CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
PAOLO MENGOZZI
presentate il 30 maggio 2018 ( 1 )
Causa C‑430/16 P
Bank Mellat
contro
Consiglio dell’Unione europea
«Impugnazione – Rafforzamento delle misure restrittive adottate nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran – Misure settoriali – Ricevibilità – Entrata in vigore del piano d’azione congiunto globale nel corso del procedimento dinanzi al Tribunale dell’Unione europea – Incidenza sull’interesse ad agire nel contesto dell’impugnazione – Incidenza sulla persistenza dell’interesse ad agire dinanzi al Tribunale – Non luogo a statuire – Articolo 275 TFUE – Competenza del Tribunale in materia di politica estera e di sicurezza comune (PESC) – Nozione di “misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche” – Articolo 263, quarto comma, TFUE – Nozione di “misure d’esecuzione” – Articolo 215 TFUE – Nozione di “necessità” – Principio di proporzionalità – Principi generali del diritto dell’Unione»
Indice
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I. Fatti |
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II. Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata |
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III. Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti |
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IV. Analisi giuridica |
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A. In via principale, sulla ricevibilità dell’impugnazione |
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1. Sintesi degli argomenti delle parti |
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2. Analisi |
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a) Sugli effetti del piano d’azione |
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b) Sulla valutazione in concreto dell’interesse ad agire della Bank Mellat |
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B. In subordine, sulla persistenza dell’interesse ad agire della Bank Mellat nel corso del procedimento dinanzi al Tribunale |
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C. In ulteriore subordine |
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1. Sui motivi d’impugnazione quarto e quinto, vertenti su errori di diritto in sede di valutazione delle condizioni di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE e in sede di valutazione della competenza del Tribunale |
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a) Sul quarto motivo, vertente su un errore di diritto in sede di valutazione delle condizioni di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE |
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1) Sentenza impugnata |
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2) Sintesi degli argomenti delle parti |
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3) Analisi |
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b) Sul quinto motivo, vertente su un errore di diritto in sede di valutazione della competenza del Tribunale |
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1) Sentenza impugnata |
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2) Argomenti delle parti e analisi |
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2. Sui motivi d’impugnazione attinenti al merito |
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a) Sul primo motivo, vertente su un errore in sede di interpretazione ed applicazione del requisito della necessità ai sensi dell’articolo 215, paragrafo 1, TFUE |
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b) Sul secondo motivo, vertente su un errore di diritto in sede di applicazione del principio di proporzionalità |
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c) Sul terzo motivo, vertente su un errore di diritto del Tribunale allorché ha dichiarato che il regime controverso era conforme ai principi generali del diritto |
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V. Sulle spese |
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VI. Conclusione |
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1. |
Con l’impugnazione in esame la Bank Mellat chiede che sia annullata la sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 2 giugno 2016, Bank Mellat/Consiglio ( 2 ) (in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale sono stati respinti il suo ricorso per annullamento dell’articolo 1, punto 15, del regolamento (UE) n. 1263/2012 del Consiglio, del 21 dicembre 2012, che modifica il regolamento (UE) n. 267/2012, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran ( 3 ), e la sua domanda che fosse dichiarato inapplicabile l’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635/PESC del Consiglio, del 15 ottobre 2012, che modifica la decisione 2010/413/PESC concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran ( 4 ). |
I. Fatti
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2. |
Dai punti 1 e seguenti della sentenza impugnata risulta che la ricorrente Bank Mellat è una banca commerciale iraniana. Nel contesto delle misure restrittive di natura individuale adottate per esercitare pressioni sulla Repubblica islamica dell’Iran affinché ponga fine alle attività nucleari che presentano un rischio di proliferazione e alla messa a punto di sistemi di lancio di armi nucleari (in prosieguo: la «proliferazione nucleare»), il nominativo della ricorrente è stato iscritto, per la prima volta, nell’elenco delle entità coinvolte nella proliferazione nucleare iraniana il 26 luglio 2010 ( 5 ). A seguito delle modifiche normative intervenute in un secondo tempo, il nominativo della ricorrente è stato nuovamente iscritto negli atti del 2010 e del 2012 ( 6 ). |
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3. |
In assenza di un serio impegno nei negoziati da parte della Repubblica islamica dell’Iran ( 7 ), il Consiglio dell’Unione europea ha ritenuto necessario adottare misure restrittive aggiuntive mediante la decisione 2012/635. L’articolo 1, punto 6, di detta decisione ha proceduto alla modifica dell’articolo 10 della decisione 2010/413. Il regolamento n. 1263/2012 è stato parimenti adottato in tale contesto e ha modificato il regolamento n. 267/2012. In particolare, l’articolo 1, punto 15, del regolamento n. 1263/2012 ha modificato l’articolo 30 del regolamento n. 267/2012 e vi ha aggiunto gli articoli 30 bis e 30 ter ( 8 ). Il regime controverso può essere descritto nel modo seguente. |
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4. |
In sostanza, l’articolo 30 del regolamento n. 267/2012 come modificato prevede restrizioni alle operazioni finanziarie fra gli enti finanziari e creditizi e gli uffici dei cambiavalute con sede in Iran, nonché le loro succursali e controllate, e gli enti finanziari e creditizi e gli uffici dei cambiavalute controllati da persone, entità o organismi con sede in Iran, da un lato, e gli enti finanziari dell’Unione europea, dall’altro. |
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5. |
Ai sensi del paragrafo 2 dello stesso articolo 30 come modificato, possono essere effettuati unicamente trasferimenti umanitari, trasferimenti relativi a rimesse personali, trasferimenti connessi a uno specifico contratto commerciale purché non vietati ai sensi del medesimo regolamento, trasferimenti riguardanti missioni diplomatiche o consolari o organizzazioni internazionali, trasferimenti riguardanti pagamenti destinati a soddisfare crediti di o nei confronti di una persona, un’entità o un organismo iraniani, o trasferimenti di natura analoga, nonché trasferimenti necessari per l’esecuzione degli obblighi derivanti da contratti di altro tipo. |
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6. |
Dall’articolo 30, paragrafi da 3 a 5, del regolamento n. 267/2012 come modificato risulta che i trasferimenti di fondi che possono essere autorizzati a norma del paragrafo 2 del medesimo articolo sono assoggettati, a seconda dei casi e del loro oggetto, nonché a partire da diverse soglie, ad un obbligo di notifica preliminare e ad un obbligo di autorizzazione preliminare da parte dell’autorità nazionale competente. |
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7. |
L’articolo 30 bis del regolamento n. 267/2012 come modificato prevede, segnatamente, talune restrizioni ai trasferimenti di fondi fra persone, entità o organismi iraniani, da un lato, e cittadini dell’Unione, dall’altro, non compresi nell’ambito di applicazione dell’articolo 30 del medesimo regolamento. |
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8. |
A termini del successivo articolo 30 ter, paragrafo 1, le restrizioni previste ai precitati articoli 30 e 30 bis non si applicano ove un’autorizzazione sia stata concessa a norma degli articoli da 24 a 28 bis del regolamento medesimo. |
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9. |
L’articolo 30 ter, paragrafo 3, del regolamento n. 267/2012 come modificato dispone che, ai fini dell’articolo 30, paragrafo 3, lettere b) e c), e dell’articolo 30 bis, paragrafo 1, lettera c), del medesimo regolamento, le autorità competenti concedano l’autorizzazione, alle condizioni che ritengono appropriate, tranne nel caso in cui abbiano fondati motivi per ritenere che il trasferimento di fondi per il quale è chiesta l’autorizzazione potrebbe violare uno dei divieti o obblighi di cui a detto regolamento. |
II. Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata
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10. |
Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 15 marzo 2013, la ricorrente ha proposto un ricorso volto all’annullamento dell’articolo 1, punto 15, del regolamento n. 1263/2012 e a una dichiarazione d’inapplicabilità nei suoi confronti dell’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635. |
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11. |
Prima di passare all’esame dei motivi attinenti al merito, il Tribunale ha verificato d’ufficio la propria competenza a statuire sulla domanda di dichiarazione d’inapplicabilità dell’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635, a proposito della quale la ricorrente aveva precisato che doveva essere interpretata come un’eccezione di illegittimità ai sensi dell’articolo 277 TFUE. Il Tribunale ha concluso nel senso della propria incompetenza al riguardo ( 9 ). Esso, invece, si è riconosciuto competente a statuire sui capi della domanda relativi al regolamento n. 1263/2012 ( 10 ). |
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12. |
A proposito di questi ultimi, il Tribunale ha poi verificato che le condizioni sancite all’articolo 263 TFUE fossero effettivamente rispettate nel caso di specie ( 11 ). Dell’insieme delle disposizioni che l’articolo 1, punto 15, del regolamento n. 1263/2012 ha modificato o introdotto nel regolamento n. 267/2012, il Tribunale ha dichiarato che soltanto i paragrafi 1, 3, lettere da a) a c), e 5 dell’articolo 30 del regolamento n. 267/2012 come modificato erano contenuti in un atto regolamentare, riguardavano direttamente la ricorrente e non comportavano misure d’esecuzione. Il Tribunale ha respinto come irricevibile il ricorso quanto al resto. |
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13. |
Il Tribunale ha infine verificato la sussistenza dell’interesse ad agire della ricorrente alla data di presentazione del ricorso ( 12 ). Benché quest’ultima fosse altresì oggetto di misure restrittive individuali rispetto alle quali, secondo il Consiglio, l’articolo 1, punto 15, del regolamento n. 1263/2012 non produceva effetti giuridici aggiuntivi, il Tribunale ha dichiarato che la ricorrente, dopo l’annullamento di dette misure restrittive individuali in seguito al rigetto da parte della Corte dell’impugnazione nella causa Consiglio/Bank Mellat ( 13 ), era stata assoggettata agli effetti prodotti dall’articolo 1, punto 15, del regolamento n. 1263/2012 e ha constatato che aveva un interesse ad agire al fine di contestarne la legittimità al suo cospetto entro i limiti precedentemente descritti. |
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14. |
Passando all’esame nel merito del ricorso della ricorrente, il Tribunale si è pronunciato sui quattro motivi dedotti. Il primo atteneva all’assenza di fondamento normativo del regime controverso alla luce dell’articolo 215 TFUE per difetto di nesso logico con l’obiettivo della politica estera e di sicurezza comune (PESC) asseritamente perseguito. Il secondo verteva sul fatto che il regime controverso era privo di fondamento normativo alla luce dell’articolo 215 TFUE in quanto sproporzionato rispetto all’obiettivo della PESC perseguito. Il terzo motivo atteneva al contrasto del regime controverso con i principi generali del diritto dell’Unione, nonché con l’articolo 215, paragrafo 3, TFUE, in particolare con i principi di proporzionalità e di certezza del diritto, il divieto di arbitrarietà e il principio di parità di trattamento, l’obbligo di motivazione e la condizione che le sanzioni contengano le necessarie garanzie giuridiche. Il quarto motivo riguardava la violazione dei diritti di proprietà della ricorrente, del suo diritto di esercitare attività economiche, del diritto alla libera circolazione dei capitali nonché del principio di proporzionalità. |
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15. |
Poiché nessuno dei motivi attinenti al merito ha trovato accoglimento, il Tribunale ha respinto il ricorso. |
III. Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti
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16. |
Il 2 agosto 2016 la Bank Mellat ha proposto impugnazione avverso la sentenza impugnata. Nelle proprie conclusioni essa chiede che la Corte voglia annullare la sentenza impugnata; annullare l’articolo 1, punto 15, del regolamento n. 1263/2012 nella sua interezza oppure nella parte in cui la riguarda; dichiarare che l’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635 è inapplicabile nei suoi confronti e condannare il Consiglio a sopportare le spese del giudizio d’impugnazione e quelle del procedimento dinanzi al Tribunale. |
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17. |
Nella sua comparsa di risposta, il Consiglio chiede che la Corte voglia respingere l’impugnazione e condannare la Bank Mellat alle spese. La Commissione europea e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord ( 14 ), parti intervenienti a sostegno del Consiglio nel procedimento dinanzi al Tribunale, concludono parimenti in tal senso. |
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18. |
La ricorrente, il Consiglio, il Regno Unito e la Commissione sono stati sentiti all’udienza tenutasi dinanzi alla Corte il 10 gennaio 2018. |
IV. Analisi giuridica
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19. |
A sostegno della propria impugnazione la ricorrente deduce cinque motivi. Il primo verte su un errore di diritto in sede di interpretazione ed applicazione del requisito della necessità ai sensi dell’articolo 215 TFUE. Il secondo motivo si fonda su un errore di diritto in quanto il Tribunale avrebbe erroneamente constatato che il regime controverso era proporzionato. Il terzo motivo attiene a un errore di diritto per aver il Tribunale dichiarato che il regime controverso era conforme ai principi generali del diritto dell’Unione. Il quarto motivo verte su un errore di diritto in sede di interpretazione dell’articolo 263, quarto comma, TFUE per il fatto che il Tribunale non avrebbe verificato in maniera globale se l’articolo 1, punto 15, del regolamento n. 1263/2012 soddisfacesse le condizioni di cui a detto articolo 263, procedendo piuttosto a un esame individuale di ciascuno degli elementi del regime controverso che esso contribuiva ad attuare. Il quinto motivo verte su un errore di diritto in sede di valutazione della propria competenza per il fatto che il Tribunale ha ritenuto di non essere competente a statuire sulle censure formulate avverso l’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635. |
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20. |
Per parte sua, il Consiglio sostiene che la Bank Mellat non ha interesse all’esito dell’impugnazione giacché il regime controverso sarebbe stato «soppresso» dal 16 gennaio 2016; in tale contesto, l’impugnazione dovrebbe dunque essere dichiarata irricevibile. |
A. In via principale, sulla ricevibilità dell’impugnazione
1. Sintesi degli argomenti delle parti
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21. |
Il Consiglio contesta la ricevibilità dell’impugnazione e deduce la carenza di interesse all’esito della controversia in capo alla Bank Mellat in ragione della «soppressione» o della «revoca» delle misure contestate che, pertanto, non sarebbero più «applicabili» nei confronti della ricorrente dal 16 gennaio 2016 in forza del piano d’azione congiunto globale (in prosieguo: il «piano d’azione») ( 15 ) concluso con la Repubblica islamica dell’Iran. Richiamando la sentenza Abdulrahim/Consiglio e Commissione (in prosieguo: la «sentenza Abdulrahim») ( 16 ) – di cui dubita, tuttavia, possa trovare applicazione nel contesto di misure restrittive non individuali –, il Consiglio sostiene che la Bank Mellat non potrebbe trarre alcun beneficio dall’impugnazione in esame, considerato, in particolare, il carattere generale del regime controverso. Non ci si dovrebbe attendere alcuna modifica nel comportamento del Consiglio. Riguardo a un eventuale ricorso per responsabilità extracontrattuale dell’Unione, anche se la Corte dovesse annullare la sentenza del Tribunale, il fatto stesso che quest’ultimo abbia concluso per la legittimità del regime generale impedirebbe che sia soddisfatta la condizione di una violazione sufficientemente qualificata del diritto dell’Unione. Peraltro, la Bank Mellat non potrebbe far valere alcun pregiudizio per la sua reputazione, appunto a causa del carattere generale del regime contestato, della circostanza che non è stata affermata una partecipazione personale della ricorrente all’attività contrastata e del parallelo assoggettamento della Bank Mellat alle più severe misure restrittive individuali. |
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22. |
La Commissione, in sostanza, esprime i propri dubbi in ordine alla sussistenza di un interesse della Bank Mellat a proporre la presente impugnazione e sottolinea che le misure restrittive individuali alle quali la medesima è stata assoggettata fino alla sentenza della Corte nella causa Consiglio/Bank Mellat ( 17 ) sarebbero state ancora più severe nei suoi confronti, cosicché l’annullamento del regime generale di cui trattasi nel contesto dell’impugnazione in esame sarebbe, in ogni caso, privo di incidenza sulla Bank Mellat. Quest’ultima, del resto, avrebbe ammesso l’assenza di effetti reali del regime generale contestato sulla propria situazione. L’annullamento definitivo delle misure restrittive individuali di cui era oggetto nonché la revoca del regime generale avrebbero comportato che venissero meno tutti gli effetti giuridici eventualmente prodotti nei confronti della Bank Mellat. |
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23. |
La Bank Mellat, per parte sua, individua quattro distinti benefici che potrebbe ancora ricavare dall’annullamento del regime generale a dispetto della circostanza che quest’ultimo sarebbe stato revocato a decorrere dal 16 gennaio 2016. Basandosi sulla sentenza Abdulrahim ( 18 ), essa sostiene, in primo luogo, che detto annullamento consentirebbe di impedire al Consiglio di attuare nuovamente o di adottare atti analoghi in futuro, tanto più che la soppressione del regime generale sarebbe soltanto provvisoria. In secondo luogo, l’annullamento consentirebbe alla Bank Mellat di preservare le proprie possibilità di presentare successivamente una domanda di risarcimento. In terzo luogo, l’abrogazione o la scadenza del regime generale non toglierebbero l’interesse della Bank Mellat a una constatazione di illegittimità per il fatto che gli effetti di una tale abrogazione o di una tale scadenza non si confonderebbero con quelli di un annullamento ( 19 ). In quarto luogo, il regime generale ha prodotto effetti negativi sulla reputazione della ricorrente a causa del legame instaurato dal Consiglio nel regime generale tra le banche e la proliferazione nucleare ( 20 ), tale che l’annullamento di detto regime costituirebbe una forma di riparazione non compensativa ai sensi della sentenza Abdulrahim ( 21 ). Inoltre, il valore della sentenza di conferma dell’annullamento delle misure restrittive individuali sarebbe fortemente pregiudicato dall’esistenza del regime generale. La Bank Mellat adduce poi che nessuna giurisprudenza confermerebbe la posizione della Commissione secondo cui l’interesse a contestare la legittimità del regime generale verrebbe meno a causa della contemporanea esistenza di un regime di misure restrittive individuali asseritamente più severe. |
2. Analisi
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24. |
Secondo la giurisprudenza, l’interesse ad agire presuppone che l’annullamento dell’atto impugnato possa produrre di per sé conseguenze giuridiche e che il ricorso possa pertanto, con il suo esito, procurare un beneficio alla parte che lo ha proposto ( 22 ). Ne consegue che, affinché il suo ricorso possa essere considerato ricevibile, non solo il ricorrente deve trovarsi in una situazione peculiare rispetto all’atto di cui intende contestare la legittimità, ma altresì l’annullamento dell’atto stesso deve produrre effetti positivi sulla sua situazione giuridica. L’interesse di cui deve disporre il ricorrente può caratterizzarsi tanto in termini economici quanto in termini di interesse o di tutela di tipo giuridico ( 23 ). È tale esigenza o necessità che giustifica la possibilità di adire il giudice dell’Unione. Qualora il ricorrente non possa trarre alcun beneficio dall’eventuale accoglimento del proprio ricorso, l’adizione del giudice non può essere giustificata. |
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25. |
L’interesse ad agire, condizione essenziale e preliminare di qualsiasi ricorso ( 24 ), deve sussistere, alla luce dell’oggetto di quest’ultimo, al momento della sua presentazione a pena di irricevibilità ( 25 ) e, in tale data, dev’essere reale ed effettivo ( 26 ). Esso deve, inoltre, perdurare fino alla pronuncia della decisione del giudice, pena il non luogo a statuire, il che presuppone che il ricorso possa, con il suo esito, procurare un beneficio alla parte che l’ha proposto ( 27 ). La situazione non è diversa nel contesto di un’impugnazione ( 28 ). |
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26. |
La valutazione dell’interesse ad agire della Bank Mellat al momento della presentazione dell’impugnazione in esame impone, in primo luogo, di valutare gli effetti reali del piano d’azione sugli atti controversi, fermo restando tuttavia che, in ogni caso, la Corte ha già riconosciuto che l’interesse ad agire di un ricorrente non viene necessariamente meno solo perché l’atto da questi impugnato abbia cessato di produrre effetti nel corso del procedimento ( 29 ). |
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27. |
Le discussioni fra le parti si sono concentrate sulla questione se la Bank Mellat potesse invocare utilmente gli insegnamenti della sentenza Abdulrahim ( 30 ) nella misura in cui, come sottolineava il Consiglio, tale sentenza è stata pronunciata allorché misure restrittive individuali erano state abrogate nelle more del procedimento dinanzi al Tribunale. I fatti all’origine della presente impugnazione si distinguono da quelli della causa che ha dato luogo a detta sentenza per due ragioni. Anzitutto, il regime controverso è un regime generale e non una misura restrittiva che colpisce individualmente, menzionandola negli elenchi delle entità i cui beni devono essere sottoposti a congelamento, la Bank Mellat. Poi, mentre la sentenza Abdulrahim ( 31 ) precisava le condizioni alle quali l’interesse ad agire del ricorrente può perdurare durante il procedimento dinanzi al Tribunale nonostante l’abrogazione degli atti impugnati, nella presente sede si tratterebbe di decidere sull’interesse ad agire della Bank Mellat al momento della presentazione dell’impugnazione. |
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28. |
Non ritengo che l’interesse ad agire debba essere analizzato in maniera differente a seconda che l’atto controverso costituisca una misura restrittiva individuale o promani da un regime più generale di misure restrittive, come nel caso del regime controverso. A mio avviso, conta soltanto il concetto che la parte ricorrente possa trarre un beneficio dalla propria azione. Tale concetto di beneficio mi ha indotto inoltre a ritenere che la sussistenza di un interesse ad agire alla data di presentazione dell’impugnazione non debba necessariamente essere giudicata con maggiore rigore rispetto a una situazione in cui detto interesse venga meno nelle more del procedimento dinanzi al Tribunale. In altre parole, la Corte non dovrebbe limitarsi alla mera constatazione dell’abrogazione dell’atto prima della presentazione dell’impugnazione per rilevare una carenza di interesse ad agire, ma dovrebbe verificare se la ricorrente possa ancora trarre un beneficio dal proprio ricorso dinanzi alla Corte a dispetto di ciò che potrebbe talora somigliare a una confisca dell’oggetto del contendere da parte dell’istituzione autrice dell’atto controverso. |
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29. |
Ciò precisato, occorre ora determinare quali siano gli effetti del piano d’azione del 2016 sul regime controverso prima di verificare se la Bank Mellat possa ancora affermare di trarre un qualsivoglia beneficio dall’impugnazione in esame. |
a) Sugli effetti del piano d’azione
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30. |
La situazione della Bank Mellat rispetto alle misure restrittive di cui è oggetto è la seguente: le misure restrittive individuali sono state annullate definitivamente dal momento che la Corte ha respinto l’impugnazione presentata dal Consiglio che ha dato luogo alla sentenza del 18 febbraio 2016, Consiglio/Bank Mellat ( 32 ), e, in ogni caso, esse non riguardavano più la ricorrente dal 16 gennaio 2016 in forza del piano d’azione. Riguardo al regime generale la cui legittimità la ricorrente intende qui contestare, anch’esso ha cessato di essere applicato alla Bank Mellat dal 16 gennaio 2016. Orbene, l’impugnazione è stata presentata il 2 agosto 2016. Tuttavia, come affermato supra, non ritengo che l’analisi relativa all’interesse ad agire debba fermarsi a tale fase del ragionamento. |
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31. |
Il piano d’azione ha consentito una certa distensione nei rapporti tra la Repubblica islamica dell’Iran e la comunità internazionale, che si è tradotta, a livello dell’Unione, nell’impegno di «revocare tutte le sanzioni» ( 33 ) e «tutte le misure restrittive economiche e finanziarie» ( 34 ), nonché di «cessare l’applicazione di tutte le sanzioni economiche e finanziarie (…) relative al nucleare» ( 35 ). L’articolo 1, punto 17, della decisione 2015/1863 ha stabilito la sospensione delle misure da esso elencate. Per quanto attiene all’articolo 1, punto 15, del regolamento 2015/1861, esso ha esplicitamente condotto alla soppressione degli articoli 30, 30 bis, 30 ter, 31 e da 33 a 35 del regolamento n. 267/2012 come modificato. In altre parole, il regime generale di cui la Bank Mellat perseguiva l’annullamento dinanzi al Tribunale sarebbe stato così soppresso. Ai sensi dell’articolo 1 della decisione 2016/37, la decisione 2015/1863 e, conseguentemente ( 36 ), il regolamento 2015/1861 sono stati applicati a decorrere dal 16 gennaio 2016, data di entrata in vigore della sospensione e della soppressione delle misure di cui trattasi. |
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32. |
Se è vero che negli atti che danno attuazione al piano d’azione è stabilito di revocare o di porre fine alle sanzioni e alle misure restrittive economiche e finanziarie, la provvisorietà di una tale decisione risulta chiaramente dai medesimi atti, dato che «[l]’impegno di revocare tutte le sanzioni dell’Unione relative al nucleare conformemente al PACG lascia impregiudicat[a] (…) la reintroduzione di sanzioni dell’Unione in caso di significativa inadempienza da parte dell’Iran degli impegni assunti nel quadro del PACG» ( 37 ). |
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33. |
Nondimeno, in un simile contesto, non credo che l’interesse ad agire della ricorrente debba essere distinto da quello di qualsiasi altro ricorrente che persegua l’annullamento di un atto abrogato nel corso del procedimento. Le misure controverse potrebbero effettivamente essere «riattivate» dal Consiglio in caso di deterioramento dei rapporti con la Repubblica islamica dell’Iran: tuttavia, tale riattivazione dovrebbe dare luogo, a mio avviso, all’adozione di almeno un nuovo atto che allora la ricorrente potrebbe, in linea di principio, impugnare. |
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34. |
Pertanto, da un lato, il semplice fatto che la soppressione del regime generale sia soltanto provvisoria non è di per sé sufficiente a fondare l’interesse ad agire della Bank Mellat nel contesto dell’impugnazione in esame. D’altro lato, la cessazione degli effetti giuridici prodotti dal regime controverso non fa necessariamente venir meno l’interesse ad agire della Bank Mellat ( 38 ). |
b) Sulla valutazione in concreto dell’interesse ad agire della Bank Mellat
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35. |
Dalla giurisprudenza della Corte risulta tuttavia che la persistenza dell’interesse ad agire di un ricorrente dev’essere valutata in concreto, alla luce, in particolare, delle conseguenze dell’illegittimità lamentata e della natura del pregiudizio asseritamente subito ( 39 ). La Corte ha identificato varie ipotesi nelle quali il ricorrente può conservare un interesse a chiedere l’annullamento di un atto. Così, detto ricorrente può conservare un tale interesse per ottenere il ripristino della propria situazione, per indurre l’autore dell’atto impugnato ad apportare, in futuro, le modifiche appropriate ed evitare così il rischio di ripetizione dell’illegittimità che asseritamente inficia l’atto o ancora quale fondamento per un eventuale ricorso per responsabilità ( 40 ). |
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36. |
Si tratta dunque di stabilire ora molto concretamente se la Bank Mellat possa ancora avvalersi, come sostiene, di uno di tali benefici che la sua impugnazione dovrebbe essere atta a procurarle. |
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37. |
In primo luogo, supponendo che gli effetti del piano d’azione sul regime controverso siano assimilabili a quelli di un’abrogazione, la Corte ha sempre chiaramente enunciato che quest’ultima non equivale al riconoscimento dell’illegittimità dell’atto di cui trattasi e produce un effetto ex nunc, mentre una sentenza di annullamento, in quanto tale, rimuove retroattivamente dall’ordinamento giuridico detto atto che, pertanto, si considera come mai esistito ( 41 ). In questa sede, l’interesse ad agire della Bank Mellat si scontra con l’assenza di impatto del regime controverso sulla sua situazione per il fatto che detto regime è venuto a sovrapporsi a misure restrittive individuali preesistenti. Da un punto di vista cronologico, infatti, la Bank Mellat è stata iscritta negli elenchi il 26 luglio 2010 ( 42 ) e tale iscrizione è stata definitivamente annullata il 18 febbraio 2016, sebbene essa non fosse più produttiva di effetti dal 16 gennaio 2016. |
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38. |
Gli atti di cui la Bank Mellat tentava di far constatare l’illegittimità nel contesto della sentenza impugnata coprono, per parte loro, un periodo compreso tra il 2012 e il 16 gennaio 2016. |
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39. |
Mentre le misure restrittive individuali hanno proceduto al congelamento dei fondi della ricorrente, il regime generale si limitava a circoscrivere i trasferimenti di fondi tra le banche e gli istituti finanziari dell’Unione e iraniani sottoponendoli, per la maggior parte, a un regime di notifica o di autorizzazione preliminari. Orbene, quale entità oggetto delle misure restrittive individuali, la Bank Mellat, in ogni caso, non poteva pretendere alcun trasferimento organizzato alle condizioni descritte dagli atti controversi, in quanto le deroghe alle restrizioni previste dalle misure individuali erano disciplinate dagli atti che definivano e attuavano dette misure. Pertanto, le notevoli conseguenze negative subite dalla Bank Mellat sono dovute all’irrogazione nei suoi confronti delle misure restrittive individuali illegittime, non già al regime generale che, secondo la mia analisi, non ha modificato la situazione giuridica della ricorrente per via della sua sovrapposizione cronologica alle misure restrittive individuali. La stessa Bank Mellat sembra riconoscerlo allorché ammette che «non era in grado di produrre un elemento di prova circa gli effetti concreti dell’embargo finanziario in quanto (…) tale misura non aveva di fatto il benché minimo effetto in ragione dell’esistenza della designazione illegittima» ( 43 ). |
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40. |
In secondo luogo, in tali particolari circostanze è altresì difficile fondare la persistenza dell’interesse ad agire della Bank Mellat sulla possibile riabilitazione o riparazione del danno subito che potrebbe costituire il riconoscimento dell’illegittimità del regime generale ( 44 ) per due ragioni essenziali. |
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41. |
Da un lato, contrariamente a quanto sostiene la Bank Mellat, detto regime non ha gettato discredito sulla banca in quanto l’assoggettamento ad esso non costituisce la sanzione di un comportamento personale specificamente identificato della Bank Mellat o di una sospetta partecipazione alla proliferazione nucleare. Sono piuttosto propenso a ritenere, di concerto con il Consiglio e in linea con quanto dichiarato dal Tribunale ( 45 ), che il regime controverso sia predisposto per prevenire l’utilizzazione dei capitali, trasferiti con l’intermediazione di banche quali la ricorrente, che possa contribuire alla proliferazione nucleare anche all’insaputa di dette banche. Non penso dunque che il regime controverso abbia potuto arrecare di per sé un qualsivoglia pregiudizio alla reputazione della Bank Mellat paragonabile a quello di cui si trattava nella causa Abdulrahim ( 46 ) e a proposito del quale era imperativo che potesse, eventualmente, dare luogo a riparazione. |
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42. |
D’altro lato, in ogni caso, la constatazione testé svolta circa l’assenza di effetti del regime generale nei confronti della ricorrente impedisce di individuare quale pregiudizio mai abbia leso la reputazione della banca. |
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43. |
In terzo luogo, sempre in forza delle precedenti considerazioni, non ritengo che la Corte possa dichiarare che l’interesse ad agire della Bank Mellat sussiste per il fatto che la constatazione dell’illegittimità del regime generale potrebbe fondare un eventuale ricorso per responsabilità. Sebbene io non possa condividere l’argomento del Consiglio secondo il quale la sola esistenza della sentenza impugnata con cui il Tribunale ha respinto il ricorso proposto dalla ricorrente contro gli atti controversi sarebbe sufficiente per constatare che la condizione, necessaria per far sorgere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione, relativa all’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata del diritto dell’Unione sarebbe, in ogni caso, qui assente, si deve tuttavia rilevare che, in mancanza di effetti giuridici prodotti dagli atti controversi nei confronti della ricorrente, la possibilità che un eventuale ricorso per responsabilità trovi accoglimento non può costituire un «beneficio» ricavabile dalla banca ai sensi della giurisprudenza della Corte relativa all’interesse ad agire. |
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44. |
In quarto luogo resta l’ultima ipotesi, ossia quella in cui la persistenza dell’interesse ad agire della Bank Mellat dovrebbe essere constatata al fine di indurre il Consiglio ad apportare le modifiche appropriate ed evitare così il rischio di ripetizione dell’illegittimità che asseritamente inficia gli atti controversi ( 47 ). Tale ipotesi sancita dalla Corte sconta, a mio avviso, una formulazione troppo ampia. Infatti, qualsiasi parte ha obiettivamente interesse a che un’illegittimità non si ripeta e tale mancata ripetizione costituisce un beneficio da trarre che potrebbe essere presente in qualsivoglia configurazione. Orbene, interpretare in maniera così ampia tale ipotesi condurrebbe, alla fine, la Corte a non attribuire più alcun effetto procedurale al venir meno dell’oggetto della controversia. È la ragione per cui si dovrebbe pretendere che il ricorrente dimostri con precisione il rischio di ripetizione della dedotta illegittimità. A mio avviso, il fatto che la Bank Mellat non sia stata colpita nei propri diritti dall’attuazione del regime controverso fa venir meno la condizione relativa all’esistenza di un rischio di ripetizione. Vero è che, considerata la provvisorietà della soppressione delle misure restrittive contro la Repubblica islamica dell’Iran, sussiste il rischio che tali misure siano nuovamente adottate, come sostiene la ricorrente. Tuttavia, nell’ipotesi di una riattivazione di dette misure, la Bank Mellat ne subirebbe allora le conseguenze concrete soltanto per la prima volta. |
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45. |
Per l’insieme di tali ragioni concludo, in via principale, che dev’essere constatata l’assenza d’interesse della ricorrente a proporre l’impugnazione e che quest’ultima dev’essere respinta in quanto irricevibile. Ciò premesso, le considerazioni che seguono saranno svolte soltanto in via subordinata e saranno necessariamente più succinte. |
B. In subordine, sulla persistenza dell’interesse ad agire della Bank Mellat nel corso del procedimento dinanzi al Tribunale
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46. |
Se è vero che ho appena constatato l’assenza d’interesse ad agire della Bank Mellat nel contesto dell’impugnazione in esame, tuttavia la questione della persistenza dell’interesse ad agire della Bank Mellat nel contesto del ricorso di annullamento proposto dinanzi al Tribunale potrebbe porsi in via preliminare qualora la Corte non dovesse condividere la mia posizione. |
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47. |
Ricordo, al riguardo, che è sorprendente che, sebbene la sentenza del Tribunale sia datata 2 giugno 2016, menzioni la sentenza della Corte del 18 febbraio 2016 che conferma l’annullamento delle misure restrittive individuali aventi ad oggetto la ricorrente ( 48 ) e contenga specifiche considerazioni sulla sussistenza di un interesse ad agire in capo alla ricorrente alla data di presentazione del ricorso ( 49 ), il Tribunale non abbia fatto alcun riferimento al piano d’azione i cui effetti si sono interamente prodotti fin dal 16 gennaio 2016. |
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48. |
L’omessa considerazione degli effetti di tale piano aggiunta all’affermazione secondo la quale la ricorrente era stata effettivamente assoggettata al regime controverso di pieno diritto a decorrere dal 18 febbraio 2016 ( 50 ) vizia il ragionamento del Tribunale relativo all’interesse ad agire della ricorrente di cui il Tribunale doveva verificare, all’occorrenza d’ufficio, non soltanto l’esistenza al momento della presentazione del ricorso, ma altresì la persistenza per tutto l’arco del procedimento. |
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49. |
In proposito, soltanto in risposta a un quesito a risposta orale posto dalla Corte le parti hanno infine preso posizione sull’omessa considerazione, da parte del Tribunale, degli effetti del piano d’azione sull’interesse ad agire della Bank Mellat nel contesto del procedimento dinanzi al Tribunale. In sostanza, sebbene esse considerino unanimemente che il Tribunale non abbia, appunto, preso in considerazione detti effetti o dubitino di una tale presa in considerazione, la Bank Mellat è la sola a sostenere che, in applicazione dei principi elaborati dalla Corte nella sentenza Abdulrahim ( 51 ), il Tribunale, in ogni caso, avrebbe dovuto rilevare la persistenza del suo interesse ad agire dinanzi ad esso in ragione dei benefici che poteva ancora trarre dal suo ricorso. Secondo la Bank Mellat, l’annullamento ex tunc delle misure restrittive individuali avrebbe avuto la conseguenza di assoggettarla al regime generale dalla sua entrata in vigore. |
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50. |
Orbene, lo stesso ragionamento svolto relativamente alla valutazione dell’interesse ad agire della Bank Mellat alla data della presentazione dell’impugnazione mi porta a constatare la scomparsa di tale interesse dinanzi al Tribunale nel corso del procedimento, dal momento che, per l’effetto congiunto del piano d’azione e della sovrapposizione cronologica tra il regime individuale e il regime generale, l’assenza di effetto reale del regime controverso sulla situazione giuridica della ricorrente impedisce di immaginare quale beneficio mai la Bank Mellat avrebbe potuto trarre dalla propria azione dinanzi al Tribunale. |
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51. |
Così, la sentenza impugnata è viziata da un nuovo errore di diritto, al punto 77, in quanto il Tribunale ha erroneamente concluso che «la dichiarazione, nella specie, dell’assenza di interesse ad agire della ricorrente avverso l’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato, comporterebbe una violazione del proprio diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, dal momento che, dopo l’estinzione definitiva delle misure restrittive individuali che la riguardano, essa sarebbe assoggettata agli effetti del regime controverso, ma non sarebbe legittimata a chiedere l’annullamento dell’articolo 1, punto 15, del regolamento impugnato, a causa della scadenza del termine di ricorso». Contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, l’annullamento di tale articolo non poteva avere conseguenze giuridiche in capo alla Bank Mellat ( 52 ). |
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52. |
La Corte, pertanto, nell’ipotesi in cui dichiari l’impugnazione ricevibile, dovrebbe censurare la sentenza impugnata a causa dell’errore di diritto fondamentale ivi contenuto riguardo alla valutazione dell’interesse ad agire della Bank Mellat a seguito dell’entrata in vigore del piano d’azione ed opporre un non luogo a statuire sul ricorso di annullamento della ricorrente, conformemente alla giurisprudenza richiamata al paragrafo 24 delle presenti conclusioni. |
C. In ulteriore subordine
1. Sui motivi d’impugnazione quarto e quinto, vertenti su errori di diritto in sede di valutazione delle condizioni di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE e in sede di valutazione della competenza del Tribunale
a) Sul quarto motivo, vertente su un errore di diritto in sede di valutazione delle condizioni di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE
1) Sentenza impugnata
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53. |
Ai punti 44 e seguenti della sentenza impugnata, il Tribunale ha verificato che la Bank Mellat soddisfacesse le condizioni stabilite dall’articolo 263, quarto comma, TFUE perché il suo ricorso fosse dichiarato ricevibile. Dopo aver qualificato l’articolo 1, punto 15, del regolamento n. 1263/2012 come atto regolamentare ( 53 ), il Tribunale ha richiamato le condizioni di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE come precisate dalla giurisprudenza. A tal proposito esso ha ricordato che un ricorso avverso un siffatto atto era ricevibile purché fosse dimostrato che colpisse direttamente la Bank Mellat senza che ai destinatari dell’atto incaricati di dargli esecuzione fosse lasciato alcun potere di valutazione discrezionale ( 54 ). Inoltre, l’atto regolamentare che produca direttamente effetti sulla situazione giuridica di una persona fisica o giuridica non deve richiedere misure di esecuzione per essere impugnato dinanzi al giudice dell’Unione ( 55 ). |
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54. |
Dopo aver ricordato i termini dell’analisi che avrebbe dovuto condurre, il Tribunale ha proceduto a un esame disgiunto delle disposizioni contenute nell’articolo 1, punto 15, del regolamento n. 1263/2012. Esso ha anzitutto dichiarato che l’articolo 30 bis del regolamento n. 267/2012 come modificato non riguardava direttamente la Bank Mellat, in quanto ente finanziario stabilito in Iran, e che il ricorso di quest’ultima, nella misura in cui concerneva tale disposizione, doveva essere dichiarato irricevibile ( 56 ). Il Tribunale ha poi considerato che l’articolo 30 ter, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 267/2012 come modificato concedeva alle autorità nazionali investite di una richiesta di trasferimento un potere discrezionale al fine di stabilire se il previsto trasferimento presentasse un rischio di violazione di altre disposizioni del regolamento in esame, cosicché la Bank Mellat non poteva sostenere di essere direttamente interessata dall’articolo 30 ter, paragrafo 3, primo comma, il quale comportava peraltro misure di esecuzione. Il ricorso della Bank Mellat è stato dunque dichiarato irricevibile nella parte in cui riguardava l’articolo 30 ter, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 267/2012 come modificato ( 57 ). |
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55. |
Il Tribunale ha poi dichiarato che l’articolo 1, punto 15, del regolamento n. 1263/2012 riguardava direttamente la Bank Mellat senza comportare misure di esecuzione sotto tre altri profili: quelli - rispettivamente - dell’articolo 30, paragrafo 1 (che prevede un divieto di trasferimenti senza possibilità di autorizzazione), dell’articolo 30, paragrafo 3, lettera a), in combinato disposto con l’articolo 30, paragrafo 5 (che, per taluni trasferimenti, prevedono un obbligo di previa notifica non soggetto alla valutazione delle autorità nazionali), e dell’articolo 30, paragrafo 3, lettere b) e c), in combinato disposto con l’articolo 30, paragrafo 5 (che prevedono l’obbligo, non soggetto a valutazione delle autorità nazionali e non comportante misure di esecuzione, di avviare una procedura di autorizzazione per trasferimenti eccedenti una certa soglia), del regolamento n. 267/2012 come modificato ( 58 ). |
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56. |
Il Tribunale, pertanto, ha dichiarato il ricorso della Bank Mellat ricevibile nella parte in cui era diretto contro le tre disposizioni prese in esame nel paragrafo precedente ( 59 ). |
2) Sintesi degli argomenti delle parti
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57. |
In sostanza, la Bank Mellat contesta al Tribunale di non aver valutato correttamente la condizione dell’incidenza diretta, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, con riferimento all’articolo 30 bis del regolamento n. 267/2012 come modificato. Essa sostiene che non era possibile che il Tribunale considerasse isolatamente tale disposizione alla luce di detta condizione in quanto era il regime controverso nella sua globalità ad interessarla direttamente. Un esame dell’articolo 30 bis in combinato disposto con l’articolo 30 di detto regolamento avrebbe dovuto indurre il Tribunale a dichiarare che l’articolo 30 bis integrava l’articolo 30 e che si trattava di disposizioni complementari. In ogni caso, l’analisi relativa all’articolo 30 bis del regolamento n. 267/2012, anche se considerato isolatamente, avrebbe dovuto condurre a constatare che effettivamente tale disposizione riguardava sì direttamente la Bank Mellat. |
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58. |
La Bank Mellat contesta parimenti l’analisi che ha portato il Tribunale a dichiarare il ricorso irricevibile nella parte in cui era diretto contro l’articolo 30 ter, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 267/2012 come modificato. Tale articolo toccherebbe direttamente la Bank Mellat in quanto costituirebbe una disposizione essenziale nell’ambito del regime generale attuato dall’articolo 1, punto 15, del regolamento n. 1263/2012, nel cui contesto dovrebbe essere ricollocato, e conferirebbe alle autorità nazionali il potere di vietare operazioni indebolendo, così, la posizione commerciale della banca. Tali autorità non disporrebbero di un potere discrezionale ai sensi della disposizione in parola, che dovrebbe essere applicata automaticamente, il potere discrezionale eventualmente riconosciuto venendo esercitato soltanto in una fase successiva. L’articolo 30 ter, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 267/2012 come modificato non comporterebbe misure di esecuzione, in quanto conferirebbe in maniera immediata e automatica un potere di valutazione discrezionale alle autorità nazionali ed esplicherebbe i propri effetti giuridici senza la necessità di un atto intermedio di queste ultime. La Bank Mellat ricorda che non dovrebbe trovarsi in una situazione in cui, per contestare una disposizione e aver accesso al giudice, sia obbligata a violare la normativa. |
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59. |
In subordine, la Bank Mellat afferma di aver sostenuto dinanzi al Tribunale di essere interessata individualmente dal regime generale quale membro di una categoria presa in considerazione da detto regime, circostanza che non è stata presa in esame dal Tribunale né, perlomeno, esclusa implicitamente. |
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60. |
In conclusione, la Bank Mellat sostiene che l’esame disgiunto delle disposizioni svolto dal Tribunale ha inficiato l’analisi di quest’ultimo riguardo all’osservanza delle condizioni di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE e ha limitato l’esame giurisdizionale soltanto ad alcune disposizioni. Anche se avesse potuto prendere in considerazione separatamente le differenti componenti del regime generale, il Tribunale avrebbe dovuto concludere nel senso della loro interconnessione e dell’impossibilità di separarle le une dalle altre in caso di annullamento. |
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61. |
Il Consiglio, la Commissione nonché il Regno Unito considerano che l’analisi del Tribunale riguardo all’osservanza delle condizioni di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE è esente da errori di diritto nella parte relativa agli articoli 30 bis e 30 ter, paragrafo 3, del regolamento n. 267/2012 come modificato. Dal canto suo, in risposta a un quesito posto dalla Corte, il Regno Unito ritiene nondimeno che il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare, da un lato, che il ricorso della Bank Mellat era diretto contro un atto legislativo, e non regolamentare, e, dall’altro lato, che tale ricorso era integralmente irricevibile, anche nella parte in cui diretto contro le altre componenti del regime generale di cui all’articolo 1, punto 15, del regolamento n. 1263/2012, in assenza di un interesse diretto e individuale della Bank Mellat. |
3) Analisi
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62. |
In via preliminare, osservo che la qualificazione, da parte del Tribunale, del regolamento n. 1263/2012 come «atto regolamentare» ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE non è stata contestata dalla ricorrente ( 60 ). Non occorre dunque tornare sul punto e l’analisi che segue muove dal postulato che si tratti effettivamente di un atto regolamentare. |
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63. |
In presenza di un siffatto atto, l’articolo 263, quarto comma, TFUE impone due condizioni affinché il ricorso di annullamento sia ricevibile: l’atto impugnato deve riguardare direttamente la parte ricorrente e non deve comportare misure d’esecuzione. |
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64. |
Le parti hanno discusso dell’opportunità di esaminare l’osservanza di tali due condizioni separando le differenti componenti del regime controverso anziché prenderle in considerazione congiuntamente, come propone la Bank Mellat. Ricordo che la particolarità del ricorso della Bank Mellat proposto dinanzi al Tribunale risiedeva nel fatto che essa censurava formalmente soltanto una disposizione – l’articolo 1, punto 15, del regolamento n. 1263/2012 – che, per parte sua, conteneva tre articoli, composti rispettivamente di sei, tre e cinque paragrafi largamente suddivisi. Il metodo di esame seguito dal Tribunale, a mio avviso, è pienamente giustificato in tale contesto, come dimostrerò al termine della mia analisi. |
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65. |
Il ragionamento del Tribunale relativo all’articolo 30 bis del regolamento n. 267/2012 come modificato appare esente da qualsiasi errore di diritto. Tale articolo prevede esplicitamente di trovare applicazione a situazioni che non rientrano nell’ambito, in particolare ratione personae, dell’articolo 30 del medesimo regolamento ( 61 ). Orbene, è chiaro che, in qualità di banca stabilita in Iran, la Bank Mellat era destinataria del divieto generale di trasferimento di fondi ai sensi dell’articolo 30, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 267/2012 come modificato e dunque non era oggetto delle misure stabilite dall’articolo 30 bis di detto regolamento. Difficilmente una parte a cui non si applichi una disposizione può dimostrare di essere direttamente interessata da quest’ultima ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE. L’argomento della Bank Mellat secondo il quale il Tribunale avrebbe dovuto valutare tale condizione prendendo in considerazione tutte le disposizioni contenute nell’articolo 1, punto 15, del regolamento n. 1263/2012 è, in ogni caso, inconferente a causa della mancata incidenza dell’articolo 30 bis del regolamento n. 267/2012 come modificato sulla sua situazione giuridica. |
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66. |
Per quanto attiene all’articolo 30 ter, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 267/2012 come modificato, esso intende precisare le condizioni alle quali la regola generale definita dall’articolo 30 del medesimo regolamento ( 62 ) – ossia il divieto di principio dei trasferimenti accompagnato da un regime di eccezioni previa notifica o autorizzazione preliminare – dev’essere concretamente attuata. Esso dispone quindi che «le autorità competenti concedono l’autorizzazione, alle condizioni che ritengono appropriate, tranne nel caso in cui abbiano fondati motivi per ritenere che il trasferimento di fondi per il quale è chiesta l’autorizzazione potrebbe violare uno dei divieti o obblighi di cui al [regolamento n. 267/2012 come modificato]». Pertanto, l’articolo 30 ter, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 267/2012 come modificato assoggetta i trasferimenti considerati, in ogni caso, a un’autorizzazione concessa automaticamente dalle autorità nazionali – in assenza del sospetto di elusione delle norme sancite dal regime controverso – o a un diniego delle medesime autorità che faccia seguito all’esercizio del loro potere di valutazione discrezionale – nell’ipotesi contraria. |
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67. |
Riguardo alla condizione imposta dall’articolo 263, quarto comma, TFUE secondo la quale la parte ricorrente dev’essere direttamente interessata dall’atto che intende impugnare, mi sembra difficile, data la loro consustanzialità, dichiarare, da un lato, che essa sia soddisfatta con riferimento alla disposizione generale – ossia l’articolo 30 del regolamento n. 267/2012 come modificato – e non con riferimento alla disposizione che ne definisce le modalità concrete – ossia l’articolo 30 ter, paragrafo 3, primo comma, di detto regolamento. Confesso dunque di nutrire alcune riserve riguardo alla posizione del Tribunale in proposito, che mi sembra aver amalgamato due condizioni tuttavia distinte considerando che, poiché erano necessarie decisioni delle autorità nazionali ai sensi dell’articolo 30 ter, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 267/2012 come modificato, la ricorrente non poteva essere interessata direttamente ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE. |
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68. |
Ciò detto, tale nuovo errore di diritto potrebbe essere privo di conseguenze se, in ogni caso, dovesse essere confermato che l’articolo 30 ter, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 267/2012 è una disposizione che comporta misure di esecuzione. Passo dunque ora all’analisi della seconda condizione contemplata dall’articolo 263, quarto comma, in fine, TFUE. |
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69. |
La giurisprudenza ormai consolidata della Corte, richiamata da ultimo nelle sentenze Industrias Quimicas del Vallés/Commissione ( 63 ) ed European Union Copper Task Force/Commissione ( 64 ), impone, in sostanza, di interpretare l’espressione «che non comportano alcuna misura d’esecuzione» alla luce dell’obiettivo dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, consistente nell’evitare che un singolo sia costretto a violare il diritto per accedere alla giustizia. Quando un atto regolamentare comporta misure di esecuzione, il sindacato giurisdizionale sul rispetto dell’ordinamento giuridico dell’Unione è garantito indipendentemente dalla provenienza di dette misure, se misure dell’Unione o misure degli Stati membri, e i singoli sono allora protetti contro l’applicazione dell’atto di cui trattasi dalla possibilità di impugnare le misure di esecuzione che tale atto comporta. Qualora l’attuazione di detto atto spetti agli Stati membri, i singoli possono far valere l’invalidità dell’atto di base in questione dinanzi ai giudici nazionali e sollecitare questi ultimi a interpellare la Corte mediante la proposizione di questioni pregiudiziali ai sensi dell’articolo 267 TFUE. Pertanto, per valutare se un atto regolamentare comporti misure di esecuzione, occorre fare riferimento alla posizione della persona che invoca il diritto di ricorso a norma dell’articolo 263, quarto comma, TFUE. Inoltre, occorre far esclusivo riferimento all’oggetto del ricorso ed è irrilevante se dette misure debbano o meno tradursi in un atto di automatica applicazione. |
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70. |
Alla luce della citata giurisprudenza, sarei propenso a ritenere che, se l’interpretazione dell’ultima condizione da soddisfare ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE dev’essere guidata dalla preoccupazione di garantire una tutela giurisdizionale effettiva alla Bank Mellat, la conclusione alla quale il Tribunale è pervenuto, evidenziando la necessità di una decisione delle autorità nazionali al fine di autorizzare, o eventualmente di negare, il previsto trasferimento, appare ragionevole in quanto, in una siffatta ipotesi, la ricorrente avrebbe avuto piena libertà di contestare, dinanzi al giudice nazionale, una decisione nazionale di diniego del previsto trasferimento, senza dover tuttavia necessariamente violare il diritto dell’Unione. |
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71. |
La convalida della conclusione secondo la quale il ricorso doveva essere dichiarato irricevibile nella parte in cui era diretto contro l’articolo 30 ter, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 267/2012 avvalora la tesi che il Tribunale abbia agito in modo soddisfacente prendendo in considerazione separatamente ogni disposizione alla luce dell’articolo 263, quarto comma, TFUE. Infatti, se avesse dovuto pronunciarsi sulla ricorrenza delle condizioni previste da tale articolo per quanto concerne l’articolo 1, punto 15, del regolamento n. 1263/2012 considerato nella sua globalità, avrebbe dovuto privilegiare la circostanza che il ricorso della Bank Mellat soddisfacesse manifestamente dette condizioni alla luce dell’articolo 30 del regolamento n. 267/2012 come modificato o, al contrario, avrebbe dovuto concludere nel senso dell’irricevibilità in toto del ricorso in ragione della presenza di due disposizioni problematiche in proposito, l’una che non riguardava direttamente la ricorrente (l’articolo 30 bis di detto regolamento), l’altra che comportava misure di esecuzione (l’articolo 30 ter, paragrafo 3, primo comma, del medesimo regolamento)? La risposta a tale quesito non è agevole e l’approccio infine adottato dal Tribunale risulta equilibrato in quanto esso ha, al contempo, rispettato pienamente il diritto di ricorso della Bank Mellat e garantito un’applicazione coerente ( 65 ) delle condizioni di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE. |
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72. |
Di conseguenza, il quarto motivo dovrebbe essere respinto in quanto infondato. |
b) Sul quinto motivo, vertente su un errore di diritto in sede di valutazione della competenza del Tribunale
1) Sentenza impugnata
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73. |
Ai punti 25 e seguenti della sentenza impugnata, il Tribunale ha verificato la propria competenza a pronunciarsi sul terzo capo della domanda della Bank Mellat, inteso ad ottenere la declaratoria di inapplicabilità nei suoi confronti dell’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635 ( 66 ). Dopo aver richiamato la formulazione degli articoli 263, quarto comma, 275 e 277 TFUE, il Tribunale ha considerato che l’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635 era una disposizione relativa alla PESC ai sensi dell’articolo 275 TFUE ( 67 ). Esso ha ricordato che la deroga alla regola della competenza della Corte, sancita contenuta nell’articolo 275 TFUE, doveva, in quanto tale, essere interpretata restrittivamente. Ha poi dichiarato che le misure previste all’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635 erano misure di natura generale, la cui sfera di applicazione era stabilita facendo riferimento a criteri oggettivi e non a persone fisiche o giuridiche, e che non si trattava pertanto di una decisione che prevedesse misure restrittive nei confronti di una tale persona ai sensi dell’articolo 275, secondo comma, TFUE ( 68 ). Il Tribunale ha quindi ricordato che l’eccezione di illegittimità era stata sollevata dalla ricorrente nel contesto di un ricorso di annullamento proposto avverso l’articolo 1, punto 15, del regolamento n. 1263/2012, che è inteso ad attuare, nell’ambito del Trattato FUE, l’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635 ( 69 ). Nondimeno, secondo il Tribunale, detto articolo 1, punto 15, non costituisce una decisione che prevede misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche ai sensi dell’articolo 275, secondo comma, TFUE, in quanto si applica a situazioni oggettivamente determinate, esplica effetti giuridici nei confronti di categorie di persone considerate astrattamente e nel loro complesso e la sua attuazione non discende neppure da una valutazione delle circostanze proprie di ciascuna entità interessata ( 70 ). Di conseguenza, l’eccezione di illegittimità concernente l’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635 non è stata sollevata a sostegno di un ricorso di annullamento di una decisione che prevede misure restrittive ai sensi dell’articolo 275, secondo comma, TFUE ( 71 ). In tali circostanze il Tribunale si è dichiarato incompetente a statuire sull’eccezione di illegittimità relativa all’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635 ( 72 ). Esso ha nondimeno proseguito dichiarando che la deroga alla competenza del giudice dell’Unione prevista all’articolo 275 TFUE non si estendeva fino ad escludere il controllo di legittimità di un atto adottato in forza dell’articolo 215 TFUE, come l’articolo 1, punto 15, del regolamento n. 1263/2012, il quale non rientra nella PESC ma può essere adottato soltanto qualora sia preliminarmente intervenuta una decisione della PESC. Il Tribunale ha dunque constatato la propria competenza a statuire sul primo e sul secondo capo della domanda della Bank Mellat, che riguardavano tale disposizione ( 73 ). |
2) Argomenti delle parti e analisi
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74. |
In sostanza, la Bank Mellat contesta al Tribunale una concezione eccessivamente formalista e restrittiva della sua competenza, che non sarebbe compatibile con la ratio del sistema di tutela giurisdizionale effettiva. Nella misura in cui la Bank Mellat asserisce di essere direttamente interessata dal regime controverso senza che occorrano, a tal fine, misure di esecuzione, sarebbe verificata la natura individuale delle misure ai sensi dell’articolo 275 TFUE, tanto più che si tratterebbe effettivamente di misure adottate nei confronti di persone giuridiche, di cui la ricorrente fa parte. La Bank Mellat sostiene altresì che lo stesso articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635 prevedrebbe siffatte misure, il che basterebbe a fondare la competenza del Tribunale a pronunciarsi sull’eccezione di illegittimità sollevata dalla ricorrente. In subordine, la Bank Mellat sostiene che l’articolo 1, punto 15, del regolamento n. 1263/2012 costituirebbe chiaramente una misura restrittiva, che la legittimità di tale articolo può essere contestata e che dovrebbe essere riconosciuto un diritto a proporre un ricorso incidentale avverso l’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635 sulla base dell’articolo 277 TFUE in forza del rapporto giuridico diretto tra tali due disposizioni controverse. |
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75. |
Il Consiglio, la Commissione e il Regno Unito considerano che il motivo in esame debba essere respinto in quanto infondato. |
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76. |
La decisione 2012/635 ha quale fondamento giuridico l’articolo 29 TUE, che è una delle disposizioni contenute nel titolo V, capo 2, TUE. Detta decisione appare pertanto rientrare effettivamente nell’ambito di esclusione previsto all’articolo 275, primo comma, TFUE, cosicché, a priori, il giudice dell’Unione non è competente a conoscere della sua legittimità o validità. Tuttavia, l’articolo 275, secondo comma, TFUE prevede che il giudice dell’Unione sia nondimeno competente a sindacare la legittimità «delle decisioni che prevedono misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche adottate dal Consiglio in base al titolo V, capo 2», TUE. La Bank Mellat sostiene che l’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635 prevede appunto siffatte misure e che il Tribunale avrebbe dunque dovuto dichiararsi competente a statuire sull’eccezione di illegittimità sollevata dalla Bank Mellat dinanzi ad esso. |
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77. |
L’interpretazione dell’articolo 275, secondo comma, TFUE che la Bank Mellat suggerisce alla Corte di adottare mi sembra privare di senso tale disposizione. È evidente che l’articolo 275, secondo comma, TFUE, quale disposizione derogatoria alla competenza del giudice dell’Unione, dev’essere oggetto di un’interpretazione restrittiva – il che del resto è stato ricordato dal Tribunale. Tuttavia, suggerendo che l’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635 costituisca una decisione che prevede misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche ai sensi dell’articolo 275, secondo comma, TFUE, la Bank Mellat intende ridurre considerevolmente la portata dell’esclusione di cui al primo comma di tale articolo. La diversa natura delle misure che hanno colpito la Bank Mellat a titolo individuale, le quali hanno dato luogo alla sentenza della Corte del 18 febbraio 2016 ( 74 ), e di quelle di cui trattasi nel contesto dell’impugnazione in esame illustra perfettamente la distinzione che occorre fare al momento di procedere all’applicazione dell’articolo 275, secondo comma, TFUE. In altre parole, non ricorre la competenza del giudice dell’Unione in quanto vi sono misure restrittive, nel senso generico del termine. Occorre altresì che tali misure siano di natura individuale. |
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78. |
Un simile approccio è stato confermato dalla Corte per la prima volta nella sentenza Gbagbo e a./Consiglio ( 75 ), nell’ambito della quale essa ha dichiarato che, «quanto agli atti adottati sulla base di disposizioni relative alla [PESC], è la natura individuale degli atti che dà accesso, ai sensi degli articoli 275, secondo comma TFUE, e 263, quarto comma, TFUE, ai giudici dell’Unione». |
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79. |
Si può inoltre illustrare tale differenza confrontando le disposizioni della decisione 2012/635. Per parte sua, l’articolo 1, punto 6, di detta decisione è volto ad attuare un regime generale di misure restrittive che colpiscano indistintamente, alle condizioni da esso descritte, le banche domiciliate in Iran sulla base di un criterio generale e senza che a carico di tali banche sia stata affermata alcuna partecipazione alla proliferazione nucleare. Il citato articolo ricade nell’esclusione di cui all’articolo 275, primo comma, TFUE. Invece, l’articolo 2 della decisione 2012/635, che completa l’elenco delle persone ed entità coinvolte in attività relative a missili nucleari o balistici e delle persone e entità che forniscono sostegno al governo dell’Iran, ricadrebbe, secondo la mia analisi, nell’ambito di applicazione dell’articolo 275, secondo comma, TFUE in forza del carattere individuale di tali misure. |
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80. |
Il punto 33 della sentenza impugnata, con cui il Tribunale ha inteso dimostrare che l’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635 era volto ad attuare misure restrittive di natura generale ( 76 ) prima di concludere nel senso della propria incompetenza, appare dunque esente da qualsiasi errore di diritto. |
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81. |
Più sorprendente è la fase successiva del ragionamento del Tribunale sviluppata ai punti 35 e 36, nell’ambito della quale il Tribunale constata che l’articolo 1, punto 15, del regolamento n. 1263/2012 «non è una decisione che prevede misure restrittive (…) ai sensi dell’articolo 275, secondo comma, TFUE». Una tale affermazione non è pertinente, dato che il Tribunale era tenuto a verificare la situazione dell’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635 con riferimento all’articolo 275 TFUE. Tuttavia, tale errore di diritto non inficia la corretta conclusione alla quale esso è pervenuto al punto 38 della propria sentenza. |
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82. |
Pertanto, il quinto motivo dev’essere respinto in quanto infondato. |
2. Sui motivi d’impugnazione attinenti al merito
a) Sul primo motivo, vertente su un errore in sede di interpretazione ed applicazione del requisito della necessità ai sensi dell’articolo 215, paragrafo 1, TFUE
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83. |
La ricorrente addebita qui al Tribunale di aver interpretato erroneamente l’articolo 215, paragrafo 1, TFUE e di aver inficiato la propria sentenza con un «autonomo errore materiale». Il Tribunale sarebbe incorso in errore nel dichiarare che il requisito della necessità di cui all’articolo in parola non riguardava il rapporto fra l’atto adottato su tale base e l’obiettivo della PESC perseguito. |
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84. |
L’articolo 215, paragrafo 1, TFUE enuncia che, «[q]uando una decisione adottata conformemente al capo 2 del titolo V del trattato sull’Unione europea prevede l’interruzione o la riduzione, totale o parziale, delle relazioni economiche e finanziarie con uno o più paesi terzi, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta congiunta dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e della Commissione, adotta le misure necessarie. (…)». |
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85. |
Oltre al fatto che la qualificazione da parte della ricorrente dell’errore contestato al Tribunale non appare corretta ( 77 ), sembra evidente, già dalla lettura della formulazione dell’articolo 215, paragrafo 1, TFUE, che la relazione di necessità da esso instaurata si pone effettivamente tra la decisione della PESC e il successivo atto adottato. Di conseguenza, il Tribunale, all’occorrenza, era invitato a verificare che l’articolo 1, punto 15, del regolamento n. 1263/2012 costituisse una misura necessaria ai fini dell’attuazione della decisione 2012/635, in particolare dell’articolo 1, punto 6, di quest’ultima. Il Tribunale ha dunque concluso correttamente, al punto 87 della sentenza impugnata, che «il riferimento alle “misure necessarie” è inteso a garantire che il Consiglio non adotti, in forza dell’articolo 215 TFUE, misure restrittive eccedenti quelle adottate nella corrispondente decisione PESC». L’inquadramento della competenza di esecuzione del Consiglio in materia è già stato rilevato dalla Corte ( 78 ). Orbene, a tal proposito, come correttamente rilevato dalla Commissione, le misure previste all’articolo 1, punto 15, del regolamento n. 1263/2012 sono già esposte assai ampiamente all’articolo 1, punto 6, della decisione 2012/635. |
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86. |
Ciò considerato, il primo motivo d’impugnazione dovrebbe essere respinto in quanto infondato. |
b) Sul secondo motivo, vertente su un errore di diritto in sede di applicazione del principio di proporzionalità
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87. |
La Bank Mellat sostiene che il ragionamento del Tribunale sarebbe viziato a causa di un’errata applicazione del principio di proporzionalità che l’avrebbe condotto a concludere che il regime controverso fosse conforme a detto principio. La ricorrente formula sei censure. La prima è relativa a una definizione inappropriata del livello di controllo che il giudice dell’Unione doveva applicare in presenza di un siffatto regime. La seconda attiene a un’erronea valutazione della severità delle sanzioni. La terza è relativa a un errore nell’individuazione dell’obiettivo perseguito dal regime controverso. La quarta si fonda su un’erronea valutazione della necessità di detto regime. La quinta attiene a un errore di valutazione concernente l’esistenza di misure alternative meno restrittive. La sesta ed ultima censura verte sull’insufficiente considerazione, nell’ambito della valutazione del Tribunale relativa al principio di proporzionalità, della situazione individuale della Bank Mellat. |
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88. |
Per quanto riguarda la definizione del livello di controllo giurisdizionale appropriato, la Bank Mellat afferma, in sostanza, che il Tribunale avrebbe proceduto a un’inversione dell’onere della prova non giudicando le garanzie giuridiche che accompagnano l’adozione di misure restrittive individuali trasponibili nel contesto della valutazione della legittimità di un regime generale quale il regime controverso, il che avrebbe condotto a una violazione della sua tutela giurisdizionale effettiva. Tuttavia il Tribunale non è incorso in un errore di diritto dichiarando ( 79 ) che la giurisprudenza invocata dalla Bank Mellat dinanzi ad esso non trovava applicazione in quanto gli atti controversi, in particolare il regolamento n. 1263/2012, costituivano atti di portata generale il cui regime giuridico si distingue da quello delle decisioni individuali recanti adozione di misure restrittive individuali nei confronti di persone fisiche e giuridiche designate a motivo di un loro comportamento personale, individuato dal Consiglio, corrispondente al criterio di designazione adottato da quest’ultimo. Peraltro, come correttamente rilevato dal Consiglio, il regime controverso è stato adottato in un settore che implica scelte di natura politica, economica e sociale e nel quale la Corte ha già riconosciuto un ampio potere discrezionale al legislatore dell’Unione al fine di procedere a tali valutazioni complesse, cosicché solo la manifesta inidoneità in relazione allo scopo perseguito poteva inficiare la legittimità del regime controverso alla luce del principio di proporzionalità ( 80 ). Dal punto 110 della sentenza impugnata risulta che il Tribunale ha naturalmente verificato la proporzionalità del regime controverso ed esaminato, in particolare, se il Consiglio potesse ritenere che la sua adozione fosse idonea e necessaria a conseguire l’obiettivo perseguito di impedire la proliferazione nucleare e il suo finanziamento senza causare eccessivi inconvenienti alla ricorrente. Il Tribunale ha dunque applicato il livello di controllo adeguato in una simile ipotesi. |
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89. |
Per quanto riguarda la valutazione della severità delle sanzioni, sebbene la ricorrente specifichi con chiarezza che la sua contestazione ha ad oggetto i punti da 205 a 211 della sentenza impugnata, si deve tuttavia rilevare che, per il resto, essa si limita ad allegare, senza comprovarla, un’erronea valutazione da parte del Tribunale della severità delle sanzioni. In assenza di sufficienti spiegazioni fornite dalla Bank Mellat in proposito, l’esame dell’argomento si ferma qui. |
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90. |
Per quanto riguarda l’identificazione dell’obiettivo perseguito dal regime controverso, di nuovo, la ricorrente sostiene che il Tribunale avrebbe dovuto esigere che il Consiglio provasse l’adeguatezza di detto regime rispetto all’obiettivo asseritamente perseguito di impedire la proliferazione nucleare. La Bank Mellat contesta altresì al Tribunale di aver accordato un’importanza eccessiva alle dichiarazioni del Consiglio e di non aver saputo individuare l’obiettivo illegittimo realmente perseguito, ossia l’esercizio di una pressione economica sull’Iran. Tuttavia, si deve rilevare che l’argomento della ricorrente è qui diretto contro una parte della sentenza impugnata che si è concentrata su ciò che il Tribunale ha qualificato come «primo obiettivo» ( 81 ), ovvero ( 82 ) quello di impedire la proliferazione nucleare, e che il Tribunale non si è accontentato delle affermazioni del Consiglio per dichiarare che detto obiettivo era perseguito in maniera efficace dal regime controverso ( 83 ), bensì ha spinto oltre la propria analisi rilevando che l’esperienza vissuta dalla stessa ricorrente sembrava confermare le affermazioni del Consiglio in quanto la Bank Mellat è stata indotta a fornire taluni servizi a un’entità iscritta senza saperlo ( 84 ). Infine, la Bank Mellat non può legittimamente sostenere che non sia stata svolta alcuna valida analisi del vero obiettivo perseguito – ossia l’esercizio di una pressione economica sull’Iran –, visto che nei punti da 136 a 143 della sentenza impugnata il Tribunale ha dichiarato che dagli atti impugnati non emergeva il perseguimento di un siffatto obiettivo. Il Tribunale ha dunque individuato correttamente l’obiettivo perseguito dal regime controverso. |
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91. |
Per quanto riguarda la valutazione della necessità del regime controverso, la Bank Mellat afferma, in sostanza, che esso va al di là di quanto necessario per conseguire l’obiettivo perseguito in quanto si applicherebbe ad entità rispetto alle quali non sussisterebbe alcun indizio di partecipazione alle attività di proliferazione e non prevedrebbe sufficienti eccezioni. Il Tribunale non avrebbe dimostrato che l’embargo finanziario fosse necessario al fine di raggiungere l’obiettivo perseguito e la motivazione in proposito sarebbe troppo ampia. Dalla sentenza impugnata risulta tuttavia che il Tribunale, dopo aver rilevato che il regime controverso si inscriveva in un contesto di rafforzamento delle misure restrittive adottate nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran, ha nondimeno accertato una qualche continuità con il precedente regime generale, riguardo al quale la Bank Mellat non affermava che non fosse necessario, e che il rafforzamento misurato del regime sotto tre profili ( 85 ) non aveva avuto l’effetto di rendere improvvisamente eccessivo il regime controverso ( 86 ). Peraltro, la ricorrente sembra contestare al Tribunale di aver esteso le conclusioni tratte dalle analisi del Gruppo di Azione Finanziaria al settore della proliferazione nucleare considerando che tali conclusioni attestassero una lacuna di sistema del settore bancario e finanziario iraniano che rendeva il rafforzamento della sorveglianza di detto settore al quale procedeva il regime controverso coerente con l’obiettivo di impedire la proliferazione nucleare. Tale contestazione mi sembra esulare, però, dal controllo esercitato dalla Corte nel contesto di un’impugnazione, in quanto tende a porre in discussione dinanzi ad essa un elemento di fatto dedotto dal Consiglio dinanzi al Tribunale ( 87 ), ma a proposito del quale la Bank Mellat non deduce alcuno snaturamento. Per il resto, è già stato confermato che il regime controverso non si basa sull’identificazione di un rischio, specifico per ogni istituto bancario e finanziario, di partecipazione all’attività vietata e che esso prevede una serie di eccezioni e di esenzioni che tendono a limitare, per quanto possibile, gli effetti negativi del suddetto regime. Si tratta di due elementi correttamente identificati dal Tribunale e che depongono chiaramente a favore della constatazione secondo cui il regime controverso non eccede quanto necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito. |
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92. |
Per quanto riguarda l’esistenza di misure alternative meno restrittive, la Bank Mellat sostiene che il Tribunale non ha considerato, a titolo di dette misure, che il regime controverso avrebbe dovuto prevedere di prendere in considerazione soltanto gli istituti finanziari per i quali sussistesse un ragionevole dubbio o, ancora, un regime di eccezioni più favorevoli oppure regole più trasparenti e meno discrezionali. Orbene, la valutazione del Tribunale riguardante l’identificazione della lacuna sistemica del settore bancario iraniano che ho appena ricordato rende evidente, a mio avviso, la necessità di sottoporre l’intero settore ad un regime rigoroso che riguardasse tutte le banche iraniane, a prescindere da ogni considerazione in ordine al loro personale coinvolgimento nella proliferazione nucleare, tanto più che, nel contesto del regime controverso, si trattava non già di vietare qualsiasi trasferimento, bensì, assoggettando i trasferimenti tanto a un sistema di notifica e di autorizzazione preliminari, quanto a un regime di esenzione, di valutare tali trasferimenti alla luce del rischio che essi presentavano, eventualmente, in termini di proliferazione nucleare. Osservo, inoltre, che la Bank Mellat non dimostra come le misure alternative da essa proposte potessero essere altrettanto efficaci che il regime controverso, il che preclude definitivamente l’accoglimento della sua censura. |
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93. |
Per quanto riguarda la presa in considerazione della situazione individuale della Bank Mellat al fine di valutare la proporzionalità del regime controverso, la ricorrente afferma, in sostanza, che il Tribunale avrebbe dovuto tener conto della circostanza che, nei suoi confronti, non vi era alcun elemento di prova di un qualsiasi sostegno alla proliferazione nucleare e rilevare, in virtù di tale dato, che il regime controverso non fosse necessario. Di nuovo, l’argomento della ricorrente in proposito discende da un fraintendimento di ciò che rappresentava il regime controverso, ossia un regime generale applicato ad entità riguardo alle quali non occorreva dedurre un comportamento personale connesso al rischio di proliferazione nucleare. Per di più, il fatto che a sua insaputa la Bank Mellat avesse fornito servizi ad un ente iscritto tende piuttosto a confermare la necessità di un regime generale quale il regime controverso al fine di contrastare più efficacemente la proliferazione nucleare in Iran. Del resto è quanto dichiarato dal Tribunale al punto 195 della sentenza impugnata, cosicché, contrariamente a ciò che sostiene la ricorrente e sebbene il Tribunale, a mio avviso, non fosse tenuto a farlo dato il carattere generale del regime controverso, esso ha effettivamente tenuto conto, in parte, della situazione della ricorrente, ma per trarne conclusioni opposte a quelle auspicate dalla Bank Mellat. |
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94. |
Per l’insieme di tali considerazioni e non avendo potuto individuare un qualsivoglia errore di diritto in sede di esame da parte del Tribunale della proporzionalità del regime controverso, il secondo motivo dev’essere respinto in quanto infondato. |
c) Sul terzo motivo, vertente su un errore di diritto del Tribunale allorché ha dichiarato che il regime controverso era conforme ai principi generali del diritto
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95. |
La Bank Mellat sostiene che il Tribunale avrebbe erroneamente considerato irricevibili, in quanto dirette contro l’articolo 30 ter, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 267/2012, le censure formulate nell’ambito del terzo motivo dedotto dinanzi al Tribunale e dichiarato altrettanto erroneamente che il regime controverso non era contrario ai principi di certezza del diritto e di non discriminazione nonché all’obbligo di motivazione e alle garanzie procedurali in linea di principio offerte nel contesto dell’adozione di misure restrittive. |
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96. |
Per quanto concerne la ricevibilità delle censure formulate avverso l’articolo 30 ter, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 267/2012, rinvio ai paragrafi 66 e seguenti delle presenti conclusioni. |
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97. |
Per quanto concerne la censura relativa a una violazione del principio di certezza del diritto, il Tribunale, dopo aver richiamato la giurisprudenza classica in materia, ha correttamente concluso che il regime controverso osservava i criteri sanciti dalla Corte al fine di dichiarare l’obbligo di certezza del diritto soddisfatto ( 88 ). In considerazione della natura del regime di cui trattasi e delle sue modalità di funzionamento come definite all’articolo 1, punto 15, del regolamento n. 1263/2012, la ricorrente non può fondatamente sostenere l’esistenza di una qualsiasi violazione del principio di certezza del diritto, dato che le condizioni in cui erano necessarie una notifica o un’autorizzazione preliminari erano, a mio avviso, chiaramente enunciate. Pertanto, non posso fare a meno di condividere la conclusione del Tribunale secondo la quale le disposizioni del regime di cui trattasi, in particolare l’articolo 30, paragrafi da 2 a 4, del regolamento n. 267/2012, «definiscono, in maniera sufficientemente chiara e precisa, l’ambito di applicazione delle restrizioni e degli obblighi» ( 89 ). |
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98. |
Per quanto concerne la censura relativa alla circostanza che il Tribunale avrebbe mal interpretato la portata degli obblighi procedurali che dovevano essere garantiti in vista dell’adozione del regime controverso, il Tribunale, inizialmente, ha verificato che la motivazione fornita alle entità destinatarie del regime generale avesse consentito loro di comprendere la ratio legis di detto regime al fine di poter contestarne, se necessario, la legittimità ( 90 ) prima di distinguere, in un secondo tempo, le garanzie procedurali che devono essere assicurate alle persone fisiche o giuridiche oggetto di misure restrittive individuali da quelle che devono essere offerte alle persone a cui è applicato un regime generale dello stesso tipo del regime controverso ( 91 ). In proposito, l’analisi del Tribunale non può che essere convalidata tanto è chiaro, come del resto ho già avuto occasione di sottolineare, che il regime controverso, contrariamente alle misure restrittive individuali, non si fonda sulla precisa affermazione di un comportamento personale in contrasto con l’obiettivo della PESC perseguito, bensì sul rischio di utilizzazione da parte dell’Iran delle banche e degli istituti finanziari stabiliti nel suo territorio per fini di proliferazione nucleare, anche a loro insaputa. In tale contesto, le garanzie procedurali offerte nella fase che precede l’adozione dell’atto sono del tutto differenti da quelle che presiedono all’adozione delle misure restrittive individuali ( 92 ). Il regime controverso non costituisce, appunto, una decisione individuale di cui la Bank Mellat è destinataria. Contrariamente a quanto sostenuto dalla Bank Mellat, e considerata la diversità tra il regime giuridico applicabile alle misure restrittive individuali e quello applicabile al regime controverso, le conclusioni che il Tribunale ha tratto nel contesto del sindacato di legittimità sulle misure restrittive individuali sono completamente autonome da quelle che poteva trarre nel contesto del ricorso volto a contestare la legittimità del regime controverso. Il Tribunale non è quindi incorso in errore di diritto nel respingere le censure relative a una violazione dell’obbligo di motivazione e a una violazione delle garanzie giuridiche richieste in presenza di misure restrittive. |
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99. |
Infine, per quanto concerne la censura relativa alla violazione del principio di non discriminazione, va ancora una volta rilevato che il Tribunale non è incorso in errore di diritto dichiarando che il trattamento differenziato applicato alle entità iraniane rientranti nell’ambito di applicazione ratione personae del regime controverso era giustificato dall’essenza stessa del regime, che mirava a contribuire alla lotta contro qualsiasi rischio di proliferazione nucleare in Iran, una volta stabilito che tali entità potevano, anche a loro insaputa, partecipare al finanziamento di detta proliferazione. Riguardo all’argomento della ricorrente secondo il quale tale trattamento differenziato non sarebbe necessario per conseguire l’obiettivo perseguito, mentre sussisterebbero altre misure meno restrittive, sono propenso a ritenere che miri a porre in discussione l’analisi del Tribunale svolta nel contesto del controllo di proporzionalità del regime controverso e rinvio, di conseguenza, alla mia analisi del secondo motivo dell’impugnazione in esame. |
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100. |
Per tali ragioni, il terzo motivo dovrebbe essere respinto in quanto infondato. |
V. Sulle spese
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101. |
La decisione sulle spese sarà adottata soltanto con riferimento alla mia conclusione principale, ossia l’irricevibilità dell’impugnazione. Tuttavia, non posso fare a meno di pensare che, se il Tribunale avesse affrontato correttamente la questione della decadenza dell’interesse ad agire nel corso del procedimento dinanzi ad esso e se avesse dichiarato il non luogo a statuire, la ricorrente avrebbe potuto indursi a rinunciare a presentare l’impugnazione in esame. Si potrebbe dunque tener conto di tale elemento al momento della determinazione delle spese. |
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102. |
Pertanto, ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, di quest’ultimo, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Consiglio ha chiesto la condanna della Bank Mellat alle spese e l’impugnazione da essa proposta dev’essere dichiarata irricevibile, occorre condannarla alle spese relative all’impugnazione. Invece, per le ragioni precedentemente illustrate, ritengo che la Corte debba applicare l’articolo 184, paragrafo 4, ultimo periodo, del regolamento di procedura della Corte e decidere che il Regno Unito e la Commissione sopporteranno le proprie spese. |
VI. Conclusione
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103. |
Alla luce dell’insieme delle precedenti considerazioni, propongo alla Corte di dichiarare e statuire quanto segue:
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( 1 ) Lingua originale: il francese.
( 2 ) T‑160/13, EU:T:2016:331.
( 3 ) GU 2012, L 356, pag. 34.
( 4 ) GU 2012, L 282, pag. 58.
( 5 ) Ossia nell’allegato II della decisione 2010/413/PESC del Consiglio, del 26 luglio 2010, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga la posizione comune 2007/140/PESC (GU 2010, L 195, pag. 39; in prosieguo: la «decisione 2010/413»), e nell’allegato V del regolamento (CE) n. 423/2007 del Consiglio, del 19 aprile 2007, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU 2007, L 103, pag. 1).
( 6 ) Ossia il regolamento (UE) n. 961/2010 del Consiglio, del 25 ottobre 2010, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga il regolamento (CE) n. 423/2007 (GU 2010, L 281, pag. 1), successivamente il regolamento (UE) n. 267/2012 del Consiglio, del 23 marzo 2012, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga il regolamento (UE) n. 961/2010 (GU 2012, L 88, pag. 1).
( 7 ) V. considerando 5 della decisione 2012/635.
( 8 ) In prosieguo, nel fare riferimento agli articoli 30, 30 bis e 30 ter come modificati o introdotti dall’articolo 1, punto 15, del regolamento n. 1263/2012, prenderò in considerazione il regolamento n. 267/2012 come modificato.
( 9 ) V., per una sintesi della sentenza impugnata, paragrafi 73 e segg. delle presenti conclusioni.
( 10 ) Per l’esame della competenza del Tribunale, v. punti da 25 a 40 della sentenza impugnata.
( 11 ) V. punti da 41 a 67 della sentenza impugnata.
( 12 ) V. punti da 68 a 78 della sentenza impugnata.
( 13 ) Sentenza del 18 febbraio 2016 (C‑176/13 P, EU:C:2016:96).
( 14 ) Il 14 ottobre 2016 il Regno Unito ha presentato un’impugnazione incidentale, infine ritirata il 21 giugno 2017.
( 15 ) V. articolo 1, punto 17, della decisione (PESC) 2015/1863 del Consiglio, del 18 ottobre 2015, che modifica la decisione 2010/413/PESC, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU 2015, L 274, pag. 174); articolo 1, punto 15, del regolamento (UE) 2015/1861 del Consiglio, del 18 ottobre 2015, che modifica il regolamento (UE) n. 267/2012, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU 2015, L 274, pag. 1); decisione (PESC) 2016/37 del Consiglio, del 16 gennaio 2016, relativa alla data di applicazione della decisione 2015/1863 (GU 2016, L 111, pag. 11), nonché nota informativa relativa alla data di applicazione del regolamento 2015/1861 e del regolamento di esecuzione (UE) 2015/1862 del Consiglio che attua il regolamento n. 267/2012, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU 2015, L 274, pag. 161).
( 16 ) Sentenza del 28 maggio 2013, Abdulrahim/Consiglio e Commissione (C‑239/12 P, EU:C:2013:331)
( 17 ) Sentenza del 18 febbraio 2016 (C‑176/13 P, EU:C:2016:96).
( 18 ) Sentenza del 28 maggio 2013 (C‑239/12 P, EU:C:2013:331).
( 19 ) La ricorrente fa qui riferimento alla sentenza del 12 dicembre 2006, Organisation des Modjahedines du peuple d’Iran/Consiglio (T‑228/02, EU:T:2006:384).
( 20 ) Tali effetti negativi sarebbero del tutto analoghi, secondo la ricorrente, a quelli dedotti ai punti da 80 a 85 della sentenza del 25 novembre 2014, Safa Nicu Sepahan/Consiglio (T‑384/11, EU:T:2014:986).
( 21 ) La ricorrente fa qui riferimento ai punti da 70 a 74 della sentenza del 28 maggio 2013, Abdulrahim/Consiglio e Commissione (C‑239/12 P, EU:C:2013:331).
( 22 ) V. sentenze del 21 dicembre 2011, ACEA/Commissione (C‑319/09 P, non pubblicata, EU:C:2011:857, punto 67), e del 27 febbraio 2014, Stichting Woonlinie e a./Commissione (C‑133/12 P, EU:C:2014:105, punto 54).
( 23 ) V. sentenza del 26 febbraio 2015, Planet/Commissione (C‑564/13 P, EU:C:2015:124, punti 28 e 34).
( 24 ) V. ordinanza del 31 luglio 1989, S./Commissione (206/89 R, EU:C:1989:333, punto 8).
( 25 ) V. sentenza del 20 giugno 2013, Cañas/Commissione (C‑269/12 P, non pubblicata, EU:C:2013:415, punto 15 e giurisprudenza ivi citata).
( 26 ) V. sentenza del 26 febbraio 2015, Planet/Commissione (C‑564/13 P, EU:C:2015:124, punto 34).
( 27 ) V. sentenza del 28 maggio 2013, Abdulrahim/Consiglio e Commissione (C‑239/12 P, EU:C:2013:331, punto 61).
( 28 ) V. sentenze del 19 ottobre 1995, Rendo e a./Commissione (C‑19/93 P, EU:C:1995:339, punto 13), e del 13 luglio 2000, Parlamento/Richard (C‑174/99 P, EU:C:2000:412, punto 33); v., altresì, ordinanza del presidente della Corte del 27 febbraio 2002, Commerzbank/Commissione [C‑480/01 P(R), EU:C:2002:127, punto 20]; ordinanze del 19 gennaio 2006, Audi/UAMI (C‑82/04 P, non pubblicata, EU:C:2006:48, punto 20); del 5 luglio 2012, Audi e Volkswagen/UAMI (C‑467/11 P, non pubblicata, EU:C:2012:425, punto 11), e del 15 novembre 2012, Neubrandenburger Wohnungsgesellschaft/Commissione (C‑145/12 P, non pubblicata, EU:C:2012:724, punto 23).
( 29 ) V. sentenza del 28 maggio 2013, Abdulrahim/Consiglio eCommissione (C‑239/12 P, EU:C:2013:331, punto 62).
( 30 ) Sentenza del 28 maggio 2013 (C‑239/12 P, EU:C:2013:331).
( 31 ) Sentenza del 28 maggio 2013 (C‑239/12 P, EU:C:2013:331).
( 32 ) Sentenza del 18 febbraio 2016 (C‑176/13 P, EU:C:2016:96). Va osservato che la sentenza della Corte è successiva all’entrata in vigore del piano d’azione.
( 33 ) Considerando 9 della decisione 2015/1863.
( 34 ) Considerando 5 e 6 del regolamento 2015/1861.
( 35 ) Considerando 14 della decisione 2015/1863.
( 36 ) V. articolo 2, secondo comma, del regolamento 2015/1861.
( 37 ) Considerando 9 della decisione 2015/1863. V., altresì, considerando 10 di detta decisione e considerando 6 e 7 del regolamento 2015/1861.
( 38 ) V. paragrafo 26 delle presenti conclusioni.
( 39 ) V. sentenza del 28 maggio 2013, Abdulrahim/Consiglio e Commissione (C‑239/12 P, EU:C:2013:331, punto 65).
( 40 ) V. sentenza del 28 maggio 2013, Abdulrahim/Consiglio e Commissione (C‑239/12 P, EU:C:2013:331, punti da 63 a 64).
( 41 ) V. sentenza del 28 maggio 2013, Abdulrahim/Consiglio e Commissione (C‑239/12 P, EU:C:2013:331, punto 68).
( 42 ) V. sentenza del 18 febbraio 2016, Consiglio/Bank Mellat (C‑176/13 P, EU:C:2016:96, punti 11 e segg.).
( 43 ) V. nota 12 dell’impugnazione.
( 44 ) V. sentenza del 28 maggio 2013, Abdulrahim/Consiglio e Commissione (C‑239/12 P, EU:C:2013:331, punto 72 e giurisprudenza ivi citata).
( 45 ) V. punti 127, 161 e 173 della sentenza impugnata.
( 46 ) Sentenza del 28 maggio 2013 (C‑239/12 P, EU:C:2013:331).
( 47 ) V. sentenza del 28 maggio 2013, Abdulrahim/Consiglio e Commissione (C‑239/12 P, EU:C:2013:331, punto 63 e giurisprudenza ivi citata).
( 48 ) Sentenza Consiglio/Bank Mellat (C‑176/13 P, EU:C:2016:96).
( 49 ) V. punti 68 e segg. della sentenza impugnata.
( 50 ) V. punto 76 della sentenza impugnata.
( 51 ) Sentenza del 28 maggio 2013 (C‑239/12 P, EU:C:2013:331).
( 52 ) V. punto 78 della sentenza impugnata.
( 53 ) V. punti da 44 a 55 della sentenza impugnata.
( 54 ) V. punto 56 della sentenza impugnata.
( 55 ) V. punti 57 e 58 della sentenza impugnata.
( 56 ) V. punto 59 della sentenza impugnata.
( 57 ) V. punti 60 e 61 della sentenza impugnata.
( 58 ) V. punti da 62 a 65 della sentenza impugnata.
( 59 ) V. punti 66 e 67 della sentenza impugnata.
( 60 ) Soltanto il Regno Unito sembra in definitiva contestare tale qualificazione nell’ambito della sua risposta scritta ai quesiti posti dalla Corte.
( 61 ) L’articolo 30 bis, paragrafo 1, del regolamento n. 267/2012 come modificato è così formulato: «I trasferimenti di fondi da e verso una persona, un’entità o un organismo iraniani che non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 30, paragrafo 1, sono trattati come segue: (…)» (il corsivo è mio).
( 62 ) In particolare, l’articolo 30, paragrafo 3, lettere b) e c), del regolamento n. 267/2012 come modificato. Si deve rilevare che l’articolo 30 ter, paragrafo 3, primo comma, di detto regolamento si applica anche ai casi contemplati dall’articolo 30 bis del medesimo regolamento, ma ho già precisato, in proposito, che non riguardava la ricorrente.
( 63 ) Sentenza del 13 marzo 2018 (C‑244/16 P, EU:C:2018:177, punti 42 e segg. e giurisprudenza ivi citata).
( 64 ) Sentenza del 13 marzo 2018 (C‑384/16 P, EU:C:2018:176, punti 32 e segg. e giurisprudenza ivi citata).
( 65 ) Ad eccezione dell’errore di diritto individuato al paragrafo 67 delle presenti conclusioni.
( 66 ) Il Tribunale, al punto 31 della sentenza impugnata, rileva che la ricorrente ha precisato che tale capo della domanda doveva essere interpretato come un’eccezione di illegittimità ai sensi dell’articolo 277 TFUE.
( 67 ) V. punti da 28 a 31 della sentenza impugnata.
( 68 ) V. punto 33 della sentenza impugnata.
( 69 ) V. punti 34 e 35 della sentenza impugnata.
( 70 ) V. punto 36 della sentenza impugnata.
( 71 ) V. punto 37 della sentenza impugnata.
( 72 ) V. punto 38 della sentenza impugnata.
( 73 ) V. punti 39 e 40 della sentenza impugnata.
( 74 ) Sentenza Consiglio/Bank Mellat (C‑176/13 P, EU:C:2016:96).
( 75 ) Sentenza del 23 aprile 2013 (da C‑478/11 P a C‑482/11 P, EU:C:2013:258). La Corte confermerà la propria posizione nella sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft (C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 103).
( 76 ) O «misure di portata generale» ai sensi del punto 98 della sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft (C‑72/15, EU:C:2017:236).
( 77 ) Parrebbe infatti trattarsi di un errore di diritto più che di un errore materiale.
( 78 ) V. sentenza del 1o marzo 2016, National Iranian Oil Company/Consiglio (C‑440/14 P, EU:C:2016:128, punto 54).
( 79 ) V. punti 100 e segg. della sentenza impugnata.
( 80 ) V. sentenza del 28 novembre 2013, Consiglio/Manufacturing Support & Procurement Kala Naft (C‑348/12 P, EU:C:2013:776, punto 120). V., altresì, sentenza del 1o marzo 2016, National Iranian Oil Company/Consiglio (C‑440/14 P, EU:C:2016:128, punto 77).
( 81 ) V. punti 117 e segg. della sentenza impugnata.
( 82 ) La sottolineatura è mia.
( 83 ) Al punto 122 della sentenza impugnata il Tribunale dimostra una certa prudenza riguardo alle premesse formulate dal Consiglio sintetizzate nel precedente punto di detta sentenza.
( 84 ) V. punto 126 della sentenza impugnata.
( 85 ) V. punto 164 della sentenza impugnata.
( 86 ) V. punto 165 della sentenza impugnata.
( 87 ) V. punto 167 della sentenza impugnata.
( 88 ) V. punti 242 e 243 della sentenza impugnata.
( 89 ) Punto 243 della sentenza impugnata.
( 90 ) V. punti da 226 a 229 della sentenza impugnata.
( 91 ) V. punti da 232 a 240 della sentenza impugnata.
( 92 ) V., per una rassegna di tali garanzie, sentenza del 21 dicembre 2011, France/People’s Mojahedin Organization of Iran (C‑27/09 P, EU:C:2011:853, punti da 64 a 66).