SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

27 febbraio 2018 ( *1 )

«Accesso ai documenti – Regolamento (CE) n. 1049/2001 – Documenti riguardanti una decisione della Commissione relativa alla concessione di un prestito Euratom a sostegno del programma ucraino di miglioramento della sicurezza dei reattori nucleari – Diniego parziale di accesso – Eccezione relativa alla tutela dell’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali – Eccezione relativa alla tutela degli interessi commerciali – Interesse pubblico prevalente – Regolamento (CE) n. 1367/2006 – Applicazione ai documenti relativi alle decisioni prese nell’ambito del Trattato CEEA»

Nella causa T‑307/16,

CEE Bankwatch Network, con sede a Praga (Repubblica ceca), rappresentata da C. Kiss, avvocato,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da C. Zadra, F. Clotuche‑Duvieusart e C. Cunniffe, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, inizialmente rappresentato da M. Holt e D. Robertson, successivamente da S. Brandon, in qualità di agenti,

interveniente,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione C(2016) 2319 final della Commissione, del 15 aprile 2016, che nega, sulla base del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43), l’accesso a una serie di documenti riguardanti la decisione C(2013) 3496 final della Commissione, del 24 giugno 2013, relativa alla concessione di un prestito Euratom a sostegno del programma ucraino di miglioramento della sicurezza dei reattori nucleari,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),

composto da I. Pelikánová, presidente, P. Nihoul (relatore) e J. Svenningsen, giudici,

cancelliere: E. Coulon

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti

Decisione C(2013) 3496 final

1

Il 24 giugno 2013, la Commissione europea, con la decisione C(2013) 3496 final (in prosieguo: la «decisione di concessione»), ha concesso un prestito Euratom alla Compagnia nazionale di produzione di energia dell’Ucraina (Energoatom) a sostegno del programma ucraino di miglioramento della sicurezza dei reattori nucleari. Tale prestito era garantito dal governo ucraino.

2

La decisione di concessione è stata adottata in applicazione della decisione 77/270/Euratom del Consiglio, del 29 marzo 1977, che abilita la Commissione a contrarre prestiti Euratom per contribuire al finanziamento delle centrali elettronucleari (GU 1977, L 88, pag. 9), come modificata dalla decisione 94/179/Euratom, del 21 marzo 1994 (GU 1994, L 84, pag. 41). Ai sensi dell’articolo 1 di tale decisione, la Commissione è abilitata a contrarre a nome della Comunità europea dell’energia atomica, entro i limiti di importi stabiliti dal Consiglio, prestiti i cui proventi saranno destinati, sotto forma di mutui, al finanziamento dei progetti destinati a rafforzare la sicurezza e l’efficienza del parco nucleare dei vari paesi terzi indicati nell’allegato, tra cui l’Ucraina.

Domanda di accesso ai documenti

3

La ricorrente, la CEE Bankwatch Network, è un’associazione di organizzazioni non governative, istituita in base al diritto ceco. Secondo il proprio statuto, tale associazione ha il compito di controllare le attività delle istituzioni finanziarie internazionali che operano in tale regione e di promuovere soluzioni alternative alle loro politiche e ai loro progetti, che siano sostenibili sotto il profilo ambientale, sociale ed economico, quando possibile. Ha sede a Praga (Repubblica ceca).

4

Il 6 e il 7 novembre 2015, la ricorrente ha chiesto alla Commissione, sulla base dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43), l’accesso a diversi documenti relativi alla decisione di concessione.

5

La domanda di accesso verteva su cinque documenti o categorie di documenti:

la convenzione di prestito del 7 agosto 2013 stipulata tra l’Ucraina e la Comunità europea dell’energia atomica, in particolare le clausole sui requisiti ambientali e sociali (punto 1 della domanda di accesso);

gli elementi di prova e i pareri specifici provenienti dalle consultazioni interservizi descritti al considerando 12 della decisione di concessione, di cui la commissione ha tenuto conto nel valutare l’attuazione delle condizioni preliminari per l’erogazione della prima rata, relativa alle principali attività dell’Ucraina nel settore nucleare e ambientale (punto 2 della domanda di accesso);

le comunicazioni ufficiali tra la Commissione e l’Ucraina relative agli impegni assunti da quest’ultima di rispettare gli accordi internazionali sull’ambiente, compresa la convenzione sulla valutazione dell’impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, firmata a Espoo (Finlandia) il 25 febbraio 1991, approvata a nome della Comunità europea il 24 giugno 1997 ed entrata in vigore il 10 settembre dello stesso anno, nonché la convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, firmata a Aarhus il 25 giugno 1998 (in prosieguo: la «convenzione di Aarhus») e approvata a nome della Comunità con la decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005 (GU 2005, L 124, pag. 1), tenuto conto, in particolare, della decisione adottata dalla riunione delle Parti della Convenzione di Espoo del giugno 2014, che ha constatato che l’Ucraina era venuta meno agli obblighi previsti dall’articolo 2, paragrafo 2, di tale convenzione per quanto riguarda il quadro amministrativo e giuridico generale per la presa di decisioni sull’estensione della durata di vita dei reattori nucleari (paragrafo 69 della decisione VI/2) (punto 3 della domanda di accesso);

la raccomandazione della Banca europea per gli investimenti (BEI) sugli aspetti finanziari ed economici del progetto di prestito, presentata nel quadro del processo d’istruzione del prestito (punto 4 della domanda di accesso);

tutte le comunicazioni ricevute dal governo ucraino o da altre parti in merito alla prevista proroga della durata di vita dell’unità 2 della centrale nucleare del sud dell’Ucraina e dell’unità 1 della centrale nucleare di Zaporijia (Ucraina) (punto 5 della domanda di accesso).

6

Con lettera del 21 dicembre 2015, la Commissione ha risposto come segue alla domanda che le era stata inviata:

per quanto riguarda il punto 1 della domanda di accesso, essa ha comunicato due estratti della convenzione di prestito, relativi ai requisiti ambientali e sociali;

per quanto riguarda il punto 2 della domanda di accesso, essa ha rifiutato l’accesso in quanto i documenti in questione erano coperti dall’eccezione di cui dall’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, del regolamento n. 1049/2001, relativo ai casi in cui una divulgazione pregiudicherebbe gravemente il processo decisionale dell’istituzione;

per quanto riguarda il punto 3 della domanda di accesso, essa ha trasmesso alla ricorrente due lettere inviate dalla direzione generale (DG) «Ambiente» della Commissione a più autorità ucraine;

per quanto riguarda il punto 4 della domanda di accesso, essa ha rifiutato l’accesso in quanto il documento era coperto dall’eccezione di cui dall’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001, relativo ai casi in cui una divulgazione pregiudicherebbe la tutela degli interessi commerciali di una persona fisica o giuridica;

per quanto riguarda il punto 5 della domanda di accesso, essa ha dichiarato che non disponeva di alcun documento e ha rinviato la ricorrente a un collegamento ipertestuale.

7

Con lettera del 19 gennaio 2016, la ricorrente ha presentato, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, una domanda di conferma alla Commissione, affinché quest’ultima modificasse la propria posizione rispetto ai documenti di cui ai punti 1, 2, 3 e 4 della sua domanda di accesso. Per contro, la ricorrente non ha più presentato alcuna domanda relativamente al punto 5. Nella sua domanda di conferma, la ricorrente ha invocato il regolamento (CE) n. 1367/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006, sull’applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della convenzione di Aarhus (GU 2006, L 264, pag. 13).

8

Con lettera del 9 febbraio 2016, la Commissione ha prorogato il termine per la risposta di quindici giorni lavorativi, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001. Con lettera del 1o marzo 2016, essa ha, nuovamente, prorogato il termine per rispondere alla domanda di conferma.

Atto impugnato

9

Con la sua decisione C(2016) 2319 final, del 15 aprile 2016 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la Commissione ha risposto alla domanda di conferma. Nella decisione impugnata, la Commissione ha sostenuto, in via preliminare, che il regolamento n. 1367/2006 non era applicabile al caso di specie.

10

Per quanto riguarda il punto 1 della domanda di accesso (convenzione di prestito), la Commissione ha confermato la propria decisione di concedere un accesso solo parziale alla convenzione di prestito, limitato alle clausole ambientali e sociali contenute in tale documento. Essa ha ritenuto che il resto della convenzione di prestito non dovesse essere divulgato basandosi, da un lato, sull’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, relativa alla tutela dell’interesse pubblico in ordine alle relazioni internazionali, e, dall’altro, sull’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del medesimo regolamento, riguardante la tutela degli interessi commerciali.

11

Per quanto riguarda il punto 2 della domanda di accesso (consultazioni interservizi e prove concernenti la valutazione preliminare al versamento della prima rata del prestito), la Commissione ha autorizzato l’accesso a tre documenti: una nota della DG «Ambiente» alla DG «Affari economici e finanziari» della Commissione del 24 ottobre 2014 e due lettere della Energoatom alla DG «Ambiente» del 31 luglio 2014. Basandosi sull’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001, relativa alla tutela della vita privata e dell’integrità dell’individuo, essa ha tuttavia rifiutato, per ciascuno di tali documenti, di trasmettere i nomi, i titoli e le firme delle persone menzionate.

12

Per quanto riguarda il punto 3 della domanda di accesso (comunicazioni ufficiali tra la Commissione e l’Ucraina), la Commissione ha affermato che non esisteva alcuna altra comunicazione rientrante in questa categoria al di fuori delle due lettere della DG «Ambiente» già trasmesse per posta il 21 dicembre 2015.

13

Per quanto riguarda il punto 4 della domanda di accesso (raccomandazione della BEI), la Commissione ha autorizzato un accesso alla raccomandazione della BEI, ma ha ritenuto che tale accesso dovesse essere limitato. A tal proposito essa si è basata, ancora una volta, sull’eccezione relativa alla tutela degli interessi commerciali, di cui all’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001. Essa ha inoltre fatto valere, nella decisione impugnata, che alcune parti del documento alle quali essa negava l’accesso riproducevano clausole del contratto di prestito la cui divulgazione – come essa ha ritenuto di aver già dimostrato – arrecherebbe pregiudizio ai suoi interessi commerciali e a quelli della Energoatom.

14

Per quanto riguarda il punto 5 della domanda di accesso (comunicazioni relative alla proroga della durata di vita dei due reattori), la Commissione ha confermato di non essere in possesso di alcun documento che, a suo parere, fosse rilevante per rispondere alla domanda.

15

Infine, la Commissione ha ritenuto che non vi fosse nel caso di specie alcun interesse pubblico prevalente ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, che giustificasse una divulgazione completa della convenzione di prestito e della raccomandazione della BEI.

Procedimento e conclusioni delle parti

16

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 17 giugno 2016, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

17

Il 16 settembre 2016, la Commissione ha presentato un controricorso.

18

Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 13 ottobre 2016, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord ha chiesto di essere ammesso a intervenire nella presente causa a sostegno delle conclusioni della Commissione. Tale intervento è stato ammesso con ordinanza del presidente della Prima Sezione del Tribunale del 17 novembre 2016.

19

Il 22 novembre 2016 la ricorrente ha depositato la sua replica.

20

Con lettera del 19 dicembre 2016, il Regno Unito ha informato il Tribunale che rinunciava a depositare la sua memoria d’intervento.

21

Il 9 gennaio 2017 la Commissione ha depositato la sua controreplica.

22

Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Prima Sezione) ha constatato che le parti non avevano presentato alcuna domanda di fissazione di udienza entro il termine previsto all’articolo 207, paragrafo 1, del suo regolamento di procedura e ha deciso di statuire senza la fase orale del procedimento, conformemente al paragrafo 2 della medesima disposizione.

23

Nel ricorso la ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

annullare la decisione impugnata;

condannare la Commissione alle spese.

24

Nel controricorso, la Commissione chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare la ricorrente alle spese.

25

Con ordinanza del 24 aprile 2017, il Tribunale, ai sensi dell’articolo 91, lettera c), e dell’articolo 92 del suo regolamento di procedura, ha ordinato alla Commissione di produrre integralmente il contratto di prestito e la raccomandazione della BEI. Tali documenti sono stati trasmessi al Tribunale il 2 maggio 2017 e non sono stati notificati alla ricorrente né al Regno Unito, conformemente all’articolo 104 del regolamento di procedura.

In diritto

26

Nel ricorso, la ricorrente deduce quattro motivi, vertenti, rispettivamente:

su un errore commesso dalla Commissione nell’identificazione delle norme applicabili, in quanto essa non avrebbe applicato il regolamento n. 1367/2006 alla domanda di accesso che le era stata indirizzata;

sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, relativo alla tutela dell’interesse pubblico in ordine alle relazioni internazionali;

sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001, relativo alla tutela degli interessi commerciali;

sulla violazione dell’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, in quanto la Commissione non avrebbe verificato se una divulgazione fosse giustificata da un interesse pubblico prevalente.

27

Nella replica, la ricorrente fa valere che la Commissione europea avrebbe violato l’articolo 42 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in quanto, nella sua risposta del 21 dicembre 2015, nella decisione impugnata e nel suo controricorso, la Commissione non avrebbe sufficientemente preso in considerazione gli argomenti sviluppati dalla ricorrente nel corso del procedimento amministrativo e contenzioso.

Regolamento n. 1049/2001

28

In via preliminare, occorre rilevare che il regime generale relativo all’accesso del pubblico ai documenti detenuti da un’istituzione, vale a dire formati o ricevuti dalla medesima e che si trovino in suo possesso, è stato stabilito dal regolamento n. 1049/2001.

29

Conformemente al suo considerando 1, tale regolamento si riconduce all’intento, espresso all’art. 1, secondo comma, TUE, inserito con il Trattato di Amsterdam, di segnare una nuova tappa nel processo di creazione di un’unione sempre più stretta tra i popoli dell’Europa, in cui le decisioni siano adottate nel modo più trasparente possibile e più vicino possibile ai cittadini. Come ricorda il considerando 2 di detto regolamento, il diritto di accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni è connesso al carattere democratico di queste ultime (sentenze del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, Racc., EU:C:2008:374, punto 34, e del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punto 72).

30

A tal fine, il suddetto regolamento è volto, come indicano il suo considerando 4 e il suo articolo 1, a conferire al pubblico un diritto d’accesso, che sia il più ampio possibile, ai documenti delle istituzioni (sentenze del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 33, e del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punto 73).

31

Tale diritto è comunque sottoposto a determinati limiti basati su motivi di interesse pubblico o privato. Più specificamente, in conformità del suo considerando 11, il regolamento n. 1049/2001 prevede, al suo articolo 4, un regime di eccezioni che autorizzano le istituzioni a rifiutare l’accesso a un documento nel caso in cui la divulgazione di quest’ultimo arrechi pregiudizio a uno degli interessi tutelati da tale disposizione (sentenza del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punto 74).

32

Pertanto, l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, consente a tali istituzioni di rifiutare l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela dell’interesse pubblico, in ordine alle relazioni internazionali.

33

Peraltro, l’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del medesimo regolamento, consente alle istituzioni di rifiutare l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela degli «interessi commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresa la proprietà intellettuale». Per tale specifica ipotesi, la disposizione prevede che l’eccezione è revocata se un interesse pubblico prevalente giustifichi la divulgazione del documento in questione.

34

Dal momento che simili eccezioni derogano al principio del più ampio accesso possibile del pubblico ai documenti, esse devono essere interpretate ed applicate restrittivamente (sentenza del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punto 75; v., in tal senso, sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 36).

35

Pertanto, quando l’istituzione interessata nega l’accesso a un documento di cui le è stata chiesta la divulgazione, essa deve spiegare, in linea di principio, come l’accesso a tale documento possa arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse tutelato da un’eccezione prevista dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, che tale istituzione invoca (sentenza del 21 luglio 2011,Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punto 76). Inoltre, il rischio di un siffatto pregiudizio dev’essere ragionevolmente prevedibile e non meramente ipotetico (sentenze del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 43, e del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punto 76).

Sul primo motivo, vertente su un errore commesso dalla Commissione nell’identificazione delle norme applicabili, in quanto non avrebbe applicato il regolamento n. 1367/2006 alla domanda di accesso ad essa indirizzata

36

Con il suo primo motivo, la ricorrente critica la decisione impugnata in quanto quest’ultima non avrebbe preso in considerazione l’insieme delle regole applicabili nella fattispecie. Nel caso di specie, la decisione sarebbe stata adottata sulla base del regolamento n. 1049/2001, senza che la Commissione tenesse conto del regolamento n. 1367/2006 che, tuttavia, sarebbe essenziale, dal momento che limiterebbe la possibilità, per le istituzioni dell’Unione europea, di rifiutare l’accesso ai documenti qualora le informazioni richieste riguardino le emissioni nell’ambiente.

37

La Commissione contesta tale motivo.

38

A tal proposito, occorre rilevare che il regolamento n. 1367/2006, la cui applicazione è richiesta dalla ricorrente, introduce, nel regime generale di accesso ai documenti, modalità particolari, quando sono coinvolti l’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico al processo decisionale e l’accesso alla giustizia in materia di ambiente.

39

Così, in particolare, per quanto concerne l’eccezione menzionata all’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001 e di cui al punto 33 supra, vertente sulla tutela degli interessi commerciali, che è invocata dalla Commissione per negare l’accesso a determinati documenti richiesti dalla ricorrente, l’articolo 6, paragrafo 1, prima frase, del regolamento n. 1367/2006 dispone che vi è un interesse pubblico prevalente alla divulgazione e che, di conseguenza, i documenti devono essere comunicati, qualora le informazioni richieste riguardino emissioni nell’ambiente.

40

Inoltre, per quanto riguarda l’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, di cui al punto 32 supra, l’articolo 6, paragrafo 1, seconda frase, del regolamento n. 1367/2006 dispone che detta eccezione debba essere interpretata in modo restrittivo, tenendo conto dell’interesse pubblico che la divulgazione presenta e dell’eventualità che le informazioni richieste riguardino emissioni nell’ambiente.

41

In via preliminare, si deve stabilire se tali norme particolari contenute nel regolamento n. 1367/2006 si applichino alla presente fattispecie al fine di stabilire le condizioni nelle quali l’accesso ai documenti richiesti poteva essere rifiutato, se del caso, dalla Commissione.

42

A tal proposito, occorre ricordare che la decisione impugnata è stata adottata in seguito alla concessione di un prestito, da parte della Commissione, all’impresa ucraina Energoatom, essendo tale prestito stato oggetto della decisione di concessione.

43

Come indicato al punto 2 della presente sentenza, la decisione di concessione è stata presa in applicazione della decisione 77/270, come modificata dalla decisione 94/179, posto che tali due decisioni sono state fondate sugli articoli 1, 2, 172 e 203 EA.

44

Pertanto, i documenti a cui si è negato l’accesso riguardano un atto adottato sulla base di disposizioni del Trattato CEEA.

45

Per la ricorrente, tale circostanza non ha alcuna incidenza sull’applicazione dei regolamenti sopra citati. A sostegno della sua posizione, essa afferma che l’Euratom fa parte dell’Unione. Nella replica, essa fa valere che la Commissione è un’«istituzion[e] (…) comunitari[a]» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 1367/2006. Da tale affermazione, essa deduce che ogni documento in possesso di tale istituzione è soggetto alle disposizioni di tale regolamento, a prescindere dal fatto che tale documento sia stato formato o ricevuto nell’ambito delle competenze che le sono conferite dai Trattati UE e FUE o nell’ambito di quelle risultanti dal Trattato CEEA.

46

A tal riguardo, si deve constatare, in primo luogo, che, secondo il suo titolo, i suoi considerando e le sue disposizioni, il regolamento n. 1367/2006 attua, in materia di informazioni, obblighi assunti nel quadro di una convenzione internazionale a cui la Comunità europea dell’energia atomica non partecipa, vale a dire la convenzione di Aarhus. Come risulta dall’articolo 1 della decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005, relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, della convenzione di Aarhus (GU 2005, L 124, pag. 1), detta convenzione è stata approvata unicamente a nome della Comunità europea, divenuta l’Unione. Non essendo parte di tale convenzione, la Comunità europea dell’energia atomica non può essere assoggettata, in mancanza di un’indicazione di senso contrario, agli obblighi contenuti nel regolamento che la attua.

47

In secondo luogo, occorre rilevare che gli atti adottati in applicazione del Trattato CEEA non sono necessariamente soggetti, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, agli obblighi applicabili nell’ambito dell’Unione. Come sottolineato dalla Commissione, la Comunità europea dell’energia atomica e la Comunità europea, divenuta l’Unione, sono infatti organizzazioni diverse stabilite da trattati distinti, dotate di personalità giuridiche distinte (v., in tal senso, sentenza del 7 aprile 1965, Müller/Consigli, 28/64, EU:C:1965:39, pag. 312), e sono soggette, ciascuna per quanto la riguarda, a norme specifiche.

48

Pertanto, le norme applicabili nell’ambito della Comunità europea dell’energia atomica sono previste dal Trattato CEEA. Tra esse figura l’articolo 106 bis, paragrafo 1, EA che, per il funzionamento della Comunità europea dell’energia atomica, rende applicabili determinate disposizioni dei Trattati UE e FUE, in particolare l’articolo 15 TFUE, già articolo 255 CE, il quale costituisce il fondamento del regolamento n. 1049/2001. Basato su una disposizione applicabile alla Comunità europea dell’energia atomica, tale regolamento, che stabilisce il regime generale per l’accesso ai documenti delle istituzioni, si applica, senza che ciò sia stato contestato dalla ricorrente, ai documenti detenuti dalle istituzioni e dagli organi che agiscono in tale ambito.

49

Come indicato dalla Commissione, diversa è la situazione del regolamento n. 1367/2006 che, come enunciato nel suo preambolo, è stato adottato sul fondamento dell’articolo 175 CE, divenuto l’articolo 192 TFUE. Non essendo quest’ultimo menzionato nell’articolo 106 bis, paragrafo 1, EA, gli atti adottati sulla base di esso, compreso il suddetto regolamento, non possono essere applicati nell’ambito dell’Euratom.

50

In terzo luogo, occorre rilevare che, nel suo testo, il regolamento n. 1367/2006 concerne, in modo specifico, le istituzioni e gli organi della Comunità europea, senza prevedere la sua applicazione ad altre entità, ad esempio a istituzioni o organi della Comunità europea dell’energia atomica. Pertanto, il suo titolo precisa che il regolamento applica alle «istituzioni e agli organi comunitari» alcune disposizioni della convenzione di Aarhus. Inoltre, il fondamento del regolamento indicato all’inizio del preambolo fa riferimento unicamente al Trattato CE. Infine, l’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), dispone che i termini «istituzioni o organi comunitari» indicano «le istituzioni, gli organi, le agenzie o gli uffici pubblici istituiti dal trattato o sulla base del medesimo», che, alla luce del fondamento del regolamento n. 1367/2006, non può essere che il Trattato CE, che ha preceduto il Trattato FUE.

51

Tale analisi non può essere rimessa in discussione dagli argomenti dedotti dalla ricorrente.

52

Anzitutto, la ricorrente contesta che il regolamento n. 1367/2006 attui la convenzione di Aarhus.

53

A tal proposito, è sufficiente constatare che, conformemente a quanto è stato indicato al punto 46 supra, tale argomento è contraddetto dalla formulazione stessa del regolamento invocato, il quale fa riferimento, nel suo titolo, nei suoi considerando e nelle sue disposizioni, a detta convenzione, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente.

54

La ricorrente sottolinea poi che l’articolo 2, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1367/2006 nella definizione di informazioni ambientali comprende «le radiazioni o i rifiuti, compresi quelli radioattivi». Da questo riferimento a realtà radioattive di detto regolamento, essa deduce che quest’ultimo si applica all’accesso alle informazioni sulla sicurezza nucleare, compresi i documenti detenuti nell’ambito della Comunità europea dell’energia atomica.

55

A tale riguardo, occorre ricordare che non esiste alcuna base giuridica per l’applicazione del regolamento n. 1367/2006 a documenti detenuti nell’ambito della Comunità europea dell’energia atomica, dal momento che la disposizione su cui si basa tale regolamento non è applicabile al Trattato CEEA. Tale mancanza di base giuridica non può essere compensata dalla presenza di termini facenti riferimento all’energia nucleare nel citato regolamento, tanto più che simili riferimenti possono essere riscontrati in contesti diversi da quello della Comunità europea dell’energia atomica.

56

Inoltre, la ricorrente sostiene che il regolamento interno della Commissione è stato modificato per assicurare il rispetto degli obblighi derivanti dal regolamento n. 1367/2006, in particolare quando tale istituzione agisce nell’ambito del Trattato CEEA. Sul punto, essa fa rinvio alla decisione 2008/401/CE, Euratom della Commissione, del 30 aprile 2008, che modifica il suo regolamento interno per quanto riguarda le modalità di attuazione del regolamento n. 1367/2006 (GU 2008, L 140, pag. 22).

57

A tale riguardo, occorre constatare che, come sottolineato dalla ricorrente, è stata adottata una decisione dalla Commissione per garantire l’applicazione del regolamento n. 1367/2006 agli atti da essa adottati, che la menzione «Euratom» figura nel numero di tale decisione e che il preambolo di quest’ultima indica che essa è stata adottata «visto il Trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica».

58

La presenza di tali menzioni è dovuta al motivo che l’atto modificato dalla decisione 2008/401 è esso stesso basato sul Trattato CEEA, oltre che sul Trattato CE, sul Trattato CECA e sul Trattato UE. Dal momento che il regolamento interno della Commissione era in particolare basato sul Trattato CEEA, la decisione che lo modifica doveva parimenti essere fondata su tale Trattato, nonché sui Trattati UE e CE. Essendo scaduto il 23 luglio 2002, vale a dire prima dell’adozione della decisione 2008/401, il Trattato CECA non è invece più menzionato come fondamento in questa decisione.

59

Tuttavia, tali menzioni non possono avere l’effetto di estendere l’applicazione del regolamento n. 1367/2006 a documenti detenuti nell’ambito del Trattato CEEA. Inoltre, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente e come risulta dal punto 47 supra, l’Unione e la Comunità europea dell’energia atomica hanno, ciascuna, una personalità giuridica distinta e la menzione «Euratom» nella decisione 2008/401 non può comportare che le disposizioni del regolamento n. 1367/2006, applicabili alla Commissione unicamente quando agisce nell’ambito di applicazione del Trattato FUE, si applichino anche a tale istituzione quando essa agisce nell’ambito dell’applicazione del Trattato CEEA.

60

Infine, la ricorrente ritiene che il regolamento n. 1367/2006 debba essere applicato nell’ambito della Comunità europea dell’energia atomica a seguito alla decisione n. 2335/2008 (VIK)CK del Mediatore europeo, che si sarebbe pronunciato in tal senso.

61

A tal proposito, occorre rilevare che, nella decisione summenzionata, il Mediatore constata che gli Stati membri e la Comunità europea, cui è succeduta l’Unione, sono parti della convenzione di Aarhus, con la conseguenza che le autorità nazionali competenti e le istituzioni dell’Unione devono applicare le disposizioni che essa stabilisce quando ricevono una domanda di divulgazione di informazioni ambientali (punto 61 della decisione sopra citata). Ad avviso del Mediatore, gli obblighi dell’Unione derivanti dalla convenzione di Aarhus fanno parte del diritto dell’Unione relativo all’accesso ai documenti (punto 62 di tale decisione).

62

Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, tali osservazioni non indicano che, a parere del Mediatore, il regolamento n. 1367/2006 si applica ai documenti detenuti nell’ambito della Comunità europea dell’energia atomica. Esse confermano solo che, per quanto riguarda l’accesso all’informazione, la convenzione di Aarhus, come attuata dal regolamento n. 1367/2006, si applica agli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione quando esse agiscono nell’ambito di quest’ultima.

63

A parere della ricorrente, il Mediatore affermerebbe tuttavia, nella decisione di cui al precedente punto 60, che, in forza degli articoli 15 TFUE e 106 bis, paragrafo 1, EA, tali obblighi sarebbero applicabili ai documenti detenuti nell’ambito del Trattato CEEA.

64

A tal proposito, occorre ricordare che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, il regolamento n. 1367/2006 non è stato adottato sulla base dell’articolo 255 CE, divenuto articolo 15 TFUE, ma è stato fondato sull’articolo 175 CE, divenuto articolo 192 TFUE, che non è applicabile nell’ambito della Comunità europea dell’energia atomica. Non essendo applicabile nell’ambito della stessa, quest’ultima disposizione non può fungere da base all’applicazione di tale regolamento ai documenti detenuti nell’ambito di tale Comunità (v. punti 48 e 49 supra).

65

Secondo la ricorrente, il Mediatore, nella sua decisione, osserva inoltre che le istituzioni dell’Unione devono interpretare il diritto dell’Unione alla luce dei principi generali e dei diritti fondamentali, tra i quali rientra l’accesso ai documenti.

66

A tale riguardo, si deve rilevare che, come segnala la ricorrente, il diritto di acceso ai documenti è stato elevato a rango di diritto fondamentale dall’articolo 42 della Carta dei diritti fondamentali e che, in virtù dell’articolo 6, paragrafo 3, UE, i diritti fondamentali, come risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, hanno valore di principi generali del diritto nell’ordinamento giuridico dell’Unione.

67

Per quanto riguarda l’Unione, l’articolo 52, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali prevede che i diritti riconosciuti dalla stessa che trovano fondamento nei trattati si esercitano alle condizioni e nei limiti dagli stessi definiti.

68

Nel caso di specie, l’articolo 15 TFUE, che ha fatto seguito all’articolo 255 CE, prevede che i limiti al diritto di accesso sono stabiliti dai regolamenti del Parlamento europeo e del Consiglio.

69

Parimenti, risulta dagli articoli 191 e 192 TFUE, quest’ultimo subentrato all’articolo 175 CE, che le azioni finalizzate all’attuazione della politica dell’Unione in materia di ambiente sono decise, in linea di principio, dal Parlamento e dal Consiglio.

70

Per conoscere i limiti del diritto di accesso, occorre quindi fare riferimento agli atti che sono stati adottati in forza di tali disposizioni, vale a dire i regolamenti n. 1049/2001 e n. 1367/2006.

71

Orbene, benché il regolamento n. 1049/2001 si applichi ai documenti detenuti nell’ambito della Comunità europea, divenuta l’Unione, e, per effetto dell’articolo 106 bis, paragrafo 1, EA, nell’ambito della Comunità europea dell’energia atomica, ciò non vale, per le ragioni precedentemente indicate, per quanto concerne il regolamento n. 1367/2006, che si applica solamente nell’ambito della Comunità europea, divenuta l’Unione, per quanto riguarda l’informazione in materia di ambiente.

72

Inoltre, in applicazione di tali atti, deve essere concesso un ampio accesso alle informazioni in possesso delle istituzioni assicurandosi di conciliare tale accesso con altri interessi tutelati, nella misura e con le modalità ivi descritte e senza che possa essere modificato il campo di applicazione dato a ciascuno di tali atti. Tale sarebbe il caso se gli obblighi enunciati dal regolamento n. 1367/2006 fossero applicati al di fuori delle istituzioni e degli organi dell’Unione.

73

Il primo motivo deve, dunque, essere respinto.

Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 relativo alla tutela dell’interesse pubblico in ordine alle relazioni internazionali

74

La ricorrente ritiene che, contrariamente a quanto afferma la Commissione nella decisione impugnata, l’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, relativa alla tutela dell’interesse pubblico in ordine alle relazioni internazionali, non possa giustificare il rifiuto di comunicare l’intero contratto di prestito (punto 1 della domanda di accesso), dal momento che l’accesso a tale documento non pregiudicherebbe la sicurezza nucleare e la Commissione non avrebbe spiegato in che modo tale accesso arrecherebbe concretamente ed effettivamente pregiudizio alla tutela di tale interesse.

75

La Commissione contesta tale motivo.

76

A tale riguardo, va rilevato che a tenore dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela dell’interesse pubblico in ordine alle relazioni internazionali.

77

Secondo la giurisprudenza, la natura particolarmente delicata e basilare degli interessi tutelati da tale disposizione, unita all’obbligatorietà del diniego di accesso che, ai sensi della detta disposizione, l’istituzione deve opporre qualora la divulgazione al pubblico di un documento possa arrecare pregiudizio ai detti interessi, attribuisce alla decisione che dev’essere così presa dall’istituzione un carattere complesso e delicato, tale da richiedere un grado di cautela del tutto particolare. Per una siffatta decisione è di conseguenza necessaria una certa discrezionalità (sentenze del 1o febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 35, e del 7 ottobre 2015, Jurašinović/Consiglio, T‑658/14, non pubblicata, EU:T:2015:766, punto 26).

78

Inoltre, la Corte e il Tribunale hanno ritenuto che i criteri di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1049/2001 fossero assai generali poiché, come risulta dal tenore letterale di detta disposizione, la consultazione dev’essere infatti negata quando la divulgazione del documento in questione arrechi «pregiudizio» alla tutela dell’«interesse pubblico», con particolare attenzione alle «relazioni internazionali» (sentenze del 1o febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 36, e del 7 ottobre 2015, Jurašinović/Consiglio, T‑658/14, non pubblicata, EU:T:2015:766, punto 27).

79

In simili circostanze, il controllo di legittimità esercitato dal Tribunale sulle decisioni basate su tale disposizione deve limitarsi, secondo la giurisprudenza citata, alla verifica dell’osservanza delle norme di procedura e di motivazione, dell’esattezza dei fatti materiali, nonché dell’assenza sia di un errore manifesto nella valutazione dei medesimi sia di uno sviamento di potere (sentenze del 1o febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 34, e del 7 ottobre 2015, Jurašinović/Consiglio, T‑658/14, non pubblicata, EU:T:2015:766, punto 28).

80

Per quanto riguarda in particolare la motivazione, essa deve essere adeguata alla natura dell’atto in questione e deve far risultare in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il proprio controllo. L’obbligo di motivazione dev’essere valutato in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone interessate da questo direttamente e individualmente possono avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, in quanto la questione di stabilire se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’articolo 253 CE, divenuto articolo 296 TFUE, deve essere risolta non solo alla luce del suo tenore letterale, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (sentenze del 1o febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 80, e del 10 settembre 2008, Williams/Commissione, T‑42/05, non pubblicata, EU:T:2008:325, punto 94).

81

Infine, dal tenore letterale dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1049/2001 risulta che, relativamente alle eccezioni al diritto di consultazione di cui alla disposizione in questione, il diniego dell’istituzione è obbligatorio quando la divulgazione al pubblico di un documento sia tale da arrecare pregiudizio agli interessi tutelati da detta disposizione, senza dover ponderare in tal caso, a differenza di quanto disposto, in particolare, dal paragrafo 2 del medesimo articolo, gli obblighi connessi alla protezione di detti interessi con quelli correlati ad altri interessi (sentenza del 1o febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 46).

82

È alla luce delle precedenti considerazioni che occorre valutare se, come sostiene la ricorrente, la Commissione abbia violato l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

83

Nella decisione impugnata, la Commissione ha formulato, in sostanza, tre considerazioni per giustificare il suo diniego di accesso a determinati documenti o parti di documenti a norma dell’eccezione relativa alle relazioni internazionali:

anzitutto, la divulgazione dell’intero contratto di prestito rischierebbe di vanificare gli sforzi compiuti per instaurare buone relazioni con l’Ucraina al fine di migliorare la sicurezza delle sue centrali nucleari e sarebbe nell’interesse dell’Unione mantenere tali buone relazioni internazionali non solo con detto Stato, ma anche con altri paesi vicini;

inoltre, l’Ucraina rappresenterebbe un partner strategico dell’Unione per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento energetico;

infine, la divulgazione di informazioni commerciali sensibili relative alla Energoatom avrebbe un impatto diplomatico negativo.

84

Di tali considerazioni, la prima e la terza sono contestate dalla ricorrente, mentre la seconda non suscita, da parte di quest’ultima, alcuna osservazione.

85

Per quanto riguarda la prima e la terza di tali considerazioni, la ricorrente sostiene, in primo luogo, che la Commissione non ha precisato se l’obiettivo di sicurezza nucleare si collegava alla sicurezza pubblica, alla difesa o alle relazioni internazionali, che sono tutt’e tre menzionate dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1049/2001.

86

A tal proposito, occorre rilevare che, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, la decisione impugnata rinvia, al punto 2.2, in maniera chiara ed esplicita, alla tutela dell’interesse pubblico in ordine alle relazioni internazionali, di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001. Inoltre, dalle spiegazioni contenute nella decisione impugnata emerge che, secondo la Commissione, se la buona relazione stabilita con l’Ucraina si deteriorasse, gli sforzi compiuti per garantire la sicurezza delle centrali attorno all’Unione rischierebbero di essere vanificati. Sulla base di tali elementi, il Tribunale ritiene che l’eccezione applicata sia stata identificata dalla Commissione come quella di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento citato.

87

In secondo luogo, la ricorrente sostiene che, contrariamente a quanto indicato dalla Commissione, l’accesso ai documenti richiesti non pregiudicherebbe la sicurezza nucleare in quanto tale, dal momento che tali documenti conterrebbero esclusivamente dati di carattere finanziario ed economico, e tali dati non avrebbero alcuna incidenza sulla questione della sicurezza.

88

A tal proposito, occorre constatare che tale argomento è inconferente, dal momento che la Commissione non ha motivato la sua decisione indicando che la domanda riguardava informazioni concernenti la sicurezza nucleare, bensì osservando, come risulta dal punto 83 supra, che la divulgazione del contratto poteva pregiudicare le buone relazioni che essa aveva instaurato con l’Ucraina e che occorreva preservare.

89

In terzo luogo, la ricorrente fa valere che il modo in cui le autorità di un paese terzo applicano le decisioni di un’istituzione non fa parte delle eccezioni all’obbligo di dare accesso ai documenti delle istituzioni.

90

A tal proposito, si deve rilevare che il modo in cui le autorità di un paese terzo percepiscono le decisioni dell’Unione è una componente delle relazioni stabilite con tale paese terzo. Da tale percezione dipendono infatti il seguito e la qualità di tali relazioni. Si può pertanto giustificare l’applicazione dell’eccezione prevista.

91

In quarto luogo, la ricorrente contesta alla Commissione di non aver spiegato in che modo la divulgazione dei documenti richiesti rischiava di compromettere le relazioni con l’Ucraina nel settore della sicurezza nucleare. Inoltre, la Commissione non avrebbe spiegato in che modo la divulgazione di dati commerciali sensibili relativi alla Energoatom avrebbe un impatto diplomatico.

92

Alla luce della giurisprudenza ricordata ai precedenti punti da 77 a 79, tale argomento deve essere respinto. Nella decisione impugnata, infatti, la Commissione ha indicato espressamente che l’Ucraina aveva accettato volontariamente di sottoporsi ad alcuni «stress test», che questi ultimi avevano consentito alla Commissione e all’Ucraina di acquisire una migliore comprensione dei rischi esistenti e che era chiaramente nell’interesse dell’Unione mantenere tali buone relazioni e promuovere le norme europee più rigorose in materia di sicurezza nucleare nei paesi limitrofi. La Commissione ha anche spiegato che rivelare in seguito l’intero contratto a terzi rischiava di deteriorare le buone relazioni che si erano stabilite, con tutte le conseguenze che ne deriverebbero per la sicurezza nucleare.

93

Allo stesso modo, nel contesto dell’eccezione prevista, la Commissione ha indicato che la diffusione di informazioni commerciali sensibili relative alla Energoatom avrebbe un impatto diplomatico negativo. Dal momento che tale impresa è un’impresa di proprietà dello Stato, tale motivazione non richiedeva chiarimenti integrativi.

94

In quinto luogo, la ricorrente sostiene che, a suo parere, il rischio invocato dalla Commissione per respingere la sua domanda non è ragionevolmente prevedibile, ma puramente ipotetico. Alla luce della giurisprudenza citata al precedente punto 35, la natura di tale rischio non consentiva, a suo avviso, di adottare la decisione impugnata.

95

A tal riguardo, si deve rilevare che la divulgazione di un contratto stipulato da un’istituzione europea con un’impresa pubblica di un paese terzo e fondato sulle buone relazioni stabilite con le autorità di questo paese, può avere l’effetto di deteriorare tali relazioni e, pertanto, di ostacolare la realizzazione degli obiettivi perseguiti dal contratto e, più in generale, la politica di cui esso fa parte, atteso che contratti dello stesso tipo sono stipulati con altri paesi terzi. Nel caso di specie, tale politica è fondamentale per l’Unione, in quanto mira a rendere più sicure le centrali nucleari nei paesi limitrofi. In tali condizioni, il rischio invocato presenta un ragionevole livello di prevedibilità e non è ipotetico. La decisione impugnata non è quindi viziata, al riguardo, da un errore manifesto di valutazione.

96

Lo stesso vale per l’impatto diplomatico negativo che potrebbe causare la divulgazione dei dati commerciali relativi alla Energoatom.

97

Risulta, inoltre, dalla lettura del contratto, che è stato comunicato al Tribunale nell’ambito della misura istruttoria di cui al punto 25 supra, che la Commissione non ha commesso alcun errore manifesto di valutazione ritenendo che le parti non trasmesse di tale contratto contengano informazioni sensibili riguardanti la Energoatom, come clausole intese a individuare i rischi commerciali potenziali e le condizioni finanziarie, la cui divulgazione sarebbe tale da arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio alla tutela delle relazioni internazionali dell’Unione.

98

A quanto precede si deve aggiungere che, come risulta dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, la tutela dell’interesse pubblico sopra descritto non doveva essere bilanciata con un interesse pubblico prevalente.

99

Infine, si deve rilevare che, alla luce della giurisprudenza richiamata al punto 80 supra, la motivazione fornita dalla Commissione è sufficiente per consentire alla ricorrente di conoscere le giustificazioni della decisione adottata e al Tribunale di esercitare il suo controllo giurisdizionale.

100

Il secondo motivo dev’essere quindi respinto.

Sul terzo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001, riguardante la tutela degli interessi commerciali

101

La ricorrente ritiene che, contrariamente a quanto deciso dalla Commissione, l’eccezione relativa agli interessi commerciali, prevista all’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001, non possa giustificare, nel caso di specie, il rifiuto di comunicare integralmente il contratto (punto 1 della domanda di accesso) e la raccomandazione della BEI (punto 4 della domanda di accesso), dal momento che la Energoatom non sarebbe titolare di interessi commerciali, la Commissione non avrebbe spiegato in che modo tale accesso arrecherebbe concretamente ed effettivamente pregiudizio alla tutela di detto interesse e si tratterebbe di un rischio ipotetico.

102

La Commissione contesta tale motivo.

103

A tale riguardo, si deve ricordare che l’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001, permette alle istituzioni di rifiutare l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela «degli interessi commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresa la proprietà intellettuale», a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione.

104

Come è stato ricordato al punto 34 supra, le eccezioni al diritto di accesso ai documenti previste dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 devono essere interpretate ed applicate restrittivamente, in modo da conferire al pubblico il più ampio accesso possibile ai documenti detenuti dalle istituzioni.

105

Per giustificare il diniego di accesso a un documento di cui sia stata chiesta la divulgazione, in linea di principio non è sufficiente, secondo la giurisprudenza, che tale documento rientri in un’attività fra quelle menzionate all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001. L’istituzione destinataria della domanda deve anche spiegare, in linea di massima, come l’accesso a detto documento potrebbe arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse tutelato dall’eccezione o dalle eccezioni da essa invocate. Inoltre, il rischio di un siffatto pregiudizio dev’essere ragionevolmente prevedibile e non meramente ipotetico (sentenza del 28 marzo 2017, Deutsche Telekom/Commissione, T‑210/15, EU:T:2017:224, punto 27).

106

Da tale giurisprudenza risulta quindi che la giustificazione fornita dalla Commissione per rifiutare di fornire l’informazione richiesta deve essere esaminata alla luce di tre requisiti.

107

Per quanto riguarda il primo, vale a dire la necessità di rientrare in una delle attività menzionate all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, la ricorrente sostiene che la decisione impugnata si fonda su un errore di valutazione, in quanto, nel caso di specie, non si potrebbero configurare interessi commerciali in capo alla Energoatom, dal momento che quest’ultima costituisce un’impresa di Stato.

108

A tale riguardo, occorre rilevare che nulla osta a ritenere che un’impresa pubblica come la Energoatom detenga interessi commerciali ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001. Infatti, la mera circostanza che il capitale di un’impresa sia detenuto dai poteri pubblici non è idonea, in quanto tale, a privarla di interessi commerciali che possono essere tutelati allo stesso titolo di quelli di un’impresa privata. Nella fattispecie, la Energoatom, come indica la Commissione, esercita attività commerciali, nell’ambito delle quali essa è soggetta alla concorrenza sul mercato dell’energia elettrica, e tale contesto la porta a dover salvaguardare i suoi interessi su detto mercato. Pertanto, non si può negare che i documenti ai quali si chiede l’accesso possano riguardare interessi commerciali e, a tale titolo, l’attività di cui all’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

109

Per quanto riguarda il secondo requisito risultante dalla giurisprudenza menzionata al punto 105 della presente sentenza, la ricorrente contesta alla Commissione di non aver spiegato in che modo gli interessi delle parti sarebbero concretamente ed effettivamente compromessi se i documenti richiesti fossero trasmessi integralmente.

110

Per quanto riguarda il contratto di prestito, la Commissione ha spiegato nella decisione impugnata che, se tale contratto fosse stato divulgato integralmente, ciò avrebbe arrecato pregiudizio, da un lato, agli interessi commerciali della Energoatom e, dall’altro, ai suoi interessi commerciali in relazione ai contratti di prestito Euratom. Per quanto riguarda la Energoatom, la Commissione ha sottolineato che il contratto enunciava i diritti e gli obblighi delle due parti e regolava un’ampia gamma di rischi commerciali potenziali e concreti. Inoltre, esso conterrebbe dati commerciali sensibili quali i prezzi dell’elettricità praticati dalla Energoatom e le soglie degli impegni finanziari. Nella sua spiegazione, la Commissione ha altresì indicato che il contratto era ancora in corso di applicazione.

111

Circa i propri interessi, la Commissione ha indicato che il contratto è stato redatto sulla base di un modello utilizzato per altri contratti Euratom. In tali circostanze, la divulgazione integrale del contratto ostacolerebbe non solo l’attuazione della convenzione di prestito conclusa con la Energoatom, ma altresì quella di altri contratti simili in corso. Inoltre, porrebbe la Commissione in una posizione più difficile al momento della negoziazione di futuri contratti del medesimo tipo.

112

Per quanto riguarda la raccomandazione della BEI, la Commissione ha considerato nella decisione impugnata che le parti selezionate contenevano informazioni commerciali sensibili fornite dalla Energoatom nonché consigli per ridurre i rischi del prestito. Esse riprodurrebbero inoltre clausole del contratto di prestito la cui divulgazione – come la Commissione ha ritenuto di aver già dimostrato – arrecherebbe pregiudizio ai suoi interessi commerciali nonché a quelli della Energoatom.

113

Alla luce di queste spiegazioni e tenuto conto del fatto che essa ha operato una distinzione tra le parti dei documenti che riguardavano gli interessi commerciali e quelle che non li riguardavano, che sono state comunicate, si deve constatare che la Commissione ha effettuato un esame conforme ai requisiti della giurisprudenza richiamata al punto 105 della presente sentenza e che essa ha fornito spiegazioni sufficienti al riguardo.

114

Inoltre, occorre osservare, alla luce di tali chiarimenti, che, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, la Commissione ha esposto nella decisione impugnata le ragioni per cui una divulgazione non era ipotizzabile in un prossimo futuro. Così essa ha dichiarato che il contratto concluso con la Energoatom era ancora in corso e che tale contratto era stato redatto sulla base di un modello utilizzato per altri contratti. Pertanto, la divulgazione integrale dei documenti richiesti rischiava, a suo parere, di avere ripercussioni non solo sull’esecuzione del contratto concluso con la Energoatom, ma anche sull’esecuzione di altri contratti, conclusi o da concludere.

115

Per quanto riguarda il terzo requisito risultante dalla giurisprudenza menzionata al punto 105 supra, la ricorrente sostiene che la messa in pericolo degli interessi commerciali invocata dalla Commissione sarebbe puramente ipotetica.

116

A tal riguardo, occorre rilevare che il rischio di nuocere agli interessi commerciali della Energoatom rivelando dati sensibili relativi a quest’ultima, come quello di ostacolare la buona esecuzione di altri contratti già conclusi o da concludere, presenta un ragionevole livello di prevedibilità e non può essere considerato ipotetico, dal momento che, da un lato, i documenti in questione consistono di un contratto di prestito redatto sulla base di un modello utilizzato per altri contratti e di una raccomandazione di una banca relativa a tale prestito e, dall’altro, l’impresa in questione è attiva sul mercato dell’elettricità.

117

Nel ricorso, la ricorrente ha inoltre contestato alla Commissione di aver giustificato l’applicazione dell’eccezione relativa agli interessi commerciali con il fatto che il contratto aveva un valore di oltre 300 milioni di euro. Orbene, secondo la ricorrente, l’importanza del contratto non avrebbe rilevanza per l’applicazione dell’eccezione in questione.

118

Tale argomento deve essere altresì respinto in quanto si basa su una lettura erronea della decisione impugnata. Risulta, infatti, dalla decisione impugnata che, pur se il valore del contratto è stato menzionato nella descrizione del progetto cui si riferiscono i documenti, la giustificazione dell’applicazione dell’eccezione nel caso di specie non si fonda su tale elemento. Inoltre, non si può negare che il pregiudizio per gli interessi commerciali di una delle parti del contratto aumenti con il valore del contratto.

119

Peraltro, dalla lettura dei documenti richiesti, che sono stati comunicati al Tribunale nell’ambito della misura istruttoria menzionata al precedente punto 25, emerge che, come si afferma nella decisione impugnata, le parti non trasmesse del contratto di prestito e della raccomandazione della BEI precisano i diritti e gli obblighi delle parti del contratto e contengono informazioni commerciali sensibili, quali tariffe elettriche della Energoatom o soglie d’impegni finanziari nonché analisi di rischi connessi al prestito, la cui divulgazione sarebbe idonea ad arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio agli interessi commerciali sia della Energoatom che della Commissione, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

120

Il terzo motivo deve quindi essere respinto.

Sul quarto motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, in quanto la Commissione non avrebbe esaminato se la divulgazione fosse giustificata da un interesse pubblico prevalente

121

Nel ricorso, la ricorrente contesta alla Commissione di non aver verificato se sussistesse un interesse pubblico prevalente che comportava una divulgazione nonostante la tutela degli interessi esaminati precedentemente.

122

La Commissione contesta tale motivo.

123

A tale riguardo, occorre rilevare che, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio, in particolare, alla tutela degli interessi commerciali di una determinata persona fisica o giuridica, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione del documento di cui trattasi.

124

Per contro, dall’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001 risulta che l’eventuale esistenza di un interesse pubblico prevalente non deve essere esaminata quando viene invocata l’eccezione relativa alla tutela dell’interesse pubblico in ordine alle relazioni internazionali.

125

Come statuito al punto 98 supra, non può quindi essere contestato alla Commissione di non aver ponderato, nella fattispecie, l’interesse pubblico in ordine alle relazioni internazionali con un interesse pubblico prevalente.

126

Per contro, ai fini dell’applicazione dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, la Commissione avrebbe dovuto effettuare una ponderazione, da un lato, degli interessi commerciali che, a suo avviso, erano minacciati dalla divulgazione dei documenti in questione e, dall’altro, dell’interesse pubblico prevalente invocato dalla ricorrente, che sarebbe favorito dalla divulgazione dei documenti di cui trattasi. Secondo una giurisprudenza costante, la decisione su una domanda di accesso ai documenti dipende infatti dallo stabilire quale debba essere l’interesse prevalente nel caso di specie (v., in tal senso, sentenze del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 42, e del 13 gennaio 2017, Deza/ECHA, T‑189/14, EU:T:2017:4, punto 53).

127

Occorre rilevare che spetta tuttavia al richiedente dedurre concretamente le circostanze su cui si fonda un simile interesse pubblico prevalente che giustifica la divulgazione dei documenti in questione (v., in tal senso, sentenze del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 94).

128

Nella sua prima domanda, la ricorrente non ha fatto valere alcun interesse pubblico prevalente che consentisse di ottenere la divulgazione della raccomandazione nonostante la tutela dovuta agli interessi commerciali.

129

Nella sua domanda di conferma, la ricorrente ha sostenuto che esisteva un interesse pubblico prevalente, in quanto le informazioni richieste riguardavano emissioni nell’ambiente nonché l’energia nucleare, che rappresenta una tecnologia a rischio. Gli aspetti economici e finanziari sarebbero altresì rientrati nell’interesse generale, dal momento che il programma di miglioramento della sicurezza nucleare rappresentava un costo sostenuto dalla società nel suo insieme.

130

Nella decisione impugnata, la Commissione ha replicato che gli interessi invocati dalla ricorrente nella sua domanda di conferma, pur presentando effettivamente un carattere pubblico, avevano minore rilevanza rispetto all’obiettivo del prestito, obiettivo che consiste nel migliorare la sicurezza nucleare degli impianti dei paesi vicini all’Europa. Ciò che più rileva, tale obiettivo sarebbe meglio tutelato dal mantenimento di buone relazioni con l’Ucraina e dai progressi realizzati nel quadro della convenzione di prestito.

131

Salvo per quanto concerne l’interesse del pubblico a conoscere il costo finanziario del prestito, di cui infra al punto 137, è giocoforza constatare che, nel caso di specie, le considerazioni della ricorrente sull’interesse pubblico prevalente contenute nella sua domanda di conferma sono sommarie e imprecise.

132

Vero è che, nel ricorso, la ricorrente ha precisato che i documenti richiesti contenevano le condizioni cui è subordinata la concessione della linea di credito in materia di sicurezza nucleare e che la divulgazione di tali dati consentirebbe al pubblico di verificare se tali condizioni siano effettivamente rispettate. Tale controllo sarebbe fondamentale dal momento che numerosi segni dimostrerebbero che le norme relative alla sicurezza nucleare non sono rispettate in Ucraina. La ricorrente afferma al riguardo che il programma finanziato consentirebbe di prolungare la durata di vita di due reattori oltre il termine inizialmente previsto, senza che sia stata messa in atto alcuna misura di sicurezza; che le difficoltà finanziarie del gestore desterebbero preoccupazioni per quanto riguarda la sua capacità di finanziare le misure di sicurezza; che l’autorità responsabile della sicurezza delle centrali nucleari sarebbe stata privata della sua indipendenza in occasione dell’adozione della decisione relativa a uno dei due reattori in questione; che il pubblico disporrebbe di un accesso limitato al processo decisionale; che l’Ucraina non terrebbe conto delle richieste di informazioni formulate dai paesi vicini e che l’Unione non sembrerebbe prendere le necessarie misure per garantire il rispetto della sicurezza. Dato il pericolo presentato, sarebbe fondamentale che il pubblico potesse esercitare un controllo rafforzato sulle misure adottate, circostanza che dovrebbe permettere la comunicazione dei documenti richiesti.

133

Si deve tuttavia constatare che, essendo state formulate solo in fase di ricorso, tali rilievi non possono essere presi in considerazione per valutare la legittimità della decisione impugnata. Secondo la giurisprudenza, la legittimità di un atto di un’istituzione deve essere, infatti, valutata alla luce delle informazioni di cui essa poteva disporre al momento in cui l’ha adottata. Nessuno può quindi avvalersi dinanzi al giudice dell’Unione di elementi di fatto che non sono stati dedotti nel corso del procedimento amministrativo (v., in tal senso, sentenza del 1o luglio 2010, AstraZeneca/Commissione, T‑321/05, EU:T:2010:266, punto 687 e giurisprudenza ivi citata).

134

Pertanto, i requisiti fissati al punto 127 supra non sono soddisfatti.

135

Ad abundantiam, occorre osservare che le parti del contratto e della raccomandazione della BEI che si riferiscono agli aspetti ambientali e sociali del contratto sono già state comunicate alla ricorrente e che la divulgazione delle parti selezionate, riguardanti aspetti economici e finanziari, non consentirebbe al pubblico di verificare se le condizioni di sicurezza imposte alla Energoatom siano effettivamente rispettate.

136

Inoltre, occorre sottolineare che la Commissione ha potuto, senza commettere errori di valutazione, concludere che la sicurezza nucleare sarebbe meglio garantita dal mantenimento di buone relazioni con l’Ucraina in questo settore che dall’accesso del pubblico ai documenti in questione.

137

Per quanto riguarda l’interesse del pubblico a conoscere il costo finanziario del prestito, la Commissione ha potuto, altresì senza commettere un errore di tal genere, ritenere che fosse inferiore, in termini di importanza, a quello consistente nel garantire la sicurezza nucleare nei paesi vicini dell’Europa.

138

Si deve pertanto constatare che il quarto motivo è infondato.

Sul quinto motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 42 della Carta dei diritti fondamentali.

139

Nella replica, la ricorrente deduce un motivo vertente sulla violazione dell’articolo 42 della Carta dei diritti fondamentali, secondo il quale, nella sua risposta del 21 dicembre 2015, di cui al punto 6 della presente sentenza, e nella decisione impugnata, da un lato, e nel controricorso, dall’altro, la Commissione non avrebbe preso in sufficiente considerazione gli argomenti sviluppati dalla ricorrente nel corso del procedimento amministrativo.

140

Come ha indicato la Commissione, nella parte in cui riguarda la risposta del 21 dicembre 2015 e la decisione impugnata, il motivo, che riguarda la regolarità del procedimento amministrativo, non è stato sollevato nel ricorso. Poiché il suddetto motivo non costituisce l’ampliamento di un motivo in precedenza enunciato nel ricorso e non si basa su elementi di fatto e di diritto emersi durante il procedimento, si tratta di un motivo nuovo, che deve essere respinto in quanto irricevibile ai sensi dell’articolo 84 del regolamento di procedura (v., in tal senso, sentenza del 20 novembre 2017, Voigt/Parlamento, T‑618/15, EU:T:2017:821, punto 87).

141

Per quanto riguarda il controricorso, non risulta né dallo Statuto della Corte né dal regolamento di procedura che la parte convenuta ha l’obbligo di rispondere a tutti gli argomenti dedotti dalla parte ricorrente nel ricorso. Inoltre, il contenuto di un controricorso non può avere alcuna conseguenza sulla legittimità della decisione impugnata. Essa deve infatti essere valutata al momento in cui viene adottata la decisione.

142

Infine, risulta dall’articolo 52, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali che i diritti da essa riconosciuti e che formano l’oggetto di disposizioni contenute nei trattati, si esercitano alle condizioni e nei limiti dagli stessi definiti. Di conseguenza, l’articolo 42 della Carta dei diritti fondamentali non può avere un contenuto più ampio di quello dell’articolo 15 TFUE e del regolamento n. 1049/2001 che lo attua. Dato che la legittimità della decisione impugnata alla luce di detto regolamento è già stata esaminata nell’ambito dei motivi che precedono, non vi è luogo di riesaminarla alla luce dell’articolo 42 della Carta dei diritti fondamentali.

143

Il quinto motivo dev’essere, pertanto, respinto.

144

Dall’insieme delle suesposte considerazioni risulta che il ricorso deve essere respinto integralmente.

Sulle spese

145

Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

146

Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione.

147

Inoltre, ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, il Regno Unito sopporterà le proprie spese.

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

 

1)

Il ricorso è respinto.

 

2)

La CEE Bankwatch Network sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione europea.

 

3)

Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sopporterà le proprie spese.

 

Pelikánová

Nihoul

Svenningsen

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 27 febbraio 2018.

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.