Causa C‑181/16

Sadikou Gnandi

contro

État belge

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Conseil d’État (Belgio)]

«Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia – Rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare – Direttiva 2008/115/CE – Articolo 3, punto 2 – Nozione di “soggiorno irregolare” – Articolo 6 – Adozione di una decisione di rimpatrio anteriormente all’esito del ricorso avverso il rigetto della domanda di protezione internazionale da parte dell’autorità competente – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 18, articolo 19, paragrafo 2, e articolo 47 – Principio di “non-refoulement” (non respingimento) – Diritto a un ricorso effettivo – Autorizzazione a permanere in uno Stato membro»

Massime – Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 19 giugno 2018

  1. Questioni pregiudiziali – Rinvio alla Corte – Necessità di una controversia pendente dinanzi al giudice del rinvio

    (Art. 267 TFUE)

  2. Questioni pregiudiziali – Competenza della Corte – Interpretazione del diritto nazionale – Esclusione

    (Art. 267 TFUE)

  3. Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione – Politica di immigrazione – Rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare – Direttiva 2008/115 – Ambito di applicazione ratione personae – Richiedente protezione internazionale la cui domanda sia stata respinta in primo grado – Inclusione – Autorizzazione a rimanere nel territorio dello Stato membro in attesa dell’esito del ricorso contro tale rigetto – Irrilevanza

    [Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/115, considerando 9 e art. 6, §§ 4 e 6; direttiva del Consiglio 2005/85, artt. 7, § 1, e 39, § 3, a)]

  4. Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione – Politica di immigrazione – Rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare – Direttiva 2008/115 – Ricorso avverso una decisione di rimpatrio o una decisione di allontanamento – Diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva – Principio di «non-refoulement» (non respingimento) – Effetto sospensivo ipso iure di detto ricorso dinanzi all’autorità giurisdizionale

    (Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, artt. 18, 19, § 2, e 47; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/115, art. 6)

  5. Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione – Politica di immigrazione – Rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare – Direttiva 2008/115 – Decisione di rimpatrio adottata nei confronti di un cittadino di un paese terzo intervenuta subito dopo il rigetto della sua domanda di protezione internazionale e prima dell’esito del ricorso avverso detto rigetto – Ammissibilità – Presupposti – Sospensione del procedimento di rimpatrio in attesa dell’esito di tale ricorso – Richiedente che può beneficiare dei diritti riconosciuti dalla direttiva 2003/9 e far valere i mutamenti di circostanze verificatisi dopo l’adozione della decisione di rimpatrio

    [Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, artt. 18, 19, § 2, e 47; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/115, artt. 5, 6, § 1, 7 e 15; direttiva del Consiglio 2005/85; direttiva del Consiglio 2003/9, artt. 2, c), e 3, § 1]

  1.  V. il testo della decisione.

    (v. punto 31)

  2.  V. il testo della decisione.

    (v. punto 34)

  3.  A termini dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2005/85, il richiedente protezione internazionale è autorizzato a restare nello Stato membro, ai soli fini del procedimento, sino all’adozione della decisione di primo grado di rigetto della domanda di protezione internazionale. Se è pur vero che il diritto di restare non costituisce, alla luce dell’espresso tenore di detta disposizione, un diritto all’ottenimento di un permesso di soggiorno, risulta tuttavia, segnatamente dal considerando 9 della direttiva 2008/115, che tale diritto di restare impedisce che il soggiorno del richiedente protezione internazionale sia qualificato come «irregolare» ai sensi della direttiva medesima, nel periodo intercorrente dalla presentazione della sua domanda di protezione internazionale sino all’adozione della decisione di primo in grado in merito.

    Come emerge in termini univoci dal tenore dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2005/85, il diritto di restare ivi previsto cessa con l’adozione della decisione di primo grado di rigetto della domanda di protezione internazionale da parte dell’autorità competente. In assenza di un diritto o di un permesso di soggiorno concesso all’interessato in base ad altro fondamento normativo, in particolare ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 2008/115, che consenta al richiedente, la cui domanda sia stata respinta, di soddisfare i requisiti d’ingresso, di soggiorno o di residenza nello Stato membro de quo, tale decisione di rigetto fa sì che, dal momento della sua adozione, il richiedente medesimo non risponda più a tali requisiti, ragion per cui il suo soggiorno diviene irregolare. Una decisione di rimpatrio può essere quindi adottata, in linea di principio, nei confronti di tale cittadino di un paese terzo, dal momento del rigetto stesso o cumulativamente con il medesimo in un unico atto amministrativo.

    È ben vero che l’articolo 39, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2005/85 lascia agli Stati membri la facoltà di prevedere norme che consentano ai richiedenti protezione internazionale di restare sul loro territorio nelle more dell’esito del ricorso proposto contro il rigetto della domanda di protezione internazionale. È parimenti vero che la Corte ha avuto modo di dichiarare, ai punti 47 e 49 della sentenza del 30 maggio 2013, Arslan (C‑534/11, EU:C:2013:343), che l’autorizzazione a restare ai fini dell’esercizio effettivo di un’azione avverso il rigetto della domanda di protezione internazionale osta all’applicazione della direttiva 2008/115 al cittadino di un paese terzo, autore di tale domanda, nelle more del ricorso contro il suo rigetto. Da tale sentenza non può tuttavia farsi discendere che l’autorizzazione a restare impedirebbe di ritenere che, dal momento del rigetto della domanda di protezione internazionale e fatta salva l’esistenza di un diritto o di un permesso di soggiorno quale rilevato supra al punto 41, il soggiorno dell’interessato divenga irregolare ai sensi della direttiva 2008/115.

    (v. punti 40‑44, 59)

  4.  Ai sensi della giurisprudenza della Corte, qualora uno Stato membro decida di allontanare un richiedente protezione internazionale verso un paese in cui esistano seri motivi per ritenere che questi si trovi esposto al rischio reale di trattamenti contrari all’articolo 18 della Carta, nel combinato disposto con l’articolo 33 della Convenzione di Ginevra, ovvero all’articolo 19, paragrafo 2, della Carta, il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, previsto all’articolo 47 di quest’ultima, esige che il richiedente medesimo disponga di un ricorso con pieni effetti sospensivi contro l’esecuzione della misura che consenta il suo rimpatrio (v., in tal senso, sentenze del 18 dicembre 2014, Abdida, C‑562/13, EU:C:2014:2453, punto 52, e del 17 dicembre 2015, Tall, C‑239/14, EU:C:2015:824, punto 54).

    È ben vero che la Corte ha già avuto modo di affermare che l’assenza di effetti sospensivi di un ricorso proposto contro la sola decisione di rigetto di una domanda di protezione internazionale è conforme, in linea di massima, al principio di non-refoulement e all’articolo 47 della Carta, atteso che l’esecuzione di tale decisione non può comportare, di per sé, l’allontanamento del cittadino di un paese terzo di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza del 17 dicembre 2015, Tall,C‑239/14, EU:C:2015:824, punto 56). Per contro, il ricorso proposto avverso una decisione di rimpatrio ex articolo 6 della direttiva 2008/115 dev’essere munito, al fine di garantire, nei confronti del cittadino di un paese terzo interessato, il rispetto delle esigenze derivanti dal principio di non-refoulement e dall’articolo 47 della Carta, di pieni effetti sospensivi, considerato che detta decisione è tale da esporre il cittadino medesimo al serio rischio di essere sottoposto a trattamenti contrari all’articolo 18 della Carta, nel combinato disposto con l’articolo 33 della Convenzione di Ginevra, ovvero a trattamenti contrari all’articolo 19, paragrafo 2, della Carta (v., in tal senso, sentenze del 18 dicembre 2014, Abdida, C‑562/13, EU:C:2014:2453, punti 5253, nonché del 17 dicembre 2015, Tall, C‑239/14, EU:C:2015:824, punti 5758). Lo stesso ragionamento vale, a fortiori, per quanto attiene ad un’eventuale decisione di allontanamento ex articolo 8, paragrafo 3, della direttiva stessa.

    (v. punti 54‑56)

  5.  La direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, nel combinato disposto con la direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1o dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato, nonché alla luce del principio di non-refoulement e del diritto ad un ricorso effettivo, sanciti dall’articolo 18, dall’articolo 19, paragrafo 2, e dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, dev’essere interpretata nel senso che non osta all’adozione di una decisione di rimpatrio ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/115, nei confronti di un cittadino di un paese terzo che abbia proposto domanda di protezione internazionale, direttamente a seguito del rigetto di tale domanda da parte dell’autorità competente ovvero cumulativamente con il rigetto stesso in un unico atto amministrativo e, pertanto, anteriormente alla decisione del ricorso giurisdizionale proposto avverso il rigetto medesimo, subordinatamente alla condizione, segnatamente, che lo Stato membro interessato garantisca la sospensione di tutti gli effetti giuridici della decisione di rimpatrio nelle more dell’esito del ricorso, che il richiedente possa beneficiare, durante tale periodo, dei diritti riconosciuti dalla direttiva 2003/9/CE del Consiglio, del 27 gennaio 2003, recante norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri, e che sia in grado di far valere qualsiasi mutamento delle circostanze verificatosi successivamente all’adozione della decisione di rimpatrio, che presenti rilevanza significativa per la valutazione della situazione dell’interessato con riguardo alla direttiva 2008/115 e, in particolare, all’articolo 5 della medesima, cosa che spetta al giudice del rinvio verificare.

    In tale contesto, spetta agli Stati membri garantire la piena efficacia del ricorso contro la decisione di rigetto della domanda di protezione internazionale, nel rispetto del principio della parità di armi, il quale esige, in particolare, la sospensione di tutti gli effetti della decisione di rimpatrio durante il termine previsto ai fini della proposizione del ricorso medesimo e, in caso di sua proposizione, sino alla relativa decisione. A tal riguardo, non è sufficiente che lo Stato membro interessato si astenga dal procedere all’esecuzione forzata della decisione di rimpatrio. Al contrario, è necessario che tutti gli effetti giuridici di tale decisione siano sospesi e quindi, segnatamente, che il termine ai fini della partenza volontaria, di cui all’articolo 7 della direttiva 2008/115, non inizi a decorrere fintantoché l’interessato sia autorizzato a restare. Inoltre, durante tale periodo, questi non può essere posto in detenzione a fini di allontanamento ai sensi dell’articolo 15 di tale direttiva.

    Nelle more dell’esito del ricorso contro il rigetto, in primo grado, della propria domanda di protezione internazionale da parte dell’autorità competente, l’interessato deve peraltro poter beneficiare, in linea di principio, dei diritti riconosciuti dalla direttiva 2003/9, il cui articolo 3, paragrafo 1, ne subordina infatti l’applicazione unicamente alla sussistenza di un’autorizzazione a restare sul territorio dello Stato in qualità di richiedente e non ne esclude, pertanto, l’applicazione nell’ipotesi in cui l’interessato, già in possesso di tale autorizzazione, si trovi in situazione di soggiorno irregolare ai sensi della direttiva 2008/115. A tal riguardo, dall’articolo 2, lettera c), della direttiva 2003/9 emerge che l’interessato conserva il proprio status di richiedente protezione internazionale ai sensi della direttiva medesima sino al momento della pronuncia definitiva in merito alla propria domanda (v., in tal senso, sentenza del 27 settembre 2012, Cimade e GISTI, C‑179/11, EU:C:2012:594, punto 53).

    (v. punti 61‑63, 67 e dispositivo)