SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

20 dicembre 2017 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Regolamento (CE) n. 6/2002 – Disegni e modelli comunitari – Articolo 110, paragrafo 1 – Assenza di protezione – Clausola cosiddetta “di riparazione” – Nozione di “componente di un prodotto complesso” – Riparazione del prodotto complesso al fine di ripristinarne l’aspetto originario – Misure che devono essere adottate dall’utilizzatore per avvalersi della clausola cosiddetta “di riparazione” – Cerchione replica per autovettura identico al modello di cerchione originario»

Nelle cause riunite C‑397/16 e C‑435/16,

aventi ad oggetto alcune domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Corte d’appello di Milano (Italia) e dal Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania), con decisioni in data 15 e 2 giugno 2016, pervenute in cancelleria rispettivamente il 18 luglio e il 4 agosto 2016, nei procedimenti

Acacia Srl

contro

Pneusgarda Srl, in stato di fallimento,

Audi AG (C‑397/16),

e

Acacia Srl,

Rolando D’Amato

contro

Dr. Ing. h.c. F. Porsche AG (C‑435/16),

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da M. Ilešič (relatore), presidente di sezione, A. Rosas, C. Toader, A. Prechal ed E. Jarašiūnas, giudici,

avvocato generale: H. Saugmandsgaard Øe

cancelliere: R. Schiano, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 14 giugno 2017,

considerate le osservazioni presentate:

per la Acacia Srl e R. D’Amato, da F. Munari, M. Esposito e A. Macchi, avvocati, nonché da B. Schneiders, D. Treue e D. Thoma, Rechtsanwälte;

per la Audi AG, da G. Hasselblatt, Rechtsanwalt, nonché da M. Cartella e M. Locatelli, avvocati;

per la Dr. Ing. h.c. F. Porsche AG, da B. Ackermann e C. Klawitter, Rechtsanwälte;

per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da M. Santoro, S. Fiorentino e L. Cordi, avvocati dello Stato;

per il governo tedesco, da T. Henze, M. Hellmann e J. Techert, in qualità di agenti;

per il governo francese, da D. Segoin, in qualità di agente;

per il governo dei Paesi Bassi, da M. Bulterman e H. Stergiou, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da J. Samnadda, V. Di Bucci e T. Scharf, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 28 settembre 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione dell’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 6/2002 del Consiglio, del 12 dicembre 2001, su disegni e modelli comunitari (GU 2002, L 3, pag. 1).

2

Tali domande sono state presentate nell’ambito di due procedimenti che vedono, quali parti in lite, da un lato, la Acacia Srl contro la Pneusgarda Srl, in stato di fallimento, e la Audi AG, e, dall’altro, Acacia e il suo amministratore, sig. Rolando D’Amato, contro la Dr. Ing. h.c. F. Porsche AG (in prosieguo: «Porsche»), in merito alla presunta contraffazione, da parte di Acacia, dei modelli comunitari di cui Audi e Porsche sono titolari.

Contesto normativo

Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio

3

L’Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio è stato approvato mediante la decisione 94/800/CE del Consiglio, del 22 dicembre 1994, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986‑1994) (GU 1994, L 336, pag. 1). L’articolo 26, paragrafo 2, di tale accordo dispone quanto segue:

«I membri possono prevedere limitate eccezioni alla protezione dei disegni industriali, purché tali eccezioni non siano indebitamente in contrasto con il normale sfruttamento dei disegni industriali protetti e non pregiudichino in modo ingiustificato i legittimi interessi del titolare del disegno protetto, tenuto conto dei legittimi interessi dei terzi».

Diritto dell’Unione

Direttiva 98/71/CE

4

Il considerando 19 della direttiva 98/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 1998, sulla protezione giuridica dei disegni e dei modelli (GU 1998, L 289, pag. 28), enuncia quanto segue:

«considerando che la rapida adozione della presente direttiva è diventata per alcuni settori industriali una questione urgente; che attualmente non è possibile procedere ad un ravvicinamento completo delle legislazioni degli Stati membri relative all’uso dei disegni e modelli protetti allo scopo di consentire la riparazione di un prodotto complesso al fine di ripristinarne l’aspetto originario qualora il prodotto in cui il disegno o modello sia incorporato o al quale sia applicato costituisca un componente di un prodotto complesso dal cui aspetto dipenda il disegno o modello protetto; che la mancanza di un ravvicinamento completo delle legislazioni degli Stati membri relative all’uso dei disegni e modelli protetti allo scopo di consentire la riparazione di un prodotto complesso non dovrebbe ostare all’armonizzazione delle altre disposizioni nazionali in materia di disegni o modelli che incidono più direttamente sul funzionamento del mercato interno; che, pertanto, gli Stati membri dovrebbero, nel frattempo, mantenere in vigore qualsiasi disposizione conforme al Trattato riguardante l’uso del disegno o modello protetto di un componente utilizzato allo scopo di riparare un prodotto complesso per ripristinarne l’aspetto iniziale ovvero, qualora introducano nuove disposizioni riguardanti tale uso, queste ultime dovrebbero avere esclusivamente l’obiettivo di liberalizzare il mercato di detti componenti; (…)».

5

L’articolo 14 della citata direttiva, intitolato «Disposizioni transitorie», prescrive:

«Fino all’adozione delle modifiche alla presente direttiva, su proposta della Commissione a norma dell’articolo 18, gli Stati membri mantengono in vigore le loro attuali disposizioni giuridiche riguardanti l’uso del disegno o modello protetto di un componente utilizzato per la riparazione di un prodotto complesso al fine di ripristinarne l’aspetto originario e introducono modifiche alle loro attuali disposizioni giuridiche solo qualora l’obiettivo sia la liberalizzazione del mercato di tali componenti».

Regolamento n. 6/2002

6

I considerando 1, 9 e 13 del regolamento n. 6/2002 sono così formulati:

«(1)

Un regime unificato per la concessione di disegni o modelli comunitari che fruisca di una protezione uniforme ed abbia efficacia uniforme in tutto il territorio della Comunità favorirebbe il conseguimento degli obiettivi della Comunità sanciti dal trattato.

(…)

(9)

Le disposizioni sostanziali di questo regolamento nel campo della disciplina dei disegni e modelli dovrebbero essere allineate alle corrispondenti disposizioni della direttiva 98/71/CE.

(…)

(13)

La direttiva 98/71/CE non ha consentito di realizzare un completo ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri riguardanti l’impiego di disegni e modelli tutelati allo scopo di permettere la riparazione di un prodotto complesso al fine di ripristinarne l’aspetto originario, qualora il disegno o modello sia applicato a un prodotto o incorporato in un prodotto che costituisca una componente di un prodotto complesso dal cui aspetto dipenda il disegno o modello protetto. Nell’ambito della procedura di conciliazione su detta direttiva, la Commissione si è impegnata a passare in rassegna le conseguenze delle disposizioni contenute nella direttiva stessa tre anni dopo il termine di recepimento, con particolare riferimento ai settori industriali maggiormente interessati. In tali circostanze è opportuno non conferire protezione in quanto disegno o modello comunitario a un disegno o modello, qualora sia applicato a un prodotto o incorporato in un prodotto che costituisca una componente di un prodotto complesso dal cui aspetto dipend[e] il disegno o modello e che sia utilizzato allo scopo di consentire la riparazione di un prodotto complesso al fine di ripristinarne l’aspetto originario, fino a quando il Consiglio non avrà deciso, in base ad una proposta della Commissione, quale politica perseguire in questo campo».

7

L’articolo 3 del citato regolamento così dispone:

«Ai fini del presente regolamento s’intende per:

a)

“disegno o modello”: l’aspetto di un prodotto o di una sua parte quale risulta in particolare dalle caratteristiche delle linee, dei contorni, dei colori, della forma, della struttura superficiale e/o dei materiali del prodotto stesso e/o del suo ornamento;

b)

“prodotto”: qualsiasi oggetto industriale o artigianale, comprese tra l’altro le componenti destinate ad essere assemblate per formare un prodotto complesso, gli imballaggi, le presentazioni, i simboli grafici e caratteri tipografici, esclusi i programmi per elaboratori;

c)

“prodotto complesso”: un prodotto costituito da più componenti che possono esser sostituite consentendo lo smontaggio ed un nuovo montaggio del prodotto».

8

L’articolo 4 del citato regolamento, intitolato «Requisiti per la protezione», recita:

«1.   Un disegno o modello è protetto come disegno o modello comunitario se ed in quanto è nuovo e possiede un carattere individuale.

2.   Il disegno o modello applicato ad un prodotto o incorporato in un prodotto che costituisce una componente di un prodotto complesso è considerato nuovo e dotato di carattere individuale soltanto se:

a)

la componente, una volta incorporata nel prodotto complesso, rimane visibile durante la normale utilizzazione di quest’ultimo, e

b)

le caratteristiche visibili della componente possiedono di per sé i requisiti di novità ed individualità.

3.   Per “normale utilizzazione” a termini del paragrafo 2, lettera a), s’intende l’impiego da parte dell’utilizzatore finale, esclusi gli interventi di manutenzione, assistenza e riparazione».

9

L’articolo 19, paragrafo 1, del medesimo regolamento ha il seguente tenore:

«Il disegno o modello comunitario registrato conferisce al titolare il diritto esclusivo di utilizzare il disegno o il modello e di vietarne l’utilizzo a terzi senza il suo consenso. Sono in particolare atti di utilizzazione ai sensi della presente disposizione la fabbricazione, l’offerta, la commercializzazione, l’importazione, l’esportazione o l’impiego di un prodotto in cui il disegno o modello è [incorporato] o [al quale il disegno o modello] è applicato, ovvero la detenzione di siffatto prodotto per i fini suddetti».

10

L’articolo 110 del regolamento n. 6/2002, intitolato «Disposizione transitoria», stabilisce quanto segue:

«1.   Fino a quando a questo proposito non entreranno in vigore, su proposta della Commissione, modifiche al presente regolamento, non esiste protezione in quanto disegno o modello comunitario nei confronti di un disegno o modello che costituisca una componente di un prodotto complesso che è utilizzat[a] ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, allo scopo di consentire la riparazione di tale prodotto complesso al fine di ripristinarne l’aspetto originario.

2.   La proposta della Commissione di cui al paragrafo 1 andrà presentata in concomitanza e tenendo conto di eventuali modifiche che la Commissione proponga a questo proposito in applicazione dell’articolo 18 della direttiva 98/71/CE».

Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

Causa C‑397/16

11

Audi è titolare di vari modelli comunitari di cerchioni in lega per autovetture.

12

Acacia fabbrica, con il marchio WSP Italy, cerchioni in lega per autovetture che vengono commercializzati sul suo sito Internet, che è accessibile in varie lingue. Secondo il giudice del rinvio, alcuni di questi cerchioni sono identici ai cerchioni in lega di Audi. Sui cerchioni fabbricati da Acacia è stampata l’indicazione «NOT OEM», che significa non fabbricato come dotazione originale. La documentazione commerciale e tecnica che accompagna tali prodotti, le fatture di vendita, nonché il sito Internet di Acacia indicano che i cerchioni in questione vengono venduti unicamente per servire quali pezzi di ricambio destinati alla riparazione.

13

Audi ha proposto un ricorso dinanzi al Tribunale di Milano (Italia) volto a far constatare, in sostanza, che la fabbricazione e la commercializzazione da parte di Acacia dei cerchioni in questione costituiscono una contraffazione dei suoi modelli comunitari. Detto giudice ha accolto tale ricorso.

14

Acacia ha interposto appello contro la sentenza del giudice summenzionato dinanzi alla Corte d’appello di Milano (Italia). Quest’ultima, dopo aver in particolare rilevato l’esistenza di decisioni contrastanti dei giudici italiani e di altri Stati membri per quanto riguarda l’applicazione della clausola cosiddetta «di riparazione», ha ritenuto in conclusione sussistenti seri dubbi quanto all’interpretazione dell’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002.

15

Alla luce di tali circostanze, la Corte d’appello di Milano ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se i principi in materia di libera circolazione delle merci e di libertà di prestazione dei servizi nel mercato interno, il principio di effettività delle regole di concorrenza europee e della liberalizzazione del mercato interno, i principi dell’effetto utile e dell’applicazione uniforme del diritto europeo all’interno dell’Unione europea, le disposizioni di diritto secondario dell’Unione europea quali la direttiva (…) 98/71 e in particolare il suo articolo 14, l’articolo 1 del regolamento [(UE)] n. 461/2010 [della Commissione, del 27 maggio 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate nel settore automobilistico (GU 2010, L 129, pag. 52)], e il [regolamento n. 124 della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UN/ECE) – Disposizioni uniformi relative all’omologazione di ruote per autovetture e loro rimorchi (GU 2006, L 375, pag. 604, e, per rettifica, GU 2007, L 70, pag. 413)], ostino ad un’interpretazione dell’articolo 110 del regolamento n. 6/2002, contenente la clausola di riparazione, che escluda il cerchione replica, esteticamente identico al cerchione originale di primo impianto, omologato sulla base del citato regolamento (…) n. 124, dalla nozione di componente di un prodotto complesso (automobile) allo scopo di consentirne la riparazione e di ripristinarne l’aspetto originario.

2)

In caso di risposta negativa al primo quesito, se le norme sulle privative industriali riguardanti i modelli registrati, previo bilanciamento degli interessi di cui al primo quesito, ostino all’applicazione della clausola di riparazione in riferimento a prodotti complementari replica che possono essere diversamente scelti dal cliente, sul presupposto che la clausola di riparazione debba essere interpretata in senso restrittivo e invocabile limitatamente a parti di ricambio a forma vincolata, vale a dire a componenti la cui forma è stata stabilita in modo sostanzialmente immutabile rispetto all’aspetto esteriore del prodotto complesso, con esclusione di altre componenti da ritenersi fungibili e liberamente applicabili a gusto del cliente.

3)

In caso di risposta positiva al quesito sub 2), quali misure deve adottare il produttore di cerchioni replica al fine di assicurare la legittima circolazione dei prodotti rivolti a finalità di riparazione e ripristino dell’aspetto esteriore originale del prodotto complesso».

Causa C‑435/16

16

Porsche è titolare di vari modelli comunitari di cerchioni in lega per autovetture.

17

I cerchioni prodotti da Acacia vengono commercializzati in Germania, sul sito Internet di detta società, il quale si rivolge ai consumatori finali ed è accessibile in lingua tedesca. Secondo il giudice del rinvio, alcuni di questi cerchioni sono identici ai cerchioni in lega di Porsche. Detto giudice rileva che, secondo Acacia, i cerchioni da essa fabbricati e destinati ai veicoli Porsche sono utilizzabili soltanto su veicoli di questo produttore. Porsche ha fatto valere dinanzi a detto giudice che i cerchioni in questione vengono proposti anche in colori e dimensioni che non corrispondono ai prodotti d’origine.

18

Porsche ha proposto un ricorso dinanzi al Landgericht Stuttgart (Tribunale del Land di Stoccarda, Germania) volto a far constatare, in sostanza, che la fabbricazione e la commercializzazione da parte di Acacia dei cerchioni in questione costituiscono una contraffazione dei suoi modelli comunitari. Detto giudice ha accolto tale ricorso.

19

Poiché l’appello interposto da Acacia e dal sig. D’Amato è stato respinto, questi ultimi hanno proposto un ricorso per Revision dinanzi al giudice del rinvio. Quest’ultimo rileva che l’esito favorevole di tale ricorso di impugnazione dipende dalla questione se Acacia possa far valere la clausola cosiddetta «di riparazione» contenuta all’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002. Orbene, l’interpretazione di tale disposizione farebbe sorgere varie difficoltà.

20

Alla luce di tali circostanze, il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’applicazione della limitazione di protezione ai sensi dell’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 sia circoscritta alle componenti a forma vincolata, ossia a quelle la cui forma è, in via di principio, determinata in modo immodificabile dall’aspetto del prodotto complessivamente considerato e quindi non può essere liberamente scelta – come avviene ad esempio per i cerchioni delle autovetture – dal cliente.

2)

In caso di risposta negativa alla prima questione: se l’applicazione della limitazione di protezione ai sensi dell’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 sia circoscritta soltanto all’offerta di prodotti presentanti una veste identica, vale a dire prodotti corrispondenti anche per colore e dimensioni a quelli originali.

3)

In caso di risposta negativa alla prima questione: se la limitazione di protezione ai sensi dell’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 operi in favore del venditore di un prodotto sostanzialmente lesivo del disegno o modello fatto valere soltanto qualora tale venditore assicuri oggettivamente che il suo prodotto può essere acquistato esclusivamente per scopi di riparazione, e non anche per altri scopi, quali il miglioramento delle dotazioni o la personalizzazione del prodotto complessivamente considerato.

4)

In caso di risposta affermativa alla terza questione: quali misure debba adottare il venditore di un prodotto sostanzialmente lesivo del disegno o modello fatto valere per assicurare oggettivamente che il suo prodotto può essere acquistato esclusivamente per scopi di riparazione, e non anche per altri scopi, quali il miglioramento delle dotazioni o la personalizzazione del prodotto complessivamente considerato. Se sia sufficiente:

a)

che il venditore inserisca nel prospetto di vendita un’avvertenza secondo cui la vendita avviene soltanto per scopi di riparazione, al fine di ripristinare l’aspetto originario del prodotto complessivamente considerato, oppure

b)

se sia necessario che il venditore subordini la consegna al fatto che l’acquirente (distributore o consumatore) dichiari per iscritto di utilizzare il prodotto offerto in vendita soltanto per scopi di riparazione».

21

Con decisione del presidente della Corte del 25 aprile 2017, le cause C‑397/16 e C‑435/16 sono state riunite ai fini della fase orale del procedimento e della sentenza.

Sulle domande di riapertura della fase orale del procedimento

22

Con atti depositati presso la cancelleria della Corte rispettivamente in data 24 novembre e 1o dicembre 2017, Porsche e Audi hanno chiesto che venga disposta la riapertura della fase orale del procedimento, in applicazione dell’articolo 83 del regolamento di procedura della Corte.

23

A sostegno delle loro domande, Porsche e Audi fanno valere, in sostanza, che le conclusioni dell’avvocato generale sono fondate su affermazioni prive di fondamento e che non hanno costituito l’oggetto di una discussione in contraddittorio, riguardanti in particolare la genesi della clausola cosiddetta «di riparazione», contenuta all’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002.

24

In virtù dell’articolo 83 del suo regolamento di procedura, la Corte può, in qualsiasi momento, sentito l’avvocato generale, disporre la riapertura della fase orale del procedimento, in particolare se essa non si ritiene sufficientemente edotta, o quando, dopo la chiusura di tale fase, una parte ha addotto un fatto nuovo, tale da influenzare in modo decisivo la decisione della Corte, oppure quando la causa dev’essere decisa in base a un argomento che non è stato oggetto di discussione tra le parti o gli interessati menzionati dall’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

25

Nel caso di specie, non sussiste nessuna di queste ipotesi. Infatti, non è stata in alcun modo allegata l’esistenza di un fatto nuovo. Inoltre, il tema della genesi della clausola cosiddetta «di riparazione» è stato affrontato in particolare dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte ed è stato dibattuto da tutte le parti in occasione dell’udienza di discussione. Pertanto, la Corte, sentito l’avvocato generale, ritiene di essere in possesso di tutti gli elementi necessari per statuire.

26

Inoltre, per quanto riguarda le critiche formulate da Porsche e Audi nei confronti delle conclusioni dell’avvocato generale, occorre ricordare, da un lato, che lo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e il regolamento di procedura di quest’ultima non prevedono la possibilità per le parti interessate di presentare osservazioni in risposta alle conclusioni presentate dall’avvocato generale (sentenza del 25 ottobre 2017, Polbud – Wykonawstwo, C‑106/16, EU:C:2017:804, punto 23 e la giurisprudenza ivi citata).

27

Dall’altro lato, in forza dell’articolo 252, secondo comma, TFUE, l’avvocato generale ha il compito di presentare pubblicamente, con assoluta imparzialità e in piena indipendenza, conclusioni motivate sulle cause che, conformemente allo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, richiedono il suo intervento. A tal proposito, la Corte non è vincolata né dalle conclusioni dell’avvocato generale né dalla motivazione in base alla quale quest’ultimo giunge alle proprie conclusioni. Di conseguenza, il disaccordo di una parte con le conclusioni dell’avvocato generale, quali che siano le questioni da esso esaminate nelle conclusioni stesse, non può costituire, di per sé, un motivo che giustifica la riapertura della fase orale (sentenza del 25 ottobre 2017, Polbud – Wykonawstwo, C‑106/16, EU:C:2017:804, punto 24 e la giurisprudenza ivi citata).

28

Alla luce delle considerazioni che precedono, la Corte considera che non vi è luogo per disporre la riapertura della fase orale del procedimento.

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla seconda questione nella causa C‑397/16 e sulla prima questione nella causa C‑435/16

29

Mediante la seconda questione nella causa C‑397/16 e la prima questione nella causa C‑435/16, che occorre esaminare congiuntamente e in primo luogo, i giudici del rinvio chiedono, in sostanza, se l’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 debba essere interpretato nel senso che la clausola cosiddetta «di riparazione» in esso enunciata subordina l’esclusione della protezione in quanto disegno o modello comunitario, nei confronti di un disegno o modello costituente una componente di un prodotto complesso che viene utilizzata allo scopo di consentire la riparazione di tale prodotto complesso al fine di ripristinarne l’aspetto originario, alla condizione che dall’aspetto del prodotto complesso dipenda il disegno o il modello protetto.

30

Audi, Porsche e il governo tedesco fanno valere, in sostanza, che la clausola cosiddetta «di riparazione», contemplata dall’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002, si applica soltanto alle componenti di un prodotto complesso dal cui aspetto dipenda il disegno o modello protetto, ossia la forma delle quali è vincolata, sicché i cerchioni in lega per autovettura non possono ricadere sotto tale disposizione. Acacia, nonché i governi italiano e dei Paesi Bassi, e la Commissione ritengono invece che l’applicazione della clausola cosiddetta «di riparazione» non sia limitata alle componenti la cui forma è vincolata, ossia alle componenti la cui forma è determinata, in linea di principio, in modo immutabile dall’aspetto esteriore del prodotto complesso e che dunque non può essere liberamente scelta dal cliente, di modo che i cerchi in lega leggera sono idonei a ricadere sotto la disposizione sopra citata.

31

Secondo una costante giurisprudenza della Corte, nell’interpretare una disposizione del diritto dell’Unione occorre tener conto non soltanto del tenore letterale di quest’ultima, bensì anche del suo contesto e degli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte. Anche la genesi storica di una disposizione di diritto dell’Unione può rivelare elementi pertinenti per la sua interpretazione (v., in tal senso, sentenze del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punto 50; del 1o luglio 2015, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland, C‑461/13, EU:C:2015:433, punto 30, nonché del 18 maggio 2017, Hummel Holding, C‑617/15, EU:C:2017:390, punto 22).

32

A tenore dell’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002, «non esiste protezione in quanto disegno o modello comunitario nei confronti di un disegno o modello che costituisca una componente di un prodotto complesso che è utilizzat[a] ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, allo scopo di consentire la riparazione di tale prodotto complesso al fine di ripristinarne l’aspetto originario».

33

A differenza del considerando 13 del regolamento n. 6/2002, secondo cui la protezione in quanto disegno o modello comunitario non dovrebbe essere prevista a favore di un disegno o modello che venga applicato a un prodotto, o incorporato in un prodotto, il quale costituisca una componente di un prodotto complesso «dal cui aspetto dipend[e] il disegno o modello» e che venga utilizzato allo scopo di consentire la riparazione di un prodotto complesso al fine di ripristinarne l’aspetto originario, l’articolo 110, paragrafo 1, del medesimo regolamento si limita a prevedere che deve trattarsi di una «componente di un prodotto complesso», la quale deve essere «utilizzat[a] (…) allo scopo di consentire la riparazione di tale prodotto complesso al fine di ripristinarne l’aspetto originario».

34

Risulta dunque dai termini impiegati all’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 che l’esigenza secondo cui dall’aspetto del prodotto complesso deve dipendere il disegno o modello protetto non rientra tra le condizioni elencate da tale disposizione.

35

Tale interpretazione letterale è suffragata, in primo luogo, dalla genesi storica della clausola cosiddetta «di riparazione».

36

Infatti, riguardo ai lavori preparatori che hanno preceduto l’adozione della clausola suddetta, occorre rilevare che tanto la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui disegni e modelli comunitari (GU 1994, C 29, pag. 20), quanto la proposta modificata di regolamento del Consiglio su disegni e modelli comunitari (GU 2001, C 62 E, pag. 173) contenevano una disposizione che, pur non essendo redatta in termini rigorosamente identici, prevedeva specificamente che un disegno o modello applicato a un prodotto o incorporato in un prodotto costituente una componente di un prodotto complesso «dal cui aspetto il disegno o modello dipende» non poteva beneficiare di una protezione quale disegno o modello comunitario.

37

Tuttavia, come in sostanza rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi da 60 a 62 delle sue conclusioni, risulta dal rapporto della presidenza al Comitato dei rappresentati permanenti (Coreper) n. 12420/00, del 19 ottobre 2000 [dossier interistituzionale 1993/0463 (CNS)], che, «nell’ottica di un accordo politico sulla proposta», due questioni principali sono state presentate al Coreper, una delle quali riguardava specificamente i pezzi di ricambio. Il rapporto suddetto evidenziava infatti che una maggioranza delle delegazioni in seno a detto comitato riteneva che occorresse, da un lato, che il tenore letterale della disposizione in questione fosse avvicinato a quello dell’articolo 14 della direttiva 98/71 e, dall’altro lato, che i pezzi di ricambio fossero esclusi dalla tutela conferita dal futuro regolamento «soltanto nella misura in cui essi vengano utilizzati allo scopo di permettere la riparazione di un prodotto complesso al fine di ripristinarne l’aspetto originario».

38

È in questo contesto che, nella disposizione infine adottata dal Consiglio, è stato omesso il requisito previsto dal testo letterale della disposizione in questione, che figurava tanto nella proposta quanto nella proposta modificata della Commissione, citate al punto 36 della presente sentenza, relativo al fatto che il prodotto in cui il disegno o modello viene incorporato o al quale viene applicato deve essere una componente di un prodotto complesso «dal cui aspetto dipende il disegno o modello protetto».

39

Risulta dunque dalla genesi storica dell’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 che il fatto che manchi una limitazione della portata di tale disposizione alle componenti la cui forma è imposta dalla forma del prodotto complesso è il risultato di una scelta operata durante l’iter legislativo.

40

Indubbiamente, come hanno sottolineato Audi e Porsche ed anche il governo tedesco, un riferimento alla necessità che dall’aspetto del prodotto complesso «dipenda il disegno o modello protetto» è stato mantenuto nella formulazione del considerando 13 del regolamento n. 6/2002. Tuttavia, alla luce delle considerazioni di cui sopra, tale circostanza non appare decisiva. Del resto, come risulta dalla giurisprudenza della Corte, se il preambolo di un atto dell’Unione è idoneo a precisare il contenuto di quest’ultimo, esso non può essere fatto valere per derogare alle disposizioni stesse dell’atto in questione (sentenza del 10 gennaio 2006, IATA ed ELFAA, C‑344/04, EU:C:2006:10, punto 76 nonché la giurisprudenza ivi citata).

41

In tale contesto, e tenuto conto dell’intenzione del legislatore dell’Unione, quale ricordata ai punti da 36 a 38 della presente sentenza, non vi è luogo per procedere ad un’interpretazione restrittiva dell’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 quale quella menzionata al punto 30 della presente sentenza, propugnata da Audi, Porsche e dal governo tedesco, e che sarebbe fondata sul carattere derogatorio o transitorio della disposizione suddetta.

42

A questo proposito, da un lato, indubbiamente, la clausola cosiddetta «di riparazione» apporta un limite ai diritti del titolare di un disegno o modello comunitario, in quanto costui, ove siano soddisfatte le condizioni previste dall’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002, si vede privato del diritto esclusivo previsto dall’articolo 19, paragrafo 1, del medesimo regolamento di vietare ai terzi l’utilizzo di tale disegno o modello senza il suo consenso, il che potrebbe in effetti giustificare un’interpretazione restrittiva del citato articolo 110, paragrafo 1. Ciò premesso, tale circostanza non può giustificare il fatto che l’applicazione di tale disposizione venga subordinata ad un requisito non previsto da quest’ultima.

43

Dall’altro lato, sebbene l’articolo 110 del regolamento n. 6/2002 sia intitolato «Disposizione transitoria» e stabilisca, per giunta, al suo paragrafo 1, che la clausola cosiddetta «di riparazione» si applica soltanto «[f]ino a quando (…) non entreranno in vigore (…) modifiche [a tale] regolamento», è giocoforza constatare che tale disposizione è destinata, per sua natura, ad applicarsi fino alla sua modifica o alla sua abrogazione su proposta della Commissione.

44

In secondo luogo, l’interpretazione dell’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002, indicata al punto 34 della presente sentenza, è suffragata da un’analisi del contesto nel quale si colloca la clausola cosiddetta «di riparazione», tenendo presente che tale contesto depone a favore di un’interpretazione coerente delle disposizioni del regolamento n. 6/2002, da un lato, e di quelle della direttiva 98/71, dall’altro.

45

A questo proposito, anzitutto, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 55 delle sue conclusioni, sia la proposta di direttiva del Parlamento e del Consiglio sulla tutela giuridica dei disegni e modelli (GU 1993, C 345, pag. 14), sia la proposta di regolamento menzionata al punto 36 della presente sentenza, le quali sono state presentate simultaneamente dalla Commissione, contenevano una clausola cosiddetta «di riparazione» la cui portata era limitata alle componenti di un prodotto complesso «dal cui aspetto dipende il disegno o modello protetto». A differenza della proposta di direttiva sopra citata, la clausola cosiddetta «di riparazione» quale figurante nella direttiva 98/71 non prevede una restrizione siffatta. Orbene, come si è rilevato al punto 37 della presente sentenza, la modificazione apportata, in occasione dei lavori preparatori sfociati nell’adozione del regolamento n. 6/2002, alla formulazione della clausola cosiddetta «di riparazione» contenuta nell’articolo 110, paragrafo 1, di tale regolamento mirava ad avvicinare il tenore letterale di questa disposizione a quello dell’articolo 14 della direttiva 98/71.

46

Poi, il considerando 9 del regolamento n. 6/2002 enuncia che le disposizioni sostanziali di tale regolamento avrebbero dovuto essere allineate alle corrispondenti disposizioni della direttiva 98/71.

47

Infine, risulta dall’articolo 110, paragrafo 2, del regolamento n. 6/2002 che qualsiasi proposta della Commissione tesa a modificare la clausola cosiddetta «di riparazione» di cui al paragrafo 1 del medesimo articolo avrebbe dovuto essere presentata in concomitanza alle modifiche che sarebbero state proposte, riguardo alla clausola cosiddetta «di riparazione» prevista dall’articolo 14 della direttiva 98/71, ai sensi dell’articolo 18 di tale direttiva, e la Commissione avrebbe dovuto, in forza del citato articolo 110, paragrafo 2, tener conto anche di queste modifiche.

48

Orbene, l’articolo 14 della direttiva 98/71 non reca una prescrizione secondo cui dall’aspetto del prodotto complesso deve dipendere il disegno o modello protetto, ciò che depone a favore di un’interpretazione della clausola cosiddetta «di riparazione» nel senso che essa non è subordinata alla condizione che dall’aspetto del prodotto complesso dipenda il disegno o modello protetto.

49

In terzo luogo, l’interpretazione dell’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002, esposta al punto 34 della presente sentenza, non viene pregiudicata dall’obiettivo perseguito dalla clausola cosiddetta «di riparazione», così come precisato nel preambolo della proposta di regolamento menzionata al punto 36 della presente sentenza.

50

Come risulta da detto preambolo, la tutela assicurata dai disegni e modelli comunitari può determinare effetti non desiderabili in quanto potrebbe eliminare o limitare la concorrenza sul mercato, in particolare per quanto riguarda certi prodotti complessi costosi e aventi una lunga durata di vita come gli autoveicoli, per i quali la tutela del disegno o del modello dei singoli componenti che vanno a costituire il prodotto complesso rischia di creare un vero e proprio mercato delle parti di ricambio vincolato («captive market»). In tale contesto, la clausola cosiddetta «di riparazione» ha come scopo di evitare la creazione di mercati vincolati per talune parti di ricambio e, in particolare, di evitare che un consumatore che ha acquistato un prodotto di lunga durata, che può essere costoso, sia indefinitamente vincolato, per l’acquisto delle parti esterne, al fabbricante del prodotto complesso.

51

Orbene, come rilevato dall’avvocato generale, in sostanza, ai paragrafi 44 e 45 delle sue conclusioni, è proprio per limitare la creazione di mercati vincolati per i pezzi di ricambio che la clausola cosiddetta «di riparazione» prevista dall’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 stabilisce che una protezione in quanto disegno o modello comunitario non sussiste per un disegno o modello comunitario che costituisca una componente di un prodotto complesso utilizzata allo scopo di consentire la riparazione di tale prodotto complesso al fine di ripristinarne l’aspetto originario.

52

L’obiettivo della clausola cosiddetta «di riparazione» di realizzare, in una certa misura, una liberalizzazione del mercato dei pezzi di ricambio è del resto corroborato dal considerando 19 e dall’articolo 14 della direttiva 98/71, ai sensi dei quali le modifiche delle disposizioni giuridiche nazionali relative all’utilizzazione del disegno o modello di un componente utilizzato per la riparazione di un prodotto complesso al fine di ripristinarne l’aspetto originario sono autorizzate soltanto se l’obiettivo delle modifiche stesse è di liberalizzare il mercato di tali componenti.

53

Risulta dall’insieme delle considerazioni che precedono che la portata dell’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 non è limitata alle componenti di un prodotto complesso dall’aspetto del quale dipenda il disegno o modello protetto.

54

Sulla scorta di quanto sopra esposto, occorre rispondere alla seconda questione nella causa C‑397/16 e alla prima questione nella causa C‑435/16 dichiarando che l’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 deve essere interpretato nel senso che la clausola cosiddetta «di riparazione» in esso contenuta non subordina l’esclusione della protezione in quanto disegno o modello comunitario, nei confronti di un disegno o modello costituente una componente di un prodotto complesso che viene utilizzata allo scopo di consentire la riparazione di tale prodotto complesso al fine di ripristinarne l’aspetto originario, alla condizione che dall’aspetto del prodotto complesso dipenda il disegno o modello protetto.

Sulla prima questione nella causa C‑397/16 e sulla seconda questione nella causa C‑435/16

55

Con la prima questione nella causa C‑397/16 e con la seconda questione nella causa C‑435/16, che occorre esaminare congiuntamente e in secondo luogo, i giudici del rinvio chiedono, in sostanza, a quali condizioni la clausola cosiddetta «di riparazione» enunciata dall’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 subordini l’esclusione della protezione in quanto disegno o modello comunitario nei confronti di un disegno o modello costituente una componente di un prodotto complesso che viene utilizzata allo scopo di consentire la riparazione di tale prodotto complesso al fine di ripristinarne l’aspetto originario.

56

Per quanto riguarda la prima questione nella causa C‑397/16, Audi e il governo tedesco fanno valere, in sostanza, che un cerchione costituente una replica, esteticamente identico a un cerchione originale di prima installazione, non rientra nella nozione di componente di un prodotto complesso destinata a consentire la riparazione di quest’ultimo e a ripristinarne l’aspetto originario, di modo che un cerchione siffatto non beneficia della clausola cosiddetta «di riparazione». Acacia, i governi italiano e dei Paesi Bassi, nonché la Commissione ritengono invece che il cerchione costituente una replica esteticamente identico al cerchione originale di prima installazione sia ricompreso nella nozione di componente di un prodotto complesso destinata a consentire la riparazione di quest’ultimo e a ripristinarne l’aspetto originario.

57

Per quanto riguarda la seconda questione nella causa C‑435/16, Porsche, come pure i governi italiano e dei Paesi Bassi, nonché la Commissione fanno valere, in sostanza, che, perché un cerchione per autovettura costituente una replica rientri nella clausola cosiddetta «di riparazione», tale cerchione deve avere un aspetto identico al cerchione originale. Acacia ritiene invece che la clausola cosiddetta «di riparazione» si applichi a tutte le «varianti usuali» dei cerchioni di origine.

58

Ai sensi dell’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002, una protezione in quanto disegno o modello comunitario non sussiste «nei confronti di un disegno o modello che costituisca una componente di un prodotto complesso che è utilizzat[a] ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, allo scopo di consentire la riparazione di tale prodotto complesso al fine di ripristinarne l’aspetto originario».

59

Risulta dunque dal tenore letterale di tale disposizione che l’applicazione della clausola cosiddetta «di riparazione» è subordinata a varie condizioni che riguardano, anzitutto, l’esistenza di un disegno o modello comunitario, poi, la presenza di una «componente di un prodotto complesso», e infine, la necessità di una «utiliz[zazione] ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, allo scopo di consentire la riparazione di tale prodotto complesso al fine di ripristinarne l’aspetto originario».

60

In primo luogo, occorre rilevare che l’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 esclude, in caso di soddisfacimento delle condizioni previste da tale disposizione, qualsiasi protezione nei confronti di un «disegno o modello comunitario». Ne consegue, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale ai paragrafi 90 e 91 delle sue conclusioni, che il suddetto articolo 110, paragrafo 1, può trovare applicazione soltanto alle componenti costituenti l’oggetto di una protezione a titolo di disegno o modello comunitario e che, come risulta dall’articolo 1, paragrafo 1, di tale regolamento, soddisfano le condizioni necessarie per la protezione previste da questo stesso regolamento, e in particolare dall’articolo 4 di quest’ultimo.

61

A questo proposito, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 6/2002, la protezione di un disegno o modello applicato ad un prodotto o incorporato in un prodotto che costituisce una componente di un prodotto complesso è assicurata soltanto se, da un lato, la componente, una volta incorporata nel prodotto complesso, rimane visibile durante la normale utilizzazione di quest’ultimo e, dall’altro, le caratteristiche visibili della componente possiedono di per sé i requisiti di novità ed individualità, previsti dal paragrafo 1 del medesimo articolo 4.

62

Nella fattispecie, è pacifico che tale situazione sussiste nel caso dei modelli comunitari di cerchioni per autovetture di cui Audi e Porsche sono titolari.

63

In secondo luogo, l’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 si applica unicamente alle «componenti di un prodotto complesso».

64

Occorre rilevare che il regolamento n. 6/2002 non definisce la nozione di «componente di un prodotto complesso». Risulta tuttavia dall’articolo 3, lettere b) e c), di tale regolamento che, da un lato, per «prodotto» si intende qualsiasi oggetto industriale o artigianale, comprese tra l’altro le componenti destinate ad essere assemblate per formare un prodotto complesso, e che, dall’altro lato, per «prodotto complesso» si intende un prodotto costituito da più componenti che possono essere sostituite consentendo lo smontaggio ed un nuovo montaggio del prodotto. Inoltre, in assenza di definizione del termine «componente» nel suddetto regolamento, tale termine deve essere inteso in conformità del suo senso abituale nel linguaggio corrente (v., in tal senso, sentenza del 4 maggio 2006, Massachusetts Institute of Technology, C‑431/04, EU:C:2006:291, punto 17 e la giurisprudenza ivi citata).

65

Ciò premesso, occorre considerare che, con l’espressione «componenti di un prodotto complesso», l’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 designa le molteplici componenti destinate ad essere assemblate per formare un oggetto industriale o artigianale complesso, che possono essere sostituite consentendo lo smontaggio ed un nuovo montaggio di tale oggetto, in assenza delle quali il prodotto complesso non potrebbe essere oggetto di una normale utilizzazione.

66

Nel caso di specie, occorre constatare che un cerchione per autovetture deve essere qualificato come «componente di un prodotto complesso» ai sensi della disposizione sopra citata, dato che un cerchione siffatto è una componente del prodotto complesso costituito da un’automobile, in assenza della quale tale prodotto non potrebbe essere l’oggetto di una normale utilizzazione.

67

In terzo luogo, l’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 esige, ai fini dell’applicazione della clausola cosiddetta «di riparazione», che la componente del prodotto complesso sia «utilizzat[a] ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, allo scopo di consentire la riparazione di tale prodotto complesso».

68

A questo proposito, in primis, risulta dall’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 che l’«utilizzazione» della componente, ai sensi di tale disposizione, ricomprende la fabbricazione, l’offerta, la commercializzazione, l’importazione, l’esportazione o l’impiego di un prodotto in cui il disegno o modello è incorporato o al quale è applicato, ovvero la detenzione di siffatto prodotto per i fini suddetti. Come risulta dal tenore letterale di tale articolo, questa nozione è intesa in senso ampio, e include qualsiasi utilizzazione di una componente a scopo di riparazione.

69

In secundis, l’utilizzazione della componente deve avere come scopo di «consentire la riparazione» del prodotto complesso. A questo proposito, come rilevato dall’avvocato generale, in sostanza, ai paragrafi 89 e 100 delle sue conclusioni, il requisito secondo cui l’utilizzazione della componente deve consentire la «riparazione» del prodotto complesso implica che la componente sia necessaria in vista di una normale utilizzazione del prodotto complesso o, in altri termini, che lo stato difettoso o la mancanza della componente siano idonei ad impedire una normale utilizzazione siffatta. Dunque, la possibilità di avvalersi della clausola cosiddetta «di riparazione» esige che l’utilizzazione della componente sia necessaria al fine di riparare il prodotto complesso divenuto difettoso, segnatamente a seguito della mancanza della componente di origine o di un danno causato a quest’ultima.

70

È dunque esclusa dalla clausola cosiddetta «di riparazione» qualsiasi utilizzazione di una componente per motivi di abbellimento o di semplice convenienza, come, segnatamente, la sostituzione di una componente per motivi estetici o di personalizzazione del prodotto complesso.

71

In quarto luogo, l’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 esige, ai fini dell’applicazione della clausola cosiddetta «di riparazione», che la riparazione del prodotto complesso sia effettuata «al fine di ripristinarne l’aspetto originario».

72

Alla luce dell’articolo 3, lettera a), del regolamento n. 6/2002, occorre considerare che l’aspetto di un prodotto o di una parte di prodotto gli viene conferito, in particolare, dalle caratteristiche delle linee, dei contorni, dei colori, della forma, della struttura superficiale e/o dei materiali del prodotto stesso e/o del suo ornamento.

73

A questo proposito, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 103 e 104 delle sue conclusioni, le componenti contemplate dall’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 contribuiscono all’aspetto del prodotto complesso. Infatti, come si è ricordato al punto 60 della presente sentenza, sotto tale disposizione ricadono soltanto le componenti che beneficiano di una protezione a titolo di disegno o modello comunitario e che pertanto, a norma dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera a), del citato regolamento, rimangono visibili durante la normale utilizzazione del prodotto complesso, una volta incorporate in quest’ultimo. Orbene, una componente visibile contribuisce necessariamente all’aspetto del prodotto complesso.

74

Occorre poi che la riparazione sia effettuata al fine di ripristinare l’aspetto «originario» del prodotto complesso. Ne consegue che, per poter applicare la clausola cosiddetta «di riparazione», la componente deve essere utilizzata al fine di ripristinare l’aspetto che il prodotto complesso aveva al momento della sua immissione sul mercato.

75

Occorre concludere che la clausola cosiddetta «di riparazione» si applica unicamente alle componenti di un prodotto complesso che siano identiche, dal punto di vista visivo, alle componenti d’origine.

76

Una interpretazione siffatta è, del resto, conforme all’articolo 26, paragrafo 2, dell’Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, il quale stabilisce che qualsiasi eccezione alla protezione dei disegni e modelli industriali deve essere limitata e non deve pregiudicare in modo ingiustificato il normale sfruttamento di tali disegni o modelli né ledere i legittimi interessi del titolare, tenuto conto dei legittimi interessi dei terzi. Tale situazione si realizza nel caso di specie, in quanto l’applicazione della clausola cosiddetta «di riparazione» è limitata all’utilizzazione di un disegno o modello costituente una componente di un prodotto complesso che viene utilizzata al solo scopo di consentire la riparazione effettiva di tale prodotto complesso al fine di ripristinarne l’aspetto originario.

77

È pertanto esclusa qualsiasi utilizzazione di una componente che non abbia come scopo di ripristinare l’aspetto che il prodotto complesso aveva al momento della sua immissione sul mercato. Tale situazione si verifica segnatamente quando la componente di ricambio non corrisponda, dal punto di vista del suo colore o delle sue dimensioni, alla componente originaria, ovvero quando l’aspetto del prodotto complesso sia stato modificato dopo la sua immissione sul mercato.

78

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione nella causa C‑397/16 e alla seconda questione nella causa C‑435/16 dichiarando che l’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 deve essere interpretato nel senso che la clausola cosiddetta «di riparazione» in esso enunciata subordina l’esclusione della protezione in quanto disegno o modello comunitario, nei confronti di un disegno o modello costituente una componente di un prodotto complesso che viene utilizzata allo scopo di consentire la riparazione di tale prodotto complesso al fine di ripristinarne l’aspetto originario, alla condizione che la componente di ricambio abbia un aspetto identico, dal punto di vista visivo, a quello della componente inizialmente incorporata nel prodotto complesso al momento della sua immissione sul mercato.

Sulla terza questione nella causa C‑397/16, nonché sulla terza e sulla quarta questione nella causa C‑435/16

79

Con la terza questione nella causa C‑397/16, nonché con la terza e la quarta questione nella causa C‑435/16, che occorre esaminare congiuntamente e in terzo luogo, i giudici del rinvio chiedono, in sostanza, se l’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 debba essere interpretato nel senso che, per potersi avvalere della clausola cosiddetta «di riparazione» enunciata nella disposizione suddetta, il fabbricante o il venditore di una componente di un prodotto complesso devono provvedere affinché tale componente possa essere acquistata soltanto per scopi di riparazione, e, per il caso di risposta affermativa, in che modo il fabbricante o il venditore debbano realizzare ciò.

80

Audi afferma, a questo proposito, che l’applicazione della clausola cosiddetta «di riparazione» è inconciliabile con la vendita diretta di repliche di componenti ai consumatori finali, sicché i fabbricanti di repliche di componenti devono limitarsi a distribuire i loro prodotti ad officine di riparazione. Porsche fa valere che i fabbricanti di repliche di componenti devono assicurare in modo oggettivo che il loro prodotto possa essere acquistato soltanto per scopi di riparazione e non anche per altri fini, come la personalizzazione del prodotto complesso. Il governo italiano e la Commissione ritengono, in sostanza, che il fabbricante di repliche di componenti sia tenuto ad adottare misure di controllo generali destinate a garantire l’utilizzazione lecita di dette componenti. Acacia suggerisce dal canto suo che una previa informazione scritta alla clientela in merito al fatto che la componente è destinata a consentire la riparazione di un prodotto complesso al fine di ripristinarne l’aspetto originario costituisce una misura compatibile con la necessità di un giusto equilibrio tra gli interessi in gioco.

81

Come risulta dal suo tenore letterale, l’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 esclude una protezione in quanto disegno o modello comunitario nei confronti di un disegno o modello costituente una componente di un prodotto complesso che viene utilizzata allo scopo di consentire la riparazione di tale prodotto complesso al fine di ripristinarne l’aspetto originario. A questo proposito, l’«utilizzazione» in questione ricomprende segnatamente, come si è ricordato al punto 68 della presente sentenza, la fabbricazione, l’offerta, la commercializzazione, l’importazione, l’esportazione o l’impiego di un prodotto in cui il disegno o modello è incorporato o al quale è applicato, ovvero la detenzione di siffatto prodotto per i fini suddetti.

82

Dunque, occorre stabilire se, allorché tale utilizzazione inerisce – come nella fattispecie di cui ai procedimenti principali – alla fabbricazione e alla vendita di un prodotto siffatto, l’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 imponga al fabbricante e al venditore di tale prodotto, i quali intendano produrre e vendere il medesimo per permetterne l’utilizzazione effettiva nel rispetto delle condizioni previste dalla norma di cui sopra, taluni obblighi riguardanti il rispetto di tali condizioni da parte degli utilizzatori situati a valle.

83

A questo proposito, occorre rilevare che l’eccezione, istituita dalla clausola cosiddetta «di riparazione», al principio della protezione a titolo di disegno o modello esige che l’utilizzatore finale della componente in questione utilizzi quest’ultima nel rispetto delle condizioni enunciate all’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002, ossia che egli proceda, mediante tale componente, alla riparazione del prodotto complesso di cui trattasi al fine di ripristinarne l’aspetto originario.

84

Del pari, occorre sottolineare che la disposizione suddetta istituisce, per gli specifici scopi ricordati al punto 51 della presente sentenza, una deroga al regime di protezione dei disegni e modelli, e che la necessità di preservare l’effettività di tale regime di protezione esige, da coloro che si avvalgono di questa deroga, che essi contribuiscano, fin dove possibile, ad assicurare il rigoroso rispetto, in particolare da parte dell’utilizzatore finale, delle condizioni enunciate all’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002.

85

In tale contesto, se certo non ci si può attendere dal fabbricante o dal venditore di una componente di un prodotto complesso che costoro garantiscano, in modo oggettivo e in qualsiasi circostanza, che le componenti che essi fabbricano o vendono ai fini di una utilizzazione conforme alle condizioni dettate dall’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 verranno alla fine effettivamente utilizzate dagli utilizzatori finali nel rispetto di tali condizioni, resta però il fatto che, per poter beneficiare del regime derogatorio così istituito dalla norma sopra citata, tale fabbricante o tale venditore soggiacciono, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 131, 132 e 135 delle sue conclusioni, ad un obbligo di diligenza per quanto riguarda il rispetto, da parte degli utilizzatori situati a valle, delle condizioni suddette.

86

In particolare, incombe loro, anzitutto, informare l’utilizzatore a valle, mediante un’indicazione chiara e visibile, sul prodotto, sul suo imballaggio, nei cataloghi od anche nei documenti di vendita, da un lato, del fatto che la componente in questione incorpora un disegno o modello di cui essi non sono titolari e, dall’altro, del fatto che tale componente è destinata esclusivamente ad essere utilizzata allo scopo di consentire la riparazione del prodotto complesso al fine di ripristinarne l’aspetto originario.

87

Poi, incombe loro di provvedere, tramite mezzi appropriati, in particolare contrattuali, affinché gli utilizzatori a valle non destinino le componenti in questione ad una utilizzazione che sia incompatibile con le condizioni imposte dall’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002.

88

Infine, il fabbricante o il venditore suddetti devono astenersi dal vendere una siffatta componente qualora sappiano ovvero, alla luce dell’insieme delle circostanze pertinenti, abbiano ragionevoli motivi di sapere che tale componente non verrà utilizzata secondo le condizioni imposte dall’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002.

89

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla terza questione nella causa C‑397/16, nonché alla terza e alla quarta questione nella causa C‑435/16 dichiarando che l’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 deve essere interpretato nel senso che, per potersi avvalere della clausola cosiddetta «di riparazione» prevista da tale disposizione, il fabbricante o il venditore di una componente di un prodotto complesso soggiacciono ad un obbligo di diligenza per quanto riguarda il rispetto, da parte degli utilizzatori situati a valle, delle condizioni imposte dalla norma sopra citata.

Sulle spese

90

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 6/2002 del Consiglio, del 12 dicembre 2001, su disegni e modelli comunitari, deve essere interpretato nel senso che la clausola cosiddetta «di riparazione» in esso contenuta non subordina l’esclusione della protezione in quanto disegno o modello comunitario, nei confronti di un disegno o modello costituente una componente di un prodotto complesso che viene utilizzata allo scopo di consentire la riparazione di tale prodotto complesso al fine di ripristinarne l’aspetto originario, alla condizione che dall’aspetto del prodotto complesso dipenda il disegno o modello protetto.

 

2)

L’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 deve essere interpretato nel senso che la clausola cosiddetta «di riparazione» in esso enunciata subordina l’esclusione della protezione in quanto disegno o modello comunitario, nei confronti di un disegno o modello costituente una componente di un prodotto complesso che viene utilizzata allo scopo di consentire la riparazione di tale prodotto complesso al fine di ripristinarne l’aspetto originario, alla condizione che la componente di ricambio abbia un aspetto identico, dal punto di vista visivo, a quello della componente inizialmente incorporata nel prodotto complesso al momento della sua immissione sul mercato.

 

3)

L’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 deve essere interpretato nel senso che, per potersi avvalere della clausola cosiddetta «di riparazione » prevista da tale disposizione, il fabbricante o il venditore di una componente di un prodotto complesso soggiacciono ad un obbligo di diligenza per quanto riguarda il rispetto, da parte degli utilizzatori situati a valle, delle condizioni imposte dalla norma sopra citata.

 

Ilešič

Rosas

Toader

Prechal

Jarašiūnas

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo, il 20 dicembre 2017.

Il cancelliere

A. Calot Escobar

Il presidente della Seconda Sezione

M. Ilešič


( *1 ) Lingue processuali: il tedesco e l’italiano.