CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate il 13 settembre 2018 r. ( 1 )

Causa C‑264/17

Harry Mensing

contro

Finanzamt Hamm

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Finanzgericht Münster (Tribunale tributario di Münster, Germania)]

Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – Imposta sul valore aggiunto – Direttiva 2006/112/CE – Articoli 314 e 316 – Regimi speciali – Soggetti passivi-rivenditori – Regime del margine – Cessione di oggetti d’arte effettuata dall’autore o dai suoi aventi diritto – Operazioni intracomunitarie – Diritto a detrazione dell’imposta pagata a monte

Introduzione

1.

Nei casi in cui l’oggetto di un’operazione soggetta all’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») sia costituto dai beni nel cui prezzo è già inclusa l’IVA versata a monte, senza la possibilità di detrazione, come spesso accade in relazione ai beni che vengono reimmessi in commercio, ad esempio agli oggetti d’arte, il meccanismo ordinario di tassazione non garantisce l’attuazione del principio fondamentale dell’imposta in questione, qual è il principio della sua neutralità per i soggetti passivi. Per tale ragione, il legislatore dell’Unione ha introdotto il regime speciale di imposizione, il quale consente di assoggettare all’imposta soltanto il margine di guadagno del soggetto passivo, ossia il valore aggiunto generato in una determinata fase di commercializzazione. Tuttavia, mentre le disposizioni pertinenti del diritto dell’Unione, considerate separatamente, sembrano essere assolutamente chiare, la loro applicazione congiunta non sempre conduce al raggiungimento dell’obiettivo perseguito. Sorge pertanto la questione, se tali problematiche applicative costituiscano il motivo sufficiente per disapplicare del tutto le suddette disposizioni in alcune situazioni. Questo è il quesito che dovrà essere risolto dalla Corte nella presente causa.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

2.

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto ( 2 ):

«Sono soggette all’IVA le operazioni seguenti:

a)

le cessioni di beni effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale;

b)

gli acquisti intracomunitari di beni effettuati a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro:

(i)

da un soggetto passivo che agisce in quanto tale o da un ente non soggetto passivo, quando il venditore è un soggetto passivo che agisce in quanto tale che non beneficia della franchigia per le piccole imprese prevista agli articoli da 282 a 292 e che non rientra nelle disposizioni previste agli articoli 33 e 36;

(…)

(…)

d)

le importazioni di beni».

3.

L’articolo 14, paragrafo 1, di tale direttiva definisce cessione di beni come «il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario».

4.

A sua volta, la definizione di acquisto intracomunitario di beni è contenuta nell’articolo 20, primo comma, ai sensi del quale:

«Si considera “acquisto intracomunitario di beni” l’acquisizione del potere di disporre come proprietario di un bene mobile materiale spedito o trasportato dal venditore, dall’acquirente o per loro conto, a destinazione dell’acquirente in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto del bene».

5.

A norma dell’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112:

«Gli Stati membri esentano le cessioni di beni spediti o trasportati, fuori del loro rispettivo territorio ma nella Comunità, dal venditore, dall’acquirente o per loro conto, effettuate nei confronti di un altro soggetto passivo, o di un ente non soggetto passivo, che agisce in quanto tale in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto dei beni.

6.

L’articolo 168 della citata direttiva dispone quanto segue:

«Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:

a)

l’IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo;

(…)

c)

l’IVA dovuta per gli acquisti intracomunitari di beni conformemente all’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), punto i);

(…)

e)

l’IVA dovuta o assolta per i beni importati in tale Stato membro».

7.

Orbene, ai sensi dell’articolo 169, lettera b), della medesima direttiva:

«Oltre alla detrazione di cui all’articolo 168, il soggetto passivo ha il diritto di detrarre l’IVA ivi prevista nella misura in cui i beni e i servizi sono utilizzati ai fini delle operazioni seguenti:

(…)

b)

sue operazioni esenti conformemente [all’articolo] 138 (…)».

8.

Il capo 4 del titolo XII della direttiva IVA istituisce regimi speciali applicabili ai beni d’occasione e agli oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato. A norma dell’articolo 311, paragrafo 1, punti 2 e 5, della citata direttiva:

«Ai fini del presente capo, e salvo altre disposizioni comunitarie, sono considerati:

(…)

2)

“oggetti d’arte”, i beni indicati nell’allegato IX, parte A;

(…)

5)

“soggetto passivo – rivenditore”, il soggetto passivo che, nell’ambito della sua attività economica, acquista o utilizza ai fini della sua impresa o importa per rivenderli beni d’occasione, oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione, sia che agisca in proprio sia per conto terzi in virtù di un contratto di commissione per l’acquisto o per la vendita;

(…)».

9.

La sottosezione 1, della sezione 2, del succitato capo della direttiva 2006/112 istituisce il regime del margine per i soggetti passivi‑rivenditori. Conformemente agli articoli da 312 a 317 nonché 319 della medesima direttiva:

«Articolo 312

Ai fini della presente sottosezione si intende per:

1)   “prezzo di vendita”, tutto ciò che costituisce il corrispettivo che il soggetto passivo-rivenditore ha ottenuto o deve ottenere dall’acquirente o da un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con l’operazione, le imposte, i dazi, i prelievi e le tasse, le spese accessorie quali commissioni, spese di imballaggio, di trasporto e di assicurazione addebitate dal soggetto passivo – rivenditore all’acquirente, ma esclusi gli importi di cui all’articolo 79;

2)   “prezzo d’acquisto”, tutto ciò che costituisce il corrispettivo definito al punto 1), che il fornitore ha ottenuto o deve ottenere dal soggetto passivo-rivenditore.

Articolo 313

1.   Gli Stati membri applicano alle cessioni di beni d’occasione, di oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato, effettuate da soggetti passivi-rivenditori un regime speciale d’imposizione del margine realizzato dal soggetto passivo-rivenditore, conformemente alle disposizioni della presente sottosezione.

(…)

Articolo 314

Il regime del margine si applica alle cessioni di beni d’occasione, di oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato effettuate da un soggetto passivo – rivenditore, quando tali beni gli siano stati ceduti nella Comunità da una delle persone seguenti:

a)

una persona che non sia soggetto passivo;

b)

un altro soggetto passivo, qualora la cessione del bene da parte di quest’ultimo sia esentata conformemente all’articolo 136;

c)

un altro soggetto passivo, qualora la cessione del bene da parte di quest’ultimo benefici della franchigia per le piccole imprese prevista agli articoli da 282 a 292 e riguardi un bene d’investimento;

d)

un altro soggetto passivo – rivenditore, qualora la cessione del bene da parte di quest’ultimo sia stata assoggettata all’IVA conformemente al presente regime speciale.

Articolo 315

La base imponibile delle cessioni di beni di cui all’articolo 314 è costituita dal margine realizzato dal soggetto passivo-rivenditore, diminuito dell’importo dell’IVA relativa al margine stesso.

Il margine del soggetto passivo-rivenditore è pari alla differenza tra il prezzo di vendita chiesto dal soggetto passivo-rivenditore per il bene e il prezzo di acquisto.

Articolo 316

1.   Gli Stati membri accordano ai soggetti passivi-rivenditori il diritto di optare per l’applicazione del regime del margine alle cessioni dei beni seguenti:

a)

gli oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato che hanno essi stessi importato;

b)

gli oggetti d’arte che sono stati loro ceduti dall’autore o dai suoi aventi diritto;

c)

gli oggetti d’arte che sono stati loro ceduti da un soggetto passivo diverso da un soggetto passivo-rivenditore, qualora la cessione da parte di tale altro soggetto passivo sia stata assoggettata all’aliquota ridotta in virtù dell’articolo 103.

(…)

Articolo 317

Quando un soggetto passivo-rivenditore esercita l’opzione prevista all’articolo 316, la base imponibile è determinata conformemente all’articolo 315.

Per le cessioni di oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione che lo stesso soggetto passivo-rivenditore ha importato, il prezzo d’acquisto da prendere in considerazione per il calcolo del margine è pari alla base imponibile all’importazione, determinata conformemente agli articoli da 85 a 89, aumentata dell’IVA dovuta o assolta all’importazione.

(…)

Articolo 319

Il soggetto passivo-rivenditore può, per ciascuna cessione per cui è ammesso il regime del margine, applicare il regime normale dell’IVA».

10.

Le norme relative al diritto a detrazione dell’IVA a monte applicabili ai soggetti passivi-rivenditori sono state definite dagli articoli 320 e 322 della direttiva 2006/112. Tali disposizioni prevedono quanto segue:

«Articolo 320

1.   Il soggetto passivo-rivenditore, che applica il regime normale dell’IVA alla cessione di un oggetto d’arte, d’antiquariato o da collezione da lui stesso importato, ha il diritto di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore l’IVA dovuta o assolta all’importazione del bene in questione.

Il soggetto passivo-rivenditore, che applica il regime normale dell’IVA alla cessione di un oggetto d’arte cedutogli dall’autore o dagli aventi diritto o da un soggetto passivo diverso dal soggetto passivo‑rivenditore, ha il diritto di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore l’IVA dovuta o assolta per l’oggetto d’arte che gli è stato ceduto.

(…)

Articolo 322

Qualora i beni siano utilizzati ai fini delle sue cessioni assoggettate al regime del margine, il soggetto passivo-rivenditore non può detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:

a)

l’IVA dovuta o assolta per gli oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione che egli stesso ha importato;

b)

l’IVA dovuta o assolta per gli oggetti d’arte che gli sono o gli saranno ceduti dall’autore o dai suoi aventi diritto;

c)

l’IVA dovuta o assolta per gli oggetti d’arte che gli sono o gli saranno ceduti dall’autore o dai suoi aventi diritto».

11.

Infine, ai sensi dell’articolo 342 della direttiva in parola:

«Gli Stati membri possono adottare misure relative al diritto a detrazione dell’IVA al fine di evitare che i soggetti passivi-rivenditori interessati da uno dei regimi di cui alla sezione 2 beneficino di vantaggi ingiustificati o subiscano danni ingiustificati».

Diritto tedesco

12.

Il regime del margine per i soggetti passivi‑rivenditori è stato recepito nel diritto tedesco dall’articolo 25a dell’Umsatzsteuergesetz (legge relativa all’imposta sulla cifra di affari, in prosieguo: l’«UStG»). La citata disposizione prevede, in particolare, quanto segue:

«1.   Le cessioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, punto 1, di beni mobili materiali sono soggette a tassazione secondo le modalità previste dalle seguenti disposizioni (regime del margine) qualora ricorrano le seguenti condizioni:

1)

L’imprenditore è un rivenditore. Per rivenditore si intende il soggetto che agisce a scopo di lucro attraverso beni mobili materiali o vende tali beni a nome proprio nell’ambito di aste pubbliche.

2)

I beni sono stati ceduti al rivenditore nel territorio della Comunità. Relativamente a tale cessione:

a)

non è stata versata o, ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, non è stata riscossa un’imposta sulla cifra d’affari, oppure

b)

è stato applicato il regime del margine.

(…)

2.   Entro e non oltre la data di deposito della prima dichiarazione IVA relativa a un anno civile, il rivenditore può dichiarare all’amministrazione finanziaria l’applicazione del regime del margine, fin dall’inizio di detto anno, anche ai beni seguenti:

(…)

2)

oggetti d’arte, qualora la cessione nei suoi confronti sia stata imponibile e non eseguita da un rivenditore.

(…)

3.   L’importo dell’operazione viene calcolato in base alla differenza tra il prezzo di vendita e il prezzo di acquisto del bene, dove il primo è maggiore rispetto al secondo (…). Nelle fattispecie di cui al paragrafo 2, primo periodo, punto 2, il prezzo di acquisto include l’imposta sulla cifra d’affari pagata a monte dal fornitore.

(…)

5.   (…) In deroga all’articolo 15, paragrafo 1, nelle fattispecie di cui al paragrafo 2, il rivenditore non può detrarre l’imposta sulla cifra d’affari all’importazione, l’imposta specificamente indicata nella fattura, né imposta dovuta ai sensi dell’articolo 13b, paragrafo 5, a titolo di imposta assolta a monte.

(…)

7.   Si applicano le seguenti disposizioni specifiche:

1)

Il regime del margine non si applica

a)

alle cessioni di un bene acquistato dal rivenditore all’interno della Comunità, qualora tali cessioni siano state soggette all’applicazione dell’esenzione prevista per le cessioni intracomunitarie nel restante territorio della Comunità,

(…)».

Contesto fattuale e svolgimento del procedimento

13.

Il sig. Harry Mensing è un soggetto passivo‑rivenditore ai sensi dell’articolo 311, paragrafo 1, punto 5, della direttiva 2006/112, nonché dell’articolo 25a, paragrafo 1, punto 1, dell’UStG. Esso svolge un’attività nel settore del commercio di oggetti d’arte in diverse città nel territorio della Germania. Nel corso dell’esercizio fiscale 2014 egli ha acquistato, tra le altre cose, oggetti d’arte da autori di altri Stati membri. Siffatte cessioni sono state esentate dall’IVA negli Stati membri di origine ed il sig. H. Mensing ha versato l’imposta a titolo di acquisto intracomunitario degli stessi. Egli non si è, tuttavia, avvalso del diritto alla detrazione di tale imposta.

14.

All’inizio del 2014, il sig. H. Mensing ha presentato al Finanzamt Hamm (amministrazione tributaria di Hamm, Germania) una dichiarazione in merito all’applicazione del regime del margine in relazione agli oggetti d’arte acquistati presso i loro autori. Tuttavia, l’amministrazione tributaria gli ha negato il diritto di applicare tale regime in relazione agli oggetti d’arte acquistati presso autori di altri Stati membri, invocando l’articolo 25a, paragrafo 7, punto 1, lettera a), dell’UStG, e, di conseguenza, ha disposto l’aumento dell’IVA dovuta sino all’importo di EUR 19763,31.

15.

In seguito al rigetto della sua opposizione, il sig. H. Mensing ha proposto ricorso avverso la decisione dell’amministrazione tributaria di Hamm dinanzi al Finanzgericht Münster (Tribunale tributario di Münster, Germania). Tale giudice, nutrendo dubbi sulla compatibilità al diritto dell’Unione dell’articolo 25a, paragrafo 7, punto 1, lettera a), dell’UStG, nonché sull’interazione tra gli articoli 314 e 316 della direttiva 2006/112, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva [2006/112] debba essere interpretato nel senso che i soggetti passivi‑rivenditori possono optare per l’applicazione del regime del margine anche con riguardo alle cessioni di oggetti d’arte che siano stati loro ceduti, a livello intracomunitario, dall’autore o dai suoi aventi causa non costituenti persone ai sensi dell’articolo 314 della direttiva IVA.

2)

In caso di risposta affermativa alla questione sub 1): se l’articolo 322, lettera b), della direttiva 2006/112 imponga, in capo al rivenditore, il diniego del diritto alla detrazione dell’imposta a monte sull’acquisto intracomunitario degli oggetti d’arte anche in assenza di una disposizione nazionale contenente analoga clausola».

16.

La domanda di pronuncia pregiudiziale è pervenuta alla cancelleria della Corte il 17 maggio 2017. Osservazioni scritte sono state presentate dal sig. H. Mensing, dal governo tedesco nonché dalla Commissione europea. Gli stessi interessati erano rappresentati all’udienza del 14 giugno 2018.

Analisi

Sulla prima questione pregiudiziale

17.

Con la prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede se il soggetto passivo‑rivenditore abbia il diritto di avvalersi del regime del margine sulla base dell’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/112 in relazione alle vendite degli oggetti d’arte acquistati presso autori, o loro aventi diritto, di altri Stati membri che non appartengono alle categorie di persone elencate nell’articolo 314 della medesima direttiva. Tale quesito nasconde, in realtà, due questioni giuridiche. La prima è rappresentata dal problema relativo all’interazione tra gli articoli 314 e 316 della direttiva 2006/112. La seconda riguarda il problema se il regime del margine possa essere applicato alla vendita di oggetti d’arte acquistati dal soggetto passivo-rivenditore presso i soggetti di altri Stati membri che sono soggetti passivi.

Interazione tra gli articoli 314 e 316 della direttiva 2006/112

18.

Il giudice del rinvio chiarisce, motivando la sua domanda di pronuncia pregiudiziale, che, a suo parere, l’articolo 314 della direttiva 2006/112 definisce in termini esaustivi l’ambito di applicazione del regime del margine. In altre parole, il giudice del rinvio ritiene che il regime del margine possa applicarsi esclusivamente ai beni acquistati dai soggetti che soddisfano le condizioni previste dall’articolo 314 della citata direttiva, o, contemporaneamente, dagli articoli 314 e 316. Una siffatta interpretazione dell’interazione tra gli articoli 314 e 316 della direttiva 2006/112 giustificherebbe l’esclusione dal regime del margine, prevista dall’articolo 25a, paragrafo 7, punto 1, lettera a), dell’UStG, dei beni che il soggetto passivo‑rivenditore ha acquistato presso un operatore stabilito in un altro Stato membro, qualora quest’ultimo abbia fruito dell’esenzione, con diritto a detrazione dell’IVA pagata a monte, prevista per le cessioni intracomunitarie di beni dall’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, in combinato disposto con il suo articolo 169, lettera b). I soggetti elencati all’articolo 314 della citata direttiva non beneficiano, infatti, della suddetta esenzione con diritto a detrazione.

19.

Non mi sembra, tuttavia, che una siffatta interpretazione dell’interazione tra gli articoli 314 e 316 della direttiva 2006/112 sia giustificata.

20.

Anzitutto, essa non risulta in alcun modo dalla formulazione delle disposizioni precedentemente citate. La frase introduttiva dell’articolo 314 della direttiva in parola prevede che il regime del margine «si applica» nei casi indicati in tale articolo. Ciò significa che il regime di cui trattasi viene applicato automaticamente qualora ricorrano le circostanze ivi descritte ( 3 ). Tuttavia, l’articolo 316, paragrafo 1, della medesima direttiva accorda al soggetto passivo-rivenditore il «diritto di optare per l’applicazione del regime del margine» nelle situazioni elencate in tale disposizione, che sono diverse da quelle rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 314. Nulla indica, nella formulazione delle citate disposizioni, che il diritto di applicare il regime del margine ai sensi dell’articolo 316, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 sia subordinato al rispetto dei presupposti definiti dall’articolo 314 della medesima direttiva. Al contrario, dal loro tenore letterale risulta, a mio avviso, che il diritto previsto dall’articolo 316, paragrafo 1, della citata direttiva è stato considerato dal legislatore come supplementare rispetto all’ambito di applicazione principale del regime del margine definito dall’articolo 314. L’articolo 316 estende quindi il potenziale ambito di applicazione di tale regime, lasciando al soggetto passivo decidere al riguardo.

21.

La motivazione della suesposta soluzione è stata fornita dalla Commissione nelle sue osservazioni nella presente causa. Essa precisa che l’obiettivo principale dell’istituzione del regime del margine era quello di evitare la doppia imposizione dei beni il cui prezzo d’acquisto pagato dal soggetto passivo-rivenditore includeva già l’IVA assolta dal venditore negli stadi commerciali precedenti senza diritto a detrazione.

22.

I soggetti menzionati all’articolo 314, non avendo il diritto alla detrazione dell’imposta pagata a monte, sopportano il suo peso economico, e quindi, naturalmente, includono il suo valore nel prezzo del bene al momento della sua vendita. Qualora tale bene, in occasione della sua vendita da parte del soggetto passivo‑rivenditore, fosse tassato in base al regime normale, ciò significherebbe che la base imponibile sarebbe costituita dal prezzo globale di vendita, vale a dire, nella base imponibile sarebbe incluso anche il valore dell’imposta pagata nelle fasi commerciali precedenti, il che comporterebbe una doppia imposizione («imposta sull’imposta»). L’applicazione del regime del margine, nell’ambito del quale la base imponibile è costituita esclusivamente dal margine, ossia dal valore aggiunto prodotto nella fase delle operazioni concluse dal soggetto passivo‑rivenditore, permette di evitare tale doppia imposizione.

23.

Tuttavia, non sempre è possibile o opportuno stabilire con precisione in relazione a quali beni venduti dal soggetto passivo‑rivenditore sia stata detratta l’IVA nelle fasi commerciali precedenti, e in relazione a quali ciò non sia avvenuto. Peraltro, l’imposta potrebbe essere detratta solo parzialmente, o i beni potrebbero non essere soggetti affatto all’imposta, il che rende ancor più complessa la situazione. Per tale motivo, il legislatore ha previsto l’applicazione automatica del regime del margine nei casi in cui l’IVA non può essere detratta nelle fasi commerciali precedenti, o perché il venditore non sia soggetto passivo, o perché le vendite abbiano beneficiato dell’esenzione senza diritto a detrazione dell’IVA a monte. Questa risulta essere l’attuale disciplina dell’articolo 314 della direttiva 2006/112. Per contro, in alcuni altri casi, il legislatore ha lasciato ai soggetti passivi, come si può presumere per ragioni di razionalizzazione amministrativa, la possibilità di optare per l’applicazione del regime del margine (attualmente si tratta dell’articolo 316 della direttiva 2006/112). L’articolo 316 della direttiva 2006/112 ha quindi carattere autonomo ed accessorio rispetto all’articolo 314 della medesima direttiva.

24.

L’interpretazione dell’articolo 316 della direttiva in parola, secondo la quale l’applicazione di quest’ultimo dipenderebbe dal rispetto dei presupposti previsti dall’articolo 314 della medesima direttiva, sarebbe altresì incompatibile con l’impianto sistematico e con la ratio delle norme relative al regime del margine.

25.

Si potrebbe, infatti, ipotizzare di limitare dei soggetti di cui all’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/112 a quelli allo stesso tempo contemplati dall’articolo 314. Si tratterebbe, quindi, principalmente degli autori e dei loro aventi diritto che non sono soggetti passivi [articolo 314, lettera a)] nonché, sebbene eccezionalmente, degli autori e dei loro aventi diritto che sono soggetti passivi, i quali però effettuano le cessioni nelle circostanze determinate dall’articolo 314, lettere b) e c) ( 4 ).

26.

La coesistenza dei requisiti di cui agli articoli 314 e 316 non è tuttavia possibile in relazione all’articolo 316, paragrafo 1, lettere a) e c).

27.

L’articolo 316, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/112 si riferisce ai beni importati direttamente dai soggetti passivi‑rivenditori. A sua volta, la frase introduttiva dell’articolo 314 parla di beni che a tale soggetto passivo «siano stati ceduti nella Comunità». L’articolo 314 esclude quindi a priori la sua applicazione ai beni importati. Ciò è spiegato con il fatto che, nel caso di beni provenienti dal di fuori dell’ambito di applicazione territoriale del sistema comune dell’IVA, non si può parlare di imposte pagate negli stadi commerciali precedenti ed incluse nel prezzo di tali beni. Dal punto di vista del sistema dell’IVA, il prezzo di un bene importato è sempre un prezzo «al netto dell’imposta».

28.

A sua volta, l’articolo 316, paragrafo 1, lettera c), riguarda gli oggetti d’arte che sono stati ceduti ai soggetti passivi‑rivenditori «qualora la cessione da parte di tale altro soggetto passivo sia stata assoggettata all’aliquota ridotta» dell’IVA ( 5 ). Dal momento che in tal caso si tratta dell’applicazione di un’aliquota ridotta non ai beni, ma alle cessioni, ciò esclude, a mio avviso, l’applicazione della citata disposizione alle cessioni che non sono affatto imponibili [articolo 314, lettera a)] o che sono state esentate [articolo 314, lettere b) e c)].

29.

Da quanto sopra esposto, non risulta possibile l’applicazione combinata degli articoli 314 e 316, paragrafo 1, lettere a) e c), della direttiva 2006/112. Di conseguenza, non mi sembra logica l’interpretazione secondo la quale l’articolo 314 della direttiva in parola sarebbe applicabile congiuntamente soltanto all’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della stessa direttiva.

30.

Non vi è neppure una giustificazione teleologica a che l’applicazione dell’articolo 316, paragrafo 1, della citata direttiva, sia subordinato al rispetto delle condizioni previste al suo articolo 314. Il rispetto delle condizioni previste dall’articolo 314 della citata direttiva implica l’applicazione automatica del regime del margine. Quale senso avrebbe quindi il diritto dei soggetti passivi‑rivenditori di applicare tale regime a talune fattispecie che, in ogni caso, rientrerebbero nell’ambito di applicazione dell’articolo 314? Eventualmente, esso potrebbe essere considerato come un diritto di tipo «opt-out», tuttavia, la possibilità di un «opt-out» in relazione al regime del margine è stata già prevista dall’articolo 319 della direttiva 2006/112, mentre il suo articolo 316 è stato chiaramente inteso come un diritto di tipo «opt-in».

31.

Infine, subordinare l’applicazione dell’articolo 316 della direttiva 2006/112 al rispetto delle condizioni di cui all’articolo 314 svuoterebbe di ogni contenuto l’articolo 322 della medesima direttiva. Tale ultima disposizione priva il soggetto passivo‑rivenditore del diritto alla detrazione dell’imposta pagata a monte sui beni che esso vende nell’ambito del regime del margine, in tre casi che corrispondono a quelli previsti dall’articolo 316, paragrafo 1. In particolare, l’articolo 322, lettera a), riguarda l’importazione [articolo 316, paragrafo 1, lettera a)], l’articolo 322, lettera b), riguarda l’acquisto degli oggetti d’arte dall’autore o dai suoi aventi diritto [articolo 316, paragrafo 1, lettera b)], e l’articolo 322, lettera c), riguarda l’acquisto degli oggetti d’arte da altri soggetti passivi con l’applicazione di un’aliquota ridotta [articolo 316, paragrafo 1, lettera c)].

32.

Per contro, l’articolo 314 della direttiva 2006/112 esclude l’esistenza stessa dell’imposta a monte, in quanto esso riguarda le cessioni che non sono in alcun modo soggette all’IVA o che sono state esentate da tale imposta ( 6 ). Qualora, quindi, l’applicazione dell’articolo 316, paragrafo 1, della direttiva fosse condizionata al rispetto dei presupposti previsti all’articolo 314 della medesima direttiva, il suo articolo 322 risulterebbe superfluo. Anche se al rispetto delle suddette condizioni si subordinasse artificialmente soltanto l’applicazione dell’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), tale interpretazione finirebbe comunque per svuotare di contenuto almeno l’articolo 322, lettera b).

33.

Per le ragioni sopra esposte, ritengo che l’articolo 316, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 debba essere interpretato nel senso che la sua applicazione non dipende dal rispetto dei presupposti determinati all’articolo 314 della suddetta direttiva.

Applicabilità del regime del margine sulla base dell’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/112 ai beni acquistati dal soggetto passivo‑rivenditore presso soggetti di altri Stati membri

34.

Il governo tedesco nelle sue osservazioni nella presente causa espone il punto di vista secondo cui l’esclusione dell’applicazione del regime del margine agli oggetti d’arte acquistati dal soggetto passivo‑rivenditore presso i soggetti di altri Stati membri che hanno beneficiato dell’esenzione a titolo di cessione intracomunitaria, di cui all’articolo 25a, paragrafo 7, punto 1, dell’UStG, sia giustificata. A sostegno della sua tesi esso deduce tre argomenti.

– Argomento relativo all’obiettivo del regime del margine

35.

Il governo tedesco ritiene che, nel caso di oggetti d’arte che sono stati ceduti al soggetto passivo-rivenditore da soggetti di altri Stati membri, con l’esenzione a titolo di cessione intracomunitaria, l’assoggettamento al regime normale dell’IVA delle operazioni di rivendita di tali oggetti effettuate dal soggetto passivo‑rivenditore, non comporterebbe una doppia imposizione, in quanto nel prezzo di acquisto delle suddette opere pagato dal soggetto passivo-rivenditore non sarebbe inclusa alcuna imposta, mentre l’imposta sulla cessione intracomunitaria sarebbe detraibile. L’applicazione, in questi casi, del regime del margine non realizzerebbe, quindi, l’obiettivo da esso perseguito, il quale, conformemente al considerando 51 della direttiva 2006/112, è quello di evitare la doppia imposizione e le distorsioni di concorrenza tra soggetti passivi.

36.

Tuttavia, non condivido una siffatta argomentazione, e ciò per motivi in parte simili a quelli da me già richiamati nella parte relativa ai dubbi del giudice del rinvio in merito all’interazione tra gli articoli 314 e 316 della direttiva 2006/112 (v. paragrafi da 20 a 32 delle presenti conclusioni).

37.

Effettivamente, nei casi previsti dall’articolo 316, paragrafo 1, della direttiva in parola, l’applicazione del regime normale dell’IVA, vale a dire della tassazione dell’importo globale dell’operazione, con il diritto alla detrazione dell’imposta a monte, non comporterebbe una doppia imposizione. Tuttavia, ciò vale non solo per i beni acquistati presso soggetti di altri Stati membri, ma per tutte le fattispecie rientranti nell’articolo 316, paragrafo 1, della direttiva 2006/112.

38.

Una cessione intracomunitaria rappresenta, dal punto di vista dell’IVA, una normale cessione di beni soggetta ad imposta. L’unica differenza consiste nel fatto che per effetto dell’esenzione prevista dall’articolo 138, paragrafo 1, della citata direttiva, con la simultanea tassazione degli acquisti intracomunitari di beni ai sensi del suo articolo 2, paragrafo 1, lettera b), il potere impositivo viene trasferito dallo Stato di origine del bene allo Stato di destinazione del medesimo. L’esenzione delle cessioni intracomunitarie non costituisce quindi, in realtà, un’esenzione come quelle previste dall’articolo 136 della direttiva in parola, ma uno spostamento della tassazione in un altro Stato membro. Questo tipo di esenzione viene talvolta definito come tassazione ad aliquota zero.

39.

Dal punto di vista dei soggetti passivi, tale esenzione ha poca rilevanza. Il venditore cede il bene al prezzo «al netto dell’imposta» e non è obbligato a versare l’imposta all’amministrazione tributaria, ma conserva il diritto di detrarre l’importo dell’imposta a monte sui beni e sui servizi utilizzati ai fini della cessione intracomunitaria [articolo 169, lettera b), della direttiva 2006/112]. L’acquirente, a sua volta, non paga l’imposta al venditore nel prezzo dei beni acquistati, come avviene nel caso della cessione nel territorio dello stesso Stato membro, ma versa l’imposta all’amministrazione tributaria. Tuttavia, al contempo, esso acquisisce il diritto di detrarre tale imposta, quale imposta a monte, purché, ovviamente, i beni acquistati vengano utilizzati ai fini della sua attività imponibile.

40.

Un meccanismo simile di tassazione opera in relazione all’importazione dei beni. L’importatore paga il prezzo dei beni che non comprende alcuna IVA (ai sensi della direttiva 2006/112), in quanto siffatti beni hanno una provenienza esterna all’ambito di applicazione territoriale del sistema comune dell’IVA. Inoltre, l’importatore versa l’IVA all’importazione all’autorità tributaria, acquisendo, al contempo, il diritto alla sua detrazione quale imposta a monte.

41.

Di conseguenza, il problema della doppia imposizione non si pone, e ciò indipendentemente dal fatto che l’oggetto d’arte in questione sia stato importato, acquistato nel territorio dello stesso Stato membro, o acquistato presso un soggetto di un altro Stato membro (vale a dire, mediante acquisto intracomunitario). Pertanto, se si assumesse che la doppia imposizione in caso di applicazione del regime normale dell’IVA costituisca il presupposto per applicare il regime del margine, si finirebbe per svuotare di contenuto l’intero articolo 316 della direttiva 2006/112, e, allo stesso modo, anche il suo articolo 322, il cui senso consiste nella previsione di un’imposta a monte che può essere eventualmente detratta, ipotesi quest’ultima che non si verifica nel caso di beni la cui cessione viene esentata (nel senso stretto del termine) o non è soggetta ad imposta ( 7 ).

42.

Lo scopo dell’articolo 316 della direttiva 2006/112 non è quello di evitare la doppia imposizione, ma, come spiega la Commissione nelle sue osservazioni, quello di evitare gli eccessivi oneri amministrativi a carico di soggetti passivi‑rivenditori, i quali deriverebbero dalla necessità di esaminare e dimostrare, volta per volta, se nel prezzo di un determinato oggetto d’arte sia inclusa l’IVA pagata monte e quale sia il suo importo. Tra questi oneri amministrativi è compreso anche l’obbligo del soggetto passivo‑rivenditore di tenere una doppia contabilità, nel caso in cui esso venda sia beni tassati secondo il regime del margine, sia beni tassati secondo il regime normale dell’IVA. Il suddetto obbligo deriva direttamente dall’articolo 324 della direttiva 2006/112.

43.

Per tale ragione, non mi convince l’argomento del governo tedesco, secondo cui le condizioni per l’applicazione del regime del margine, quale deroga al regime generale dell’IVA, dovrebbero essere interpretate restrittivamente. Il principio di interpretazione restrittiva delle eccezioni non può implicare che esse vengano private completamente del loro senso e in tal modo svuotate di contenuto.

44.

Il ricorrente nel procedimento principale sostiene che lo scopo dell’articolo 316 della direttiva 2006/112 è principalmente quello di preservare il trattamento fiscale privilegiato di determinati beni, previsto dall’articolo 103 della medesima direttiva. Tale disposizione consente di applicare un’aliquota ridotta agli oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato in caso della loro importazione, e, in relazione agli oggetti d’arte, anche nell’ipotesi della loro cessione da parte dell’autore o dei suoi aventi diritto. Conformemente all’articolo 94, paragrafo 1, della citata direttiva, tale aliquota ridotta si applica parimenti all’acquisto intracomunitario degli oggetti d’arte ceduti dall’autore o dai suoi aventi diritto.

45.

Non escludo che l’introduzione dell’articolo 316 della direttiva 2006/112 si sia basata anche su tale obiettivo, occorre tuttavia richiamare l’attenzione sul fatto che, mentre l’applicazione dell’articolo 103 della direttiva è facoltativa per gli Stati membri, l’applicazione dell’articolo 316 risulta per loro obbligatoria. In ogni caso, lo scopo dell’articolo 316 della direttiva 2006/112, diversamente dal suo articolo 314, non è quello di evitare la doppia imposizione.

46.

Inoltre, vale la pena rilevare che, mentre l’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/112 non previene il rischio della doppia imposizione, in quanto tale rischio non sussiste, l’applicazione della citata disposizione nel caso di cessioni nel territorio dello Stato, con il contestuale diniego della sua applicazione in relazione agli acquisti intracomunitari, potrebbe portare a distorsioni della concorrenza tra i soggetti passivi. Infatti, alcuni dei soggetti passivi‑rivenditori verrebbero privati della possibilità di fruire del regime del margine, benché sotto altri aspetti si troverebbero in una situazione analoga a quella dei soggetti passivi‑rivenditori che acquistano gli oggetti d’arte nel territorio dello stesso Stato membro.

47.

Per le ragioni sopra esposte, ritengo che l’argomento basato sull’assenza del rischio di una doppia imposizione non giustifichi il diniego dell’applicazione dell’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della citata direttiva relativamente agli oggetti d’arte acquistati dal soggetto passivo‑rivenditore presso soggetti di altri Stati membri.

– Argomento relativo all’impossibilità di aggiungere al prezzo d’acquisto l’importo dell’IVA pagata sull’acquisto intracomunitario

48.

Il governo tedesco rileva inoltre che, contrariamente alle disposizioni concernenti i beni importati da soggetti passivi‑rivenditori, tra le quali l’articolo 317, secondo comma, impone che il prezzo di acquisto venga maggiorato dell’IVA all’importazione, la direttiva 2006/112 non contiene alcuna disposizione analoga in relazione all’IVA sugli acquisti intracomunitari. Secondo il governo tedesco, ciò dimostrerebbe che il legislatore dell’Unione, nel formulare l’articolo 316 della citata direttiva, non intendeva far rientrare nel suo ambito di applicazione gli oggetti d’arte acquistati da soggetti passivi-rivenditori presso soggetti di altri Stati membri.

49.

In effetti, l’assenza di un equivalente dell’articolo 317, secondo comma, della direttiva 2006/112 concernente l’acquisto intracomunitario, costituisce un problema. Infatti, agli oggetti d’arte acquistati dal soggetto passivo‑rivenditore presso i soggetti di altri Stati membri si devono applicare le regole generali risultanti dall’articolo 315 di tale direttiva, in combinato disposto con il suo articolo 317, primo comma. Orbene, conformemente alle citate disposizioni, il margine che costituisce la base imponibile nel regime del margine è rappresentato dalla differenza tra il prezzo di vendita del bene chiesto dal soggetto passivo-rivenditore e il prezzo di acquisto del bene che quest’ultimo ha pagato al fornitore. Dal canto suo, l’articolo 312, punto 2, della direttiva in parola, definisce il prezzo di acquisto come tutto ciò che costituisce il corrispettivo che il fornitore ha ottenuto dal soggetto passivo-rivenditore.

50.

Le suddette disposizioni si applicano quindi agli oggetti d’arte acquistati dal soggetto passivo-rivenditore sia nel territorio dello stesso Stato membro, sia mediante acquisto intracomunitario. Tuttavia, in tali due ipotesi, l’applicazione delle citate disposizioni ha effetti diversi.

51.

Infatti, nel caso di acquisto nel territorio di un unico Stato membro, tra i componenti del corrispettivo che il fornitore riceve dal soggetto passivo-rivenditore è inclusa anche l’IVA pagata a monte dal fornitore, qualora la cessione in questione non sia esente, vale a dire, nelle fattispecie contemplate all’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/112. Il prezzo di vendita dei beni da parte del soggetto passivo-rivenditore è quindi pari al prezzo d’acquisto (IVA inclusa) aumentato del margine. Pertanto, il margine non copre il costo dell’IVA pagata dal soggetto passivo-rivenditore, anche se detta imposta incide sul prezzo complessivo del bene da esso venduto.

52.

La situazione è diversa nel caso di acquisti intracomunitari, in quanto il soggetto passivo-rivenditore paga al fornitore il prezzo al netto dell’IVA, in quanto la cessione intracomunitaria è esente ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112. Il soggetto passivo‑rivenditore è tuttavia tenuto a pagare l’imposta sull’acquisto intracomunitario ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), punto (i), di tale direttiva, ma, a norma dell’articolo 322, lettera b), della medesima direttiva, non beneficia del diritto di detrarla. Il soggetto passivo‑rivenditore deve quindi includere il costo della suddetta imposta nel prezzo del bene al momento della sua vendita. Il costo dell’imposta non costituisce, tuttavia, un elemento del prezzo d’acquisto, ai sensi dell’articolo 312, punto 2, della direttiva in parola. Di conseguenza, esso fa aumentare il margine del soggetto passivo‑rivenditore calcolato conformemente all’articolo 315, secondo comma, di tale direttiva.

53.

Il costo dell’IVA pagata dal soggetto passivo-rivenditore sull’acquisto intracomunitario è quindi incluso nella base imponibile della sua operazione di vendita. Ciò comporta una doppia imposizione («imposta sull’imposta»), che avrebbe dovuto essere evitata proprio grazie al regime del margine, come indicato al considerando 51 della direttiva 2006/112. Nel caso di beni importati da soggetti passivi‑rivenditori, tale doppia imposizione è impedita dall’articolo 317, secondo comma, della direttiva in parola, il quale, ai fini del calcolo del margine, impone di sottrarre la base imponibile dell’importazione (e quindi il suo prezzo d’acquisto) comprensiva dell’IVA all’importazione dal prezzo di vendita del bene. L’assenza di una soluzione analoga in relazione agli acquisti intracomunitari costituisce una lacuna normativa, la quale non consente di raggiungere appieno gli obiettivi del regime del margine in riferimento agli oggetti d’arte acquistati da soggetti passivi‑rivenditori presso i soggetti di altri Stati membri.

54.

A mio avviso, tale lacuna non può essere rimossa per via interpretativa, in quanto la definizione del prezzo di acquisto di cui all’articolo 312, punto 2, della direttiva 2006/112, riguarda molto chiaramente l’importo che «il fornitore» ha ottenuto dal soggetto passivo-rivenditore. Di conseguenza, risulta difficile qualificare l’imposta versata dal soggetto passivo‑rivenditore all’amministrazione tributaria come componente del prezzo d’acquisto. A sua volta, l’articolo 322, lettera b), della stessa direttiva, esclude il diritto del soggetto passivo‑rivenditore di detrarre l’IVA da esso pagata «per gli oggetti d’arte» acquistati presso l’autore o i suoi aventi diritto, previsione questa che, invece, comprende sicuramente l’imposta pagata sull’acquisto intracomunitario dei suddetti oggetti d’arte. La summenzionata lacuna dovrebbe, quindi, essere colmata dal legislatore.

55.

Non ritengo, tuttavia, che dall’esistenza di siffatta lacuna si possa desumere, come sostiene il governo tedesco, che il legislatore abbia deliberatemene escluso la possibilità di applicare il regime del margine agli oggetti d’arte acquistati dal soggetto passivo-rivenditore presso soggetti di altri Stati membri con l’esenzione a titolo di cessione di intracomunitaria.

56.

Tale conclusione di certo non emerge dalla formulazione né dell’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/112, né del suo articolo 322, lettera b). Ricordo che la prima delle citate disposizioni si riferisce agli oggetti d’arte «che sono stati (…) ceduti [al soggetto passivo‑rivenditore] dall’autore o dai suoi aventi diritto». Si tratta quindi di una cessione di oggetti d’arte non soggetta ad alcuna ulteriore condizione. Orbene, quando la direttiva 2006/112 utilizza la nozione di cessione, essa comprende sia la cessione nel territorio di un unico Stato membro, sia la cessione intracomunitaria. Ciò trova immediata conferma nel semplice confronto tra la definizione di cessione di beni contenuta nell’articolo 14, paragrafo 1, della citata direttiva ( 8 ) e la definizione di acquisto intracomunitario di beni prevista dall’articolo 20, primo comma ( 9 ). Nei casi in cui si tratta di una sola delle suddette tipologie di cessioni, il legislatore lo indica chiaramente, come ad esempio all’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), conformemente al quale sono soggette ad imposta «le cessioni di beni effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro», o all’articolo 138, paragrafo 1, ai sensi del quale sono esentate le «cessioni di beni spediti o trasportati, fuori del loro rispettivo territorio ma nella Comunità». L’interpretazione letterale dell’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/112 non consente di escludere dal suo ambito di applicazione gli oggetti d’arte acquistati dal soggetto passivo‑rivenditore presso soggetti di altri Stati membri.

57.

Allo stesso modo, l’articolo 322, lettera b), della direttiva 2006/112, che integra l’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della stessa direttiva, è formulato in modo sufficientemente ampio da comprende nel proprio ambito di applicazione il divieto di detrazione dell’imposta pagata sia a titolo di acquisto nel territorio di un unico Stato membro, sia a titolo di acquisto intracomunitario (v. anche paragrafo 54 supra).

58.

Altrettanto difficile sarebbe trovare una giustificazione teleologica all’esclusione della possibilità di applicare il regime del margine agli oggetti d’arte acquistati da soggetti passivi‑rivenditori presso soggetti di altri Stati membri. Dal momento che una siffatta possibilità sussiste sia in riferimento agli oggetti d’arte acquistati nel territorio di un unico Stato membro [e ciò in ben due fattispecie: articolo 316, paragrafo 1, lettere b) e c)], sia in riferimento agli oggetti d’arte importati [articolo 316, paragrafo 1, lettera a)], non si vede perché il legislatore dovrebbe aver voluto discriminare proprio gli scambi intracomunitari, dal momento che la facilitazione della libera circolazione delle merci e dei servizi costituisce uno degli obiettivi fondamentali dell’introduzione del sistema comune dell’IVA ( 10 ).

59.

La lacuna normativa in questione costituisce quindi, a mio avviso, una dimenticanza del legislatore piuttosto che un intervento mirato. A tal proposito, sorge però la questione, se una siffatta dimenticanza giustifichi il diniego di applicazione del regime del margine agli oggetti d’arte acquistati da soggetti passivi‑rivenditori presso soggetti di altri Stati membri. Ritengo di no.

60.

In effetti, la sussistenza della summenzionata lacuna normativa pone il soggetto passivo-rivenditore, che acquista oggetti d’arte presso soggetti di altri Stati membri, in una posizione di svantaggio rispetto ai soggetti passivi‑rivenditori che acquistano oggetti d’arte nel territorio dello stesso Stato membro o al di fuori del territorio dell’Unione. La lacuna in questione comporta una doppia imposizione, di cui ho parlato sopra, ed aumenta l’importo complessivo dell’imposizione, innalzando artificialmente la sua base, ossia il margine.

61.

Tuttavia, occorre ricordare che l’applicazione del regime del margine nei casi previsti dall’articolo 316 della direttiva 2006/112 è facoltativa per il soggetto passivo (ma non per lo Stato membro che è tenuto a consentire a detta possibilità). Di conseguenza, qualora il soggetto passivo decida di evitare la doppia imposizione del proprio margine di guadagno nella misura in cui esso copre il costo dell’IVA pagata sull’acquisto intracomunitario, egli può optare per il regime normale di imposizione, con il diritto alla detrazione integrale dell’imposta assolta.

62.

Tuttavia, come ho già accennato in precedenza, lo scopo principale dell’applicazione del regime del margine nelle fattispecie indicate all’articolo 316 della direttiva 2006/112, non è tanto quello di evitare la doppia imposizione, dato che la realizzazione di tale obiettivo risulta già garantita dall’imposizione in base al regime normale, quanto evitare gli eccessivi oneri amministrativi dovuti all’assoggettamento a regimi di imposizione diversi dei singoli beni venduti dal soggetto passivo‑rivenditore. Pertanto, qualora per tale motivo il soggetto passivo scelga la tassazione secondo il regime del margine, esso, conformemente all’antica regola volenti non fit iniuria, non può ritenersi leso e non ha bisogno di essere «tutelato» attraverso il diniego del diritto ad esso spettante di applicare il regime in questione.

63.

È vero che ai sensi dell’articolo 342 della direttiva 2006/112 gli Stati membri possono adottare misure al fine di evitare che i soggetti passivi-rivenditori subiscano danni ingiustificati derivanti dall’applicazione, tra le altre cose, dal regime del margine. Tuttavia, tali misure possono riguardare il diritto alla detrazione dell’imposta a monte e non il diritto all’applicazione dello stesso regime del margine.

– Argomento basato sulla formulazione dell’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/112

64.

Nel corso dell’udienza, il governo tedesco ha sviluppato ancora un altro argomento, il quale, a suo avviso, depone a favore dell’esclusione dell’applicabilità del regime del margine agli oggetti d’arte acquistati dal soggetto passivo-rivenditore presso i soggetti di altri Stati membri. Esso sostiene, infatti, che in considerazione dello spostamento della competenza fiscale nel caso di cessioni intracomunitarie di beni dallo Stato membro di origine del bene allo Stato membro di origine del medesimo, il fatto generatore dell’imposta non è costituito dalla cessione intracomunitaria di beni, ma dall’acquisto intracomunitario degli stessi. Orbene, l’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/112 non menziona un tale fatto generatore dell’imposta, il che, secondo il governo tedesco, implicherebbe che la citata disposizione non si applichi agli oggetti d’arte acquistati presso soggetti di altri Stati membri.

65.

Tuttavia, occorre rilevare che gli articoli 314 e 316 della direttiva 2006/112 non disciplinano la tassazione dei beni nella fase del loro acquisto da parte del soggetto passivo-rivenditore, ma nella fase della loro rivendita da parte di tale soggetto passivo. Le fattispecie elencate negli articoli 314, lettere da a) a d) e 316, paragrafo 1, lettere da a) a c), della citata direttiva, indicano soltanto le modalità con le quali il soggetto passivo‑rivenditore può entrare in possesso dei beni, i quali successivamente potranno essere da esso tassate secondo il regime del margine al momento della loro vendita. L’acquisto dei suddetti beni da parte del soggetto passivo-rivenditore può, ma non deve necessariamente, avvenire per effetto di un fatto generatore dell’imposta. L’articolo 314, lettere da a) a c), della direttiva in parola si riferisce alle fattispecie nell’ambito delle quali non sorge alcun debito d’imposta (relativo all’IVA), in quanto siffatte operazioni sono, o non imponibili o esenti. Allo stesso modo, le modalità di acquisto dei beni da parte del soggetto passivo‑rivenditore indicate all’articolo 316, paragrafo 1, lettere da a) a c), possono, ma non devono necessariamente, comportare il sorgere di un debito d’imposta.

66.

Inoltre, se è vero che una cessione intracomunitaria di beni non costituisce, effettivamente, un fatto generatore dell’imposta, in quanto beneficia dell’esenzione, cionondimeno essa, inevitabilmente, fa sorgere tale debito al momento dell’acquisto intracomunitario dello stesso bene. Non può, infatti, sussistere alcuna cessione intracomunitaria senza un acquisto intracomunitario. Orbene, l’esenzione della cessione intracomunitaria non è accordata, qualora l’acquisto intracomunitario sia esente (v. articolo 139, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2006/112). L’argomento del governo tedesco sembra quindi fondarsi su un’interpretazione eccessivamente formalistica dell’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva in parola.

Risposta alla prima questione pregiudiziale

67.

Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di risolvere la prima questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 316, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che il soggetto passivo-rivenditore ha il diritto di avvalersi del regime del margine ai sensi di tale disposizione in relazione alla vendita di oggetti d’arte che ha acquistato dall’autore o dai suoi aventi diritto di altri Stati membri, non appartenenti alle categorie di persone elencate all’articolo 314 della medesima direttiva, anche in una situazione in cui siffatti soggetti abbiano beneficiato dell’esenzione per le cessioni intracomunitarie ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, di tale direttiva.

Sulla seconda questione pregiudiziale

68.

Qualora la Corte accolga il mio suggerimento riguardo alla risposta da fornire alla prima questione pregiudiziale, sarà necessario esaminare la seconda questione. Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 322, lettera b), della direttiva 2006/112 debba essere interpretato nel senso che esso esclude il diritto del soggetto passivo-rivenditore alla detrazione dell’imposta da esso pagata sull’acquisto intracomunitario degli oggetti d’arte, per la cessione dei quali tale soggetto applica il regime del margine ai sensi dell’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della citata direttiva, anche in una situazione in cui la normativa interna dello Stato membro non preveda tale esclusione del diritto alla detrazione.

69.

La suesposta questione riguarda il fatto che la legge tedesca, nell’escludere, all’articolo 25a, paragrafo 7, punto 1, lettera a), dell’UStG, l’applicazione del regime del margine in relazione ai beni che vengono acquistati dai soggetti passivi‑rivenditori presso i soggetti di altri Stati membri e che fruiscono dell’esenzione previsa per le cessioni intracomunitarie, non contiene alcuna disposizione che escluderebbe il diritto del soggetto passivo‑rivenditore alla detrazione dell’imposta pagata sull’acquisto intracomunitario in caso di applicazione a tali beni del regime del margine.

70.

Pertanto, qualora il giudice del rinvio, sulla base della risposta alla prima questione, dovesse dichiarare l’incompatibilità dell’articolo 25a, paragrafo 7, punto 1, lettera a), dell’UStG con la direttiva 2006/112, esso sarà tenuto a disapplicarlo e ad accordare al ricorrente nel procedimento principale il diritto di applicare il regime del margine. In tal caso, bisognerebbe, tuttavia, risolvere un’altra questione, se il ricorrente avrà, al contempo, il diritto di detrarre l’imposta pagata sull’acquisto intracomunitario dei beni oggetto della controversia. Secondo una giurisprudenza costante della Corte, una direttiva non può di per sé creare obblighi a carico di un singolo e non può quindi essere fatta valere in quanto tale dallo Stato membro nei suoi confronti ( 11 ), e nel diritto tedesco manca il recepimento dell’articolo 322, lettera b), della direttiva 2006/112 in riferimento alla detrazione dell’imposta sugli acquisti intracomunitari. Condivido il punto di vista di tutti gli interessati che hanno presentato osservazioni nella presente causa, compreso il ricorrente nel procedimento principale, secondo il quale la risposta a tale questione dovrebbe essere negativa.

71.

Il diritto a detrazione dell’imposta pagata a monte non è un diritto proprio dei soggetti passivi. Esso costituisce un elemento del sistema dell’IVA, il quale si basa su un meccanismo che prevede l’assoggettamento all’imposta di tutte le operazioni, con la simultanea detrazione dell’imposta pagata in uno stadio precedente di fatturazione. In questo modo, l’onere fiscale complessivo viene aumentato ogni volta soltanto del valore che corrisponde al valore aggiunto di un bene o di un servizio in un determinato stadio di processo di vendita, e tale onere fiscale totale viene trasferito alla fase finale di commercializzazione, ossia alla fase di vendita al consumatore. Il diritto alla detrazione serve soltanto per garantire il corretto funzionamento di un siffatto meccanismo e, come la Corte ha più volte avuto modo di dichiarare, esso presuppone che le spese effettuate per acquisire i beni ed i servizi che danno diritto a detrazione rientrino negli elementi costitutivi del prezzo delle operazioni soggette ad imposta a valle ( 12 ). Il soggetto passivo, al quale il diritto interno di uno Stato membro accorda un’esenzione per le sue operazioni, non può quindi detrarre l’imposta a monte, nemmeno nel caso in cui siffatta esenzione risulti essere incompatibile con la direttiva 2006/112 ( 13 ).

72.

Un’analoga soluzione dovrebbe essere adottata in una situazione come quella nella presente causa. Qualora la base imponibile sia costituita non dal prezzo complessivo del bene, ma soltanto dal margine realizzato dal venditore, cioè dalla differenza tra il prezzo di vendita e il prezzo d’acquisto, come avviene nel caso del regime del margine, l’IVA pagata nel prezzo d’acquisto (imposta a monte) non è inclusa nell’imposta gravante sulla vendita (imposta a valle). Non vi sono quindi presupposti per la detrazione di una siffatta imposta a monte. Una soluzione diversa comporterebbe, de facto, un’esenzione, contraria alla direttiva 2006/112, delle cessioni di beni effettuate nei confronti dei soggetti passivi‑rivenditori, in quanto tali soggetti acquisirebbero, in realtà, in questo modo il diritto al rimborso dell’intero importo dell’imposta pagata, senza dover versare l’importo equivalente a titolo dell’imposta a valle.

73.

Di conseguenza, nel caso in cui il diritto nazionale, in contrasto con le disposizioni della direttiva 2006/112, neghi ad un soggetto passivo il diritto di avvalersi di un regime fiscale speciale, tale soggetto può far valere direttamente le disposizioni della direttiva al fine di beneficiare di un siffatto regime, ma perde il diritto alla detrazione dell’imposta pagata a monte che gli spetta in forza della normativa nazionale, qualora l’applicazione di un siffatto regime implichi la perdita di tale diritto.

74.

Tale conclusione non è pregiudicata dalla circostanza, esaminata nei paragrafi da 46 a 60 delle presenti conclusioni, che, nel caso di oggetti d’arte acquistati dal soggetto passivo-rivenditore presso i soggetti di altri Stati membri, a causa della lacuna nelle disposizioni della direttiva 2006/112, si verifica la doppia imposizione di quella parte del margine che copre il costo dell’imposta sull’acquisto intracomunitario. Tale lacuna deve essere colmata, modificando il metodo di calcolo del prezzo d’acquisto e non accordando al soggetto passivo, contrariamente alla logica del sistema comune dell’IVA, il diritto alla detrazione.

75.

Pertanto, propongo di rispondere alla seconda questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 322, lettera b), della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che esso esclude il diritto del soggetto passivo-rivenditore a detrarre l’imposta da esso pagata sull’acquisto intracomunitario degli oggetti d’arte, per la cessione dei quali tale soggetto applica il regime del margine ai sensi dell’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della citata direttiva, anche in una situazione in cui la normativa interna dello Stato membro non escluda un siffatto diritto a detrazione.

Conclusione

76.

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, propongo di risolvere le questioni pregiudiziali sottoposte dal Finanzgericht Münster (Tribunale tributario di Münster, Germania) nel modo seguente:

1)

L’articolo 316, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto deve essere interpretato nel senso che il soggetto passivo-rivenditore ha il diritto di avvalersi del regime del margine ai sensi di tale disposizione in relazione alla vendita di oggetti d’arte che ha acquistato dall’autore o dai suoi aventi diritto di altri Stati membri, non appartenenti alle categorie di persone elencate all’articolo 314 della medesima direttiva, anche in una situazione in cui siffatti soggetti abbiano beneficiato dell’esenzione per le cessioni intracomunitarie ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, di tale direttiva.

2)

L’articolo 322, lettera b), della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che esso esclude il diritto del soggetto passivo‑rivenditore a detrarre l’imposta da esso pagata sull’acquisto intracomunitario degli oggetti d’arte, per la cessione dei quali tale soggetto applica il regime del margine ai sensi dell’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della citata direttiva, anche in una situazione in cui la normativa interna dello Stato membro non escluda un siffatto diritto a detrazione.


( 1 ) Lingua originale: polacco.

( 2 ) GU 2006, L 347, pag. 1, come modificata dalla direttiva 2013/61/UE del Consiglio, del 17 dicembre 2013 (GU 2013, L 353, pag. 5).

( 3 ) Fatta salva la possibilità per il soggetto passivo di applicare il regime normale dell’IVA ai sensi dell’articolo 319 della direttiva 2006/112.

( 4 ) L’applicazione dell’articolo 314, lettera d), sarebbe, ovviamente, esclusa, in quanto non è possibile operare, contemporaneamente, in qualità di autore o di un suo avente diritto e in qualità di soggetto passivo‑rivenditore.

( 5 ) Il corsivo è mio.

( 6 ) Ad eccezione della fattispecie indicata all’articolo 314, lettera d), ma essa non è riconducibile a nessuna delle fattispecie di cui all’articolo 316, paragrafo 1.

( 7 ) A tal proposito, non condivido la tesi del governo tedesco, secondo la quale la formulazione dell’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/112, consentirebbe la sua applicazione a prescindere dalla questione se la cessione di un oggetto d’arte ad un rivenditore sia stata esentata o tassata. I casi di cessioni esentate e di quelle non imponibili sono disciplinati dall’articolo 314 della citata direttiva, mentre il suo articolo 316 si applica alle cessioni imponibili, fermo restando che il debito d’imposta può sorgere o in capo al venditore (cessione interna) o in capo all’acquirente (acquisto intracomunitario e importazione).

( 8 ) «(…) il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario».

( 9 ) «(…) l’acquisizione del potere di disporre come proprietario di un bene mobile materiale (…)».

( 10 ) V. considerando 4 della direttiva 2006/112.

( 11 ) V., in particolare, sentenza del 18 dicembre 2014, Schoenimport Italmoda Mariano Previti e a. (C‑131/13, C‑163/13 e C‑164/13, EU:C:2014:2455, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

( 12 ) V., in particolare, sentenza del 28 novembre 2013, MDDP (C‑319/12, EU:C:2013:778, punto 41).

( 13 ) Sentenza del 28 novembre 2013, MDDP (C‑319/12, EU:C:2013:778, punto 56, primo trattino).