CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NILS WAHL

presentate il 28 giugno 2018 ( 1 )

Causa C‑147/17

Sindicatul Familia Constanţa

Ustinia Cvas

Silvica Jianu

Dumitra Bocu

Cader Aziz

Georgeta Crângaşu

Sema Cutlacai

contro

Direcţia Generală de Asistenţă Socială şi Protecţia Copilului Constanţa

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Curtea de Apel Constanţa (Corte d’appello di Costanza, Romania)]

«Domanda di pronuncia pregiudiziale – Direttiva 2003/88/CE – Orario di lavoro – Ambito di applicazione – Nozione di lavoratore – Genitori affidatari – Esclusione»

1.

L’affidamento dei minori assume varie forme e modalità. Di natura generalmente temporanea, esso può variare dalla sistemazione provvisoria o di emergenza all’affidamento a tempo pieno di lunga durata, dalla tenera età fino all’età adulta. A seconda delle circostanze, l’affidamento può avere luogo presso il domicilio dei genitori affidatari oppure, in una configurazione più istituzionalizzata, presso una casa‑famiglia o un istituto.

2.

La presente causa riguarda genitori affidatari che accudiscono minori al proprio domicilio e a tempo pieno. La cura dei minori costituisce la loro attività principale, per la quale essi ricevono un compenso dall’autorità competente con cui hanno stipulato un contratto di lavoro. Tenuto conto delle esigenze dei minori, ai genitori affidatari non è consentito, in linea di principio, andare in vacanza senza di essi. Inoltre, i genitori affidatari non percepiscono una retribuzione integrativa per il fatto di dover accudire costantemente ai bisogni dei minori e di non aver diritto a periodi prestabiliti di riposo o di ferie senza i minori loro affidati.

3.

L’aspetto cruciale della presente controversia consiste nello stabilire se tali genitori affidatari rientrino nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/88/CE ( 2 ), che stabilisce regole sull’orario di lavoro. In caso affermativo, si pongono ulteriori questioni relative all’applicazione di specifiche disposizioni di tale direttiva, tenuto conto, in particolare, dell’impossibilità di calcolare esattamente il tempo dedicato dai genitori affidatari ai minori che ricevono in custodia. Ciò in quanto, al pari dei genitori naturali, i genitori affidatari devono garantire che i minori interessati possano crescere sotto una costante supervisione genitoriale ricevendo una cura continua adeguata all’età.

4.

Nel prosieguo illustrerò i motivi per i quali i genitori affidatari in questione non rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/88.

I. Contesto normativo

A. Diritto dell’Unione europea

1.   Direttiva 89/391

5.

La direttiva 89/391/CEE ( 3 ) riguarda l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro.

6.

Il campo di applicazione della direttiva 89/391 è stabilito nel suo articolo 2, che è così formulato:

«1.   La presente direttiva concerne tutti i settori d’attività privati o pubblici (attività industriali, agricole, commerciali, amministrative, di servizi, educative, culturali, ricreative ecc.).

2.   La presente direttiva non è applicabile quando particolarità inerenti ad alcune attività specifiche nel pubblico impiego, per esempio nelle forze armate o nella polizia, o ad alcune attività specifiche nei servizi di protezione civile vi si oppongono in modo imperativo.

In questo caso, si deve vigilare affinché la sicurezza e la salute dei lavoratori siano, per quanto possibile, assicurate, tenendo conto degli obiettivi della presente direttiva».

2.   Direttiva 2003/88

7.

La direttiva 2003/88 stabilisce le norme relative all’organizzazione dell’orario di lavoro. Tali norme riguardano, inter alia, i periodi minimi di riposo e la pausa (articoli da 3 a 5), la durata massima settimanale del lavoro (articolo 6) e le ferie annuali retribuite (articolo 7).

8.

Dai considerando 3 e 4 si evince che detta direttiva è volta a migliorare la sicurezza, l’igiene e la salute dei lavoratori durante il lavoro.

9.

L’articolo 1 definisce l’oggetto e il campo di applicazione della direttiva in parola. Detto articolo così recita:

«1.   La presente direttiva stabilisce prescrizioni minime di sicurezza e di salute in materia di organizzazione dell’orario di lavoro.

2.   La presente direttiva si applica:

a)

ai periodi minimi di riposo giornaliero, riposo settimanale e ferie annuali nonché alla pausa ed alla durata massima settimanale del lavoro; e

b)

a taluni aspetti del lavoro notturno, del lavoro a turni e del ritmo di lavoro.

3.   La presente direttiva si applica a tutti i settori di attività, privati e pubblici, ai sensi dell’articolo 2 della direttiva [89/391], fermi restando gli articoli 14, 17, 18 e 19 della presente direttiva.

Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 8, la presente direttiva non si applica alla gente di mare, quale definita nella direttiva 1999/63/CE.

4.   Le disposizioni della direttiva [89/391] si applicano pienamente alle materie contemplate al paragrafo 2, fatte salve le disposizioni più vincolanti e/o specifiche contenute nella presente direttiva».

10.

L’articolo 3 della direttiva 2003/88 disciplina il riposo giornaliero. Tale articolo enuncia quanto segue:

«Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici, nel corso di ogni periodo di 24 ore, di un periodo minimo di riposo di 11 ore consecutive».

11.

L’articolo 4 di detta direttiva riguarda la pausa. Esso dispone quanto segue:

«Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici, qualora l’orario di lavoro giornaliero superi le 6 ore, di una pausa le cui modalità e, in particolare, la cui durata e condizioni di concessione sono fissate da contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali o, in loro assenza, dalla legislazione nazionale».

12.

L’articolo 5 riguarda il riposo settimanale. Detto articolo così recita:

«Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici, per ogni periodo di 7 giorni, di un periodo minimo di riposo ininterrotto di 24 ore a cui si sommano le 11 ore di riposo giornaliero previste all’articolo 3.

Se condizioni oggettive, tecniche o di organizzazione del lavoro lo giustificano, potrà essere fissato un periodo minimo di riposo di 24 ore».

13.

L’articolo 6 della direttiva 2003/88 stabilisce le norme relative alla durata massima settimanale del lavoro. Tale articolo enuncia quanto segue:

«Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché, in funzione degli imperativi di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori:

a)

la durata settimanale del lavoro sia limitata mediante disposizioni legislative, regolamentari o amministrative oppure contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali;

b)

la durata media dell’orario di lavoro per ogni periodo di 7 giorni non superi 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario».

14.

L’articolo 7 della direttiva 2003/88 così dispone:

«1.   Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali.

2.   Il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un’indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro».

15.

La direttiva in parola prevede, all’articolo 17, che gli Stati membri possono derogare a talune sue disposizioni. Tale articolo enuncia quanto segue:

«1.   Nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, gli Stati membri possono derogare agli articoli 3, 4, 5, 6, 8 e 16 quando la durata dell’orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell’attività esercitata, non è misurata e/o predeterminata o può essere determinata dai lavoratori stessi e, in particolare, quando si tratta:

(…)

b)

di manodopera familiare; o

(…)

2.   Le deroghe di cui ai paragrafi 3, 4 e 5 possono essere adottate con legge, regolamento o con provvedimento amministrativo, ovvero mediante contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali, a condizione che vengano concessi ai lavoratori interessati equivalenti periodi di riposo compensativo oppure, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per ragioni oggettive, a condizione che venga loro concessa una protezione appropriata.

3.   In conformità al paragrafo 2 del presente articolo le deroghe agli articoli 3, 4, 5, 8 e 16 possono essere concesse:

(…)

b)

per le attività di guardia, sorveglianza e permanenza caratterizzate dalla necessità di assicurare la protezione dei beni e delle persone, in particolare, quando si tratta di guardiani o portinai o di imprese di sorveglianza;

c)

per le attività caratterizzate dalla necessità di assicurare la continuità del servizio o della produzione (…).

(…)

4.   In conformità al paragrafo 2 del presente articolo le deroghe agli articoli 3 e 5 possono essere concesse:

(…)

b)

per le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata, in particolare del personale addetto alle attività di pulizia.

(…)».

B. Diritto rumeno

1.   Legge n. 272/2004

16.

La legea nr. 272/2004 privind protecţia si promovarea drepturilor copilului ( 4 ) (in prosieguo: la «legge n. 272/2004») riguarda la tutela e la promozione dei diritti dei minori.

17.

Ai sensi dell’articolo 4 della legge n. 272/2004, si considera che i genitori affidatari ( 5 ) che accudiscono minori ricevuti in affido conformemente a detta legge rientrino nella definizione di «famiglia affidataria» e svolgano un’attività analoga a quella dei genitori naturali.

18.

L’articolo 117 della legge citata stabilisce che l’autorità competente, al fine di tutelare e promuovere i diritti del minore, deve provvedere al coordinamento delle attività di assistenza sociale e di tutela della famiglia e dei diritti del minore a livello provinciale e del settore del comune di Bucarest.

19.

Nell’articolo 121 della legge in parola, i servizi di tipo familiare sono definiti come servizi mediante i quali vengono assicurate, presso il domicilio di una persona fisica o di una famiglia, la crescita e la cura del minore separato, temporaneamente o definitivamente, dai suoi genitori. Tali servizi sono prestati in seguito all’adozione del provvedimento di affidamento conformemente alla legge 272/2004.

20.

L’articolo 122 di detta legge così dispone:

«1)   Possono accogliere minori in affido le famiglie e le persone che abbiano almeno 18 anni, abbiano piena capacità di agire, siano residenti in Romania e abbiano le qualità morali e le condizioni materiali necessarie alla crescita e alla cura del minore separato, temporaneamente o definitivamente, dai suoi genitori.

(…)

3)   L’attività della persona abilitata come [genitore affidatario], conformemente alla legge, si svolge sulla base di un contratto speciale riguardante la tutela del minore, stipulato con la [Direcția Generală de Asistenţă Socială şi Protecţia Copilului (Direzione generale Assistenza sociale e Tutela del minore)] o con un organismo privato accreditato, che comprende le seguenti clausole:

a)

l’attività di crescita, cura ed educazione dei minori in affido si svolge presso il domicilio;

b)

il programma di lavoro è determinato sulla base delle esigenze dei minori;

c)

la pianificazione del tempo libero è effettuata in base al programma della famiglia e dei minori in affido;

d)

nel periodo in cui si fruisce delle ferie previste dalla legge garantisce la continuità dell’attività svolta, fatto salvo il caso in cui, in tale periodo, la separazione dal minore che è in affido nella sua famiglia è autorizzata dalla [Direzione generale Assistenza sociale e Tutela del minore].

4)   Il contratto individuale di lavoro è stipulato alla data dell’emissione [del provvedimento di affido].

(…)».

2.   Decreto del governo n. 679/2003

21.

L’Hotărârea Guvernului nr. 679/2003 privind condițiile de obținere a atestatului, procedurile de atestare și statutul asistentului maternal profesionist ( 6 ) [decreto del governo n. 679/2003 sulle condizioni per ottenere l’abilitazione, sulle procedure di attestazione e sullo statuto delle persone che svolgono l’attività di genitori affidatari («genitori affidatari professionisti»)] prevede, all’articolo 1, che un genitore affidatario professionista sia una persona fisica abilitata conformemente al medesimo decreto. Il genitore affidatario deve assicurare, mediante l’attività che svolge presso il proprio domicilio, la crescita, la cura e l’educazione necessarie allo sviluppo armonioso dei minori che riceve in affido o in custodia.

22.

L’articolo 8 di detto decreto stabilisce che l’attività delle persone abilitate come genitori affidatari professionisti si svolge sulla base di uno speciale contratto individuale di lavoro, volto specificamente alla tutela del minore, da stipularsi con un servizio pubblico specializzato nella tutela di minori o con un organismo privato autorizzato avente il dovere di sorvegliare e sostenere l’attività svolta dai genitori affidatari professionisti.

23.

Ai sensi dell’articolo 9 del decreto in parola, per ogni minore ricevuto in affido o in custodia, il genitore affidatario professionista deve stipulare una convenzione allegata al contratto individuale di lavoro concluso con il datore di lavoro. Detta disposizione precisa inoltre che la convenzione deve essere stipulata con l’accordo scritto del marito o della moglie del genitore affidatario professionista e notificata alla commissione per la tutela del minore che ha disposto l’affido o la custodia del minore.

24.

L’articolo 10 definisce gli obblighi del genitore affidatario professionista. In particolare, il genitore affidatario deve assicurare la crescita, la cura e l’educazione dei minori, al fine di garantirne lo sviluppo armonioso fisico, psichico, intellettuale e affettivo; assicurare l’integrazione dei minori nella propria famiglia, garantendo loro un trattamento uguale a quello degli altri membri della famiglia; assicurare l’integrazione dei minori nella vita sociale; contribuire alla preparazione del reinserimento dei minori nella loro famiglia naturale o, se del caso, alla loro integrazione in una famiglia adottiva; consentire agli specialisti del servizio pubblico specializzato nella tutela dei minori, o dell’organismo privato autorizzato, la supervisione della loro attività professionale e la valutazione dello sviluppo dei minori; e assicurare la continuità dell’attività svolta anche durante il periodo in cui si fruisce delle ferie previste dalla legge, fatto salvo il caso in cui la separazione dai minori in affido o in custodia per tale periodo è autorizzata dal datore di lavoro.

C. Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

25.

I ricorrenti nel procedimento principale, rappresentati dal Sindicatul Familia Constanţa, sono dipendenti della Direcţia Generală de Asistenţă Socială şi Protecţia Copilului Constanţa (Direzione generale Assistenza sociale e Tutela del minore di Costanza, Romania) in qualità di genitori affidatari. Essi accudiscono presso il proprio domicilio i minori ricevuti in affido per 24 ore al giorno, senza periodi prestabiliti di riposo settimanale o di ferie.

26.

I genitori affidatari hanno l’obbligo di provvedere alla sorveglianza e alla cura continua dei minori loro affidati, fatti salvi i periodi in cui questi ultimi frequentano la scuola. In particolare, i genitori affidatari devono garantire la continuità della cura dei minori, anche nel periodo di fruizione delle ferie previste dalla legge, salvo il caso in cui la separazione dai minori per tale periodo sia autorizzata dall’autorità competente.

27.

I genitori affidatari chiedono, da un lato, pagamenti aggiuntivi pari all’incremento nella misura del 100% dello stipendio di base per il lavoro svolto nei giorni di riposo settimanale, nei giorni festivi e negli altri giorni considerati non lavorativi dalla pertinente normativa nazionale. Dall’altro lato, essi chiedono una compensazione pecuniaria per le ferie non godute. I genitori affidatari hanno avuto i minori in affido anche durante le ferie annuali, in quanto la separazione dai minori, come specificato, è possibile solo previa autorizzazione dell’autorità competente.

28.

In primo grado, il Tribunal Constanța (Tribunale regionale di Costanza, Romania) ha respinto la loro domanda in quanto infondata.

29.

Tale decisione è stata impugnata in appello dinanzi alla Curtea de Apel Constanţa (Corte d’appello di Costanza). Nutrendo dubbi in ordine alla corretta interpretazione delle pertinenti disposizioni di diritto dell’Unione, detto giudice ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se le disposizioni dell’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva [2003/88] in combinato disposto con l’articolo 2 della direttiva [89/391] debbano essere interpretate nel senso che escludono dall’ambito di applicazione della medesima un’attività come quella [dei genitori affidatari], svolta dai ricorrenti.

2)

Nel caso di risposta negativa alla prima questione, se l’articolo 17 della direttiva [2003/88] debba essere interpretato nel senso che un’attività come quella [dei genitori affidatari], svolta dai ricorrenti, può essere l’oggetto di una deroga alle disposizioni dell’articolo 5 della direttiva in virtù dei paragrafi 1, 3, lettere b) e c), o 4, lettera b) [dell’articolo 17].

3)

Nel caso di risposta affermativa alla precedente questione, se l’articolo 17, paragrafo 1, o, se del caso, l’articolo 17, paragrafi 3 o 4, della direttiva [2003/88] debba essere interpretato nel senso che una tale deroga deve essere esplicita o può anche essere implicita, attraverso l’adozione di un atto normativo speciale che prevede altre norme di organizzazione dell’orario di lavoro per una determinata attività professionale; nel caso in cui una siffatta deroga possa non essere esplicita, quali sono le condizioni minime affinché si possa considerare che una normativa nazionale introduce una deroga e se una siffatta deroga possa essere espressa con le modalità derivanti dalle disposizioni della legge n. 272/2004.

4)

Nel caso di risposta negativa alle questioni 1, 2 o 3, se l’articolo 2, punto 1, della direttiva [2003/88] debba essere interpretato nel senso che il periodo in cui un [genitore affidatario] trascorre assieme al minore assistito, nel proprio domicilio o in un altro luogo scelto dal medesimo, costituisce orario di lavoro sebbene non realizzi nessuna delle attività previste a suo carico dal contratto individuale di lavoro.

5)

Nel caso di risposta negativa alle questioni 1, 2 o 3, se l’articolo 5 della direttiva [2003/88] debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale come quella di cui all’articolo 122 della legge n. 272/2004; e in caso di una risposta nel senso dell’applicabilità dell’articolo 17, paragrafo 3, lettere b) e c), o paragrafo 4, lettera b), della direttiva, se tale articolo debba essere interpretato nel senso che esso osta a tale normativa nazionale.

6)

Nel caso di risposta negativa alla questione 1 e, eventualmente, di risposta affermativa alla questione 4, se l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva [2003/88] possa essere interpretato nel senso che non osta tuttavia alla concessione di un risarcimento pari all’indennità di cui il lavoratore avrebbe beneficiato durante le ferie annuali dal momento che la natura dell’attività svolta [dai genitori affidatari] impedisce loro di fruire di tali ferie o, benché le ferie siano formalmente concesse, il lavoratore continua a prestare in pratica la stessa attività qualora nel periodo in questione non sia consentita la separazione dal minore assistito. In caso affermativo, se per avere diritto al risarcimento sia necessario che il lavoratore abbia chiesto il permesso di separarsi dal minore e il datore di lavoro non abbia concesso tale permesso.

7)

Nel caso di risposta negativa alla questione 1, affermativa alla questione 4 e negativa alla questione 6, se l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva osti a una disposizione come quella di cui all’articolo 122, paragrafo 3, lettera d), della legge n. 272/2004 in una situazione in cui tale legge lascia al datore di lavoro la facoltà di decidere discrezionalmente se autorizzare la separazione dal minore durante le ferie e, in caso affermativo, se l’impossibilità di fruire di fatto delle ferie, in conseguenza dell’applicazione di tale disposizione di legge, costituisca una violazione del diritto dell’Unione che soddisfa le condizioni per far sorgere il diritto del lavoratore al risarcimento. In caso affermativo, se un siffatto risarcimento debba essere versato dallo Stato per la violazione dell’articolo 7 della direttiva o dall’ente pubblico che ha la qualità di datore di lavoro, il quale non ha garantito, nel periodo di ferie, la separazione dal minore assistito. In tale situazione, se per avere diritto al risarcimento sia necessario che il lavoratore abbia chiesto il permesso di separarsi dal minore e il datore di lavoro non abbia concesso tale permesso».

30.

Hanno depositato osservazioni scritte i governi rumeno e tedesco nonché la Commissione europea. Dette parti hanno presentato anche difese orali all’udienza del 7 maggio 2018.

II. Analisi

31.

Il giudice del rinvio ha sottoposto alla Corte diverse questioni relative alla corretta interpretazione della direttiva 2003/88. Più precisamente, il nocciolo della controversia è accertare se l’attività di genitore affidatario ai sensi della legge n. 272/2004 rientri nell’ambito di applicazione di tale direttiva. In caso affermativo, il giudice del rinvio ha sottoposto alla Corte una serie di ulteriori questioni concernenti, in particolare, la facoltà di uno Stato membro di derogare alle disposizioni della direttiva citata nelle specifiche circostanze che caratterizzano la presente causa.

32.

Prima di esaminare le questioni pregiudiziali, analizzerò brevemente una questione procedurale sollevata dal governo tedesco.

A. Sulla competenza della Corte

33.

Il governo tedesco sostiene che il giudice del rinvio non ha spiegato sufficientemente perché le questioni sollevate sarebbero rilevanti per la risoluzione della controversia pendente dinanzi ad esso. Più che la salute e la sicurezza dei lavoratori durante il lavoro, che è materia disciplinata dalla direttiva 2003/88, le domande nel procedimento principale vertono su vari aspetti del diritto alla retribuzione.

34.

Tuttavia, come osservato dallo stesso governo tedesco, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale godono di una presunzione di pertinenza. Pertanto, il rigetto, da parte della Corte, di una domanda proposta da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con l’effettività o l’oggetto della causa principale, qualora il problema sia di natura ipotetica o, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte ( 7 ).

35.

È pur vero che il nesso tra le questioni pregiudiziali e la controversia pendente dinanzi al giudice del rinvio non appare del tutto chiaro. Infatti, la mancata concessione ai lavoratori dei periodi di riposo e di ferie prescritti dalla direttiva 2003/88 non può essere compensata con pagamenti supplementari ( 8 ). Tuttavia, il criterio giurisprudenziale applicato dalla Corte è piuttosto generoso ed implica che la mancanza di nesso tra le questioni e i fatti di causa debba apparire in modo manifesto.

36.

Tale ipotesi non ricorre nel caso in esame.

37.

La causa pendente dinanzi al giudice del rinvio verte su domande di compensazione integrativa per l’attività svolta durante i periodi di riposo settimanale, i giorni festivi previsti dalla legge e le ferie annuali retribuite.

38.

È vero che le questioni concernenti il livello della retribuzione e le relative modalità di calcolo non sono disciplinate dalla direttiva 2003/88 ( 9 ). Escludendo l’articolo 7, che riguarda il diritto alle ferie annuali retribuite, detta direttiva non stabilisce come debbano essere remunerati i lavoratori per specifiche categorie di lavoro quali il lavoro a turni, il lavoro notturno e i servizi di guardia, né tantomeno come debbano essere retribuite le ore di lavoro straordinario ( 10 ). Conformemente all’articolo 153 TFUE, tali questioni sono rimesse al diritto nazionale. La Corte ha quindi costantemente rifiutato di rispondere a questioni concernenti il livello delle retribuzioni ( 11 ).

39.

Tuttavia, le questioni pregiudiziali non riguardano aspetti specifici del diritto alla retribuzione per le prestazioni fornite, quale il livello di retribuzione adeguato, bensì la compatibilità con la direttiva 2003/88 del regime istituito dalla legge n. 272/2004, nella parte in cui riguarda i genitori affidatari.

40.

A tale proposito, si deduce che l’esito della domanda dei genitori affidatari relativa alla compensazione integrativa può dipendere dalla legittimità del regime speciale applicabile ai genitori affidatari istituito dalla legge n. 272/2004. In base a tale regime, l’orario di lavoro e il tempo libero dei genitori affidatari sono determinati dalle esigenze individuali dei minori loro affidati. I genitori affidatari devono sorvegliare costantemente i minori e non hanno diritto di trascorrere senza di essi periodi di riposo, festività e ferie specificamente definiti. In altri termini, date le esigenze dei minori, l’orario di lavoro e il tempo libero dei genitori affidatari formano inevitabilmente un unico insieme.

41.

Tenuto conto di tali elementi, mi sembra che si possa ravvisare un nesso sufficiente tra le questioni pregiudiziali e i fatti sui quali verte la causa pendente dinanzi al giudice del rinvio: secondo quest’ultimo, una questione preliminare è se i genitori affidatari possano godere, in forza del diritto dell’Unione, del diritto ai periodi di riposo, alle festività e alle ferie sul quale essi fondano le loro richieste di compensazione integrativa ( 12 ).

42.

Per tali motivi, la Corte non dovrebbe rifiutare di rispondere alle questioni pregiudiziali.

B. Sulle questioni pregiudiziali

43.

I dubbi del giudice del rinvio riguardanti l’interpretazione della direttiva 2003/88 – e in particolare la questione se genitori affidatari quali quelli di cui alla legge n. 272/2004 rientrino nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/88 – si giustificano in ragione di tre fattori interconnessi.

44.

In primo luogo, l’ambito di applicazione ratione materiae della direttiva 2003/88 è definito in modo ampio al suo articolo 1, paragrafo 3. Secondo detta disposizione, la direttiva si applica a tutti i settori di attività, privati e pubblici, ai sensi dell’articolo 2 della direttiva 89/391.

45.

A tale riguardo, da un lato, l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 89/391 si riferisce a «tutti i settori d’attività privati o pubblici (attività industriali, agricole, commerciali, amministrative, di servizi, educative, culturali, ricreative ecc.)». Dall’altro, l’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 89/391 esclude talune attività dall’ambito di applicazione della stessa (e, per estensione, della direttiva 2003/88): detta direttiva non si applica quando particolarità inerenti ad alcune attività specifiche nel pubblico impiego, per esempio nelle forze armate o nella polizia, o ad alcune attività specifiche nei servizi di protezione civile vi si oppongono in modo imperativo.

46.

In secondo luogo, la Corte ha dato pienezza all’ampio campo di applicazione della direttiva 2003/88 e ha spiegato che le eccezioni alla sua applicazione devono essere interpretate in senso restrittivo ( 13 ). Pertanto, in linea di principio, detta direttiva si applica ai lavoratori i quali, nel contesto di un rapporto di lavoro, forniscano, a favore di un’altra persona e sotto la direzione di quest’ultima, prestazioni in contropartita delle quali ricevono una retribuzione ( 14 ).

47.

In terzo luogo, e quale corollario dell’ampia portata della direttiva 2003/88, nonché della giurisprudenza in materia, i dubbi del giudice a quo si giustificano date le particolari circostanze della causa pendente dinanzi ad esso. Da un lato, il giudice del rinvio spiega che i genitori affidatari hanno concluso un contratto di lavoro con l’autorità competente e prestano un servizio (la presa in affidamento) dietro compenso sulla base di uno speciale contratto di lavoro stipulato con detta autorità. Dall’altro, i genitori affidatari in questione devono garantire la cura continua dei minori presso il proprio domicilio, in funzione delle esigenze individuali di questi ultimi. Invero, siffatto obbligo di sorveglianza e cura continue è difficilmente conciliabile con le prescrizioni della direttiva 2003/88 relative, in particolare, al riposo settimanale (articolo 5) e alle ferie retribuite (articolo 7). Ciò in quanto, secondo la Corte, il concetto di «orario di lavoro» si contrappone al «periodo di riposo» ( 15 ).

48.

Per affrontare le questioni sottoposte alla Corte, esaminerò anzitutto la ratio sottesa alla direttiva 2003/88.

1.   La ratio della direttiva 2003/88: la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori

49.

La direttiva 2003/88 ( 16 ) è intesa, anzitutto, a garantire una migliore tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori ( 17 ). In quanto misura di armonizzazione minima, essa stabilisce gli standard minimi di protezione che gli Stati membri devono garantire per quanto riguarda, tra l’altro, i limiti giornalieri e settimanali dell’orario di lavoro nonché le ferie annuali retribuite. Detta direttiva contiene inoltre norme specifiche relative all’organizzazione del lavoro a turni e del lavoro notturno (articoli da 8 a 13).

50.

Sebbene l’accento sia chiaramente posto sulla protezione dei lavoratori, tuttavia emerge dalla direttiva citata che il legislatore non era del tutto indifferente all’esigenza di garantire la flessibilità in alcuni settori di attività o alla progressiva comparsa di nuove forme di lavoro ( 18 ).

51.

Più concretamente, l’esempio forse più evidente della volontà del legislatore di rispondere all’esigenza di flessibilità si riscontra nell’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 2003/88, il quale esclude espressamente dall’ambito di applicazione della stessa, mediante rinvio all’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 89/391, talune attività di servizio pubblico. Tali attività sono escluse date le loro particolarità, che sono inevitabilmente incompatibili con ritmi regolari di lavoro e riposo. Invero, l’esclusione esplicita di determinate attività dall’ambito di applicazione della direttiva 2003/88 corrobora la tesi secondo cui il legislatore era effettivamente consapevole del fatto che alcune attività, semplicemente, non possono essere organizzate nel modo richiesto da detta direttiva. Nonostante la formulazione aperta dell’articolo 2, paragrafo 2, gli esempi specificamente menzionati in tale disposizione suggeriscono che il legislatore, nel configurare siffatta esclusione, aveva in mente in particolare le attività connesse alla pubblica sicurezza per le quali è richiesto un livello superiore di lealtà ( 19 ).

52.

Oltre alla suddetta esclusione, la direttiva 2003/88 prevede varie eccezioni. In forza degli articoli 17, 18, 20 e 21, gli Stati membri possono derogare, in talune circostanze particolari, alle disposizioni della direttiva concernenti, segnatamente, il riposo giornaliero e settimanale, la pausa e il lavoro notturno. Inoltre, sulla base dell’articolo 22, sono ammesse opzioni di non applicazione individuale, a determinate condizioni, anche per quanto riguarda il limite settimanale di ore lavorative (48) previsto dall’articolo 6 della direttiva ( 20 ).

53.

Sebbene venga lasciata una certa discrezionalità agli Stati membri, dal testo e dalla struttura generale della direttiva 2003/88 emerge chiaramente che il benessere dei lavoratori, sotto forma di un sano equilibrio tra vita e lavoro, è al centro delle considerazioni che ne hanno ispirato l’adozione. Lo dimostra in particolare il fatto che, secondo la ratio della direttiva, periodi di riposo e di ferie insufficienti non possono essere compensati con indennità integrative ( 21 ).

54.

Anche la Corte ha chiaramente fatto propria l’idea che l’obiettivo preminente della direttiva 2003/88 sia la protezione dei lavoratori. Infatti, l’obiettivo di tutelare il benessere dei lavoratori permea la giurisprudenza della Corte in materia: con riferimento a tale obiettivo, sono state interpretate in senso restrittivo sia le esclusioni di cui all’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 89/391 sia la serie di deroghe previste dalla direttiva 2003/88 ( 22 ). Al fine di garantire un’ampia protezione dei lavoratori, la Corte ha interpretato in senso estensivo non soltanto l’ambito di applicazione di tale direttiva, ma anche la nozione di «orario di lavoro» ( 23 ). Così, l’«orario di lavoro» comprende, ad esempio, le ore trascorse dormendo nei locali del datore di lavoro ( 24 ) e le ore di guardia trascorse al proprio domicilio con l’obbligo di rispondere alle convocazioni del datore di lavoro entro 8 minuti ( 25 ).

55.

Tuttavia, non si può ignorare che un’attività, per rientrare nell’ambito di applicazione (ratione materiae) della direttiva 2003/88 (o tra le eccezioni di cui all’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 89/391), deve essere svolta da un lavoratore. Infatti, occorre sottolineare che la direttiva 2003/88 conferisce una serie di diritti minimi soltanto alle persone che svolgono un’attività (economica) in uno specifico contesto contrattuale: vale a dire che essa riconosce diritti alle persone che svolgono una tale attività a favore di un’altra persona e sotto la direzione di quest’ultima e, pertanto, senza godere della libertà di scegliere l’orario, il luogo e il contenuto della propria attività. La direttiva 2003/88 stabilisce i limiti relativi al tempo che tali persone possono essere tenute ad investire in un’attività svolta a favore e sotto la direzione di un’altra persona. Viceversa, detta direttiva non mira ad istituire una tutela, né ad organizzare l’orario di lavoro, delle persone che svolgono un’attività retribuita sulla base di accordi contrattuali diversi, che non comportano siffatto elemento di subordinazione.

56.

Pertanto, al fine di accertare se l’attività di genitori affidatari quali quelli di cui al procedimento principale rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/88, occorre stabilire, in limine, se i genitori affidatari in parola debbano essere considerati «lavoratori» ai sensi di tale direttiva.

2.   Sull’ambito di applicazione della direttiva 2003/88: la corretta interpretazione della nozione di «lavoratore»

57.

La Corte ha interpretato in senso ampio, al pari dell’ambito di applicazione ratione materiae della direttiva 2003/88 (che comprende, in linea di principio, tutte le possibili attività lavorative), anche l’ambito di applicazione ratione personae di detta direttiva. Come sarà illustrato nella prossima sezione, la Corte, nell’interpretare la nozione di lavoratore in tale contesto, ha tratto ispirazione dalla propria giurisprudenza sulla libera circolazione ai sensi dell’articolo 45 TFUE.

a)   Giurisprudenza della Corte: l’ispirazione tratta dall’articolo 45 TFUE

58.

Nella causa Union syndicale Solidaires Isère ( 26 ), che riguardava lavoratori stagionali assunti con contratti speciali presso centri di vacanza per minori, la Corte ha sottolineato che la nozione di «lavoratore» va interpretata autonomamente nell’ambito del diritto dell’Unione. Di conseguenza, tale nozione deve essere definita, ai sensi del diritto dell’Unione, in base a criteri obiettivi che caratterizzino il rapporto di lavoro sotto il profilo dei diritti e degli obblighi delle persone interessate. Richiamandosi alla propria giurisprudenza relativa all’articolo 45 TFUE, la Corte ha ricordato che la caratteristica essenziale del rapporto di lavoro, ai fini dell’applicazione della direttiva 2003/88, è la circostanza che una persona fornisca, per un certo periodo di tempo, a favore di un’altra e sotto la direzione di quest’ultima, prestazioni in contropartita delle quali riceva una retribuzione ( 27 ).

59.

In altri termini, un «lavoratore» ai sensi della direttiva 2003/88 è una persona che fornisce prestazioni nell’ambito di un rapporto di impiego. Ciò, a sua volta, implica un rapporto di subordinazione ( 28 ). Secondo la Corte, un indizio a tale proposito può essere la circostanza che una persona agisca sotto la direzione di un’altra per quanto riguarda, in particolare, la libertà di determinare l’orario, il luogo e il contenuto del proprio lavoro ( 29 ).

60.

Ai presenti fini, assume fondamentale importanza il fatto che la Corte abbia sottolineato che la natura particolare di un rapporto contrattuale riguardo al diritto nazionale non può avere alcuna conseguenza sulla qualità di lavoratore ai sensi del diritto dell’Unione ( 30 ). Infatti, sembra che l’ombrello protettivo della nozione di lavoratore, esattamente come in altri settori della legislazione sociale e del lavoro dell’Unione, possa coprire in alcuni casi persone che non sono considerate incluse in tale nozione ai sensi del diritto nazionale ( 31 ).

61.

Più precisamente, per stabilire se, sotto il profilo del diritto dell’Unione, una persona sia un lavoratore e rientri quindi nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/88, può essere necessario guardare oltre la natura del contratto quale risulta dal diritto nazionale. La valutazione complessiva compiuta a tal fine del contesto (di fatto e di diritto) nel quale viene svolta la prestazione deve pertanto essere autonoma e non deve essere influenzata dalla denominazione con cui il rapporto contrattuale è designato nel diritto interno.

62.

A tale proposito, la contaminazione concettuale reciproca osservabile nella giurisprudenza sulla nozione di lavoratore ai sensi della direttiva 2003/88 conferma che detta nozione deve essere interpretata, come in altri settori del diritto dell’Unione, in senso ampio. Dalla giurisprudenza della Corte si evince comunque che tutti i lavoratori rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/88 sono anche lavoratori ai sensi dell’articolo 45 TFUE.

63.

Tuttavia, potrebbe non essere sempre vero il contrario.

64.

Infatti, è pacifico che lo stesso termine può riferirsi a nozioni diverse, in funzione del settore del diritto considerato. Come ha osservato la stessa Corte, la nozione di lavoratore nel diritto dell’Unione non è univoca, ma varia a seconda del settore di applicazione considerato ( 32 ). Nell’interpretare la nozione di lavoratore in un determinato contesto, è importante tenere conto della ratio sottesa allo strumento normativo e dell’interesse che tale strumento mira a tutelare.

65.

Come è noto, la Corte ha dichiarato che le persone possono mantenere lo status di «lavoratore» e godere della tutela conferita dall’articolo 45 TFUE anche nei periodi di inattività economica. Ciò accade, ad esempio, nel caso delle persone in cerca di lavoro ( 33 ) e delle donne che, a causa delle limitazioni fisiche collegate alla gravidanza e al parto, smettono di lavorare per un periodo di tempo ragionevole ( 34 ).

66.

Nonostante il loro status di «lavoratori» ai sensi della normativa sulla libera circolazione, è difficile comprendere perché tali persone dovrebbero (o come potrebbero) godere in qualità di lavoratori della tutela offerta dalla direttiva 2003/88. Ciò in quanto esse non hanno un rapporto di impiego. Come accennato sopra, la direttiva 2003/88 è volta a tutelare la salute e la sicurezza, ma anche, più in generale, il benessere delle persone che forniscono prestazioni lavorative a favore e sotto la direzione di un datore di lavoro e ciò, sostanzialmente, nell’ambito di un rapporto di subordinazione.

67.

Tenendo a mente tali considerazioni, passo ora ad esaminare la questione se i genitori affidatari di cui al procedimento principale siano lavoratori ai sensi della direttiva 2003/88.

b)   Valutazione del caso in esame

68.

Anzitutto, occorre ricordare che dalla ripartizione dei compiti prevista all’articolo 267 TFUE tra la Corte e i suoi interlocutori degli Stati membri risulta che compete in definitiva al giudice del rinvio applicare la nozione di lavoratore ai fatti della presente causa. Tuttavia, spetta alla Corte definire la nozione di lavoratore ai sensi della direttiva 2003/88 e fornire al giudice del rinvio i chiarimenti necessari per aiutarlo ad applicare tale nozione.

69.

Secondo la Corte, l’applicazione della nozione di lavoratore in un caso specifico deve fondarsi su criteri oggettivi: il giudice del rinvio deve valutare nel loro complesso tutte le circostanze del caso di cui è investito, riguardanti la natura sia delle attività interessate sia del rapporto tra le parti in causa ( 35 ).

70.

A tale proposito, come già accennato, la natura di un rapporto contrattuale quale definita dal diritto nazionale non può essere determinante per stabilire se una persona sia un lavoratore ai sensi della direttiva 2003/88. Infatti, la nozione di lavoratore riceverebbe (contrariamente alla giurisprudenza della Corte) una pletora di interpretazioni (diverse) a seconda della definizione data dal diritto nazionale ad uno specifico rapporto contrattuale.

71.

Pertanto, al fine di stabilire se i genitori affidatari di cui trattasi debbano essere considerati lavoratori nell’accezione della direttiva 2003/88, la natura del loro rapporto con l’autorità competente dovrebbe rivestire un’importanza marginale al fine di valutare tale rapporto contrattuale sotto il profilo del diritto dell’Unione. Dalla mera circostanza che i genitori affidatari svolgono i loro compiti sulla base di «un contratto di lavoro» non discende che il rapporto contrattuale tra i genitori affidatari e l’autorità competente debba essere concettualizzato come un rapporto di lavoro ai fini della direttiva 2003/88.

72.

Infatti, vari elementi corroborano la tesi secondo cui i genitori affidatari di cui alla legge n. 272/2004 non devono essere considerati lavoratori ai fini della direttiva 2003/88. Tali elementi riguardano sia il rapporto tra le parti coinvolte, sia la natura delle attività svolte dai genitori affidatari in questione.

1) Il rapporto tra le parti coinvolte

73.

Come indicato in precedenza, affinché una persona sia considerata un lavoratore, la prestazione deve essere fornita nell’ambito di un rapporto di subordinazione: in un rapporto di lavoro subordinato il lavoratore svolge un’attività economica sotto la direzione del suo datore di lavoro. Siffatto rapporto non sembra sussistere nel caso di specie.

74.

In effetti, il parallelismo potrebbe essere piuttosto impreciso. Tuttavia, il rapporto tra l’autorità competente e i genitori affidatari potrebbe essere posto a confronto (al fine specifico di accertare se detti genitori affidatari rientrino nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/88) con un incarico di adempiere un obbligo specifico. Infatti, come si evince dall’ordinanza di rinvio, anziché fornire una prestazione lavorativa nell’ambito di un rapporto di subordinazione e quindi a favore e sotto la direzione dell’autorità competente, i genitori affidatari sono incaricati da detta autorità di prendersi cura dei minori in questione al pari di ogni altro genitore.

75.

A tale proposito dalla decisione di rinvio si evince che l’attività di genitore affidatario si svolge in base a uno sciale contratto (quadro). D’altra parte, il contratto di lavoro tra l’autorità competente (o un ente privato accreditato) e i genitori affidatari produce effetti dal momento in cui questi ultimi hanno ricevuto il minore in custodia. A partire da tale momento, i genitori affidatari devono assicurare che il minore in questione si integri nel nuovo ambiente familiare e possa crescere sotto una costante supervisione genitoriale ricevendo continuamente una cura adeguata all’età.

76.

Sotto tale profilo, più che essere alle dipendenze dell’autorità competente e soggetti agli ordini o alle decisioni di quest’ultima nell’esecuzione dei compiti pattuiti, i genitori affidatari si prendono cura autonomamente dei minori interessati, in base alle loro esigenze individuali e al programma stabilito dalla famiglia affidataria.

77.

È pur vero che ai genitori affidatari non è permesso congedarsi dai loro obblighi senza esplicita autorizzazione dell’autorità competente. È altresì vero che i genitori affidatari sono tenuti a consentire ad operatori specializzati nella tutela del minore di supervisionare la loro attività professionale. Tuttavia, tali obblighi non sono sufficienti per concludere che i genitori affidatari svolgono le loro attività quotidiane nell’ambito di un rapporto di subordinazione, come richiesto dalla giurisprudenza.

78.

Più in particolare: è evidente che, a causa degli obblighi in questione, i genitori affidatari non possono organizzare il proprio tempo né prendersi cura dei minori interessati semplicemente nel modo che ritengono opportuno. Tali obblighi non riguardano però l’effettiva esecuzione (quotidiana) dei compiti svolti dai genitori affidatari, né l’organizzazione del lavoro in funzione delle esigenze del datore di lavoro. Semmai, gli obblighi in parola formano parte del quadro generale in cui deve essere svolto l’incarico.

79.

Inoltre, non si deve dimenticare che i minori collocati in affidamento sono particolarmente vulnerabili. Presumibilmente, i suddetti obblighi relativi alle ferie annuali e all’intervento di specialisti nell’educazione dei minori in affidamento sono stati introdotti al fine di proteggere i minori interessati. Infatti, sarebbe chiaramente in contrasto con il migliore interesse dei minori in questione consentire ai genitori affidatari di allontanarsi periodicamente dai bambini di cui devono occuparsi come se fossero figli propri o, tra l’altro, di rifiutare l’aiuto di specialisti del settore.

2) Sulla natura delle attività svolte

80.

Come rilevato dal giudice del rinvio, la collocazione di un minore in affidamento è un provvedimento diretto a garantire che il minore cresca in un ambiente simile a quello familiare. Essa implica la coabitazione continua con la famiglia affidataria. Sotto questo profilo, la prestazione fornita dai genitori affidatari è comparabile a quello di ogni altro genitore. Per garantire che la priorità dell’affidamento sia sempre il migliore interesse del minore, i compiti genitoriali svolti dai genitori affidatari non devono essere organizzati sulla base di un programma di lavoro predefinito o prevedendo periodi di riposo obbligatori, comprensivi di periodi di ferie annuali irrinunciabili.

81.

Ciò vale a prescindere dalla durata dell’affidamento presso la famiglia affidataria (che può variare, come accennato in precedenza, da un breve soggiorno ad un affidamento di lunga durata). Non è mai abbastanza sottolineare che l’attività di genitore affidatario, quale definita nella legge n. 272/2004, costituisce un mandato a fornire al minore l’opportunità di crescere come parte di una famiglia, il cui programma è determinato dalle esigenze della stessa e dei minori, e non da quelle di un datore di lavoro.

82.

Ciò mi porta a parlare della sentenza della Corte nella causa Hälvä ( 36 ). Detta causa riguardava persone impiegate in qualità di «genitori sostituti» presso un’associazione di tutela dell’infanzia che gestiva un villaggio dei bambini. Più in particolare, la questione era se tali genitori sostituti rientrassero, in quanto dipendenti di detta associazione, nell’ambito di applicazione dell’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 2003/88. In quel caso, la Corte ha assunto come punto di partenza il fatto che tali genitori sostituti sono lavoratori e rientrano quindi nella sfera di applicazione della direttiva, un punto di partenza condiviso dal giudice del rinvio ( 37 ).

83.

A differenza della presente causa, nella causa Hälvä i genitori sostituti non accudivano costantemente i minori al proprio domicilio. Essi erano invece assunti da un’associazione di tutela dell’infanzia con contratti nei quali era indicato il numero di periodi di lavoro di 24 ore che dovevano prestare annualmente presso un istituto, ancorché un istituto molto simile ad un ambiente familiare. Inoltre, i genitori sostituti venivano inviati a lavorare presso «case» del villaggio in base a programmi di lavoro stabiliti dal direttore del villaggio dei bambini ( 38 ).

84.

Sebbene l’associazione di tutela dell’infanzia non controllasse l’attività svolta nelle case durante i periodi di lavoro, essa definiva il contesto generale in cui i genitori sostituti espletavano i loro compiti: in particolare, essi lavoravano secondo turni prestabiliti presso case prestabilite per un numero prestabilito di giorni all’anno. Nonostante la descrizione in qualche modo fuorviante delle mansioni (genitore sostitutivo), si trattava semplicemente di personale temporaneo occupato presso un villaggio dei bambini, personale sul quale non ricadeva la responsabilità principale per l’educazione dei bambini che abitavano in detto villaggio.

85.

Tali elementi distinguono la causa Hälvä dalla presente causa. Essi contribuiscono inoltre a spiegare perché nella causa Hälvä non si ponesse la questione preliminare se le persone interessate fossero lavoratori ai sensi della direttiva 2003/88. Infatti, fra altri indizi dell’esistenza di un rapporto di lavoro tra l’associazione di tutela dell’infanzia e gli interessati, in quel caso era chiaramente presente il rapporto di subordinazione richiesto dalla giurisprudenza della Corte.

86.

Anche il punto successivo si riferisce alla differenza tra la causa Hälvä e la presente causa. Si tratta dell’impossibilità di conciliare le esigenze della direttiva 2003/88 con il migliore interesse dei minori collocati in una famiglia affidataria. Come hanno sottolineato in udienza i governi rumeno e tedesco, l’attività di genitore affidatario è fondamentalmente in contrasto con le disposizioni della direttiva 2003/88 e non dovrebbe rientrare nel suo ambito di applicazione.

87.

Supponiamo che genitori affidatari quali quelli di cui al procedimento principale siano comunque considerati lavoratori ai sensi della direttiva 2003/88 (posizione sostenuta dalla Commissione).

88.

In tal caso, l’organizzazione delle mansioni dei genitori affidatari nel rispetto delle prescrizioni della direttiva 2003/88 comporterebbe l’assegnazione di più genitori affidatari, e di più famiglie, ai minori interessati. Ciò in quanto, come spiegato in precedenza, i periodi non goduti di riposo e di ferie annuali retribuite previsti dalla medesima direttiva non possono essere sostituiti con compensazioni integrative. Pertanto, qualora si ritenesse che i genitori affidatari siano lavoratori ai fini della direttiva in parola, l’affidamento dovrebbe essere organizzato sulla base dei periodi di riposo e di ferie di ogni genitore affidatario. Ciò significherebbe, in pratica, che i minori collocati in affidamento dovrebbero passare da una famiglia all’altra a seconda dei «turni» di ciascun genitore affidatario, situazione che la Commissione considera accettabile. Tuttavia, sotto il profilo del migliore interesse dei minori interessati, appare evidente l’assurdità di una soluzione siffatta ( 39 ).

89.

Contrariamente a quanto suggerito dalla Commissione in udienza, non è possibile tracciare un parallelo con la causa Hälvä, che riguardava una situazione intrinsecamente diversa: quella del personale temporaneo impiegato presso un villaggio dei bambini (privato) al fine di accudire questi ultimi nelle case del villaggio in cui abitavano, in assenza dei genitori affidatari sui quali ricadeva la responsabilità principale per l’educazione dei minori.

90.

A tale proposito rilevo, inoltre, che l’attrito tra l’attività di genitore affidatario e i requisiti posti dalla direttiva 2003/88 non può essere risolta ricorrendo a uno dei paragrafi dell’articolo 17 della medesima direttiva. Come detto, tale disposizione consente agli Stati membri di derogare alle prescrizioni della direttiva per quanto riguarda (tra l’altro) i periodi di riposo giornalieri e settimanali, ma non all’articolo 7, il quale impone agli Stati membri di garantire che ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane. Per assicurare che i genitori affidatari possano trascorrere un periodo minimo di ferie (retribuite) di quattro settimane senza i minori loro affidati occorrerebbero, in sostanza, provvedimenti di affido temporaneo. È evidente che tale soluzione non risponderebbe al migliore interesse dei minori di cui trattasi e, in particolare, non sarebbe compatibile con l’obiettivo di garantire che essi possano vivere in un ambiente familiare stabile come membri a tutti gli effetti della famiglia affidataria.

91.

Per tutti questi motivi, ritengo che la nozione di «lavoratore» debba essere interpretata nel senso che genitori affidatari quali quelli di cui al procedimento principale non rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/88.

92.

Di conseguenza, non è necessario esaminare le altre questioni pregiudiziali.

III. Conclusione

93.

Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere come segue alle questioni pregiudiziali sollevate dalla Curtea de Apel Constanţa (Corte d’appello di Costanza, Romania):

La nozione di “lavoratore” deve essere interpretata nel senso che genitori affidatari quali quelli di cui al procedimento principale non rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU 2003, L 299, pag. 9).

( 3 ) Direttiva del Consiglio del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU 1989, L 183, pag. 1).

( 4 ) Ripubblicata nel Monitorul Oficial al Românie, Parte I, n. 159 del 5 marzo 2014, modificata e integrata dall’Ordonanța de urgență a Guvernului (decreto‑legge del governo) del 15 ottobre 2014, n. 65, dalla legge n. 131 dell’8 ottobre 2014, dalla legge n. 52 del 30 marzo 2016 e dalla legge n. 57 dell’11 aprile 2016.

( 5 ) Nella normativa nazionale pertinente i genitori affidatari sono definiti «assistenti genitoriali» («asistent maternal»).

( 6 ) Pubblicato nel Monitorul Oficial al Românie, parte I, n. 443 del 23 giugno 2003.

( 7 ) V., inter alia, sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin (C‑182/15, EU:C:2016:630, punto 20 e giurisprudenza ivi citata).

( 8 ) V. infra, paragrafi 53 e segg.

( 9 ) V., tra altre, sentenze del 1o dicembre 2005, Dellas e a. (C‑14/04, EU:C:2005:728, punto 38); del 10 settembre 2015, Federación de Servicios Privados del sindicato Comisiones obreras (C‑266/14, EU:C:2015:578, punto 48), e del 26 luglio 2017, Hälvä e a. (C‑175/16, EU:C:2017:617, punto 25), nonché ordinanze dell’11 gennaio 2007, Vorel (C‑437/05, EU:C:2007:23, punto 35), e del 4 marzo 2011, Grigore (C‑258/10, non pubblicata, EU:C:2011:122, punti da 81 a 84). V. altresì la comunicazione interpretativa della Commissione sulla direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU 2017, C 165, pag. 1), pag. 14.

( 10 ) Comunicazione interpretativa della Commissione sulla direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU 2017, C 165, pag. 1), pag. 15.

( 11 ) V., a titolo d’esempio, ordinanza dell’11 gennaio 2007, Vorel (C‑437/05, EU:C:2007:23, punto 32 e giurisprudenza ivi citata). V. altresì la comunicazione interpretativa della Commissione sulla direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU 2017, C 165, pag. 1), pag. 15.

( 12 ) V. anche sentenza del 26 luglio 2017, Hälvä e a. (C‑175/16, EU:C:2017:617, in particolare punto 26). In quel caso, la Corte ha accettato di fornire un’interpretazione dell’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 sebbene la controversia pendente dinanzi al giudice del rinvio riguardasse il diritto dei ricorrenti ad integrazioni retributive per ore di lavoro straordinario.

( 13 ) V., a titolo d’esempio, sentenze del 3 ottobre 2000, Simap (C‑303/98, EU:C:2000:528, punti 3536); del 5 ottobre 2004, Pfeiffer e a. (da C‑397/01 a C‑403/01, EU:C:2004:584, punti da 52 a 55); del 3 maggio 2012, Neidel (C‑337/10, EU:C:2012:263, punti 2122), e del 14 ottobre 2010, Union syndicale Solidaires Isère (C‑428/09, EU:C:2010:612, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

( 14 ) Sentenze del 14 ottobre 2010, Union syndicale Solidaires Isère (C‑428/09, EU:C:2010:612, punto 28 e giurisprudenza ivi citata); del 3 maggio 2012, Neidel (C‑337/10, EU:C:2012:263, punti da 23 a 25), e del 21 febbraio 2018, Matzak (C‑518/15, EU:C:2018:82, punto 66).

( 15 ) Sentenza del 3 ottobre 2000, Simap (C‑303/98, EU:C:2000:528, punto 47).

( 16 ) La prima direttiva che ha introdotto norme in materia di orario di lavoro è stata adottata nel 1993. A differenza delle precedenti misure in questo settore, che riguardavano principalmente la creazione di posti di lavoro mediante la riduzione dell’orario di lavoro, la direttiva 93/104/CEE del Consiglio, del 23 novembre 1993, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU 1993, L 307, pag. 18) poneva l’accento sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori. La direttiva 93/104 – insieme a varie direttive settoriali – è stata successivamente abrogata e sostituita dalla direttiva 2003/88. Per maggiori dettagli v. Barnard, C., EU Employment Law, 4a ed., Oxford University Press, Oxford, 2012, pag. 534.

( 17 ) Detta direttiva è stata adottata sul fondamento dell’articolo 137 CE (divenuto articolo 153 TFUE). Sulla sua ratio v. anche sentenze del 26 giugno 2001, BECTU (C‑173/99, EU:C:2001:356, punto 59), e del 12 ottobre 2004, Wippel (C‑313/02, EU:C:2004:607, punti 4647).

( 18 ) Ciò si evince dal considerando 15 della direttiva citata.

( 19 ) V., in tal senso, anche sentenza del 5 ottobre 2004, Pfeiffer e a. (da C‑397/01 a C‑403/01, EU:C:2004:584, punti da 52 a 55).

( 20 ) Nonostante la discrezionalità lasciata agli Stati membri, sembra che la direttiva non affronti adeguatamente molte questioni dell’odierna realtà del lavoro. V., in tal senso, comunicazione della Commissione: Riesame della direttiva sull’orario di lavoro (Seconda consultazione delle parti sociali a livello dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 154 TFUE [COM(2010) 801 definitivo]. Ad esempio, la logica dell’orario «dalle 9 alle 17» è chiaramente presente in molte disposizioni della direttiva, nonostante l’aumento delle nuove modalità di lavoro flessibili che non rispondono a tale logica. V. Barnard, C., EU Employment Law, 4a ed., Oxford University Press, Oxford, 2012, pag. 558.

( 21 ) V. articolo 7, paragrafo 2, della direttiva, riguardante un’indennità finanziaria in sostituzione delle ferie annuali non fruite in caso di fine del rapporto di lavoro.

( 22 ) Sentenze del 3 ottobre 2000, Simap (C‑303/98, EU:C:2000:528, punto 35); del 5 ottobre 2004, Pfeiffer e a. (da C‑397/01 a C‑403/01, EU:C:2004:584, punto 52); del 9 settembre 2003, Jaeger (C‑151/02, EU:C:2003:437, punto 89); del 14 ottobre 2010, Union syndicale Solidaires Isère (C‑428/09, EU:C:2010:612, punti 24, 4041) e del 26 luglio 2017, Hälvä e a. (C‑175/16, EU:C:2017:617, punto 31).

( 23 ) V., tra molte, sentenze del 3 ottobre 2000, Simap (C‑303/98, EU:C:2000:528, punto 49); del 9 settembre 2003, Jaeger (C‑151/02, EU:C:2003:437, punto 65), e del 21 febbraio 2018, Matzak (C‑518/15, EU:C:2018:82, punti 4445 e giurisprudenza ivi citata).

( 24 ) Sentenza del 9 settembre 2003, Jaeger (C‑151/02, EU:C:2003:437, in particolare punti 6068).

( 25 ) Sentenza del 21 febbraio 2018, Matzak (C‑518/15, EU:C:2018:82, punto 66).

( 26 ) Sentenza del 14 ottobre 2010, Union syndicale Solidaires Isère (C‑428/09, EU:C:2010:612).

( 27 ) Ibidem, punto 28, con richiamo alle sentenze del 3 luglio 1986, Lawrie‑Blum (66/85, EU:C:1986:284, punti 1617), e del 23 marzo 2004, Collins (C‑138/02, EU:C:2004:172, punto 26). V. altresì sentenze del 3 maggio 2012, Neidel (C‑337/10, EU:C:2012:263, punto 23), e del 7 settembre 2004, Trojani (C‑456/02, EU:C:2004:488, punti 1516).

( 28 ) V., tra altre, sentenze dell’8 giugno 1999, Meeusen (C‑337/97, EU:C:1999:284, punto 15), e del 4 giugno 2009, Vatsouras e Koupatantze (C‑22/08 e C‑23/08, EU:C:2009:344, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

( 29 ) Sentenza del 13 gennaio 2004, Allonby (C‑256/01, EU:C:2004:18, punto 72).

( 30 ) Sentenza del 14 ottobre 2010, Union syndicale Solidaires Isère (C‑428/09, EU:C:2010:612, punto 30), con richiamo alla sentenza del 20 settembre 2007, Kiiski (C‑116/06, EU:C:2007:536, punto 26 e giurisprudenza ivi citata). V. altresì sentenze dell’11 novembre 2010, Danosa (C‑232/09, EU:C:2010:674, punto 56), e del 1o marzo 2012, O’Brien (C‑393/10, EU:C:2012:110, punti da 42 a 51).

( 31 ) A tale proposito, per un’analisi delle implicazioni della tendenza della Corte ad interpretare la nozione di lavoratore in senso ampio e ad interpretare tale nozione allo stesso modo ai fini dell’articolo 45 TFUE e del diritto derivato senza la debita considerazione delle scelte operate dai legislatori nazionali, v. Paanetoja, J., «Euroopan unionin oikeuden työntekijäkäsitteen laajeneva tulkinta», Lakimies 3‑4/2015, pagg. da 367 a 385.

( 32 ) Sentenze del 12 maggio 1998, Martínez Sala (C‑85/96, EU:C:1998:217, punto 31); del 13 gennaio 2004, Allonby (C‑256/01, EU:C:2004:18, punto 63), e del 1o marzo 2012, O’Brien (C‑393/10, EU:C:2012:110, punto 30).

( 33 ) V., a titolo d’esempio, sentenze del 12 maggio 1998, Martínez Sala (C‑85/96, EU:C:1998:217, punto 32 e giurisprudenza ivi citata); del 23 marzo 2004, Collins (C‑138/02, EU:C:2004:172, punto 70); del 4 giugno 2009, Vatsouras e Koupatantze (C‑22/08 e C‑23/08, EU:C:2009:344, punti 3640 e giurisprudenza ivi citata), e del 25 ottobre 2012, Prete (C‑367/11, EU:C:2012:668, punto 46).

( 34 ) Sentenza del 19 giugno 2014, Saint Prix (C‑507/12, EU:C:2014:2007, punto 47).

( 35 ) Sentenza del 14 ottobre 2010, Union syndicale Solidaires Isère (C‑428/09, EU:C:2010:612, punto 29).

( 36 ) Sentenza del 26 luglio 2017, Hälvä e a., C‑175/16, EU:C:2017:617.

( 37 ) Ibidem, punto 24.

( 38 ) Ibidem, in particolare punto 33.

( 39 ) Mi sembra che una simile soluzione insoddisfacente non potrebbe essere evitata neppure se la Corte affermasse che l’attività di genitori affidatari, benché lavoratori ai fini della direttiva 2003/88, rientra nelle fattispecie di esclusione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 89/391. Questo perché, anche in tale scenario, sarebbe necessario trovare un equilibrio tra i diritti del minore di cui all’articolo 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, da un lato, e i diritti dei lavoratori stabiliti all’articolo 31, paragrafo 2, della medesima Carta, dall’altro.