CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentate il 3 ottobre 2018 ( 1 )

Causa C‑466/16 P

Consiglio dell’Unione europea

contro

Marquis Energy LLC

«Impugnazione – Dumping – Importazioni di bioetanolo originario degli Stati Uniti d’America – Dazio antidumping definitivo – Regolamento di esecuzione (UE) n. 157/2013 – Regolamento (CE) n. 1225/2009 – Legittimazione ad agire di un produttore non esportatore – Soggetto direttamente interessato»

I. Introduzione

1.

Con la presente impugnazione, il Consiglio dell’Unione europea chiede alla Corte di annullare la sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 9 giugno 2016, Marquis Energy/Consiglio (T‑277/13, non pubblicata, EU:T:2016:343), con la quale quest’ultimo, da un lato, ha riconosciuto la ricevibilità del ricorso di annullamento proposto dalla Marquis Energy LLC avverso il regolamento di esecuzione (UE) n. 157/2013 del Consiglio del 18 febbraio 2013, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di bioetanolo originario degli Stati Uniti d’America ( 2 ), e, dall’altro, ha annullato il regolamento medesimo nella parte riguardante la Marquis Energy.

2.

Come illustrerò nell’ambito dell’esame del primo capo del primo motivo dell’impugnazione del Consiglio, ritengo che il Tribunale abbia erroneamente ritenuto che la Marquis Energy sia stata stata direttamente interessata dal regolamento controverso. La sentenza impugnata dovrà pertanto, a mio avviso, essere annullata, e il ricorso in primo grado respinto.

3.

Qualora la Corte condivida la mia analisi, non occorrerà statuire sui motivi riguardanti il merito dedotti dal Consiglio, i quali, come nella causa parallela C‑465/16 P (Consiglio/Growth Energy e Renewable Fuels Association) nella quale presento parimenti in data odierna le mie conclusioni, sono diretti a far dichiarare che il Tribunale ha erroneamente interpretato e applicato l’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea ( 3 ) (in prosieguo: il «regolamento di base»), in combinato disposto con le disposizioni dell’accordo relativo all’applicazione dell’articolo VI dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio 1994 (GATT) ( 4 ) (in prosieguo: l’«accordo antidumping dell’OMC»). Di conseguenza, mi limiterò a rinviare alle considerazioni dedicate a tali motivi, in subordine, nell’ambito delle mie conclusioni presentate nella causa C‑465/16 P (Consiglio /Growth Energy e Renewable Fuels Association).

II. Sintesi dei fatti e sentenza del Tribunale

4.

I fatti all’origine della controversia sono stati esposti dal Tribunale ai punti da 1 a 14 della sentenza impugnata. Soltanto gli elementi indispensabili alla comprensione degli argomenti sollevati dalle parti nell’ambito dell’impugnazione verranno richiamati nelle osservazioni che seguono.

5.

A seguito di una denuncia, la Commissione europea pubblicava, in data 25 novembre 2011, un avviso di apertura di un procedimento antidumping riguardante le importazioni nell’Unione europea di bioetanolo originario degli Stati Uniti d’America ( 5 ), in cui annunciava il proprio intendimento di ricorrere al metodo del campionamento al fine di selezionare i produttori/esportatori degli Stati Uniti d’America oggetto dell’inchiesta.

6.

Il 16 gennaio 2012, la Commissione notificava a cinque società membri della Growth Energy e della Renewable Fuels Association, ossia la Marquis Energy LLC, la Patriot Renewable Fuels LLC, la Plymouth Energy Company LLC, la POET LLC e la Platinum Ethanol LLC, di essere state inserite nel campione dei produttori esportatori ( 6 ).

7.

Il 24 agosto 2012, la Commissione comunicava alla Marquis Energy il documento di informazione provvisorio in cui annunciava il proseguimento dell’inchiesta, senza l’adozione di misure provvisorie, e la sua estensione agli operatori commerciali/miscelatori. In tale documento veniva rilevata l’impossibilità, in tale fase, di valutare se le esportazioni di bioetanolo originario degli Stati Uniti fossero state effettuate a prezzi di dumping, in quanto i produttori inclusi nel campione non distinguevano fra le vendite interne e le vendite all’esportazione, e vendevano i loro prodotti, senza eccezioni, a operatori commerciali/miscelatori indipendenti stabiliti negli Stati Uniti, i quali miscelavano successivamente il bioetanolo con la benzina e lo rivendevano.

8.

Il 6 dicembre 2012, la Commissione trasmetteva alla Marquis Energy il documento di informazione definitivo, in cui esaminava, sulla base dei dati degli operatori commerciali/miscelatori indipendenti, l’esistenza di un dumping che avrebbe causato un pregiudizio all’industria dell’Unione prevedendo l’imposizione di misure definitive, ad un tasso del 9,6% a livello nazionale, per un periodo di tre anni.

9.

Sul fondamento del regolamento di base, il 18 febbraio 2013, il Consiglio adottava il regolamento controverso, il quale istituisce un dazio antidumping sul bioetanolo, denominato «etanolo combustibile», ad un tasso del 9,5% a livello nazionale, per un periodo di cinque anni.

10.

Il Tribunale rilevava parimenti, da un lato, che, ai considerando da 12 a 16 del regolamento controverso, il Consiglio ha osservato che in base a quanto emerso dall’inchiesta nessuno dei produttori inclusi nel campione aveva esportato bioetanolo nel mercato dell’Unione, e che gli esportatori del prodotto di cui trattasi verso l’Unione non erano i produttori americani di bioetanolo bensì gli operatori commerciali/miscelatori, cosicché, al fine di completare l’inchiesta relativa al dumping, esso si era basato sui dati dei due operatori commerciali/miscelatori che avevano accettato di collaborare (punto 16 della sentenza impugnata). Il Tribunale ha quindi rilevato, dall’altro, che il Consiglio ha illustrato, ai considerando da 62 a 64 del regolamento controverso, di ritenere opportuna la fissazione di un margine di dumping a livello nazionale, in quanto la struttura dell’industria del bioetanolo e il modo in cui il prodotto in esame era fabbricato e venduto nel mercato degli Stati Uniti ed esportato verso l’Unione rendevano impraticabile la determinazione di margini di dumping individuali per i produttori degli Stati Uniti (punto 17 della sentenza impugnata).

11.

Il Tribunale si è poi pronunciato sulla ricevibilità del ricorso depositato dalla Marquis Energy quale produttore di bioetanolo.

12.

Ai punti da 55 a 67 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato, in primo luogo, che la Marquis Energy era direttamente interessata dal regolamento controverso, respingendo, inoltre, ai successivi punti da 69 a 80, diversi argomenti di senso contrario esposti dal Consiglio e dalla Commissione europea.

13.

Ai punti da 81 a 92 della sentenza medesima, il Tribunale ha osservato che la Marquis Energy era individualmente interessata dal regolamento controverso respingendo, ai successivi punti da 93 a 106, gli argomenti di senso contrario sollevati dal Consiglio e dalla Commissione, nonché le altre obiezioni di tali istituzioni concernenti la ricevibilità del ricorso esaminati ai punti da 107 a 118 della sentenza impugnata.

14.

Quanto al merito, sulla base del ragionamento elaborato ai punti da 121 a 168 della sentenza impugnata, il Tribunale ha accolto il secondo capo del primo motivo dedotto dalla Marquis Energy, secondo cui il regolamento controverso violerebbe l’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base annullando, conseguentemente, il regolamento controverso nella parte riguardante la Marquis Energy, senza esaminare né gli altri capi del motivo né gli altri nove motivi dedotti dalla Marquis Energy in primo grado.

15.

In sostanza, il Tribunale ha dichiarato che il Consiglio aveva erroneamente ritenuto di essere stato autorizzato, in forza dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base, ad adottare un margine di dumping a livello nazionale e di non essere tenuto alla determinazione di margini di dumping individuali per ciascun produttore americano incluso nel campione del regolamento controverso.

16.

Per concludere in tal senso, il Tribunale ha rilevato, in primo luogo, che, con l’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base, il legislatore dell’Unione aveva inteso dare esecuzione ad un obbligo particolare assunto nel contesto degli accordi dell’OMC, contenuto nella specie agli articoli 6.10 e 9.2 dell’accordo antidumping dell’OMC; l’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base doveva pertanto essere interpretato conformemente agli articoli medesimi (v. punti da 129 a 139 della sentenza impugnata).

17.

In secondo luogo, il Tribunale ha osservato che, laddove la Commissione aveva mantenuto la Marquis Energy nel campione dei produttori ed esportatori americani, essa aveva riconosciuto che quest’ultima era un «fornitore» del prodotto oggetto del dumping, cosicché il Consiglio era tenuto, in linea di principio, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base, a calcolare un margine di dumping individuale e un dazio di dumping individuale (v. punti da 140 a 168 della sentenza impugnata).

18.

Infine, in terzo luogo, il Tribunale ha ritenuto che, se è pur vero che esiste effettivamente, in forza dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base, un’eccezione al calcolo individuale dell’importo del dazio imposto qualora esso «non sia possibile», il che autorizza ad indicare semplicemente il nome del paese fornitore, vale a dire l’imposizione di un dazio antidumping a livello nazionale, il termine «[non] possibile» dev’essere interpretato conformemente al termine analogo impiegato negli articoli 6.10 e 9.2 dell’accordo antidumping dell’OMC (v., in tal senso, punto 188 della sentenza impugnata). Orbene, alla luce di queste ultime disposizioni, il Tribunale ha dichiarato che l’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base non consente alcuna eccezione all’obbligo di applicare un dazio antidumping individuale ad un produttore incluso nel campione che ha collaborato all’inchiesta, qualora le istituzioni ritengano di non essere in grado di stabilire per il medesimo un prezzo all’esportazione individuale (v. punto 188, ultimo periodo, della sentenza impugnata). Il Tribunale ha pertanto concluso che, alla luce delle spiegazioni fornite dalle istituzioni, il Consiglio ha erroneamente ritenuto che l’istituzione dei dazi antidumping individuali per i membri del campione degli esportatori americani «[non fosse] possibile» ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base (punto 197 della sentenza impugnata), senza che il fatto che le istituzioni reputassero di avere difficoltà a ricostituire il percorso delle vendite individuali o a confrontare i valori normali con i prezzi all’esportazione corrispondenti, per i produttori inclusi nel campione, possa essere sufficiente a giustificare il ricorso a tale eccezione (v., in tal senso, punti da 198 a 200 della sentenza impugnata). Il Tribunale ha dunque annullato il regolamento controverso per violazione dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base e nei limiti in cui riguardava la Marquis Energy.

III. Conclusioni delle parti

19.

Il Consiglio chiede in via principale che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata;

respingere il ricorso proposto in primo grado dalla Marquis Energy;

condannare la Marquis Energy alle spese complessive del giudizio.

20.

Il Consiglio chiede in subordine che la Corte voglia:

rinviare la causa al Tribunale;

riservare le spese complessive del giudizio.

21.

In via principale, la Commissione chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata;

dichiarare irricevibile il ricorso di primo grado;

condannare la Marquis Energy alle spese dinanzi al Tribunale e dinanzi alla Corte.

22.

In subordine, la Commissione chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata;

respingere il secondo capo del primo motivo sollevato dalla Marquis Energy in primo grado e rinviare la causa dinanzi al Tribunale, quanto al resto;

riservare le spese dei due gradi di giudizio.

23.

La Marquis Energy chiede che la Corte voglia:

respingere l’impugnazione in toto;

condannare il Consiglio alle spese complessive del giudizio.

IV. Analisi

24.

A sostegno della sua impugnazione, il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, deduce tre motivi. Il primo motivo verte sulla ricevibilità del ricorso in primo grado ed attiene all’interpretazione erronea dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, nonché alla violazione dell’obbligo di motivazione della sentenza impugnata. Gli altri due motivi riguardano le valutazioni di merito effettuate dal Tribunale e sono entrambi relativi all’erronea interpretazione e all’erronea applicazione dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base. Come già precisato nelle mie osservazioni introduttive, mi limiterò ad esaminare il primo capo del primo motivo dell’impugnazione del Consiglio, in quanto ritengo che esso debba essere accolta e che, pertanto, la sentenza impugnata debba essere annullata

25.

Tuttavia, prima di esaminare l’impugnazione del Consiglio, occorre rispondere all’argomento dedotto dalla Commissione nella propria controreplica, secondo cui la comparsa di risposta depositata dalla Marquis Energy sarebbe irricevibile.

A.   Sulla ricevibilità della comparsa di risposta depositata dalla Marquis Energy

1. Argomentazione della Commissione

26.

A parere della Commissione, la comparsa di risposta depositata dalla Marquis Energy sarebbe stata firmata in modo elettronico da una persona il cui status di avvocato e la cui legittimazione non sarebbero stati prodotti. In assenza di rettifica, tali circostanze dovrebbero pertanto determinare la dichiarazione di irricevibilità della comparsa di risposta.

2. Valutazione

27.

L’argomento della Commissione dev’essere, a mio avviso, respinto, in quanto carente in punto di fatto.

28.

Ricordo che, ai sensi dell’articolo 119, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, applicabile alla comparsa di risposta nell’ambito dell’impugnazione in forza dell’articolo 173, paragrafo 2, di tale regolamento, gli avvocati sono tenuti a depositare in cancelleria un atto ufficiale oppure una procura rilasciata dalla parte che essi rappresentano.

29.

Inoltre, dall’articolo 44, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, risulta che, per beneficiare dei privilegi, immunità e agevolazioni menzionati nell’articolo 43 di detto regolamento, gli avvocati devono previamente comprovare il loro status mediante una procura rilasciata dalla parte che rappresentano, qualora quest’ultima sia una persona giuridica di diritto privato.

30.

Ne consegue che, per rappresentare validamente una persona giuridica di diritto privato dinanzi alla Corte, anche nel contesto di un’impugnazione, un avvocato deve disporre di un documento ufficiale o di una procura rilasciata da detta parte.

31.

Nella specie, indipendentemente dallo status della persona che ha depositato elettronicamente presso la cancelleria della Corte la comparsa di risposta della Marquis Energy utilizzando un conto che le consentiva di accedere all’applicazione informatica denominata «e‑Curia» ( 7 ), occorre rilevare che è la sig.ra Vander Schueren, il cui status di avvocato e la cui procura non sono stati messi in discussione dalla Commissione, ad avere firmato l’originale di detta comparsa di risposta.

32.

Di conseguenza, l’obiezione della Commissione è carente in punto di fatto. La comparsa di risposta depositata dalla Marquis Energy è dunque perfettamente ricevibile.

B.   Sul primo motivo dell’impugnazione, relativo alla violazione dell’articolo 263, quarto comma, TFUE e alla violazione dell’obbligo di motivazione

33.

In sostanza, tale motivo si articola su due capi. Con il primo capo del primo motivo, il Consiglio sostiene che il Tribunale, concludendo che la Marquis Energy era direttamente interessata dal regolamento controverso, avrebbe travisato l’interpretazione di tale requisito imposto dall’articolo 263, quarto comma, TFUE. Con il secondo capo, il Consiglio contesta al Tribunale di avere erroneamente interpretato il requisito dell’incidenza individuale, previsto dall’articolo 263, quarto comma, TFUE, senza spiegare né dimostrare i motivi per i quali la Marquis Energy possedesse qualità che la distinguevano da altri produttori americani di bioetanolo.

34.

Come ho già indicato, ritengo che il primo capo dedotto dal Consiglio debba essere accolto, il che deve rendere superfluo, alla luce del carattere cumulativo delle due condizioni di ricevibilità enunciate all’articolo 263, quarto comma, TFUE, l’esame del secondo capo.

1. Sintesi del ragionamento delle parti relativo al primo capo del primo motivo, inerente ad errori di diritto insiti nella conclusione secondo cui la Marquis Energy sarebbe stata direttamente interessata dal regolamento controverso

35.

Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, afferma che il Tribunale, dichiarando non che il regolamento controverso producesse direttamente effetti sulla situazione giuridica della Marquis Energy, bensì mettendo in evidenza, tutt’al più, un effetto indiretto sulla situazione economica della società, la quale non esporta i propri prodotti sul mercato dell’Unione, avrebbe violato il requisito di essere direttamente riguardati, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, come interpretato dalla Corte. Orbene, secondo le Istituzioni, la Corte avrebbe già respinto, segnatamente nella sentenza del 28 aprile 2015, T & L Sugars e Sidul Açúcares/Commissione (C‑456/13 P, EU:C:2015:284), la tesi secondo cui, al fine di soddisfare il requisito di essere direttamente riguardati, sarebbe sufficiente dimostrare che la misura controversa comporti conseguenze meramente economiche oppure uno svantaggio concorrenziale. Nella specie, gli errori di diritto commessi dal Tribunale risulterebbero, in particolare, dai punti 72, 73, 76, 78 e 79 della sentenza impugnata. La Commissione aggiunge che, nell’applicare la giurisprudenza relativa al requisito di essere direttamente interessati, il Tribunale, ai punti da 56 a 67 della sentenza impugnata, avrebbe erroneamente ritenuto sufficiente, al fine di dimostrare tale interesse diretto, che la Marquis Energy avesse fabbricato un prodotto che, in caso di esportazione da parte di un terzo nell’Unione, era soggetto ad un dazio antidumping. Tale impostazione equivocherebbe ciò che è diretto da ciò che è indiretto e ciò che giuridico da ciò che è economico. Secondo la Commissione, il tentativo della Marquis Energy, nelle proprie memorie dinanzi alla Corte, di confondere il contenuto fattuale della sentenza impugnata non modificherebbe affatto tale giudizio.

36.

La Marquis Energy replica, in primo luogo, che il Consiglio invita la Corte a procedere ad una nuova valutazione degli accertamenti di fatto compiuti dal Tribunale, il che non rientra nella competenza del giudice dell’impugnazione. Tali censure, concernenti le valutazioni in punto di fatto operate dal Tribunale ai punti 66 e 76 della sentenza impugnata, sarebbero pertanto irricevibili. In secondo luogo, la Marquis Energy ritiene che il fatto che considerevoli quantità di bioetanolo da essa prodotte siano state esportate nell’Unione e il fatto che la stessa sia stata identificata come produttore/esportatore nel regolamento controverso, fossero sufficienti affinché il Tribunale dichiarasse che essa era direttamente interessata dal regolamento de quo. Il Tribunale avrebbe correttamente rilevato che la Marquis Energy era un produttore americano di bioetanolo che esporta la sua produzione verso l’Unione e che, dal momento che i dazi antidumping hanno gravato tale produzione, essi hanno inciso sulla posizione giuridica di tale società. In ogni caso, nella misura in cui i produttori inclusi nel campione sapevano che le loro vendite erano destinate all’esportazione verso l’Unione e avevano dunque un prezzo all’esportazione, l’assenza di vendita diretta non sarebbe rilevante. Secondo la Marquis Energy, l’incidenza sarebbe altrettanto diretta nella situazione di un esportatore potenziale del prodotto in esame nell’Unione. Inoltre, la giurisprudenza della Corte richiamata dalle istituzioni a sostegno della loro tesi non sarebbe rilevante, in quanto essa non avrebbe ad oggetto il criterio di essere direttamente riguardati o atterrebbe a situazioni di fatto non paragonabili.

2. Valutazione

37.

Come correttamente ricordato dal Tribunale al punto 44 della sentenza impugnata, punto che è peraltro pacifico nella specie, la nozione di essere direttamente interessati ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, richiede la compresenza di due criteri cumulativi. Da un lato, l’atto controverso deve produrre effetti direttamente sulla situazione giuridica del soggetto che chiede l’annullamento. Dall’altro, tale atto non deve lasciare ai destinatari di tale misura, incaricati della sua applicazione, alcun potere discrezionale, avendo carattere meramente automatico e derivando dalla sola normativa dell’Unione, senza intervento di altre norme intermedie ( 8 ).

38.

Nella specie, soltanto l’applicazione del primo criterio, ossia gli effetti diretti del regolamento controverso sulla situazione giuridica della Marquis Energy, è oggetto delle censure formulate dal Consiglio e dalla Commissione nei confronti della sentenza impugnata.

39.

A tal riguardo, devono anzitutto essere respinte le affermazioni della Marquis Energy, secondo le quali il primo capo del primo motivo dell’impugnazione del Consiglio sarebbe inteso a rimettere in discussione dinanzi alla Corte i rilievi e le valutazioni in fatto operati dal Tribunale.

40.

Infatti, come illustrerò più dettagliatamente in prosieguo, il Consiglio sembra compiere una lettura del tutto corretta delle premesse in punto di fatto sulle quali il Tribunale ha fondato la conclusione del proprio ragionamento giuridico secondo cui la Marquis Energy sarebbe stata direttamente interessata dal regolamento controverso, conclusione che viene contestata dalle Istituzioni. Piuttosto, è, al contrario, la Marquis Energy che, in vari passi nelle proprie memorie, tenta di deformare i rilievi e le valutazioni in fatto operati dal Tribunale nella sentenza impugnata.

41.

Mi spiego.

42.

Le parti nella controversia dinanzi al Tribunale hanno dibattuto a lungo la questione se i cinque produttori americani di bioetanolo inclusi nel campione durante l’inchiesta, fra cui la Marquis Energy, esportassero la loro produzione di bioetanolo nell’Unione, ovvero se, al contrario, tali esportazioni fossero effettuate dagli operatori commerciali/miscelatori indipendenti.

43.

Come rammentato dal Tribunale al punto 57 della sentenza impugnata, il regolamento controverso precisava che, dal momento che nessuno dei cinque produttori inclusi nel campione ha esportato direttamente bioetanolo nel mercato dell’Unione, le loro vendite vengono effettuate nel mercato interno (americano) ad operatori commerciali/miscelatori indipendenti che hanno successivamente miscelato il bioetanolo con la benzina per rivenderlo nel mercato interno o esportarlo, in particolare verso l’Unione.

44.

Il Tribunale, in esito ad una serie di rilievi compiuti ai punti da 58 a 65 della sentenza impugnata, i quali non vengono rimessi in discussione nella presente impugnazione, ha tratto la conclusione, al successivo punto 66, che «è stato accertato in maniera sufficiente che i volumi estremamente considerevoli di bioetanolo acquistati durante il periodo di inchiesta dagli otto operatori commerciali/miscelatori indagati presso i cinque produttori americani di bioetanolo inclusi nel campione, fra cui [la Marquis Energy], sono stati in gran parte esportati verso l’Unione. (…)».

45.

Utilizzando una forma impersonale e indiretta, che compare peraltro già al precedente punto 60 [«(…) un volume significativo di bioetanolo proveniente [dalla Marquis Energy] era stato esportato in maniera regolare nell’Unione durante il periodo d’inchiesta»], il Tribunale non ha dichiarato, neanche implicitamente, e contrariamente a quanto sostenuto dalla Marquis Energy dinanzi alla Corte, che tale società esportasse direttamente la propria produzione nell’Unione.

46.

Infatti, dal punto 66 richiamato supra risulta necessariamente che il Tribunale ha riconosciuto che il bioetanolo prodotto dalla Marquis Energy era stato «acquistato» dagli operatori commerciali/miscelatori indipendenti indagati prima di essere esportato in gran parte verso l’Unione da questi ultimi. Come rilevato dalla Commissione, il Tribunale si è dunque limitato a rilevare che del bioetanolo prodotto dalla Marquis Energy era stato indirettamente acquistato sul mercato dell’Unione, vale a dire tramite gli operatori commerciali/miscelatori, dopo che essi l’avevano miscelato con la benzina.

47.

Nessun passo della sentenza impugnata suggerisce che il Tribunale avrebbe riconosciuto ai produttori americani di bioetanolo lo status di esportatore. La mancanza di riconoscimento di tale status risulta espressamente dal punto 72 della sentenza impugnata, in cui il Tribunale ha osservato che un produttore può risultare «sostanzialmente pregiudicato» dall’imposizione di dazi antidumping su prodotti importati nell’Unione, «anche se non ha la qualità di esportatore di detti prodotti». Essa è inoltre confermata dal successivo punto 73, secondo cui la Marquis Energy «produceva il bioetanolo allo stato puro nel periodo di inchiesta e che sono i suoi prodotti ad essere stati miscelati con la benzina e esportati verso l’Unione dagli operatori commerciali/miscelatori».

48.

Ne consegue che, contrariamente a quanto asserito dalla Marquis Energy, il Consiglio, come la Commissione, non invita affatto la Corte ad effettuare una nuova valutazione dei fatti. Tali istituzioni procedono, al contrario, ad una lettura fedele dei punti rilevanti della sentenza impugnata.

49.

Le censure del Consiglio, al pari di quelle della Commissione, si limitano a contestare la deduzione giuridica effettuata dal Tribunale, secondo la quale, in sostanza, l’istituzione dei dazi antidumping prevista con il regolamento controverso ha riguardato direttamente la situazione giuridica della Marquis Energy a causa del suo status di produttore americano di bioetanolo, una parte della cui produzione è stata esportata nell’Unione.

50.

Orbene, ritengo che tali censure siano fondate, in quanto i motivi dedotti dal Tribunale per concludere che il regolamento controverso riguardasse direttamente la situazione giuridica della Marquis Energy sono, a mio avviso, insufficienti ed erronei.

51.

Rammento, anzitutto che il Tribunale, al punto 67 della sentenza impugnata, ha desunto dalle valutazioni contenute ai precedenti punti da 60 a 66 che la Marquis Energy fosse direttamente interessata, ai sensi segnatamente della giurisprudenza menzionata al punto 44 della sentenza medesima, mentre, ai successivi punti da 69 a 79, ha respinto una ad una le obiezioni dedotte dal Consiglio e dalla Commissione avverso tale conclusione.

52.

I punti da 60 a 65 della sentenza impugnata si limitano a considerazioni relative alla destinazione, al volume e alle caratteristiche della produzione di bioetanolo dei produttori americani inclusi nel campione, fra cui la Marquis Energy. Come menzionato supra, al successivo punto 66, il Tribunale ha desunto da tali considerazioni che sarebbe stato accertato in maniera sufficiente che volumi estremamente considerevoli di bioetanolo acquistati dagli operatori commerciali/miscelatori indipendenti presso i produttori inclusi nel campione sarebbero stati in gran parte esportati verso l’Unione.

53.

Anche se tali valutazioni di ordine economico non sono inesatte e in ogni caso non vengono contestate dal Consiglio, esse sono tuttavia insufficienti a dimostrare, come rilevato sostanzialmente dal Tribunale al punto 67 della sentenza impugnata, che i dazi antidumping istituiti dal regolamento controverso riguardassero direttamente la situazione giuridica della Marquis Energy.

54.

Infatti, il rilievo secondo cui, prima dell’introduzione dei dazi antidumping, la produzione di bioetanolo dei produttori inclusi nel campione, fra cui la Marquis Energy, avrebbe raggiunto il mercato dell’Unione tramite gli operatori commerciali/miscelatori indipendenti, dopo essere stata miscelata con la benzina, non significa ancora che sia stato dimostrato che la situazione giuridica della Marquis Energy sia stata modificata dall’istituzione di tali dazi.

55.

Un’affermazione in tal senso fa supporre che qualsiasi produttore di un paese terzo, i cui prodotti raggiungano il mercato dell’Unione sia direttamente interessato, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, come interpretato dalla Corte, dall’istituzione di dazi antidumping che gravino su detti prodotti.

56.

Orbene, si deve rammentare che, secondo la giurisprudenza della Corte, i regolamenti che istituiscono un dazio antidumping hanno, per natura e per portata, carattere normativo, nella misura in cui si applicano alla generalità degli operatori economici, e che è dunque solo a causa di determinate circostanze particolari che le disposizioni di tali regolamenti possono riguardare direttamente (ed individualmente) quelli tra i produttori e gli esportatori del prodotto in parola ai quali vengano attribuite le pratiche di dumping sulla scorta dei dati della loro attività commerciale ( 9 ).

57.

La mera circostanza che un prodotto raggiunga il mercato dell’Unione, fosse anche con un volume significativo, non è sufficiente a ritenere che, una volta che tale prodotto venga colpito dall’istituzione di un dazio antidumping, il dazio stesso incida direttamente sulla situazione giuridica del suo produttore.

58.

Se così fosse, il carattere normativo dei regolamenti antidumping sarebbe privato di qualsiasi fondamento. In altri termini, ciascun produttore di un prodotto oggetto di un dazio antidumping verrebbe automaticamente considerato, per definizione, a causa della sua qualità oggettiva di produttore di detto prodotto, direttamente interessato dal regolamento che ha istituito tale dazio.

59.

Il fatto che tale produttore abbia partecipato all’inchiesta venendo incluso nel campione utilizzato nell’ambito del procedimento sfociato nell’adozione del regolamento controverso non modifica tale valutazione. Infatti, l’inclusione di un’impresa in un campione rappresentativo nell’ambito dell’inchiesta condotta dalla Commissione, può tutt’al più costituire un indizio del fatto che l’operatore sia individualmente interessato ( 10 ). Ciò non implica che tale produttore veda la propria situazione giuridica direttamente pregiudicata dall’istituzione di dazi antidumping definitivi in esito a tale inchiesta.

60.

La conclusione cui il Tribunale è prematuramente pervenuto al punto 67 della sentenza impugnata mi sembra tanto più censurabile in quanto, al contempo, il Tribunale non ha mai contraddetto l’affermazione contenuta nel regolamento controverso, e richiamata al punto 57 della sentenza impugnata, secondo la quale i produttori in questione avrebbero effettuato le loro vendite nel mercato interno (americano) agli operatori commerciali/miscelatori indipendenti ai fini sia della rivendita nel mercato interno americano da parte di questi ultimi, nonché sia dell’esportazione, né quella, parimenti richiamata al punto 65 della sentenza impugnata, secondo la quale non sarebbe stato possibile confrontare i valori normali con i prezzi all’esportazione corrispondenti, rilievi che avvalorano la tesi delle Istituzioni, secondo la quale la Marquis Energy avrebbe venduto la propria produzione sul mercato interno americano a detti operatori commerciali/miscelatori senza avere alcuna influenza né sulla destinazione né sulla determinazione dei prezzi delle vendite all’esportazione.

61.

Non persuadono neanche le valutazioni effettuate ai punti da 70 a 74 e da 76 a 79 della sentenza impugnata, sotto forma di rigetto degli argomenti esposti dal Consiglio e dalla Commissione sulla conclusione cui è pervenuto il Tribunale al precedente punto 67.

62.

In primo luogo, le considerazioni del Tribunale, svolte ai punti da 70 a 72 della sentenza stessa, secondo le quali, in sostanza, l’incidenza diretta nei confronti di un operatore in forza di un regolamento che impone dazi antidumping non dipenderebbe dal suo status di produttore o di esportatore, in quanto un produttore privo della qualità di esportatore dei prodotti esportati gravati da un dazio antidumping potrebbe risultare «sostanzialmente pregiudicato» dall’imposizione di un dazio di tal genere sul prodotto de quo, non rispondono, in definitiva, alla questione se la situazione giuridica della Marquis Energy fosse direttamente interessata per effetto dell’imposizione dei dazi antidumping da parte del regolamento controverso.

63.

Sono effettivamente incline a riconoscere che il mero status di produttore di un operatore non sia sufficiente ad escludere ipso jure la sussistenza del requisito che l’operatore stesso sia direttamente interessato, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE.

64.

Tuttavia, il Tribunale ha omesso di spiegare le ragioni per le quali un produttore di un paese terzo, che venda unicamente i propri prodotti nel mercato interno di detto paese ad altri operatori i quali, dopo avere aggiunto un’altra sostanza, rivendano direttamente il prodotto in tale mercato interno o lo esportino, possa vedere la sua situazione giuridica direttamente modificata dall’istituzione di dazi antidumping sul prodotto medesimo, applicabile nel mercato dell’Unione. A tal riguardo, il fatto che, al punto 72 della sentenza impugnata, il Tribunale abbia utilizzato la locuzione «sostanzialmente pregiudicato», la quale si riferisce al requisito di essere individualmente interessati e non a quello di essere direttamente interessati, sembra denotare non solo un’approssimazione di natura terminologica, bensì, molto più fondamentalmente, l’assenza di un esame vero e proprio dell’impatto dell’imposizione dei dazi antidumping sulla situazione giuridica dei produttori americani di bioetanolo inclusi nel campione, il quale è relativo al requisito degli effetti diretti ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, nonché dell’argomento delle istituzioni, secondo cui il regolamento controverso si limiterebbe ad esplicare effetti indiretti, di ordine economico, sulla situazione di tali produttori, fra cui la Marquis Energy.

65.

Considerazioni dello stesso tipo valgono per le valutazioni del Tribunale contenute ai punti da 76 a 78 della sentenza impugnata.

66.

In primo luogo, al punto 76, il quale merita di essere riprodotto integralmente, il Tribunale precisa che «(…) anche ammesso che gli operatori commerciali/miscelatori sopportino il dazio antidumping e che sia accertato che la catena commerciale del bioetanolo venga interrotta in modo tale che essi non siano in grado di ripercuotere il dazio antidumping sui produttori, occorre cionondimeno ricordare che l’istituzione di un dazio antidumping muta le condizioni, previste dalla legge, alle quali la commercializzazione del bioetanolo prodotto dai produttori inclusi nel campione avrà luogo sul mercato dell’Unione. Di conseguenza, la posizione legale dei produttori in questione sul mercato dell’Unione sarà, in ogni caso, pregiudicata direttamente e sostanzialmente». Inoltre, al successivo punto 77 a, il Tribunale ha parimenti respinto l’argomento, dedotto dalla Commissione, concernente l’effetto unicamente indiretto dell’imposizione dei dazi antidumping sulla situazione della Marquis Energy, rilevando che la Commissione è incorsa in errore nel «negare che un’impresa della catena commerciale diversa dall’esportatore il quale, secondo quanto è stato accertato, pratica il dumping possa opporsi a un dazio antidumping (…)».

67.

Detti punti della sentenza impugnata mi sembrano contenere due errori di diritto.

68.

Da un lato, il Tribunale omette di spiegare in qual modo un produttore di un paese terzo, come la Marquis Energy, il quale venda unicamente il proprio prodotto nel mercato interno di detto paese ad operatori indipendenti, i quali, secondo quanto accertato, praticano il dumping, possa essere direttamente pregiudicato nella sua posizione giuridica dall’imposizione di dazi antidumping gravanti sul prodotto esportato dagli operatori indipendenti stessi, sebbene questi non possano ripercuotere i dazi antidumping su tale produttore.

69.

In altri termini, se, nell’ipotesi esaminata dal Tribunale ai punti 76 e 77 della sentenza impugnata, è pur vero che gli operatori commerciali/miscelatori praticano il dumping e sopportano integralmente i dazi antidumping imposti dal regolamento controverso sul mercato dell’Unione, non vedo come l’applicazione di tali dazi possa riguardare direttamente la situazione giuridica dei produttori del prodotto in questione, i quali vendono il prodotto stesso esclusivamente sul mercato interno americano.

70.

È ben vero che, in un’ipotesi del genere, è possibile, come sostenuto dalla Commissione, che l’imposizione dei dazi antidumping si ripercuota sul volume delle vendite realizzate dai produttori di bioetanolo sul mercato interno americano presso operatori commerciali/miscelatori indipendenti; infatti, questi ultimi possono ridurre i loro acquisti destinati all’esportazione nell’Unione senza essere in grado di compensare tale riduzione con l’aumento dei loro approvvigionamenti destinati al mercato interno americano o a mercati d’esportazione diversi da quello dell’Unione. Tuttavia, tali conseguenze rivestono carattere economico e sono pertanto insufficienti, a mio avviso, a dimostrare che l’imposizione dei dazi antidumping modifichi direttamente la situazione giuridica dei produttori in questione sul mercato dell’Unione. In realtà, in tale fattispecie, e contrariamente a quanto indicato dal Tribunale al punto 76, secondo periodo, della sentenza impugnata, i produttori americani di bioetanolo non hanno una «posizione legale» sul mercato dell’Unione.

71.

Dall’altro, il Tribunale, perlomeno implicitamente, sembra dare importanza al fatto che i produttori in questione hanno partecipato all’inchiesta condotta dalla Commissione. Orbene, come già menzionato supra al paragrafo 64, una partecipazione di tal genere può essere rilevante, tutt’al più, nell’ambito della verifica della sussistenza del requisito che l’operatore sia individualmente interessato, ma non nel contesto dell’esame del requisito relativo al fatto di essere direttamente interessati, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE.

72.

In secondo luogo, neanche le valutazioni effettuate dal Tribunale al punto 78 della sentenza impugnata portano ad invalidare quanto appena detto e a dover dichiarare che il Tribunale avrebbe correttamente concluso che la Marquis Energy fosse direttamente interessata dal regolamento controverso.

73.

Da un lato, è errato asserire, a mio avviso, che «la struttura degli accordi contrattuali fra operatori commerciali all’interno della catena commerciale del bioetanolo non incide minimamente sulla questione se il regolamento [controverso] riguardi direttamente un produttore di bioetanolo» e che sostenere il contrario «equivarrebbe a ritenere che solo un produttore che vende direttamente il proprio prodotto all’importatore nell’Unione possa essere direttamente interessato (…), il che non risulta affatto dal regolamento di base».

74.

Infatti, la giurisprudenza della Corte, peraltro correttamente richiamata dal Tribunale ai punti 47 e 48 della sentenza impugnata, dimostra che le fattispecie in cui la Corte ha concluso per la ricevibilità dei ricorsi introdotti da operatori economici nei confronti di regolamenti che istituivano dazi antidumping si basavano, segnatamente, sulla considerazione delle peculiarità dei rapporti commerciali con altri operatori, segnatamente ai fini della costruzione del prezzo all’esportazione verso l’Unione.

75.

Non comprendo, dunque, per quale motivo le peculiarità della struttura degli accordi contrattuali fra i produttori americani di bioetanolo e gli operatori commerciali/miscelatori dovrebbero sottrarsi a tale logica, quand’anche tale considerazione comportasse la negazione degli effetti diretti nei confronti di detti produttori.

76.

D’altronde, non posso condividere l’affermazione, secondo cui tale conclusione equivarrebbe ad ammettere che un produttore sarebbe direttamente interessato soltanto qualora quest’ultimo venda direttamente la propria produzione sul mercato dell’Unione. Sono, infatti, prospettabili altre ipotesi, in funzione, appunto, degli accordi commerciali, come la vendita ad intermediari/esportatori legati al produttore de quo. In ogni caso, il fatto che, come rilevato dal Tribunale, il regolamento di base taccia in proposito, è irrilevante, in quanto le condizioni di ricevibilità di un ricorso di annullamento, come quello di specie, sono disciplinate dall’articolo 263, quarto comma, TFUE.

77.

Dall’altro, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale all’ultimo periodo del punto 78 della sentenza impugnata, l’approccio delle istituzioni, al quale aderisco, non ha l’«effetto di restringere la tutela giuridica dei produttori di prodotti gravati da dazi antidumping in funzione della mera struttura commerciale delle esportazioni».

78.

Tale approccio si fonda, come ho già detto, sull’esame dei requisiti relativi al fatto che tali produttori siano direttamente interessati, i quali sono disciplinati dall’articolo 263, quarto comma, TFUE.

79.

Inoltre, qualora dovesse rilevarsi, come suggerisco, che il Tribunale sia incorso in un errore di diritto nel dichiarare la Marquis Energy direttamente interessata dal regolamento controverso, ciò non significherebbe che tale produttore sia privato di tutela giuridica.

80.

Infatti, ad un operatore, il quale, secondo quanto accertato, non sia stato, senza dubbio alcuno, direttamente e individualmente interessato da un regolamento istitutivo di dazi antidumping, non può essere impedito – neanche, a mio avviso, nell’ambito di un intervento volontario – di eccepire l’invalidità del regolamento stesso dinanzi ad un giudice di uno Stato membro investito di una controversia vertente sui dazi dovuti all’amministrazione doganale o finanziaria competente ( 11 ).

81.

Pertanto, il Tribunale, concludendo che il regolamento controverso incideva direttamente sulla Marquis Energy, ha viziato, a mio avviso, la sentenza impugnata per vari errori di diritto.

82.

Di conseguenza, propongo alla Corte di accogliere il primo capo del primo motivo dell’impugnazione del Consiglio, e di annullare la sentenza impugnata.

83.

È solo in subordine, pertanto, che occorrerebbe esaminare i motivi riguardanti il merito dedotti dal Consiglio, sostenuto dalla Commissione, relativi all’erronea interpretazione e all’erronea applicazione dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base.

84.

Come già rilevato nelle mie osservazioni introduttive, poiché tali motivi sono identici a quelli esposti dal Consiglio nella causa C‑465/16 P, mi permetto di rinviare alle considerazioni dedicate al riguardo, in subordine, nelle mie conclusioni presentate in data odierna in detta causa.

V. Sul ricorso dinanzi al Tribunale

85.

Conformemente all’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, quest’ultima, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, può statuire definitivamente sulla controversia, qualora lo stato degli atti lo consenta, o rinviare la causa dinanzi al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo.

86.

Ritengo che la Corte sia in grado di statuire sulla ricevibilità del ricorso in primo grado, contestata dal Consiglio. A tal riguardo, è sufficiente rilevare, a mio avviso, che il ricorso della Marquis Energy è irricevibile, non avendo tale operatore dimostrato che i dazi antidumping istituiti dal regolamento controverso lo riguardassero direttamente, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE.

VI. Sulle spese

87.

Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è accolta e la controversia viene definitivamente decisa dalla Corte, quest’ultima statuisce sulle spese. L’articolo 138 del medesimo regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, di quest’ultimo, dispone al suo paragrafo 1, che la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Quanto all’articolo 140 di detto regolamento, esso prevede, al suo paragrafo 1, che le spese sostenute dalle istituzioni intervenute nella causa restano a loro carico e, al suo paragrafo 3, che la Corte può decidere che una parte interveniente, diversa da quelle indicate nei paragrafi precedenti, si faccia carico delle proprie spese.

88.

Atteso che il primo capo del primo motivo dell’impugnazione del Consiglio dev’essere, a mio avviso, accolto e che il ricorso in primo grado dev’essere respinto, propongo di condannare la Marquis Energy al pagamento delle spese sostenute dal Consiglio sia in primo grado sia nell’ambito dell’impugnazione, conformemente alla domanda di quest’ultimo.

89.

Inoltre, propongo che la Commissione sopporti le proprie spese sostenute sia in primo grado sia nell’ambito del presente procedimento.

VII. Conclusione

90.

Alla luce delle suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di dichiarare quanto segue:

1)

La sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 9 giugno 2016, Marquis Energy/Consiglio (T‑277/13, non pubblicata, EU:T:2016:343), è annullata.

2)

Il ricorso di primo grado è respinto in quanto irricevibile.

3)

La Marquis Energy è condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dal Consiglio dell’Unione europea.

4)

La Commissione europea sopporterà le proprie spese in entrambi i gradi di giudizio.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) GU 2013, L 49, pag. 10 (in prosieguo: il «regolamento controverso»).

( 3 ) GU 2009, L 343, pag. 51.

( 4 ) GU 1994, L 336, pag. 103.

( 5 ) GU 2011, C 345, pag. 7.

( 6 ) Diversamente dalla Marquis Energy, gli altri quattro produttorimenzionat suprai non hanno depositato un proprio ricorso di annullamento avverso il regolamento controverso, ma sono stati rappresentanti dinanzi al Tribunale dalle associazioni professionali Growth Energy e Renewable Fuels Association. Con la sentenza del 9 giugno 2016, Growth Energy e Renewable Fuels Association/Consiglio (T‑276/13, EU:T:2016:340), il Tribunale ha accolto il ricorso depositato da queste due associazioni. Tale sentenza è oggetto dell’impugnazione esaminata nelle mie conclusioni in data odierna nella causa C‑465/16 P (Consiglio/Growth Energy e Renewable Fuels Association).

( 7 ) In applicazione, segnatamente, della decisione della Corte di giustizia del 13 settembre 2011 relativa al deposito e alla notifica di atti di procedura mediante l’applicazione e‑Curia (GU 2011, C 289, pag. 7).

( 8 ) V., in tal senso, segnatamente, sentenza del 13 ottobre 2011, Deutsche Post e Germania/Commissione (C‑463/10 P e C‑475/10 P, EU:C:2011:656, punto 66) e ordinanza del 10 marzo 2016, SolarWorld/Commissione (C‑142/15 P, non pubblicata, EU:C:2016:163, punto 22 e la giurisprudenza ivi citata).

( 9 ) V., segnatamente, in tal senso, sentenze del 14 marzo 1990, Gestetner Holdings/Consiglio e Commissione (C‑156/87, EU:C:1990:116, punto 17) e del 16 aprile 2015, TMK Europe (C‑143/14, EU:C:2015:236, punto 19 e la giurisprudenza ivi citata).

( 10 ) V., in tal senso, sentenza del 28 febbraio 2002, BSC Footwear Supplies e a./Consiglio (T‑598/97, EU:T:2002:52, punto 61) e ordinanza del 7 marzo 2014, FESI/Consiglio (T‑134/10, non pubblicata, EU:T:2014:143, punto 58).

( 11 ) V. segnatamente, in tal senso, sentenza del 17 marzo 2016, Portmeirion Group (C‑232/14, EU:C:2016:180, punti da 23 a 32 e la giurisprudenza ivi citata). Si ricorda che, in tale contesto, la Corte è la sola competente a dichiarare l’invalidità di un atto dell’Unione, e che un giudice avverso le cui decisioni non sono esperibili ricorsi giurisdizionali di diritto interno deve sospendere la decisione e investire la Corte di un procedimento pregiudiziale per accertamento di validità, qualora tale giudice ritenga che uno o più motivi di invalidità dedotti dinanzi al medesimo siano fondati: v., segnatamente, in tal senso, sentenze del 10 gennaio 2006, IATA e ELFAA (C‑344/04, EU:C:2006:10, punti da 27 a 32) e del 28 aprile 2015, T & L Sugars e Sidul Açúcares/Commissione (C‑456/13 P, EU:C:2015:284, punti da 44 a 48).