CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

M. CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA

presentate il 28 novembre 2017 ( 1 )

Cause riunite C‑259/16 e C‑260/16

Confederazione Generale Italiana dei Trasporti e della Logistica (Confetra),

Associazione Nazionale Imprese Trasporti Automobilistici,

Società Fercam SpA,

Associazione non Riconosciuta Alsea,

Associazione Fedit,

Società Carioni Spedizioni Internazionali Srl,

Federazione Nazionale delle Imprese di Spedizioni Internazionali — Fedespedi,

Società Tnt Global Express SpA (C‑259/16),

Associazione Italiana dei Corrieri Aerei Internazionali (AICAI),

DHL Express (Italy) Srl,

Federal Express Europe Inc.,

United Parcel Service Italia Ups Srl (C‑260/16)

contro

Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni,

Ministero dello Sviluppo Economico,

con l’intervento di:

Poste Italiane SpA

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Italia)]

«Questione pregiudiziale – Libera prestazione dei servizi – Servizi postali all’interno dell’Unione europea – Società che operano nel settore dell’invio di merci, del trasporto su strada o della consegna di colli espressi – Autorizzazioni per la prestazione di servizi postali al pubblico – Contributo ai costi del servizio universale»

1. 

La liberalizzazione progressiva del mercato interno dei servizi postali, essenziali per la coesione economica e sociale, ha consentito la prestazione dei servizi in parola da parte di imprese di natura eterogenea, accanto agli operatori storici ai quali erano tradizionalmente affidati. Tale nuova situazione impone di precisare, fra altre questioni, quando si debba ritenere che le imprese di trasporto e di corriere espresso forniscano, in realtà, servizi postali.

2. 

Detto stesso fenomeno di liberalizzazione ha avuto come contraltare il fatto che gli Stati membri debbano garantire agli utenti il diritto di contare su un’offerta di tali servizi (in particolare, di alcune delle prestazioni inerenti agli stessi catalogate come essenziali) con un determinato livello di qualità, in forma permanente in tutto il territorio e a prezzi accessibili. Questa è la nozione di servizio universale. Tuttavia, il consenso sugli aspetti centrali dei servizi in parola si incrina al momento di decidere da chi e come gli stessi debbano essere finanziati.

3. 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio chiede, in sostanza: a) se la direttiva 97/67/CE ( 2 ) si applichi alle attività di autotrasporto e di corriere espresso; b) se, nell’ipotesi di un tale assoggettamento a quest’ultima direttiva, le imprese che svolgono le attività in discussione abbiano bisogno di un’autorizzazione per poter operare, e c) se le stesse debbano contribuire al finanziamento del servizio universale in Italia.

4. 

La presente controversia trae origine dai ricorsi giurisdizionali proposti da alcune imprese di trasporto e di corriere espresso, nonché da associazioni affini, che chiedono l’annullamento di una delibera e di un regolamento adottati dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ( 3 ), nonché di un decreto del Ministro dello Sviluppo economico ( 4 ), sul regime di rilascio dei titoli abilitativi per l’offerta al pubblico di servizi postali ( 5 ).

I. Contesto normativo

A.   Diritto dell’Unione

Direttiva 97/67 ( 6 )

5.

I considerando 22 e 23 sono del seguente tenore:

«(22)

considerando che gli Stati membri dovrebbero avere la possibilità di regolamentare sul rispettivo territorio, mediante appropriate procedure di autorizzazione, la fornitura dei servizi postali non riservati ai prestatori del servizio universale; che queste procedure debbono essere trasparenti, non discriminatorie, proporzionate e basate su criteri oggettivi;

(23)

considerando che gli Stati membri dovrebbero avere la possibilità di subordinare la concessione delle licenze a obblighi di servizio universale o a contributi finanziari a un fondo di compensazione destinato a compensare il prestatore del servizio universale per la prestazione di servizi che rappresentano un onere finanziario eccessivo; (…)».

6.

L’articolo 2 contiene le seguenti definizioni:

«Ai fini della presente direttiva s’intende per:

1)

servizi postali: i servizi che includono la raccolta, lo smistamento, il trasporto e la distribuzione degli invii postali.

1 bis)

fornitore di un servizio postale: l’impresa che fornisce uno o più servizi postali».

7.

Al punto 6, lo stesso articolo definisce l’invio postale nei seguenti termini:

«invio postale: l’invio, nella forma definitiva al momento in cui viene preso in consegna dal fornitore di servizi postali. Si tratta, oltre agli invii di corrispondenza, di, ad esempio, libri cataloghi, giornali, periodici e pacchi postali contenenti merci con o senza valore commerciale;

8.

Ai sensi dell’articolo 2, punto 19, sono «esigenze essenziali»:

«i motivi di interesse generale e di natura non economica che possono portare uno Stato membro ad imporre condizioni in materia di fornitura di servizi postali. Tali motivi sono la riservatezza della corrispondenza, la sicurezza del funzionamento della rete in materia di trasporto di sostanze pericolose, il rispetto delle condizioni di lavoro e dei sistemi di sicurezza sociale previsti dalla legge, dai regolamenti o dalle disposizioni amministrative e/o dagli accordi collettivi negoziati tra le parti sociali nazionali in conformità al diritto comunitario e nazionale e, nei casi in cui sia giustificato, la protezione dei dati, la tutela dell’ambiente e l’assetto territoriale. (…)».

9.

L’articolo 7 indica quanto segue:

«1.   (…) Gli Stati membri possono finanziare la fornitura del servizio universale in conformità ad uno o più degli strumenti di cui ai paragrafi 2, 3 e 4, o in conformità a qualsiasi altro strumento compatibile con il trattato.

(…)

3.   Se uno Stato membro stabilisce che gli obblighi del servizio universale previsti dalla presente direttiva comportano un costo netto, calcolato tenendo conto dell’allegato I, e rappresentano un onere finanziario eccessivo per il fornitore o i fornitori del servizio universale, può introdurre:

a)

un meccanismo volto a compensare l’impresa interessata a partire da fondi pubblici;

b)

un meccanismo volto a ripartire il costo netto degli obblighi di servizio universale tra i fornitori di servizi e/o gli utenti.

4.   Se il costo netto è ripartito conformemente al paragrafo 3, lettera b), gli Stati membri possono istituire un fondo di compensazione che può essere finanziato mediante diritti a carico dei fornitori e/o degli utenti (…). Gli Stati membri possono vincolare la concessione di autorizzazioni ai fornitori di servizi di cui all’articolo 9, paragrafo 2, all’obbligo di contribuire finanziariamente al fondo o di adempiere gli obblighi del servizio universale. (…)».

10.

A termini dell’articolo 9:

«1.   Per i servizi che esulano dall’ambito di applicazione del servizio universale, gli Stati membri possono introdurre autorizzazioni generali nella misura necessaria per garantire la conformità alle esigenze essenziali.

2.   Per i servizi che rientrano nell’ambito di applicazione del servizio universale, gli Stati membri possono introdurre procedure di autorizzazione, comprese licenze individuali, nella misura necessaria per garantire la conformità alle esigenze essenziali e per garantire la fornitura del servizio universale.

La concessione di autorizzazioni può:

(…)

se opportuno, essere subordinata all’obbligo di contribuire finanziariamente ai meccanismi di condivisione dei costi di cui all’articolo 7, qualora la fornitura del servizio universale comporti un costo netto e rappresenti un onere indebito per il fornitore o i fornitori del servizio universale designati conformemente all’articolo 4.

(…)

se opportuno, essere subordinata all’obbligo di rispettare le condizioni di lavoro previste dalla legislazione nazionale, o imporre il rispetto di tali condizioni.

(…)

Tranne nel caso di imprese designate come fornitori del servizio universale a norma dell’articolo 4, le autorizzazioni non possono:

essere limitate in numero,

per gli stessi elementi del servizio universale o parti del territorio nazionale, imporre obblighi di servizio universale e, al tempo stesso, l’obbligo di contribuire finanziariamente ad un meccanismo di condivisione dei costi,

riprendere condizioni applicabili alle imprese in virtù di altre norme legislative nazionali, non settoriali,

(…)».

Direttiva 2008/6

11.

A termini del considerando 17:

«I servizi di solo trasporto non dovrebbero essere considerati servizi postali. (…)».

12.

Il considerando 27 indica quanto segue:

«(27)

Può essere imposto ai fornitori di servizi postali di contribuire al finanziamento del servizio universale nei casi in cui è previsto un fondo di compensazione. Al fine di determinare quali imprese possano essere chiamate a contribuire al fondo di compensazione, gli Stati membri dovrebbero valutare se i servizi forniti da tali imprese possono, nell’ottica di un utente, essere considerati come servizi che rientrano nell’ambito di applicazione del servizio universale, poiché denotano un livello di intercambiabilità sufficiente rispetto al servizio universale, tenuto conto delle loro caratteristiche, compresi gli aspetti che comportano un valore aggiunto, nonché l’impiego previsto e la tariffazione. Tali servizi non devono necessariamente coprire tutte le caratteristiche del servizio universale, come la distribuzione quotidiana o la copertura nazionale completa».

B.   Diritto italiano

13.

La direttiva 97/67 è stata trasposta nell’ordinamento italiano dal decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261 ( 7 ). Le modifiche a tale direttiva introdotte con la direttiva 2008/6 ( 8 ) sono state trasposte nel diritto interno dal decreto legislativo 31 marzo 2011, n. 58 ( 9 ).

14.

L’articolo 6, commi 1 e 1 bis, del decreto legislativo n. 261, come modificato dal decreto legislativo n. 58, dispone come segue:

«1   L’offerta al pubblico di servizi non rientranti nel servizio universale, compreso l’esercizio di casellari privati per la distribuzione di invii di corrispondenza, è soggetta ad autorizzazione generale (…).

1 bis   Il rilascio dell’autorizzazione generale, anche per il fornitore del servizio universale, tenuto conto della situazione del mercato e dell’organizzazione dei servizi postali, può essere subordinata a specifici obblighi del servizio universale (…) ovvero a obblighi di contribuzione finanziaria ai meccanismi di condivisione dei costi di cui all’articolo 10 del presente decreto. (…)».

15.

Conformemente all’articolo 10, comma 2, del decreto legislativo n. 261/1999:

«2. Sono tenuti a contribuire al fondo di cui al comma 1 i titolari di licenze individuali e di autorizzazione generale entro la misura massima del dieci per cento degli introiti lordi, relative a servizi sostitutivi di quelli compresi nel servizio universale, derivanti dall’attività autorizzata».

16.

Il regolamento in materia di titoli abilitativi per l’offerta al pubblico di servizi postali, approvato dall’AGCom ( 10 ) (in prosieguo: il «regolamento sui titoli abilitativi»), all’articolo 1, comma 1, lettere g), i) e r), prevede quanto segue:

«1.   Ai fini del presente regolamento, si intendono per:

(…)

g)

“servizi postali”: i servizi che includono la raccolta, lo smistamento, il trasporto e la distribuzione degli invii postali, inclusi quelli rientranti nell’ambito di applicazione del servizio universale postale;

(…)

i)

“servizi postali a valore aggiunto”: servizi riconducibili al servizio universale postale caratterizzati da prestazioni supplementari anche se relative a singole fasi del servizio postale (es. consegna nelle mani del destinatario, garanzia di recapito ad una determinata ora, ritiro a domicilio, conferma dell’avvenuta consegna, possibilità di cambio di indirizzo, tracciamento elettronico);

(…)

r)

“attività di solo trasporto”: lo svolgimento di attività relative alla fase di trasporto che non comprendano lo svolgimento di altre attività inquadrabili nelle fasi della sequenza dei servizi postali come definiti alla lettera g)».

17.

A termini dell’articolo 8, comma 4, del regolamento, «[l]’autorizzazione generale non è richiesta per l’attività di solo trasporto».

18.

Ai sensi degli articoli 11, comma 1, lettera f), e 15, comma 2, del regolamento sui titoli abilitativi, il soggetto titolare di un’autorizzazione generale è tenuto a contribuire al fondo di compensazione degli oneri di servizio universale, ove sussistano i presupposti previsti dal considerando 27 della direttiva 2008/6 e dall’articolo 10, comma 2, del decreto legislativo n. 261/1999.

19.

Il decreto del Ministro dello Sviluppo economico ( 11 ) stabilisce, all’articolo 9, che i soggetti titolari di licenze individuali o generali sono tenuti a rispettare gli obblighi di cui all’articolo 11 del regolamento.

II. Fatti all’origine della controversia e questioni pregiudiziali

20.

Le ricorrenti sono imprese e associazioni di imprese esercenti attività di autotrasporto, di spedizione e di corriere espresso ( 12 ). Benché affermino di non offrire servizi postali, esse dispongono di un’autorizzazione generale di cui all’articolo 6 del decreto legislativo n. 261/1999, che avevano richiesto a titolo cautelare, stante l’asserita incertezza della normativa italiana che disciplina tali servizi.

21.

Nel 2015 le ricorrenti hanno proposto un ricorso dinanzi al giudice del rinvio, chiedendo l’annullamento della delibera n. 129/15 e del regolamento sui titoli abilitativi. Esse sostenevano che le loro attività di autotrasportatori, operatori del settore dei trasporti o spedizionieri, così come quelle di corriere espresso, non possono considerarsi servizi postali ai sensi dell’articolo 2 della direttiva 97/67 e dell’articolo 1 del decreto legislativo n. 261/1999. Le ricorrenti lamentano al contempo che la normativa impugnata sarebbe gravosa, contraria al diritto dell’Unione e sproporzionata rispetto agli interessi che intende tutelare e alle attività delle ricorrenti. Queste ultime censurano, in particolare, l’obbligo di ottenere un’autorizzazione per servizi che dovrebbero esserne esentati e si oppongono all’obbligo di contribuire al fondo di compensazione del servizio universale.

22.

Il giudice del rinvio, dopo aver esposto il proprio punto di vista nell’ordinanza di rinvio (in termini generali, favorevole alla tesi delle ricorrenti), ha deciso di sospendere il procedimento e di proporre le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Dica la Corte se il diritto dell’Unione europea, in particolare, gli articoli [2], numeri 1, 1 bis e 6 della direttiva 97/67/CE [ ( 13 )], come successivamente integrata e modificata dalla direttiva 2008/6/CE, ostino all’applicazione di una norma nazionale, in particolare l’articolo 2, lettere a) e f), del decreto legislativo n. [261]/1999, nonché l’articolo 1, comma 1, lettere g) e r) in combinato disposto e lettera i) del “Regolamento in materia di titoli abilitativi per l’offerta al pubblico di servizi postali” di cui all’Allegato A alla delibera AGCOM 129/15/CONS del 23 marzo 2015 e il relativo “Disciplinare delle procedure per il rilascio dei titoli abilitativi per l’offerta al pubblico dei servizi postali” di cui al decreto del Ministero dello Sviluppo economico del 29 luglio 2015, in quanto volti a ricomprendere nell’ambito del servizio postale anche i servizi di autotrasportatore, di spedizioniere, e di corriere espresso;

2)

Dica la Corte se il diritto dell’Unione europea, in particolare, gli articoli 9, paragrafo 1, e [2], n. 19, della direttiva 97/67/CE, (…) nonché i principi di proporzionalità e ragionevolezza, ostino all’applicazione di una norma nazionale, in particolare l’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. [261]/1999, nonché l’articolo 8 del “Regolamento in materia di titoli abilitativi per l’offerta al pubblico di servizi postali” di cui all’Allegato A alla delibera AGCOM 129/15/CONS del 23 marzo 2015 e il relativo “Disciplinare delle procedure per il rilascio dei titoli abilitativi per l’offerta al pubblico dei servizi postali” di cui al decreto del Ministero dello Sviluppo economico del 29 luglio 2015, in quanto impongono ai fornitori dei servizi di autotrasportatore, di spedizioniere, e di corriere espresso di dotarsi di autorizzazione generale in misura ulteriore rispetto a quella necessaria a garantire le esigenze essenziali in materia di fornitura di servizi postali.

3)

Dica la Corte se il diritto dell’Unione europea, e, in particolare, gli articoli 7, paragrafo 4, e 9, paragrafo 2, della direttiva 97/67/CE, (…) ostino all’applicazione di una norma nazionale, in particolare, gli articoli 6, comma 1 bis, e 10, comma 2, del decreto legislativo n. 261/1999, nonché gli articoli 11, comma 1, lettera f), e 15, comma 2, del “Regolamento in materia di titoli abilitativi per l’offerta al pubblico di servizi postali” di cui all’Allegato A alla delibera AGCOM 129/15/CONS del 23 marzo 2015 e l’articolo 9 del relativo “Disciplinare delle procedure per il rilascio dei titoli abilitativi per l’offerta al pubblico dei servizi postali” di cui al decreto del Ministero dello Sviluppo economico del 29 luglio 2015, in quanto impongono ai fornitori dei servizi di autotrasportatore, di spedizioniere, e di corriere espresso l’onere di contribuire al fondo di compensazione del servizio universale.

4)

Dica la Corte se il diritto dell’Unione europea, e, in particolare, l’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 97/67/CE, (…) osti all’applicazione di una norma nazionale, in particolare, gli articoli 6 e 10 del decreto legislativo n. 261/1999, nonché gli articoli 11, comma 1, lettera f) e 15, comma 2, del “Regolamento in materia di titoli abilitativi per l’offerta al pubblico di servizi postali” di cui all’Allegato A alla delibera AGCOM 129/15/CONS del 23 marzo 2015 e l’articolo 9 del relativo “Disciplinare delle procedure per il rilascio dei titoli abilitativi per l’offerta al pubblico dei servizi postali” di cui al decreto del Ministero dello Sviluppo economico del 29 luglio 2015, in quanto non contengono alcuna valutazione circa i casi in cui la contribuzione al fondo di compensazione dei costi del servizio universale può dirsi opportuna, e non prevedono delle modalità applicative differenziate, in relazione sia alla situazione soggettiva dei contribuenti e dei mercati».

III. Procedimento dinanzi alla Corte di giustizia

23.

L’ordinanza di rinvio relativa alla causa C‑259/16 è pervenuta alla cancelleria della Corte di giustizia il 10 maggio 2016 e quella relativa alla causa C‑260/16 vi è prevenuta il giorno successivo, ossia l’11 maggio. Data la connessione esistente tra le due cause, è stata disposta la loro riunione.

24.

Hanno presentato osservazioni scritte la Confetra e a. ( 14 ), l’AICAI e a. ( 15 ), la UPS Italia, Poste Italiane SpA, il governo italiano e la Commissione. Gli stessi soggetti, nonché il governo francese, sono intervenuti all’udienza del 20 settembre 2017.

IV. Analisi giuridica

A.   Osservazioni preliminari

25.

Nelle quattro questioni pregiudiziali si cita il decreto, al fine di verificarne la compatibilità con la direttiva 96/67. Ciononostante, tale atto disciplina gli aspetti procedurali, più che quelli materiali, del rilascio di licenze e autorizzazioni nel settore delle poste italiane. Per gli aspetti sostanziali, di fatto, vigono le altre due normative (vale a dire, il decreto legislativo n. 261/1999 e il regolamento sui titoli abilitativi).

26.

In ogni caso, poiché nella prima e nella seconda questione non viene indicata una disposizione specifica del decreto, è quasi impossibile effettuare una siffatta analisi. La terza e la quarta questione si riferiscono all’articolo 9 di detto decreto; tuttavia, non ritengo necessario esaminare tale articolo, giacché si limita a rinviare agli obblighi dei soggetti titolari di autorizzazioni generali stabiliti dall’articolo 11 del regolamento sui titoli abilitativi. Mi concentrerò quindi sulle rimanenti norme nazionali sulle quali verte il presente rinvio pregiudiziale.

27.

Quando nei presenti procedimenti pregiudiziali era in corso la fase scritta, la Corte di giustizia ha emesso sentenza nella causa DHL Express (Austria) ( 16 ), pronunciandosi sull’obbligo incombente ad un’impresa di servizi di corriere espresso e posta celere di contribuire al finanziamento dell’autorità nazionale di regolamentazione responsabile per il settore interessato, alla luce dell’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 97/67. L’impatto di tale sentenza e di quella pronunciata il 15 giugno 2017, Ilves Jakelu ( 17 ), sui presenti rinvii pregiudiziali è stato discusso all’udienza.

B.   Sulla prima questione pregiudiziale

1. Sintesi degli argomenti delle parti

28.

Per la Confetra, la direttiva 97/67 osta ad una normativa nazionale che ricomprende nell’ambito del servizio postale i servizi di autotrasporto, spedizioniere e corriere espresso. Né la definizione giuridica né la natura di alcuno dei servizi stessi presenta un collegamento con il servizio postale. In particolare, rimarrebbero esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva in parola gli autotrasportatori, che si dedicano alla raccolta o alla distribuzione degli invii postali, le quali costituiscono operazioni ancillari dell’attività principale (il trasporto).

29.

Con l’appoggio dell’AICAI e a. nonché dell’UPS, la Confetra ribadisce le note caratteristiche del servizio di corriere espresso, come la flessibilità nel trattamento dei pacchi, la tariffazione individuale, il pagamento successivo all’invio, il servizio «porta a porta» e altri aspetti analoghi, che lo distinguono dal servizio postale in regime di servizio universale, pur costituendo uno dei settori di quest’ultimo.

30.

Secondo l’ACAI e a., la risposta alla prima questione sarebbe stata fornita dalla sentenza Corbeau ( 18 ), e si evincerebbe dal considerando 18 della direttiva 97/67 che le attività di posta espressa non rientrano nel servizio universale. Essi aggiungono che la definizione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, punto 1, della direttiva è assimilabile a quella dei servizi postali tradizionali, ossia servizi standardizzati e destinati ad una clientela generale. Tuttavia, tale considerando commetterebbe l’errore di ridurre le note caratteristiche del corriere espresso ad un semplice servizio postale a valore aggiunto.

31.

L’UPS osserva che i servizi postali di interesse economico generale sono espressamente esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno ( 19 ), in virtù del combinato disposto dei suoi articoli 1 e 17, paragrafo 1, lettera a). Di conseguenza, a contrario, tali servizi postali rimarrebbero assoggettati alla direttiva 97/67, mentre i restanti servizi, tra i quali quelli di corriere espresso, sarebbero disciplinati dalla direttiva 2006/123. Detta impresa segnala che la prassi decisionale della Commissione, nell’ambito del controllo delle operazioni di concentrazione economica, confermerebbe le disparità esistenti tra i mercati dei pacchetti standardizzati e dei colli urgenti ( 20 ). Difatti, la Commissione avrebbe sottolineato la scarsa presenza degli operatori tradizionali dei servizi di posta standardizzata sul mercato della posta espressa ( 21 ).

32.

Poste Italiane, il governo italiano e la Commissione concordano sul fatto che, da una lettura combinata dell’articolo 2, punti 1 e 1 bis, della direttiva 97/67 e del considerando 17 della direttiva 2008/6, si evince che la definizione dei servizi postali ricomprende tutte le imprese di trasporto che svolgono al contempo talune operazioni tipiche del servizio postale, come la raccolta, lo smistamento o la distribuzione degli invii postali. Sarebbero escluse da tale definizione unicamente le attività di solo trasporto ( 22 ). Per tale motivo, non sarebbe possibile escludere le imprese che prestano servizi di corriere espresso, giacché realizzano altresì una o più delle operazioni distintive dei servizi postali ( 23 ). Le prestazioni a valore aggiunto caratteristiche del corriere espresso non alterano il fatto che lo stesso appartiene al settore dei servizi postali.

33.

Il governo italiano richiama altresì l’attenzione sulle prospettive di evoluzione del diritto derivato che rafforzerebbero siffatta interpretazione. Così, la proposta di regolamento 2016/149 ( 24 ) non opererebbe una differenziazione tra pacchi «semplici» e pacchi «postali», contrariamente a quanto suggerisce il giudice del rinvio.

2. Analisi giuridica

34.

All’articolo 1, primo trattino, la direttiva 97/67 stabilisce regole comuni sulle condizioni applicabili alla prestazione di «servizi postali», che comprendono, secondo la definizione, in termini esaustivi ( 25 ), di cui al successivo articolo 2, punto 1, «la raccolta, lo smistamento, il trasporto e la distribuzione degli invii postali». D’ora in avanti evidenzierò in corsivo il trasporto, data l’importanza che riveste per la risposta alla questione in esame.

35.

La nozione di «invio postale» è definita all’articolo 2, punto 6, della direttiva 97/67, come l’invio, nella forma definitiva al momento in cui viene preso in consegna dal fornitore di servizi postali. Gli invii postali possono includere, oltre ovviamente agli invii di corrispondenza ( 26 ), anche libri, cataloghi, giornali, periodici e «pacchi postali contenenti merci con o senza valore commerciale».

36.

Atteso che si considera fornitore di un servizio postale qualsiasi impresa che fornisce uno o più dei servizi elencati all’articolo 2, punto 1, della direttiva 97/67, da una prima lettura combinata delle succitate disposizioni si potrebbe dedurre che il trasporto di invii postali si inquadra nei servizi postali. Basterebbe quindi che un’impresa si dedicasse al trasporto di detti invii per rientrare nell’ambito di applicazione della direttiva 97/67, non essendo necessario che essa svolga anche un’altra attività tra quelle menzionate all’articolo 2, punto 1.

37.

Tuttavia, nel modificare la direttiva 97/67, la direttiva 2008/6 ha indicato espressamente, nella prima frase del considerando 17, che i servizi di solo trasporto non dovrebbero essere considerati servizi postali. Benché tale affermazione non sia inclusa nel testo ( 27 ), si potrebbe pensare che sia corrispondente all’obiettivo del legislatore originario, per il quale il trasporto dissociato dal resto delle attività postali non rientrava, fin dall’inizio, nell’ambito di applicazione della direttiva 97/67.

38.

Nella controversia principale, l’eventuale qualificazione dei fornitori di servizi postali riguarda due categorie di imprese: quelle che svolgono attività di autotrasporto e spedizione, da un lato, e le imprese che svolgono servizi di corriere espresso, dall’altro. Gli stessi organismi o agenzie di regolamentazione dei servizi postali hanno posto in evidenza la difficoltà di delimitare il campo di applicazione delle norme trasversali (come quelle che disciplinano il trasporto) in relazione a quelle che si occupano specificamente dei servizi postali, quando entrambe incidono sulle dette due categorie di imprese ( 28 ). Mi riferirò separatamente a ciascuna di esse.

a) Le imprese di trasporti

39.

Negli ultimi anni, l’evoluzione del mercato dei servizi postali sta mostrando una chiara tendenza alla diversificazione, indotta principalmente dall’espansione del commercio elettronico. Le imprese tradizionali del settore postale competono con quelle di logistica e di trasporti, e perfino gli operatori del trasporto industriale di merci si convertono in imprese di spedizione. La loro clientela non chiede solamente i classici servizi di trasporto delle merci (dalla fabbrica ai centri commerciali), ma anche la distribuzione di singoli pacchi. Compaiono in tal modo nuove tipologie di imprese che non corrispondono completamente all’idea degli operatori postali, ma offrono servizi analoghi che potrebbero arrivare a sostituire questi ultimi ( 29 ).

40.

Le imprese di trasporti e di spedizioni chiedono un’interpretazione della direttiva 97/67 che le allontani dal suo ambito di applicazione. Esse affermano che, nel prestare i propri servizi di trasporto di invii postali, l’eventuale esecuzione di altre operazioni (come la raccolta e la distribuzione di tali invii) avviene esclusivamente come attività accessoria di quella principale. Pertanto esse non potrebbero venire assimilate ai fornitori di servizi postali ( 30 ).

41.

Non condivido tale tesi, per svariati motivi.

42.

In primo luogo, in mancanza di altre indicazioni nei lavori preparatori della direttiva 2008/6 ( 31 ), l’interpretazione più logica della prima frase del suo considerando 17 ( 32 ) è che si tratta di una precisazione dell’articolo 2, punti 1 e 6, una disposizione che «chiarisce ma non altera» ( 33 ), nel senso che la prestazione di un servizio circoscritto al solo trasporto di invii postali, senza lo svolgimento di un’altra attività distintiva del servizio postale (raccolta, smistamento o distribuzione), non è assoggettata alla normativa del settore postale ( 34 ).

43.

In secondo luogo, se accettassimo che il carattere accessorio delle attività di raccolta e distribuzione di invii postali esclude le imprese di autotrasporto dall’ambito di applicazione della direttiva 97/67, le difficoltà di interpretazione si moltiplicherebbero. Invece di considerare il dato oggettivo, e facilmente verificabile, relativo alla circostanza che si sia proceduto effettivamente alla raccolta, allo smistamento o alla distribuzione di invii postali, si dovrebbe valutare ad casum la maggiore o minore proporzione dei servizi «accessori» rispetto ai servizi principali (trasporto) offerti da tali imprese, per delimitare il regime giuridico applicabile.

44.

A mio avviso, l’elemento importante ai fini della direttiva 97/67 non è tanto la percentuale che rappresentano i servizi «accessori» rispetto ai servizi di trasporto, quanto piuttosto il fatto che un operatore presti i primi unitamente ai secondi nell’ambito della definizione dei servizi postali ( 35 ). Oltre all’incertezza giuridica che provocherebbe l’interpretazione suggerita dalla Confetra, non si riscontra alcun elemento della direttiva 97/67 che la sostenga.

45.

Infine, la spiegazione che suggerisco trova conforto nella proposta di regolamento relativo ai servizi di consegna transfrontaliera dei pacchi ( 36 ), il cui considerando 8 indica che «[i]n linea con la prassi attuale e con la direttiva [97/67] [ ( 37 )] ogni fase del servizio postale, ossia la raccolta, lo smistamento e la consegna dovrebbe essere considerata un servizio di consegna dei pacchi» e che «[i]l solo trasporto che non venga effettuato in combinazione con una di queste fasi non rientra nell’ambito dei servizi di consegna dei pacchi perché in questo caso si può ritenere che tale attività rientri nel settore dei trasporti» ( 38 ).

b) Le imprese esercenti servizi di corriere espresso

46.

Quanto ai fornitori di servizi di corriere espresso, la Corte di giustizia li ha già considerati come prestatori di servizi postali almeno in quattro occasioni: i) qualificandoli come servizi «specifici» nella sentenza Corbeau ( 39 ); ii) dichiarando che era loro applicabile l’obbligo di soggiacere alla procedura esterna per la gestione dei reclami, come quella di cui all’articolo 19 della direttiva 97/67, nella sentenza DHL International ( 40 ); iii) interpretando l’articolo 9, paragrafo 2, ddella direttiva in parola nel senso che una normativa nazionale può assoggettarli, come tutti gli altri operatori postali, all’obbligo di contribuire al finanziamento dell’autorità di regolamentazione responsabile del settore postale, nella sentenza DHL Express (Austria) ( 41 ), e iv) dichiarando che la prestazione di tali servizi può essere assoggettata alla concessione di un’autorizzazione generale, nella sentenza Ilves Jakelu ( 42 ). Le menzionate sentenze risulterebbero incomprensibili se la Corte di giustizia non avesse accettato il presupposto che il servizio di corriere espresso si inquadra nell’ambito dei servizi postali.

47.

Per quanto il servizio di corriere espresso presenti differenze, talvolta importanti, con il servizio postale dedicato alla corrispondenza, il nucleo della sua attività rimane comunque da collocarsi tra gli strumenti di comunicazione e di scambio di informazione che caratterizzano i servizi postali ( 43 ). Esso rappresenta effettivamente un segmento del mercato postale, caratterizzato da prestazioni di alta qualità, debitamente remunerate dai clienti. Inoltre, le definizioni di cui alla direttiva 97/67, come quella di «servizi postali» e di «invio postale» ( 44 ), sono sufficientemente ampie da poter includere i detti servizi specifici di elevato valore aggiunto ( 45 ).

48.

In considerazione di tali premesse, sebbene spetti, da ultimo, al giudice del rinvio verificare la compatibilità della sua normativa nazionale con la direttiva 97/76, alla luce dell’emananda sentenza della Corte di giustizia, ritengo che le disposizioni citate nella prima questione formulata nell’ordinanza di rinvio siano conformi alla stessa. Da un lato, lo stesso giudice del rinvio ha confermato la fedele trasposizione dell’articolo 2, punti 1, 1 bis e 6, della direttiva 97/67 nell’articolo 2, lettere a) e f), del decreto legislativo n. 261/1999. Dall’altro, gli articoli 1, paragrafo 1, lettere g), i) e r), e 8, paragrafo 4, del regolamento sui titoli abilitativi, si conformano all’interpretazione dei servizi postali e di trasporto da me suggerita.

49.

Ciò è così, in particolare, perché il regolamento in parola (articolo 8, paragrafo 4) non richiede un’autorizzazione generale per l’attività di solo trasporto. A tenore del suo articolo 1, paragrafo 1, lettera r), tale nozione è definita come «lo svolgimento di attività relative alla fase di trasporto che non comprendano lo svolgimento di altre attività inquadrabili nelle fasi della sequenza dei servizi postali come definiti alla lettera g)», la quale, a sua volta, spiega cosa debba intendersi per «servizi postali».

C.   Sulla seconda questione pregiudiziale

1. Sintesi degli argomenti delle parti

50.

La Confetra sostiene che l’imposizione dell’obbligo di ottenere un’autorizzazione generale alle imprese che non prestano un servizio universale è subordinata, ai sensi all’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 97/67, alla necessità di garantire la conformità alle esigenze essenziali, come indicate dall’articolo 2, punto 19. A suo parere, l’autorizzazione è stata imposta in Italia senza che le autorità competenti abbiano effettuato alcuna verifica della necessità di adottare misure regolatorie basate sulle dette esigenze. Inoltre, essa considera sproporzionati gli obblighi che le sono stati imposti.

51.

L’AICAI e a. e la UPS condividono le summenzionate censure. Esse aggiungono che il mercato postale dispone di un elevato grado di concorrenza e non denota segni di debolezza tali da rendere necessario il ricorso ai motivi di interesse generale (esigenze essenziali), che legittimano l’imposizione di condizioni. La circostanza che l’articolo 1 del decreto legislativo n. 261/1999 qualifichi come attività di preminente interesse generale i servizi di raccolta, smistamento, trasporto e distribuzione degli invii postali non giustifica un regime di autorizzazione obbligatoria, poiché in tal modo si nega l’effetto utile dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 97/67. Inoltre, molti degli obblighi stabiliti da tale decreto legislativo sono già contemplati da altre norme settoriali.

52.

Secondo Poste Italiane, l’ampio margine discrezionale che la direttiva 97/67 conferisce agli Stati membri per adottare regimi di autorizzazione generale e per designare i servizi postali non universali soggetti ad autorizzazione rende il regime italiano compatibile con il diritto dell’Unione. Detta società adduce che il legislatore nazionale ha soppesato la necessità di adottare misure regolatorie alla luce delle esigenze essenziali, attraverso l’articolo 6 del decreto legislativo n. 261/1999 e la qualifica di «attività di preminente interesse generale» di cui al suo articolo 1. Quanto alla proporzionalità, essa pone in evidenza la legittimità dell’obiettivo di rispettare la legislazione in materia di lavoro, conformemente all’articolo 2, punto 19, della direttiva 97/67. Inoltre, la procedura di concessione limita il meno possibile le libertà fondamentali, giacché il prestatore di servizi postali può dare inizio alla propria attività 45 giorni dopo aver presentato la domanda.

53.

Il governo italiano concorda con Poste Italiane sull’ampio margine discrezionale di cui godono gli Stati membri, tenuto conto soprattutto del carattere di armonizzazione minima della direttiva 97/67. Ne deriva che la potestà regolamentare riconosciuta agli Stati membri non è limitata al servizio universale, poiché le autorità sono chiamate a vigilare sull’interesse generale del settore nel suo insieme ( 46 ).

54.

Secondo la Commissione, un regime come quello in discussione nella presente causa è ammissibile, qualora sia giustificato da una delle esigenze essenziali di cui all’articolo 2, punto 19, della direttiva 97/67, risulti proporzionato e conforme alle condizioni stabilite dall’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva medesima.

2. Analisi giuridica

55.

In linea di principio, gli Stati membri possono assoggettare la fornitura dei servizi postali non inclusi nel servizio universale alla concessione di un’autorizzazione generale: l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 97/67 è inequivocabile in tal senso ( 47 ). Nei limiti in cui le imprese di trasporto postale ( 48 ) e di corriere espresso offrono tali servizi, come ho appena esposto, esse sono soggette all’applicazione del regime di autorizzazione generale.

56.

Ritengo, al pari di Poste Italiane e del governo italiano, che l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 97/67, letto in combinato disposto con il considerando 22 che lo precede, conferisce alle autorità nazionali un certo margine discrezionale per: a) decidere se istituire un regime di autorizzazione generale, e b) in caso affermativo, per disciplinarne le condizioni, entro il modello stabilito dalla direttiva medesima.

57.

Ai sensi di questo stesso precetto, la concessione di autorizzazioni sarà ammessa soltanto nella misura necessaria per garantire la conformità alle esigenze essenziali. Poiché il margine di discrezionalità di cui dispongono gli Stati membri dipende dalla precisione delle disposizioni della direttiva cui devono adeguare l’ordinamento nazionale ( 49 ), in questo caso tale margine si riduce notevolmente, giacché le esigenze essenziali sono formulate in maniera espressa ed esaustiva ( 50 ) nell’articolo 2, punto 19, della direttiva 97/67.

58.

Di conseguenza, lo Stato membro che decida di subordinare l’accesso al mercato dei servizi postali alla concessione di un’autorizzazione generale, dovrà giustificare la sua decisione con riferimento a una o più di tali esigenze che, in realtà, si traducono in motivi di interesse generale, di natura assai diversa ( 51 ). Non sarà indispensabile che lo Stato membro invochi la totalità dei detti motivi di interesse generale e di carattere non economico compresi nel precetto in parola, ma basterà che opti per giustificare il regime di autorizzazioni generali sulla base di uno o di alcuni di essi.

59.

Il decreto legislativo n. 261/1999 ha definito «attività di preminente interesse generale» la raccolta, lo smistamento, il trasporto e la distribuzione di invii postali. La successiva delibera n. 129/15, il cui preambolo contiene un’ampia analisi dei motivi che hanno giustificato l’adozione del regolamento sui titoli abilitativi ( 52 ), indica che si è proceduto ad una consultazione pubblica riguardante, inter alia, l’obbligo di rispettare le condizioni di lavoro.

60.

La controversia si impernia sul punto se, assoggettando ad autorizzazione generale l’attività dei fornitori di servizi postali non inclusi nel servizio universale, le autorità italiane abbiano utilizzato correttamente il margine di discrezionalità che è loro conferito dalla direttiva 97/67.

61.

La direttiva 97/67 richiede non già una spiegazione dettagliata sull’opportunità (che dipende dai criteri di valutazione di ciascuno Stato membro) dell’introduzione di tale regime, ma che il medesimo rispetti i criteri cui si riferisce l’articolo 9, paragrafo 1, in combinato disposto con l’articolo 2, punto 19. In altri termini, se uno Stato membro auspica assoggettare la fornitura di detti servizi al regime di autorizzazione, deve collegarne l’istituzione ad uno dei motivi di interesse generale indicati dalla direttiva 97/67.

62.

Orbene, come risulta dal fascicolo, nel definire le «esigenze essenziali» che inducono il legislatore italiano ad assoggettare al regime di autorizzazione generale l’attività di imprese come le ricorrenti, l’articolo 1, comma 2, lettera u), del decreto legislativo n. 261/1999 menziona varie esigenze tra quelle indicate dalla direttiva 97/67 (ad esempio, garantire la riservatezza della corrispondenza e la protezione dei dati personali, tra le altre).

63.

In tale elenco compare altresì l’obiettivo di salvaguardare gli obblighi sociali del personale dipendente degli operatori postali nonché la normativa nazionale in materia di lavoro e i contratti collettivi del settore. Tracce di questo obiettivo sono presenti nei testi regolamentari successivi al decreto legislativo, il che consente a Poste Italiane ( 53 ) di sottolineare che la normativa italiana risponde ad uno dei motivi di interesse generale («il rispetto delle condizioni di lavoro e dei sistemi di sicurezza sociale previsti dalla legge, dai regolamenti o dalle disposizioni amministrative e/o dagli accordi collettivi»), enunciati dall’articolo 2, punto 19, della direttiva 97/67 ( 54 ).

64.

Legittimata in tal modo l’esistenza stessa dell’autorizzazione generale per i servizi postali oggetto della controversia, il giudice del rinvio chiede se le autorità italiane abbiano assoggettato la concessione di siffatta autorizzazione all’adempimento di obblighi sproporzionati. Le ordinanze di rinvio, tuttavia, non sono precise ( 55 ) nell’indicare concretamente quali obblighi (tranne quello relativo al finanziamento del servizio universale ( 56 ), che esaminerò di seguito) potrebbero risultare eccessivi.

65.

A mio parere, non si ravvisa alcuna sproporzione negli obblighi di cui all’articolo 11 del regolamento sui titoli abilitativi. Gli obblighi relativi agli utenti, quali descritti al comma 2 (esporre i segni distintivi dell’impresa, pubblicare la carta dei servizi e rispettare le norme generali in materia), mi paiono piuttosto logici. Lo stesso dicasi per gli obblighi «informativi» di cui al comma 3 (fornire all’AGCom o al Ministero competente i dati relativi all’attività e ai reclami, nonché informare delle modifiche intervenute dopo la presentazione dell’istanza per il conseguimento dell’autorizzazione).

66.

Per quanto riguarda l’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento in parola, l’obbligo sul quale si è incentrata la maggior parte della discussione è quello stabilito alla lettera f), di cui mi occuperò in seguito. Non ritengo che i restanti obblighi enunciati nel menzionato paragrafo siano sproporzionati: alcuni [lettere a) e b)] riguardano il reclutamento e il regime del personale, che non deve avere precedenti penali rilevanti, e il rispetto delle disposizioni e dei contratti collettivi nazionali sulle condizioni di lavoro; altri obblighi [lettere c), d) ed e)] riguardano i rapporti degli operatori con le autorità amministrative e comprendono il versamento dei contributi riguardanti l’attività di verifica e di controllo svolte dalle autorità stesse, o il contributo alle spese di funzionamento dell’AGCom, nonché l’obbligo di comunicare a quest’ultima ogni eventuale modifica dei requisiti iniziali.

67.

Benché spetti al giudice del rinvio compiere da ultimo tale valutazione, ribadisco che, a mio avviso, i suesposti obblighi sono adeguati e non eccessivamente gravosi, ai fini della fornitura del servizio postale in un contesto che unisce la libertà d’impresa degli operatori e la soggezione ad alcune regole minime di un funzionamento ordinato, sotto la vigilanza delle autorità pubbliche cui tale servizio è affidato.

D.   Sulla terza e sulla quarta questione pregiudiziale

1. Sintesi degli argomenti delle parti

68.

La Confetra ( 57 ) auspica un’interpretazione letterale degli articoli 9, paragrafi 1 e 2, e 7, paragrafo 4, della direttiva 97/67, dai quali deduce che l’obbligo di contribuire al fondo di compensazione del servizio universale può essere imposto soltanto agli operatori che forniscano tale servizio (pertanto, non alle ricorrenti). Il diritto dell’Unione osterebbe a una normativa nazionale che prevede un obbligo automatico di contribuire al detto fondo, senza operare una distinzione in funzione dei contribuenti né dei mercati rilevanti.

69.

L’AICAI e a., al pari della UPS, condividono l’opinione della Confetra. Esse aggiungono che, dal punto di vista letterale, teleologico, sistematico e storico, il riferimento alle «autorizzazioni», di cui all’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 97/67 non comprende quelle contemplate dal paragrafo 1, per cui l’obbligo di contribuire al fondo di compensazione incomberebbe solamente agli operatori del servizio universale. Esse ritengono che il considerando 27 della direttiva 2008/6 avalli siffatta interpretazione.

70.

Per contro, Poste Italiane e il governo italiano sostengono che l’applicazione dell’articolo 3, comma 12, del decreto legislativo n. 261/1999 riguardante il contributo al fondo di compensazione del servizio universale da parte dei prestatori di servizi postali non rientranti nel servizio universale non è automatica, ma è subordinata ad una valutazione da parte della AGCom relativa al costo netto e al carattere indebito dell’onere finanziario a carico del fornitore del servizio in questione, nonché alle sue modalità di finanziamento. Essi precisano che, ai sensi degli articoli 11, paragrafo 1, lettera f), e 15, paragrafo 2, del regolamento sui titoli abilitativi, il contributo a tale fondo viene valutato caso per caso e dipende dall’intercambiabilità dei servizi offerti rispetto alle prestazioni del servizio universale, le cui caratteristiche evolvono in virtù dei fattori economici, tecnologici e sociali.

71.

Essi indicano che, nonostante l’infelice formulazione dell’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 96/67, quest’ultimo si riferisce alle autorizzazioni in generale e non solamente a quelle relative al servizio universale di cui al paragrafo 1 dello stesso articolo, benché la concatenazione di entrambi i paragrafi possa dare tale impressione. Le interpretazioni letterale, sistematica, logica e teleologica della disposizione in parola confermerebbero una siffatta prospettiva.

72.

Il governo francese, che è intervenuto all’udienza unicamente per rispondere alle due questioni in parola, sostiene che, stante la specificità delle imprese che prestano servizi di corriere espresso, del valore aggiunto dei servizi prestati, dell’uso che di tali servizi fa la clientela nonché della relativa tariffazione, tali imprese non possono essere obbligate a contribuire al fondo di compensazione.

73.

La Commissione esprime dubbi circa la ricevibilità delle presenti questioni, che essa reputa ipotetiche, considerato che l’AGCom non ha adottato, fino a questo momento, alcuna decisione che obblighi le imprese interessate a contribuire al fondo di compensazione. Per il resto, detta istituzione condivide la posizione delle Poste Italiane e del governo italiano circa la possibilità di associare tale fondo a imprese che offrano servizi intercambiabili con quelli prestati nell’ambito del servizio universale.

2. Analisi giuridica

a) Sulla ricevibilità delle questioni pregiudiziali

74.

L’obiezione sollevata dalla Commissione in ordine al carattere ipotetico della questioni pregiudiziali ci impone di esaminare la ricevibilità di questa parte del rinvio pregiudiziale.

75.

All’udienza è stato posto in evidenza come l’AGCom non abbia ancora adottato una decisione per l’istituzione del fondo di compensazione del servizio universale e, pertanto, non abbia obbligato nessuna impresa a contribuirvi ( 58 ). In una situazione siffatta, – circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare – le questioni terza e quarta del rinvio pregiudiziale si baserebbero su ipotesi future, dal contenuto ancora incerto, il che le renderebbe irricevibili ( 59 ).

76.

Si potrebbe, al massimo, ammettere la terza questione pregiudiziale, considerandola come la formulazione astratta di un dubbio relativo alla compatibilità della direttiva 97/67 con alcune norme interne che, per il futuro, consentono – ma non vincolano – di imporre ai soggetti titolari di un’autorizzazione generale l’obbligo di contribuire al fondo di compensazione.

77.

Ad ogni modo, per il caso in cui la Corte di giustizia scegliesse di respingere l’obiezione di irricevibilità, esporrò il mio parere su entrambe le questioni qui sottoposte, cui si può rispondere congiuntamente.

b) Nel merito

78.

L’applicabilità dell’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 97/67 alle autorizzazioni generali è già stata confermata nell’ambito della sentenza DHL Express (Austria) ( 60 ). La Corte di giustizia ha posto in evidenza, nello specifico, che dall’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 97/67 si evince che il termine «autorizzazioni» si riferisce tanto alle autorizzazioni contemplate dal paragrafo 2, primo comma, di tale articolo (di carattere individuale), quanto a quelle di cui al paragrafo 1 (di carattere generale).

79.

Anche se, in detta causa, la questione pregiudiziale verteva sull’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino, della direttiva medesima, il dubbio riguardava il significato del termine «autorizzazioni», che la Corte di giustizia ha analizzato in relazione a tutti i trattini della disposizione in parola.

80.

Di conseguenza, non vi sono ostacoli di principio a che gli Stati membri assoggettino la concessione di autorizzazioni generali all’obbligo di contribuire al fondo di compensazione.

81.

L’istituzione di un fondo di tale natura, nelle condizioni descritte all’articolo 7, paragrafo 4, della direttiva 97/67, costituisce uno dei metodi offerti agli Stati membri per finanziare il servizio universale. Quest’ultimo, come ho già fatto presente, costituisce in realtà un meccanismo equilibratore nel processo di liberalizzazione e di apertura alla concorrenza realizzato dalla direttiva 2008/6. Con il versamento di contributi a carico dei fornitori di servizi postali si mira a raggiungere una certa equità tra gli uni e gli altri, obbligando i nuovi entranti, che non sopportano gli stessi oneri degli operatori cui è affidato il servizio universale ( 61 ), ad alimentare detto fondo e contribuire al finanziamento di determinati obblighi basati sul principio di solidarietà.

82.

Il considerando 27 della direttiva 2008/6 consente di chiedere ai fornitori di servizi postali di contribuire al finanziamento del fondo in parola. Evidentemente, tale previsione ricomprende gli operatori che dispongano di un’autorizzazione generale. È sufficiente che i servizi postali da essi offerti sulla base di detta autorizzazione (e che «non devono necessariamente coprire tutte le caratteristiche del servizio universale») possano essere considerati, dal punto di vista dell’utente, «sufficientemente intercambiabili» con quelli prestati nell’ambito del servizio universale.

83.

Nel caso in cui l’utente sia in grado di percepire il servizio di un’impresa postale come alternativa a quello offerto dal fornitore del servizio universale, si potrà dedurre la sostituibilità di entrambi, il che, lo ripeto, risulta sufficiente al fine di ammettere l’assoggettamento del primo al fondo di compensazione ( 62 ).

84.

Ritengo quindi che la normativa italiana descritta dal giudice del rinvio sia conforme a tale modello. Da un lato, gli articoli 6, comma 1 bis e 10, comma 2, del decreto legislativo n. 261/1999 prevedono la partecipazione dei titolari di autorizzazioni generali al fondo di compensazione del servizio universale quando offrano servizi sostitutivi di quelli ricompresi nell’ambito di quest’ultimo.

85.

D’altro lato, e questo è un dato normativo di cruciale importanza, gli articoli 11, comma 1, lettera f), e 15, comma 2, del regolamento sui titoli abilitativi, disciplinano in termini identici ( 63 ) l’obbligo di contribuire a detto fondo, facendo rinvio ai requisiti di cui al considerando 27 della direttiva 2008/6. Non vedo come potrebbe considerarsi contraria alla citata direttiva una disposizione nazionale che, per l’appunto, si riferisce a quanto nella stessa previsto per determinare la portata dell’obbligo di finanziare il fondo di compensazione.

86.

Di conseguenza, non ravviso nelle suddette disposizioni della normativa italiana alcuna contraddizione con la direttiva 97/67. Qualora, in futuro, l’AGCom decidesse di istituire siffatto meccanismo e di esigere il contributo di imprese dell’uno o dell’altro tipo, in tale momento – e non ora – si dovrà verificare fino a che punto siano rispettati i criteri derivanti dalla direttiva 97/67.

V. Conclusione

87.

In considerazione di quanto precede, suggerisco alla Corte di giustizia di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Italia) nei seguenti termini:

«1)

L’articolo 2, punti 1, 1 bis e 6, della direttiva 97/67 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 1997, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio, come modificata dalla direttiva 2008/6, non osta a una normativa nazionale sul settore postale che include nel suo ambito di applicazione i servizi di trasporto e di spedizione, nonché quelli di corriere espresso, qualora effettuino attività di raccolta, smistamento, trasporto e distribuzione di invii postali, e che esclude da tale ambito i servizi di “solo trasporto”.

2)

Gli articoli 9, paragrafo 1, e 2, punto 19, della direttiva 97/67, come del pari il principio di proporzionalità, non ostano a una normativa nazionale, come quella di applicazione nel procedimento principale, che impone agli operatori postali dei servizi di trasporto, spedizione e corriere espresso l’obbligo di ottenere un’autorizzazione generale.

3)

Gli articoli 7, paragrafo 4, e 9, paragrafo 2, della direttiva 97/67 non ostano a una normativa nazionale, come quella di applicazione nel procedimento principale, che consente di imporre ai soggetti titolari di autorizzazioni generali l’obbligo di contribuire al finanziamento del fondo di compensazione dei costi del servizio universale, qualora sussistano i presupposti cui si riferisce il considerando 27 della direttiva 2008/6».


( 1 ) Lingua originale: lo spagnolo.

( 2 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 1997, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio (in prosieguo: la «direttiva 97/67») (GU 1998, L 15, pag. 14 e rettifica – riguarda solo la versione in lingua italiana - in GU 2017, L 172, pag. 36).

( 3 ) In prosieguo: l’«AGCom».

( 4 ) Nota relativa alla versione spagnola delle conclusioni.

( 5 ) Per i dettagli di tali atti normativi, v. infra, paragrafi da 14 a 19.

( 6 ) Come modificata dalla direttiva 2008/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 febbraio 2008 (GU 2008, L 52, pag. 3; in prosieguo: la «direttiva 2008/6»).

( 7 ) GURI n. 182 del 5 agosto 1999.

( 8 ) Il giudice del rinvio ritiene che l’articolo 2, lettere a) e f), del decreto legislativo n. 261 riporti le definizioni di cui all’articolo 2, punti 1, 1 bis e 6, della direttiva 97/67 (punto 2.5.1., in fine, dell’ordinanza di rinvio).

( 9 ) GURI n. 98 del 24 aprile 2011. In prosieguo: il «decreto legislativo n. 261/1999».

( 10 ) Allegato A della delibera n. 129/15/CONS (in prosieguo: la «delibera n. 129/15»).

( 11 ) Decreto relativo al disciplinare delle procedure per il rilascio dei titoli abilitativi per l’offerta al pubblico dei servizi postali, del 29 luglio 2015 (GURI n. 189 del 17 agosto 2015; in prosieguo: il «decreto»).

( 12 ) Nella causa C‑260/16, le ricorrenti operano esclusivamente nel settore dei corrieri espressi.

( 13 ) Le ordinanze di rinvio si riferiscono letteralmente agli articoli 1 e 6; tuttavia, deve trattarsi dell’articolo 2, punti 1, 1 bis e 6.

( 14 ) Hanno presentato osservazioni congiunte la Confetra e le seguenti imprese e associazioni: Fedespedi, Associazione Fedit, Associazione non Riconosciuta Alsea, Società Tnt Global Express SpA, Associazione Nazionale Imprese Trasporti Automobilistici, Società Fercam SpA, Società Carioni Spedizioni Internazionali Srl; per semplificare, mi riferirò a tutte le suddette parti intervenienti con il nome di «Confetra».

( 15 ) Le osservazioni sono firmate anche dai rappresentanti delle imprese DHL Express (Italia) Srl, Federal Express Europe Inc. e United Parcel Service Italia Ups Srl.

( 16 ) Sentenza del 16 novembre 2016, C‑2/15, EU:C:2016:880.

( 17 ) Causa C‑368/15, EU:C:2017:462.

( 18 ) Sentenza della Corte di giustizia del 19 maggio 1993, C‑320/91, EU:C:1993:198.

( 19 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU 2006, L 376, pag. 36).

( 20 ) Cita le decisioni della Commissione del 26 agosto 1998, Deutsche Post/DHL, IV/M 1168, punto 17; del 23 febbraio 1999, Deutsche Post/Securicor, VI/M11347, e del 30 gennaio 2013, UPS/TNT, M6570.

( 21 ) Richiama la sentenza della Corte di giustizia del 23 aprile 2009, TNT Post UK (C‑357/07, EU:C:2009:248, punto 46).

( 22 ) Sostengono che tale posizione è suffragata dalle sentenze del 17 maggio 2001, TNT Traco (C‑340/99, EU:C:2001:281), e del 13 ottobre 2011, DHL International (C‑148/10, EU:C:2011:654), nonché dalle conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi nella causa DHL Express (Austria) (C‑2/15, EU:C:2016:168).

( 23 ) Il governo italiano e la Commissione si riferiscono alla comunicazione della Commissione sull’applicazione delle regole di concorrenza al settore postale e sulla valutazione di alcune misure relative ai servizi postali (GU 1998, C 39, pag. 2).

( 24 ) Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 2016, relativo ai servizi di consegna transfrontaliera dei pacchi [COM(2016) 285 final].

( 25 ) Sentenza del 22 ottobre 2015, Easy Pay e Finance Engineering (C‑185/14, EU:C:2015:716, punto 29).

( 26 ) A tenore dell’articolo 2, punto 7, l’invio di corrispondenza comprende «la comunicazione in forma scritta, su supporto materiale di qualunque natura che sarà trasportato e consegnato all’indirizzo indicato dal mittente sull’oggetto stesso o sul suo involucro; libri, cataloghi, quotidiani e periodici non sono considerati invii di corrispondenza».

( 27 ) Contrariamente a quanto accade nella proposta di regolamento relativo ai servizi di consegna transfrontaliera dei pacchi, che ho menzionato nella precedente nota 24.

( 28 ) European Regulators Group for Postal Services (ERGP), Medium Term Strategy (2017-2019) – Discussion paper for Public Consultation [ERGP (16) 16], pag. 7: «NRAs are currently tasked with overseeing “postal services” provided by “postal services providers”, which generally covers some but not always all parcel delivery operators and the scope of which varies across Member States. The courier, parcel and express (CEP) services are not only covered by the European regulation (and specifically by the postal directive) applying to the postal sector, but also by other transversal legislation, for instance transport law. The boundaries as regards applicable law for these services may not always be clear».

( 29 ) V. Commission Staff Working Document, [SWD(2015) 207 final, del 17 novembre 2015] – Accompanying the document – Report from the Commission to the European Parliament and the Council on the application of the Postal Services Directive (Directive 97/67/EC as amended by Directive 2002/39/EC and Directive 2008/6/EC), COM(2015) 568 final, pag. 66 (in prosieguo: «SWD(2015) 207 final»).

( 30 ) Può ricorrere l’ipotesi che le imprese di spedizione non realizzino servizi postali in funzione delle loro prestazioni specifiche. Un’eventuale inclusione delle suddette imprese nell’ambito di applicazione della direttiva 97/67 non dipende dalla definizione di siffatto tipo d’imprese secondo il diritto civile o commerciale degli Stati membri, ma dalla circostanza che offrano qualche servizio postale tra quelli menzionati nella direttiva stessa.

( 31 ) Se non erro, detta frase è apparsa per la prima volta, nell’ambito dell’iter legislativo, nella posizione comune del Consiglio dell’8 novembre 2007 [Documento del Consiglio n. 13593/6/07 REV 6] senza essere accompagnata da alcuna spiegazione. La Commissione ha confermato tale impressione all’udienza.

( 32 ) L’interpretazione sistematica di tale frase non apporta alcun elemento utile, poiché essa è posta all’inizio di un paragrafo relativo al trattamento della pubblicità diretta come invio di corrispondenza, in presenza di determinate circostanze.

( 33 ) Formulazione altamente espressiva utilizzata dal rappresentante della Confetra all’udienza.

( 34 ) La tecnica legislativa (una frase nascosta in un considerando) non è la più idonea, e forse si sarebbe guadagnato in chiarezza se detto criterio fosse stato inserito nel testo dell’articolato della direttiva 97/67. Tale elemento formale non inficia, tuttavia, l’interpretazione logica del merito.

( 35 ) In termini analoghi si è pronunciata l’autorità italiana di regolamentazione, come si evince dal documento ERGP 2015 report to the European Commission on Legal regimes applicable to European domestic or cross-border e-commerce parcel delivery [ERGP PL (15) 28], pag. 12.

( 36 ) Proposta del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 maggio 2016 [COM(2016) 285 final].

( 37 ) Il corsivo è mio.

( 38 ) Tale considerando trova eco nella disposizione di cui al successivo articolo 2, paragrafo 2, lettera a), a termini del quale «[i]l solo trasporto non è considerato un servizio di consegna dei pacchi».

( 39 ) Sentenza del 19 maggio 1993, C‑320/91, EU:C:1993:198, punto 19; nel senso che sono «scindibili dal servizio di interesse generale, che rispondono ad esigenze specifiche di operatori economici e che richiedono determinate prestazioni supplementari (…) quali la raccolta a domicilio, una maggiore rapidità o affidabilità nella distribuzione, o anche la possibilità di modificare la destinazione durante l’inoltro (…)».

( 40 ) Sentenza del 13 ottobre 2011, C‑148/10, EU:C:2011:654, punti 3052. Al punto 20 si legge che l’impresa ricorrente in tale causa affermava di non accettare la qualifica dei suoi servizi di corriere espresso come servizi postali.

( 41 ) Sentenza del 16 novembre 2016, C‑2/15, EU:C:2016:880, punto 31.

( 42 ) Sentenza del 15 giugno 2017, C‑368/15, EU:C:2017:462, punto 29.

( 43 ) V. il considerando 5 della direttiva 2008/6.

( 44 ) Si noti che tali invii comprendono anche pacchi postali contenenti merci con o senza un valore commerciale, settore in cui operano preferibilmente le imprese di servizi di corriere espresso.

( 45 ) Pertanto non sono soggetti all’applicazione della direttiva 2006/123, relativa ai servizi nel mercato interno, contrariamente a quanto sostenuto dall’AICAI.

( 46 ) Richiama le conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi nella causa DHL Express (Austria) (C‑2/15, EU:C:2016:168, paragrafo 44).

( 47 ) La fornitura di servizi di invii postali che esulano dall’ambito del servizio universale può essere assoggettata solo alla concessione di un’autorizzazione generale. V. sentenza del 15 giugno 2017, Ilves Jakelu (C‑368/15, EU:C:2017:462, punto 30).

( 48 ) Rinvio a quanto ho già esposto in ordine all’attività di solo trasporto, esclusa dalla direttiva 97/67 e dalla normativa nazionale relativa al servizio postale.

( 49 ) Sentenza dell’8 maggio 2008, Danske Svineproducenter (C‑491/06, EU:C:2008:263, punto 31).

( 50 ) Il tenore letterale di tale disposizione non lascia adito a dubbi quanto al carattere chiuso delle opzioni valevoli come esigenze essenziali.

( 51 ) Tra i quali sono compresi interessi pubblici alquanto eterogenei, come la riservatezza della corrispondenza, la sicurezza del trasporto di sostanze pericolose, la protezione dei dati, la tutela dell’ambiente e l’assetto territoriale.

( 52 ) V. punti 65 e 66 del preambolo della delibera n. 129/15. A mio avviso, tale delibera soddisfa l’obbligo incombente a qualsiasi autorità pubblica di fornire spiegazioni circa i propri atti e che, nel presente caso, è stato preceduto da una consultazione delle parti interessate in ordine al contenuto della normativa sui servizi postali relativa ai titoli abilitativi.

( 53 ) Al punto 55 delle sue osservazioni e rinviando agli articoli 10, paragrafo 4, lettera c), e 11, paragrafo 1, lettere b) e c), del regolamento.

( 54 ) Tale motivo è stato inserito dalla posizione comune del Parlamento europeo e del Consiglio nella modifica della direttiva 97/67 apportata dalla direttiva 2008/6, data «l’importanza politica che le considerazioni di ordine sociale continuano a rivestire nel quadro del processo di completa apertura del mercato» [posizione comune (CE) n. 19/2007, dell’8 novembre 2007, definita dal Consiglio, deliberando in conformità della procedura di cui all’articolo 251 del Trattato che istituisce la Comunità europea, in vista dell’adozione di una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 97/67/CE per quanto riguarda il pieno completamento del mercato interno dei servizi postali comunitari (GU 2007, C 307 E, pag. 22)].

( 55 ) Nei punti 2.5.2.2, 2.5.2.3 e 2.5.2.4 delle ordinanze di rinvio, non si individua alcun onere specifico che possa considerarsi «sproporzionato, illogico o esorbitante».

( 56 ) Punti 2.5.2.5 e segg. delle ordinanze di rinvio.

( 57 ) Anzitutto, sostiene che le presenti due questioni sono state formulate in subordine, per il caso in cui sia data risposta negativa alle altre due questioni.

( 58 ) L’avvocato dell’AICAI ha ammesso all’udienza che la preoccupazione degli operatori derivava dal rischio che venisse istituito detto fondo e che gli operatori fossero obbligati, in futuro, a finanziarlo. Dopo aver affermato che la legislazione italiana relativa ai servizi postali era in itinere, tale avvocato ha convenuto che, nella situazione normativa attuale, gli operatori in parola non si trovavano di fronte ad un ostacolo reale ma solo ipotetico.

( 59 ) V., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2011, Unió de Pagesos de Catalunya(C‑197/10, EU:C:2011:590, punti 1718 e giurisprudenza ivi citata).

( 60 ) Sentenza del 16 novembre 2016, C‑2/15, EU:C:2016:880, punti da 22 a 28. V., inoltre, i paragrafi 28 e segg. delle conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi in tale causa, EU:C:2016:168..

( 61 ) Secondo la Commissione, nel 2015, il fornitore del servizio universale in tutti gli Stati membri continuava ad essere l’operatore postale pubblico storico. [SWD(2015) 207 final, pag. 13].

( 62 ) Come è logico, in un’ipotesi simile, dovranno venire rispettate le restanti prescrizioni della direttiva 97/67 in materia (compresa quella secondo cui non è lecito imporre obblighi di servizio universale e, al contempo, contribuire finanziariamente a un meccanismo di ripartizione dei costi, per gli stessi elementi del servizio universale o parti del territorio nazionale).

( 63 ) Ricordo che, secondo tali disposizioni, il contributo al finanziamento dei costi relativi alla fornitura del servizio universale è subordinato alla sussistenza dei presupposti indicati nel considerando 27 della direttiva 2008/6.