CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

EVGENI TANCHEV

presentate l’11 aprile 2018 ( 1 )

Causa C‑600/16 P

National Iranian Tanker Company

contro

Consiglio dell’Unione europea

«Impugnazione – Politica estera e di sicurezza comune – Misure restrittive adottate nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran al fine di impedire la proliferazione nucleare – Congelamento dei capitali – Ricorso per annullamento – Decisione di reinserimento nell’elenco a seguito dell’annullamento nel merito, da parte del giudice dell’Unione, della decisione iniziale di inserimento nell’elenco – Articolo 266 TFUE – Principi generali del diritto dell’Unione europea – Diritti fondamentali – Diritto a un ricorso effettivo – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articoli 6, paragrafo 1, e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali»

I. Introduzione

1.

Nella presente causa la Corte è chiamata a pronunciarsi nuovamente, ma in riferimento a una questione inedita, sulla compatibilità con il diritto dell’Unione di misure restrittive adottate dal Consiglio al fine di indurre la Repubblica islamica dell’Iran (in prosieguo, l’«Iran») a rispettare i suoi obblighi internazionali concernenti attività di proliferazione nucleare. Le misure restrittive in questione riguardano una decisione del Consiglio di reinserimento di un’entità nell’elenco e che ne congela, dunque, i capitali. Tale decisione è stata adottata non molto tempo dopo che la decisione iniziale di inserimento nell’elenco era stata dichiarata illegittima dal Tribunale, obbligando pertanto il Consiglio, ai sensi dell’articolo 266 TFUE «a prendere i provvedimenti» che l’esecuzione della sentenza del Tribunale comporta. Vi è, dunque, una questione inedita: ci si chiede se, quando il Consiglio reagisce reinserendo tale entità nell’elenco sulla base del medesimo criterio di designazione e senza che la situazione di fatto sia sostanzialmente mutata, ciò costituisca una violazione, fra gli altri principi di diritto dell’Unione, del diritto dell’entità a un ricorso effettivo in relazione alla decisione iniziale di inserimento nell’elenco, così come garantito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2.

Questa è la questione fondamentale che emerge nell’ambito della presente impugnazione proposta dalla National Iranian Tanker Company (in prosieguo: la «NITC») avverso la sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 14 settembre 2016, National Iranian Tanker Company/Consiglio (T‑207/15, EU:T:2016:471; in prosieguo: «la sentenza nella causa NITC II»), in cui il Tribunale ha respinto il ricorso della NITC per l’annullamento di alcune misure che hanno reintrodotto la NITC nell’elenco dell’Unione delle persone e delle entità i cui capitali e le cui risorse economiche dovevano essere congelati, nel contesto delle misure restrittive adottate nei confronti dell’Iran al fine di impedire la proliferazione nucleare (in prosieguo: le «misure restrittive nei confronti dell’Iran»).

3.

Con il suo primo motivo di impugnazione, la NITC sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel ritenere, ai punti da 45 a 64 e al punto 68 della sentenza nella causa NITC II, che la decisione del Consiglio di reinserimento nell’elenco non violasse i principi dell’autorità di cosa giudicata, della certezza del diritto, del legittimo affidamento e di definitività, nonché il diritto a un ricorso effettivo garantito dall’articolo 47 della Carta.

4.

Al centro delle argomentazioni della NITC vi è l’asserzione secondo cui, fintantoché il Consiglio possiede un potere illimitato di riproporre la qualificazione giuridica dei medesimi argomenti di fatto al fine di soddisfare un criterio di designazione, laddove il Tribunale ha statuito, con sentenza definitiva e vincolante, che siffatti argomenti non giustificavano la prima decisione di inserimento nell’elenco, e non si è verificato alcun mutamento nelle circostanze rispetto alla prima decisione di inserimento nell’elenco, il diritto di un soggetto a un ricorso effettivo e reale in relazione a tale prima sentenza diviene privo di significato. Ciò in quanto, secondo la NITC, tale soggetto sarebbe costretto a rivolgersi nuovamente al giudice e a ridiscutere, in sostanza, i medesimi punti di fatto e di diritto, circostanza antitetica al principio dello Stato di diritto nell’ordinamento giuridico dell’Unione.

5.

Il Consiglio contesta le tesi della NITC, facendo affidamento, principalmente, sulle cause Kadi ( 2 ), OMPI ( 3 ) e Interporc ( 4 ) e sulla discrezionalità ad esso attribuita dall’articolo 266 TFUE in relazione ai provvedimenti che può legittimamente adottare una volta che i giudici dell’Unione abbiano pronunciato una dichiarazione di annullamento ai sensi dell’articolo 264 TFUE.

6.

Di conseguenza, come richiesto dalla Corte, le presenti conclusioni si concentreranno sul primo motivo di impugnazione.

7.

È opportuno notare che la presente impugnazione rappresenta la prima di una serie di cause, attualmente pendenti dinanzi alla Corte, in cui i ricorrenti sostengono che il sistema di rimedi dell’Unione, perlomeno nel contesto delle misure restrittive, meriti una reinterpretazione alla luce del diritto ad un rimedio effettivo e di altri principi di diritto dell’Unione ( 5 ). La presente causa, dunque, offre alla Corte l’occasione di integrare la propria giurisprudenza, ove ciò si rendesse necessario ai fini di garantire una tutela giurisdizionale effettiva dei privati nell’Unione europea.

II. Contesto del procedimento

8.

La NITC è un’impresa iraniana specializzata nel trasporto di carichi di petrolio greggio e di gas. Essa gestisce una delle maggiori flotte di petroliere al mondo. Le petroliere sono navi progettate per trasportare petrolio alla rinfusa.

9.

A seguito di varie risoluzioni istitutive di misure volte a indurre l’Iran a conformarsi ai suoi obblighi internazionali in materia di proliferazione nucleare, il 9 giugno 2010, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (in prosieguo: «CSNU») ha adottato la risoluzione 1929 (2010) (in prosieguo: la «risoluzione 1929»), che ha istituito misure più rigide nei confronti dell’Iran, «rilevando (…) il nesso potenziale tra il gettito che l’Iran trae dal proprio settore energetico ed il finanziamento delle proprie attività nucleari che creano un rischio di proliferazione» ( 6 ). Il 17 giugno 2010, il Consiglio europeo ha invitato il Consiglio ad adottare misure per l’attuazione della risoluzione 1929, nonché misure di accompagnamento, incentrate, fra l’altro, su settori chiave dell’industria del petrolio e del gas ( 7 ).

10.

Il 26 luglio 2010 il Consiglio ha adottato la decisione 2010/413/PESC, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga la posizione comune 2007/140/PESC (in prosieguo: la «decisione 2010/413») ( 8 ). L’allegato II a tale decisione elenca le persone e le entità diverse da quelle indicate al livello delle Nazioni Unite, i cui capitali e le cui risorse economiche devono essere congelati ( 9 ).

11.

Il 23 gennaio 2012 il Consiglio ha adottato la decisione 2012/35/PESC, che modifica la decisione 2010/413 (in prosieguo: la «decisione 2012/35») ( 10 ), al fine di rafforzare le misure restrittive nei confronti dell’Iran, in risposta alle sue serie e crescenti preoccupazioni circa la natura del programma nucleare iraniano ( 11 ). Il considerando 13 di tale decisione afferma che le misure di congelamento dei capitali «dovrebbero essere applicat[e] ad altre persone ed entità che sostengono il governo dell’Iran consentendogli di esercitare attività nucleari sensibili in termini di proliferazione o di sviluppare sistemi di lancio di armi nucleari, in particolare le persone e entità che danno il loro sostegno finanziario, logistico o materiale al governo dell’Iran» ( 12 ).

12.

Pertanto, la decisione 2012/35 ha aggiunto i seguenti passaggi all’articolo 20, paragrafo 1, della decisione 2010/413, disponendo il congelamento dei capitali appartenenti alle seguenti persone e entità:

«c)

(…) altre persone ed entità non menzionate dall’allegato I che danno il loro sostegno al governo dell’Iran, nonché (…) persone ed entità ad esse associate, elencate nell’allegato II» ( 13 ).

13.

Il 23 marzo 2012 il Consiglio ha adottato il regolamento (UE) n. 267/2012, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga il regolamento (UE) n 961/2010 (in prosieguo: il «regolamento n. 267/2012) ( 14 ). Ai fini dell’attuazione dell’articolo 20, paragrafo 1, lettera c), della decisione 2010/413 (così come modificata dalla decisione 2012/35) ( 15 ), l’articolo 23, paragrafo 2 del regolamento n. 267/2012 prevede il congelamento dei capitali e delle risorse economiche delle persone, entità e organismi elencati nell’allegato IX, identificati come segue:

«d)

altre persone, entità o organismi che forniscono sostegno, anche finanziario, logistico o materiale, al governo iraniano e persone e entità ad essi associate ( 16 )».

A.   Il primo inserimento nell’elenco

14.

Il 15 ottobre 2012 il Consiglio ha adottato la decisione 2012/635/PESC, che modifica la decisione 2010/413 (in prosieguo: la «decisione 2012/635») ( 17 ). Il Consiglio ha reputato necessario adottare misure restrittive aggiuntive, nei confronti dell’Iran, in considerazione della sua incapacità di avviare seri negoziati per affrontare le preoccupazioni internazionali relative al suo programma nucleare ( 18 ). Il considerando 16 di tale decisione afferma che dovrebbero essere inseriti nell’elenco delle persone e delle entità soggette a misure restrittive riportato nell’allegato II della decisione 2010/413/PESC «in particolare gli enti statali iraniani attivi nel settore del petrolio e del gas, dal momento che forniscono un’importante fonte di reddito al governo dell’Iran».

15.

A tal fine, l’articolo 1, punto 8, lettera a), della decisione 2012/635 ha modificato l’articolo 20, paragrafo 1, lettera c), della decisione 2010/413 nel senso di prevedere che «altre persone e entità non menzionate dall’allegato I che forniscono sostegno al governo dell’Iran e entità da essi possedute o controllate o persone ed entità a essi associate, di cui all’elenco nell’allegato II» sono soggette a misure restrittive. L’articolo 2 della decisione 2012/635 ha inserito la NITC nell’elenco di cui all’allegato II della decisione 2010/413 riportante, fra l’altro, i nominativi delle persone e delle entità che forniscono sostegno al governo dell’Iran ( 19 ).

16.

Inoltre, il 15 ottobre 2012, il Consiglio ha adottato il regolamento di esecuzione (UE) n. 945/2012 che attua il regolamento (UE) n. 267/2012 (in prosieguo: il «regolamento di esecuzione») ( 20 ). Tenuto conto della situazione in Iran e conformemente alla decisione 2012/635, il Consiglio ha ritenuto che altre persone ed entità, in aggiunta a quelle di cui all’allegato IX del regolamento n. 267/2012, dovessero essere soggette a misure restrittive ( 21 ). L’articolo 1 di tale regolamento di esecuzione ha inserito la NITC nell’elenco, di cui all’allegato IX del regolamento n. 267/2012, delle persone e delle entità che, fra l’altro, forniscono sostegno al governo dell’Iran ( 22 ).

17.

La NITC è stata inserita nell’elenco dalla decisione 2012/635 e dal regolamento di esecuzione n. 945/2012 sulla base del criterio di designazione previsto dall’articolo 20, paragrafo 1, lettera c) della decisione 2010/413 e dall’articolo 23, paragrafo 2, lettera d) del regolamento n. 267/2012 (in prosieguo: il «primo inserimento nell’elenco»), per i seguenti motivi:

«Controllata di fatto dal governo iraniano. Fornisce sostegno finanziario al governo iraniano attraverso i suoi azionisti che mantengono legami con esso».

18.

Il 16 ottobre 2012 il Consiglio ha notificato alla NITC il primo inserimento nell’elenco. Ne è seguito uno scambio di corrispondenza fra la NITC e il Consiglio ( 23 ).

19.

Il 21 dicembre 2012 il Consiglio ha adottato il regolamento n. 1263/2012, che modifica il regolamento n. 267/2012 (in prosieguo: il «regolamento n. 1263/2012») ( 24 ). Il regolamento n. 1263/2012 ha, tra l’altro, sostituito l’articolo 23, paragrafo 2, lettera d) del regolamento n. 267/2012 con il seguente: «altre persone, entità o organismi che forniscono sostegno, anche finanziario, logistico o materiale, al governo iraniano e entità di loro proprietà o sotto il loro controllo o persone e entità ad essi associate» ( 25 ). Il criterio di designazione applicato alla NITC non è stato così toccato.

20.

Il 27 dicembre 2012 la NITC ha proposto un ricorso presso il Tribunale per l’annullamento della decisione 2012/635 e del regolamento di esecuzione n. 945/2012, nella parte in cui tali atti riguardavano la NITC.

B.   La sentenza del Tribunale nella causa NITC I

21.

Nella sua sentenza del 3 luglio 2014, National Iranian Tanker Company/Consiglio (T‑565/12, EU:T:2014:608; in prosieguo: la «sentenza nella causa NITC I), il Tribunale ha accolto il primo motivo della NITC, vertente sull’errore manifesto di valutazione commesso dal Consiglio nel considerare soddisfatto il criterio di designazione ai fini dell’inserimento della NITC nell’elenco ( 26 ).

22.

Poiché la sentenza nella causa NITC I si colloca al centro della presente causa, reputo utile esporre con un certo dettaglio il ragionamento del Tribunale.

23.

In primo luogo, il Tribunale ha respinto l’argomento del Consiglio, sostenuto nel corso dell’udienza, secondo cui la circostanza che la NITC fosse attiva nel settore iraniano del petrolio e del gas attraverso la sua attività di trasporto di petrolio greggio prodotto in Iran costituiva una prova sufficiente, di per sé, del fatto che la NITC fornisse un sostegno finanziario al governo iraniano, in quanto il trasporto di petrolio non implica alcun nesso con la dedotta esistenza di legami tra gli azionisti della NITC e tale governo ( 27 ).

24.

Il Tribunale ha respinto, inoltre, l’argomento del Consiglio, invocato nel corso dell’udienza, secondo cui la NITC, a seguito della sua privatizzazione, era rimasta sotto il controllo della National Iranian Oil Company (in prosieguo: la «NIOC»), un’entità interamente detenuta dallo Stato iraniano e altresì soggetta a misure restrittive in ragione del sostegno finanziario che fornisce al governo iraniano. Il Tribunale ha tratto tale conclusione in quanto i motivi di inserimento nell’elenco della NITC non facevano riferimento a un sostegno finanziario indiretto risultante dai legami tra la NITC e la NIOC ( 28 ).

25.

Il Tribunale ha poi statuito quanto segue: «[i]noltre, ed in ogni caso, atteso che i suindicati argomenti del Consiglio sono volti a dimostrare che la ricorrente fornisce un sostegno finanziario indiretto al governo iraniano grazie alla sua attività di trasporto marittimo di gas e di petrolio, si deve rilevare che la normativa applicabile prevede il criterio della fornitura di un sostegno finanziario al governo iraniano e non quello della fornitura di un sostegno finanziario indiretto. Orbene, contrariamente agli argomenti del Consiglio, il mero fatto che, per via della sua attività di trasporto, la ricorrente sia implicata nel settore del petrolio e del gas iraniano, il quale rappresenta una delle principali fonti di reddito per il governo iraniano, non può essere considerato come coperto dal criterio giuridico relativo alla fornitura di un sostegno finanziario a tale governo» ( 29 ).

26.

In seguito, con riguardo alla struttura del capitale della NITC, Il Tribunale ha considerato che né le proposte di inserimento del suo nominativo nell’elenco presentate da tre Stati membri, né gli altri documenti contenuti nel fascicolo del Consiglio identificavano gli azionisti della NITC o includevano «il benché minimo indizio» tale da suffragare gli argomenti dedotti ( 30 ). A tal proposito, il Tribunale ha statuito che il Consiglio non poteva invocare determinati elementi di fatto (fra cui la circostanza che gli azionisti della NITC fossero tre fondi pensione statali, vale a dire lo State Pension Fund, detentore del 33% del capitale della NITC, il Social Security Retirement Fund, detentore del 33% e il NIOC Pension and Savings Fund, detentore del 33%), in quanto tali elementi non comparivano nel fascicolo del Consiglio e non erano stati comunicati alla NITC in tempo utile ( 31 ).

27.

Di conseguenza, il Tribunale ha considerato che gli elementi di cui poteva tenere conto non contenevano alcuna prova in grado di suffragare gli argomenti sostenuti e che, pertanto, il primo inserimento nell’elenco doveva essere annullato ( 32 ).

28.

Per quanto concerne gli effetti nel tempo dell’annullamento, il Tribunale ha respinto l’argomento della NITC secondo cui esso avrebbe dovuto produrre effetti immediati, in quanto ciò avrebbe consentito alla NITC di trasferire, in tutto o in parte, i suoi beni al di fuori dell’Unione, senza che il Consiglio potesse applicare in tempo utile, ove necessario, l’articolo 266 TFUE, al fine di rimediare alle irregolarità constatate nella sentenza, di modo che avrebbe potuto verificarsi un danno grave e irreparabile all’efficacia di qualsiasi congelamento di beni che dovesse essere disposto dal Consiglio, in futuro, nei confronti della NITC ( 33 ).

29.

Per quanto concerne l’applicazione dell’articolo 266 TFUE, il Tribunale ha affermato quanto segue: «l’annullamento mediante la presente sentenza dell’iscrizione del nome della ricorrente negli elenchi deriva dal fatto che i motivi di tale iscrizione non sono corroborati da prove sufficienti. Benché spetti al Consiglio decidere sulle misure di esecuzione di tale sentenza, non si può escludere a priori una nuova iscrizione del nome della ricorrente. Infatti, nell’ambito di un siffatto nuovo esame, il Consiglio ha la possibilità di iscrivere nuovamente il nome della ricorrente sulla base di motivi debitamente dimostrati ( 34 )».

30.

Sulla base di tali motivi, il Tribunale ha statuito che gli effetti delle misure restrittive in questione dovevano essere mantenuti, per quanto riguardava la NITC, fino alla scadenza del termine per proporre impugnazione di cui all’articolo 56, paragrafo 1, dello Statuto, ovvero, in caso di impugnazione entro detto termine, fino al rigetto dell’impugnazione ( 35 ).

31.

Il Consiglio non ha proposto impugnazione avverso la sentenza nella causa NITC I. Pertanto, l’annullamento del primo inserimento nell’elenco ha prodotto effetti a partire dal 20 settembre 2014 ( 36 ).

C.   Il secondo inserimento nell’elenco

32.

Circa un mese più tardi, con lettera del 23 ottobre 2014, il Consiglio ha notificato alla NITC la propria intenzione di reinserire il suo nominativo nell’elenco, in forza del criterio di designazione di cui all’articolo 20, paragrafo 1, lettera c), della decisione 2010/413 e dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera d), del regolamento n. 267/2012, in riferimento a persone e entità che forniscono sostegno al governo dell’Iran. Si trattava del medesimo criterio di designazione utilizzato nella decisione di inserimento nell’elenco annullata dal Tribunale con la sentenza nella causa NITC I.

33.

Ne è seguito uno scambio di corrispondenza fra la NITC e il Consiglio ( 37 ). In particolare, il 27 ottobre 2014, il Consiglio ha inviato alla NITC sei messaggi di posta elettronica contenenti i documenti giustificativi menzionati nella lettera del Consiglio del 23 ottobre 2014. La maggior parte di tali documenti giustificativi, che includevano informazioni sui fondi pensione azionisti della NITC e sulle attività di trasporto di petrolio della NITC, non riportava una data ufficiale ( 38 ) e uno di essi era già stato sottoposto all’attenzione del Tribunale nella causa NITC I ( 39 ).

34.

Con lettera del 5 febbraio 2015, il Consiglio ha fornito alla NITC un estratto desegretato della proposta di reinserimento del suo nominativo nell’elenco (in prosieguo: la «proposta di reinserimento nell’elenco») ( 40 ). Nel capo relativo al sostegno finanziario al governo iraniano per il tramite degli azionisti delle NITC che appartengono o sono controllati dal governo, la proposta di reinserimento nell’elenco indicava che, conformemente a un documento ufficiale della NITC datato 21 agosto 2006, la NITC era di proprietà di tre fondi pensione, lo State Retirement Fund (33%), la Social Security Organisation (33%) e l’Oil Industry Employees Retirement and Savings Fund (34%), fatto ulteriormente circostanziato attraverso rinvii a informazioni ad accesso libero e alcuni dei documenti giustificativi menzionati in precedenza ( 41 ).

35.

Nel capo relativo alla fornitura di sostegno logistico al governo iraniano, da parte della NITC, attraverso il trasporto di prodotti petroliferi iraniani, la proposta di reinserimento nell’elenco indicava che, come risultante da una lettera inviata dalla NITC all’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, la NITC è un’impresa leader a livello mondiale nel trasporto mediante navi cisterna, le cui attività sono circoscritte al trasporto di petrolio greggio ( 42 ). Le attività di trasporto della NITC sono state ulteriormente dimostrate attraverso il riferimento al sito web della NIOC e il rinvio a un articolo del 2012 dell’Institute for the Study of War (Istituto per lo studio della guerra), che il Consiglio aveva sottoposto all’attenzione del Tribunale nella causa NITC I, secondo cui la NITC aveva trasportato quasi metà del petrolio greggio prodotto in Iran nel 2011 ( 43 ). La proposta di reinserimento nell’elenco asseriva che, poiché il petrolio è una fonte significativa di entrate per il governo iraniano, il trasporto effettuato dalla NITC verso mercati di esportazione e la sua distribuzione in porti e isole costituiva una questione di interesse logistico nodale per tale governo, nonché una parte fondamentale del commercio di petrolio ( 44 ). Inoltre, secondo tale proposta di reinserimento nell’elenco, resoconti di cronaca mostravano che il governo iraniano dipendeva dalla NITC per l’esportazione del petrolio e la proposta menzionava i rinvii a cinque di tali resoconti (tre di data anteriore al primo inserimento nell’elenco della NITC), nonché un rapporto sulle attività di trasporto della NITC a seguito della sentenza nella causa NITC I ( 45 ).

36.

Nelle sue osservazioni, la NITC sostiene che tutte le informazioni concrete su cui il Consiglio si è fondato al momento del reinserimento nell’elenco sono, ed erano, accessibili al pubblico o sono state rese disponibili dalla NITC nella sua corrispondenza con l’Unione.

37.

Il 12 febbraio 2015 il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2015/236, che modificava la decisione 2010/413 (in prosieguo: la «decisione 2015/236») ( 46 ) e il regolamento (UE) 2015/230, che attua il regolamento n. 267/2012 (in prosieguo: il «regolamento di esecuzione 2015/230») ( 47 ). Mediante tali atti (in prosieguo, congiuntamente: «gli atti controversi»), il Consiglio ha reinserito il nominativo della NITC nell’allegato II alla decisione 2010/413 ( 48 ) e nell’allegato IX al regolamento n. 267/2012 ( 49 ), in forza del criterio di designazione previsto dall’articolo 20, paragrafo 1, lettera c) della decisione 2010/413 e dall’articolo 23, paragrafo 2, lettera d) del regolamento n. 267/2012, concernente persone ed entità che forniscono sostegno al governo dell’Iran. Come già ricordato in precedenza, si trattava del medesimo criterio di designazione sul quale si era fondata il primo inserimento nell’elenco.

38.

Il nominativo della NITC è stato reinserito nell’elenco dalla decisione 2015/236 e dal regolamento di esecuzione 2015/230 (in prosieguo: il «secondo inserimento nell’elenco»), per i seguenti motivi:

«La National Iranian Tanker Company fornisce sostegno finanziario al governo dell’Iran mediante i suoi azionisti Iranian State Retirement Fund, Iranian Social Security Organization e Oil Industry Employees Retirement and Savings Fund, che sono entità controllate dallo Stato. Inoltre [la] NITC è uno dei maggiori operatori di petroliere nel mondo e uno dei principali trasportatori di petrolio greggio iraniano. Di conseguenza, [la] NITC fornisce sostegno logistico al governo dell’Iran mediante il trasporto di petrolio iraniano».

39.

Il reinserimento nell’elenco della NITC, dunque, si è fondato su due motivi. Il primo motivo riguardava la fornitura di sostegno finanziario al governo iraniano attraverso i suoi azionisti. Si trattava del medesimo motivo utilizzato in occasione del primo inserimento nell’elenco, con alcuni aggiustamenti terminologici e con l’aggiunta del nominativo dei tre fondi pensione azionisti della NITC. Il secondo motivo riguardava la fornitura, da parte della NITC, di sostegno logistico al governo iraniano, per il tramite della sua attività economica di trasporto del petrolio iraniano. Nella sentenza nella causa NITC I, il Tribunale aveva statuito, in sostanza, che il mero fatto che la NITC trasportasse petrolio iraniano non implicava che essa fornisse sostegno finanziario al governo iraniano, ma al Tribunale non era stato richiesto di pronunciarsi in merito alla questione della fornitura di sostegno logistico ( 50 ).

40.

Il 16 febbraio 2015 il Consiglio ha notificato alla NITC il secondo inserimento nell’elenco ( 51 ).

41.

È opportuno notare che, il 16 gennaio 2016, è stato sospeso il reinserimento della NITC nell’elenco, ad opera della decisione 2015/236 ( 52 ), ed è stato cancellato il reinserimento di cui al regolamento di esecuzione 2015/230 ( 53 ) da parte del Consiglio ( 54 ). Ciò è avvenuto nel contesto più ampio del piano d’azione congiunto globale (in prosieguo: «PACG») ( 55 ) fra l’E3/UE+3 ( 56 ) e l’Iran, che rappresenta una soluzione a lungo termine alla questione nucleare iraniana e include una revoca globale delle sanzioni del CSNU, dell’Unione e nazionali collegate al programma nucleare iraniano ( 57 ).

III. Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza nella causa NITC II

42.

Il 24 aprile 2015, la NITC ha proposto un ricorso, presso il Tribunale, per l’annullamento degli atti controversi adottati nei suoi confronti.

43.

Inoltre, il 24 aprile 2015, la NITC ha presentato una domanda di provvedimenti provvisori allo scopo di ottenere la sospensione dell’esecuzione, nei suoi confronti, degli atti controversi.

A.   L’ordinanza del presidente del Tribunale nella causa NITC II

44.

Con ordinanza del 16 luglio 2015 nella causa National Iranian Tanker Company/Consiglio [T‑207/15 R, EU:T:2015:535 (in prosieguo: l’«ordinanza nella causa NITC II»)], il presidente del Tribunale ha respinto la domanda di provvedimenti provvisori della NITC, ritenendo non soddisfatte le condizioni relative alla ponderazione degli interessi e all’urgenza ( 58 ). Tuttavia, il presidente ha ritenuto soddisfatta la condizione del fumus boni iuris, in quanto gli argomenti delle parti avevano rivelato un disaccordo, a livello giuridico, circa la portata dall’articolo 47 della Carta e dell’articolo 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (in prosieguo: la «CEDU»), entrambi i quali, come notato dal presidente, sanciscono il diritto a un ricorso effettivo, vale a dire a una tutela giurisdizionale effettiva «nella pratica e in diritto» ( 59 ).

45.

Poiché l’ordinanza nella causa NITC II figura fra gli argomenti delle parti nella presente causa, esporrò il ragionamento del presidente del Tribunale sulla questione.

46.

Il presidente del Tribunale ha osservato, in particolare, che se il Consiglio fosse legittimato a invocare la giurisprudenza relativa all’articolo 266 TFUE per rimediare alle illegittimità constatate, che hanno motivato l’annullamento di una misura restrittiva, adottando una nuova misura avente il medesimo effetto pratico della precedente, in un contesto di fatto che non ha subito variazioni sostanziali, il Consiglio sarebbe in grado di mantenere in vigore, interponendo sistematicamente impugnazioni, una serie ininterrotta di misure restrittive, e ciò senza che il contesto di fatto alla base di tali misure e dei relativi annullamenti abbia subito variazioni sostanziali ( 60 ).

47.

A giudizio del presidente del Tribunale, tale situazione dà adito alla questione se il rispetto del diritto a un ricorso effettivo non richieda l’introduzione di una preclusione, obbligando il Consiglio a presentare tutti i motivi e le prove nel momento della prima iscrizione nell’elenco, impedendogli, in tal modo, nel caso in cui i giudici dell’Unione respingessero tali motivi e prove, di servirsene per giustificare il reinserimento del medesimo soggetto nell’elenco. Egli ha evidenziato che il caso di specie pare dimostrare la necessità di una siffatta preclusione, in quanto non risulta che, tra la data della prima iscrizione nell’elenco, nel 2012, e la data del reinserimento nell’elenco, nel 2015, l’attività economica della NITC, consistente nel trasporto del petrolio iraniano, nonché la composizione del suo azionariato, siano cambiati. Egli ha notato, inoltre, che le prove a sostegno del reinserimento nell’elenco, menzionate dal Consiglio nelle sue osservazioni, risultavano anteriori al primo inserimento della NITC nell’elenco, ad eccezione di un documento, posteriore, che non riportava alcun fatto nuovo ( 61 ).

48.

Il presidente del Tribunale ha inoltre affermato che la NITC non poteva invocare, in senso stretto, l’autorità di cosa giudicata in relazione alla sentenza nella causa NITC I, dato che la decisione di reinserimento nell’elenco, in ragione della sua data di adozione, riguardava un periodo di attività economica della NITC diverso rispetto a quello relativo al primo inserimento. Tuttavia, egli ha osservato che tale attività (il trasporto del petrolio iraniano) era rimasta sostanzialmente invariata e che la differenza tra i periodi era il risultato del reinserimento della NITC nell’elenco, effettuato dal Consiglio su una base fattuale parimenti invariata nella sostanza. Si poteva quindi affermare che l’autorità di cosa giudicata risultava esclusa solo a causa del fatto che il Consiglio aveva artificialmente prorogato le misure restrittive imposte alla NITC, presentando in quel momento prove che avrebbero potuto essere invocate al momento della prima iscrizione nell’elenco. Egli ha notato che un simile approccio, anche se non incompatibile con la nozione di autorità di cosa giudicata, poteva contribuire a una violazione del diritto della NITC a un ricorso effettivo ( 62 ).

49.

Secondo il presidente del Tribunale, ne discendeva che, da un lato, si poteva rendere necessaria, alla luce del diritto a un ricorso effettivo, un’interpretazione restrittiva della giurisprudenza in materia di articolo 266 TFUE. Dall’altro lato, si poteva obiettare che la portata del diritto a un ricorso effettivo non doveva essere indebitamente limitata al solo ricorso di annullamento, accompagnato da una domanda di sospensione dell’esecuzione, in quanto una parte poteva presentare ricorso per risarcimento dei danni. Spettava al Tribunale pronunciarsi sul punto nell’ambito della causa principale ( 63 ).

B.   La sentenza del Tribunale nella causa NITC II

50.

Con la sentenza nella causa NITC II, il Tribunale ha respinto nella sua interezza il ricorso per annullamento presentato dalla NITC.

51.

La NITC aveva invocato cinque motivi di diritto, il primo dei quali, relativo all’asserita violazione dei principi di autorità di cosa giudicata, certezza del diritto, legittimo affidamento e del diritto a un ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 47 della Carta, risulta, in questa sede, il più pertinente ( 64 ). Il Tribunale ha respinto tale motivo per le ragioni che seguono.

52.

In primo luogo, per quanto concerne l’autorità di cosa giudicata, il Tribunale ha ritenuto che uno dei motivi e prove sui quali il Consiglio si è basato per giustificare gli atti controversi era diverso rispetto a quelli presentati al Tribunale nella causa NITC I e che, pertanto, il reinserimento della NITC nell’elenco non violava tale principio ( 65 ).

53.

Relativamente al sostegno finanziario, il Tribunale ha ritenuto che il Consiglio si fosse basato su nuovi documenti, non compresi nel fascicolo al momento della prima iscrizione nell’elenco e sui quali il Tribunale non si era pronunciato nell’ambito della causa NITC I ( 66 ). Esso ha ritenuto che, sebbene il Consiglio si fosse basato su prove in gran parte relative a un periodo antecedente rispetto al primo inserimento nell’elenco, il Consiglio non poteva essere criticato per tale circostanza, in quanto l’ottenimento di prove volte a suffragare gli argomenti a carico di un soggetto risulta, talora, difficile per il Consiglio, in quanto, fra l’altro, dipende dalla diligenza degli Stati membri nel fornire tali prove ( 67 ). È possibile, dunque, che il Consiglio ottenga le prove necessarie a suffragare i motivi per un inserimento nell’elenco posteriormente alla data in cui tale inserimento è deciso; sebbene tali circostanze non eliminino le irregolarità della decisione relativa al primo inserimento nell’elenco, possono bastare per rendere legittima una successiva decisione di reinserimento nell’elenco adottata sulla base degli stessi motivi utilizzati al momento del primo inserimento nell’elenco, nella misura in cui le prove ottenute dal Consiglio suffraghino tali motivi secondo quanto richiesto dalla normativa ( 68 ).

54.

Inoltre, per quanto concerne il sostegno logistico, il Tribunale ha ritenuto che, anche se le circostanze di fatto che corroboravano tale motivo, ossia le attività della NITC relative al trasporto del petrolio iraniano, erano state presentate dal Consiglio nel corso dell’udienza relativa alla causa precedente, a fondamento del motivo relativo al sostegno finanziario, il Tribunale non aveva in alcun modo esaminato la questione se il coinvolgimento della NITC nel settore energetico iraniano potesse costituire un sostegno logistico al governo iraniano ( 69 ). Inoltre, il Tribunale ha respinto l’argomento della NITC secondo cui il Consiglio avrebbe dovuto fondarsi sul sostegno logistico per quanto concerne il primo inserimento nell’elenco, in quanto un unico motivo è sufficiente a giustificare l’inserimento di un soggetto negli elenchi in questione; il Consiglio, dunque, è libero di selezionare i motivi che reputa maggiormente rilevanti, e un eventuale errore nella selezione di tale motivo non gli impedisce di avvalersi, successivamente, di un motivo che avrebbe potuto essere utilizzato al momento del primo inserimento nell’elenco ( 70 ).

55.

In secondo luogo, per quanto concerne la certezza del diritto e il legittimo affidamento, il Tribunale ha ritenuto che, sebbene il Consiglio non avesse proposto impugnazione avverso la sentenza nella causa NITC I e non avesse reinserito la NITC nell’elenco entro il termine per la proposizione di un’impugnazione, ciò non poteva aver indotto la NITC a nutrire alcuna giustificata aspettativa di non essere eventualmente reinserita nell’elenco, né il Consiglio era obbligato a procedere al reinserimento nell’arco di tale periodo di tempo ( 71 ).

56.

Infine, per quanto concerne il diritto a un ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 47 della Carta, il Tribunale ha statuito che il reinserimento della NITC nell’elenco non poneva in discussione, in alcun modo, l’efficacia del ricorso proposto nella causa scaturita nella sentenza NITC I ( 72 ). Ciò per tre motivi.

57.

Anzitutto, il primo inserimento nell’elenco era stato eliminato con effetti retroattivi dall’ordinamento giuridico dell’Unione, sicché si doveva considerare che la NITC non fosse mai stata inserita nell’elenco in questione per il periodo antecedente alla sentenza nella causa NITC I ( 73 ).

58.

In secondo luogo, nessuno dei principi invocati dalla NITC (autorità di cosa giudicata, legittimo affidamento e certezza del diritto) ostava al suo reinserimento nell’elenco, e nella misura in cui le prove a carico della NITC erano sufficienti per giustificare il suo reinserimento nell’elenco, l’annullamento del primo inserimento non costituiva un elemento tale da mettere in discussione la legittimità del reinserimento nell’elenco ( 74 ).

59.

In terzo luogo, l’annullamento del primo inserimento nell’elenco ad opera della sentenza nella causa NITC I poteva costituire il fondamento di un ricorso per il risarcimento dei danni ( 75 ). Il Tribunale ha sottolineato che quando il Consiglio, a seguito di una sentenza che annulla il primo inserimento, decide di reinserire un soggetto nell’elenco, deve condurre un riesame «particolarmente rigoroso», al fine di garantire che la decisione di reinserimento nell’elenco non sia viziata dalle medesime irregolarità individuate nella sentenza d’annullamento e al fine di evitare che tale soggetto sia, per la seconda volta, ingiustamente sottoposto a misure restrittive ( 76 ). Di conseguenza, il Tribunale ha chiarito che, se si fosse accertato che il reinserimento della NITC nell’elenco era viziato dalle medesime irregolarità individuate nella sentenza nella causa NITC I, la violazione, da parte del Consiglio, del suo «dovere di accuratezza» poteva essere tenuta in considerazione nella valutazione relativa all’illegittimità della sua condotta nell’ambito di un successivo ricorso per il risarcimento dei danni, sicché l’accertamento da parte del Tribunale, nella sentenza nella causa NITC I, dell’illegittimità del primo inserimento nell’elenco, avrebbe potuto agevolare l’accoglimento della domanda di risarcimento della NITC, quale conseguenza di successivi e ingiustificati reinserimenti nell’elenco ( 77 ).

IV. Procedimento dinanzi alla Corte di giustizia

60.

Con impugnazione proposta il 24 novembre 2016, la NITC chiede alla Corte di annullare la sentenza nella causa NITC II nonché, nella misura in cui si applicano alla ricorrente, gli atti controversi e, in subordine, dichiarare che l’articolo 20, paragrafo 1, lettera c), della decisione 2010/413 e l’articolo 23, paragrafo 2, lettera d), del regolamento n. 267/2012, così come modificati, non si applicano alla NITC, in quanto illegittimi. La NITC chiede inoltre alla Corte di condannare il Consiglio al pagamento delle spese del procedimento di impugnazione e del procedimento dinanzi al Tribunale.

61.

Il Consiglio chiede alla Corte di respingere l’appello e, in subordine, qualora la Corte decida di annullare la sentenza nella causa NITC II e di decidere la causa essa stessa in via definitiva, di respingere la domanda di annullamento e la domanda di inapplicabilità. Il Consiglio chiede, inoltre, alla Corte, di condannare la NITC al pagamento delle spese del procedimento di impugnazione.

62.

La NITC e il Consiglio hanno partecipato all’udienza dinanzi alla Corte del 24 gennaio 2018.

V. Il primo motivo di impugnazione, vertente sull’asserita violazione dei principi dell’autorità di cosa giudicata, della certezza del diritto, del legittimo affidamento e di definitività, così come del diritto a un ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 47 della Carta

A.   Argomenti delle parti

63.

Con il suo primo motivo di impugnazione, la NITC invita la Corte ad integrare la propria giurisprudenza nel senso di porre dei vincoli al potere di designazione del Consiglio, affinché esso non possa sottoporre nuovamente un soggetto a misure restrittive sulla base degli stessi criteri di designazione e argomenti di fatto respinti, nel merito, dai giudici dell’Unione in una sentenza anteriore. La NITC sostiene la necessità di garantire il diritto della parte a un ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 47 della Carta. Diversamente, il Consiglio sarebbe posto nella posizione di poter nascondere o «conservare in magazzino» punti di diritto e di fatto e di dare vita, quindi, a un contenzioso abusivo, che priva un soggetto del suo diritto a un ricorso effettivo in relazione alla sentenza che annulla il primo inserimento nell’elenco. Il diritto e la prassi, nelle loro forme attuali, determinano un «ciclo di contenzioso senza fine», che impone alle parti di adire il giudice all’infinito. Inoltre, considerate le ridotte possibilità di ottenere un risarcimento dei danni e il fatto che i giudici dell’Unione si sono rifiutati di adottare provvedimenti provvisori in relazione a misure restrittive, la NITC sostiene come sia di grande importanza che la Corte dia attuazione al diritto a un ricorso effettivo nel presente procedimento.

64.

In primo luogo, la NITC sottolinea le particolari circostanze della presente causa, in cui: 1) la NITC ha ottenuto una sentenza definitiva e vincolante del Tribunale che ha annullato, nel merito, il primo inserimento nell’elenco; 2) gli argomenti di fatto a carico della NITC non sono sostanzialmente mutati a seguito di tale procedimento; e 3) le prove aggiuntive utilizzate per il reinserimento della NITC nell’elenco, che non erano state presentate in occasione del primo inserimento nell’elenco, erano accessibili al Consiglio in qualsiasi momento, se esso avesse agito con ragionevole diligenza.

65.

A tal proposito, la NITC pone l’accento sulla circostanza che gli argomenti di fatto per il reinserimento del suo nominativo nell’elenco sono i medesimi argomenti di fatto su cui il Consiglio si è basato per motivare il primo inserimento, segnatamente la circostanza che la NITC fornisce sostegno al governo iraniano in quanto, in primo luogo, si ritiene che i suoi azionisti (alcuni fondi pensione iraniani) siano controllati da tale governo e, in secondo luogo, essa è un vettore cardine del petrolio iraniano, che fornisce una significativa fonte di entrate a tale governo. Il Consiglio ha semplicemente «rietichettato» gli stessi argomenti di fatto, riqualificandoli in termini di sostegno logistico anziché finanziario. Poiché il criterio di designazione in questione comprende un elenco non tassativo dei tipi di sostegno che possono essere forniti al governo iraniano, la NITC afferma che il Consiglio potrebbe procedere a reinserire continuamente il suo nominativo nell’elenco sulla base dei medesimi argomenti di fatto, utilizzando, ogni volta, qualificazioni differenti, indipendentemente da quante volte la NITC possa risultare vittoriosa dinanzi al Tribunale.

66.

Inoltre, la NITC sostiene che tutte le informazioni concrete su cui il Consiglio si è fondato per il reinserimento del suo nominativo nell’elenco erano documenti pubblicamente accessibili tratti da Internet o forniti dalla NITC nella sua corrispondenza con l’Unione. La NITC sostiene, inoltre, che nella misura in cui tali documenti erano nella disponibilità del Consiglio anteriormente al primo inserimento nell’elenco, il Consiglio e gli Stati membri sono vincolati, reciprocamente, a un dovere di leale collaborazione e, pertanto, il Consiglio deve garantire che gli Stati membri raccolgano tutte le prove necessarie al fine di consentire al Consiglio di avanzare con un fascicolo completo al momento del primo inserimento nell’elenco.

67.

In secondo luogo, la NITC sostiene che dovrebbe essere accolto il suggerimento, contenuto nell’ordinanza del presidente del Tribunale nella causa NITC II, relativo a un’interpretazione restrittiva della giurisprudenza in materia di articolo 266 TFUE. Ciò implica imporre una preclusione temporale, esigendo dal Consiglio che utilizzi tutti i motivi e le prove nell’ambito del primo inserimento nell’elenco e impedendogli di utilizzarle per reinserire il nominativo dello stesso soggetto nell’elenco, il che, secondo la NITC, rappresenta l’approccio corretto. La NITC critica il Tribunale per non essersi pronunciato su tale questione nella sentenza nella causa NITC II e per aver adottato una rigida interpretazione del diritto a un ricorso effettivo. Per quanto concerne l’articolo 266 TFUE, la NITC obietta, inoltre, all’affermazione del Consiglio secondo cui, con il senno di poi e alla luce della sentenza nella causa NITC I, esso ha ritenuto che la NITC fornisse sostegno logistico attraverso la sua attività economica di trasporto di petrolio, sostenendo che il Consiglio aveva già avanzato, dinanzi al Tribunale nella causa NITC I, e senza successo, argomenti relativi a tale attività in connessione con la fornitura di sostegno finanziario.

68.

In terzo luogo, la NITC ritiene che, sebbene il principio dell’autorità di cosa giudicata non venga in rilievo, in senso stretto, nella presente causa, il diritto a un ricorso effettivo e gli altri principi invocati esigono che il Consiglio «sottoponga il suo caso per intero» dinanzi al giudice, salvo il caso di interessi pubblici di carattere imperativo ( 78 ). Essa sottolinea che una siffatta preclusione non sarebbe assoluta e che, sebbene in alcuni casi possa determinare un indebito beneficio per le parti, ciò non sarebbe differente rispetto all’approccio adottato dalla giurisprudenza della Corte relativamente a altre tipologie di preclusioni processuali, quali i termini, e, in ogni caso, le conseguenze sofferte dai soggetti privati in assenza di tali vincoli sono particolarmente gravi nei casi concernenti misure restrittive.

69.

In quarto luogo, la NITC reputa sorprendente che il Consiglio non tenti di chiarire o giustificare la sua condotta relativamente al reinserimento della NITC nell’elenco e sostiene che esso si fonda, a torto, sulle sentenze nelle cause Kadi, OMPI e Interporc.

70.

In quinto luogo, la NITC richiama l’attenzione sulla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU») relativa agli articoli 6, paragrafo 1, e 13 CEDU e sottolinea che il diritto a un ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 47 della Carta deve essere effettivo tanto nella pratica, quanto in diritto.

71.

Il Consiglio respinge l’affermazione della NITC secondo cui i principi dell’autorità di cosa giudicata, della certezza del diritto, del legittimo affidamento e di definitività, nonché il diritto a un ricorso effettivo, gli impedirebbero di adottare, nel presente caso, una decisione di reinserimento nell’elenco.

72.

In primo luogo, il Consiglio sostiene, sulla base delle sentenze nelle cause Kadi, OMPI e Interporc, che non vi è alcun vincolo che impone al Consiglio di fondarsi su tutti i possibili motivi e prove al momento il primo inserimento nell’elenco o di limitare la motivazione di una decisione di reinserimento nell’elenco a fatti e circostanze posteriori o a prove che si rendono disponibili solo successivamente all’inserimento iniziale nell’elenco.

73.

In secondo luogo, il Consiglio afferma, sulla base dell’articolo 266 TFUE, che spetta all’istituzione interessata prendere i provvedimenti necessari a conformarsi alla decisione dei giudici dell’Unione. Il Consiglio sottolinea, a tal proposito, che spetta al Consiglio, e non alla Corte, riesaminare tutti i fatti potenzialmente rilevanti e decidere se il soggetto in questione debba essere reinserito nell’elenco. Il Consiglio sottolinea, inoltre, che la portata del controllo ai sensi dell’articolo 266 TFUE è diversa da quella di cui ai sistemi di common law e che il tentativo della NITC di limitare la giurisprudenza in materia di articolo 266 TFUE nel contesto delle misure restrittive non è accettabile.

74.

In terzo luogo, il Consiglio obietta all’asserzione della NITC secondo cui esso avrebbe proceduto a una mera riqualificazione dei fatti, da sostegno finanziario a sostegno logistico, e afferma che il sostegno logistico costituisce un motivo completamente distinto. Il Consiglio sostiene di trarre insegnamento dalla giurisprudenza in materia di misure restrittive e che, con il senno di poi, avrebbe potuto considerare il motivo relativo al sostegno logistico fin dal primo inserimento nell’elenco. Tuttavia, a suo giudizio, esso era legittimato a ritenere che il sostegno fornito dalla NITC fosse di natura finanziaria a causa dei legami con i suoi azionisti, e che questa è la ragione per cui ha indicato tale motivo in occasione del primo inserimento nell’elenco; inoltre, esso non è tenuto a specificare qualsiasi possibile tipo di sostegno che una data entità possa essere considerata fornire al governo iraniano.

75.

In quarto luogo, il Consiglio sostiene di non agire in modo scorretto all’atto dell’adozione di decisioni di reinserimento nell’elenco, come mostrato dalla sua prassi in materia di misure restrittive nei confronti dell’Iran. Sostiene, inoltre, che, nell’ipotesi in cui Consiglio adottasse una decisione di reinserimento nell’elenco che non tenesse conto di una preesistente sentenza dei giudici dell’Unione, potrebbe utilizzarsi lo strumento del ricorso per il risarcimento dei danni.

76.

In quinto luogo, il Consiglio asserisce che l’ordinanza nella causa NITC II indicava semplicemente la sussistenza di un disaccordo, a livello giuridico, tra le parti, che esigeva di essere esaminato nell’ambito della causa principale; essa non ha dichiarato la violazione del diritto a un ricorso effettivo da parte della decisione di reinserimento della NITC nell’elenco.

B.   Analisi

77.

Sulla base dell’analisi che segue, concludo che il primo motivo di impugnazione dovrebbe essere respinto. Pur ritenendo che la presente impugnazione non possa essere decisa sulla base delle sentenze nelle cause Kadi, OMPI e Interporc, e che le misure restrittive adottate dal Consiglio siano vincolate al rispetto del diritto a un ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 47 della Carta, ivi compresa la pertinente giurisprudenza della Corte EDU in materia di articoli 6, paragrafo 1, e 13 CEDU, non reputo che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto statuendo che la decisione di reinserimento nell’elenco era conforme al diritto a un ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 47 della Carta, o che abbia commesso un qualsiasi altro errore relativo al diritto dell’Unione.

78.

La mia analisi si divide in tre parti principali.

79.

In primo luogo, inizierò con alcune osservazioni preliminari al fine di inquadrare, dinanzi alla Corte, le questioni giuridiche rilevanti nella presente impugnazione.

80.

In secondo luogo, valuterò l’applicazione delle sentenze nelle cause Kadi, OMPI e Interporc alle circostanze della presente impugnazione.

81.

In terzo luogo, esaminerò il diritto a un ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 47 della Carta, tenendo in considerazione: a) la giurisprudenza della Corte sull’articolo 266 TFUE; b) la pertinente giurisprudenza della Corte EDU sugli articoli 6, paragrafo 1, e 13, e c) la sua applicazione alle circostanze della presente impugnazione.

1. Osservazioni preliminari

82.

A prima vista, le questioni sollevate dal primo motivo di impugnazione possono apparire di un’ingannevole semplicità ( 79 ). La giurisprudenza della Corte sui principi dell’autorità di cosa giudicata, della certezza del diritto e del legittimo affidamento è una giurisprudenza consolidata e, a mio giudizio, è stata correttamente applicata dal Tribunale nella sentenza nella causa NITC II. Non si può sostenere, inoltre, che alla NITC sia stato impedito di adire un giudice al fine di ottenere un controllo giurisdizionale delle misure controverse, conformemente alla giurisprudenza della Corte sul diritto a un ricorso effettivo ( 80 ). Inoltre, la giurisprudenza della Corte relativa all’articolo 266 TFUE, secondo la quale spetta all’istituzione il cui atto è stato annullato con una sentenza dei giudici dell’Unione adottare i provvedimenti necessari a conformarsi a tale sentenza ( 81 ), attribuisce all’istituzione interessata un margine di discrezionalità relativamente alla risposta da fornire ( 82 ).

83.

A un esame più attento, tuttavia, le questioni sollevate dalla presente impugnazione sono più delicate e complesse.

84.

In parole semplici, questa impugnazione implica di valutare se la discrezionalità di cui un’istituzione gode ai sensi dell’articolo 266 TFUE, relativamente alle azioni che è tenuta ad intraprendere per rimediare ai vizi individuati da una sentenza dei giudici dell’Unione, sia o meno limitata dal diritto a un ricorso effettivo, così come garantito dall’articolo 47 della Carta, interpretato alla luce della giurisprudenza pertinente della Corte EDU sugli articoli 6, paragrafo 1, e 13 CEDU. Nella presente causa, la decisione del Consiglio di reinserire la NITC nell’elenco a seguito dell’annullamento, da parte del Tribunale, del primo inserimento, pone tale questione in primo piano.

85.

Di conseguenza, a mio avviso, il problema chiave sollevato dalla presente impugnazione riguarda, essenzialmente, la questione se sia o meno necessario che la Corte affini la propria giurisprudenza sull’articolo 266 TFUE alla luce del diritto a un ricorso effettivo, così come garantito dall’articolo 47 della Carta, al fine di assicurare una tutela giurisdizionale effettiva dei privati in controversie che riguardano decisioni di reinserimento nell’elenco e forse, in effetti, anche più in generale.

86.

La presente causa verte, inoltre, sull’interpretazione di alcuni principi invocati dalla NITC (autorità di cosa giudicata, certezza del diritto, legittimo affidamento e definitività della sentenza). In particolare, sulla base delle osservazioni del rappresentante della NITC nel corso dell’udienza presso la Corte, considero tutti tali elementi come un complemento dell’argomento secondo cui la NITC aveva diritto a un ricorso effettivo, ai sensi dell’articolo 47 della Carta, in riferimento al primo inserimento nell’elenco, ma esso non le sarebbe stato riconosciuto. Essi saranno presi in considerazione, dunque, unicamente nella misura in cui risultano rilevanti ai fini degli argomenti della NITC relativi all’articolo 47 della Carta.

2. Le cause Kadi, OMPI e Interporc nelle circostanze della presente impugnazione

87.

Ritengo che questa impugnazione non possa essere decisa sulla base delle sentenze nelle cause Kadi, OMPI e Interporc per le ragioni che seguono.

88.

Anzitutto, nella causa Kadi I ( 83 ), relativa al controllo giurisdizionale di misure restrittive dell’Unione che attuano risoluzioni del CSNU nel contesto della lotta contro il terrorismo, questa Corte ha deciso, fra l’altro, che poiché il Consiglio aveva omesso di informare il sig. Kadi dei motivi del suo inserimento nell’elenco e delle prove su cui si era basato tale inserimento, nonché di garantirgli il diritto a essere sentito, i suoi diritti fondamentali di difesa e di tutela giurisdizionale effettiva erano stati violati e si era verificata un’ingiustificata limitazione del suo diritto fondamentale di proprietà ( 84 ). Dunque, la Corte ha annullato i provvedimenti in questione nella misura in cui riguardavano il sig. Kadi, ma gli effetti di tali provvedimenti sono stati mantenuti per un periodo massimo di tre mesi, al fine di consentire al Consiglio di porre rimedio alle violazioni riscontrate ( 85 ).

89.

Al fine di porre rimedio a tali violazioni, la Commissione ha comunicato al sig. Kadi l’esposizione dei motivi per la sua inclusione nell’elenco relativo alle misure restrittive fornita dal CSNU, dandogli l’opportunità di presentare osservazioni, a seguito delle quali la Commissione ha ritenuto che l’inserimento del sig. Kadi fosse giustificato e, pertanto, lo ha mantenuto nell’elenco relativo alle misure restrittive in ragione della sua associazione con la rete di Al Qaeda ( 86 ). In altri termini, il sig. Kadi non è stato rimosso dall’elenco come è avvenuto nel caso della NITC.

90.

In seguito, il sig. Kadi ha contestato le misure restrittive che lo mantenevano nell’elenco e ne ha ottenuto l’annullamento da parte del Tribunale ( 87 ). A seguito di tale contestazione vittoriosa dinanzi al Tribunale e in sede di impugnazione, proposta dalla Commissione, dal Consiglio e dal Regno Unito, nella causa Kadi II ( 88 ), questa Corte, respingendo l’impugnazione, ha affrontato nuovamente questioni concernenti il controllo giurisdizionale delle misure restrittive dell’Unione adottate in attuazione delle misure delle Nazioni Unite e la questione se il rispetto dei diritti fondamentali del sig. Kadi esigesse la divulgazione delle informazioni e delle prove utilizzate, poiché la Commissione aveva mantenuto il nominativo del sig. Kadi nell’elenco sulla base di una esposizione dei motivi fornita dal CSNU ( 89 ). La Corte ha ritenuto che, relativamente a uno dei motivi, sebbene il materiale concernente elementi di fatto relativi al 1992 potesse essere sufficiente per giustificare l’iniziale inserimento del sig. Kadi nell’elenco nel 2002, i medesimi elementi, non ulteriormente suffragati, non potevano motivare il mantenimento del suo nominativo dopo il 2008, considerata la notevole distanza temporale che separa i due atti ( 90 ).

91.

Di conseguenza, poiché la decisione di inserimento nell’elenco di cui alla causa Kadi I non menzionava alcun motivo, la causa Kadi II ha riguardato, per la prima volta, l’esame, da parte della Corte, dei motivi e delle prove su cui l’istituzione dell’Unione interessata si è basata per giustificare il mantenimento del sig. Kadi nell’elenco. Pertanto, a mio avviso, nella causa Kadi II, la Corte non si è occupata della valutazione della legittimità di una decisione di reinserimento nell’elenco adottata dal Consiglio sulla base dei motivi e degli argomenti di fatto sui quali i giudici dell’Unione si erano pronunciati nell’ambito di un precedente ricorso per annullamento.

92.

In secondo luogo, la sentenza nella causa OMPI II ( 91 ) non è stata oggetto di decisione da parte di questa Corte in sede di impugnazione, e quindi non è per essa vincolante.

93.

Ciò premesso, in tale causa, l’entità designata ha proposto un ricorso per annullamento avverso la decisione del Consiglio di reinserimento nell’elenco, nel contesto di misure restrittive autonome dell’Unione al fine di combattere il terrorismo. Con il suo primo motivo, la ricorrente ha sostenuto che la decisione di reinserimento nell’elenco violava l’articolo 266 TFUE e la sentenza, anteriore ( 92 ), con cui il Tribunale aveva annullato la decisione iniziale di inserimento nell’elenco, a causa di un difetto di motivazione (vizi di forma) e della violazione dei diritti della difesa (vizi procedurali) ( 93 ). In particolare, la ricorrente sosteneva che la decisione di reinserimento nell’elenco si basava sulla medesima decisione nazionale e sugli stessi elementi di prova che erano stati utilizzati per decisioni precedenti, e che il Consiglio non era legittimato a «riciclare» siffatti elementi quali base per la decisione di reinserimento nell’elenco, in considerazione dei principi di certezza del diritto e di legittimo affidamento ( 94 ).

94.

Il Tribunale ha respinto tale argomento, statuendo quanto segue: «[è] sufficiente rilevare in proposito che l’annullamento di un atto per vizi formali o procedurali non pregiudica in alcun modo il diritto dell’istituzione da cui promana l’atto di emanare un nuovo atto basandosi sui medesimi elementi di fatto e di diritto che erano stati assunti a fondamento dell’atto annullato, purché rispetti, in tale sede, le regole formali o procedurali di cui era stata sanzionata la violazione e purché il legittimo affidamento degli interessati sia debitamente rispettato» ( 95 ). Il Tribunale ha altresì ritenuto che, anche ammettendo che la decisione di reinserimento nell’elenco si fosse basata sulla medesima decisione nazionale e sugli stessi elementi di prova su cui si basava la decisione anteriore, ciò sarebbe stato ininfluente quanto alla legittimità di tale decisione e che il legittimo affidamento della ricorrente era stato debitamente rispettato ( 96 ).

95.

La causa OMPI II, dunque, era circoscritta a una situazione in cui la decisione iniziale di inserimento nell’elenco era stata annullata per vizi di forma e procedurali. Lo stesso non si può dire con riguardo al primo inserimento nell’elenco di cui alla presente impugnazione, che è stata annullato nel merito ( 97 ). Inoltre, poiché l’inserimento iniziale nell’elenco non risultava motivato, la causa OMPI II riguardava una situazione in cui il Tribunale aveva valutato i motivi e le prove a sostegno della decisione di reinserimento nell’elenco per la prima volta.

96.

In terzo luogo, la causa Interporc ( 98 ) si colloca nel quadro dell’accesso ai documenti delle istituzioni dell’Unione, specificamente della Commissione, sulla base di quello che era il suo codice di condotta ( 99 ). La controversia era scaturita dal fatto che la ricorrente intendeva accedere ad alcuni documenti che avevano determinato la decisione delle autorità nazionali di avviare, nei suoi confronti, una procedura per il recupero di dazi all’importazione. ( 100 ) A seguito del rigetto della domanda iniziale della ricorrente, il segretario generale della Commissione aveva adottato una decisione di rigetto della domanda di conferma, sulla base dell’eccezione relativa alla tutela dell’interesse pubblico (procedimenti giudiziari) ( 101 ), che era stata annullata dal Tribunale in quanto insufficientemente motivata ( 102 ).

97.

In attuazione di tale sentenza ai sensi dell’articolo 266 TFUE, il segretario generale aveva adottato una nuova decisione, respingendo nuovamente la domanda di conferma, ma sulla base di argomenti differenti, citando un nuovo motivo (la cosiddetta regola dell’autore) ( 103 ), così come la protezione dell’interesse pubblico (procedimenti giudiziari) ( 104 ). La richiedente ha proposto un ricorso d’annullamento avverso la nuova decisione, sostenendo, fra l’altro, che non poteva essere fondata su motivi che non erano stati considerati nella decisione iniziale ( 105 ).

98.

In sede di impugnazione presso questa Corte, nella causa Interporc, tale argomento è stato respinto. Dopo aver ricordato la giurisprudenza sull’articolo 266 TFUE, la Corte ha statuito che, poiché a seguito della prima sentenza si doveva considerare che la decisione iniziale non fosse mai esistita e che il segretario generale era tenuto, in forza dell’articolo 266 TFUE, ad adottare una nuova decisione, il Tribunale aveva correttamente deciso che il segretario generale poteva procedere a un completo riesame della domanda di accesso e, di conseguenza, fondare la propria decisione successiva su motivi diversi da quelli sui quali aveva fondato la decisione iniziale e, in particolare, sulla regola dell’autore ( 106 ). Inoltre, la Corte ha ritenuto che la possibilità di un completo riesame implicava altresì che, per adottare una decisione che assicurasse una corretta esecuzione della sentenza d’annullamento, il segretario generale non era tenuto a reiterare, nella decisione successiva, tutti i motivi di diniego, ma doveva basarsi unicamente su quelli che riteneva applicabili al caso di specie, nell’esercizio del suo potere discrezionale ( 107 ).

99.

Pertanto, pur potendosi sostenere che la sentenza Interporc corrobora l’argomento secondo cui il Consiglio potrebbe, a sua discrezione, invocare nuovi motivi (nel caso di specie, sostegno logistico) al fine di motivare il reinserimento della NITC nell’elenco, ritengo che vi siano tre ragioni imperative che distinguono tale causa dalla presente impugnazione.

100.

In primo luogo, la causa Interporc si colloca in un contesto diverso, quello dell’accesso ai documenti delle istituzioni dell’Unione (nelle sue fasi iniziali), in cui il quadro giuridico dell’Unione e gli obiettivi da conseguire sono differenti rispetto a quelli della politica estera e di sicurezza comune (in prosieguo: «PESC»), ove si collocano le misure restrittive dell’Unione. Inoltre, le conseguenze immediate nella posizione giuridica del ricorrente sono, a mio giudizio, molto più gravi quando si tratta dell’imposizione di misure restrittive nei suoi confronti. Come riconosciuto dalla Corte, il congelamento di capitali produce significativi effetti negativi e incide sui diritti e sulle libertà del soggetto interessato ( 108 ).

101.

In secondo luogo, gli argomenti di diritto presentati alla Corte nella causa Interporc sono diversi da quelli di cui alla presente impugnazione e, in particolare, nella causa Interporc non constava alcuna asserita violazione del diritto a un ricorso effettivo ( 109 ) Non ritengo che ciò sia particolarmente sorprendente, considerando che la sentenza della Corte nella causa Interporc è stata pronunciata il 6 marzo 2003, quasi 7 anni prima che la Carta divenisse vincolante (con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il 1o dicembre 2009) e, dunque, in un’epoca in cui la giurisprudenza della Corte sulla Carta non si era ancora completamente sviluppata. Ciò detto, vorrei segnalare che la sentenza della Corte nella causa Interporc, e in altre cause simili, ha dato luogo a critiche, di per sé, a causa del cosiddetto «ciclo infinito» di contenzioso dinanzi ai giudici dell’Unione, derivante dal fatto che, ai sensi di tale giurisprudenza, le istituzioni dell’Unione sono legittimate a fondarsi, a ogni occasione, su un motivo di eccezione diverso e che i giudici dell’Unione non possono, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, ordinare alle istituzioni interessate di produrre i documenti richiesti ( 110 ).

102.

In terzo luogo, la sentenza Interporc non ha riguardato una situazione in cui un’istituzione ha adottato una decisione integralmente nuova, fondandosi su un motivo basato su argomenti di fatto che erano stati espressamente respinti in una precedente sentenza su ricorso per annullamento.

103.

Su tale base, non sono convinto che le cause Kadi, OMPI e Interporc costituiscano una chiara guida, nella presente impugnazione, per la decisione del Consiglio di reinserimento nell’elenco.

3. Il diritto a un ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 47 della Carta nelle circostanze della presente impugnazione

104.

Il primo paragrafo dell’articolo 47 della Carta stabilisce che ogni individuo i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste in tale articolo. Il secondo paragrafo dell’articolo 47 stabilisce ulteriori diritti relativi al ricorso, ivi compreso il diritto di ogni individuo a che la sua causa sia esaminata equamente.

105.

Anzitutto, ricordo che, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, il Consiglio è vincolato alle disposizioni della Carta. Conformemente all’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, il significato e la portata del diritto a un ricorso effettivo e a un processo equo ai sensi dell’articolo 47 della Carta sono uguali a quelli garantiti dagli articoli 6, paragrafo 1, e 13 CEDU ( 111 ). Ciò è stabilito non solo dal testo della CEDU, ma anche dalla giurisprudenza della Corte EDU, alla luce della quale l’articolo 47 della Carta dovrebbe essere interpretato ( 112 ).

106.

Conseguentemente, il Consiglio è vincolato all’articolo 47 della Carta quando adotta misure restrittive, analogamente a quanto accade per qualsiasi altro provvedimento dell’Unione. Inoltre, il rispetto, da parte del Consiglio, dell’articolo 47 della Carta in relazione a misure restrittive è valutato sulla base della pertinente giurisprudenza della Corte EDU concernente gli articoli 6, paragrafo 1, e 13 CEDU. I principi sviluppati nell’ambito di tale giurisprudenza saranno analizzati congiuntamente con la giurisprudenza della Corte relativa all’articolo 266 TFUE.

a) La giurisprudenza della Corte relativa all’articolo 266 TFUE

107.

Come già osservato, ai sensi dell’articolo 266 TFUE l’istituzione il cui atto è stato dichiarato nullo ai sensi dell’articolo 264 TFUE è tenuta ad adottare i provvedimenti necessari a conformarsi alla sentenza che annulla tale atto. Tali provvedimenti non riguardano l’eliminazione dell’atto dall’ordinamento giuridico dell’Unione, in quanto è l’annullamento stesso da parte dei giudici dell’Unione a produrre tale effetto; essi riguardano, piuttosto, l’eliminazione delle conseguenze dell’atto in questione viziate dalle illegittimità constatate ( 113 ).

108.

Come statuito dalla Corte, al fine di adempiere al proprio obbligo ai sensi dell’articolo 266 TFUE e conformarsi alla sentenza d’annullamento dando ad essa piena esecuzione, l’istituzione è tenuta a rispettare non solo il dispositivo della sentenza, ma anche la motivazione da cui quest’ultima discende e che ne costituisce il sostegno necessario, nel senso che è indispensabile per determinare il senso esatto di quanto è stato dichiarato nel dispositivo ( 114 ).

109.

Consta altrettanto chiaramente dalla giurisprudenza della Corte che, al fine di adempiere al loro obbligo ai sensi dell’articolo 266 TFUE, le istituzioni dispongono di un ampio potere discrezionale per decidere i provvedimenti da attuare al fine di conformarsi a una sentenza di annullamento, in funzione delle circostanze specifiche del caso di specie ( 115 ). Come costantemente affermato dalla Corte, non spetta ai giudici dell’Unione sostituirsi all’istituzione interessata precisando i provvedimenti da adottare per conformarsi alla sentenza ( 116 ). Di conseguenza, l’articolo 266 TFUE è interpretato anche nel senso di impedire ai giudici dell’Unione di emettere ingiunzioni o indicazioni nei confronti dell’istituzione interessata al fine di porre rimedio alle illegittimità riscontrate nella sentenza d’annullamento ( 117 ).

110.

Tuttavia, a mio giudizio, sulla base della giurisprudenza della Corte relativa all’articolo 266 TFUE, una cosa è attribuire all’istituzione interessata discrezionalità in merito alla scelta della modalità con cui correggere i vizi accertati nella sentenza d’annullamento e altra cosa è che tale facoltà sia utilizzata dall’istituzione in maniera tale da svuotare di significato l’articolo 47 della Carta.

b) Pertinente giurisprudenza della Corte EDU sugli articoli 6, paragrafo 1, e 13 CEDU

111.

Citando la decisione della Corte EDU nella causa Hornsby c. Grecia ( 118 ), nella sentenza nella causa NITC II, il Tribunale ha ritenuto che il diritto a un ricorso effettivo nel settore delle misure restrittive sarebbe «illusorio» se l’ordinamento giuridico dell’Unione permettesse che una sentenza pronunciata dai giudici dell’Unione restasse priva di efficacia a scapito di una parte e che, pertanto, l’esecuzione di una sentenza del Tribunale deve essere concepita come una parte integrante del «processo», ai fini del diritto a un ricorso effettivo di cui all’articolo 47 della Carta ( 119 ). Infatti, nella causa Hornsby c. Grecia, la Corte EDU ha stabilito che l’articolo 6, paragrafo 1, CEDU sancisce il «diritto a un tribunale», di cui il diritto di accesso costituisce un aspetto, e che sarebbe inconcepibile che tale articolo descrivesse in dettaglio le garanzie procedurale riconosciute ai contendenti (procedimenti equi, pubblici e rapidi) senza tutelare l’esecuzione delle decisioni giudiziali ( 120 ).

112.

Per quanto concerne la portata del diritto a un processo equo dinanzi a un tribunale, così come garantito dall’articolo 6, paragrafo 1, CEDU, la Corte EDU ha stabilito che tale diritto «deve essere interpretato alla luce del preambolo della [CEDU], che riconosce, fra l’altro, la preminenza del diritto come parte del patrimonio comune agli Stati contraenti. Uno degli aspetti fondamentali di tale preminenza è il principio di certezza del diritto che esige, fra l’altro, che, laddove un giudice abbia deciso una controversia in via definitiva, la sua decisione non possa essere posta in discussione» ( 121 ). La Corte EDU ha aggiunto che «la certezza del diritto presuppone l’osservanza del principio dell’autorità di cosa giudicata, vale a dire il principio della definitività delle sentenze. Tale principio esige che nessuno sia legittimato a ottenere la revisione di una sentenza definitiva e vincolante unicamente al fine di ottenere un riesame e una nuova decisione della controversia» ( 122 ).

113.

Per quanto concerne il principio dell’autorità di cosa giudicata, la Corte EDU ha sottolineato che «in tutti gli ordinamenti giuridici, gli effetti delle sentenze passate in giudicato possiedono dei limiti ad personam e inerenti alla loro portata concreta» ( 123 ) e che «spetta agli Stati predisporre l’ordinamento giuridico in modo tale da individuare procedimenti connessi e, se del caso, riunirli, o proibire l’istruzione di nuovi procedimenti relativi alla medesima questione, al fine di impedire che la revisione di sentenze definitive sia trattata come un’impugnazione mascherata, nell’ambito di una serie di procedimenti paralleli» ( 124 ).

114.

Conseguentemente, nella sua giurisprudenza sull’articolo 6, paragrafo 1, CEDU, la Corte EDU si è occupata di situazioni in cui sentenze posteriori hanno annullato sentenze già definitive e ha sviluppato un quadro relativo all’applicazione dei principi della certezza del diritto e dell’autorità di cosa giudicata (definitività delle sentenze), di cui ha approfondito le varie componenti.

115.

Ad esempio, nella causa Kehaya e altri c. Bulgaria ( 125 ), la questione relativa a se la proprietà di un terreno spettasse allo Stato o ai ricorrenti era stata riesaminata e decisa in modo differente in un procedimento posteriore ( 126 ). La Corte EDU ha ritenuto che «offrire una seconda opportunità» allo Stato, al fine di ottenere il riesame di una controversia già decisa in via definitiva nell’ambito di un procedimento contenzioso, determinava una situazione di «squilibrio e foriera di incertezza giuridica» ( 127 ). Pertanto, ha considerato che i diritti dei ricorrenti ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, CEDU erano stati pregiudicati, in quanto la sentenza posteriore «aveva vanificato un intero procedimento giurisdizionale, che si era concluso con una decisione giurisdizionale definitiva (…) e che, fra l’altro, era stata eseguita» ( 128 ). Privando di qualsiasi effetto la sentenza definitiva nel primo procedimento, le autorità dello Stato avevano agito in violazione del principio di certezza del diritto, connaturato all’articolo 6, paragrafo 1, CEDU ( 129 ).

116.

Inoltre, la causa Esertas c. Lituania ( 130 ) concerneva una situazione in cui le pretese non erano identiche, ma riguardavano i medesimi rapporti giuridici e le medesime circostanze che erano risultati cruciali per dirimere la controversia; l’unica differenza riguardava il periodo relativo a tali pretese ( 131 ). La Corte EDU ha statuito che «una situazione in cui i fatti già accertati da una decisione definitiva nell’ambito di una causa sono successivamente disattesi dai giudici in una nuova causa tra le stesse parti è analoga alla situazione in cui, a seguito della riapertura di un procedimento, una decisione vincolante e esecutiva viene annullata nella sua interezza». ( 132 ) Di conseguenza, essa ha statuito che anche una situazione di questo tipo può configurarsi come una violazione del principio di certezza del diritto, in contrasto con l’articolo 6, paragrafo 1, CEDU ( 133 ).

117.

Per quanto concerne il diritto a un ricorso effettivo sancito all’articolo 13 CEDU, la Corte EDU ha posto in luce, nella sua giurisprudenza, che, sebbene la portata di tale disposizione possa dipendere dalla natura della doglianza del ricorrente ai sensi della CEDU, «il ricorso di cui all’articolo 13 deve essere “effettivo” nella pratica e in diritto, in particolare nel senso che il suo esercizio non deve essere immotivatamente ostacolato da atti o omissioni delle autorità» statali ( 134 ) o «nel senso di impedire un’eventuale violazione o la sua continuazione o di concedere un rimedio adeguato per qualsiasi violazione che si sia già manifestata» ( 135 ). Alla luce di questo contesto, la Corte EDU ha concluso che «indipendentemente dal fatto che la decisione definitiva da eseguire assuma la forma di una sentenza di un giudice o di una decisione di un’autorità amministrativa, tanto il diritto nazionale, quanto la [CEDU] stabiliscono che essa debba essere eseguita» ( 136 ). Attraverso tale conclusione, la Corte EDU ha tracciato una linea tra la citata causa Hornsby c. Grecia e la giurisprudenza correlata, in cui ha sviluppato questa massima a partire dal cosiddetto «diritto a un tribunale» di cui all’articolo 6, paragrafo 1, CEDU ( 137 ).

118.

Alla luce di quanto precede, osservo che l’interpretazione, da parte della Corte EDU, del diritto a un processo equo, ai fini dell’articolo 6, paragrafo 1, CEDU prende in considerazione l’esigenza di garantire la certezza del diritto, impedendo che una sentenza posteriore, volta ad attribuire a un’autorità pubblica una «seconda opportunità», riesamini, in sostanza, le medesime questioni sollevate nel primo procedimento, anche in situazioni in cui l’autorità di cosa giudicata non venga in rilievo in senso stretto. Inoltre, considerando l’effettività del ricorso, tanto nella pratica quanto in diritto, l’interpretazione dell’articolo 13 CEDU da parte della Corte EDU assegna rilievo alla garanzia dell’esecuzione di una sentenza e al fatto che tale sentenza debba essere correttamente ottenuta ed eseguita e debba costituire, per il ricorrente, un rimedio sufficiente. Ritengo che tali aspetti governino l’interpretazione del diritto a un ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 47 della Carta e la sua applicazione alla decisione di reinserimento nell’elenco nell’ambito di questa impugnazione.

c) Applicazione alle circostanze della presente impugnazione

119.

Pertanto, ritengo che l’articolo 47 della Carta, letto alla luce della pertinente giurisprudenza della Corte EDU sugli articoli 6, paragrafo 1, e 13 CEDU, dovrebbe essere interpretato nel senso di limitare la discrezionalità delle istituzioni dell’Unione ai sensi dell’articolo 266 TFUE nell’adozione di provvedimenti volti a rimediare a un vizio accertato da una sentenza dei giudici dell’Unione in circostanze che si ritengano attribuire a tale istituzione una «seconda opportunità» per riesaminare questioni giuridiche su cui i giudici dell’Unione si sono già pronunciati nell’ambito di una sentenza anteriore, privando in tal modo il ricorrente del suo ricorso effettivo in relazione a tale sentenza ( 138 ). Sottolineo che il ricorso di cui all’articolo 47 della Carta deve essere effettivo tanto nella pratica quanto in diritto.

120.

Al contrario di quanto sostenuto dal Consiglio, un simile approccio non mira a limitare la giurisprudenza della Corte relativa all’articolo 266 TFUE nel settore delle misure restrittive. Esso garantisce, piuttosto, che il sistema di rimedi stabilito dall’articolo 266 TFUE risulti pienamente conforme all’articolo 47 della Carta.

121.

Inoltre, un simile approccio non è superato dalla possibilità di proporre un ricorso per il risarcimento dei danni per far valere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione ( 139 ). Riconosco che in linea di principio un soggetto ha a disposizione un ricorso per il risarcimento dei danni sofferti a causa di atti o condotte illegittimi del Consiglio in relazione all’adozione di decisioni di reinserimento nell’elenco nel settore delle misure restrittive ( 140 ), tuttavia, mi sembra che un ricorso per il risarcimento dei danni non sia idoneo ad offrire un rimedio alla violazione del diritto a un ricorso effettivo, nelle circostanze di cui alla presente impugnazione, se la discrezionalità del Consiglio nella scelta dei provvedimenti che ritiene necessari per porre rimedio al vizio è ritenuta compatibile con l’articolo 266 TFUE. In presenza di simili circostanze, le condizioni per la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale dell’Unione, segnatamente il requisito di una violazione sufficientemente grave di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli ( 141 ) non sarebbero soddisfatte.

122.

Ciò premesso, a mio giudizio, non vi è alcun errore di diritto nella sentenza del Tribunale nella causa NITC II.

123.

Ritengo che i motivi concernenti il sostegno finanziario e il sostegno logistico costituiscano motivi autonomi su cui il Consiglio si è fondato per il reinserimento nell’elenco della NITC sulla base del criterio di designazione di cui all’articolo 20, paragrafo 1, lettera c), della decisione 2010/413 e all’articolo 23, paragrafo 2, lettera d), del regolamento n. 267/2012, in materia di fornitura di sostegno al governo dell’Iran.

124.

Il termine «anche» di cui all’articolo 23, paragrafo 2, lettera d) del regolamento n. 267/2012 («che forniscono sostegno, anche finanziario, logistico o materiale») indica che i tre tipi di sostegno ivi specificati non sono esaustivi ( 142 ) e, pertanto, possono venire in considerazione altri tipi di sostegno ( 143 ). Infatti, i giudici dell’Unione hanno statuito che tale criterio si riferisce a qualsiasi sostegno che, anche se privo di un nesso diretto o indiretto con attività di proliferazione nucleare, è tuttavia suscettibile, in ragione della sua rilevanza qualitativa o quantitativa, di dare un impulso al loro sviluppo, fornendo al governo iraniano risorse o mezzi di natura materiale, finanziaria o logistica, fra l’altro, che gli permettano di condurre attività di proliferazione nucleare ( 144 ).

125.

Sulla base di ciò, ritengo che, nella presente causa, il diritto della NITC a un ricorso effettivo non sia stato violato, non solo perché la sentenza nella causa NITC I è stata effettivamente eseguita, ma anche in quanto il Tribunale non si è pronunciato, in tale sentenza, sull’argomento relativo al sostegno logistico. Di conseguenza, dagli elementi in possesso della Corte non risulta che il Consiglio abbia ottenuto un riesame di ciò che era stato precedentemente deciso nella sentenza nella causa NITC I.

126.

Inoltre, anche se l’accertamento del Tribunale, riprodotto supra al paragrafo 54, relativo all’ampiezza del potere del Consiglio di riformulare il proprio argomento in termini di sostegno logistico potrebbe, potenzialmente, generare un contrasto con la giurisprudenza della Corte EDU relativa alla «seconda opportunità» di discutere la controversia (v. supra, paragrafi da 112 a 116), non sono stati sollevati argomenti dettagliati relativi all’applicazione di tale giurisprudenza alle circostanze della presente impugnazione.

127.

Segnalo, inoltre, che gli elementi posti all’attenzione della Corte nella presente impugnazione non hanno suffragato l’argomento secondo cui il Consiglio avrebbe effettuato un cosiddetto «immagazzinamento», tacendo argomenti di diritto e di fatto al momento del primo inserimento nell’elenco, allo scopo di utilizzarli per il reinserimento della NITC nell’elenco.

128.

Di conseguenza, ritengo che, sebbene la presente impugnazione non possa essere decisa sulla base delle sentenze nelle cause Kadi, OMPI e Interporc e sebbene le misure restrittive adottate dal Consiglio siano limitate dal diritto a un ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 47 della Carta, ivi compresa la pertinente giurisprudenza della Corte EDU sugli articoli 6, paragrafo 1, e 13 CEDU, la decisione di reinserimento della NITC nell’elenco non abbia violato, nelle circostanze di cui alla presente impugnazione, il diritto della NITC a un ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 47 della Carta.

VI. Conclusione

129.

Alla luce dell’analisi che precede, suggerisco alla Corte di respingere il primo motivo di impugnazione della NITC.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Sentenze del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, e del 18 luglio 2013, Commissione e altri/Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518.

( 3 ) Sentenza del 23 ottobre 2008, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio, T‑256/07, EU:T:2008:461.

( 4 ) Sentenza del 6 marzo 2003, Interporc Im- und Export/Commissione, C‑41/00 P, EU:C:2003:125.

( 5 ) V. Bank Tejarat/Consiglio, C‑248/17 P, pendente, e Islamic Republic of Iran Shipping Lines e altri/Consiglio, C‑225/17 P, pendente.

( 6 ) Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, risoluzione 1929 (2010), adottata dal Consiglio di sicurezza nel corso della sua 6335a sessione, il 9 giugno 2010, considerando 17.

( 7 ) Conclusioni del Consiglio europeo, EUCO 13/10, 17 giugno 2010, allegato II «Dichiarazione sull’Iran», punto 4.

( 8 ) GU 2010, L 195, pag. 39. Il considerando 22 di tale decisione fa riferimento alla risoluzione 1929 e al potenziale nesso tra il gettito che l’Iran trae dal suo settore energetico e il finanziamento di attività di proliferazione nucleare.

( 9 ) V. decisione 2010/413, articoli 23, paragrafo 2, 24, paragrafo 2, e 25, paragrafo 1.

( 10 ) GU 2012, L 19, pag. 22. Il considerando 8 di tale decisione menziona nuovamente il potenziale nesso tra il gettito che l’Iran trae dal suo settore energetico e il finanziamento di attività di proliferazione nucleare, così come evidenziato nella risoluzione 1929.

( 11 ) V. decisione 2012/35, considerando 5 e 6.

( 12 ) Il corsivo è mio.

( 13 ) Decisione 2012/35, articolo 1, paragrafo 7, lettera a), punto ii). Il corsivo è mio. L’articolo 1, paragrafo 8 di tale decisione ha sostituito l’articolo 24, paragrafo 2, della decisione 2010/413, nel senso di prevedere che, qualora il Consiglio decida di applicare a una persona o entità, fra l’altro, le misure di cui all’articolo 20, paragrafo 1, lettera c), esso modifica di conseguenza l’allegato II.

( 14 ) GU 2012, L 88, pag. 1.

( 15 ) V. regolamento n. 267/2012, considerando 11.

( 16 ) Il corsivo è mio. Ai sensi dell’articolo 46, paragrafo 2, del regolamento n. 267/2012, qualora il Consiglio decida di applicare a una persona, a un’entità o a un organismo, fra l’altro, le misure di cui all’articolo 23, paragrafo 2 di tale regolamento, esso modifica di conseguenza l’allegato IX.

( 17 ) GU 2012, L 282, pag. 58.

( 18 ) Decisione 2012/635, considerando 5.

( 19 ) Decisione 2012/635, allegato, parte B, entità, punto 31.

( 20 ) GU 2012, L 282, pag. 16.

( 21 ) Regolamento di esecuzione n. 945/2012, considerando 2.

( 22 ) Regolamento di esecuzione n. 945/2012, allegato, parte B, entità, punto 31.

( 23 ) V. sentenza del 3 luglio 2014, National Iranian Tanker Company/Consiglio, T‑565/12, EU:T:2014:608, punti da 16 a 18.

( 24 ) GU 2012, L 356, pag. 34.

( 25 ) Regolamento n. 1263/2012, articolo 1, paragrafo 11, lettera a). Il corsivo è mio.

( 26 ) Sentenza nella causa NITC I, punto 66. Il Tribunale ha respinto il secondo motivo della NITC, relativo alla presunta violazione dell’obbligo di motivazione: ibidem, punti da 35 a 47. Avendo accolto il primo motivo, esso non ha proceduto a esaminare i restanti: ibidem, punto 67.

( 27 ) Sentenza nella causa NITC I, punto 58.

( 28 ) Sentenza nella causa NITC I, punto 59.

( 29 ) Sentenza nella causa NITC I, punto 60. Il corsivo è mio.

( 30 ) Sentenza nella causa NITC I, punto 61.

( 31 ) Sentenza nella causa NITC I, punto 62 (in riferimento ai punti 51 e 52).

( 32 ) Sentenza nella causa NITC I, punti da 64 a 67.

( 33 ) Sentenza nella causa NITC I, punto 77.

( 34 ) Sentenza nella causa NITC I, punto 77 (riferimenti omessi).

( 35 ) Sentenza nella causa NITC I, punto 78.

( 36 ) Sulla base delle informazioni in possesso della Corte, la notifica della sentenza nella causa NITC I alle parti è avvenuta il 9 luglio 2014. Alla luce dei termini previsti dall’articolo 56, paragrafo 1, dello Statuto (2 mesi, più 10 giorni in ragione della distanza), gli effetti del primo inserimento nell’elenco si sono mantenuti, per quanto concerne la NITC, fino al 19 settembre 2014.

( 37 ) V. sentenza nella causa NITC II, punti da 23 a 29.

( 38 ) I documenti giustificativi, allegati alle osservazioni della NITC nell’ambito della presente impugnazione, comprendevano: 1) l’articolo «Divestment of State Companies in Iran» (non datato, data RELEX 20 dicembre 2013); 2) l’articolo «New Labor Minister ends Saeed Mortazavìs appointment on the Social Security Organization’s Board of Trustees», Iran Daily Brief (datato 19 agosto 2013, data RELEX 16 ottobre 2014); 3) la pagina web della Social Security Organization (ente di previdenza sociale, Iran) relativa alla composizione del consiglio di amministrazione (data di accesso 13 ottobre 2014, data RELEX 16 ottobre 2014); 4) il testo «Social Security Law of the Islamic Republic of Iran» (non datato, data RELEX 16 ottobre 2014); 5) il rapporto della Dun & Bradstreet sulla Social Security Organization [ente di previdenza sociale, Iran (non datato, data RELEX 16 ottobre 2014)]; 6) il rapporto della Dun & Bradstreet sul Civil Servants Pension Fund [fondo pensione dei dipendenti pubblici (non datato, data RELEX 16 ottobre 2014)]; 7) la «traduzione non ufficiale», di un estratto di un’intervista all’ex presidente della NITC, il sig. Soori (non datata, data RELEX 16 ottobre 2014); 8) una lettera della NITC all’Alto Rappresentante dell’Unione, la baronessa Ashton, «Statement of NITC in relation to the Lloyd’s List article dated 18 gennaio 2012 – “NITC to be targeted by sanctions”» (datata 19 gennaio 2012, data RELEX 16 ottobre 2014); e 9) la pagina web della NIOC che elenca le attività della NITC quale una delle controllate della NIOC (data di accesso 12 febbraio 2014, data RELEX 16 ottobre 2014). La sigla RELEX indica il gruppo di lavoro dei consiglieri per le relazioni esterne del Consiglio.

( 39 ) Il Tribunale ha fatto riferimento alla lettera di cui al numero 8) della nota 38 nella sua analisi relativa al motivo, dedotto dalla NITC, concernente la violazione dell’obbligo di motivazione: v. sentenza nella causa NITC I, punti 10 e 34.

( 40 ) Estratto da COREU PESC/0084/14, Doc 16211/14 LIMITE, 27 novembre 2014, allegato alle osservazioni della NITC nell’ambito della presente impugnazione (in prosieguo: la «proposta di reinserimento nell’elenco».

( 41 ) Proposta di reinserimento nell’elenco, punti da 1 a 6.

( 42 ) Proposta di reinserimento nell’elenco, punto 7.

( 43 ) Proposta di reinserimento nell’elenco, punto 8. V. sentenza nella causa NITC I, punto 50.

( 44 ) Proposta di reinserimento nell’elenco, punto 9.

( 45 ) Proposta di reinserimento nell’elenco, punto 11 [riportante i rinvii ai resoconti di cronaca datati 21 giugno 2012, 17 aprile 2012, 11 dicembre 2013, 15 novembre 2012, 16 aprile 2012 (nota 43 e il relativo testo, supra) e 11 luglio 2014 (in ordine di citazione)].

( 46 ) GU 2015, L 39, pag. 18.

( 47 ) GU 2015, L 39, pag. 3.

( 48 ) Decisione 2015/236, allegato, B. Entità, punto 140.

( 49 ) Regolamento di esecuzione 2015/230, allegato, B. Entità, punto 140.

( 50 ) V. supra, paragrafo 25.

( 51 ) Sentenza nella causa NITC II, punto 32.

( 52 ) Decisione del Consiglio (PESC) 2015/1863, del 18 ottobre 2015, che modifica la decisione 2010/413 (GU 2015, L 274, pag. 174), articolo 1, paragrafo 16.

( 53 ) Regolamento di esecuzione (UE) 2015/1862 del Consiglio che attua il regolamento n. 267/2012 (GU 2015, L 274, pag. 161), articolo 1.

( 54 ) Decisione (PESC) 2016/37 del Consiglio, del 16 gennaio 2016, relativa alla data di applicazione della decisione 2015/1863 (GU 2016, L 11 I, pag. 1); Informazioni relative alla data di applicazione del regolamento (UE) 2015/1861 del Consiglio che modifica il regolamento n. 267/2012 e il regolamento di esecuzione 2015/1862 (GU 2016, C 15 I, pag. 1).

( 55 ) Disponibile all’indirizzo: http://www.consilium.europa.eu/it/policies/sanctions/iran/jcpoa-restrictive-measures/.

( 56 ) Cina, Francia, Germania, Federazione russa, Regno Unito e Stati Uniti, congiuntamente all’Alto Rappresentante dell’Unione.

( 57 ) V. Nota informativa concernente la sanzioni dell’UE da revocare nel quadro del piano d’azione congiunto globale (PACG), Bruxelles, 16 gennaio 2016, ultimo aggiornamento il 3 agosto 2017, SN 10176/1/17 REV 1, disponibile all’indirizzo indicato supra, nota 55.

( 58 ) Ordinanza del presidente del Tribunale del 16 luglio 2015, National Iranian Tanker Company/Consiglio, T‑207/15 R, EU:T:2015:535 (in prosieguo: l’«ordinanza nella causa NITC II»), punti 59, 80 e 81.

( 59 ) Ordinanza nella causa NITC II, punto 43 (citando la Corte EDU, 13 novembre 2007, Ramadhi e a. c. Albania, CE:ECHR:2007:1113JUD003822202R, punto 48) e punto 50.

( 60 ) Ordinanza nella causa NITC II, punti 43 e 44.

( 61 ) Ordinanza nella causa NITC II, punti 45 e 46.

( 62 ) Ordinanza nella causa NITC II, punto 47.

( 63 ) Ordinanza nella causa NITC II, punti 48 e 49.

( 64 ) Sentenza nella causa NITC II, punto 39.

( 65 ) Sentenza nella causa NITC II, punti 45, 46, 50 e 55.

( 66 ) Sentenza nella causa NITC II, punto 51.

( 67 ) Sentenza nella causa NITC II, punto 52.

( 68 ) Sentenza nella causa NITC II, punto 52.

( 69 ) Sentenza nella causa NITC II, punto 53.

( 70 ) Sentenza nella causa NITC II, punto 54.

( 71 ) Sentenza nella causa NITC II, punti da 56 a 60.

( 72 ) Sentenza nella causa NITC II, punto 62.

( 73 ) Sentenza nella causa NITC II, punto 63.

( 74 ) Sentenza nella causa NITC II, punto 64.

( 75 ) Sentenza nella causa NITC II, punto 65.

( 76 ) Sentenza nella causa NITC II, punto 66.

( 77 ) Sentenza nella causa NITC II, punto 67.

( 78 ) Nelle sue osservazioni, la NITC constata che ciò si ispira alla giurisprudenza del Regno Unito in materia di controversie civilistiche, citando, a titolo di esempio, Henderson v Henderson (1843) 3 Hare 100; e Johnson v. Gore Wood [2002] 2 AC 1.

( 79 ) Prendendo in prestito le parole dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nelle sue conclusioni Commissione/AssiDomän Kraft Products e a., C‑310/97 P, EU:C:1999:36, paragrafo 2.

( 80 ) V., ad esempio, sentenze del 6 ottobre 2014, Schrems, C‑362/14, EU:C:2015:650, punto 95 e del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund, C‑682/15, EU:C:2017:373, punti da 44 a 59; v. anche conclusioni dell’avvocato generale Wathelet, Berlioz Investment Fund, C‑682/15, EU:C:2017:2, paragrafo 67 e dell’avvocato generale Kokott, UBS Europe e a., C‑358/16, EU:C:2017:606, paragrafo 77.

( 81 ) Il primo paragrafo dell’articolo 266 TFUE stabilisce: «[l]’istituzione, l’organo o l’organismo da cui emana l’atto annullato o la cui astensione sia stata dichiarata contraria ai trattati sono tenuti a prendere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea comporta».

( 82 ) V., ad esempio, sentenza del 14 giugno 2016, Commissione/McBride e a., C‑361/14 P, EU:C:2016:434, punti 5253. V., inoltre, infra, parte V, sezione B, punto 3, lettera a).

( 83 ) Sentenza del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461 (in prosieguo: «Kadi I»).

( 84 ) Kadi I, punti da 333 a 371.

( 85 ) Kadi I, punti da 372 a 376.

( 86 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Bot in Commissione e altri/Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:176, punti da 19 a 28.

( 87 ) Sentenza del 30 settembre 2010, Kadi/Commissione, T‑85/09, EU:T:2010:418.

( 88 ) Sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./ Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518 (in prosieguo: «Kadi II»).

( 89 ) V. Kadi II, punti da 103 a 134.

( 90 ) Kadi II, punto 156.

( 91 ) Sentenza del 23 ottobre 2008, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio, T‑256/07, EU:T:2008:461 (in prosieguo: «OMPI II»), la cui impugnazione è stata oggetto di rinuncia, v. ordinanza del presidente della Corte del 3 giugno 2009, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio, C‑576/08 P, non pubblicata, EU:C:2009:335. Vi è una terza sentenza, del 4 dicembre 2008, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio, T‑284/08, EU:T:2008:550, la cui impugnazione è stata respinta con sentenza del 21 dicembre 2011, Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran, C‑27/09 P, EU:C:2011:853.

( 92 ) Sentenza del 12 dicembre 2006, Organisation des Modjahedines du peuple d’Iran/Consiglio, T‑228/02, EU:T:2006:384 (in prosieguo: «OMPI I»), non impugnata.

( 93 ) OMPI II, punti 3, 50 e 52.

( 94 ) OMPI II, punti 72 e 73.

( 95 ) OMPI II, punto 75 (con un richiamo al punto 65). Il corsivo è mio.

( 96 ) OMPI II, punto 76 (con un richiamo al punto 67).

( 97 ) Da segnalare che, nella sentenza nella causa NITC I, il Tribunale ha sottolineato, in sede di analisi del motivo vertente sull’asserita violazione dell’obbligo di motivazione, che l’argomento della NITC secondo cui i suoi azionisti non mantenevano più alcun legame con il governo iraniano concerneva la valutazione della fondatezza dei motivi addotti dal Consiglio e, dunque, la legalità sostanziale della decisione di inserimento nell’elenco. Tale questione è separata da quella relativa alla sussistenza di una motivazione, che costituisce una forma sostanziale. V. sentenza nella causa NITC I, punto 46.

( 98 ) Sentenza del 6 marzo 2003, Interporc Im- und Export/Commissione, C‑41/00 P, EU:C:2003:125 (in prosieguo: «Interporc»).

( 99 ) Decisione 94/90/CE dell’8 febbraio 1994 della Commissione, sull’accesso del pubblico ai documenti della Commissione (GU 1994, L 46, pag. 58), che attua il codice di condotta sull’accesso del pubblico ai documenti della Commissione e del Consiglio, ad essa allegato. Tale decisione è stata abrogata dalla decisione 2001/937/CE, CECA, Euratom, del 5 dicembre 2001, della Commissione, che modifica il suo regolamento interno (GU 2001, L 345, pag. 94), per dare applicazione al regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43) (in prosieguo: il «regolamento n. 1049/2001»). Da segnalare che tale regolamento si basa sull’attuale articolo 15, paragrafo 3, TFUE, il quale, parallelamente all’articolo 42 della Carta, riconosce il diritto di accesso ai documenti delle istituzioni e degli organi dell’Unione quale questione di diritto primario dell’Unione.

( 100 ) Sentenza del 6 febbraio 1998, Interporc/Commissione, T‑124/96, EU:T:1998:25 (in prosieguo: «Interporc I»), punti da 9 a 13.

( 101 ) Interporc I, punti da 14 a 18.

( 102 ) Interporc I, punti da 54 a 57. Questa sentenza non è stata impugnata.

( 103 ) Vigente all’epoca. Tale motivo è stato successivamente eliminato dal regolamento n. 1049/2001.

( 104 ) Sentenza del 7 dicembre 1999, Interporc /Commissione, T‑92/98, EU:T:1999:308 (in prosieguo: «Interporc II»), punto 20.

( 105 ) Interporc II, punto 52.

( 106 ) Interporc, punto 31.

( 107 ) Interporc, punto 32.

( 108 ) V., ad esempio, sentenze del 16 novembre 2011, Bank Melli Iran/Consiglio, C‑548/09 P, EU:C:2011:735, punto 49 e del 28 maggio 2013, Abdulrahim/ Consiglio e Commissione, C‑239/12 P, EU:C:2013:331, punto 70 e la giurisprudenza ivi citata.

( 109 ) Segnalo che neppure nelle cause Kadi II e OMPI II era stata specificamente invocata la violazione del diritto a un ricorso effettivo. La causa Kadi II riguardava le garanzie procedurali sottese al diritto a una tutela giurisdizionale effettiva: v. Kadi II, punti da 97 a 165. Nella causa Kadi I, la Corte ha ritenuto che fosse stato violato il diritto dei ricorrenti a un ricorso effettivo, ma ciò in ragione del fatto che questi non erano stati informati delle prove a loro carico e dei loro diritti di difesa: v. Kadi I, punti da 349 a 351. E, sebbene non invocato nella causa OMPI II, nella causa OMPI I, punti 89 e 94, il diritto a un ricorso effettivo è stato distinto dal diritto a essere sentito.

( 110 ) V. Leonor Rossi e Patricia Vinagre e Silva, «Public Access to Documents in the EU» (Hart 2017), pagg. da 59 a 62, da 175 a 177 e da 197 a 198. Da segnalare, con particolare riguardo all’accesso ai documenti, che i giudici dell’Unione hanno respinto le richieste di rivedere la propria giurisprudenza che preclude ai giudici stessi di emettere ingiunzioni nei confronti delle istituzioni, alla luce, fra l’altro, dell’articolo 47 della Carta: v., ad esempio, sentenze del 2 ottobre 2014, Strack/Commissione, C‑127/13 P, EU:C:2014:2250, punti da 145 a 148 e dell’11 giugno 2015, McCullough/Cedefop, T‑496/13, non pubblicata, EU:T:2015:374, punti da 16 a 28.

( 111 ) Articolo 52, paragrafo 3, della Carta; spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali (GU 2007, C 303, pag. 17), (in prosieguo: «spiegazioni»), spiegazione relativa all’articolo 47, pagg. 29 e 30. Esso è oggetto di una «protezione più estesa» da parte del diritto dell’Unione, per gli effetti di cui all’articolo 52, paragrafo 3 della Carta: v. le mie conclusioni, Egenberger, C‑414/16, EU:C:2017:851.

( 112 ) Spiegazione relativa all’articolo 52, pag. 33. V. anche, ad esempio, sentenza del 30 giugno 2016, Toma e Biroul Executorului Judecătoresc Horațiu-Vasile Cruduleci, C‑205/15, EU:C:2016:499, punto 41 e la giurisprudenza ivi citata; conclusioni dell’avvocato generale Wathelet, Berlioz Investment Fund, C‑682/15, EU:C:2017:2, paragrafi 7374.

( 113 ) Sentenza del 7 giugno 2006, Österreichische Postsparkasse/Commissione, T‑213/01 e T‑214/01, EU:T:2006:151, punto 54.

( 114 ) V., ad esempio, sentenza del 14 giugno 2016, Commissione/McBride e altri, C‑361/14 P, EU:C:2016:434, punto 35 e la giurisprudenza ivi citata.

( 115 ) V., ad esempio, sentenze del 28 gennaio 2016, CM Eurologistik e GLS, C‑283/14 e C‑284/14, EU:C:2016:57, punto 76; e del 14 giugno 2016, Commissione/McBride e a., C‑361/14 P, EU:C:2016:434, punti 5253; conclusioni dell’avvocato generale Sharpston, Commissione/McBride e a., C‑361/14 P, EU:C:2016:25, paragrafo 70. Ciò è stato posto in rilievo nelle conclusioni dell’avvocato generale Léger, Interporc, C‑41/00 P, EU:C:2002:162, paragrafi da 65 a 69.

( 116 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Léger, Mattila/Consiglio e Commissione, C‑353/01 P, EU:C:2003:403, paragrafo 30 e la giurisprudenza ivi citata.

( 117 ) V., ad esempio, sentenza del 2 ottobre 2014, Strack/Commissione, C‑127/13 P, EU:C:2014:2250, punto 146. Tale giurisprudenza corrisponde a quella relativa alla portata dei poteri dei giudici dell’Unione ai sensi dell’articolo 263 TFUE, che impedisce loro di pronunciare ingiunzioni nei confronti delle istituzioni, anche quando riguardino le modalità in cui esse sono tenute a conformarsi alle sentenze: v., ad esempio, ordinanza del 26 ottobre 1995, Pevasa e Inpesca/Commissione, C‑199/94 P e C‑200/94 P, EU:C:1995:360, punto 24.

( 118 ) Corte EDU, 19 marzo 1997, Hornsby c. Grecia, CE:ECHR:1997:0319JUD001835791, paragrafi 40 e 41.

( 119 ) Sentenza nella causa NITC II, punto 61.

( 120 ) Hornsby c. Grecia, paragrafo 40. V. anche, ad esempio, Corte EDU, 25 luglio 2017, Panorama Ltd e Miličić c. Bosnia-Erzegovina, CE:ECHR:2017:0725JUD006999710, paragrafo 62 e la giurisprudenza ivi citata.

( 121 ) V., ad esempio, Corte EDU, 28 ottobre 1999, Brumărescu c. Romania, CE:ECHR:1999:1028JUD002834295, paragrafo 61; 24 luglio 2003, Ryabykh c. Russia, CE:ECHR:2003:0724JUD005285499, paragrafo 51; 21 aprile 2016, Chengelyan e a. c. Bulgaria, CE:ECHR:2016:0421JUD004740507, paragrafo 31 e la giurisprudenza ivi citata.

( 122 ) Corte EDU, 6 dicembre 2005, Popov c. Moldova (n. 2), CE:ECHR:2005:1206JUD001996004, paragrafo 45 (citazioni omesse); v. anche, ad esempio, 27 ottobre 2016, Vardanyan e Nanushyan c. Armenia, CE:ECHR:2016:1027JUD000800107, paragrafo 67 e la giurisprudenza ivi citata.

( 123 ) V., ad esempio, Corte EDU, 12 gennaio 2006, Kehaya e a. c. Bulgaria, CE:ECHR:2006:0112JUD004779799, paragrafo 66; 16 gennaio 2014, Brletić c. Croazia, CE:ECHR: 2014:0116JUD004200910, paragrafo 43.

( 124 ) Corte EDU, 13 novembre 2007, Driza c. Albania, CE:ECHR:2007:1113JUD003377102, paragrafo 69.

( 125 ) Corte EDU, 12 gennaio 2006, Kehaya e a. c. Bulgaria, CE:ECHR:2006:0112JUD004779799.

( 126 ) Kehaya e a. c. Bulgaria, paragrafi da 59 a 60, 62, 67 e 68.

( 127 ) Kehaya e a. c. Bulgaria, paragrafo 69.

( 128 ) Kehaya e a. c. Bulgaria, paragrafo 70.

( 129 ) Kehaya e a. c. Bulgaria, paragrafo 70.

( 130 ) Corte EDU, 31 maggio 2012, Esertas c. Lituania, CE:ECHR:2012:0531JUD005020806.

( 131 ) Esertas c. Lituania, paragrafi 23 e 24.

( 132 ) Esertas c. Lituania, paragrafo 25.

( 133 ) Esertas c. Lituania, paragrafo 25.

( 134 ) Corte EDU, 27 giugno 2000, İlhan c. Turchia, CE:ECHR:2000:0627JUD002227793, paragrafo 97; v. anche, ad esempio, 12 settembre 2012, Nada c. Svizzera, CE:ECHR:2012:0912JUD001059308, paragrafo 207 e la giurisprudenza ivi citata.

( 135 ) Corte EDU, 26 ottobre 2000, Kudła c. Polonia, CE:ECHR:2000:1026JUD003021096, paragrafi 157 e 158; v. anche, ad esempio, 16 gennaio 2018, Ciocodeică c. Romania, CE:ECHR:2018:0116JUD002741309, paragrafo 88 e la giurisprudenza ivi citata. Da segnalare che l’articolo 35, paragrafo 1, CEDU, che stabilisce la regola dell’esaurimento delle vie di ricorso interno, si fonda sulla premessa, riflessa nell’articolo 13 CEDU, con cui possiede una «stretta affinità», dell’esistenza di un ricorso nazionale effettivo azionabile in relazione all’asserita violazione dei diritti di un soggetto discendenti dalla CEDU: v. Kudła c. Polonia, paragrafo 152. La Corte EDU ritiene che un rimedio che sia dipendente da una condotta discrezionale di autorità statali non possa essere considerato effettivo nel significato di cui all’articolo 35, paragrafo 1, CEDU: v. ad esempio, Corte EDU, decisione del 29 giugno 2004, B e L. c. Regno Unito, CE:ECHR:2004:0629DEC003653602, paragrafo 9; 29 aprile 2008, Burden c. Regno Unito, CE:ECHR:2008:0429JUD001337805, paragrafo 40 e la giurisprudenza ivi citata.

( 136 ) Corte EDU, 13 novembre 2007, Ramadhi e a. c. Albania, CE:ECHR:2007:1113JUD003822202R, paragrafo 49. V. anche, ad esempio, Corte EDU, 3 febbraio 2009, Nuri c. Albania, CE:ECHR:2009:0203JUD001230604, paragrafo 8; 3 febbraio 2009, Hamzaraj c. Albania (n. 1), CE:ECHR:2009:0203JUD004526404, paragrafo 26.

( 137 ) V. supra, nota 120. V. anche, ad esempio, Corte EDU, 31 luglio 2012, Manushaqe Puto e a. c. Albania, CE:ECHR:2012:0731JUD000060407, paragrafi 72, 90 e 94 (che cita Hornsby c. Grecia, paragrafo 40).

( 138 ) Va rilevato che l’esercizio dei diritti sanciti dall’articolo 47 della Carta è sempre soggetto a giustificate limitazioni, come previsto dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta. V., ad esempio, sentenza Kadi II, punto 101.

( 139 ) V. articoli 268 e 340, secondo paragrafo, TFUE.

( 140 ) V., ad esempio, sentenza del 13 dicembre 2017, HTTS/Consiglio, T‑692/15, EU:T:2017:890 (ricorso per il risarcimento del danno respinto); e Bateni/Consiglio, T‑455/17, pendente; v. anche, a tal proposito, sentenza del 18 settembre 2015, HTTS e Bateni, T‑45/14, non pubblicata, EU:T:2015:650, punto 66.

( 141 ) V., ad esempio, sentenza del 30 maggio 2017, Safa Nicu Sepahan/Consiglio, C‑45/15 P, EU:C:2017:402, punti 2930.

( 142 ) Può essere utile notare che non tutte le versioni linguistiche dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera d), del regolamento n. 267/2012 sono uguali. La maggior parte di esse fa riferimento al termine sostegno prima dell’elenco esemplificativo relativo alle tipologie di sostegno («sostegno, anche finanziario, logistico o materiale»). Tuttavia, alcune versioni (quali, ad esempio, le versioni estone, finlandese e tedesca) menzionano prima i tre esempi di sostegno finanziario, logistico e materiale. Ciò sembra avvalorare la tesi secondo cui gli argomenti del sostegno finanziario e logistico costituiscono motivi autonomi e che il Tribunale, nella sentenza nella causa NITC II, non si è pronunciato in merito al «sostegno» in generale, bensì sul motivo del sostegno finanziario.

( 143 ) V. sentenza del 1o marzo 2016, National Iranian Oil Company/Consiglio, C‑440/14 P, EU:C:2016:128, punto 84; ordinanza del 4 aprile 2017, Sharif University of Technology/Consiglio, C‑385/16 P, non pubblicata, EU:C:2017:258, punto 68.

( 144 ) Sentenza del 28 aprile 2016, Sharif University of Technology/Consiglio, T‑52/15, EU:T:2016:254, punti 54, 59 e la giurisprudenza ivi citata (impugnazione rigettata con ordinanza del 4 aprile 2017, Sharif University of Technology/Consiglio, C‑385/16 P, non pubblicata, EU:C:2017:258). V. anche, ad esempio, sentenze del 1o marzo 2016, National Iranian Oil Company/Consiglio, C‑440/14 P, EU:C:2016:128, punti da 79 a 81; e dell’8 settembre 2016, Iranian Offshore Engineering & Construction/Consiglio, C‑459/15 P, non pubblicata, EU:C:2016:646, punto 58 e la giurisprudenza ivi citata.