SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

3 luglio 2019 ( *1 )

«Funzione pubblica – Personale della BEI – Organizzazione degli uffici – Dispensa dal servizio – Accesso all’account di posta elettronica e alle connessioni informatiche – Procedimento precontenzioso – Ricevibilità – Certezza del diritto – Diritto di essere ascoltato – Presunzione d’innocenza – Relazione finale dell’OLAF – Obbligo di motivazione – Responsabilità – Danno materiale – Danno morale»

Nella causa T‑573/16,

PT, membro del personale della Banca europea per gli investimenti, rappresentato da E. Nordh, avvocato,

ricorrente,

contro

Banca europea per gli investimenti (BEI), rappresentata inizialmente da G. Nuvoli, E. Raimond, T. Gilliams e G. Faedo, successivamente da G. Faedo e M. Loizou, in qualità di agenti, assistiti da M. Johansson, B. Wägenbaur, avvocati, e J. Currall, barrister,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 270 TFUE e sull’articolo 50 bis dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e diretta ad ottenere, da un lato, l’annullamento delle decisioni della BEI del 13 aprile, 12 maggio, 16 giugno e 20 ottobre 2015, 6 giugno 2016 e 7 febbraio 2017 sulla dispensa dal servizio del ricorrente, della decisione della BEI del 18 giugno 2015 di bloccare l’accesso del ricorrente al suo account di posta elettronica e alle connessioni informatiche della BEI e delle decisioni della BEI di non comunicargli le sue buste paga e di cancellare il suo nome dall’organigramma pubblicato sull’intranet della BEI e, dall’altro lato, il risarcimento del danno che il ricorrente asserisce di aver subito,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione),

composto da H. Kanninen (relatore), presidente, J. Schwarcz e C. Iliopoulos, giudici,

cancelliere: P. Cullen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 23 gennaio 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza ( 1 )

[omissis]

III. In diritto

[omissis]

D. Nel merito

1.   Sulla domanda di annullamento

[omissis]

a)   Sulla prima parte del primo motivo di ricorso, vertente su una violazione del principio della certezza del diritto

[omissis]

2) Sulla fondatezza della prima parte del primo motivo di ricorso

233

Si deve rammentare che la certezza del diritto, di cui il principio della prevedibilità costituisce parte integrante (v., in tal senso, sentenza dell’11 maggio 2017, Deza/ECHA, T‑115/15, EU:T:2017:329, punto 135 e giurisprudenza ivi citata), costituisce un principio generale del diritto dell’Unione. Tale principio mira a garantire la prevedibilità delle situazioni e dei rapporti giuridici che risultano dal diritto dell’Unione (v. sentenza del 4 maggio 2016, Andres e a./BCE, T‑129/14 P, EU:T:2016:267, punto 35 e giurisprudenza ivi citata) e esige che ogni atto dell’amministrazione che produce effetti giuridici sia chiaro e preciso affinché gli interessati possano conoscere con certezza i propri diritti ed obblighi e regolarsi di conseguenza (v., in tal senso, sentenza del 27 gennaio 2016, DF/Commissione, T‑782/14 P, EU:T:2016:29, punto 45 e giurisprudenza ivi citata). Tale requisito si impone, in particolare, quando l’atto di cui trattasi può avere conseguenze sfavorevoli in capo agli interessati (v., in tal senso, sentenza dell’11 maggio 2017, Deza/ECHA, T‑115/15, EU:C:2017:329, punto 135).

234

Inoltre, da un lato, il principio della certezza del diritto esige che qualsiasi provvedimento che miri a produrre effetti giuridici debba trarre la propria forza vincolante da una disposizione del diritto dell’Unione che dev’essere espressamente indicata come base giuridica (v., in tal senso, sentenza dell’11 maggio 2017, Deza/ECHA, T‑115/15, EU:T:2017:329, punto 135 e giurisprudenza ivi citata). Tale esigenza si impone anche con riferimento all’obbligo di motivazione (v., in tal senso, sentenza del 1o ottobre 2009, Commissione/Consiglio, C‑370/07, EU:C:2009:590, punto 55).

235

L’omissione di un riferimento ad una precisa disposizione, certamente, non può costituire un vizio sostanziale qualora la base giuridica dell’atto di cui trattasi possa essere determinata con il sostegno di altri suoi elementi. Un riferimento esplicito è tuttavia indispensabile qualora, in sua mancanza, gli interessati e i giudici dell’Unione siano lasciati nell’incertezza circa la precisa base giuridica di tale atto (sentenza del 14 giugno 2016, Commissione/McBride e a., C‑361/14 P, EU:C:2016:434, punto 48).

236

Dall’altro lato, il principio della certezza del diritto esige che le conseguenze dell’atto di cui trattasi siano prevedibili (v., in tal senso, sentenza del 12 giugno 2015, Health Food Manufacturers’ Association e a./Commissione, T‑296/12, EU:C:2015:375, punto 86).

237

La portata della nozione di prevedibilità dipende tuttavia in larga parte dal contenuto dell’atto di cui trattasi, dal settore interessato, nonché dalla qualità del suo destinatario. In particolare, tale nozione non impedisce che l’interessato sia portato a ricorrere ad un illuminato parere legale al fine di valutare, in una misura ragionevole in base alle circostanze della causa, le conseguenze che possono risultare da tale atto (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punto 219).

238

Nel caso di specie, va osservato, al pari del ricorrente, che la nozione di dispensa dal servizio non trova fondamento espresso né nel regolamento del personale 2009, né in nessun altro testo normativo del diritto dell’Unione. Non risulta dai documenti del fascicolo che il ricorso a misure come la dispensa dal servizio del ricorrente sia una prassi corrente o anche conosciuta in seno alla BEI, in particolare, e alle istituzioni dell’Unione, in generale. In occasione delle riunioni del 13 marzo e del 15 giugno 2015, si è, del resto, fatto espresso riferimento al carattere «speciale» della dispensa dal servizio del ricorrente.

239

Orbene, né la decisione del 13 aprile 2015, né quella del 12 maggio 2015, costituiscono la base giuridica sulla quale la BEI intendeva fondare la dispensa dal servizio del ricorrente. Di natura particolarmente succinta, tali decisioni non contengono alcuna norma di diritto, né elementi che avrebbero potuto consentire al ricorrente di identificare una simile base giuridica. Infatti, nella decisione del 13 aprile 2015, la BEI si limita a fare riferimento alla «situazione sul luogo di lavoro» del ricorrente, all’indagine dell’Ispettorato generale e all’interesse del servizio e del ricorrente e indica, senza ulteriori precisazioni, che il ricorrente è «temporaneamente sollevato dai propri obblighi professionali» e che i suoi diritti statutari restano invariati. La decisione del 12 maggio 2015 è ancora più concisa, in quanto si limita a rinviare al proseguimento dell’indagine, al benessere del ricorrente e dei suoi superiori gerarchici e ad un’eventuale riassegnazione del ricorrente.

240

Orbene, nonostante l’assenza di riferimento alla base giuridica della dispensa dal servizio del ricorrente nelle decisioni del 13 aprile e 12 maggio 2015, la BEI, per diversi mesi, ha omesso di rispondere alle richieste di chiarimenti del ricorrente a tale riguardo, limitandosi a informarlo, tramite il direttore della sua direzione delle relazioni sociali e dei servizi amministrativi, che la sua dispensa dal servizio non costituiva una sospensione ai sensi dell’articolo 39 del regolamento del personale 2009. Non è pertanto contestato che la BEI, in particolare, ha omesso di rispondere a un messaggio di posta elettronica del 13 marzo 2015 con cui il ricorrente le chiedeva espressamente di «fare riferimento alla base giuridica della decisione» recante dispensa dal servizio che la BEI intendeva adottare (v. punto 224 supra). Solo il 16 giugno 2015, ossia successivamente alla scadenza delle decisioni del 13 aprile e 12 maggio 2015 e su espressa richiesta dei legali del ricorrente, la BEI ha individuato, l’ampio potere discrezionale di cui godrebbe l’amministrazione nell’organizzazione dei suoi servizi e il dovere di sollecitudine che gli incombeva, come fondamento della dispensa dal servizio del ricorrente.

241

In tali circostanze, il ricorrente non poteva, prima del 16 giugno 2015, malgrado la sua formazione di giurista e anche ricorrendo a consulenti esperti, dissipare i dubbi che esso nutriva in ordine alla base giuridica sulla quale si fondavano le decisioni del 13 aprile e del 12 maggio 2015. Si deve quindi concludere che la BEI ha lasciato il ricorrente in una situazione di incertezza prolungata quanto alla portata di tali decisioni. Gli era quindi impossibile conoscere, senza ambiguità, i suoi diritti e i suoi obblighi e regolarsi di conseguenza.

242

Tale conclusione si impone a maggior ragione in quanto, come rileva in sostanza il ricorrente, l’interpretazione che la BEI ha inteso dare alla nozione di dispensa (dal servizio) e all’espressione «sollevato» (dai suoi obblighi professionali) nelle decisioni del 13 aprile e del 12 maggio 2015 si discosta notevolmente dal loro senso ordinario. Infatti, la nozione di dispensa rinvia, nella sua accezione ordinaria, ad un’autorizzazione a non fare ciò che è prescritto. Quanto all’espressione «sollevato», essa rinvia, nella sua accezione ordinaria, ad un esonero, al fatto di non essere più tenuto a fare ciò che è prescritto. Orbene, nel caso di specie, la BEI ha utilizzato la nozione di dispensa e l’espressione «sollevato» per descrivere un divieto di fare ciò che era prescritto. Come espressamente riconosciuto dalla BEI in udienza, il ricorrente «non p[oteva] lavorare» a causa della sua dispensa dal servizio. La corrispondenza tra il ricorrente e la BEI dimostra tale ambiguità. Pertanto, la risposta del ricorrente ad un messaggio di posta elettronica di natura professionale il 15 aprile 2015 gli ha comportato un «richiamo all’ordine» del direttore della direzione «Rischi finanziari» della DG RM. Tuttavia, quest’ultimo non ha indicato al ricorrente che gli fosse vietato lavorare, ma soltanto che «ufficialmente non era in servizio» e che non ci si aspettava che lavorasse o rispondesse ai suoi messaggi di posta elettronica.

243

Ne consegue che, in mancanza di identificazione della base giuridica utilizzata, le decisioni del 13 aprile e 12 maggio 2015 sono viziate da una violazione del principio di certezza del diritto, nonché da un difetto di motivazione.

244

Al contrario, le decisioni del 16 giugno e 20 ottobre 2015 identificano con chiarezza e precisione la base giuridica a loro fondamento o, almeno, contengono indicazioni che consentono al ricorrente di identificarla senza possibile ambiguità.

245

Inoltre, la decisione del 16 giugno 2015 indica, in particolare, quanto segue:

«Inoltre, per quanto riguarda la Sua richiesta di chiarimenti circa la base giuridica della dispensa, richiesta formulata dai suoi avvocati nella lettera del 3 giugno 2015, La preghiamo di notare che la BEI, al pari di qualsiasi altra istituzione dell’Unione, dispone di ampi poteri discrezionali per quanto riguarda l’organizzazione dei suoi servizi e del suo personale. Tali [poteri] includono il potere di disporre una dispensa dal servizio, in particolare, in conformità con la giurisprudenza, quando l’amministrazione si trova di fronte a incidenti incompatibili con l’ordine e la serenità del servizio. La BEI è tenuta ad intervenire con tutta l’energia necessaria e [a] rispondere con la rapidità e la sollecitudine richieste dal caso di specie al fine di accertare i fatti e, pertanto, di poter trarre, con piena cognizione di causa, le dovute conseguenze.

Conseguentemente, in circostanze come quelle della presente causa, la [BEI], da un lato, ha adottato i provvedimenti amministrativi provvisori urgenti che riteneva necessari per ripristinare condizioni di lavoro serene conformemente alle esigenze di buona amministrazione e di sollecitudine. Tali misure sono state adottate con la diligenza richiesta alla [BEI] nella trattazione della situazione di una persona.

Dall’altro lato, la [BEI] ha rapidamente tentato di accertare i fatti rilevanti per quanto riguarda le situazioni o le accuse segnalate al fine di decidere circa ulteriori misure. Alla luce della natura degli incidenti nella presente causa, la [BEI] ha proceduto con particolare attenzione.

(…)

La presente conferma della Sua dispensa è principalmente fondata su:

a)

il forte interesse del servizio che richiede misure di protezione formali da parte della [BEI] per trattare la situazione sul Suo luogo di lavoro, dove il rapporto con il Suo superiore gerarchico era divenuto a tal punto intollerabile che il funzionamento normale del servizio non era più possibile. Un ripristino del funzionamento della divisione non era più possibile senza separarLa dal Suo superiore gerarchico;

b)

l’obbligo di prendere in considerazione [l’] interesse del Suo superiore gerarchico, che si era sentito minacciato dal Suo comportamento e non era più in grado di portare a termine le Sue attività professionali quando Lei era presente alla [BEI];

c)

l’obbligo di prendere in considerazione i Suoi interessi nel senso che l’amministrazione ha un obbligo di non esporLa alle persone contro cui ha elevato accuse».

246

La decisione del 20 ottobre 2015«conferma» la dispensa dal servizio del ricorrente, indica che la questione della base giuridica utilizzata è stata precedentemente risolta e fornisce le seguenti precisazioni:

«La dispensa rientra a pieno titolo nell’ambito delle competenze dell’amministrazione della [BEI] e, più in particolare, nell’ambito delle prerogative e delle competenze del presidente [della BEI] di amministrare il personale della [BEI] nella sua qualità ufficiale di autorità che ha il potere di nomina, in forza del [protocollo n. 5 sugli statuti della BEI] e del regolamento interno della BEI (articolo 23, paragrafo 3)».

247

Tuttavia, la mera circostanza che le decisioni del 16 giugno e 20 ottobre 2015 individuino espressamente o consentano agevolmente al ricorrente di identificare la base giuridica utilizzata non è sufficiente a concludere che esse siano conformi ai requisiti del principio della certezza del diritto. Inoltre, è necessario che, conformemente alla giurisprudenza citata ai punti 233, 234 e 236 supra, il ricorrente sia in grado di valutare con un sufficiente grado di precisione la portata, in particolare temporale, di tali decisioni e quindi di determinare per quanto tempo sarebbe dispensato dal servizio. Tale esigenza si imponeva a maggior ragione dal momento che una dispensa dal servizio prolungata come quella di cui il ricorrente è stato oggetto, non solo equivale a una decisione di sospensione dalle funzioni ai sensi dell’articolo 39 del regolamento del personale 2009, in quanto lo priva della possibilità di assolvere le sue funzioni (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 16 dicembre 2015, DE/EMA, F‑135/14, EU:F:2015:152, punti 3940), ma può anche avere rilevanti conseguenze negative sulla sua situazione professionale, amministrativa e finanziaria.

248

Infatti, in primo luogo, una dispensa dal servizio prolungata come quella di cui il ricorrente è stato oggetto può incidere sui suoi diritti statutari in modo sfavorevole. Poiché gli è vietato lavorare, un membro del personale della BEI che, come il ricorrente, è dispensato dal servizio per un periodo prolungato non può essere utilmente valutato ai sensi dell’articolo 22 del regolamento del personale 2009, né, di conseguenza, beneficiare di una promozione basata sul merito ai sensi dell’articolo 23 del medesimo regolamento.

249

In secondo luogo, una dispensa dal servizio prolungata come quella di cui il ricorrente è stato oggetto può incidere sui suoi diritti pecuniari in modo sfavorevole. Ciò avverrebbe anche qualora, come nel caso di specie, lo stipendio dell’interessato continui ad essere corrisposto per tutta la durata della sua dispensa dal servizio. Si deve, infatti, ricordare che la retribuzione di un membro del personale della BEI, quale il ricorrente, può comprendere non solo lo stipendio, ma anche, in particolare, i premi annuali di cui all’allegato II del regolamento del personale 2009. Orbene, dal momento che una dispensa dal servizio prolungata come quella di cui il ricorrente è stato oggetto osta a che il suo rendimento sia valutato per un periodo prolungato (v. punto 248 supra) egli è, in pratica, privato della possibilità di ottenere siffatti premi. Non potendo, in un caso del genere, neppure beneficiare di una promozione (v. punto 248), egli è altresì privato di qualsiasi possibilità di ottenere l’aumento di stipendio che accompagna qualsiasi promozione in forza dell’articolo 23 del regolamento del personale 2009.

250

In terzo luogo, poiché nessun compito è assegnato ad un membro del personale della BEI che, come il ricorrente, è stato oggetto di una dispensa dal servizio prolungata, egli può, nonostante il mantenimento del suo stipendio, far valere un danno ai suoi interessi morali (v., in tal senso, sentenza del 16 dicembre 2015, DE/EMA, F‑135/14, EU:F:2015:152, punto 42) e al principio della corrispondenza tra il grado e l’impiego, secondo cui le funzioni di un funzionario o di un agente dell’Unione non devono essere nettamente declassate rispetto a quelle corrispondenti al suo grado e impiego, tenuto conto della loro natura, della loro importanza e della loro ampiezza (sentenze del 23 marzo 1988, Hecq/Commissione, 19/87, EU:C:1988:165, punto 7, e del 28 maggio 1998, W/Commissione, T‑78/96 e T‑170/96, EU:T:1998:112, punto 104). Infatti, contrariamente a quanto sostiene la BEI, la portata di tale principio non è affatto limitata alle decisioni di riassegnazione (v., in tal senso, sentenza dell’8 maggio 2008, Kerstens/Commissione, F‑119/06, EU:F:2008:54, punto 45).

251

Orbene, a differenza non soltanto delle decisioni del 13 aprile e del 12 marzo 2015, la cui durata era espressamente limitata ad un mese, ma anche di una decisione di sospensione in applicazione dell’articolo 39 del regolamento del personale 2009, la cui durata massima è di tre mesi salvo procedimenti penali, le decisioni del 16 giugno e 20 ottobre 2015 non sono accompagnate da alcuna limitazione temporale. È vero che tali decisioni ricordano la natura provvisoria della dispensa dal servizio del ricorrente e precisano, in sostanza, che il suo termine è subordinato al verificarsi di un evento futuro. Si deve, tuttavia, constatare che la data del verificarsi di tale evento non era determinabile con un sufficiente grado di precisione alla data di adozione delle suddette decisioni.

252

Infatti, la decisione del 16 giugno 2015 si limita a subordinare il termine della dispensa dal servizio del ricorrente alla conclusione dell’«indagine formale» dell’OLAF. La nozione di indagine formale non figura nel regolamento n. 883/2013, né nel regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, relativo alle indagini svolte dall’OLAF (GU 1999, L 136, pag. 1), che il regolamento n. 883/2013 ha abrogato. Tuttavia, dal resoconto della riunione del 15 giugno 2015 risulta che, contrariamente a quanto lasciano intendere le memorie del ricorrente, tale nozione rinvia non a quella di «indagine amministrativa» definita all’articolo 2, paragrafo 4, del regolamento n. 883/2013, ma, in modo generico, al procedimento dinanzi all’OLAF, il quale si conclude con la redazione di una relazione d’indagine. Infatti, nel corso di tale riunione, il direttore della direzione delle relazioni sociali e dei servizi amministrativi della BEI ha indicato al ricorrente che si prevedeva di estendere la sua dispensa dal servizio fino a quando la relazione dell’OLAF fosse disponibile.

253

Analogamente, la decisione del 20 ottobre 2015 si limita a subordinare il termine della dispensa dal servizio del ricorrente al termine dei «lavori» dell’OLAF. La nozione di lavori non è utilizzata in tal modo né nel regolamento n. 883/2013, né nel regolamento n. 1073/1999, che il regolamento n. 883/2013 ha abrogato. Tuttavia, alla luce delle considerazioni svolte al punto 252 supra, il ricorrente poteva comprendere che, al pari della nozione di indagine formale, la nozione di lavori rinviava, in modo generico, al procedimento dinanzi all’OLAF, il quale si conclude con la redazione di una relazione d’indagine.

254

Orbene, occorre constatare che il regolamento n. 883/2013 non assoggetta la redazione di una relazione d’indagine dell’OLAF ad alcun limite temporale determinato. Tale regolamento si limita a indicare, senza ulteriori precisazioni, che un rapporto d’indagine dell’OLAF è redatto «[al] termine» o «in seguito» all’indagine amministrativa quale definita all’articolo 2, paragrafo 4, di detto regolamento e la cui durata non è neppure assoggettata ad un limite temporale determinato. Infatti, l’articolo 7, paragrafo 8, di detto regolamento prevede che, se un’indagine non può essere chiusa entro dodici mesi dal suo avvio, il direttore generale dell’OLAF, allo scadere di tale periodo di dodici mesi e successivamente ogni sei mesi, riferisce al comitato di vigilanza dell’OLAF, indicando i motivi e le misure correttive previste al fine di accelerare l’indagine.

255

Le dichiarazioni del direttore della direzione delle relazioni sociali e dei servizi amministrativi della BEI in occasione della riunione del 15 giugno 2015, che mirava a sentire il ricorrente prima dell’adozione della decisione del 16 giugno 2015, confermano la difficoltà di prevedere con la minima precisione o certezza l’insorgenza di un termine legato alla conclusione del procedimento dinanzi all’OLAF. Infatti, nel corso di tale riunione, il direttore della direzione delle relazioni sociali e dei servizi amministrativi della BEI ha indicato al ricorrente che si era previsto di estendere la sua dispensa dal servizio finché la relazione dell’OLAF non fosse disponibile e che «si sperava che ciò avvenisse prima delle vacanze estive, ma [che] non gli poteva essere fornita alcuna garanzia in merito, poiché la B[EI] non aveva alcun controllo sul procedimento dell’OLAF».

256

In tali circostanze, il ricorrente non poteva determinare, con un sufficiente grado di precisione, la portata temporale delle decisioni del 16 giugno e 20 ottobre 2015. Gli era dunque impossibile conoscere senza ambiguità i suoi diritti e i suoi obblighi e regolarsi di conseguenza.

257

Le decisioni del 16 giugno e 20 ottobre 2015, al pari delle decisioni del 13 aprile e 12 maggio 2015, sono, conseguentemente, inficiate da una violazione del principio della certezza del diritto.

258

L’argomento della BEI secondo cui solo con una dispensa dal servizio era possibile porre fine al conflitto tra il ricorrente e i suoi superiori gerarchici, sulla base del rilievo che non sarebbe stato possibile riassegnarlo presso un altro servizio né distaccarlo presso un altro organismo, non è idoneo a rimettere in discussione tale conclusione. L’ampio potere discrezionale di cui la BEI sostiene di godere nell’organizzazione dei suoi servizi in funzione dei compiti ad essa affidati e nell’assegnazione, in vista di questi ultimi, del personale che si trova a sua disposizione non è, infatti, illimitato. Al contrario, tale potere deve essere esercitato nell’interesse del servizio e nel rispetto del principio della corrispondenza tra il grado e il posto (v. sentenza del 19 giugno 2015, Z/Corte di giustizia, T‑88/13 P, EU:T:2015:393, punto 105 e giurisprudenza ivi citata), nonché del dovere di sollecitudine, dei principi generali del diritto dell’Unione e dei diritti fondamentali dell’interessato (v., in tal senso, sentenze del 13 dicembre 2017, HQ/OCVV, T‑592/16, non pubblicata, EU:C:2017:897, punti 2627, del 2 maggio 2007, Giraudy/Commissione, F‑23/05, EU:C:2007:75, punto 141 e del 9 ottobre 2007, Bellantone/Corte dei conti, F‑85/06, EU:C:2007:171, punto 61). Detto potere non era quindi tale da consentire all’amministrazione di sottrarsi alle esigenze del principio della certezza del diritto o ancora del principio della corrispondenza tra il grado e il posto per esonerare il ricorrente dalla sua attività professionale per un periodo prolungato, la cui durata non fosse determinabile con precisione, e con le rilevanti conseguenze sfavorevoli descritte ai punti da 247 a 250 supra.

259

Se la BEI avesse ritenuto che il comportamento del ricorrente fosse assimilabile ad un motivo grave che poteva comportare il suo licenziamento senza preavviso, essa avrebbe dovuto avviare nei suoi confronti un procedimento disciplinare e sospenderlo ai sensi dell’articolo 39 del regolamento del personale 2009. Se, invece, la BEI avesse ritenuto, come da essa sostenuto in udienza, che il comportamento del ricorrente non rientrasse nell’ambito di applicazione di tale disposizione, ma che il proseguimento della sua collaborazione con lo stesso fosse impossibile, essa avrebbe dovuto, fatto salvo il rispetto delle norme applicabili, risolvere il suo contratto in applicazione dell’articolo 16 del regolamento del personale 2009.

260

Si deve quindi accogliere la prima parte del primo motivo di ricorso e, di conseguenza, annullare le decisioni del 13 aprile, 12 maggio, 16 giugno e 20 ottobre 2015.

[omissis]

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

 

1)

Le decisioni della Banca europea per gli investimenti (BEI) del 13 aprile, 12 maggio, 16 giugno e 20 ottobre 2015, del 6 giugno 2016 e 7 febbraio 2017, sulla dispensa dal servizio di PT, nonché la decisione della BEI del 18 giugno 2015 di bloccare l’accesso di PT al suo account di posta elettronica e alle connessioni informatiche della BEI sono annullate.

 

2)

La BEI è condannata a versare a PT, a titolo di risarcimento del danno morale da quest’ultimo subito, un importo di EUR 25000, oltre a interessi moratori, a decorrere dalla data della pronuncia della presente sentenza, al tasso fissato dalla Banca centrale europea (BCE) per le operazioni principali di rifinanziamento, maggiorato di 3,5 punti.

 

3)

Il ricorso è respinto quanto al resto.

 

4)

La BEI è condannata alle spese.

 

Kanninen

Schwarcz

Iliopoulos

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 3 luglio 2019.

Firme


( *1 ) Lingua processuale: lo svedese.

( 1 ) Sono riprodotti soltanto i punti della presente sentenza la cui pubblicazione è ritenuta utile dal Tribunale.