento di un asserito danno subìto a tale titolo.

93

Ciò premesso, la Kendrion fa valere, in primo luogo, che il Tribunale ha commesso un errore manifesto di valutazione ai punti 77 e 79 della sentenza impugnata, che risulterebbe dai punti 42 e 43 del suo ricorso di primo grado nonché, in particolare, dall’allegato V.3 che accompagna tale ricorso.

94

A tale riguardo, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza della Corte, uno snaturamento deve emergere in modo manifesto dagli atti di causa, senza che sia necessario procedere a una nuova valutazione dei fatti e delle prove (sentenza dell’8 marzo 2016, Grecia/Commissione, C‑431/14 P, EU:C:2016:145, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

95

Orbene, contrariamente a quanto sostenuto dalla Kendrion, né, da un lato, dalla tabella contenuta all’allegato V.3 del suo ricorso di primo grado, che mostra le spese che essa avrebbe asseritamente dovuto sopportare per il finanziamento, da parte di una banca, dell’ammenda e degli interessi se fosse stata obbligata a pagare l’ammenda il 26 agosto 2010, né, dall’altro, dall’offerta, espressa al punto 45 del suo ricorso di primo grado, di produrre i documenti relativi a detto allegato V.3 emerge che i punti 77 e 79 della sentenza impugnata siano viziati da un errore manifesto di valutazione. Indubbiamente, da elementi siffatti risulta che la Kendrion ha effettivamente calcolato il proprio danno tenendo conto del vantaggio che ha potuto ottenere dal mancato pagamento dell’ammenda, circostanza che il Tribunale non ha del resto in alcun modo negato. Tuttavia, quest’ultimo ha potuto dichiarare, senza incorrere in uno snaturamento, al punto 79 di tale sentenza, che la Kendrion non aveva dimostrato di essere stata obbligata a ricorrere a un finanziamento da parte di un terzo per pagare l’ammenda che le era stata inflitta.

96

In secondo luogo, la Kendrion sostiene che il Tribunale è incorso in un difetto di motivazione quando ha concluso, al punto 80 della sentenza impugnata, per il rigetto della sua domanda di risarcimento del danno correlato al pagamento di interessi di mora nel corso del periodo corrispondente al superamento del termine ragionevole di giudizio.

97

Orbene, la motivazione adottata dal Tribunale, ai punti da 76 a 79 della sentenza impugnata, è sufficiente per consentire alla Kendrion di conoscere le ragioni sulle quali il Tribunale si è fondato per respingere la sua domanda di risarcimento del danno a titolo di interessi di mora, ed alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo nell’ambito di un’impugnazione.

98

Risulta quindi, conformemente alla giurisprudenza richiamata al punto 80 della presente sentenza, che la sentenza impugnata non è viziata da un difetto di motivazione a tale riguardo.

99

In terzo luogo, la Kendrion addebita al Tribunale di aver commesso un errore di diritto per aver ignorato la sua domanda subordinata di condannare l’Unione europea all’importo che il Tribunale avrebbe ritenuto ragionevole, sebbene quest’ultimo disponesse di informazioni sufficienti al riguardo.

100

Orbene, alla luce, da un lato, del punto 80 della sentenza impugnata e, in particolare, dell’affermazione del Tribunale relativa all’inesistenza di un danno reale e certo a titolo di pagamento di interessi moratori, e, dall’altro, della giurisprudenza citata ai punti 35 e 36 della sentenza impugnata, secondo cui, qualora uno dei presupposti per la sussistenza della responsabilità extracontrattuale dell’Unione non sia soddisfatto, il ricorso deve essere interamente respinto senza che sia necessario esaminare gli altri presupposti (v., segnatamente, sentenza del 14 ottobre 1999, Atlanta/Comunità europea, C‑104/97 P, EU:C:1999:498, punto 65), emerge dalla sentenza impugnata che il Tribunale ha respinto ogni domanda di risarcimento correlata al pagamento di tali interessi.

101

Ciò considerato, l’argomentazione dedotta dalla Kendrion nell’ambito di questo motivo è priva di fondamento.

102

Di conseguenza il secondo motivo dev’essere interamente respinto in quanto infondato.

Sul quarto motivo

Argomenti delle parti

103

Con il suo quarto motivo, la Kendrion deduce che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nella determinazione del risarcimento per il danno non patrimoniale derivante dal superamento del termine ragionevole di giudizio. In particolare, riconoscendole un risarcimento simbolico di EUR 6000 a tale titolo, anziché un risarcimento equivalente al 5% dell’importo dell’ammenda, il Tribunale avrebbe violato il diritto della Kendrion a un’equa soddisfazione, ai sensi dell’articolo 41 della CEDU, e, di conseguenza, il suo diritto a un ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 47 della Carta. La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo relativa all’articolo 41 della CEDU, combinata alla soluzione adottata dalla Corte nella sentenza del 17 dicembre 1998, Baustahlgewebe/Commissione (C‑185/95 P, EU:C:1998:608), avvalorerebbe tale argomentazione.

104

In subordine, la Kendrion chiede alla Corte di fissare essa stessa, in via equitativa, l’importo che riterrà di poterle riconoscere a titolo di equo risarcimento per violazione, da parte di un’istituzione dell’Unione, del principio fondamentale del termine ragionevole, o di rinviare la causa al Tribunale.

105

L’Unione europea ritiene, in via principale, che tale motivo sia irricevibile e, in ogni caso, infondato.

Giudizio della Corte

106

In primo luogo, occorre osservare, come fatto dall’avvocato generale al paragrafo 127 delle sue conclusioni, che la giurisprudenza derivante dalla sentenza del 17 dicembre 1998, Baustahlgewebe/Commissione (C‑185/95 P, EU:C:1998:608), invocata dalla Kendrion per far valere che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nella determinazione del danno non patrimoniale e fondare la propria domanda di risarcimento danni in una somma corrispondente al 5% dell’importo dell’ammenda, è stata modificata dalla Corte (v., in tal senso, sentenza del 26 novembre 2013, Kendrion/Commissione, C‑50/12 P, EU:C:2013:771, punti da 77 a 108 e giurisprudenza ivi citata), e non ha più quindi rilevanza ai fini della determinazione di un risarcimento, ai sensi dell’articolo 340 del TFUE, del danno causato dalla violazione del termine ragionevole di giudizio.

107

Ciò considerato, l’argomento della Kendrion, nella parte in cui è diretto a contestare il rifiuto del Tribunale di riconoscerle una somma di un importo corrispondente al 5% dell’ammenda inflitta e a ottenere dalla Corte la concessione di un simile importo, dev’essere respinto.

108

In secondo luogo, occorre sottolineare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente nell’impugnazione incidentale, in considerazione della natura dei danni patrimoniali o non patrimoniali, un risarcimento come quello di cui trattasi può costituire una riparazione adeguata, ai sensi dell’articolo 340 TFUE, di tali danni (v., in tal senso, sentenza del 14 giugno 1979, V./Commissione, 18/78, EU:C:1979:154, punto 19), ragion per cui la summenzionata ricorrente non può invocare il proprio diritto a un ricorso effettivo, ai sensi dell’articolo 47 della Carta.

109

Dato che, come emerge dal punto 6 della presente sentenza, l’articolo 41 della CEDU non corrisponde all’articolo 47 della Carta, la valutazione espressa al punto 135 della sentenza impugnata non può, in ogni caso, essere rimessa in discussione dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo relativa all’articolo 41 della CEDU.

110

Infine, occorre ricordare che, nel particolare contesto dei ricorsi per risarcimento danni, la Corte ha ripetutamente dichiarato che, qualora il Tribunale abbia constatato l’esistenza di un danno, esso è competente in via esclusiva a valutare, entro i limiti della domanda proposta, le modalità e l’entità del risarcimento del danno. Tuttavia, affinché la Corte possa esercitare il proprio controllo giurisdizionale sulle sentenze del Tribunale, queste ultime devono essere sufficientemente motivate e, per quanto riguarda la valutazione di un danno, indicare i criteri presi in considerazione ai fini della determinazione dell’importo (sentenza del 30 maggio 2017, Safa Nicu Sepahan/Consiglio, C‑45/15 P, EU:C:2017:402, punti 5051 e giurisprudenza ivi citata).

111

Orbene, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 124 delle sue conclusioni, il Tribunale ha, anzitutto, sufficientemente illustrato, ai punti da 117 a 128 della sentenza impugnata, la ragioni che lo hanno indotto a ritenere che taluni tipi di danno non patrimoniale lamentati dalla ricorrente nell’impugnazione principale fossero stati adeguatamente dimostrati da quest’ultima, al contrario di altri. Inoltre, al punto 129 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che, alla luce delle circostanze del caso di specie, il danno non patrimoniale, vale a dire il danno subito a causa del prolungato stato d’incertezza in cui la summenzionata ricorrente è stata posta durante il procedimento nella causa T‑54/06, non era pienamente risarcito dalla constatazione di una violazione del termine ragionevole di giudizio. Infine, ai punti da 130 a 134 della sentenza impugnata, il Tribunale ha indicato i criteri presi in considerazione ai fini della determinazione dell’importo del risarcimento.

112

Di conseguenza, non si può contestare al Tribunale di aver commesso un errore di diritto quando ha ritenuto, al punto 135 della sentenza impugnata, che un risarcimento di EUR 6000, concesso alla ricorrente nell’impugnazione incidentale, costituisse un risarcimento adeguato del danno da essa subito a causa dello stato di prolungata incertezza in cui ha versato durante il procedimento nella causa T‑54/06.

113

Il quarto motivo va, pertanto, respinto in quanto infondato.

114

Dall’insieme delle suesposte considerazioni risulta che l’impugnazione incidentale deve essere integralmente respinta.

Sul ricorso dinanzi al Tribunale

115

Ai sensi dell’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, quando l’impugnazione è accolta, la Corte annulla la decisione del Tribunale. In tal caso essa può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta oppure rinviare la causa al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo.

116

Nella fattispecie, la Corte ritiene che occorra pronunciarsi definitivamente sul ricorso per risarcimento danni presentato dalla Kendrion nella parte in cui è volto a ottenere il risarcimento del danno risultante dal pagamento delle spese di garanzia bancaria al di là del termine ragionevole di giudizio nell’ambito della causa T‑54/06.

117

A tale riguardo, occorre rammentare che, secondo giurisprudenza costante, il sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione, ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, richiede la compresenza di vari presupposti, ossia l’illiceità del comportamento contestato all’istituzione dell’Unione, l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso di causalità fra il comportamento dell’istituzione e il danno lamentato (sentenza del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE, da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).

118

Come ricordato dal Tribunale al punto 36 della sentenza impugnata, quando uno di questi presupposti non è soddisfatto, il ricorso deve essere respinto interamente, senza che sia necessario esaminare gli altri presupposti della responsabilità extracontrattuale dell’Unione (sentenza del 14 ottobre 1999, Atlanta/Comunità europea, C‑104/97 P, EU:C:1999:498, punto 65 e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, il giudice dell’Unione non è obbligato a esaminare tali presupposti in un determinato ordine (sentenza del 18 marzo 2010, Trubowest Handel e Makarov/Consiglio e Commissione, C‑419/08 P, EU:C:2010:147, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

119

Per i motivi esposti ai punti da 52 a 62 della presente sentenza, il ricorso per risarcimento danni proposto dalla Kendrion dinanzi al Tribunale, nella parte in cui è diretto ad ottenere il risarcimento del danno patrimoniale consistente nel pagamento di spese di garanzia bancaria al di là del termine ragionevole di giudizio nell’ambito della causa T‑54/06, deve essere respinto.

Sulle spese

120

Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è accolta e la controversia viene definitivamente decisa dalla Corte, quest’ultima statuisce sulle spese.

121

A norma dell’articolo 138, paragrafo 1, di tale regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, di detto regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

122

Poiché l’Unione europea ha chiesto la condanna alle spese della Kendrion e quest’ultima è rimasta soccombente, detta società deve essere condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, tutte quelle sostenute dall’Unione europea nell’ambito della presente impugnazione.

123

Conformemente all’articolo 138, paragrafo 3, del regolamento di procedura, l’Unione europea e la Kendrion si faranno carico delle proprie spese relative al procedimento di primo grado.

124

L’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, stabilisce che le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni intervenuti nella causa restano a loro carico. Peraltro, conformemente all’articolo 184, paragrafo 4, del regolamento di procedura, qualora una parte interveniente in primo grado che non abbia proposto essa stessa l’impugnazione partecipi alla fase scritta od orale del procedimento dinanzi alla Corte, quest’ultima può decidere che le spese sostenute da detta parte interveniente restino a suo carico.

125

La Commissione, che era parte interveniente in primo grado e ha partecipato alla fase scritta del procedimento di impugnazione principale, si farà carico delle proprie spese sostenute sia in primo grado sia nell’ambito della presente impugnazione.

 

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

Il punto 1 del dispositivo della sentenza del Tribunale dell’Unione Europea del 1o febbraio 2017, Kendrion/Unione europea (T‑479/14, EU:T:2017:48), è annullato.

 

2)

L’impugnazione incidentale proposta dalla Kendrion NV è respinta.

 

3)

Il ricorso per risarcimento danni proposto dalla Kendrion NV, nella parte in cui è diretto a ottenere il risarcimento del danno patrimoniale consistente nel pagamento di spese di garanzia bancaria al di là del termine ragionevole di giudizio nell’ambito della causa che ha dato luogo alla sentenza del 16 novembre 2011, Kendrion/Commissione (T‑54/06, non pubblicata, EU:T:2011:667), è respinto.

 

4)

La Kendrion NV si fa carico, oltre che delle proprie spese, di tutte quelle sostenute dall’Unione europea, rappresentata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, nell’ambito della presente impugnazione, nonché delle proprie spese sostenute in primo grado.

 

5)

L’Unione europea, rappresentata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, si fa carico delle proprie spese sostenute in primo grado.

 

6)

La Commissione europea si fa carico delle proprie spese sostenute sia nel procedimento di primo grado sia nell’ambito della presente impugnazione.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il neerlandese.