CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

HENRIK SAUGMANDSGAARD ØE

presentate il 28 febbraio 2019 ( 1 )

Causa C‑682/17

ExxonMobil Production Deutschland GmbH

contro

Repubblica federale di Germania

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgericht Berlin (Tribunale amministrativo di Berlino, Germania)]

«Rinvio pregiudiziale – Ambiente – Sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra – Impianto di trattamento del gas naturale – Recupero dello zolfo – Generazione di elettricità in un impianto secondario – Direttiva 2003/87/CE – Articolo 2, paragrafo 1 – Sfera di applicazione – Allegato I, punto 6 – Attività di “combustione di carburanti” – Articolo 3, lettera t) – Nozione di “combustione” – Articolo 3, lettera u) – Nozione di “impianto di produzione di elettricità” – Articolo 10 bis, paragrafi 3 e 4 – Regime transitorio di armonizzazione dell’assegnazione gratuita di quote di emissioni – Limiti all’assegnazione gratuita di quote di emissioni agli impianti di produzione di elettricità – Decisione 2011/278/UE – Articolo 3, lettera c) – Nozione di “sottoimpianto oggetto di un parametro di riferimento di calore” – Articolo 3, lettera h) – Nozione di “sottoimpianto con emissioni di processo”»

I. Introduzione

1.

La domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgericht Berlin (Tribunale amministrativo di Berlino, Germania) verte sull’interpretazione dell’articolo 3, lettera u), dell’articolo 10 bis e dell’allegato I della direttiva 2003/87/CE ( 2 ), che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nell’Unione europea (in prosieguo: il «sistema per lo scambio di quote»), e dell’articolo 3, lettere c) e h), della decisione 2011/278/UE ( 3 ), che prevede norme transitorie ai fini dell’armonizzazione delle procedure di assegnazione di quote gratuite.

2.

Tale domanda si colloca nel contesto di una controversia sorta tra la ExxonMobil Production Deutschland GmbH (in prosieguo: la «ExxonMobil») e la Repubblica federale di Germania, rappresentata dall’Umweltbundesamt (Ufficio federale per l’ambiente, Germania), con riguardo alla mancata assegnazione, ad un impianto di trattamento di gas naturale gestito dalla ExxonMobil, di una parte delle quote gratuite richieste per l’anno 2013.

3.

Conformemente alla richiesta della Corte, le presenti conclusioni si concentreranno sulla prima e sulla seconda questione sollevate dal giudice del rinvio. Tali questioni attengono alla portata della nozione di «impianto di produzione di elettricità» ai sensi dell’articolo 3, lettera u), della direttiva 2003/87 e alle conseguenze derivanti dalla qualifica di un impianto quale impianto di produzione di elettricità ai fini dell’assegnazione delle quote gratuite al medesimo spettanti ex articolo 10 bis della direttiva stessa.

II. Contesto normativo

A.   Diritto dell’Unione

1. Direttiva 2003/87

4.

L’articolo 3, lettera u), della direttiva 2003/87 definisce la nozione di «impianto di produzione di elettricità» come «un impianto che, al 1o gennaio 2005 o successivamente, ha prodotto elettricità ai fini della vendita a terzi e nel quale non si effettua alcuna attività elencata all’allegato I diversa dalla “combustione di carburanti”».

5.

Nel testo vigente all’epoca dei fatti pertinenti ( 4 ), l’articolo 10 bis della direttiva medesima così recitava:

«1.   Entro il 31 dicembre 2010 la Commissione adotta misure di attuazione comunitarie interamente armonizzate per l’assegnazione delle quote (…)

(…)

(…) Non vengono assegnate quote gratuite agli impianti di produzione di elettricità fatta eccezione per i casi di cui all’articolo 10 quater e per l’elettricità prodotta a partire da gas di scarico.

(…)

3.   Fatti salvi i paragrafi 4 e 8 e a prescindere dall’articolo 10 quater, gli impianti di produzione di elettricità (…) non beneficiano dell’assegnazione gratuita di quote.

4.   Sono assegnate quote a titolo gratuito al teleriscaldamento e alla cogenerazione ad alto rendimento definita dalla direttiva 2004/8/CE [ ( 5 )] in caso di domanda economicamente giustificabile, rispetto alla generazione di energia termica o frigorifera. Per ogni anno successivo al 2013 le quote totali assegnate a tali impianti per la produzione di energia termica sono adeguate applicando il fattore lineare di cui all’articolo 9.

(…)».

2. Decisione 2011/278

6.

L’articolo 3 della decisione 2011/278 enuncia quanto segue:

«Ai fini della presente decisione si intende per:

(…)

c)

“sottoimpianto oggetto di un parametro di riferimento di calore”: gli input, gli output e le emissioni corrispondenti, non disciplinati da un parametro di riferimento di prodotto, legati alla produzione di calore misurabile – o all’importazione da un impianto o un’altra entità inclusi nel sistema dell’Unione o ad entrambe:

consumato nei limiti dell’impianto per la produzione di prodotti o la produzione di energia meccanica (diversa da quella utilizzata per la produzione di elettricità) per il riscaldamento o il raffreddamento, ad eccezione del consumo per la produzione di elettricità, o

esportato verso un impianto o un’altra entità non inclusi nel sistema dell’Unione ad eccezione dell’esportazione per la produzione di elettricità;

(…)

h)

“sottoimpianto con emissioni di processo”: (…) le emissioni di biossido di carbonio [CO2] prodotte fuori dai limiti di sistema di un parametro di riferimento di prodotto, di cui all’allegato I, a seguito di una delle attività elencate qui di seguito (…):

(…)

v)

l’impiego di additivi o materie prime contenenti carbonio per una finalità primaria diversa dalla generazione di calore;

(…)».

B.   Diritto tedesco

7.

L’articolo 9 del Treibhausgas-Emissionshandelsgesetz (legge relativa agli scambi di quote di emissioni di gas a effetto serra), del 21 luglio 2011 (BGBl. 2011 I, pag. 1475; in prosieguo: il «TEHG»), così recita:

«(1)   Ai gestori di impianti vengono assegnate quote di emissioni a titolo gratuito sulla base dei principi enunciati all’articolo 10 bis (…) della direttiva [2003/87] (…) e di quelli enunciati nella decisione [2011/278] (…)

(…)

(6)   Il volume finale delle quote assegnate all’impianto è pari al prodotto del volume delle quote preliminare calcolato in applicazione dei paragrafi da 1 a 5 e del fattore di correzione transettoriale fissato dalla Commissione europea conformemente all’articolo 15, paragrafo 3, delle norme armonizzate dell’Unione europea in materia di assegnazione. Nel quadro dell’assegnazione per il calore generato dagli impianti di produzione di elettricità, il fattore lineare di cui all’articolo 10 bis, paragrafo 4, della direttiva 2003/87/CE sostituisce il fattore di correzione di cui al primo periodo, dal momento che il calcolo si fonda sul numero annuo preliminare di quote da assegnare a titolo gratuito all’impianto di produzione di elettricità interessato per l’anno 2013».

8.

L’allegato 1, parte 2, punto 1, del TEHG, dal titolo «Attività», indica, tra gli impianti le cui emissioni rientrano nel campo di applicazione della legge di cui trattasi, le «[u]nità di combustione per la combustione di carburanti di potenza termica nominale pari o superiore a 20 [megawatt (MW)] complessivi, purché non rientranti in uno dei seguenti punti». L’allegato 1, parte 2, punti da 2 a 4, del TEHG elenca diversi tipi di «[i]mpianti per la produzione di elettricità, vapore, acqua calda, calore industriale o gas surriscaldato» le cui emissioni rientrano anch’esse nella sfera di applicazione di tale legge.

9.

L’articolo 2, punto 21, del Verordnung über die Zuteilung von Treibhausgas-Emissionsberechtigungen in der Handelsperiode 2013 bis 2020 (regolamento relativo all’assegnazione di quote di emissioni di gas a effetto serra per il periodo di scambio dal 2013 al 2020), del 26 settembre 2011 (BGBl. 2011 I, pag. 1921; in prosieguo; la «ZuV 2020») definisce l’«impianto di produzione di elettricità» come ogni «[i]impianto che ha prodotto elettricità dopo il 31 dicembre 2004 e l’ha venduta a terzi e in cui è svolta esclusivamente un’attività ai sensi dell’allegato 1, parte 2, punti da 1 a 4, [del TEHG]».

10.

L’articolo 2 della ZuV 2020 definisce, ai punti 29 e 30, le nozioni di «sottoimpianto con emissioni di processo» e di «sottoimpianto oggetto di un parametro di riferimento di calore» in termini analoghi a quelli dell’articolo 3, lettere h) e c), della decisione 2011/278. L’articolo 2, punto 29, lettera b), punto ee), della ZuV 2020 corrisponde all’articolo 3, lettera h), v), della decisione 2011/278.

III. Procedimento principale, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

11.

Sino alla fine del 2013 la ExxonMobil gestiva un impianto di trattamento del gas naturale (in prosieguo: l’«impianto») sito a Steyerberg (Germania). L’impianto era composto da impianti di desolforazione e di essiccamento di gas naturale, impianti di estrazione di zolfo (cosiddetti «impianti Claus»), impianti di depurazione dei gas di scarico e impianti accessori. Tra questi ultimi rientravano una caldaia a vapore, un dispositivo motore a gas, dispositivi di combustione di emergenza a torcia e una centrale termica a condensazione.

12.

Detta centrale elettrica era collegata alla rete elettrica pubblica, posto che quantitativi ridotti di corrente venivano costantemente immessi in rete al fine di garantire una fornitura continua di elettricità in caso di guasto all’impianto Claus, che avrebbe comportato la perdita di quantitativi di vapore. La decisione di rinvio contiene un bilancio elettrico che riprende i dati relativi alla produzione, all’importazione, all’esportazione e al consumo di energia elettrica nell’impianto negli anni compresi tra il 2005 e il 2010, dal quale emerge che, in taluni anni, l’impianto consumava più energia elettrica di quanta ne producesse.

13.

Il 24 febbraio 2014 la Deutsche Emissionshandelsstelle (autorità tedesca competente in materia di scambio di quote di emissione; in prosieguo: la «DEHSt») assegnava alla ExxonMobil, per il periodo di scambio 2013-2020, 1179523 quote a titolo gratuito. Tale assegnazione si fondava sull’applicazione, in parte, del parametro di riferimento relativo al calore e, in parte, del parametro di riferimento relativo ai combustibili. Nel calcolo di tale assegnazione si teneva conto dell’esistenza di un rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio. La DEHSt negava alla ExxonMobil l’assegnazione aggiuntiva di quote a titolo gratuito da essa richiesta per le emissioni di processo. Lo stesso giorno, la DEHSt revocava la sua decisione sull’assegnazione con effetto dal 1o gennaio 2014 in ragione della cessazione dell’attività dichiarata dalla ExxonMobil. Tale revoca non è contestata.

14.

La ExxonMobil proponeva reclamo avverso la decisione sull’assegnazione del 24 febbraio 2014. In data 12 febbraio 2016, la DEHSt rigettava il reclamo.

15.

Dalle informazioni fornite dalla DEHSt nella propria decisione del 12 febbraio 2016 emerge che la domanda di assegnazione per le emissioni di processo riguardava le emissioni di CO2 naturalmente presenti nel gas naturale che si verificavano a seguito del processo svolto negli impianti Claus (in prosieguo: il «processo Claus»). Il processo Claus consisteva in una reazione chimica esotermica con cui l’acido solfidrico (H2S) veniva trasformato in zolfo elementare. L’energia termica prodotta all’interno di detta reazione era catturata nelle caldaie a recupero prima di essere utilizzata nell’impianto. L’utilizzo di detta energia determinava l’assegnazione di quote a titolo gratuito in applicazione del parametro di riferimento relativo al calore. Al termine del processo Claus, il CO2 presente nel gas naturale veniva rilasciato attraverso una ciminiera. Tale processo non comportava la produzione di ulteriore CO2.

16.

Secondo la DEHSt, quote a titolo gratuito non potevano essere assegnate per un «sottoimpianto con emissioni di processo» a norma dell’articolo 2, punto 29, lettera b), punto ee), della ZuV 2020, che recepisce nel diritto tedesco l’articolo 3, lettera h), v), della decisione 2011/78. A suo parere, non ricorreva la condizione, prevista in dette disposizioni, secondo cui le emissioni devono derivare dall’impiego di una materia prima contenente carbonio. La DEHSt riteneva che le emissioni di CO2 naturalmente contenuto nel gas naturale non provenissero dal processo Claus posto che il CO2 non rientrava nella reazione chimica che caratterizza detto processo e non era a tal fine necessario. Secondo la DEHSt, la sola materia prima utilizzata per produrre zolfo era l’H2S, dal momento che il CO2 doveva essere considerato unicamente come «gas associato» all’H2S.

17.

Avverso la decisione di rigetto del proprio reclamo la ExxonMobil proponeva ricorso il 10 marzo 2016.

18.

Nel proprio ricorso essa descrive, anzitutto, le attività dell’impianto ricordando che esso era destinato al trattamento del gas naturale dopo la sua estrazione dai giacimenti. Il gas naturale così estratto, denominato gas acido quando si presenta sotto tale forma, conteneva H2S, vapore acqueo, metano (CH4) e CO2. All’interno dell’impianto, detto gas veniva desolforato e poi, previo essiccamento, immesso nella rete di fornitura del gas. L’H2S e il CO2 separati dal gas naturale nel corso del processo di desolforizzazione venivano trasportati verso gli impianti Claus dove l’H2S veniva trasformato in zolfo mediante una reazione esotermica in due passaggi.

19.

Nel primo passaggio, circa un terzo dell’H2S veniva bruciato in un forno: tale combustione produceva anidride solforosa (SO2). Già all’interno di detto forno si verificava una reazione parziale tra SO2 e H2S diretta alla produzione di zolfo elementare e acqua. Per mantenere l’ossidazione e ottimizzare il processo, il calore veniva ritirato, sotto forma di vapore, attraverso la caldaia a recupero. L’H2S restante reagiva per catalisi con l’SO2 per generare zolfo elementare.

20.

Il secondo passaggio consentiva di ottenere ulteriore zolfo a seguito di una reazione esotermica in due o tre fasi catalitiche successive. Il gas restante al termine di detta reazione, denominato «gas Claus», conteneva ancora, in particolare, CO2 e tracce di composti di zolfo. Il gas Claus veniva quindi condotto verso i dispositivi di depurazione del gas, collegati a valle degli impianti Claus, dove venivano eliminati i composti di zolfo e il CO2 veniva liberato nell’atmosfera attraverso una ciminiera.

21.

La ExxonMobil chiede pertanto che le sia riconosciuta un’assegnazione a titolo gratuito per un sottoimpianto con emissioni di processo in ragione del fatto che tali emissioni di CO2 derivavano dall’impiego di una materia prima contenente carbonio sotto forma di CO2. A suo avviso, la materia prima impiegata per la produzione di zolfo era il gas acido e non l’H2S considerato isolatamente. Se nel processo Claus non fosse stato impiegato detto gas, il CO2 presente nel gas naturale non sarebbe stato rilasciato nell’atmosfera. Inoltre, l’estrazione del CO2 dal gas acido, attraverso il suddetto processo, sarebbe stata necessaria per ottenere zolfo a partire da detto gas. Il fatto che il CO2 fosse presente fin dall’inizio nella materia prima e non partecipasse alla reazione chimica sopra descritta sarebbe irrilevante. Dette emissioni di CO2 non avrebbero, del resto, potuto essere evitate, né cambiando combustibile, né adottando tecniche più efficaci.

22.

La ExxonMobil afferma inoltre che l’intervenuta assegnazione di quote a titolo gratuito in applicazione del parametro di riferimento relativo al calore per il calore misurabile prodotto all’interno dell’impianto, quale effetto collaterale della reazione chimica che caratterizza il processo Claus, non osta all’assegnazione aggiuntiva richiesta. Benché, nella sentenza Borealis e a. ( 6 ), la Corte abbia stabilito che l’assegnazione in ragione di un parametro di riferimento di prodotto prevale sui tre approcci alternativi dati dall’assegnazione sulla base del parametro di riferimento relativo al calore, del parametro di riferimento relativo ai combustibili e sulla base delle emissioni di processo, non sussisterebbe, tra detti tre approcci, alcuna gerarchia.

23.

Infine, la ExxonMobil sottolinea che il ricorso principale rappresenta un procedimento pilota volto a consentire di affrontare le questioni relative all’assegnazione di quote a titolo gratuito per le emissioni di CO2 che si verificano nel quadro del processo Claus, processo che ha luogo anche in altri impianti da essa gestiti.

24.

Nelle proprie difese, la DEHSt indicava, per la prima volta, che la produzione di zolfo non è un’attività partecipante al sistema per lo scambio delle quote di emissioni. In tale contesto essa sosteneva, inoltre, anche in questo caso in maniera del tutto inedita, che l’impianto doveva essere qualificato come «impianto di produzione di elettricità» per il fatto che, dopo il 31 dicembre 2004, era stata ivi prodotta e venduta a terzi corrente elettrica e veniva esercitata soltanto un’attività di combustione ai sensi dell’allegato 1, parte 2, punti da 1 a 4 del TEHG. Secondo quanto affermato dalla DEHSt, l’impianto ha chiesto e ottenuto un’assegnazione destinata agli impianti di produzione di elettricità, ridotta in applicazione del corrispondente fattore lineare, conformemente all’articolo 9, paragrafo 6, del TEHG. Orbene, un’assegnazione a titolo gratuito agli impianti di produzione di elettricità sarebbe ammessa unicamente nel rispetto delle condizioni fissate nell’articolo 10 bis della direttiva 2003/87.

25.

Quanto al resto, la DEHSt ribadisce la propria posizione, secondo cui dev’essere negata ogni assegnazione di quote a titolo gratuito per un sottoimpianto con emissioni di processo, contestando l’obiezione sollevata dalla ExxonMobil in merito all’inevitabilità delle emissioni in questione. Inoltre, la DEHSt fa valere la sussistenza di una gerarchia a cascata tra gli elementi alla base dell’assegnazione in ragione del parametro di riferimento relativo al calore, del parametro di riferimento relativo ai combustibili e delle emissioni di processo.

26.

In tale contesto, il Verwaltungsgericht Berlin (Tribunale amministrativo di Berlino) ritiene, anzitutto, che ai fini della definizione della controversia principale sia necessario stabilire se l’impianto debba essere qualificato come impianto di produzione di elettricità ai sensi dell’articolo 3, lettera u), della direttiva 2003/87. Pur ritenendo che una risposta in senso affermativo a detta questione possa trarsi dalla formulazione letterale della disposizione de qua, il giudice medesimo si chiede se una risposta del genere non attribuisca a tale disposizione una portata superiore a quella voluta dallo spirito e dalla finalità della direttiva in esame ( 7 ).

27.

Il giudice del rinvio sottolinea, inoltre, che la qualifica dell’impianto come impianto di produzione di elettricità comporterebbe, in linea di principio, l’illegittimità dell’assegnazione a titolo gratuito di cui esso ha beneficiato. Ciò in quanto gli impianti di produzione di elettricità potrebbero beneficiare delle quote gratuite soltanto nei casi previsti nell’articolo 10 bis, paragrafi 1, terzo comma, e 4, della direttiva 2003/87, tra cui non rientrerebbero le emissioni controverse. Tuttavia, il giudice medesimo si chiede se sia possibile superare tale restrizione sulla base della definizione della nozione di «sottoimpianto oggetto di un parametro di riferimento di calore» presente nell’articolo 3, lettera c), della decisione 2011/278, che non conterrebbe una restrizione di tal genere.

28.

Infine, il giudice del rinvio chiede se le emissioni derivanti dal processo Claus possano comportare un’assegnazione a titolo gratuito per un «sottoimpianto con emissioni di processo» ai sensi dell’articolo 3, lettera h), di detta decisione. Posto che l’energia termica generata da tale processo può anch’essa essere oggetto di un’assegnazione in applicazione del parametro di riferimento relativo al calore, esso si chiede se una di dette tipologie di assegnazione abbia priorità sull’altra.

29.

Alla luce delle suesposte considerazioni, il Verwaltungsgericht Berlin (Tribunale amministrativo di Berlino) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se un impianto di fabbricazione di un prodotto non ricompreso nelle attività indicate nell’allegato I della direttiva [2003/87] (nella specie: la produzione di zolfo) e all’interno del quale viene esercitata nel contempo l’attività di “combustione di carburanti in impianti di potenza termica nominale totale superiore a 20 MW”, partecipante al sistema UE di scambio delle quote di emissioni ai sensi dell’allegato I della direttiva [2003/87], costituisca un impianto di produzione di elettricità ai sensi dell’articolo 3, lettera u), della direttiva [2003/87], ove in un impianto secondario del suddetto impianto sia parimenti prodotta elettricità destinata all’impianto stesso e una parte (ridotta) di detta elettricità sia immessa a titolo oneroso nella rete elettrica pubblica.

2)

In caso di risposta affermativa alla prima questione:

Se un impianto, quale descritto nella prima questione, laddove costituisca un impianto di produzione di elettricità ai sensi dell’articolo 3, lettera u), della direttiva [2003/87] possa ottenere un’assegnazione per il calore ai sensi della decisione [2011/278], sebbene il calore risponda [ai] presupposti di cui all’articolo 3, lettera c), della decisione [2011/278], ma non rientri nelle categorie di cui all’articolo 10 bis, paragrafi 1, terzo comma, 3 e 4, della direttiva [2003/87] – calore da combustione di gas di scarico per la produzione di elettricità, teleriscaldamento e cogenerazione ad alto rendimento.

3)

Qualora, alla luce della risposta fornita alle prime due questioni pregiudiziali, sia ipotizzabile un’assegnazione per il calore prodotto nell’impianto della ricorrente:

Se il CO2 rilasciato nell’atmosfera in sede di trattamento del gas naturale (sotto forma di gas acido) nel cosiddetto processo Claus mediante separazione del CO2 presente nel gas naturale dalla miscela di gas costituisca, ai sensi dell’articolo 3, lettera h), prima frase, della decisione [2011/278], un’emissione risultante da una delle attività elencate nell’articolo 3, lettera h), v).

a)

Se, ai sensi dell’articolo 3, lettera h), prima frase, della decisione [2011/278], emissioni di CO2 possano aversi “a seguito” di un’attività nell’ambito della quale il CO2 presente nella materia prima venga fisicamente separato dalla miscela di gas e rilasciato nell’atmosfera senza che l’attività in corso in tale contesto generi, nel contempo, biossido di carbonio aggiuntivo ovvero se la disposizione medesima presupponga necessariamente che il CO2 rilasciato nell’atmosfera sia prodotto per la prima volta come risultato dell’attività.

b)

Se una materia prima contenente carbonio sia “impiegata” ai sensi dell’articolo 3, lettera h), v), della decisione [2011/278] ove, nell’ambito del cosiddetto processo Claus, il gas naturale normalmente presente venga utilizzato nell’ambito della produzione di zolfo e, in tale contesto, il biossido di carbonio contenuto nel gas naturale sia rilasciato nell’atmosfera senza che esso partecipi alla reazione chimica che si verifica nel corso del processo ovvero se la nozione di «impiego» presupponga necessariamente che il carbonio prenda parte alla reazione chimica in atto o sia tal fine assolutamente necessario.

4)

In caso di risposta affermativa alla terza questione:

nel caso in cui un impianto partecipante al sistema UE di scambio delle quote di emissioni soddisfi sia i presupposti per costituire un sottoimpianto oggetto di un parametro di riferimento di calore, sia le condizioni per costituire un sottoimpianto con emissioni di processo, quali siano i parametri di riferimento in base ai quali debba essere compiuta l’assegnazione di quote di emissioni a titolo gratuito. Se il diritto ad assegnazione con parametro di riferimento di calore prevalga sul diritto ad assegnazione per emissioni di processo o se, in considerazione del criterio di specialità, il diritto ad assegnazione per emissioni di processo prevalga sul parametro di riferimento di calore e di combustibili».

30.

La ExxonMobil, il governo tedesco e la Commissione hanno presentato osservazioni scritte alla Corte e sono comparse all’udienza del 14 novembre 2018.

IV. Analisi

A.   Considerazioni preliminari

31.

Con la presente domanda di pronuncia pregiudiziale si chiede essenzialmente alla Corte di stabilire se e, eventualmente, in qual misura, un impianto come quello oggetto della controversia principale possa beneficiare di un’assegnazione di quote gratuite ai sensi dell’articolo 10 bis della direttiva 2003/87. Gli elementi di fatto pertinenti che caratterizzano la situazione dell’impianto e su cui si concentrerà la mia analisi possono essere sintetizzati come segue.

32.

In base alle indicazioni fornite nella decisione di rinvio ( 8 ), nell’impianto oggetto del procedimento principale veniva svolta, in particolare, un’attività consistente nel recupero, mediante processo Claus, dello zolfo contenuto sotto forma di H2S nel gas acido ricavato dai giacimenti ( 9 ). Tale processo iniziava mediante la combustione di una parte del gas acido, che avviava una reazione chimica rilasciando energia termica poi utilizzata all’interno dell’impianto. In un impianto secondario, l’impianto produceva elettricità ( 10 ). Benché l’elettricità fosse destinata principalmente al proprio approvvigionamento, l’impianto ne immetteva stabilmente, verso corrispettivo, una parte marginale nella rete pubblica. Tale immissione era diretta a garantire la fornitura costante di elettricità all’impianto. Grazie al processo Claus, il CO2 contenuto naturalmente nel gas acido veniva separato dall’H2S. Il CO2 veniva rilasciato nell’atmosfera dopo essere passato attraverso gli impianti Claus, gli impianti di depurazione e – come risulta dagli atti trasmessi alla Corte dal giudice del rinvio e dalle osservazioni del governo tedesco, fatta salva la verifica da parte del giudice medesimo – attraverso gli impianti di post-combustione collegati a valle degli stessi. Il processo Claus non comportava la produzione di CO2 aggiuntivo.

33.

L’impianto ha beneficiato di quote a titolo gratuito quale «sottoimpianto oggetto di un parametro di riferimento di calore» ai sensi dell’articolo 3, lettera c), della decisione 2011/278, per il calore misurabile prodotto nel corso di detto processo ( 11 ). Per contro, esso non ha beneficiato delle quote a titolo gratuito aggiuntive richieste quale «sottoimpianto con emissioni di processo» ai sensi dell’articolo 3, lettera h), della decisione 2011/278. La ExxonMobil ritiene, essenzialmente, che l’assegnazione calcolata sulla base del parametro di riferimento relativo al calore non sia sufficiente a rispecchiare le inevitabili emissioni di CO2 presente nella composizione del gas acido e rispetto alle quali essa ha dovuto restituire delle quote ( 12 ).

34.

Il ricorso principale è diretto contro la decisione con cui la DEHSt ha respinto detta richiesta. Tuttavia, gli argomenti dedotti da quest’ultima nelle proprie difese sollevano parimenti dubbi quanto alla legittimità dell’assegnazione delle quote a titolo gratuito di cui l’impianto ha beneficiato.

35.

In tale contesto, con le questioni pregiudiziali prima e la seconda, il giudice del rinvio chiede se l’impianto debba essere privato di ogni assegnazione di quote a titolo gratuito per aver ceduto energia elettrica alla rete pubblica. In caso di risposta in senso negativo, il giudice medesimo sottopone alla Corte la terza e quarta questione al fine di acclarare se le emissioni di CO2 naturalmente presenti nel gas acido possano comportare un’assegnazione a titolo gratuito per un sottoimpianto con emissioni di processo.

36.

Come evidenziato nelle osservazioni scritte e orali depositate dinanzi alla Corte, sia gli interessi in gioco nel procedimento principale che l’utilità delle risposte che saranno date alle questioni pregiudiziali in vista della definizione della presente controversia dipendono, in primis, dall’applicabilità della direttiva 2003/87 alle emissioni in questione.

37.

A tal proposito, la Commissione, sostenuta al riguardo all’udienza dalla ExxonMobil, afferma essenzialmente che le emissioni di CO2 naturalmente contenuto nel gas acido, oggetto della domanda di quote aggiuntive a titolo gratuito, non rientrano nel campo di applicazione della direttiva de qua. Pertanto, esse non dovrebbero essere né dichiarate, né monitorate, e non darebbero luogo alla restituzione di quote, cosicché per dette emissioni non potrebbe essere presa in considerazione alcuna assegnazione di quote a titolo gratuito. Per contro, il governo tedesco ritiene essenzialmente che, posto che il gas acido è servito da combustibile nell’ambito delle attività dell’impianto, tutto il CO2 contenuto nella sua composizione, rilasciato al termine di dette attività, partecipa al sistema per lo scambio di quote. Per le ragioni che esporrò in prosieguo, ritengo condivisibile quest’ultimo punto di vista.

B.   Sull’applicabilità della direttiva 2003/87 alle emissioni di CO2 naturalmente presenti nel gas acido

38.

Ai sensi del suo articolo 2, paragrafo 1, la direttiva 2003/87 si applica alle emissioni provenienti dalle attività indicate nel suo allegato I e ai gas a effetto serra elencati nell’allegato II, tra cui rientra il CO2. L’allegato I della direttiva di cui trattasi si riferisce, in particolare, al suo punto 6, all’attività di «[c]ombustione di carburanti in impianti di potenza termica nominale totale superiore a 20 MW».

39.

Nel caso di specie, le emissioni del CO2 naturalmente contenuto nel gas acido provenienti dall’impianto possono rientrare nella sfera di applicazione della direttiva 2003/87 solo nella misura in cui derivino da tale tipologia di attività. Infatti, è pacifico che l’impianto non svolgesse nessun’altra delle attività elencate nell’allegato I della direttiva di cui trattasi, il quale non menziona né il recupero di zolfo, né il trattamento del gas naturale.

40.

La nozione di «combustione di carburanti», contenuta nell’allegato I, punto 6, della direttiva 2003/87, dev’essere intesa alla luce dell’articolo 3, lettera t), della direttiva de qua. Tale disposizione definisce la nozione di «combustione» come «l’ossidazione di combustibili, indipendentemente dall’impiego che viene fatto dell’energia termica, elettrica o meccanica prodotte in tale processo, e altre attività direttamente connesse, compreso il lavaggio dei gas di scarico».

41.

Tale definizione ricomprende, a mio modo di vedere, la reazione di ossidazione generatrice di calore che subiva l’H2S nel corso del processo Claus. Essa comprenderebbe anche la post-combustione dei gas che escono dagli impianti Claus, tra cui rientrava il CO2 naturalmente presente nel gas acido quale descritto nel fascicolo sottoposto alla Corte dal giudice del rinvio e nelle osservazioni del governo tedesco.

42.

Nella misura in cui detto CO2 veniva emesso dopo essere transitato per gli impianti Claus e, con riserva di verifica da parte del giudice a quo, per gli impianti di post-combustione in cui si svolgevano i menzionati processi, le emissioni di cui trattasi provenivano, a mio avviso, da attività di combustione ai sensi dell’allegato I, punto 6, della direttiva 2003/87 ( 13 ), letto alla luce del suo articolo 3, lettera t).

43.

Tale conclusione non è rimessa in discussione, in primis, dal fatto che detti processi sono serviti solo marginalmente a produrre elettricità, dal momento che il loro obiettivo principale era quello di recuperare lo zolfo contenuto nel gas acido e di depurare detto gas prima di rilasciarlo nell’atmosfera.

44.

A tal riguardo, come testimoniano i lavori preparatori della direttiva 2009/29/CE ( 14 ), con cui è stato inserito l’articolo 3, lettera t), della direttiva 2003/87, tale integrazione era volta a sancire una definizione ampia della nozione di «combustibile». Essa doveva ricomprendere ogni ossidazione di combustibili finalizzata, indipendentemente dal suo obiettivo, a produrre energia per terzi o collocata in un processo di produzione in seno all’impianto di cui trattasi ( 15 ).

45.

L’allegato I, punto 3, della direttiva 2003/87 riflette l’ampia portata riconosciuta a detta nozione, precisando che le unità in cui avvengono le attività di combustione comprendono, in particolare, «tutti i tipi di caldaie, bruciatori, turbine, riscaldatori, altiforni, inceneritori, forni vari, essiccatoi, motori, pile a combustibile, unità di “chemical looping combustion”, torce e dispositivi post-combustione termici o catalitici». Taluni di detti dispositivi, in particolare le torce e determinate unità di post-combustione, non sono finalizzati alla fornitura di energia ( 16 ).

46.

In secondo luogo, le emissioni di cui trattasi non potrebbero esulare dall’ambito di applicazione di detta direttiva in quanto il CO2 rilasciato nell’atmosfera, essendo già contenuto nel gas acido sin dalla sua estrazione, non era esso stesso il prodotto di una reazione di ossidazione provocata nel corso dell’attività dell’impianto ( 17 ).

47.

Infatti, l’articolo 3, lettera t), della direttiva 2003/87 non limita la nozione di «combustione» alle reazioni di ossidazione che danno origine a un gas a effetto serra indicato nell’allegato II di detta direttiva. Alla luce della formulazione letterale di detta disposizione, è sufficiente che uno qualsiasi degli elementi componenti il combustibile sia ossidato. Analogamente, l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva de qua non subordina l’applicabilità di detta direttiva alla condizione che il CO2 emesso provenga esso stesso da un’attività indicata nel suo allegato I. Solo le emissioni di detto gas a effetto serra, e non il gas stesso, devono provenire da tale attività ( 18 ).

48.

Come sottolineato dal governo tedesco, tale lettura è alla base dell’articolo 48, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 601/2012 della Commissione concernente il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra ai sensi della direttiva [2003/87] ( 19 ). In forza della succitata disposizione, le emissioni di «CO2 intrinseco» – definito all’articolo 3, punto 40, del regolamento de quo come «il CO2 che fa parte di un combustibile» – devono essere incluse nel fattore di emissione per quel combustibile. L’articolo 48, paragrafo 1, di detto regolamento fa inoltre riferimento al CO2 intrinseco contenuto in un gas naturale.

49.

In tale ottica, nel documento intitolato «Frequently Asked Questions Regarding Monitoring and Reporting in the EU ETS» ( 20 ), la Commissione osserva che le emissioni di CO2 collegate al trattamento di gas naturale sono soggette agli obblighi derivanti dal sistema per lo scambio di quote nella misura in cui il CO2 emesso è, in un momento qualsiasi dei processi di depurazione, introdotto in un processo di combustione. Tali emissioni devono quindi essere dichiarate e monitorate quali emissioni di CO2 intrinseco in applicazione dell’articolo 48 del regolamento n. 601/2012. La Commissione fa ivi riferimento, a titolo di esempio, agli impianti Claus ( 21 ). Benché tale documento sia privo di carattere cogente, le indicazioni ivi contenute costituiscono, a mio parere, elementi di contesto idonei a chiarire l’interpretazione della direttiva 2003/87 e del regolamento n. 601/2012 ( 22 ).

50.

Alla luce delle suesposte considerazioni, ritengo che le emissioni di CO2 naturalmente contenuto nel gas acido che si verificano a seguito del processo Claus, come quelle controverse nel procedimento principale, derivino da un’attività di «combustione di carburanti» ai sensi dell’allegato I, punto 6, letto in combinato disposto con l’articolo 3, punto t), della direttiva 2003/87. Dette emissioni ricadono, in tal modo, nella sfera di applicazione della direttiva medesima, come delimitato nel suo articolo 2, paragrafo 1.

C.   Sulla nozione di «impianto di produzione di elettricità» (prima questione)

51.

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio intende acclarare se l’impianto costituisca un «impianto di produzione di elettricità», ai sensi dell’articolo 3, lettera u), della direttiva 2003/87, nella misura in cui esso ha generato elettricità nel quadro della propria attività di «combustione di carburanti in impianti di potenza termica nominale totale superiore a 20 [megawatt (MW)]», ai sensi dell’allegato I, punto 6, di detta direttiva. Il giudice medesimo chiede, più in particolare, se ciò valga alla luce delle circostanze secondo cui, in primis, l’impianto svolgeva contemporaneamente un’attività di produzione di un prodotto non ricompreso in alcun’altra attività oggetto di detto allegato e, in secondo luogo, l’energia elettrica prodotta era utilizzata per le esigenze proprie dell’impianto, mentre solo una piccola parte di essa era immessa, dietro corrispettivo, nella rete pubblica cui l’impianto doveva essere collegato stabilmente per ragioni tecniche.

52.

A seguito di un’analisi della formulazione e degli obiettivi dell’articolo 3, lettera u), della direttiva 2003/87, oltre che dell’economia generale di detta direttiva e dell’iter che ha portato all’adozione della disposizione in questione ( 23 ), proporrei alla Corte di rispondere in senso affermativo alla questione di cui trattasi.

1. Interpretazione letterale

53.

Conformemente all’articolo 3, lettera u), della direttiva 2003/87, la qualifica di impianto di produzione di elettricità presuppone, in primis, che l’impianto di cui trattasi «al 1o gennaio 2005 o successivamente, [abbia] prodotto elettricità ai fini della vendita a terzi». In secondo luogo, detta natura implica che, all’interno dell’impianto de quo, «non si effettu[i] alcuna attività elencata all’allegato I diversa dalla “combustione di carburanti”».

54.

Interpretato letteralmente, il secondo criterio previsto nell’articolo 3, lettera u), della direttiva 2003/87 è, per ipotesi, soddisfatto nel caso oggetto della prima questione, riguardante un impianto che svolge unicamente, oltre a un’attività di combustione, un’attività non elencata nell’allegato I di detta direttiva.

55.

Come sottolineato dal governo tedesco, tale lettura corrisponde a quella accolta in un documento, pubblicato dalla Commissione, dal titolo «Guidance paper to identify electricity generators» (in prosieguo: il «documento di orientamento sull’identificazione degli impianti di produzione di elettricità») ( 24 ). Ivi si afferma che un impianto svolgente, oltre ad un’attività di combustione, un’attività non ricompresa nell’allegato di cui trattasi soddisfa il requisito de quo. Lo stesso varrebbe anche ove l’energia elettrica fosse prodotta per il consumo proprio dell’impianto ai fini dell’esercizio di detta ultima attività. Tale documento, benché non vincolante, fornisce elementi utili a chiarire il significato della nozione di «impianto di produzione di elettricità» alla luce dell’economia generale della direttiva 2003/87 e della decisione 2011/278 ( 25 ).

56.

Per quanto attiene al primo criterio enunciato nell’articolo 3, lettera u), della direttiva de qua, l’espressione «ai fini della vendita a terzi» può, come ha osservato la ExxonMobil, far ritenere che l’elettricità non debba semplicemente essere venduta a terzi ma debba essere prodotta ai fini della vendita a terzi. Ciò detto, indipendentemente dall’approccio adottato a tal proposito, nessun elemento nella formulazione della disposizione di cui trattasi indica che la vendita a terzi debba rappresentare l’obiettivo esclusivo o quantomeno principale della produzione di elettricità. Pertanto, sulla base di detta formulazione e come affermato dal governo tedesco e dalla Commissione, tale criterio è soddisfatto quando, come nel caso di specie, un impianto produce elettricità per il proprio approvvigionamento prevedendo, al contempo, di immettere nella rete, dietro corrispettivo, una parte, quand’anche marginale, di detta elettricità.

57.

Tale lettura si ricava anche dal documento di orientamento sull’identificazione degli impianti di produzione di elettricità, secondo cui l’articolo 3, lettera u), della direttiva 2003/87 non prevede alcuna soglia di vendite superata la quale un impianto può essere qualificato come impianto di produzione di elettricità. In base a tale documento, tale qualifica non è nemmeno subordinata alla condizione che l’elettricità sia prodotta con l’intento di cessione a terzi ( 26 ).

58.

Aggiungo che tale disposizione non prevede alcun requisito in materia di continuità della produzione di elettricità e della vendita dell’elettricità così generata. Essa stabilisce, in tal modo, una regola chiara secondo cui la qualifica di impianto di produzione di elettricità è acquisita a condizione che l’impianto abbia prodotto elettricità ai fini della vendita a terzi in un qualsiasi momento a decorrere dal 1o gennaio 2005, a prescindere da ogni variazione nel tempo del rapporto tra la quantità di elettricità venduta e quella prodotta per il fabbisogno proprio dell’impianto.

59.

Di conseguenza, in base ad un’interpretazione letterale dell’articolo 3, lettera u), della direttiva 2003/87, un impianto come quello oggetto del procedimento principale riveste la qualità di impianto di produzione di elettricità. Tuttavia, il giudice del rinvio si chiede se, come sostiene la ExxonMobil, tale interpretazione non implichi un’estensione della cerchia degli impianti di produzione di elettricità al di là di quelli cui il legislatore intendeva attribuire tale qualifica. Detta interpretazione eccederebbe allora quanto richiesto ai fini dell’attuazione dell’obiettivo perseguito dalla disposizione di cui trattasi.

2. Interpretazione teleologica e contestuale

60.

Come risulta, in particolare, dall’articolo 10 bis, paragrafo 3, della direttiva 2003/87, la qualificazione di un impianto come impianto di produzione di elettricità implica il suo assoggettamento al principio della messa all’asta integrale delle quote ( 27 ). Infatti, quote a titolo gratuito possono essere concesse a detta tipologia di impianti unicamente in casi limitati, la cui più precisa determinazione è oggetto della seconda questione pregiudiziale ( 28 ).

61.

A questo riguardo, la ExxonMobil sottolinea, correttamente, che il considerando 19 della direttiva 2009/29, con cui sono stati introdotti gli articoli 3, lettera u), e 10 bis della direttiva 2003/87, indica come detta restrizione all’assegnazione a titolo gratuito sia stata prevista in reazione alla riscontrata tendenza degli impianti del «settore dell’elettricità» a trasferire i costi legati all’acquisto delle quote sul prezzo dell’elettricità. Questi avevano, inoltre, inglobato nel prezzo il valore economico delle quote a titolo gratuito come «costi di opportunità», realizzando così «utili a cascata» ( 29 ).

62.

Secondo la ExxonMobil, la qualificazione di un impianto come impianto di produzione di elettricità dovrebbe, conseguentemente, essere valutata alla luce della sua capacità di recuperare i costi del CO2 dai clienti. Orbene, l’impianto oggetto del procedimento principale sarebbe privo di detta capacità. Su tale stessa linea, il giudice del rinvio è incline a ritenere che il legislatore, nell’inserire le menzionate disposizioni, intendesse riferirsi unicamente agli impianti rientranti nel «settore classico» dell’elettricità ( 30 ), in cui l’impianto principale non ricadrebbe.

63.

In tale ottica, il giudice a quo è incline ad aderire al punto di vista della ExxonMobil secondo cui il secondo criterio enunciato all’articolo 3, lettera u), della direttiva 2003/87 imporrebbe che nell’impianto non si effettui alcuna attività – elencata o meno nell’allegato I – diversa dall’attività di combustione ( 31 ). La nozione di «impianto di produzione di elettricità» non includerebbe gli impianti svolgenti, oltre ad un’attività di combustione, un’attività non ricompresa in tale allegato – come, nel caso di specie, il recupero di zolfo.

64.

Inoltre, il giudice del rinvio nutre dubbi sulla questione se, come sostenuto dalla ExxonMobil, il primo criterio previsto dalla disposizione de qua presupponga che l’elettricità sia prodotta «principalmente» ai fini della vendita a terzi. Tale condizione non ricorrerebbe nel caso di specie, posto che l’elettricità era prodotta ai fini dell’approvvigionamento proprio dell’impianto, mentre la fornitura marginale di elettricità alla rete pubblica rispondeva unicamente a ragioni tecniche.

65.

A questo proposito, la ExxonMobil ha precisato che tale immissione era volta a sincronizzare la frequenza e la tensione della corrente elettrica interna e di quella proveniente dalla rete. In mancanza di sincronizzazione, il passaggio da un funzionamento autonomo a un funzionamento in rete, necessario per garantire l’alimentazione continua dell’impianto avrebbe potuto essere accompagnato da variazioni di frequenza o di tensione idonee a cagionare danni. Il bilancio elettrico esposto nella decisione di rinvio testimonierebbe la marginalità della vendita di elettricità a terzi.

66.

A mio giudizio, l’affermazione secondo cui gli impianti che hanno venduto a terzi una parte dell’elettricità prodotta principalmente per il fabbisogno della propria attività, non oggetto dell’allegato I della direttiva 2003/87, non sempre sono in grado di recuperare in capo ai terzi stessi una percentuale significativa dei costi delle quote che essi hanno dovuto restituire non è destituita di fondamento. Mi sembra che detta possibilità dipenda, almeno in parte, dalla percentuale di elettricità fornita a terzi rispetto alla totalità di elettricità e di energia termica generate all’interno dell’impianto. Non si può escludere che, a fronte del carattere marginale della vendita di elettricità a terzi rispetto alla rispettiva produzione totale di elettricità e di energia termica, in particolare quando la fornitura di elettricità a terzi risponde ad esigenze tecniche ( 32 ), alcuni degli impianti siano stati impossibilitati a trasferire sui loro prezzi di vendita una parte sostanziale dei costi del CO2 relativi alle loro attività.

67.

Tuttavia, per i motivi illustrati supra, tali considerazioni non giustificano una lettura che si discosti dalla formulazione letterale dell’articolo 3, lettera u), della direttiva 2003/87.

68.

In primo luogo, come sottolineato dalla Commissione, la suddetta disposizione dev’essere valutata alla luce dell’economia generale e della finalità complessiva della direttiva 2003/87 e, in particolare, del regime d’assegnazione a titolo gratuito di cui al suo articolo 10 bis.

69.

A tal riguardo, osservo anzitutto che il regime de quo deroga al principio della vendita all’asta delle quote ( 33 ) che il legislatore ha ritenuto essere, in generale, «il metodo più efficiente sotto il profilo economico» ( 34 ), tenuto conto dell’obiettivo di promuovere «la riduzione [delle emissioni di gas a effetto serra] secondo criteri di validità in termini di costi e di efficienza economica», sancito all’articolo 1 della direttiva 2003/87. Tale deroga rappresenta unicamente una soluzione transitoria diretta a evitare la perdita di competitività delle imprese in attesa dell’attuazione di un sistema di vendita all’asta di tutte le quote ( 35 ). Così, dall’anno 2013, il quantitativo di quote assegnate a titolo gratuito diminuisce ogni anno, in vista della loro cessazione inizialmente prevista per il 2027 ( 36 ). Accompagnando tale processo, ogni restrizione all’assegnazione di quote a titolo gratuito partecipa alla progressiva realizzazione di un sistema di vendita all’asta della totalità delle quote come voluto dal legislatore. Come osservato dalla Commissione, tale considerazione depone a favore di un’interpretazione estensiva delle disposizioni che limitano l’assegnazione a titolo gratuito, tra cui figura l’articolo 3, lettera u), della direttiva di cui trattasi nella parte in cui definisce la nozione di «impianto di produzione di elettricità».

70.

In secondo luogo, la delimitazione della cerchia degli impianti di produzione di elettricità riveste, a norma dell’articolo 10 bis della direttiva 2003/87, un’importanza determinante ai fini del calcolo dell’assegnazione a titolo gratuito di cui beneficiano non soltanto gli impianti che vi rientrano, ma anche gli altri impianti (denominati, per semplicità, «impianti industriali» ( 37 )). Come sottolineato dal governo tedesco, tale delimitazione influenza il calcolo, da parte della Commissione, del fattore di correzione transettoriale uniforme, la cui applicazione all’assegnazione annua preliminare di quote a titolo gratuito per ciascun impianto determina l’assegnazione annua finale ad esso accordata ( 38 ). Tale considerazione rafforza l’esigenza di regole chiare che permettano di individuare con un sufficiente grado di certezza e di prevedibilità gli impianti rispondenti alla definizione di cui all’articolo 3, lettera u), della direttiva 2003/87.

71.

Orbene, come sostenuto dalla Commissione, subordinare la qualifica di impianto di produzione di elettricità all’assenza di esercizio di una qualsiasi attività diversa dalla produzione di energia elettrica o ad un criterio secondo cui la vendita a terzi dovrebbe rappresentare l’«obiettivo principale» della produzione di elettricità ne renderebbe incerta la verifica. In particolare, come osservato anche dal governo tedesco, in mancanza di soglie prestabilite dal legislatore che permettano di distinguere la finalità principale dalla finalità accessoria di produzione di elettricità e di individuare, in tal modo, gli impianti che rientrano nel «settore classico» dell’elettricità, un approccio di tal genere sarebbe fonte di confusione ( 39 ).

72.

In secondo luogo, l’interpretazione letterale dell’articolo 3, lettera u), della direttiva 2003/87 non osta alla conformità alle disposizioni di diritto primario e, in particolare, al principio generale della parità di trattamento ( 40 ).

73.

A questo proposito, il giudice del rinvio e la ExxonMobil hanno sostenuto che tale interpretazione determina un diverso trattamento, da una parte, degli impianti che svolgono un’attività di combustione e un’altra attività elencata nell’allegato I della direttiva di cui trattasi, e, dall’altra, di quelli che esercitano, oltre a un’attività di combustione, un’attività non indicata in tale allegato. A mio giudizio, contrariamente a quanto sostenuto dalla ExxonMobil, tale differenza di trattamento non costituisce una discriminazione.

74.

In linea di principio, ritengo che le due categorie di impianti non si trovino in situazioni oggettivamente comparabili sotto il profilo dei principi che disciplinano l’applicabilità del sistema per lo scambio di quote. Come osservato dalla Commissione, gli impianti della seconda categoria partecipano a detto sistema unicamente in relazione alle emissioni provenienti dalla loro attività di combustione. Per contro, gli impianti dalla prima categoria vi partecipano in relazione a tutte le loro emissioni, che provengano o meno da un’attività di combustione.

75.

A tal riguardo, dai lavori preparatori della direttiva 2009/29 emerge che l’inserimento delle attività diverse dalla «combustione di carburanti» nell’allegato I della direttiva 2003/87 era diretto a comprendere nel suo campo di applicazione determinate emissioni dette «emissioni di processo» che non risultano da un processo di «combustione» – quand’anche definito in termini estensivi – ma da determinati processi industriali ( 41 ). Le attività specifiche ivi elencate sono state individuate dal legislatore alla luce dell’importanza delle emissioni di processo cui esse si accompagnano ( 42 ).

76.

In ogni caso, anche ipotizzando che un impianto come quello oggetto della controversia principale sia oggettivamente comparabile a un impianto svolgente, oltre all’attività di combustione, un’attività indicata nell’allegato I della direttiva 2003/87 ( 43 ), la differenza di trattamento tra i due impianti mi sembrerebbe giustificata.

77.

Come già osservato dalla Corte ( 44 ), il legislatore disponeva di un ampio margine di discrezionalità ai fini dell’istituzione e della ristrutturazione di un «sistema complesso» implicante scelte di natura politica, economica e sociale basate su apprezzamenti e valutazioni complessi, quale è il sistema per lo scambio di quote. Egli poteva scegliere di ricorrere a un approccio per fasi e di procedere, in particolare, in funzione dell’esperienza acquisita. Tuttavia, come si evince dalla sentenza Arcelor Atlantique e Lorraine e a. ( 45 ), tale scelta doveva basarsi su criteri oggettivi e adeguati rispetto allo scopo perseguito e non produrre risultati manifestamente meno adeguati di quelli risultanti da altre misure parimenti adeguate.

78.

La limitazione dell’assegnazione a titolo gratuito a favore degli impianti di produzione di elettricità è frutto, per l’appunto, di un approccio graduale, diretto a realizzare progressivamente il sistema di vendita all’asta della totalità delle quote gratuite. In tale contesto, il legislatore ha deciso che gli impianti di produzione di elettricità dovevano essere soggetti al principio della vendita all’asta integrale delle quote a partire dall’anno 2013 alla luce della constatazione obiettiva secondo cui i costi del CO2 connessi alle loro attività potevano, di norma, essere ripercossi sul prezzo dell’elettricità. Il legislatore ha pertanto ritenuto necessario delimitare la cerchia degli impianti di produzione di elettricità mediante criteri chiaramente definiti tenendo conto, in particolare, dell’importanza strutturale di detta delimitazione nell’assetto del regime di assegnazione a titolo gratuito ( 46 ).

79.

A mio giudizio, l’interpretazione letterale dell’articolo 3, lettera u), della direttiva 2003/87 non impone di concludere nel senso che, nel definire la nozione di «impianto di produzione di elettricità» mediante i criteri ivi enunciati al fine di realizzare tali obiettivi, il legislatore abbia oltrepassato il margine di discrezionalità riconosciutogli. Ciò vale anche ove taluni impianti rispondenti a tale definizione, considerati individualmente, non siano stati eventualmente in grado di recuperare dai propri clienti una parte significativa dei costi delle quote relative alle loro attività ( 47 ).

80.

Il carattere proporzionato di questa scelta legislativa risulta anche dal fatto che la qualifica come impianto di produzione di elettricità non priva gli impianti medesimi di tutte le assegnazioni a titolo gratuito, dal momento che essi continuano a beneficiarne nel rispetto di determinate condizioni volte a promuovere una maggiore efficienza energetica ( 48 ).

81.

Inoltre, non condivido l’argomento dedotto dalla ExxonMobil secondo cui qualificare come impianti di produzione di elettricità gli impianti che producono, in via accessoria, elettricità per il fabbisogno della loro attività di produzione principale, non indicata nell’allegato I della direttiva 2003/87, equivarrebbe a discriminare gli impianti stessi rispetto a quelli che si riforniscono presso terzi dell’elettricità a tal fine necessaria. Nel replicare a tale argomento, è sufficiente osservare che gli impianti che generano elettricità destinata alla loro attività non indicata nell’allegato di cui trattasi non rivestono, per questo stesso motivo, la qualifica di impianto di produzione di elettricità. Occorre parimenti che essi vendano una parte di tale elettricità a terzi, il che costituisce un criterio oggettivo e non discriminatorio.

82.

In terzo luogo, contrariamente a quanto sostenuto dalla ExxonMobil, la qualifica di un impianto, come quello oggetto del procedimento principale, quale impianto di produzione di elettricità non può essere messa in discussione, in ragione di un’asserita contraddizione tra tale qualificazione e l’inserimento del settore dell’estrazione del gas naturale nell’elenco dei settori e dei sottosettori ritenuti esposti a un rischio elevato di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio ( 49 ), contenuto nell’allegato della decisione 2010/2/UE ( 50 ). Secondo la ExxonMobil, l’impianto non ricade nel settore dell’elettricità, il quale – in considerazione della sua capacità di recuperare i costi delle quote dai propri clienti – non è esposto a distorsioni della concorrenza in ragione dell’applicazione del sistema per lo scambio di quote. Il settore cui esso appartiene, vale a dire quello dell’estrazione del gas naturale, è caratterizzato, al contrario, dall’esistenza di tali distorsioni che si accompagnano a un rischio elevato di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio per effetto della sua incapacità di trasferire sui prezzi i costi del CO2.

83.

A mio avviso, benché sembri paradossale, prima facie, che uno stesso impianto rientri contemporaneamente in un settore considerato in grado di ripercuotere i costi delle quote sui prezzi di vendita dei suoi prodotti e in un settore che ne è notoriamente incapace, tale contraddizione è solo apparente. Infatti, la classificazione di un settore o di un sottosettore tra quelli esposti a un rischio elevato di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio presuppone che tale incapacità sia dimostrata alla luce di una valutazione complessiva dell’insieme delle attività degli impianti che vi rientrano ( 51 ). Tale classificazione non presuppone che ciascuno di detti impianti sia incapace di recuperare i costi delle quote relative alle sue attività anche laddove produca elettricità destinata, almeno in parte, alla vendita a terzi.

84.

In tale prospettiva, dall’articolo 10 bis, paragrafo 12, della direttiva 2003/87, in combinato disposto con i paragrafi 1 e 3 dell’articolo medesimo, emerge che l’inserimento di un settore o sottosettore nell’allegato della decisione 2010/2 non sottrae gli impianti che vi rientrano dall’applicazione del principio secondo cui, per effetto del paragrafo 1, terzo comma, dell’articolo stesso, nessuna quota a titolo gratuito può essere concessa per la produzione di elettricità (salvo talune eccezioni) – a prescindere dal fatto che gli impianti di cui trattasi siano o meno qualificati come impianto di produzione di elettricità. Tale inserimento non esonera nemmeno gli impianti così qualificati dalle conseguenze che vi si ricollegano in forza del paragrafo 3 dell’articolo medesimo ( 52 ).

85.

Così, conformemente all’articolo 10 bis, paragrafo 12, della direttiva 2003/87, l’appartenenza di un impianto a un settore o a un sottosettore esposto ad un rischio elevato di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio ha come unica conseguenza, sotto il profilo dell’assegnazione a norma di detto articolo, l’applicazione ai suoi dati storici sull’attività, che devono essere presi in considerazione ai fini del calcolo dell’assegnazione preliminare di quote a titolo gratuito, del «fattore di rischio di rilocalizzazione» che consente un’assegnazione preliminare più generosa ( 53 ). Tale appartenenza non impone di contabilizzare tra i suddetti dati quelli relativi alla produzione di elettricità che devono essere esclusi in forza dell’articolo 10 bis, paragrafo 1, terzo comma, della direttiva di cui trattasi ( 54 ). Per quanto concerne gli impianti di produzione di elettricità, essa non comporta neppure che nei loro dati storici sull’attività siano ricompresi quelli relativi alla rispettiva produzione di energia termica al di là di quanto previsto nell’articolo 10 bis, paragrafo 3, di detta direttiva ( 55 ).

86.

In quarto luogo, la genesi dell’articolo 3, lettera u), della direttiva 2003/87 ne conferma l’interpretazione letterale. Infatti, dai lavori preparatori della direttiva 2009/29 emerge che il legislatore ha optato per una formulazione che conferisce un’ampia portata alla nozione di «impianto di produzione di elettricità» malgrado la formulazione più restrittiva proposta nel corso della procedura legislativa dalla commissione per l’industria, la ricerca e l’energia del Parlamento europeo. Quest’ultima aveva depositato un emendamento, citato dal governo tedesco, volto ad attribuire la qualifica di impianto di produzione di elettricità ai soli impianti «che fornisc[ono] prevalentemente le reti elettriche pubbliche» ( 56 ). Il mancato accoglimento dell’emendamento così proposto costituisce, a mio giudizio, un ulteriore indice del fatto che la posizione sostenuta dalla ExxonMobil contrasta con la volontà del legislatore.

87.

Alla luce dei suesposti rilievi, concludo che la nozione di «impianto di produzione di elettricità», ai sensi dell’articolo 3, lettera u), della direttiva 2003/87 ricomprende un impianto, come quello oggetto del procedimento principale che, successivamente al 1o gennaio 2005, ha venduto alla rete elettrica pubblica modesti quantitativi di elettricità da esso prodotta, nell’ambito della propria attività di combustione di carburanti, principalmente per il fabbisogno della propria attività di produzione di un prodotto non indicato nell’allegato I di detta direttiva.

D.   Sulle conseguenze della qualifica come «impianto di produzione di elettricità» sotto il profilo dell’assegnazione delle quote a titolo gratuito (seconda questione)

88.

La seconda questione viene sottoposta alla Corte nell’eventualità che essa accolga, come da me auspicato, un’interpretazione dell’articolo 3, lettera u), della direttiva 2003/87 che riconosca ad un impianto come quello oggetto del procedimento principale la natura di impianto di produzione di elettricità. Il giudice del rinvio chiede se, in forza dell’articolo 3, lettera c), della decisione 2011/278, un impianto di tal genere possa allora beneficiare comunque di quote a titolo gratuito per il calore da esso prodotto ed utilizzato per finalità diverse dalla produzione di elettricità anche al di fuori dei casi, nella specie non pertinenti, contemplati dall’articolo 10 bis, paragrafi 1, terzo comma, e 4, della direttiva 2003/87.

89.

I dubbi nutriti dal giudice a quo si spiegano alla luce del fatto che l’articolo 3, lettera c), della decisione 2011/278 subordina la qualità di «sottoimpianto oggetto di un parametro di riferimento di calore» alla condizione che il calore prodotto non sia utilizzato ai fini di generare elettricità, senza escludere in termini generali la realizzazione di un siffatto sottoimpianto all’interno di un impianto di produzione di elettricità. In altre parole, la suddetta disposizione, pur impedendo l’assegnazione di quote gratuite per il calore generato ai fini della produzione di elettricità, non indica in che misura il calore prodotto ad altri fini dagli impianti di produzione di elettricità sia escluso da detta assegnazione.

90.

A mio giudizio, l’interpretazione letterale, sistematica e teleologica dell’articolo 10 bis della direttiva 2003/87 e dell’articolo 3, lettera c), della decisione 2011/278 induce a rispondere alla seconda questione in senso negativo.

91.

A tal riguardo, da un lato, l’articolo 10 bis, paragrafo 1, terzo comma, della direttiva 2003/87 esclude ogni assegnazione di quote gratuite per la produzione di elettricità, eccezion fatta per l’elettricità prodotta a partire da gas di scarico. La ExxonMobil non afferma, nella specie, di aver diritto a un’assegnazione a titolo gratuito per la produzione di elettricità dell’impianto.

92.

Dall’altro, l’articolo 10 bis, paragrafo 3, della direttiva de qua sancisce inoltre la regola secondo cui nessuna quota a titolo gratuito vieni assegnata agli impianti di produzione di elettricità al di fuori dei casi menzionati nei paragrafi 4 e 8 di detto articolo ( 57 ). Il paragrafo 4 dell’articolo de quo riguarda la generazione di energia termica o frigorifera destinata ai servizi di teleriscaldamento e ottenuta mediante cogenerazione ad alto rendimento ( 58 ).

93.

Come la Corte ha già avuto modo di osservare, l’articolo 10 bis, paragrafo 4, della direttiva 2003/87 deroga così al principio sancito al precedente paragrafo 3, secondo cui gli impianti di produzione di elettricità non beneficiano di quote a titolo gratuito ( 59 ). Pertanto, in linea di principio, questi ultimi sono privati di quote a titolo gratuito per le loro emissioni provenienti non soltanto dalla loro attività di produzione di elettricità ma anche, se del caso, contrariamente a quanto sostenuto dalla ExxonMobil e dal governo tedesco, per la loro attività di produzione di calore. Solo le ipotesi di cui all’articolo 10 bis, paragrafi 4 e 8, della direttiva de qua possono giustificare l’assegnazione di quote a titolo gratuito per il calore generato dagli impianti di produzione di elettricità.

94.

Un’interpretazione contraria priverebbe di effetto utile l’articolo 10 bis, paragrafo 3, della direttiva 2003/87, dal momento che l’assegnazione di quote a titolo gratuito per la produzione di elettricità – a prescindere dal fatto che l’impianto in cui essa avviene sia o meno un impianto di produzione di elettricità – è già esclusa dall’articolo 10 bis, paragrafo 1, terzo comma, di detta direttiva.

95.

L’approccio da me suggerito appare inoltre conforme all’obiettivo, perseguito dal paragrafo 3 dell’articolo medesimo, di sancire il principio della vendita all’asta della totalità delle quote per gli impianti di produzione a partire dall’anno 2013. Come rilevato supra, posto che detto principio è destinato ad essere esteso progressivamente ad altri impianti, mi sembra giustificato interpretare in maniera estensiva le disposizioni che limitano le possibilità di assegnazione a titolo gratuito ( 60 ).

96.

In particolare, ricordo che il legislatore disponeva di un ampio potere discrezionale ai fini della creazione del sistema per lo scambio di quote ( 61 ). A mio avviso, optando per l’applicazione di tale principio, in un primo momento, ai soli impianti di produzione di elettricità, il legislatore non ne ha ecceduto i limiti, posto che tali impianti sono identificati sulla base di criteri oggettivi ed appropriati rispetto agli obiettivi perseguiti. Al fine di evitare distorsioni della concorrenza con altri produttori di calore ( 62 ), nel quadro del suo potere discrezionale, il legislatore ha garantito agli impianti di produzione di elettricità la possibilità di beneficiare delle quote a titolo gratuito per il calore che essi generano nel rispetto di determinate condizioni volte a promuovere la ricerca di una maggiore efficienza energetica ( 63 ).

97.

Tale lettura dell’articolo 10 bis, paragrafo 3, della direttiva 2003/87 non può neppure essere rimessa in discussione sulla base dell’articolo 3, lettera c), della decisione 2011/278. Come affermato dalla Commissione, alla luce della gerarchia normativa esistente tra la misura di esecuzione, rappresentata dalla decisione de qua, e le disposizioni autorizzative contenute nell’articolo 10 bis della direttiva stessa ( 64 ), l’articolo 3, lettera c), della decisione medesima dev’essere interpretato, nella misura del possibile, conformemente al paragrafo 3 del menzionato articolo 10 bis ( 65 ).

98.

Tale interpretazione conforme presuppone che l’articolo 3, lettera c), della decisione 2011/278 ammetta l’assegnazione di [quote di] emissione a un sottoimpianto oggetto di un parametro di riferimento di calore e la corrispondente assegnazione di quote gratuite in seno a un impianto qualificato come impianto di produzione di elettricità unicamente laddove l’articolo 10 bis, paragrafo 3, della direttiva 2003/87 autorizzi detta assegnazione – vale a dire nei soli casi previsti ai paragrafi 4 e 8 dell’articolo medesimo ( 66 ).

99.

Alla luce delle risposte che propongo di dare alla prima e alla seconda questione, può soprassedersi alla soluzione delle questioni terza e quarta, che il giudice del rinvio ha sollevato solo nell’eventualità che, in base alle risposte fornite dalla Corte alla prima e alla seconda questione, l’impianto possa beneficiare di quote a titolo gratuito per il calore da esso generato.

E.   Sulla limitazione dell’efficacia nel tempo dell’emananda sentenza

100.

La ExxonMobil chiede alla Corte, ove quest’ultima intenda rispondere alla seconda questione nel senso da me suggerito, di limitare l’efficacia nel tempo dell’emananda sentenza.

101.

Secondo una giurisprudenza costante, la limitazione degli effetti nel tempo di una sentenza con cui la Corte ha interpretato in via pregiudiziale una disposizione di diritto dell’Unione rappresenta una misura eccezionale che presuppone che siano soddisfatti due criteri essenziali, cioè la buona fede degli ambienti interessati e il rischio di gravi inconvenienti ( 67 ). La Corte ha fatto ricorso a tale soluzione soltanto «in circostanze ben precise, in particolare quando vi era un rischio di gravi ripercussioni economiche dovute, segnatamente, all’elevato numero di rapporti giuridici costituiti in buona fede sulla base della normativa ritenuta validamente vigente e quando risultava che i singoli e le autorità nazionali erano stati indotti ad adottare un comportamento non conforme al diritto dell’Unione in ragione di un’oggettiva e rilevante incertezza circa la portata delle disposizioni di diritto dell’Unione, incertezza alla quale avevano eventualmente contribuito gli stessi comportamenti tenuti da altri Stati membri o dalla Commissione» ( 68 ).

102.

Nella specie, la ExxonMobil non ha dedotto alcun elemento concreto idoneo a dimostrare che detti criteri ricorrono nella specie.

103.

Per quanto attiene, in primis, alla sussistenza di un rischio di inconvenienti economici gravi, essa si è limitata ad affermare che, successivamente al 2013, le autorità tedesche avrebbero assegnato quote a titolo gratuito a un ampio numero di impianti di produzione di energia elettrica per la loro produzione di calore. Essa non ha fornito alcuna informazione precisa quanto a detti impianti e alle conseguenze negative che essi subirebbero in caso di accoglimento della proposta interpretazione dell’articolo 10 bis, paragrafo 3, della direttiva 2003/87.

104.

In secondo luogo, mi sembra che tale interpretazione discenda in maniera sufficientemente chiara dalla formulazione letterale della disposizione de qua e dall’articolo 3, lettera c), della decisione 2011/278, letto alla luce della disposizione medesima. Del resto, la ExxonMobil si richiama unicamente a un’interpretazione divergente sostenuta delle autorità tedesche, senza indicare sotto qual profilo la condotta adottata dalla Commissione o da altri Stati membri avrebbe contribuito a creare una situazione di incertezza oggettiva e rilevante rispetto all’articolo 10 bis, paragrafo 3, della direttiva 2003/87. Ciò premesso, non sussisteva una situazione di incertezza tale da indurre l’adozione in buona fede di condotte contrarie al diritto dell’Unione.

105.

Pertanto, suggerisco di respingere la richiesta di limitazione dell’efficacia nel tempo dell’emananda sentenza.

V. Conclusione

106.

Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alla prima e alla seconda questione pregiudiziale sollevate dal Verwaltungsgericht Berlin (Tribunale amministrativo di Berlino, Germania) nei termini seguenti:

1)

L’articolo 3, lettera u), della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio, come modificata dalla direttiva 2009/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, dev’essere interpretato nel senso che costituisce «impianto di produzione di elettricità» un impianto che svolge sia un’attività di «combustione di carburanti in impianti di potenza termica nominale totale superiore a 20 MW», ai sensi dell’allegato I, punto 6, della direttiva 2003/87, che un’attività di produzione di un prodotto non ricompresa in nessun’altra attività oggetto di detto allegato, qualora, alla data del 1o gennaio 2005 o successivamente, tale impianto abbia prodotto elettricità destinata, principalmente, al proprio approvvigionamento e, in parte, ad essere immessa, dietro corrispettivo, nella rete elettrica pubblica.

2)

L’articolo 10 bis, paragrafo 3, della direttiva 2003/87 e l’articolo 3, lettera c), della decisione 2011/278/UE della Commissione, del 27 aprile 2011, che stabilisce norme transitorie per l’insieme dell’Unione ai fini dell’armonizzazione delle procedure di assegnazione gratuita delle quote di emissioni ai sensi dell’articolo 10 bis della direttiva 2003/87, devono essere interpretati nel senso che un impianto avente la qualifica di «impianto di produzione di elettricità», ai sensi dell’articolo 3, lettera u), della direttiva medesima può beneficiare di un’assegnazione a titolo gratuito di quote di emissione dei gas a effetto serra per il calore che esso genera solo nei casi indicati nell’articolo 10 bis, paragrafi 4 e 8, della direttiva stessa, fatta salva l’applicazione del suo articolo 10 quater.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio (GU 2003, L 275, pag. 32), come modificata dalla direttiva 2009/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009 (GU 2009, L 140, pag. 63).

( 3 ) Decisione della Commissione, del 27 aprile 2011, che stabilisce norme transitorie per l’insieme dell’Unione ai fini dell’armonizzazione delle procedure di assegnazione gratuita delle quote di emissioni ai sensi dell’articolo 10 bis della direttiva [2003/87] (GU 2011, L 130, pag. 1).

( 4 ) Talune disposizioni dell’articolo 10 bis della direttiva 2003/87 sono state successivamente modificate dalla direttiva (UE) 2018/410 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 marzo 2018, che modifica la direttiva [2003/87] per sostenere una riduzione delle emissioni più efficace sotto il profilo dei costi e promuovere investimenti a favore di basse emissioni di carbonio e la decisione (UE) 2015/1814 (GU 2018, L 76, pag. 3).

( 5 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 febbraio 2004, sulla promozione della cogenerazione basata su una domanda di calore utile nel mercato interno dell’energia e che modifica la direttiva 92/42/CEE (GU 2004, L 52, pag. 50).

( 6 ) Sentenza dell’8 settembre 2016 (C‑180/15, EU:C:2016:647).

( 7 ) V. paragrafi 59 e da 62 a 64 infra.

( 8 ) Il giudice del rinvio ha esposto le spiegazioni fornite sia dalla ExxonMobil che dalla DEHSt sullo svolgimento del processo Claus (v. paragrafi da 15 a 20 supra), senza effettuare alcuna valutazione di fatto in merito a ciascun aspetto del processo. Posto che tali spiegazioni coincidono in larga misura, la mia analisi si fonderà su tale valutazione dei fatti, fatta salva la verifica da parte del giudice medesimo, l’unico competente a valutare i fatti pertinenti [v., in particolare, sentenza del 6 marzo 2018, SEGRO e Horváth (C‑52/16 e C‑113/16, EU:C:2018:157, punto 98 e giurisprudenza citata)].

( 9 ) Il gas acido introdotto negli impianti Claus conteneva, più precisamente, l’H2S e il CO2 eliminati, mediante un preliminare processo di desolforazione, dal gas naturale al fine di permetterne l’immissione nella rete del gas. Il processo Claus consentiva, in tal modo, sia di smaltire detto H2S – un gas corrosivo e tossico –, sia di generare un prodotto (vale a dire lo zolfo elementare) che presenta un valore commerciale.

( 10 ) In base alle informazioni contenute negli atti sottoposti alla Corte dal giudice del rinvio, alle osservazioni orali della ExxonMobil e alle osservazioni scritte del governo tedesco, una parte dell’energia termica generata nel corso del processo Claus veniva impiegata per produrre energia elettrica.

( 11 ) Quote gratuite a titolo di «sottoimpianto oggetto di un parametro di riferimento di combustibili» ai sensi dell’articolo 3, lettera d), della decisione 2011/278 sono state, peraltro, concesse all’impianto per il calore non misurabile prodotto nel quadro di attività diverse dal recupero dello zolfo mediante il processo Claus.

( 12 ) In forza dell’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2003/87, il gestore di un impianto partecipante al sistema di scambio delle quote di emissioni deve, ogni anno, restituire un numero di quote di emissioni pari alle emissioni totali di tale impianto nel corso dell’anno civile precedente.

( 13 ) È pacifico che, nella specie, la soglia di capacità prevista nella disposizione di cui trattasi fosse superata.

( 14 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, che modifica la direttiva [2003/87] al fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra (GU 2009, L 140, pag. 63).

( 15 ) V. Commission staff working document, accompanying document to the proposal for a directive of the European Parliament and of the Council amending direttiva 2003/87/EC so as to improve and extend the EU greenhouse gas emission allowance trading system, Impact assessment, 23 gennaio 2008, SEC(2007) 52 (in prosieguo: la «valutazione d’impatto»), pagg. da 17 a 23 e pagg. 160 e 161. V., inoltre, la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva [2003/87] al fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario di scambio delle quote di emissione dei gas a effetto, del 23 gennaio 2008, COM(2008) 16 definitivo (in prosieguo: la «proposta della Commissione»), pag. 4. L’aggiunta della definizione della nozione di “combustione” volta a codificare l’interpretazione già raccomandata dalla Commissione nella propria comunicazione del 22 dicembre 2005, «Orientamenti complementari sui piani nazionali di assegnazione per il periodo di scambio 2008-2012 nell’ambito del sistema di scambio delle quote di emissione dell’UE», COM(2005) 703 definitivo, punti da 34 a 36 e allegato 8. V., altresì, in questo senso, sentenza del 28 luglio 2016, Vattenfall Europe Generation (C‑457/15, EU:C:2016:613, punto 37).

( 16 ) V. Commissione, «Guidance on interpretation of Annex I of the EU ETS Directive (excl. aviation activities)», 18 marzo 2010, https://ec.europa.eu/clima/sites/clima/files/ets/docs/guidance_interpretation_en.pdf, pagg. 8 e 9.

( 17 ) Del resto, ricordo che l’energia termica generata nel corso del processo Claus derivava da una reazione chimica che non creava CO2. Solo il CO2 presente nella composizione del gas acido era rilasciato al termine di detto processo. Se tali emissioni dovessero essere escluse dal campo di applicazione della direttiva de qua per il fatto che il CO2 era naturalmente presente nel gas acido, esse ne sarebbero sottratte anche nella misura in cui detto processo aveva prodotto l’energia termica utilizzata nell’impianto.

( 18 ) Osservo che, mentre talune versioni linguistiche dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2003/87, come quella francese e spagnola, utilizzano termini come «résultant des activités» [risultanti dalle attività] o formulazioni analoghe, altre, tra cui le versioni inglese, danese, italiana e neerlandese, ricorrono a un’espressione corrispondente ai termini «provenienti dalle attività». La lettura secondo cui la direttiva 2003/87 si applica alle emissioni del CO2 naturalmente presente in un combustibile gassoso che si verificano a seguito di un’attività di combustione, oltre ad essere compatibile con tutte le succitate versioni linguistiche, è corroborata dalla finalità perseguita da detta direttiva. In forza del suo articolo 1, essa consiste nel «promuovere la riduzione [delle] emissioni [di gas a effetto serra] secondo criteri di validità in termini di costi e di efficienza economica». Il considerando 8 della direttiva di cui trattasi sottolinea la necessità di tener conto del potenziale di riduzione delle emissioni delle attività del processo industriale. Con riferimento a tale obiettivo, come osservato dal governo tedesco, l’utilizzo di combustibili a basso tenore di CO2 dev’essere incoraggiato posto che esso contribuisce alla riduzione delle emissioni di CO2. La circostanza, dedotta in udienza dalla ExxonMobil, che non sia sempre possibile conoscere fin dalla sua estrazione la composizione del gas acido utilizzato nella specie come combustibile, non rimette in discussione tale principio.

( 19 ) Regolamento del 21 giugno 2012 (GU 2012, L 181, pag. 30). V., sulla metodologia di monitoraggio delle emissioni provenienti dai processi di combustione che si verificano nei terminali di trattamento gas, allegato IV, punto 1, lettera B), terzo comma, del regolamento n. 601/2012.

( 20 ) Tale documento, nel testo del 16 dicembre 2013, è disponibile all’indirizzo: https://ec.europa.eu/clima/sites/clima/files/ets/monitoring/docs/faq_mmr_en.pdf (v. pag. 14).

( 21 ) La Commissione precisa quanto segue: «[T]he H2S enriched gas flow may still contain a significant concentration of CO2. If this gas flow is also fed into a combustion unit (e.g. CLAUS unit), this CO2 needs to be monitored and reported as well».

( 22 ) V., per analogia, sentenza del 18 gennaio 2018, INEOS (C‑58/17, EU:C:2018:19, punto 41).

( 23 ) V., in particolare, per quanto attiene agli elementi rilevanti ai fini dell’interpretazione del diritto dell’Unione, sentenza del 10 dicembre 2018, Wightman e a. (C‑621/18, EU:C:2018:999, punto 47 e la giurisprudenza ivi citata).

( 24 ) Il documento de quo, recante la data del 18 marzo 2010, è disponibile all’indirizzo https://ec.europa.eu/clima/sites/clima/files/ets/docs/guidance_electricity_generators_en.pdf (v. pag. 4, punti 8 e 9).

( 25 ) V., per analogia, sentenza del 18 gennaio 2018, INEOS (C‑58/17, EU:C:2018:19, punto 41). Sullo status del documento di orientamento sull’identificazione degli impianti di produzione di elettricità e di altri documenti di orientamento concernenti il periodo di scambio 2013‑2020, si veda, in particolare, Commissione, «Guidance document no 1 on the harmonized free allocation methodology for the EU-ETS post 2012», 14 aprile 2011, https://ec.europa.eu/clima/sites/clima/files/ets/allowances/docs/gd1_general_guidance_en.pdf, pagg. 3 e 4.

( 26 ) Documento di orientamento sull’identificazione degli impianti di produzione di elettricità, pag. 4, punto 10.

( 27 ) V. considerando 19 della direttiva 2009/29.

( 28 ) V. paragrafi da 88 a supra 98. Inoltre, il quantitativo annuo finale di quote assegnate a titolo gratuito agli impianti di produzione di elettricità è calcolato in maniera diversa da quello riconosciuto agli altri impianti (v. articolo 10, paragrafo 9, della decisione 2011/278). V., a questo proposito, sentenza del 28 aprile 2016, Borealis Polyolefine e a. (C‑191/14, C‑192/14, C‑295/14, C‑389/14 e da C‑391/14 a C‑393/14, EU:C:2016:311, punto 71).

( 29 ) V. proposta della Commissione, pag. 9. V., altresì, sentenza del 17 ottobre 2013, Iberdrola e a. (C‑566/11, C‑567/11, C‑580/11, C‑591/11, C‑620/11 e C‑640/11, EU:C:2013:660, punti da 33 a 3640).

( 30 ) Il giudice del rinvio si riferisce al considerando 31 della decisione 2011/278, che menziona la capacità del «settore della produzione di energia elettrica» di «trasferire i maggiori costi del CO2».

( 31 ) Il giudice del rinvio osserva che la formulazione della disposizione di diritto tedesco che recepisce l’articolo 3, lettera u), della direttiva 2003/87 si fonda su tale lettura (v. supra, paragrafo 9).

( 32 ) Ovviamente, in un caso come quello oggetto del procedimento principale, non era la fornitura di elettricità a titolo oneroso, ma l’allacciamento alla rete elettrica pubblica a rispondere ad esigenze tecniche. Nessuna ragione di carattere tecnico impediva all’impianto di fornire alla rete gratuitamente la controversa quantità minima di elettricità. Tuttavia, la qualificazione di un impianto come impianto di produzione di elettricità va valutata tenendo conto dell’elettricità da esso prodotta ai fini della vendita a terzi a partire dal 1o gennaio 2005 – che precede di molti anni l’adozione della direttiva 2009/29. Pertanto, gli impianti in questione non hanno potuto anticipare tale adozione rinunciando, ove lo avessero ritenuto conveniente, a ogni corrispettivo per l’elettricità fornita a terzi al fine di ottenere un quantitativo maggiore di quote a titolo gratuito.

( 33 ) V. articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2003/87.

( 34 ) V. considerando 15 della direttiva 2009/29.

( 35 ) V. sentenza del 12 aprile 2018, PPC Power (C‑302/17, EU:C:2018:245, punto 20 e giurisprudenza citata).

( 36 ) Articolo 10 bis, paragrafo 11, della direttiva 2003/87. Il principio dell’eliminazione totale delle concessioni di quote gratuite da qui al 2027 è stato peraltro rimesso in discussione dalle modifiche introdotte agli articoli 10 bis e 10 ter della direttiva 2003/87 dall’articolo 1, punto 14, lettera k), e punto 15, della direttiva 2018/410.

( 37 ) V. sentenza del 28 aprile 2016, Borealis Polyolefine e a. (C‑191/14, C‑192/14, C‑295/14, C‑389/14 e da C‑391/14 a C‑393/14, EU:C:2016:311, punto 70).

( 38 ) V. articolo 10 bis, paragrafo 5, della direttiva 2003/87 e articolo 10, paragrafo 9, primo comma, della decisione 2011/278. In forza dell’articolo 15, paragrafo 3, di detta decisione, il fattore di correzione transettoriale uniforme è stabilito confrontando, da una parte, i quantitativi totali di quote assegnate preliminarmente agli impianti industriali in tutta l’Unione e, dall’altra, il quantitativo massimo annuo di quote a titolo gratuito disponibili per detti impianti calcolate in conformità all’articolo 10 bis, paragrafo 5, della direttiva 2003/87. Tale meccanismo è descritto nella sentenza del 28 aprile 2016, Borealis Polyolefine e a. (C‑191/14, C‑192/14, C‑295/14, C‑389/14 e da C‑391/14 a C‑393/14, EU:C:2016:311, punti 60 e segg.).

( 39 ) Tale conclusione non è rimessa in discussione dalla proposta, formulata nel documento di orientamento sull’identificazione degli impianti di produzione di elettricità (pag. 5, punto 11), secondo cui, al fine di evitare verifiche troppo onerose e complesse, uno Stato membro deve presumere che non sia stata effettuata alcuna vendita di elettricità ove il consumo totale di elettricità dell’impianto interessato superi l’elettricità totale da esso prodotta su base annua. Tale proposta, peraltro non vincolante, mira tutt’al più a creare una presunzione semplice che dev’essere superata ove si sia accertato che l’impianto ha venduto elettricità a terzi.

( 40 ) Secondo giurisprudenza costante, un atto dell’Unione dev’essere interpretato, nei limiti del possibile, in modo da non inficiare la sua validità e in conformità con il diritto primario nel suo complesso. V., in particolare, sentenze del 10 settembre 1996, Commissione/Germania (C‑61/94, EU:C:1996:313, punto 52); del 16 settembre 2010, Chatzi (C‑149/10, EU:C:2010:534, punto 43), e del 15 febbraio 2016, N. (C‑601/15 PPU, EU:C:2016:84, punto 48).

( 41 ) V. proposta della Commissione, pag. 4 e valutazione d’impatto, pagg. da 18 a 23 e pagg. 160 e 161. V., anche, Commissione, «Guidance on interpretation of Annex I of the EU ETS Directive (excl. aviation activities)», 18 marzo 2010, https://ec.europa.eu/clima/sites/clima/files/ets/docs/guidance_interpretation_en.pdf, pag. 11.

( 42 ) V. valutazione d’impatto, pag. 21 e pagg. 35 e 36. Il legislatore non ha ritenuto necessario definire la nozione di «emissioni di processo» nella direttiva 2003/87 posto che quest’ultima si applica a tutte le emissioni di CO2 provenienti dalle specifiche attività indicate nel suo allegato I a prescindere dal fatto che esse scaturiscano da un processo di combustione o da un diverso processo industriale. Tale nozione è, per contro, definita nell’articolo 3, punto 30, del regolamento n. 601/2012 come indicante le «emissioni di gas a effetto serra diverse dalle emissioni di combustione, risultanti da reazioni volute e non volute tra sostanze o dalla loro trasformazione (…)». Al fine di evitare confusione al riguardo, osservo che le nozioni di «emissioni di processo» ai sensi dell’articolo 3, punto 30, del regolamento n. 601/2012 e di «sottoimpianti con emissioni di processo» ai sensi dell’articolo 3, lettera h), della decisione 2011/278 si sovrappongono solo parzialmente. Le «emissioni di processo» sono, in gran parte, coperte dai parametri di riferimento di prodotto previsti all’allegato I di detta decisione, applicabili ai «sottoimpianti oggetto di un parametro di riferimento di prodotto» come definiti nel suo articolo 3, lettera b).

( 43 ) Così, in particolare, la mia analisi non pregiudica la questione se le emissioni di CO2 intrinseco provenienti da un’attività di combustione, come quelle oggetto del procedimento principale, possano costituire «emissioni di processo» ai sensi dell’articolo 3, punto 30, del regolamento n. 601/2012 ed essere attribuite a un «sottoimpianto con emissioni di processo» a norma dell’articolo 3, lettera h), della decisione 2011/278. Tale questione è oggetto della terza e della quarta questione pregiudiziale, che non sono affrontate nelle presenti conclusioni.

( 44 ) Sentenze del 16 dicembre 2008, Arcelor Atlantique e Lorraine e a. (C‑127/07, EU:C:2008:728, punti 57, 6061), e del 21 giugno 2018, Polonia/Parlamento e Consiglio (C‑5/16, EU:C:2018:483, punti 112125).

( 45 ) Sentenza del 16 dicembre 2008 (C‑127/07, EU:C:2008:728, punti 58, 5963).

( 46 ) V. paragrafo 70 supra.

( 47 ) V. paragrafo 66 supra.

( 48 ) V. paragrafi da 88 a 98 infra.

( 49 ) La nozione di «rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio» rimanda al rischio che, in ragione dei costi legati all’applicazione del sistema per lo scambio di quote, le attività con elevate emissioni di gas a effetto serra siano delocalizzate in paesi terzi in cui tali vincoli non sono previsti, accrescendo così le emissioni a livello mondiale. V. considerando 24 e 25 della direttiva 2009/29.

( 50 ) Decisione 2010/2/UE della Commissione, del 24 dicembre 2009, che determina, a norma della direttiva [2003/87], un elenco dei settori e dei sottosettori ritenuti esposti a un rischio elevato di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio (GU 2010, L 1, pag. 10). Il punto 1.4 dell’allegato di detta decisione, applicabile nel periodo qui di rilievo, menziona, tra i settori esposti a un rischio elevato di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio, l’estrazione del gas naturale sulla base del codice NACE-4 (livello di quattro cifre). La decisione 2010/2 è stata abrogata dalla decisione 2014/746/UE della Commissione, del 27 ottobre 2014, che determina, a norma della direttiva [2003/87], un elenco dei settori e dei sottosettori ritenuti esposti a un rischio elevato di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio per il periodo dal 2015 al 2019 (GU 2014, L 308, pag. 114), il cui allegato riprende, al punto 1.1, il settore dell’estrazione del gas naturale. Come osservato dalla ExxonMobil all’udienza, il codice NACE-4 corrispondente all’estrazione del gas naturale – 1110 all’epoca dei fatti e ora 0620 – comprendeva la desolforazione di detto gas. V. sito Internet di Eurostat http://ec.europa.eu/eurostat/ramon/nomenclatures/index.cfm?TargetUrl=LST_NOM_DTL&StrNom=NACE_REV2&StrLanguageCode=EN&IntPcKey= 18495674&StrLayoutCode= e https://ec.europa.eu/eurostat/documents/1965800/1978760/CORRESPONDENCETABLENACEREV.1.1-NACEREV.2.pdf/e8200936-c2f0-4202-8bda-99fbbfc422b4.

( 51 ) L’articolo 10 bis, paragrafo 14, della direttiva 2003/87 prevede che, nel determinare i settori o i sottosettori esposti a un rischio elevato di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio, «la Commissione valuta, a livello [dell’Unione], in quale misura il settore o il sottosettore interessato (…) sia in grado di trasferire il costo diretto delle quote necessarie e i costi indiretti derivanti dall’aumento dei prezzi dell’energia elettrica, a seguito dell’attuazione della presente direttiva, sui prezzi dei prodotti, senza che ciò comporti la perdita di una quota importante di mercato a vantaggio di impianti meno efficienti in termini di emissioni di carbonio al di fuori del territorio [dell’Unione]».

( 52 ) V. paragrafi da 88 a 98 infra.

( 53 ) L’applicazione di detto fattore interviene nell’ambito del calcolo, da parte degli Stati membri, del quantitativo annuo di quote a titolo gratuito assegnate preliminarmente a ciascun impianto stabilito sul loro territorio (mentre l’assegnazione finale è determinata dalla Commissione in una fase ulteriore). Ai fini di detto calcolo, si procede anzitutto alla moltiplicazione del livello di attività storica di ciascun sottoimpianto dell’impianto di cui trattasi o per il parametro di riferimento di prodotto, di calore o di combustibile applicabile, o per un fattore 0,97, laddove si tratti di un sottoimpianto con emissioni di processo (v. articolo 10, paragrafo 2, della decisione 2011/278). Il valore così ottenuto è poi moltiplicato per un fattore pari a 0,8 nel 2013, e ogni anno più ridotto sino ad arrivare a 0,3 nel 2020, o per un fattore 1 se le attività del sottoimpianto di cui trattasi rientrano in un settore esposto ad un rischio elevato di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio (v. articolo 10 bis, paragrafi 11 e 12, della direttiva 2003/87). Infine, la somma dei risultati ottenuti per ciascun sottoimpianto costituisce il quantitativo annuo preliminare di quote a titolo gratuito riconosciute all’impianto (v. articolo 10, paragrafo 7, della decisione 2011/278).

( 54 ) Ai sensi dell’articolo 9, paragrafi 4 e 5, della decisione 2011/278, il livello storico di attività dei sottoimpianti oggetto di un parametro di riferimento di calore o di un parametro di riferimento di combustibile è stabilito senza tenere conto del calore misurabile o dei combustibili utilizzati per la produzione di elettricità.

( 55 ) V. paragrafi da 88 a 98 infra.

( 56 ) Parere della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, emendamento 22, allegato alla relazione della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare del 15 ottobre 2008, documento del Parlamento A6-0406/2008, pag. 105. Tale emendamento è così motivato: «(…) Le industrie diverse dalle aziende elettriche pubbliche devono conservare la possibilità di esercire gli impianti energetici sui quali hanno già investito. (…) L’autoproduttore, quale definito dalla direttiva 96/92/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 dicembre 1996, concernente norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica (“la persona fisica o giuridica che produce energia elettrica essenzialmente per uso proprio”) non deve essere escluso dall’assegnazione gratuita».

( 57 ) L’articolo 10 bis, paragrafi 1, terzo comma, e 3, della direttiva 2003/87 ammette altresì l’assegnazione a titolo gratuito nei casi previsti all’articolo 10 quater della direttiva di cui trattasi. Tale disposizione autorizza gli Stati membri ad assegnare, in determinati casi, quote a titolo gratuito per progetti di ammodernamento della produzione di energia elettrica. Come sottolineato dalla Commissione, la Germania non rientra tra gli Stati membri che possono avvalersi di detta deroga. V. relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sul funzionamento del mercato europeo del carbonio, 1o febbraio 2017, COM(2017) 48 final, pag. 17.

( 58 ) L’articolo 10 bis, paragrafo 8, della direttiva 2003/87 concerne la promozione di determinati progetti di cattura e stoccaggio geologico di CO2 e progetti dimostrativi relativi alle tecnologie innovative per le energie rinnovabili.

( 59 ) Sentenza del 28 aprile 2016, Borealis Polyolefine e a. (C‑191/14, C‑192/14, C‑295/14, C‑389/14 e da C‑391/14 a C‑393/14, EU:C:2016:311, punto 66).

( 60 ) V. paragrafo 69 supra.

( 61 ) V. paragrafo 76 supra.

( 62 ) Ai sensi del considerando 19 della direttiva 2009/29, «[a]l fine di evitare distorsioni della concorrenza gli impianti di produzione di elettricità possono ricevere quote a titolo gratuito per servizi di teleriscaldamento e teleraffreddamento e per l’energia termica e frigorifera prodotti mediante la cogenerazione ad alto rendimento (…), laddove l’energia termica prodotta da impianti in altri settori beneficiasse di un’assegnazione gratuita».

( 63 ) V. proposta della Commissione, pagg. 9 e 27. V., altresì, articolo 1 e considerando 1 e 5 della direttiva 2004/8.

( 64 ) V., in tal senso, sentenze del 28 febbraio 2018, Trinseo Deutschland (C‑577/16, EU:C:2018:127, punto 68), e del 17 maggio 2018, Evonik Degussa (C‑229/17, EU:C:2018:323, punto 29).

( 65 ) V., in tal senso, sentenze del 24 giugno 1993, Dr Tretter (C‑90/92, EU:C:1993:264, punto 11); del 26 febbraio 2002, Commissione/Boehringer (C‑32/00 P, EU:C:2002:119, punto 53), e del 19 luglio 2012, Pie Optiek (C‑376/11, EU:C:2012:502, punto 34).

( 66 ) Fatto salvo l’articolo 10 quater della direttiva 2003/87 (v. nota 57 supra).

( 67 ) V., in particolare, sentenza del 19 ottobre 2017, Paper Consult (C‑101/16, EU:C:2017:775, punto 65 e giurisprudenza citata).

( 68 ) V., in particolare, sentenze del 20 settembre 2001, Grzelczyk (C‑184/99, EU:C:2001:458, punto 53), e del 19 ottobre 2017, Paper Consult (C‑101/16, EU:C:2017:775, punto 66 e giurisprudenza citata).