SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

6 settembre 2018 ( *1 )

«Impugnazione – Politica estera e di sicurezza comune (PESC) – Lotta contro la proliferazione nucleare – Misure restrittive adottate nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran – Misure settoriali – Restrizioni ai trasferimenti di fondi che coinvolgono enti finanziari iraniani – Rafforzamento delle restrizioni – Regime controverso derivante dalle disposizioni della decisione 2012/635/PESC e dal regolamento (UE) n. 1263/2012 – Attuazione del piano d’azione congiunto globale sulla questione nucleare iraniana – Revoca di tutte le misure restrittive dell’Unione europea relative a tale questione – Abrogazione del regime controverso nel corso del procedimento dinanzi al Tribunale dell’Unione europea – Incidenza sull’interesse ad agire dinanzi al Tribunale – Mancanza di persistenza dell’interesse ad agire»

Nella causa C‑430/16 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 2 agosto 2016,

Bank Mellat, con sede a Teheran (Iran), rappresentata da M. Brindle e T. Otty, QC, J. MacLeod e R. Blakeley, barristers, nonché da S. Zaiwalla e Z. Burbeza, A. Meskarian e P. Reddy, solicitors,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da M. Bishop e I. Rodios, in qualità di agenti,

convenuto in primo grado,

Commissione europea, rappresentata da D. Gauci, J. Norris-Usher e M. Konstantinidis, in qualità di agenti,

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato da S. Brandon, in qualità di agente, assistito da M. Gray, barrister,

intervenienti in primo grado,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da M. Ilešič, presidente di sezione, A. Rosas, C. Toader, A. Prechal (relatore) ed E. Jarašiūnas, giudici,

avvocato generale: P. Mengozzi

cancelliere: I. Illéssy, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 10 gennaio 2018,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale presentate all’udienza del 30 maggio 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con l’impugnazione, la Bank Mellat chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 2 giugno 2016, Bank Mellat/Consiglio (T‑160/13; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2016:331), con la quale quest’ultimo ha respinto il suo ricorso diretto all’annullamento dell’articolo 1, punto 15, del regolamento (UE) n. 1263/2012 del Consiglio, del 21 dicembre 2012, che modifica il regolamento (UE) n. 267/2012 concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU 2012, L 356, pag. 34; in prosieguo: il «regolamento controverso»), o della disposizione medesima nella parte in cui essa non prevede un’eccezione applicabile al caso della Bank Mellat, nonché la sua domanda diretta a ottenere che il Tribunale dichiarasse l’inapplicabilità nei suoi confronti dell’articolo 1, punto 6, della decisione n. 2012/635/PESC del Consiglio, del 15 ottobre 2012, che modifica la decisione 2010/413/PESC concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU 2012, L 282, pag. 58).

Contesto normativo e fatti

2

La Bank Mellat, banca commerciale iraniana, è stata assoggettata, in forza di diversi atti di diritto dell’Unione che attuano risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, al congelamento dei suoi fondi e delle sue risorse economiche, in quanto si riteneva che tale banca fosse coinvolta nella proliferazione nucleare iraniana. A tal fine, il nominativo di tale banca era menzionato negli elenchi allegati a detti atti.

3

Con sentenza del 29 gennaio 2013, Bank Mellat/Consiglio (T‑496/10, EU:T:2013:39), il Tribunale ha annullato l’iscrizione della Bank Mellat nell’elenco di cui all’allegato II della decisione 2010/413/PESC del Consiglio, del 26 luglio 2010, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga la posizione comune 2007/140/PESC (GU 2010, L 195, pag. 39), in quello di cui all’allegato V del regolamento (CE) n. 423/2007 del Consiglio, del 19 aprile 2007, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU 2007, L 103, pag. 1), in quello di cui all’allegato VIII del regolamento (UE) n. 961/2010 del Consiglio, del 25 ottobre 2010, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga il regolamento (CE) n. 423/2007 (GU 2010, L 281, pag. 1), e in quello di cui all’allegato IX del regolamento (UE) n. 267/2012 del Consiglio, del 23 marzo 2012, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga il regolamento (UE) n. 961/2010 (GU 2012, L 88, pag. 1) (in prosieguo, in riferimento a tutte le iscrizioni interessate: le «misure restrittive individuali»).

4

Con sentenza del 18 febbraio 2016, Consiglio/Bank Mellat (C‑176/13 P, EU:C:2016:96), la Corte ha respinto l’impugnazione proposta contro tale sentenza del Tribunale.

5

La presente causa riguarda il regime di restrizioni ai trasferimenti di fondi e ai servizi finanziari previsto, in termini sostanzialmente identici, al capo 2 della decisione 2010/413 e al capo V del regolamento n. 267/2012, come modificati, parimenti in termini sostanzialmente identici, rispettivamente, dalla decisione 2012/635 e dal regolamento controverso (in prosieguo: il «regime controverso»).

6

In particolare, l’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635 ha modificato l’articolo 10 della decisione 2010/413. L’articolo 1, punto 15, del regolamento controverso ha modificato l’articolo 30 del regolamento n. 267/2012 e vi ha aggiunto gli articoli 30 bis e 30 ter.

7

Mediante tali modifiche, il regime controverso mirava a rafforzare il regime settoriale di restrizioni già previsto al capo II della decisione 2010/413 e al capo V del regolamento n. 267/2012.

8

Il considerando 12 della decisione 2012/635 così recita:

«Al fine di impedire il trasferimento di attività o risorse finanziarie o di altro tipo che possano contribuire ad attività nucleari sensibili in termini di proliferazione o allo sviluppo di sistemi di lancio di armi nucleari dell’Iran, dovrebbero essere vietate le operazioni tra l’Unione e le banche e le istituzioni finanziarie iraniane, salvo previa autorizzazione dello Stato membro interessato. Questo non dovrebbe impedire la prosecuzione degli scambi che non sono vietati ai sensi della decisione [2010/413]».

9

L’articolo 30 del regolamento n. 267/2012, come modificato dal regolamento controverso (in prosieguo: il «regolamento n. 267/2012 modificato»), prevedeva restrizioni alle operazioni finanziarie fra gli enti finanziari e creditizi e gli uffici dei cambiavalute con sede in Iran, nonché le loro succursali e controllate, e gli enti finanziari e creditizi e gli uffici dei cambiavalute controllati da persone, entità o organismi con sede in Iran, da un lato, e gli enti finanziari dell’Unione, dall’altro.

10

In particolare, ai sensi dell’articolo 30, paragrafo 2, del regolamento n. 267/2012 modificato, potevano essere effettuati unicamente, in primo luogo, i trasferimenti a carattere umanitario, in secondo luogo, i trasferimenti relativi a rimesse personali, in terzo luogo, i trasferimenti connessi a uno specifico contratto commerciale purché non fossero vietati ai sensi del regolamento n. 267/2012, in quarto luogo, i trasferimenti riguardanti missioni diplomatiche o consolari o organizzazioni internazionali, in quinto luogo, i trasferimenti riguardanti pagamenti destinati a soddisfare crediti di o nei confronti di una persona, un’entità o un organismo iraniani o trasferimenti di natura analoga e, in sesto luogo, i trasferimenti necessari per l’esecuzione degli obblighi derivanti da contratti di cui all’articolo 12, paragrafo 1, lettera b), del medesimo regolamento.

11

Secondo l’articolo 30, paragrafi da 3 a 5, del regolamento n. 267/2012 modificato, i trasferimenti di fondi che potevano essere autorizzati a norma dell’articolo 30, paragrafo 2, del medesimo regolamento erano assoggettati, a seconda dei casi e del loro oggetto, nonché a partire da soglie diverse, a un obbligo di notifica preliminare e a un obbligo di autorizzazione preliminare da parte dell’autorità nazionale competente.

12

L’articolo 30 bis del regolamento n. 267/2012 modificato prevedeva, segnatamente, talune restrizioni ai trasferimenti di fondi fra persone, entità o organismi iraniani, da un lato, e cittadini dell’Unione, dall’altro, non contemplate dall’articolo 30 del medesimo regolamento.

13

A termini dell’articolo 30 ter, paragrafo 1, del regolamento n. 267/2012 modificato, le restrizioni previste ai precedenti articoli 30 e 30 bis non si applicavano ove un’autorizzazione fosse stata concessa a norma degli articoli 24, 25, 26, 27, 28 o 28 bis di detto regolamento.

14

L’articolo 30 ter, paragrafo 3, del regolamento n. 267/2012 modificato disponeva che, ai fini dell’articolo 30, paragrafo 3, lettere b) e c), e dell’articolo 30 bis, paragrafo 1, lettera c), del medesimo, le autorità competenti concedevano l’autorizzazione, alle condizioni che ritenevano appropriate, tranne nel caso in cui avessero fondati motivi per ritenere che il trasferimento di fondi per il quale era chiesta l’autorizzazione potesse violare uno dei divieti o degli obblighi di cui al suddetto regolamento.

15

Al fine di attuare il piano d’azione congiunto globale del 14 luglio 2015, concluso con la Repubblica islamica dell’Iran sulla questione nucleare iraniana (in prosieguo: il «piano d’azione congiunto globale»), che prevede l’impegno di revocare tutte le misure restrittive dell’Unione relative al nucleare, l’articolo 1, punto 17, della decisione (PESC) 2015/1863 del Consiglio, del 18 ottobre 2015, che modifica la decisione 2010/413 (GU 2015, L 274, pag. 174), stabilisce che l’applicazione delle misure di cui, segnatamente, all’articolo 10 della decisione 2010/413 è sospesa.

16

Allo stesso fine, l’articolo 1, punto 15, del regolamento (UE) 2015/1861 del Consiglio, del 18 ottobre 2015, che modifica il regolamento n. 267/2012 (GU 2015, L 274, pag. 1), prevede, in particolare, che gli articoli 30, 30 bis e 30 ter del regolamento n. 267/2012 sono soppressi.

17

Infine, dalla decisione (PESC) 2016/37 del Consiglio, del 16 gennaio 2016, relativa alla data di applicazione della decisione (PESC) 2015/1863 che modifica la decisione 2010/413 (GU 2016, L 11 I, pag. 1), e da una nota informativa del Consiglio (GU 2016, C 15 I, pag. 1) risulta che il regime controverso non è più applicabile dal 16 gennaio 2016.

Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

18

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 15 marzo 2013, la Bank Mellat ha proposto un ricorso costituito da tre capi di domanda, il primo diretto all’annullamento dell’articolo 1, punto 15, del regolamento controverso, il secondo diretto all’annullamento di questa stessa disposizione nella parte in cui essa non prevede un’eccezione applicabile al suo caso e il terzo diretto a ottenere che il Tribunale dichiarasse l’inapplicabilità nei suoi confronti dell’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635.

19

Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto tale ricorso.

20

Il Tribunale ha anzitutto dichiarato, al punto 38 della sentenza impugnata, che esso non era competente, ai sensi dell’articolo 275 TFUE, a statuire sul terzo capo della domanda, sulla base del rilievo che l’eccezione di illegittimità, formulata ai sensi dell’articolo 277 TFUE nell’ambito di tale terzo capo della domanda, non era stata sollevata a sostegno di un ricorso di annullamento proposto avverso una «decisione che prevede misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche», a norma dell’articolo 275, secondo comma, TFUE, atteso che le misure di cui all’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635 sono misure di natura generale il cui ambito di applicazione è determinato mediante riferimento a criteri oggettivi.

21

In forza dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, il Tribunale, ai punti da 59 a 61 della sentenza impugnata, ha poi respinto, in quanto irricevibile, il ricorso nella parte in cui riguardava, da un lato, l’articolo 30 bis del regolamento n. 267/2012, quale inserito dall’articolo 1, punto 15, del regolamento controverso, per il motivo che la Bank Mellat, quale ente finanziario con sede in Iran, non era interessata da tale disposizione, e, dall’altro, l’articolo 30 ter, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 267/2012, per il motivo che tale disposizione non riguardava direttamente la Bank Mettal e comportava, inoltre, misure di esecuzione.

22

Il Tribunale, ai punti da 68 a 78 della sentenza impugnata, ha altresì respinto l’eccezione di irricevibilità sollevata dal Consiglio dell’Unione europea, vertente sul fatto che, alla data di presentazione del ricorso, la Bank Mellat non aveva interesse a contestare la legittimità del regime di cui all’articolo 1, punto 15, del regolamento controverso, in quanto essa era già assoggettata a misure individuali di congelamento dei fondi adottate in forza del regolamento n. 267/2012, argomentando essenzialmente che, allorché l’annullamento di tali misure individuali è divenuto efficace a seguito della pronuncia della sentenza del 18 febbraio 2016, Consiglio/Bank Mellat (C‑176/13 P, EU:C:2016:96), la Bank Mellat è stata effettivamente assoggettata al regime controverso, con tutte le restrizioni che ne discendono, di pieno diritto, senza l’intervento di un qualsivoglia atto giuridico ulteriore, e manteneva pertanto un interesse a contestare tale regime.

23

Infine, nel merito, il Tribunale ha respinto i quattro motivi dedotti dalla Bank Mellat a sostegno dei capi della domanda primo e secondo.

Conclusioni delle parti

24

La Bank Mellat chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata;

annullare l’articolo 1, punto 15, del regolamento controverso nella sua interezza o nei limiti in cui si applica alla ricorrente;

dichiarare che l’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635 non è applicabile nei suoi confronti, e

condannare il Consiglio a sopportare le spese relative all’impugnazione e al procedimento dinanzi al Tribunale.

25

Il Consiglio e la Commissione europea chiedono che la Corte voglia respingere l’impugnazione e condannare la Bank Mellat alle spese.

26

Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord chiede che la Corte voglia respingere l’impugnazione e riconoscergli le spese sostenute.

Sull’impugnazione

Argomenti delle parti

27

Il Consiglio sostiene, in via principale, che la Bank Mellat non dimostra di avere un interesse ad agire, in quanto il regime controverso è stato abrogato con effetto dal 16 gennaio 2016.

28

Facendo riferimento a una giurisprudenza costante della Corte, richiamata al punto 61 della sentenza del 28 maggio 2013, Abdulrahim/Consiglio e Commissione (C‑239/12 P, EU:C:2013:331), il Consiglio sostiene che la Bank Mellat non trarrebbe alcun beneficio dall’annullamento da parte della Corte del regime controverso.

29

L’annullamento di tale regime non ripristinerebbe, infatti, la situazione iniziale della Bank Mellat, poiché tali misure avevano una portata generale e riguardavano tutti gli enti finanziari iraniani in maniera identica. Esso non indurrebbe nemmeno il Consiglio ad apportare, in futuro, le modifiche appropriate, in quanto tali misure sono già state revocate.

30

Peraltro, il Consiglio adduce che, contrariamente alla fattispecie in esame nella causa sfociata nella sentenza del 7 giugno 2007, Wunenburger/Commissione (C‑362/05 P, EU:C:2007:322), il regime controverso è stato abrogato e non sussiste nessun altra procedura pertinente che possa essere invocata o prevista in futuro.

31

Inoltre, avendo il Tribunale confermato, con la sentenza impugnata, la legittimità del regime controverso, un eventuale annullamento di quest’ultimo da parte della Corte non potrebbe in alcun caso costituire il fondamento di un ricorso per responsabilità dell’Unione, in quanto il requisito concernente l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica non sarebbe soddisfatto.

32

Infine, il Consiglio, richiamando la sentenza del 28 maggio 2013, Abdulrahim/Consiglio e Commissione (C‑239/12 P, EU:C:2013:331, punti da 70 a 74), sottolinea che il regime controverso non avrebbe inciso sulla reputazione della Bank Mellat, dato che, contrariamente alle misure restrittive individuali, esso riguardava tutti gli enti finanziari iraniani in maniera identica.

33

A tal proposito, tale regime non implicherebbe che alla ricorrente o alle altre banche e istituzioni finanziarie iraniane interessate sia stato addebitato di aver sostenuto le attività della Repubblica islamica dell’Iran in materia di proliferazione nucleare. Come emergerebbe, infatti, dai punti da 171 a 173 della sentenza impugnata, detto regime sarebbe giustificato dalla necessità di contrastare il rischio che le banche e le istituzioni finanziarie iraniane vengano utilizzate, eventualmente a loro insaputa, per promuovere le suddette attività.

34

La Commissione nutre dubbi in merito all’esistenza di un qualsivoglia interesse ad agire della ricorrente al momento della proposizione della presente impugnazione.

35

Per tutto il periodo in cui la Bank Mellat è stata assoggettata al regime controverso, infatti, essa sarebbe stata altresì sottoposta a misure restrittive individuali più rigorose, il che implicherebbe, come risulterebbe dal punto 75 della sentenza impugnata, che l’adozione del regime controverso non avrebbe prodotto alcun impatto immediato effettivo sulla medesima. Pertanto, un annullamento del regime controverso non avrebbe alcuna incidenza effettiva sulla situazione della Bank Mellat.

36

Peraltro, la ricorrente non avrebbe dimostrato che l’asserita illegittimità potrebbe riprodursi in futuro, indipendentemente dalle circostanze all’origine del ricorso da essa proposto, sicché il principio stabilito dalla sentenza del 7 giugno 2007, Wunenburger/Commissione (C‑362/05 P, EU:C:2007:322), non sarebbe applicabile.

37

Inoltre, la Commissione sostiene che l’impugnazione non può comportare che la ricorrente ottenga un risarcimento che vada oltre quanto ha già ottenuto in forza della sentenza del 18 febbraio 2016, Consiglio/Bank Mellat (C‑176/13 P, EU:C:2016:96), tenuto conto delle misure restrittive individuali più severe di cui trattatasi nella sentenza succitata. La Bank Mellat difficilmente potrebbe dimostrare una lesione della propria reputazione, subita a causa del regime controverso durante un periodo in cui è stata anche sottoposta a misure restrittive individuali.

38

La Bank Mellat adduce che essa mantiene un interesse ad agire contro il regime controverso, per il motivo che essa trarrebbe un beneficio dall’annullamento del medesimo.

39

Anzitutto, la Bank Mellat, facendo riferimento, per analogia, alla sentenza del 7 giugno 2007, Wunenburger/Commissione, C‑362/05 P, EU:C:2007:322, punti da 50 a 60), sostiene che occorre impedire al Consiglio di dare nuovamente attuazione alle sanzioni in questione o di adottare, in futuro, un atto illegittimo simile, eventualmente nel caso in cui si decidesse di ripristinare tali sanzioni prima che la loro abrogazione divenga definitiva, il 20 ottobre 2023, il che sarebbe consentito dal piano d’azione congiunto globale se la Repubblica islamica dell’Iran non rispettasse talune condizioni.

40

Poi, l’annullamento dell’embargo finanziario potrebbe servire da base per un’azione di risarcimento danni.

41

Inoltre, il fatto che un atto sia stato abrogato o sia scaduto non priverebbe un ricorrente del suo interesse a dimostrare la sua illegittimità, poiché un’abrogazione o una scadenza non equivalgono a un annullamento.

42

Infine, il regime controverso avrebbe un effetto negativo sulla reputazione della Bank Mellat e il suo annullamento costituirebbe una forma di riparazione non compensativa, giacché le affermazioni del Consiglio secondo cui le banche iraniane, tra le quali figura necessariamente la Bank Mellat, che sarebbe una delle maggiori banche iraniane, sono coinvolte nel sostegno alla proliferazione nucleare sarebbero particolarmente dannose, soprattutto per tale banca, posto che quest’ultima è stata in grado di dimostrare, nell’ambito del procedimento diretto all’annullamento delle misure restrittive individuali impostele, che essa non sosteneva la proliferazione nucleare.

Giudizio della Corte

43

Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, adduce, in sostanza, che la Bank Mellat ha perso il suo interesse ad agire contro il regime controverso dopo l’abolizione dello stesso con effetto dal 16 gennaio 2016, abolizione che mira ad attuare il piano d’azione congiunto globale.

44

A tale riguardo, occorre ricordare che, dinanzi al Tribunale, il Consiglio aveva sostenuto che, alla data della presentazione del ricorso, la Bank Mellat non aveva interesse a contestare la legittimità dell’articolo 1, punto 15, del regolamento controverso, dal momento che essa era già assoggettata a misure individuali di congelamento dei suoi fondi e averi.

45

Ai punti da 74 a 77 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto tale eccezione di irricevibilità, basandosi sul seguente ragionamento:

«74

Nella specie, al momento della proposizione del ricorso, la [Bank Mellat] era interessata da misure restrittive individuali (…) collegate al suo asserito coinvolgimento nella proliferazione nucleare. Infatti, anche se tali misure restrittive sono state annullate dalla [sentenza del 29 gennaio 2013, Bank Mellat/Consiglio (T‑496/10, EU:T:2013:39)], la decorrenza degli effetti di tale annullamento era sospesa fino alla decisione sull’impugnazione, in forza dell’articolo 60 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

75

Pertanto, è ben vero che l’adozione del regime controverso non ha prodotto un impatto immediato effettivo sulla [Bank Mellat], dal momento che le misure restrittive individuali alle quali essa era stata assoggettata in precedenza prevedevano restrizioni più severe. (…)

76

Ciò premesso, occorre rilevare che il regime controverso si applica di per sé a tutti gli enti finanziari stabiliti in Iran e, pertanto, anche alla [Bank Mellat]. Tale rilievo implica segnatamente che, allorché, successivamente, l’annullamento delle misure restrittive individuali concernenti la [Bank Mellat] è divenuto efficace (…) a seguito [della pronuncia della sentenza del 18 febbraio 2016, Consiglio/Bank Mellat (C‑176/13 P, EU:T:2016:96)], la [Bank Mellat] è stata effettivamente assoggettata a detto regime, con tutte le restrizioni che ne discendono, di pieno diritto, senza l’intervento di un qualsivoglia atto giuridico ulteriore.

77

Ciò premesso, la dichiarazione, nella specie, dell’assenza di interesse ad agire della [Bank Mellat] avverso l’articolo 1, punto 15, del regolamento [controverso] comporterebbe una violazione del [suo] diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, dal momento che, dopo l’estinzione definitiva delle misure restrittive individuali che la riguardano, essa sarebbe assoggettata agli effetti del regime controverso, ma non sarebbe legittimata a chiedere l’annullamento dell’articolo 1, punto 15, del regolamento [controverso], a causa della scadenza del termine di ricorso».

46

Orbene, l’affermazione contenuta nella seconda frase del punto 76 della sentenza impugnata è manifestamente erronea, poiché, a decorrere dal 18 febbraio 2016, data in cui ha iniziato a produrre effetti l’annullamento delle misure restrittive individuali applicabili alla Bank Mellat, a seguito della pronuncia della sentenza del 18 febbraio 2016, Consiglio/Bank Mellat (C‑176/13 P, EU:C:2016:96), essa non è stata «effettivamente e di pieno diritto assoggettata» al regime controverso, dal momento che tale regime era già stato abolito con effetto dal 16 gennaio 2016.

47

Pertanto, contrariamente alle considerazioni esposte al punto 77 della sentenza impugnata, non si può sostenere che la Bank Mellat avesse mantenuto un interesse ad agire contro il regime controverso, per il motivo che essa avrebbe dovuto poter proporre un ricorso diretto all’annullamento di tale regime, in quanto quest’ultimo sarebbe divenuto applicabile nei suoi confronti a partire dal 18 febbraio 2016.

48

Essendo l’abrogazione del regime controverso avvenuta prima della pronuncia della sentenza impugnata, si poneva la questione se tale abrogazione avesse fatto venir meno l’interesse ad agire della Bank Mellat ai fini della proposizione di un ricorso diretto all’annullamento di tale regime.

49

Poiché la questione del non luogo a statuire per mancanza di persistenza dell’interesse ad agire, ai sensi dell’articolo 131 del regolamento di procedura del Tribunale e dell’articolo 149 del regolamento di procedura della Corte, può essere sollevata d’ufficio dai giudici dell’Unione, la Corte può, nell’ambito della presente impugnazione, verificare, eventualmente d’ufficio, se detta abrogazione avesse fatto venir meno l’interesse ad agire della Bank Mellat dinanzi al Tribunale (v., per analogia, sentenze del 23 aprile 2009, Sahlstedt e a./Commissione, C‑362/06 P, EU:C:2009:243, punto 22, e del 27 febbraio 2014, Stichting Woonpunt e a./Commissione, C‑132/12 P, EU:C:2014:100, punto 45).

50

Al riguardo, è opportuno ricordare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, l’interesse ad agire di un ricorrente deve sussistere, relativamente all’oggetto del ricorso, nella fase della presentazione dello stesso, pena l’irricevibilità. Tale oggetto della controversia deve perdurare, così come l’interesse ad agire, fino alla pronuncia della decisione del giudice, pena il non luogo a statuire, il che presuppone che il ricorso possa procurare, con il suo esito, un beneficio alla parte che l’ha proposto (sentenze del 28 maggio 2013, Abdulrahim/Consiglio e Commissione, C‑239/12 P, EU:C:2013:331, punto 61, e del 9 novembre 2017, HX/Consiglio, C‑423/16 P, EU:C:2017:848, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

51

Ciò premesso, occorre verificare, anzitutto, se le indicazioni derivanti dalla sentenza del 28 maggio 2013, Abdulrahim/Consiglio e Commissione (C‑239/12 P, EU:C:2013:331), siano applicabili a misure come quelle imposte dal regime controverso.

52

Nella causa che ha dato luogo a tale sentenza, si poneva essenzialmente la questione se il ricorrente avesse mantenuto un interesse ad agire per chiedere l’annullamento di un regolamento in forza del quale il suo nome era stato iscritto in un elenco di persone ed entità sospettate di essere legate a un’organizzazione terroristica e assoggettate, per tale motivo, al congelamento di tutti i loro fondi e averi, una volta che tale iscrizione era stata abolita da un regolamento adottato successivamente alla proposizione di un ricorso dinanzi al Tribunale contro il primo di tali regolamenti.

53

A tale riguardo, la Corte ha statuito che il ricorrente manteneva un interesse ad agire in quanto l’iscrizione del suo nome, in forza dell’atto controverso, in detto elenco gli aveva causato un danno morale certo, connesso al pregiudizio alla sua reputazione causato dalla «riprovazione e la diffidenza che accompagnano la pubblica designazione delle persone interessate come legate ad un’organizzazione terroristica» e in quanto l’eventuale annullamento di tale atto poteva procurargli un beneficio, vale a dire la sua riabilitazione, e, quindi, una certa forma di riparazione del suddetto danno morale.

54

Orbene, tali indicazioni derivanti dalla sentenza del 28 maggio 2013, Abdulrahim/Consiglio e Commissione (C‑239/12 P, EU:C:2013:331), non sono applicabili a misure restrittive settoriali come quelle imposte dal regime controverso.

55

Tali misure restrittive settoriali, infatti, in quanto si applicano in generale a tutte le banche e le istituzioni finanziarie della Repubblica islamica dell’Iran, hanno una natura molto diversa da quella delle misure individuali di congelamento dei fondi e degli averi oggetto della causa che ha dato luogo a quest’ultima sentenza.

56

A tal riguardo, occorre ricordare che misure restrittive di portata generale come le misure settoriali in questione non sono dirette a persone fisiche o giuridiche identificate, atteso che l’ambito di applicazione di tali misure è determinato con riferimento a criteri oggettivi (v., in tal senso, sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 97).

57

Nel caso di specie, le misure restrittive previste dal regime controverso consistevano sostanzialmente nel vietare le operazioni tra le banche e le istituzioni finanziarie dell’Unione e quelle della Repubblica islamica dell’Iran, a meno che esse non fossero state previamente autorizzate dallo Stato membro interessato, al fine di impedire, se del caso all’insaputa delle stesse banche e istituzioni finanziarie, il trasferimento di attività o risorse finanziarie o di altro tipo che possano contribuire ad attività nucleari sensibili in termini di proliferazione o allo sviluppo di sistemi di lancio di armi nucleari di tale Stato.

58

Orbene, la circostanza che le attività di una banca o di un’istituzione finanziaria, quale la Bank Mellat, abbiano potuto essere colpite dalle misure restrittive settoriali in questione non significa, come rilevato anche dall’avvocato generale al paragrafo 41 delle conclusioni, che tali misure costituirebbero una sanzione di una specifica condotta imputabile a detta entità, poiché tali misure di portata generale risultano applicabili indipendentemente dalla partecipazione eventuale di quest’ultima alla proliferazione nucleare iraniana.

59

Pertanto, a differenza delle misure restrittive di portata individuale, non si può sostenere che le misure restrittive di portata generale in questione possono provocare, in capo a uno specifico operatore, un danno morale certo, connesso al pregiudizio alla reputazione, comparabile a quello provocato dalla riprovazione e dalla diffidenza che accompagnano la pubblica designazione delle persone interessate come legate, ad esempio, a un’organizzazione terroristica (v., in tal senso, sentenza del 28 maggio 2013, Abdulrahim/Consiglio e Commissione, C‑239/12 P, EU:C:2013:331, punto 70), o che l’eventuale annullamento di tali misure sarebbe tale da procurare un beneficio alla Bank Mellat, sotto forma di riabilitazione della stessa, e, quindi, da offrirle una qualche forma di riparazione di un tale danno morale.

60

Inoltre, per quanto riguarda l’impatto che le misure restrittive previste dal regime controverso possono avere su alcuni diritti e alcune libertà di cui possono godere eventualmente le banche e le istituzioni finanziarie interessate, in quanto dette misure possono, in particolare, avere avuto l’effetto di ostacolare la conclusione di un certo numero di operazioni finanziarie, si deve ricordare, come la Corte ha più volte dichiarato, che le misure restrittive hanno, per definizione, conseguenze negative, segnatamente, sui diritti di proprietà e sul diritto al libero esercizio delle attività professionali, con danni per soggetti che non hanno alcuna responsabilità riguardo alla situazione che ha condotto all’adozione delle sanzioni (v., in tal senso, sentenze del 30 luglio 1996, Bosphorus, C‑84/95, EU:C:1996:312, punto 22, e del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 149).

61

Orbene, anche supponendo l’esistenza di un danno risarcibile, si deve ritenere, come ha giustamente rilevato anche il Tribunale al punto 75 della sentenza impugnata, che l’adozione del regime controverso non abbia prodotto un impatto distinto ed effettivo sulla Bank Mellat, in quanto le misure restrittive individuali alle quali essa era soggetta, durante l’intero periodo di applicazione del regime controverso, prevedevano restrizioni più severe. Pertanto, nella misura in cui queste ultime consistevano nel congelamento generale dei suoi fondi e dei suoi averi, la Bank Mellat non poteva, in ogni caso, effettuare alcuna operazione finanziaria vietata dalle misure settoriali previste dal regime controverso.

62

Di conseguenza, a seguito dell’abrogazione del regime controverso il 16 gennaio 2016 nell’ambito dell’attuazione del piano d’azione congiunto globale, l’annullamento del regime controverso da parte dei giudici dell’Unione non poteva più procurare alla Bank Mellat un beneficio idoneo a giustificare il mantenimento di un interesse ad agire.

63

Tale conclusione non può essere messa in discussione dall’argomento della Bank Mellat secondo cui la persistenza del suo interesse ad agire potrebbe basarsi sul principio sancito dalla Corte nella sentenza del 7 giugno 2007, Wunenburger/Commissione (C‑362/05 P, EU:C:2007:322), in quanto si dovrebbe impedire al Consiglio di attuare nuovamente misure restrittive, come quelle imposte dal regime controverso e che la Bank Mellat ritiene illegittime, nel caso in cui la Repubblica islamica dell’Iran non rispettasse determinate condizioni a essa imposte in forza del piano d’azione congiunto globale.

64

A tal proposito, dalla giurisprudenza della Corte risulta che, in determinate circostanze, un ricorrente può mantenere un interesse a chiedere l’annullamento di un atto abrogato in pendenza di giudizio, per indurre l’autore dell’atto impugnato ad apportare, in futuro, le modifiche appropriate ed evitare così il rischio di ripetizione dell’illegittimità che asseritamente inficia tale atto (sentenza del 28 maggio 2013, Abdulrahim/Consiglio e Commissione, C‑239/12 P, EU:C:2013:331, punto 63).

65

Tuttavia, il principio così sancito dalla giurisprudenza, come altresì rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 44 delle conclusioni, deve essere circoscritto alle situazioni in cui il ricorrente dimostri in maniera precisa e concreta l’esistenza di un rischio di ripetizione dell’asserita illegittimità.

66

Orbene, la Bank Mellat si è limitata ad affermare in maniera generale che sussiste un simile rischio di ripetizione, senza indicare con precisione gli elementi che rendono probabile il suo verificarsi.

67

Sebbene non si possa infatti escludere in maniera definitiva che, in futuro, vengano nuovamente adottate misure restrittive nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran, come sostenuto dalla Bank Mellat, in tal caso si tratterebbe tuttavia di una situazione nuova che darebbe luogo, eventualmente, a misure restrittive sotto forma o di misure comparabili a quelle previste dal regime controverso o di misure di diversa natura. Tuttavia, pur a voler ammettere l’illegittimità del regime controverso, il che non è stato accertato dalla Corte, la mera ipotesi riguardante la ripetizione di una simile asserita illegittimità tramite l’adozione, in futuro, di misure restrittive comparabili a tale regime non è sufficiente per dimostrare, tenuto conto segnatamente dell’ampio margine di cui dispone il Consiglio nel definire l’oggetto delle misure restrittive (sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 88), in maniera sufficientemente precisa e concreta il rischio di una simile ripetizione per consentire alla Bank Mellat di mantenere un interesse ad agire nel presente procedimento.

68

Ne consegue che, alla luce dei principi sanciti dalla giurisprudenza richiamata al punto 50 della presente sentenza, non vi era più luogo a statuire per il Tribunale sul ricorso di annullamento proposto dalla Bank Mellat contro il regime controverso, in quanto, in pendenza di giudizio e prima della pronuncia della sentenza impugnata, la Bank Mellat aveva perso qualsiasi interesse ad agire contro tale regime controverso. A seguito dell’abolizione di quest’ultimo con effetto dal 16 gennaio 2016 e alla luce delle constatazioni effettuate ai punti da 51 a 67 della presente sentenza, tale ricorso non poteva, infatti, con il suo esito, procurarle un beneficio.

69

Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, la sentenza impugnata deve essere annullata.

Sul ricorso dinanzi al Tribunale

70

Ai sensi dell’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, quest’ultima, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, può statuire definitivamente sulla controversia, qualora lo stato degli atti lo consenta. Così è nel caso di specie.

71

Poiché la sentenza impugnata deve essere annullata a causa della mancanza di persistenza dell’interesse ad agire della Bank Mellat in qualità di ricorrente dinanzi al Tribunale, si deve constatare che non è più necessario per la Corte pronunciarsi sul ricorso da essa proposto dinanzi al Tribunale.

Sulle spese

72

Ai sensi dell’articolo 142 del regolamento di procedura della Corte, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, di tale regolamento, in caso di non luogo a statuire, la Corte decide liberamente sulle spese.

73

Poiché la sentenza impugnata è annullata, ma la Bank Mellat ha perso il suo interesse ad agire in qualità di ricorrente dinanzi al Tribunale, si deve disporre che la Bank Mellat e il Consiglio sopporteranno ciascuno le proprie spese relative sia al procedimento di impugnazione sia al procedimento di primo grado.

74

Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 4, del regolamento di procedura della Corte, quest’ultima può decidere che una parte interveniente in primo grado, la quale abbia partecipato alla fase scritta od orale del procedimento dinanzi alla Corte, si faccia carico delle proprie spese.

75

Di conseguenza, si dispone che il Regno Unito e la Commissione sopporteranno le proprie spese.

 

Per questi motivi la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

La sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 2 giugno 2016, Bank Mellat/Consiglio (T‑160/13, EU:T:2016:331), è annullata.

 

2)

Non vi è luogo a statuire sul ricorso proposto con il numero T‑160/13 dalla Bank Mellat, diretto all’annullamento dell’articolo 1, punto 15, del regolamento (UE) n. 1263/2012 del Consiglio, del 21 dicembre 2012, che modifica il regolamento (UE) n. 267/2012 concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran, o della suddetta disposizione nella parte in cui essa non prevede un’eccezione applicabile al caso della Bank Mellat, nonché sulla sua domanda diretta a ottenere che il Tribunale dell’Unione europea dichiarasse l’inapplicabilità nei suoi confronti dell’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635/PESC del Consiglio, del 15 ottobre 2012, che modifica la decisione 2010/413/PESC concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran.

 

3)

La Bank Mellat e il Consiglio dell’Unione europea sopporteranno ciascuno le proprie spese relative sia al procedimento di impugnazione sia al procedimento di primo grado.

 

4)

Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e la Commissione europea sopporteranno le proprie spese.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.