SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione ampliata)

2 ottobre 2024 ( *1 )

«Aiuto di Stato – Articoli 107 e 108 TFUE – Trattato bilaterale di investimento – Clausola compromissoria – Romania – Adesione all’Unione europea – Abrogazione di un regime di incentivi fiscali prima dell’adesione – Lodo che concede il versamento di un risarcimento danni dopo l’adesione – Decisione che dichiara l’aiuto incompatibile con il mercato interno e che ne dispone il recupero – Articolo 351, primo comma, TFUE – Obbligo di motivazione – Nozione di “aiuto di Stato” – Vantaggio – Carattere selettivo – Imputabilità allo Stato – Compatibilità con il mercato interno – Aiuto destinato a favorire lo sviluppo economico di regioni svantaggiate – Recupero – Nozione di ‟unità economica” – Legittimo affidamento – Diritto di essere ascoltato»

Nelle cause T‑624/15 RENV, T‑694/15 RENV e T‑704/15 RENV,

European Food SA, con sede a Păntășești (Romania),

Starmill SRL, con sede a Păntăşeşti,

Multipack SRL, con sede a Păntăşeşti,

Scandic Distilleries SA, con sede a Păntăşeşti,

rappresentate da N. Forwood, Barrister-at-Law, G. Forwood e W. De Catelle, avvocati,

ricorrenti nella causa T‑624/15 RENV,

Ioan Micula, residente a Oradea (Romania), rappresentato da N. Forwood, G. Forwood e W. De Catelle,

ricorrente nella causa T‑694/15 RENV,

Viorel Micula, residente a Oradea,

European Drinks SA, con sede a Ştei (Romania),

Rieni Drinks SA, con sede a Rieni (Romania),

Transilvania General Import-Export SRL, con sede a Oradea,

West Leasing SRL, già West Leasing International SRL, con sede a Păntăşeşti,

rappresentati da J. Derenne, D. Vallindas, A. Álvarez Vidal, R. Chiriţă, e O. Chiriţă, avvocati

ricorrenti nella causa T‑704/15 RENV,

contro

Commissione europea, rappresentata da T. Maxian Rusche e P.-J. Loewenthal, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da

Repubblica federale di Germania, rappresentata da R. Kanitz, J. Möller e N. Scheffel, in qualità di agenti,

da

Regno di Spagna, rappresentato da M.J. Ruiz Sánchez, in qualità di agente,

da

Repubblica di Lettonia, rappresentata da K. Pommere, in qualità di agente,

da

Ungheria, rappresentata da M. Fehér e G. Koós, in qualità di agenti,

e da

Repubblica di Polonia, rappresentata da D. Lutostańska, B. Majczyna e M. Rzotkiewicz, in qualità di agenti,

intervenienti,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione ampliata),

composto da A. Marcoulli, presidente, V. Tomljenović, N. Półtorak, R. Norkus (relatore) e W. Valasidis, giudici,

cancelliere: A. Marghelis, amministratore

vista la fase scritta del procedimento,

vista la sentenza del 25 gennaio 2022, Commissione/European Food e a. (C‑638/19 P, EU:C:2022:50),

in seguito all’udienza del 4 e del 5 marzo 2024,

ha pronunciato la seguente

Sentenza ( 1 )

1

Con i loro ricorsi fondati sull’articolo 263 TFUE, i ricorrenti, la European Food SA, la Starmill SRL, la Multipack SRL e la Scandic Distilleries SA, nella causa T‑624/15, il sig. Ioan Micula, nella causa T‑694/15, il sig. Viorel Micula, la European Drinks SA, la Rieni Drinks SA, la Transilvania General Import-Export SRL e la West Leasing SRL, nella causa T‑704/15, chiedono l’annullamento della decisione (UE) 2015/1470 della Commissione, del 30 marzo 2015, relativa all’aiuto di Stato SA.38517 (2014/C) (ex 2014/NN) cui la Romania ha dato esecuzione – Lodo arbitrale Micula/Romania dell’11 dicembre 2013 (GU 2015, L 232, pag. 43; in prosieguo: la «decisione impugnata»).

I. Fatti

2

I ricorrenti sono stati indicati nella decisione impugnata come i beneficiari del risarcimento concesso da un lodo arbitrale reso l’11 dicembre 2013 nella causa ARB/05/20 Micula e a./Romania (in prosieguo: il «lodo») da un tribunale arbitrale (in prosieguo: il «tribunale arbitrale») costituito sotto l’egida del Centro internazionale per la risoluzione delle controversie in materia di investimenti (ICSID).

3

I sigg. Ioan e Viorel Micula, cittadini svedesi residenti in Romania, sono gli azionisti di maggioranza del gruppo European Food and Drinks Group (EFDG), le cui attività riguardano la produzione di alimenti e bevande nella regione di Ștei‑Nucet, dipartimento di Bihor, in Romania. Le società European Food, Starmill, Multipack, Scandic Distilleries, European Drinks, Rieni Drinks, Transilvania General Import-Export e West Leasing appartengono all’EFDG.

4

Il 2 ottobre 1998 le autorità rumene hanno adottato l’ordinanza governativa d’emergenza n. 24/1998, che concedeva a taluni investitori in regioni svantaggiate, che avevano ottenuto un certificato di investitore permanente, una serie di incentivi fiscali tra cui, in particolare, agevolazioni quali l’esenzione dal pagamento dei dazi doganali e dell’imposta sul valore aggiunto per i macchinari, il rimborso dei dazi doganali sulle materie prime o ancora l’esenzione dal pagamento dell’imposta societaria sugli utili applicabili fino a quando l’area interessata dall’investimento continuasse a essere qualificata come «regione svantaggiata».

5

Con la decisione del 25 marzo 1999, applicabile a partire dal 1o aprile 1999, il governo rumeno ha qualificato come «regione svantaggiata», per una durata di dieci anni, l’area mineraria di Ștei-Nucet.

6

Il 1o luglio 2000 l’ordinanza governativa d’emergenza n. 75/2000 ha modificato l’ordinanza governativa d’emergenza n. 24/1998 mantenendo gli incentivi fiscali di cui trattasi (in prosieguo, congiuntamente: il «regime di incentivi fiscali di cui trattasi»).

7

Sulla base dei certificati di investitori permanenti ottenuti il 1o giugno 2000 dalla European Food e il 17 maggio 2002 dalla Starmill e dalla Multipack, queste tre società hanno effettuato alcuni investimenti nell’area mineraria di Ștei-Nucet.

8

Nel febbraio 2000 sono iniziati i negoziati di adesione della Romania all’Unione europea. In tale contesto, l’Unione ha constatato, nella posizione comune del 21 novembre 2001, l’esistenza in Romania di «alcuni regimi di aiuti esistenti e nuovi incompatibili che non [erano] stati allineati all’acquis», tra cui gli «strumenti previsti ai sensi [del regime di incentivi fiscali di cui trattasi]».

9

Il 29 maggio 2002 è stato concluso un trattato bilaterale di investimento tra i governi svedese e rumeno sulla promozione e la reciproca protezione degli investimenti (in prosieguo: il «TBI»). Tale trattato è entrato in vigore il 1o luglio 2003 e prevedeva, per gli investitori di ciascuno dei due paesi (anche per gli investimenti conclusi prima dell’entrata in vigore del TBI), talune misure di protezione nel caso in cui gli investitori di un paese avessero investito nell’altro paese.

10

L’articolo 2, paragrafo 3, del TBI dispone in particolare che «[c]iascuna parte contraente garantisce in qualsiasi momento un trattamento giusto ed equo agli investimenti degli investitori della controparte e non ostacola, mediante misure arbitrarie o discriminatorie, l’amministrazione, la gestione, il mantenimento, l’utilizzazione, il godimento o la cessione di detti investimenti da parte di tali investitori». Inoltre, l’articolo 7 del TBI prevede che le controversie tra gli investitori e i paesi firmatari siano disciplinate, in particolare, da un tribunale arbitrale posto sotto l’egida dell’ICSID. A tal proposito, ai sensi dell’articolo 54, paragrafo 1, della convenzione per il regolamento delle controversie relative agli investimenti tra Stati e cittadini di altri Stati, conclusa il 18 marzo 1965 (in prosieguo: la «convenzione ICSID»), ogni Stato contraente è tenuto a dare esecuzione ai lodi arbitrali resi sulla base della stessa, posto che il lodo è vincolante per le parti, che, a norma dell’articolo 53, paragrafo 1, della medesima convenzione, devono eseguirlo nei termini stabiliti.

11

Il 26 agosto 2004 la Romania ha abrogato tutte le misure concesse dal regime di incentivi fiscali di cui trattasi, ad eccezione dell’esenzione dall’imposta societaria sugli utili, precisando che, «[a]l fine di rispettare i criteri previsti dalle norme comunitarie in materia di aiuti di Stato, e per completare i negoziati di cui al capitolo 6 (Politica di concorrenza), [era] necessario sopprimere tutte le forme di aiuti di Stato nella legislazione nazionale incompatibili con l’acquis comunitario relativo a questo settore». Tale abrogazione è entrata in vigore il 22 febbraio 2005.

12

Il 28 luglio 2005 i sigg. Ioan e Viorel Micula, la European Food, la Starmill e la Multipack (in prosieguo: i «ricorrenti in arbitrato») hanno chiesto la costituzione di un tribunale arbitrale, in conformità all’articolo 7 del TBI, al fine di ottenere il risarcimento dei danni causati dall’abrogazione del regime di incentivi fiscali di cui trattasi.

13

Il 1o gennaio 2007 la Romania ha aderito all’Unione.

14

Con decisione del 24 settembre 2008 il tribunale arbitrale ha dichiarato ricevibile la domanda di arbitrato.

15

Con il lodo, il tribunale arbitrale ha considerato che, abrogando il regime di incentivi fiscali di cui trattasi anteriormente al 1o aprile 2009, la Romania aveva violato il legittimo affidamento dei ricorrenti in arbitrato, che ritenevano che tali incentivi sarebbero stati disponibili, essenzialmente nella stessa forma, fino al 31 marzo 2009 compreso, non aveva agito in modo trasparente non avendoli avvisati tempestivamente, e non aveva garantito un trattamento giusto ed equo degli investimenti effettuati da detti ricorrenti, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 3, TBI. Pertanto, esso ha condannato la Romania a versare loro, a titolo di risarcimento danni, la somma di 791882452 lei rumeni (RON) (circa EUR 178 milioni), somma fissata tenendo principalmente conto dei danni asseritamente subiti da tali ricorrenti nel periodo compreso tra il 22 febbraio 2005 e il 31 marzo 2009.

[omissis]

19

Il 1o ottobre 2014 la Commissione ha comunicato alla Romania la propria decisione di avviare il procedimento di indagine formale di cui all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE in relazione alla parziale esecuzione del lodo da parte della Romania all’inizio del 2014 e a qualsivoglia attuazione o esecuzione successiva di detto lodo (in prosieguo: la «decisione di avvio»). In detta decisione, pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 7 novembre 2014, essa ha invitato le parti interessate a presentare le loro osservazioni.

[omissis]

25

Il 30 marzo 2015 la Commissione ha adottato la decisione impugnata, il cui articolo 1 prevede che il pagamento del risarcimento concesso dal tribunale arbitrale nel lodo (in prosieguo: le «somme controverse») all’unità economica costituita dai sigg. Ioan e Viorel Micula, dalle società European Food, Starmill, Multipack, European Drinks, Rieni Drinks, Scandic Distilleries, Transilvania General Import-Export e West Leasing costituisce un «aiuto di Stato», ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, incompatibile con il mercato interno. Conformemente all’articolo 2, paragrafo 1, di tale decisione, la Romania è tenuta a non corrispondere l’aiuto incompatibile di cui all’articolo 1 di detta decisione e a recuperare ogni aiuto incompatibile di cui all’articolo 1 già versato a ciascuna delle entità che costituiscono detta unità economica, nonché ogni aiuto versato a tali soggetti che non sia stato notificato alla Commissione ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE o qualsiasi aiuto versato dopo la data di adozione della medesima decisione. Il secondo paragrafo di detto articolo precisa che i ricorrenti sono responsabili in solido del rimborso dell’aiuto di Stato da essi ricevuto. Conformemente al terzo e al quarto paragrafo del medesimo articolo, gli importi da recuperare sono quelli risultanti dall’attuazione o dall’esecuzione del succitato lodo e comprendono gli interessi a decorrere dalla data in cui sono stati posti a disposizione dei beneficiari.

II. Procedimenti anteriori dinanzi al Tribunale e alla Corte

[omissis]

28

Con sentenza del 18 giugno 2019, European Food e a./Commissione (T‑624/15, T‑694/15 e T‑704/15; in prosieguo: la sentenza iniziale, EU:T:2019:423), il Tribunale ha annullato la decisione impugnata. Esso ha aderito alle conclusioni dei ricorrenti accogliendo la prima parte del primo motivo presentato nella causa T‑704/15 e la prima parte del secondo motivo presentato nelle cause T‑624/15 e T‑694/15, nella misura in cui, con gli argomenti dedotti a loro sostegno, i ricorrenti contestavano la competenza della Commissione ad adottare detta decisione. Esso ha altresì accolto la seconda parte del secondo motivo dedotto nelle cause T‑624/15 e T‑694/15 e la prima parte del secondo motivo dedotto nella causa T‑704/15, concernenti, in sostanza, l’errore di qualificazione giuridica del lodo alla luce delle nozioni di «vantaggio» e di «aiuto», ai sensi dell’articolo 107 TFUE.

[omissis]

32

Con sentenza del 25 gennaio 2022, Commissione/European Food e a. (C‑638/19 P; in prosieguo: la sentenza sull’impugnazione, EU:C:2022:50), la Corte ha annullato la sentenza iniziale, dichiarato che non vi era luogo di statuire sull’impugnazione incidentale, rinviato la causa al Tribunale affinché statuisse sui motivi e sugli argomenti proposti dinanzi ad esso e sui quali essa non si era pronunciata, e riservato le spese.

III. Conclusioni delle parti a seguito del rinvio

33

La Repubblica federale di Germania, la Repubblica di Lettonia, l’Ungheria e la Repubblica di Polonia non hanno presentato osservazioni scritte sulle conseguenze che occorre trarre dalla sentenza sull’impugnazione ai sensi dell’articolo 217 del regolamento di procedura del Tribunale.

34

Nelle cause T‑624/15 RENV e T‑694/15 RENV i ricorrenti concludono che il Tribunale voglia:

annullare la decisione impugnata;

in subordine, annullare detta decisione nella parte in cui:

riguarda ciascuno di loro in entrambe le cause;

impedisce alla Romania di dare attuazione al lodo;

ordina alla Romania di recuperare qualsiasi aiuto incompatibile;

ordina che essi siano responsabili in solido del rimborso dell’aiuto di Stato ricevuto da qualsiasi entità di cui all’articolo 2, paragrafo 2;

condannare la Commissione alle spese relative, da un lato, ai procedimenti instaurati dinanzi al Tribunale e, dall’altro, al procedimento di impugnazione dinanzi alla Corte.

35

I ricorrenti nella causa T‑704/15 RENV chiedono che il Tribunale voglia:

annullare la decisione impugnata;

in subordine, annullare detta decisione nella parte in cui:

qualifica il sig. Viorel Micula come «impresa» e lo considera come parte dell’unità economica beneficiaria dell’aiuto;

identifica il beneficiario dell’aiuto come un’unità economica costituita dai sigg. Viorel e Ioan Micula, dalle società European Food, Starmill, Multipack, European Drinks, Rieni Drinks, Scandic Distilleries, Transilvania General Import-Export e West Leasing;

dispone, all’articolo 2, paragrafo 2, che i sigg. Viorel e Ioan Micula, le società European Food, Starmill, Multipack, European Drinks, Rieni Drinks, Scandic Distilleries, Transilvania General Import-Export e West Leasing sono responsabili in solido del rimborso dell’aiuto di Stato da essi ricevuto;

condannare la Commissione alle spese relative, da un lato, ai procedimenti instaurati dinanzi al Tribunale e, dall’altro, al procedimento di impugnazione dinanzi alla Corte.

36

Nelle cause T‑624/15 RENV, T‑694/15 RENV e T‑704/15 RENV, la Commissione chiede che il Tribunale voglia:

respingere i ricorsi;

condannare i ricorrenti alle spese del procedimento, comprese le spese relative al procedimento di impugnazione dinanzi alla Corte.

37

Nelle cause T‑624/15 RENV, T‑694/15 RENV e T‑704/15 RENV, il Regno di Spagna chiede che il Tribunale voglia:

respingere i ricorsi;

condannare i ricorrenti alle spese.

IV. In diritto

[omissis]

A. Sulla ricevibilità dei ricorsi

42

La Commissione, sostenuta dal Regno di Spagna, solleva un’eccezione di irricevibilità fondata sulla mancanza di interesse ad agire dei ricorrenti.

43

Secondo la Commissione, la Corte, fondandosi sulla sentenza del 6 marzo 2018, Achmea (C‑284/16, EU:C:2018:158), ha riconosciuto, nella sentenza sull’impugnazione, l’incompatibilità con il diritto dell’Unione del lodo alla base del risarcimento di cui trattasi. Inoltre, conformemente all’ordinanza del 21 settembre 2022, Romatsa e a. (C‑333/19, non pubblicata, EU:C:2022:749), i giudici dell’Unione sarebbero tenuti a disapplicare detto lodo e non potrebbero, in nessun caso, garantirne l’esecuzione. In tale contesto e in sostanza, i ricorrenti non avrebbero alcun «legittimo» interesse a veder annullare la decisione impugnata.

44

Invitata a precisare in udienza la propria argomentazione, la Commissione ha sostenuto, in sostanza, che un interesse ad agire è legittimo quando non è contrario a un interesse fondamentale dell’ordine pubblico dell’Unione.

45

Nelle loro osservazioni complementari sulle conseguenze che devono essere tratte dalla sentenza sull’impugnazione, i ricorrenti sostengono che i ricorsi sono ricevibili.

46

A tale riguardo si deve ricordare che un ricorso di annullamento proposto da una persona fisica o giuridica è ricevibile solo qualora quest’ultima abbia un interesse all’annullamento dell’atto impugnato. Un tale interesse presuppone che l’annullamento di detto atto possa produrre di per sé conseguenze giuridiche e che il ricorso possa pertanto, con il suo esito, procurare un beneficio alla parte che lo ha proposto (sentenza del 27 febbraio 2014, Stichting Woonpunt e a./Commissione, C‑132/12 P, EU:C:2014:100, punto 67). L’interesse ad agire costituisce dunque la condizione prima ed essenziale di qualsiasi ricorso giurisdizionale (sentenza del 15 giugno 2023, Shindler e a./Consiglio, C‑501/21 P, EU:C:2023:480, punto 63).

47

Al contrario, non sussiste interesse ad agire qualora l’esito favorevole di un ricorso non sia comunque idoneo a dare soddisfazione al ricorrente (v., in tal senso, sentenze del 9 giugno 2011, Evropaïki Dynamiki/BCE, C‑401/09 P, EU:C:2011:370, punto 49, e del 23 novembre 2017, Bionorica e Diapharm/Commissione, C‑596/15 P e C‑597/15 P, EU:C:2017:886, punto 85).

48

L’interesse ad agire di un ricorrente non dipende peraltro dalla fondatezza del suo ricorso (v., in tal senso, sentenza del 4 luglio 2017, European Dynamics Luxembourg e a./Agenzia dell’Unione europea per le ferrovie, T‑392/15, EU:T:2017:462, punto 41).

49

Nella specie, va ricordato che, con la decisione impugnata, la Commissione ha qualificato il versamento delle somme controverse come aiuto di Stato incompatibile con il mercato interno e ha ordinato alla Romania di recuperare le somme già versate in capo ai ricorrenti, vale a dire i ricorrenti in arbitrato e cinque altre società, in ragione del fatto che formavano, insieme, un’unità economica. Una siffatta decisione lede manifestamente i ricorrenti, poiché impone alla Romania di recuperare in capo ad essi le somme versate, oltre agli interessi maturati sino alla data del loro effettivo recupero. A tal proposito, va osservato che, secondo la Commissione, come emerge dal punto 42 di detta decisione, le autorità rumene hanno dato integrale esecuzione al lodo.

50

Il fatto che la Corte abbia ritenuto che il lodo fosse, a seguito dell’adesione della Romania all’Unione, incompatibile con il diritto dell’Unione, in particolare con gli articoli 267 e 344 TFUE, e che non possa pertanto produrre alcun effetto (ordinanza del 21 settembre 2022, Romatsa e a., C‑333/19, non pubblicata, EU:C:2022:749, punti 4243) non è atto a privare i ricorrenti del loro interesse ad agire.

51

Infatti, da un lato, come osservano i ricorrenti, il fatto che un giudice di uno Stato membro non possa in nessun caso, conformemente all’ordinanza del 21 settembre 2022, Romatsa e a. (C‑333/19, non pubblicata, EU:C:2022:749, punto 44), dare esecuzione al lodo è indipendente dalla questione se la decisione impugnata, adottata dalla Commissione, sia conforme al diritto dell’Unione e, in particolare, se la misura da essa considerata soddisfi, a livello sostanziale, le condizioni enunciate all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE per essere qualificata come aiuto di Stato ai sensi di detta disposizione ed essere oggetto, a tale titolo, di un obbligo di recupero gravante sulla Romania.

52

Dall’altro, il fatto che il versamento delle somme controverse abbia portato, a parere della Commissione, all’«esecuzione di un lodo che viol[erebbe] principi fondamentali del diritto dell’Unione» non è atto a privare i ricorrenti, a prescindere dalla fondatezza della loro azione, del loro diritto di contestare la legittimità di un atto che arreca loro pregiudizio.

53

Occorre peraltro osservare che la Corte, ritenendo ai punti 154 e 155 della sentenza sull’impugnazione che la controversia, per quanto riguarda gli argomenti, le parti e i motivi vertenti sulla fondatezza della decisione impugnata, non fosse matura per la decisione, pur essendo essa già in grado di valutarne la ricevibilità, e che, pertanto, occorresse rinviare la causa al Tribunale affinché statuisse su di essi, ha implicitamente ma necessariamente riconosciuto la ricevibilità della presente controversia.

54

Ciò considerato, l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione per mancanza di interesse ad agire dei ricorrenti deve essere respinta.

B. Sulla fondatezza dei ricorsi

[omissis]

1.   Sul primo motivo, vertente su uno sviamento di potere e sulla violazione dell’articolo 351 TFUE e dei principi generali di diritto

[omissis]

b)   Sulla seconda parte, vertente sulla violazione dell’articolo 351 TFUE e dei principi generali di diritto

65

I ricorrenti sostengono, in sostanza, che la Romania era tenuta a rispettare gli obblighi contratti prima della sua adesione all’Unione sulla base del TBI e della convenzione ICSID, in particolare degli articoli 53 e 54 di detta convenzione, che la obbligavano ad attuare il lodo, anche qualora il versamento delle somme controverse avesse integrato un aiuto di Stato ai sensi del diritto dell’Unione.

66

Secondo i ricorrenti, la Romania è tenuta a rispettare la convenzione ICSID nei confronti di tutti gli Stati che ne sono firmatari, cosicché tale convenzione può essere invocata da tutti gli Stati terzi, senza che debbano dedurre un particolare interesse alla definizione della controversia.

67

I ricorrenti richiamano, segnatamente, la sentenza della Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) del 19 febbraio 2020, pronunciata nella causa Micula e a./Romania, che ha autorizzato l’esecuzione del lodo riconoscendo che «gli obblighi degli Stati contraenti [della convenzione ICSID risultanti dagli] articoli 53, 54 e 69 s[ono] espressi in termini assoluti, senza limitazione alcuna quanto ai soggetti a cui favore devono essere adempiuti».

68

In tale contesto, secondo i ricorrenti, anche se il TBI non rientrava nell’ambito di applicazione dell’articolo 351 TFUE, tale circostanza sarebbe irrilevante ai fini dell’obbligo della Romania di attuare il lodo in applicazione della convenzione ICSID, anche dopo la sua adesione all’Unione. Il consenso prestato dalla Romania al procedimento arbitrale continuerebbe così a vincolare detto paese sulla base dell’articolo 25, paragrafo 1, della suddetta convenzione, il quale disporrebbe che uno Stato contraente che ha dato il proprio consenso all’arbitrato non possa più revocarlo unilateralmente.

69

I ricorrenti aggiungono, a tal proposito, nelle cause T‑624/15 RENV e T‑694/15 RENV, che, laddove la Romania non dovesse adempiere le proprie obbligazioni, tutti gli Stati contraenti, compresi quelli che non sono membri dell’Unione, potrebbero agire nei suoi confronti dinanzi alla Corte internazionale di giustizia in forza dell’articolo 64 della convenzione ICSID.

70

Di conseguenza, la decisione impugnata, disponendo il recupero della misura di aiuto di cui trattasi, impedirebbe alla Romania di conformarsi a tali obblighi e violerebbe, pertanto, l’articolo 351, primo comma, TFUE, in forza del quale le disposizioni dei trattati non pregiudicano i diritti e gli obblighi derivanti da una convenzione conclusa tra uno Stato membro anteriormente alla sua adesione e Stati terzi.

71

La decisione impugnata sarebbe altresì contraria al principio generale del diritto dell’Unione, pacta sunt servanda, di cui l’articolo 351, primo comma, TFUE sarebbe espressione. Essa violerebbe inoltre il principio di leale cooperazione tra l’Unione e gli Stati membri, il cui carattere reciproco è sottolineato all’articolo 4, paragrafo 3, TUE e cui «farebbe eco» l’articolo 351 TFUE.

72

La Commissione, sostenuta dal Regno di Spagna, contesta l’argomentazione dei ricorrenti.

73

L’articolo 351, primo comma, TFUE dispone che «[l]e disposizioni dei trattati non pregiudicano i diritti e gli obblighi derivanti da convenzioni concluse, anteriormente al 1o gennaio 1958 o, per gli Stati aderenti, anteriormente alla data della loro adesione, tra uno o più Stati membri da una parte e uno o più Stati terzi dall’altra».

74

Secondo una giurisprudenza costante, l’articolo 351, primo comma, TFUE è diretto a precisare, conformemente ai principi di diritto internazionale, come risultano in particolare dall’articolo 30, paragrafo 4, lettera b), della convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 23 maggio 1969 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 1155, pag. 331), che l’applicazione del Trattato FUE non pregiudica l’impegno dello Stato membro interessato di rispettare i diritti degli Stati terzi derivanti da una convenzione anteriore e di adempiere gli obblighi corrispondenti (v. sentenza del 15 settembre 2011, Commissione/Slovacchia, C‑264/09, EU:C:2011:580, punto 41 e giurisprudenza citata).

75

L’articolo 351, primo comma, TFUE ha portata generale, nel senso che si applica a qualsiasi convenzione internazionale, indipendentemente dal suo oggetto, che possa incidere sull’applicazione dei Trattati dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 2 agosto 1993, Levy, C‑158/91, EU:C:1993:332, punto 11).

76

L’articolo 351, primo comma, TFUE ha quindi lo scopo di salvaguardare i diritti degli Stati terzi (sentenza del 13 luglio 1966, Consten e Grundig/Commissione, 56/64 e 58/64, EU:C:1966:41, pag. 500), consentendo agli Stati membri interessati di rispettare gli impegni ad essi incombenti in forza di una convenzione internazionale anteriore (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2011, Air Transport Association of America e a., C‑366/10, EU:C:2011:864, punto 61).

77

L’articolo 351, primo comma, TFUE non autorizza, per contro, gli Stati membri a far valere diritti derivanti da tali convenzioni nei loro rapporti interni all’Unione (v., in tal senso, sentenze del 2 luglio 1996, Commissione/Lussemburgo, C‑473/93, EU:C:1996:263, punto 40, e del 7 luglio 2005, Commissione/Austria, C‑147/03, EU:C:2005:427, punto 58).

78

Ne consegue che, nell’articolo 351, primo comma, TFUE, i termini «diritti ed obblighi» si riferiscono, per ciò che riguarda i «diritti», ai diritti degli Stati terzi e, per ciò che riguarda gli «obblighi», agli obblighi degli Stati membri (sentenza del 2 agosto 1993, Levy, C‑158/91, EU:C:1993:332, punto 12).

79

Di conseguenza, per stabilire se una norma del diritto dell’Unione possa essere resa inoperante da una convenzione internazionale anteriore, è necessario esaminare se questa imponga allo Stato membro interessato obblighi il cui adempimento può essere ancora preteso dagli Stati terzi che sono parti contraenti della convenzione (sentenze del 2 agosto 1993, Levy, C‑158/91, EU:C:1993:332, punto 13, e del 15 settembre 2011, Commissione/Slovacchia, C‑264/09, EU:C:2011:580, punto 42).

80

Se, pertanto, una norma di diritto dell’Unione può essere resa inoperante da una convenzione internazionale, in forza dell’articolo 351, primo comma, TFUE, ciò avviene alla duplice condizione che si tratti di una convenzione conclusa anteriormente all’entrata in vigore dei trattati dell’Unione nello Stato membro interessato e che lo Stato terzo interessato ne tragga diritti di cui può esigere il rispetto da parte di tale Stato membro (v., in tal senso, sentenza del 10 marzo 1998, T. Port, C‑364/95 e C‑365/95, EU:C:1998:95, punto 61).

81

Pertanto, l’articolo 351, primo comma, TFUE, quale norma atta a consentire deroghe all’applicazione del diritto dell’Unione, ivi compreso il diritto primario, deve essere interpretato restrittivamente, affinché le norme generali stabilite dai Trattati dell’Unione non siano svuotate del loro contenuto [sentenza del 14 marzo 2024, Commissione/Regno Unito (sentenza della Corte suprema), C‑516/22, EU:C:2024:231, punti 7881].

82

La convenzione ICSID, entrata in vigore nei confronti della Romania il 12 ottobre 1975, stabilisce, al proprio articolo 25, paragrafo 1:

«Rientrano nella competenza del Centro le controversie di natura giuridica, tra uno Stato contraente (o ente pubblico od organismo dipendente dallo Stato stesso, che esso indica al Centro) e il cittadino di un altro Stato contraente, le quali siano in relazione diretta con un investimento e che le parti abbiano consentito per iscritto di sottoporre al Centro. Quando le parti hanno dato il loro consenso, nessuna di esse può ritirarlo unilateralmente».

83

L’articolo 53, paragrafo 1, della convenzione ICSID è così formulato:

«La sentenza è vincolante per le parti e non può formare oggetto di appello od altro ricorso, al di fuori di quelli previsti dalla presente Convenzione. Ciascuna parte deve eseguire la sentenza nei termini stabiliti (...)».

84

L’articolo 54, paragrafo 1, della convenzione ICSID così prevede:

«Ogni Stato contraente riconosce come vincolante ogni sentenza resa in conformità alla presente Convenzione e assicura, sul proprio territorio, l’esecuzione delle obbligazioni pecuniarie disposte dalla sentenza, come se si trattasse di una sentenza definitiva di un tribunale funzionante sul territorio dello Stato stesso. (...)».

85

L’articolo 64 della convenzione ICSID dispone che «[o]gni controversia che insorga fra Stati contraenti in merito alla interpretazione o applicazione della presente Convenzione e che non sia risolta in via amichevole è portata innanzi alla Corte internazionale di giustizia su domanda di una qualsiasi parte nella controversia, a meno che gli Stati interessati non convengano in un’altra procedura di risoluzione».

86

L’articolo 7 del TBI prevede che le controversie tra gli investitori e i paesi firmatari sono risolte, in particolare, da un tribunale arbitrale che applica la convenzione ICSID.

87

Nella specie, ai punti 126 e 127 della decisione impugnata, la Commissione ha indicato che i diritti e gli obblighi invocati dai ricorrenti in arbitrato risultavano dall’applicazione del TBI. Dopo aver constatato che detto trattato era stato concluso tra due Stati membri e non tra uno o più Stati membri e uno o più Stati terzi, la Commissione ne ha concluso che l’articolo 351 TFUE non era applicabile nel caso di specie. Essa ne ha dedotto che l’applicazione della normativa in materia di aiuti di Stato non influiva, nelle circostanze della fattispecie, sui diritti e sugli obblighi sanciti dall’articolo 351 del trattato FUE

88

Al punto 129 della decisione impugnata, la Commissione ha aggiunto che, poiché nessuno Stato terzo aderente alla convenzione ICSID era parte del TBI considerato nel procedimento arbitrale, l’articolo 351 TFUE era irrilevante nella fattispecie.

89

Tenuto conto dell’argomentazione dei ricorrenti e della motivazione della decisione impugnata su detto punto, l’analisi della presente parte richiede di verificare, in via preliminare, se, nel caso di specie, gli obblighi assunti dalla Romania sulla base, da un lato, del TBI, e dall’altro, della convenzione ICSID, rientrino nell’ambito di applicazione dell’articolo 351 TFUE.

1) Sull’esistenza di obblighi, ai sensi dell’articolo 351 TFUE, assunti dalla Romania sulla base del TBI

90

Come emerge dai precedenti punti 74 e 78, l’articolo 351 TFUE concerne i diritti degli Stati terzi e gli obblighi corrispondenti degli Stati membri. Gli obblighi gravanti sulla Romania, assunti anteriormente alla sua adesione, sulla base del TBI, corrispondono ai diritti del Regno di Svezia acquisiti su detta stessa base.

91

Alla data della firma del TBI, il Regno di Svezia era uno Stato membro dell’Unione e non uno Stato terzo. Un siffatto trattato bilaterale dev’essere considerato, quindi, dopo l’adesione della Romania all’Unione, come un trattato riguardante due Stati membri [sentenza del 14 marzo 2024, Commissione/Regno Unito (Sentenza della Corte suprema), C‑516/22, EU:C:2024:231, punto 72].

92

Orbene, l’articolo 351 TFUE non è applicabile a un trattato bilaterale concluso tra due Stati membri dal momento che nessuno Stato terzo è parte dello stesso (v., in tal senso, sentenza dell’8 settembre 2009, Budějovický Budvar, C‑478/07, EU:C:2009:521, punto 99).

93

In tale contesto, alla data di concessione dell’aiuto, che è dirimente per stabilire l’applicabilità o meno dell’articolo 351 TFUE, nel caso di specie, il giorno della pronuncia del lodo (v. punto 62 supra), il TBI non poteva essere considerato come una convenzione da cui deriverebbero, ai sensi di detto articolo, diritti per gli Stati terzi e obblighi per detto Stato membro che possono essere influenzati dall’attuazione, in applicazione della decisione impugnata, degli articoli 107 e 108 TFUE.

94

La circostanza che il fatto generatore del danno, vale a dire l’abrogazione, asseritamente in violazione del TBI, del regime di incentivi fiscali di cui trattasi, per il quale il lodo ha concesso un indennizzo, sia intervenuto prima dell’adesione della Romania all’Unione non rimette in discussione tale interpretazione.

95

Lo stesso vale per la circostanza secondo cui i fatti alla base della responsabilità della Romania sono intervenuti, almeno in parte, prima della sua adesione all’Unione, quando detto Stato era ancora uno Stato terzo, ai sensi dell’articolo 351 TFUE.

96

Come sottolineato dalla Corte nella sentenza sull’impugnazione, non si può certamente escludere che, secondo i principi derivanti dagli ordinamenti nazionali in materia di responsabilità civile, un diritto al risarcimento sorga alla data di abrogazione del regime di incentivi fiscali di cui trattasi, fatto riconosciuto come generatore del danno (sentenza sull’impugnazione, punti 117 e 118). Per contro, tale diritto al risarcimento non coincide con il diritto a percepire l’indennizzo concesso dal lodo, cosicché la misura di aiuto di cui trattasi non è stata accordata alla data di detta abrogazione (sentenza sull’impugnazione, punti da 119 a 127).

97

Alla luce di quanto precede, occorre concludere che gli obblighi assunti dalla Romania sulla base del TBI ed esaminati nell’ambito della presente controversia non rientravano nelle previsioni dell’articolo 351 TFUE.

98

I ricorrenti non possono quindi sostenere che, con la decisione impugnata, la Commissione ha violato l’articolo 351 TFUE nella misura in cui ha ostacolato l’esecuzione, da parte della Romania, degli obblighi da essa contratti sulla base del TBI.

2) Sull’esistenza di obblighi, ai sensi dell’articolo 351 TFUE, assunti dalla Romania sulla base della convenzione ICSID

99

Conformemente alla sentenza sull’impugnazione, il sistema dei mezzi di ricorso giurisdizionale previsto dai Trattati UE e FUE si è sostituito alla procedura di arbitrato prevista dal TBI a partire dall’adesione della Romania all’Unione, vale a dire a decorrere dal 1o gennaio 2007 (sentenza sull’impugnazione, punto 145).

100

È pacifico che il tribunale arbitrale, che applica la convenzione ICSID e al quale è stata sottoposta la controversia tra i ricorrenti in arbitrato e la Romania, non si colloca nel sistema giurisdizionale dell’Unione (sentenza sull’impugnazione, punto 141).

101

Il lodo, adottato dal tribunale arbitrale l’11 dicembre 2013, vale a dire dopo l’adesione della Romania all’Unione, non può quindi spiegare alcun effetto e non può così essere eseguito nell’ottica di procedere al versamento dell’indennizzo da esso concesso (v., in tal senso, ordinanza del 21 settembre 2022, Romatsa e a., C‑333/19, non pubblicata, EU:C:2022:749, punto 43).

102

Di conseguenza, un giudice di uno Stato membro investito dell’esecuzione forzata di un lodo è tenuto a disapplicarlo e non può pertanto, in nessun caso, procedere alla sua esecuzione al fine di consentire ai suoi beneficiari di ottenere il risarcimento dei danni che esso concede loro (ordinanza del 21 settembre 2022, Romatsa e a., C‑333/19, non pubblicata, EU:C:2022:749, punto 44). Tale constatazione si impone alla Romania, in quanto Stato membro.

103

Non vi era pertanto alcun obbligo per la Romania di eseguire il lodo né, a fortiori, di darvi attuazione, a prescindere da qualsiasi esecuzione forzata.

104

Si deve quindi concludere che l’articolo 53 della convenzione ICSID, ai sensi del quale ciascuna parte vincolata al lodo deve eseguirlo nei termini stabiliti, come ricordato al precedente punto 83, non ha, nella specie, creato alcun obbligo a carico della Romania rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 351 TFUE.

105

Occorre pertanto considerare che l’articolo 54 della convenzione ICSID, secondo cui «[o]gni Stato contraente riconosce come vincolante ogni sentenza resa in conformità alla presente Convenzione e assicura, sul proprio territorio, l’esecuzione delle obbligazioni pecuniarie disposte dalla sentenza», come precisato al precedente punto 84, non può aver creato diritti a favore di Stati terzi e obblighi corrispondenti a carico della Romania, obblighi che, nel caso di specie, sono inesistenti.

106

Inoltre, come dichiarato dalla Corte, la convenzione ICSID, nonostante il suo carattere multilaterale, ha lo scopo di disciplinare relazioni bilaterali tra le parti contraenti in modo analogo ad un trattato bilaterale. Benché i ricorrenti sostengano, in sostanza, che gli Stati terzi che hanno concluso la convenzione ICSID potrebbero avere un interesse a che la Romania rispetti i suoi obblighi nei confronti di un altro Stato membro procedendo, conformemente alle disposizioni di tale convenzione, all’esecuzione di un lodo rientrante nell’ambito di applicazione di quest’ultima, un siffatto interesse puramente fattuale non può essere assimilato a un «diritto», ai sensi dell’articolo 351, primo comma, TFUE, idoneo a giustificare l’applicazione di tale disposizione [v., in tal senso, sentenza del 14 marzo 2024, Commissione/Regno Unito (sentenza della Corte suprema), C‑516/22, EU:C:2024:231, punti 7576].

107

Pertanto, gli articoli 53 e 54 della convenzione ICSID non possono essere interpretati nel senso che hanno fondato, a norma dell’articolo 351, primo comma, TFUE, dei «diritti» a favore degli Stati terzi firmatari di detta convenzione, nonché degli obblighi corrispondenti a carico della Romania di eseguire il lodo.

108

In tale contesto, e senza che occorra pronunciarsi sull’incidenza, dedotta dai ricorrenti, dell’articolo 25, paragrafo 1, e dell’articolo 64 della convenzione ICSID sull’obbligo della Romania di eseguire il lodo in applicazione della medesima convenzione, la decisione impugnata, ordinando il recupero dell’aiuto, non può aver impedito a detto Stato membro di conformarsi ad obblighi rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 351 TFUE. Una decisione siffatta non ha pertanto violato quest’ultimo articolo, in forza del quale le disposizioni dei trattati non pregiudicano i diritti e gli obblighi derivanti da una convenzione conclusa tra uno Stato membro prima della sua adesione e Stati terzi.

109

La Commissione ha così potuto considerare, senza commettere alcun errore in diritto, che «l’applicazione delle norme sugli aiuti di Stato non influi[va] sui diritti e sugli obblighi sanciti dall’articolo 351 [TFUE]».

110

La censura vertente sulla violazione dell’articolo 351, primo comma, TFUE deve quindi essere respinta e, di conseguenza, la censura relativa alla violazione del principio pacta sunt servanda, di cui detto articolo sarebbe l’espressione.

111

Lo stesso vale per la censura vertente sulla violazione del principio di leale cooperazione come attuato dall’articolo 351, primo comma, TFUE.

112

Tenuto conto di tutto quanto precede, occorre respingere la presente parte e, quindi, il primo motivo nella sua interezza.

2.   Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE

113

I ricorrenti sostengono che la Commissione non ha dimostrato il soddisfacimento, nella specie, delle condizioni di cui all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Essi articolano il proprio motivo in tre parti.

114

La Commissione, sostenuta dal Regno di Spagna, contesta l’argomentazione dei ricorrenti.

115

Occorre rammentare che, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, «sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza».

116

Secondo una giurisprudenza costante, la qualificazione come aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE esige che siano soddisfatte tutte le condizioni enunciate in tale disposizione. Pertanto, affinché una misura possa essere qualificata come aiuto di Stato, in primo luogo, deve trattarsi di un intervento dello Stato o effettuato mediante risorse statali, in secondo luogo, tale intervento deve essere idoneo ad incidere sugli scambi tra Stati membri, in terzo luogo, deve concedere un vantaggio al suo beneficiario e, in quarto luogo, deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza (v. sentenza del 12 novembre 2013, MOL/Commissione, T‑499/10, EU:T:2013:592, punto 51 e giurisprudenza citata).

a)   Sulla prima parte, vertente sulla mancanza di un vantaggio economico

117

I ricorrenti sostengono che la misura di aiuto di cui trattasi non conferisce loro alcun vantaggio economico. Essi deducono tre censure principali.

118

In primo luogo, i ricorrenti sostengono che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione, il lodo non ha indennizzato i ricorrenti in arbitrato per gli effetti dell’abrogazione del regime di incentivi fiscali di cui trattasi, ma ha accordato loro un risarcimento per il danno subito a fronte del mancato riconoscimento, a loro favore, da parte della Romania, di un trattamento giusto ed equo in violazione dell’articolo 2, paragrafo 3, del TBI. In ogni caso, anche ammettendo che l’interpretazione di detto lodo da parte della Commissione sia corretta, la compensazione degli effetti indiretti di tale abrogazione, come il lucro cessante o la perdita di opportunità di acquisire nuovi mercati, non può essere qualificata come vantaggio ai sensi della normativa in materia di aiuti di Stato.

119

In secondo luogo, i ricorrenti sostengono che, in applicazione della giurisprudenza tratta dalla sentenza del 27 settembre 1988, Asteris e a. (da 106/87 a 120/87, EU:C:1988:457, punti 2324), il risarcimento concesso dal lodo non costituiva un vantaggio ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

120

In terzo e ultimo luogo, anche ammettendo che il lodo abbia potuto costituire un vantaggio, la decisione impugnata individuerebbe erroneamente la misura di aiuto di cui trattasi nel versamento delle somme controverse e non in detto lodo. Orbene, tale versamento si inserirebbe nel «normale corso» dell’esecuzione o dell’attuazione di detto lodo, cosicché il versamento dell’indennizzo, cui la Romania è stata condannata, non può costituire un vantaggio distinto da quello asseritamente concesso dal lodo medesimo.

121

Occorre ricordare che sono considerati aiuti di Stato gli interventi che, sotto qualsiasi forma, sono atti a favorire direttamente o indirettamente determinate imprese, o che devono ritenersi un vantaggio economico che l’impresa beneficiaria non avrebbe ottenuto in condizioni normali di mercato (v. sentenze del 15 maggio 2019, Achema e a., C‑706/17, EU:C:2019:407, punto 83 e giurisprudenza citata, e del 17 settembre 2020, Compagnie des pêches de Saint‑Malo, C‑212/19, EU:C:2020:726, punto 39 e giurisprudenza citata).

122

A tal proposito, per valutare se uno Stato membro abbia conferito un vantaggio a una determinata impresa, occorre confrontare la situazione finanziaria dell’impresa dopo l’introduzione della misura con quella che sarebbe stata la sua situazione finanziaria in caso di mancata adozione della medesima. Sono considerati come aiuti, in particolare, gli interventi che, sotto varie forme, alleviano gli oneri che normalmente gravano sul bilancio di un’impresa. Sussiste quindi un vantaggio quando, in ragione della misura e senza che essa sia giustificata dalla natura o dalla struttura del sistema interessato, la situazione finanziaria netta del beneficiario registri un miglioramento (v., in tal senso, sentenza del 17 settembre 2020, Compagnie des pêches de Saint-Malo, C‑212/19, EU:C:2020:726, punto 40).

123

Il Tribunale reputa opportuno esaminare anzitutto la terza censura, vertente sull’errata individuazione della misura di aiuto di cui trattasi, prima di analizzare la prima e la seconda censura, fondate sulla premessa secondo cui la suddetta misura consiste nell’attribuzione del risarcimento concesso dal lodo.

1) Sulla terza censura, vertente sull’errata individuazione della misura di aiuto di cui trattasi

124

I ricorrenti sostengono, in sostanza, come ricordato al precedente punto 120, che la misura di aiuto di cui trattasi non consiste nel versamento delle somme controverse, bensì nel lodo. Nella decisione impugnata la Commissione avrebbe pertanto errato in diritto individuando in maniera erronea la misura sottoposta al suo esame, cosicché non poteva, senza commettere un errore di valutazione, qualificare detto versamento come vantaggio ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

125

Nella specie, la misura di aiuto di cui trattasi è individuata al punto 39 della decisione impugnata nei seguenti termini: «[l]a misura sottoposta a valutazione è il pagamento [delle somme controverse] in virtù del lodo, mediante l’attuazione o l’esecuzione del lodo stesso, più gli interessi maturati dalla data di emissione del lodo».

126

Dal punto 39 della decisione impugnata, vertente sulla «Descrizione della misura» e rientrante nella parte 3 di detta decisione, dal titolo «Descrizione della misura e motivazioni per l’avvio del procedimento», emerge chiaramente che la misura considerata in detta decisione è il versamento delle somme controverse e non il lodo.

127

L’individuazione da parte della Commissione della misura di aiuto di cui trattasi come corrispondente al versamento delle somme controverse è confermata al punto 123 della decisione impugnata, in cui si osserva che «[detto pagamento] ai [ricorrenti in arbitrato], mediante attuazione o esecuzione del lodo, migliorerebbe la loro posizione».

128

Tale constatazione non può essere rimessa in discussione dall’argomento che i ricorrenti traggono dal punto 124 della sentenza sull’impugnazione secondo cui «il diritto all’indennizzo concesso a titolo di risarcimento del danno che i ricorrenti in arbitrato affermano di aver subito a causa dell’abrogazione, asseritamente in violazione del TBI, del regime di incentivi fiscali di cui trattasi è stato concesso solo con il lodo».

129

Occorre precisare, infatti, che, procedendo in tal modo, la Corte si è pronunciata unicamente sulla competenza ratione temporis della Commissione ad adottare la decisione impugnata ai sensi dell’articolo 108 TFUE. Al punto 124 della sentenza sull’impugnazione essa si è così espressa unicamente sulla data in cui il diritto al risarcimento è stato accordato ai ricorrenti e non sulla qualificazione come aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE del versamento delle somme controverse, come esaminata in detta decisione.

130

A tal proposito, la questione se, a prescindere dai versamenti esaminati, il lodo costituisca di per sé un vantaggio qualificabile come aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE non rileva ai fini dell’individuazione della misura di aiuto di cui trattasi, come integrante il versamento delle somme controverse.

131

La Corte ha peraltro espressamente constatato, al punto 135 della sentenza sull’impugnazione, che, con la decisione impugnata, la Commissione aveva esaminato, alla luce delle norme del Trattato FUE in materia di aiuti di Stato, il versamento delle somme controverse in esecuzione del lodo.

132

La Commissione non può del resto invitare il Tribunale a considerare ora, come emerge dalle sue memorie integrative contenenti osservazioni scritte e dalla discussione in udienza, che la misura oggetto del suo esame dovrebbe essere considerata una misura unica costituita dal lodo e dalla sua esecuzione. Per giurisprudenza costante, infatti, nell’ambito di un ricorso di annullamento, il Tribunale non può sostituire la propria motivazione a quella dell’autore dell’atto impugnato (v. sentenza del 26 ottobre 2016, PT Musim Mas/Consiglio, C‑468/15 P, EU:C:2016:803, punto 64 e giurisprudenza citata).

133

I ricorrenti, pur sostenendo altresì che il pagamento del risarcimento è soltanto la «conseguenza automatica» del lodo, si limitano a constatare, con tale affermazione, che il lodo di cui trattasi è la causa del versamento delle somme controverse da parte della Romania e non possono, attraverso una simile constatazione, validamente sostenere che il suddetto versamento non avrebbe costituito un vantaggio distinto da detto lodo.

134

Infatti, l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE non distingue gli interventi statali a seconda della loro causa, ma, come ricordato dalla Commissione al punto 80 della decisione impugnata, li definisce in funzione dei loro effetti (sentenze del 4 marzo 2021, Commissione/Fútbol Club Barcelona, C‑362/19 P, EU:C:2021:169, punto 61, e sull’impugnazione, punto 122).

135

Anche ammettendo che il lodo non possa essere separato dalla sua attuazione, resta il fatto che il versamento delle somme controverse, in esecuzione o in attuazione di detto lodo, ha costituito la misura sottoposta alla valutazione della Commissione nella decisione impugnata.

136

In tale contesto e contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, la Commissione ha potuto definire, a ragione, la misura di aiuto di cui trattasi come il versamento delle somme controverse al fine di verificare, nell’ambito della sua valutazione dell’esistenza di un aiuto di Stato, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, se un siffatto versamento rappresentasse un vantaggio economico di cui i ricorrenti non avrebbero beneficiato in condizioni normali di mercato.

137

Tenuto conto di tutto quanto precede, la presente censura deve essere respinta.

2) Sulla prima censura, vertente sul fatto che la misura di aiuto di cui trattasi non può costituire un vantaggio riconosciuto a titolo di compensazione per gli effetti dell’abrogazione del regime di incentivi fiscali di cui trattasi

138

Come emerge dal precedente punto 118, la presente censura si fonda su due argomenti principali.

i) Sul primo argomento, vertente sull’errore commesso dalla Commissione nel ritenere che il lodo indennizzasse i ricorrenti in arbitrato degli effetti dell’abrogazione del regime di incentivi fiscali di cui trattasi

139

Dal precedente punto 131 emerge che la Commissione ha esaminato, alla luce delle norme del Trattato FUE in materia di aiuti di Stato, il versamento delle somme controverse e non il regime di incentivi fiscali di cui trattasi, che, essendo stato abrogato prima dell’adesione della Romania all’Unione, non era peraltro più in vigore all’atto dell’adozione della decisione impugnata (sentenza sull’impugnazione, punto 135).

140

A tal fine, come emerge dal punto 93 della decisione impugnata, la Commissione ha esaminato gli elementi su cui il tribunale arbitrale si era fondato per caratterizzare l’aiuto concesso ai ricorrenti in arbitrato e la descrizione dei danni asseritamente subiti.

141

Dal punto 94 della decisione impugnata emerge che la Commissione ha ritenuto, anzitutto, che il tribunale arbitrale avesse risarcito il danno risultante dalla prematura abrogazione del regime di incentivi fiscali di cui trattasi. Essa ha poi ritenuto che l’attuazione o l’esecuzione del lodo da parte della Romania riconoscesse ai ricorrenti in arbitrato, come emerge dal punto 95 di detta decisione, un importo corrispondente ai vantaggi che questi ultimi avrebbero dovuto percepire nell’ambito del regime di cui trattasi per il periodo intercorrente tra il momento della sua abrogazione, il 22 febbraio 2005, e la data prevista per la sua scadenza, il 1o aprile 2009. Infine, essa ha constatato che l’ammontare del danno era costituito, essenzialmente, da un lato, dal rimborso dell’importo dei dazi doganali applicati allo zucchero e ad altre materie prime che i ricorrenti in arbitrato avrebbero evitato di pagare se tale abrogazione non fosse intervenuta e, dall’altro, dall’ammontare del lucro cessante della vendita di prodotti finiti risultante da detta abrogazione.

142

Pertanto, al punto 96 della decisione impugnata, la Commissione ha qualificato il versamento delle somme controverse come vantaggio economico che i ricorrenti in arbitrato non avrebbero potuto ottenere in condizioni normali di mercato in ragione del fatto che detto versamento era destinato a risarcirli per i danni loro cagionati dall’abrogazione del regime di incentivi fiscali di cui trattasi.

143

Per contestare l’interpretazione del lodo fornita dalla Commissione, i ricorrenti sostengono che il tribunale arbitrale ha concesso ai ricorrenti in arbitrato un risarcimento a titolo di indennizzo per il danno che essi avrebbero subito, come ricordato al precedente punto 118, in ragione del mancato riconoscimento, da parte della Romania, di un trattamento giusto ed equo dei loro investimenti, in violazione dell’articolo 2, paragrafo 3, del TBI. A tal proposito, essi precisano che la Romania ha violato detto articolo per aver, da un lato, eliminato i principali vantaggi del regime di incentivi fiscali di cui trattasi mantenendo nel contempo in vigore i corrispondenti obblighi e, dall’altro, mancato di trasparenza per non aver avvertito in tempo utile i ricorrenti in arbitrato della revoca di detto regime.

144

I ricorrenti aggiungono che, benché il tribunale arbitrale si riferisca al regime di incentivi fiscali di cui trattasi per quantificare il danno subito, tale circostanza non significa, da sola, che il lodo abbia reintrodotto il suddetto regime.

145

Nella specie, dal punto 872 del lodo, come ripreso al punto 27 della sentenza sull’impugnazione e al punto 26 della decisione impugnata, emerge che il tribunale arbitrale ha considerato che, abrogando il regime di incentivi fiscali di cui trattasi anteriormente al 1o aprile 2009, la Romania, in primo luogo, aveva violato il legittimo affidamento dei ricorrenti in arbitrato, che ritenevano che tali incentivi sarebbero stati disponibili, essenzialmente nella stessa forma, fino al 31 marzo 2009 compreso, in secondo luogo, non aveva agito in modo trasparente, non avendo avvisato tempestivamente tali ricorrenti, e, in terzo luogo, non aveva garantito un trattamento giusto ed equo degli investimenti effettuati da detti ricorrenti, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 3, TBI. Pertanto, detto tribunale ha condannato la Romania a versare loro un risarcimento danni, il cui ammontare è stato fissato tenendo principalmente conto dei danni asseritamente subiti da tali ricorrenti nel periodo compreso tra il 22 febbraio 2005 e il 31 marzo 2009.

146

Ciò ricordato, occorre, in primo luogo, osservare che i danni risarciti dal lodo, come individuati nel dispositivo di quest’ultimo e come sintetizzati al punto 27 della decisione impugnata, corrispondono alle seguenti voci: l’ aumento del costo dello zucchero (per la cui importazione i ricorrenti in arbitrato hanno dovuto pagare dazi doganali dopo la revoca dello strumento «Materie prime»), l’aumento del costo delle materie prime diverse dallo zucchero e da talune tipologie di polietilene tereftalato (PET, per le quali la domanda di risarcimento era stata respinta dal tribunale arbitrale per il fatto che i ricorrenti non avevano mai beneficiato dello strumento «Materie prime» per la loro importazione), la perdita della capacità di stoccaggio di zucchero a prezzi più bassi (il cui ammontare è stato calcolato sulla base dei dazi doganali applicati allo zucchero importato che si sarebbero potuti evitare se i ricorrenti in arbitrato avessero potuto stoccare lo zucchero anteriormente al 1o aprile 2009); il lucro cessante derivante dal calo delle vendite di prodotti finiti (corrispondente alla perdita di quote di mercato sul periodo 2004-2008 per le bibite analcoliche e altri prodotti contenenti zucchero, il cui rincaro ha comportato un aumento del prezzo di detti prodotti con conseguente contrazione delle loro vendite).

147

Le somme versate a titolo di risarcimento dei danni così individuati hanno maturato interessi, calcolati a decorrere dal 1o marzo 2007 per l’aumento del costo dello zucchero e di altre materie prime, dal 1o novembre 2009 per quanto riguarda la perdita della capacità di stoccaggio dello zucchero e dal 1o maggio 2008 per il lucro cessante.

148

In secondo luogo, va ricordato che, come risulta dalla decisione impugnata, il regime di incentivi fiscali di cui trattasi riconosceva a taluni investitori di regioni considerate dal governo rumeno come svantaggiate l’esenzione dai dazi doganali per le materie prime necessarie per l’investimento realizzato nella regione svantaggiata interessata, fermo restando che l’esenzione dai dazi aveva sostituito, a seguito di una modifica del regime, il rimborso di detti dazi come inizialmente previsto.

149

Come osservato al precedente punto 7, a partire dall’inizio degli anni 2000 i ricorrenti in arbitrato hanno beneficiato, nella loro veste di investitori nella regione mineraria di Ștei‑Nucet, considerata svantaggiata, delle esenzioni dai dazi doganali sulle materie prime previste dal regime di incentivi fiscali di cui trattasi, sino alla sua abrogazione, avvenuta il 22 febbraio 2005.

150

In terzo luogo, va aggiunto che i ricorrenti, pur contestando le conseguenze che possono derivare dalle modalità di calcolo dell’indennizzo utilizzate dal tribunale arbitrale, non contestano per contro che l’ammontare dei danni indennizzati sia stato fissato tenendo conto del regime di incentivi fiscali di cui trattasi.

151

Dai punti 944 e 945 del lodo si evince che il metodo accolto dal tribunale arbitrale per calcolare i danni subiti è stato proposto dai ricorrenti in arbitrato ed è consistito nel quantificare l’aumento dei costi e il lucro cessante registrati dai ricorrenti in arbitrato per non aver potuto sviluppare la loro impresa con le modalità previste, attraverso la realizzazione di investimenti aggiuntivi e la vendita di prodotti a base di zucchero.

152

A tal riguardo, al punto 917 del lodo, ripreso al punto 94 della decisione impugnata, il tribunale arbitrale ha indicato che il risarcimento danni doveva essere concesso in base al principio secondo cui «il ricorrente deve essere rimesso nella condizione in cui “con tutta probabilità” si sarebbe trovato in assenza del torto internazionale». Esso ha altresì considerato che, come risulta dal punto 928 di detto lodo, soltanto le perdite riconducibili all’atto che costituisce il torto internazionale possono essere compensate tramite il risarcimento danni e che «tutte le violazioni del TBI denunciate dai ricorrenti [in arbitrato] derivano dal medesimo fatto[, vale a dire] la revoca prematura degli incentivi [previsti dal regime di incentivi fiscali di cui trattasi], o sono direttamente connesse a tale revoca prematura».

153

In tale contesto, come osservato dalla Commissione al punto 94 della decisione impugnata, il tribunale arbitrale, nel valutare l’importo del risarcimento dovuto ai ricorrenti, ha analizzato se le perdite fossero state realmente subite e se esse fossero direttamente legate alla revoca del regime di incentivi fiscali di cui trattasi, come emerge, in particolare, dal punto 953 del lodo, riguardo al risarcimento danni concesso per l’aumento del prezzo dello zucchero, dal punto 971 di detto lodo, riguardo al risarcimento danni concesso per l’aumento del prezzo delle materie prime diverse dallo zucchero e dai PET, dai punti da 982 a 985 di detto lodo, riguardo al risarcimento danni concesso per la perdita della capacità di stoccaggio per lo zucchero, e dai punti da 1016 a 1020 del medesimo lodo, riguardo al risarcimento danni concesso per il lucro cessante in relazione alle vendite di prodotti finiti.

154

In quarto e ultimo luogo, come sottolineato dalla Corte al punto 117 della sentenza sull’impugnazione, l’indennizzo concesso dal lodo, poiché mirava a risarcire il danno che i ricorrenti in arbitrato affermavano di aver subito a causa dell’abrogazione, asseritamente in violazione del TBI, del regime di incentivi fiscali di cui trattasi da parte della Romania, trae origine da tale abrogazione, la quale costituisce il fatto generatore del danno per il quale tale indennizzo è stato concesso dal tribunale arbitrale.

155

Dai precedenti punti da 146 a 154 emerge che il tribunale arbitrale, considerando che la Romania, come ricordato al precedente punto 145, non aveva assicurato un trattamento giusto ed equo degli investimenti effettuati dai ricorrenti in arbitrato, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 3, del TBI, ha inteso risarcire questi ultimi per le conseguenze pecuniarie dell’abrogazione del regime di incentivi fiscali di cui trattasi.

156

Come sottolineato dalla Commissione in udienza, il tribunale arbitrale non ha peraltro né descritto, né caratterizzato, né quantificato, da un lato, il danno che sarebbe derivato dal mantenimento delle obbligazioni imposte ai beneficiari del regime di incentivi fiscali di cui trattasi, malgrado la soppressione dei vantaggi ad esso in precedenza collegati e, dall’altro, il danno che sarebbe derivato dal comportamento non trasparente della Romania, per non aver informato adeguatamente gli investitori del fatto che detto regime sarebbe cessato prima della data di scadenza prevista.

157

Pertanto, i ricorrenti non possono sostenere che il lodo non ha indennizzato i ricorrenti in arbitrato per le conseguenze dell’abrogazione del regime di incentivi fiscali di cui trattasi, ma ha concesso loro un risarcimento del danno subito in ragione della condotta della Romania per aver quest’ultima, da un lato, mantenuto gli obblighi collegati ai vantaggi introdotti da detto regime malgrado la sua abrogazione e, dall’altro, per non averli avvertiti tempestivamente di detta abrogazione, in violazione del suo obbligo di garantire un trattamento giusto ed equo agli investimenti degli investitori, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 3, del TBI.

ii) Sul secondo argomento, vertente sul fatto che il risarcimento degli effetti indiretti dell’abrogazione del regime di incentivi fiscali di cui trattasi non può essere qualificato come vantaggio ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE

158

I ricorrenti aggiungono, come precisato al precedente punto 118, che, comunque, qualora il Tribunale dovesse ritenere che il lodo ha indennizzato i ricorrenti in arbitrato per le conseguenze dell’abrogazione del regime di incentivi fiscali di cui trattasi, la compensazione degli effetti indiretti di detta abrogazione, quali il lucro cessante o la perdita di opportunità di acquisire nuovi mercati, non può essere qualificata come vantaggio ai sensi della normativa in materia di aiuti di Stato.

159

A tal proposito, i ricorrenti osservano che le somme controverse non corrispondono agli importi che avrebbero percepito se il regime di incentivi fiscali di cui trattasi non fosse stato abrogato. A loro avviso, il risarcimento accordato dal tribunale arbitrale in forza del lodo compensa gli effetti indiretti dell’abrogazione di detto regime, vale a dire l’aumento dei costi dato dall’impossibilità in cui si sono venuti a trovare di stoccare lo zucchero prima della data prevista per la scadenza di detto regime e la contrazione dei profitti dovuta alla perdita di quote di mercato a fronte dell’incremento dei costi delle materie prime importate in ragione del pagamento dei dazi doganali.

160

In tale contesto, i ricorrenti nella causa T‑704/15 RENV sottolineano che, anche ammettendo che il versamento delle somme controverse abbia comportato l’indennizzo per la revoca di un aiuto illegale o incompatibile quale sarebbe stato il regime di incentivi fiscali di cui trattasi, le somme concesse dal tribunale arbitrale a titolo di compensazione del lucro cessante o della perdita di opportunità a seguito dell’abrogazione di detto regime non possono in nessun caso costituire, conformemente alla giurisprudenza pertinente, «vantaggi» ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

161

Secondo la giurisprudenza invocata dai ricorrenti, il recupero di un aiuto illegittimo ai fini del ripristino della situazione anteriore non implica una differente ricostruzione del passato in funzione di elementi ipotetici e implica soltanto la restituzione del vantaggio procurato dal medesimo al suo beneficiario e non la restituzione del profitto economico eventualmente realizzato dal medesimo attraverso lo sfruttamento di tale vantaggio (sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/Aer Lingus e Ryanair Designated Activity, C‑164/15 P e C‑165/15 P, EU:C:2016:990, punti 9192).

162

Occorre anzitutto osservare che, ai fini della qualificazione dell’indennizzo concesso dal tribunale arbitrale in forza del lodo, è indifferente se sia vero o meno che detto indennizzo è stato corrisposto a titolo di compensazione per la revoca di un aiuto illegittimo o incompatibile, posto che il solo aspetto pertinente a tal riguardo è la questione se l’indennizzo concesso potesse costituire un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Inoltre, il fatto che, in conformità della giurisprudenza invocata dai ricorrenti, il recupero di un aiuto illegittimo implica unicamente la restituzione del vantaggio da esso procurato al suo beneficiario è anch’esso irrilevante ai fini della qualificazione che la Commissione è chiamata a compiere dell’indennizzo concesso da detto lodo alla luce della disposizione di cui trattasi.

163

Occorre poi osservare che la giurisprudenza citata al precedente punto 161 osta a che il recupero di un aiuto illegittimo verta sulla restituzione dell’eventuale beneficio economico realizzato attraverso lo sfruttamento dell’aiuto illegittimo da parte del suo beneficiario. Orbene, in ogni caso, la decisione impugnata ordina il recupero del versamento delle somme controverse e non il recupero di un ipotetico vantaggio che sarebbe potuto derivare dal suo sfruttamento da parte del beneficiario.

164

Il vantaggio di cui hanno beneficiato i ricorrenti nella presente controversia è in effetti il pagamento dell’indennizzo concesso con il lodo.

165

Inoltre, un’azione risarcitoria, come quella avviata dai ricorrenti in arbitrato dinanzi al tribunale arbitrale non può condurre ad eludere l’applicazione effettiva delle norme in materia di aiuti di Stato (v., in tal senso, sentenza dell’11 novembre 2015, Klausner Holz Niedersachsen, C‑505/14, EU:C:2015:742, punti da 42 a 44). Un risarcimento versato a compensazione di perdite di quote di mercato o di capacità di stoccaggio di materie prime o, in definitiva, di qualsiasi voce di danno risultante dall’abrogazione di un regime di aiuti, non può quindi sfuggire alla qualificazione come aiuto di Stato se il risarcimento del danno risponde alla definizione di vantaggio economico ai sensi di detta disposizione.

166

A tal proposito, al punto 96 della decisione impugnata, la Commissione ha considerato quanto segue:

«(…) [L]a concessione ai ricorrenti [in arbitrato] di un risarcimento per lucro cessante in ragione del fatto che hanno dovuto sostenere essi stessi le proprie spese di funzionamento costituisce parimenti un vantaggio economico non disponibile in condizioni normali di mercato e in assenza del lodo; in condizioni normali di mercato l’impresa avrebbe dovuto sostenere i costi inerenti alla propria attività economica e di conseguenza non avrebbe realizzato tale lucro. In terzo luogo, la corresponsione di interessi su presunti pagamenti dovuti ai ricorrenti [in arbitrato] in passato, ma che devono essere considerati conferire un vantaggio, conferisce un ulteriore e distinto vantaggio».

167

Orbene, si deve constatare che i ricorrenti non hanno dedotto alcun argomento idoneo a rimettere in discussione le conclusioni della Commissione, di cui al punto 96 della decisione impugnata, secondo cui l’indennizzo concesso dal tribunale arbitrale costituiva un vantaggio economico ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, dopo aver analizzato i vantaggi che sarebbero stati riconosciuti ai ricorrenti nell’ambito del regime di incentivi fiscali di cui trattasi per il periodo compreso tra la data della sua abrogazione e la data prevista per la sua scadenza.

168

Tenuto conto di quanto precede, i ricorrenti non dimostrano che la Commissione ha errato nel ritenere che la misura di aiuto di cui trattasi integrasse un vantaggio economico ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE versato ai ricorrenti in arbitrato a titolo di compensazione per le conseguenze dell’abrogazione del regime di incentivi fiscali di cui trattasi.

169

Di conseguenza, la presente censura deve essere respinta nella sua interezza.

3) Sulla seconda censura, vertente sulla violazione della sentenza del 27 settembre 1988, Asteris e a. (da 106/87 a 120/87)

170

La presente censura si fonda, come emerge dal precedente punto 119, sulla premessa secondo cui il lodo ha prodotto effetti di diritto nei confronti dei ricorrenti, riconoscendo loro un risarcimento per un danno subito in ragione dell’asserita violazione del TBI, la quale sarebbe alla base del loro diritto a risarcimento concesso da detto lodo. Pertanto, il pagamento del risarcimento in forza del suddetto lodo si sottrarrebbe alla qualificazione come aiuto di Stato in applicazione della sentenza del 27 settembre 1988, Asteris e a. (da 106/87 a 120/87, EU:C:1988:457, punti 2324).

171

Occorre ricordare che gli aiuti pubblici, che costituiscono misure dell’autorità pubblica che favoriscono determinate imprese o determinati prodotti, presentano una natura giuridica fondamentalmente differente dal risarcimento danni che le autorità nazionali sono, eventualmente, condannate a versare a dei soggetti privati a titolo di ristoro di un pregiudizio che esse hanno causato a questi ultimi. Pertanto, i risarcimenti dei danni non costituiscono aiuti di Stato, ai sensi del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 27 settembre 1988, Asteris e a., da 106/87 a 120/87, EU:C:1988:457, punti 2324).

172

Secondo una costante giurisprudenza è opportuno, inoltre, distinguere tra le domande volte ad ottenere il risarcimento di un danno risultante da un atto illegittimo e un’azione volta ad ottenere il pagamento di somme dovute in forza di una normativa (v., in tal senso, sentenza del 27 settembre 1988, Asteris e a., da 106/87 a 120/87, EU:C:1988:457, punti 2526 e giurisprudenza citata).

173

Infatti, quando le somme reclamate in sede giudiziaria, quand’anche formalmente a titolo di indennizzo, corrispondono al pagamento di un vantaggio che il ricorrente chiede in applicazione di una determinata normativa, l’azione non è diretta ad ottenere il ristoro di un pregiudizio distinto da quello consistente nel mancato versamento integrale del vantaggio cui esso ha ritenuto di aver diritto in applicazione di detta stessa normativa (v., in tal senso, sentenza del 12 gennaio 2023, DOBELES HES, C‑702/20 e C‑17/21, EU:C:2023:1, punti 6162).

174

Pertanto, qualora una normativa nazionale abbia istituito un «aiuto di Stato», ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, anche il pagamento di una somma reclamata in sede giudiziaria in applicazione di detta normativa costituisce un aiuto siffatto (sentenza del 12 gennaio 2023, DOBELES HES, C‑702/20 e C‑17/21, EU:C:2023:1, punto 65).

175

Pertanto, il beneficiario di un aiuto non può, come ricordato al precedente punto 165, aggirare l’applicazione effettiva delle norme in materia di aiuti di Stato ottenendo, senza invocare il diritto dell’Unione in materia di aiuti di Stato, una sentenza risarcitoria il cui effetto gli consentirebbe, in definitiva, di continuare ad attuare l’aiuto in questione per diversi anni (v., in tal senso e per analogia, sentenza dell’11 novembre 2015, Klausner Holz Niedersachsen, C‑505/14, EU:C:2015:742, punti da 42 a 44).

176

Nella specie, come emerge dai precedenti punti da 99 a 101, il sistema giurisdizionale dell’Unione, in cui non si inserisce il tribunale arbitrale (sentenza sull’impugnazione, punto 141), si è sostituito alla procedura di arbitrato prevista dal TBI a partire dall’adesione della Romania all’Unione, vale a dire dal 1o gennaio 2007, cosicché il lodo, adottato da detto tribunale successivamente a tale adesione, non può aver prodotto effetti nei confronti dei ricorrenti (ordinanza del 21 settembre 2022, Romatsa e a., C‑333/19, non pubblicata, EU:C:2022:749, punti da 40 a 43).

177

In tale contesto, e in ogni caso, la qualificazione accolta nel lodo non è dirimente per l’analisi dell’esistenza di un aiuto di Stato. Il versamento delle somme controverse in esecuzione di detto lodo non può pertanto essere qualificato, dal punto di vista giuridico, come risarcimento del danno ai sensi del diritto dell’Unione, per il solo fatto che una siffatta qualificazione risulterebbe da tale provvedimento.

178

A tal riguardo, la Commissione era pertanto legittimata ad esaminare l’esistenza di un aiuto di Stato indipendentemente dalla qualificazione giuridica accolta dal tribunale arbitrale, come ha fatto nella decisione impugnata.

179

Orbene, come emerge dall’analisi della prima censura della prima parte del secondo motivo, la Commissione ha concluso, senza che i ricorrenti siano riusciti a rimettere in discussione tale valutazione, che la misura di aiuto di cui trattasi integrava un vantaggio economico riconosciuto ai ricorrenti in arbitrato a compensazione delle conseguenze dell’abrogazione del regime di incentivi fiscali di cui trattasi e non del danno che essi avrebbero subito in ragione del comportamento della Romania per aver quest’ultima, da un lato, mantenuto gli obblighi collegati ai vantaggi introdotti da detto regime malgrado la sua abrogazione e, dall’altro, per non averli avvertiti tempestivamente di detta abrogazione.

180

Non essendo dimostrato che il versamento delle somme controverse ha avuto per effetto di risarcire il danno risultante dalla condotta asseritamente colposa tenuta dalla Romania, come illustrato al precedente punto 157, i ricorrenti non possono validamente sostenere che la misura di aiuto di cui trattasi non è qualificabile come aiuto di Stato in applicazione della sentenza del 27 settembre 1988, Asteris e a. (da 106/87 a 120/87, EU:C:1988:457, punti 2324).

181

Tuttavia, i ricorrenti aggiungono che il lodo non può nemmeno averli indennizzati dell’abrogazione di un asserito aiuto illegittimo o incompatibile consistente nel regime di incentivi fiscali di cui trattasi. Ciò, in sostanza, poiché detto regime, attuato prima dell’adesione della Romania all’Unione, non sarebbe mai stato assoggettato alla normativa dell’Unione in materia di aiuti di Stato e alla competenza della Commissione.

182

Occorre ricordare, in via preliminare, che la giurisprudenza risultante dalla sentenza del 27 settembre 1988, Asteris e a. (da 106/87 a 120/87, EU:C:1988:457, punti 2324), di cui i ricorrenti invocano la violazione, riguarda unicamente la qualificazione di un aiuto pubblico, poiché dispone soltanto che gli aiuti pubblici presentano una natura giuridica fondamentalmente differente dal risarcimento danni.

183

Come emerge dai precedenti punti da 139 a 157, la Commissione ha giustamente concluso che il vantaggio ottenuto dai ricorrenti in arbitrato non costituiva il risarcimento di un atto illegittimo ai sensi della sentenza del 27 settembre 1988, Asteris e a. (da 106/87 a 120/87, EU:C:1988:457, punti 2324). Pertanto, gli argomenti dei ricorrenti volti a rimettere in discussione la motivazione complementare della decisione impugnata concernente l’illegittimità dell’aiuto, dedotta dalla Commissione per escludere l’applicazione della sentenza del 27 settembre 1988, Asteris e a. (da 106/87 a 120/87, EU:C:1988:457), non può rimettere in discussione la fondatezza della decisione sotto tale profilo.

184

In ogni caso e ad abundantiam, si può ricordare che, in applicazione dell’articolo 64, paragrafo 1, iii), dell’Accordo europeo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da un lato, e la Romania, dall’altro, concluso e approvato a nome della Comunità con la decisione 94/907/CECA/CE, Euratom del Consiglio e della Commissione, del 19 dicembre 1994 (GU 1994, L 357, pag. 2; in prosieguo: l’«Accordo europeo»), qualsiasi aiuto statale che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsa o minaccia di falsare la concorrenza è incompatibile con il corretto funzionamento di detto Accordo europeo, nella misura in cui può essere pregiudizievole al commercio tra le Comunità europee e la Romania. In forza dell’articolo 64, paragrafo 2, di tale Accordo, le pratiche contrarie a detto articolo sono valutate «secondo i criteri derivanti dall’applicazione degli articoli 85, 86 e 92 del Trattato [CEE, divenuti articoli 101, 102 e 107 TFUE]».

185

Al fine di adempiere il suo obbligo di adeguamento, previsto dall’Accordo europeo, nel 1999 la Romania ha adottato la lege nr. 143/1999 privind ajutorul de stat (legge n. 143/1999 sugli aiuti di Stato), che conteneva la medesima definizione degli aiuti di Stato prevista all’articolo 64 di detto accordo e nel diritto dell’Unione. Detta legge ha designato il Consiliul Concurenței (Consiglio per la concorrenza, Romania) e l’Oficiul Concurenței (Ufficio per la concorrenza, Romania) quali organismi nazionali di controllo degli aiuti di Stato, competenti a valutare la compatibilità degli aiuti di Stato concessi alle imprese dalla Romania.

186

Nella specie, la Commissione ha precisato che la presente controversia non rientrava nella giurisprudenza risultante dalla sentenza del 27 settembre 1988, Asteris e a. (da 106/87 a 120/87, EU:C:1988:457, punti da 2324), poiché, come emerge in sostanza dal punto 103 della decisione impugnata, posto che il regime di incentivi fiscali di cui trattasi ha comportato la concessione di un aiuto di Stato illegittimo, il risarcimento concesso ai ricorrenti in arbitrato, il cui importo sarebbe stato corrispondente agli incentivi fiscali di cui erano stati privati a seguito dell’abrogazione di detto regime, integrava esso stesso un aiuto di Stato illegittimo.

187

A tal riguardo, dal fascicolo emerge che, con decisione del 15 maggio 2000, il Consiglio per la concorrenza rumeno ha considerato che «[l]e esenzioni dai dazi doganali per le materie prime [dovevano essere] considerate come aiuti di Stato al funzionamento» e detta decisione non è stata né contestata, né annullata.

188

In tali condizioni, la sola circostanza, invocata a sostegno del loro argomento ricordato al precedente punto 181, secondo cui il regime di incentivi fiscali di cui trattasi era stato istituito prima dell’adesione della Romania all’Unione non significa che detto regime non sia stato esaminato alla luce delle disposizioni applicabili nell’Unione in materia di aiuti di Stato. A tal proposito è irrilevante che la Commissione non abbia avuto la competenza per procedere a una siffatta valutazione, poiché detta valutazione è stata compiuta da un’autorità la cui competenza non è rimessa in discussione nella presente controversia.

189

Pertanto, i ricorrenti non possono, per questo solo motivo, validamente sostenere che la Commissione ha commesso un errore di diritto per aver ritenuto, come risulta dal punto 103 della decisione impugnata, che il risarcimento concesso con il lodo avesse avuto l’effetto di indennizzare i ricorrenti in arbitrato dell’abrogazione di un aiuto illegittimo o incompatibile costituito dal regime di incentivi fiscali di cui trattasi, conformemente ai principi giurisprudenziali ricordati ai precedenti punti da 172 a 174.

190

Tenuto conto di tutto quanto precede, occorre respingere la presente censura e, quindi, la presente parte nella sua interezza.

[omissis]

c)   Sulla terza parte, vertente sulla non imputabilità della misura di aiuto di cui trattasi alla Romania

201

I ricorrenti sostengono, sostanzialmente, che, in conformità degli articoli 53 e 54 della convenzione ICSID, l’attuazione o l’esecuzione del lodo da parte della Romania è una conseguenza involontaria e automatica dei suoi obblighi giuridici nei confronti degli altri firmatari di detta convenzione. Posto che la Romania era tenuta a dare attuazione o esecuzione a detto lodo, il pagamento delle somme controverse non costituirebbe quindi una decisione unilaterale e autonoma di detto Stato membro. Di conseguenza, l’asserito aiuto non potrebbe esserle imputato al fine di ritenere che esso costituisca un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

202

A fondamento del proprio ragionamento, i ricorrenti invocano la giurisprudenza tratta dalla sentenza del 5 aprile 2006, Deutsche Bahn/Commissione (T‑351/02, EU:T:2006:104, punti da 100 a 102), secondo cui le misure che gli Stati membri sarebbero tenuti ad adottare in forza del diritto dell’Unione e rispetto alle quali non disporrebbero di alcun potere discrezionale non sarebbero loro imputabili. Essi sostengono che lo stesso dovrebbe valere per le misure imposte dal diritto internazionale.

203

Inoltre, conformemente alla convenzione ICSID, il lodo sarebbe esecutivo in tutti i paesi contraenti, anche al di fuori dell’Unione. Posto che i ricorrenti in arbitrato avrebbero così diritto di procedere alla sua esecuzione forzata sui beni detenuti dalla Romania all’estero, la sua esecuzione non dovrebbe necessariamente essere decisa da un giudice rumeno, cosicché, anche per detta ragione, l’asserito aiuto non sarebbe imputabile alla Romania.

204

Nelle loro osservazioni scritte sulle conclusioni che devono trarsi dalla sentenza sull’impugnazione, i ricorrenti aggiungono che il lodo non è, in nessun caso, imputabile esso stesso alla Romania. Detto lodo sarebbe stato pronunciato, infatti, da un tribunale indipendente, posto che la Romania non eserciterebbe alcun controllo sulle sue decisioni, che non sarebbero assoggettabili a ricorso dinanzi ai giudici rumeni. Per tale ragione, il lodo in esame non potrebbe essere imputabile a detto Stato membro.

205

La Commissione, sostenuta dal Regno di Spagna, contesta l’argomentazione dei ricorrenti.

206

Dalla giurisprudenza risulta che, affinché determinati vantaggi possano essere qualificati come «aiuti» ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, essi devono essere imputabili allo Stato (v. sentenza del 13 settembre 2017, ENEA, C‑329/15, EU:C:2017:671, punto 20 e giurisprudenza ivi citata). A tale riguardo, occorre rilevare che, quando un vantaggio viene concesso da un’autorità pubblica, questo è, per definizione, imputabile allo Stato (v. sentenza del 15 dicembre 2021, Oltchim/Commissione, T‑565/19, EU:T:2021:904, punto 160 e giurisprudenza citata).

207

Nella specie, al punto 43, quinto trattino, della decisione impugnata, la Commissione ricorda che essa ha considerato, nella decisione di avvio, che la decisione di concedere il vantaggio era imputabile alla Romania, a prescindere dal fatto che quest’ultima avesse eseguito il lodo volontariamente o su ingiunzione di un giudice.

208

Nei punti da 118 a 120 della decisione impugnata, la Commissione osserva, anzitutto, che l’accordo volontario della Romania a concludere il TBI ha creato le condizioni per il vantaggio selettivo.

209

La Commissione precisa poi che il pagamento della parte di risarcimento concesso ai ricorrenti in forza del lodo effettuato mediante compensazione delle imposte dovute alle autorità rumene da uno dei ricorrenti e il versamento del risarcimento residuo da parte di dette medesime autorità erano imputabili a tale Stato membro, trattandosi di azioni compiute volontariamente nell’ambito dell’attuazione di detto lodo.

210

La Commissione ritiene, inoltre, che il pagamento della parte di risarcimento compiuto dalla Romania a seguito delle azioni avviate, su istanza dei ricorrenti in arbitrato, dai giudici nazionali e dagli esecutori e dagli ufficiali giudiziari nominati da questi ultimi, sia anch’esso imputabile a detto Stato membro, poiché tali azioni sono imputabili ad autorità pubbliche rumene.

211

Osservando che la Romania non era tenuta a eseguire il lodo in forza del diritto dell’Unione, la Commissione conclude che «[o]gni decisione intesa a dare attuazione o esecuzione [a detto] lodo, che [fosse stata] adottata dal governo rumeno o dai giudici nazionali della Romania, [era] imputabile allo Stato rumeno».

212

Per contestare la valutazione compiuta dalla Commissione in merito all’imputabilità alla Romania della misura di aiuto di cui trattasi, i ricorrenti si fondano, essenzialmente, sulla premessa secondo cui l’attuazione o l’esecuzione del lodo da parte della Romania costituiva un obbligo per detto Stato membro nei confronti degli altri firmatari della convenzione ICSID.

213

A tal riguardo, occorre ricordare che, a decorrere dall’adesione della Romania all’Unione, il sistema dei mezzi di ricorso giurisdizionale previsto dai Trattati UE e FUE si è sostituito alla procedura di arbitrato stabilita dal TBI (sentenza sull’impugnazione, punto 145), cosicché il lodo, adottato successivamente a detta adesione, non ha prodotto alcun effetto nei confronti della Romania e non può essere eseguito (ordinanza del 21 settembre 2022, Romatsa e a., C‑333/19, non pubblicata, EU:C:2022:749, punto 43).

214

In tale contesto, la Romania era tenuta a disapplicare il lodo (v., in tal senso, ordinanza del 21 settembre 2022, Romatsa e a., C‑333/19, non pubblicata, EU:C:2022:749, punto 44). Di conseguenza e a fortiori, i ricorrenti non possono sostenere che la Romania fosse obbligata a dare attuazione o eseguire detto lodo (v., in tal senso, ordinanza del 21 settembre 2022, Romatsa e a., C‑333/19, non pubblicata, EU:C:2022:749, punto 43).

215

In ogni caso, nella specie, la convenzione ICSID non può, per quanto attiene all’esecuzione del lodo, imporre alla Romania obblighi che graverebbero su di essa nei confronti degli Stati terzi e che questi ultimi potrebbero far valere nei suoi confronti. Come precisato al precedente punto 106, un interesse puramente fattuale di uno Stato terzo, firmatario della convenzione ICSID, all’esecuzione di detto lodo non può essere assimilato a un «diritto» con riferimento a detto Stato terzo tale da generare in capo alla Romania l’obbligo di procedere a una siffatta attuazione [v., in tal senso, sentenza del 14 marzo 2024, Commissione/Regno Unito (Sentenza della Corte suprema), C‑516/22, EU:C:2024:231, punto 76].

216

Stante l’erroneità della premessa su cui i ricorrenti fondano la presente parte, gli argomenti a sostegno di quest’ultima non incidono quindi sulla legittimità della decisione impugnata.

217

Inoltre, limitandosi a richiamare una giurisprudenza relativa al diritto dell’Unione, i ricorrenti non forniscono alcun elemento idoneo a dimostrare, come deducono, che un atto risultante da obblighi esterni all’ordinamento giuridico interno di uno Stato membro non può essere considerato come una decisione imputabile a detto Stato, ai fini dell’applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Come osservato dalla Commissione, accogliere il ragionamento dei ricorrenti equivarrebbe di fatto a consentire a tutti gli Stati membri di sottrarsi al controllo degli aiuti di Stato assumendo a livello internazionale un obbligo che impone loro di concedere una determinata misura di aiuto di Stato.

218

Inoltre, il fatto che la Romania abbia tentato di opporsi all’esecuzione del lodo o che la Commissione non abbia potuto fondare la sua valutazione dell’imputabilità della misura sul carattere volontario dell’adesione della Romania al TBI, come sostengono i ricorrenti, non significa che l’attuazione o l’esecuzione di detto lodo non sia stata imputabile alla Romania per gli altri motivi invocati dalla Commissione nella decisione impugnata. È infatti pacifico, come emerge dal punto 120 di detta decisione, ripreso al precedente punto 210, che le autorità pubbliche di detto Stato membro hanno proceduto all’effettivo pagamento del risarcimento, cosicché sono state coinvolte nella sua attuazione o esecuzione (v., in tal senso, sentenza del 15 maggio 2019, Achema e a., C‑706/17, EU:C:2019:407, punto 48 e giurisprudenza citata).

219

Inoltre, per quanto concerne la circostanza dedotta dai ricorrenti, secondo cui un’esecuzione forzata del lodo a seguito di una decisione giudiziale pronunciata da un giudice di uno Stato terzo si tradurrebbe nel pignoramento dei beni della Romania all’estero, basti osservare che una siffatta esecuzione non sarebbe intervenuta all’atto dell’adozione della decisione impugnata, cosicché tale argomento è irrilevante nell’ambito della presente controversia.

220

Infine, il fatto che il lodo sia stato pronunciato da un tribunale indipendente non incide sulla valutazione dell’imputabilità della misura di aiuto di cui trattasi. Infatti, come emerge dai precedenti punti da 125 a 136, la misura oggetto della decisione impugnata non è il lodo, bensì il versamento delle somme controverse intervenuto in sua esecuzione o attuazione.

221

Tenuto conto di tutto quanto precede, occorre respingere la presente parte e, quindi, il secondo motivo nella sua interezza.

[omissis]

5.   Sul quinto motivo, vertente sull’erronea determinazione dei beneficiari della misura di aiuto di cui trattasi e su un difetto di motivazione

284

I ricorrenti sostengono che la valutazione dei beneficiari, compiuta dalla Commissione, è viziata da un errore manifesto e da un difetto di motivazione nella misura in cui essa ha concluso, anzitutto, che i sigg. Ioan e Viorel Micula, in quanto persone fisiche, erano parte di un’unità economica con gli altri ricorrenti, senza dimostrare che essi stessi esercitavano un’attività economica tale da poter essere considerati come imprese ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE; inoltre, che tutti detti soggetti formavano un’unità economica e, infine, che le imprese ricorrenti che non erano parte dell’arbitrato beneficiavano della misura di aiuto di cui trattasi.

285

La Commissione contesta gli argomenti dei ricorrenti.

286

Nell’interesse di una buona amministrazione della giustizia, occorre esaminare la seconda parte del presente motivo, vertente su un difetto di motivazione della decisione impugnata, anteriormente alla prima parte di detto motivo, relativa alla fondatezza di tale decisione.

287

Tenuto conto degli argomenti dedotti a fondamento del presente motivo, è altresì opportuno valutare ciascuna parte di esso, da un lato, con riferimento ai sigg. Ioan e Viorel Micula e, dall’altro, con riferimento alle imprese ricorrenti che non erano parte del procedimento arbitrale.

a)   Sulla seconda parte, vertente su un difetto di motivazione

288

Occorre ricordare che la motivazione richiesta dall’articolo 296 TFUE, secondo cui gli atti giuridici sono motivati, costituisce una formalità sostanziale (sentenza del 18 giugno 2015, Ipatau/Consiglio, C‑535/14 P, EU:C:2015:407, punto 37) e dev’essere adeguata alla natura dell’atto e fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. Così, l’obbligo di motivazione dev’essere valutato in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone che il detto atto riguardi, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto la questione di decidere se la motivazione di un atto soddisfi le prescrizioni previste dall’articolo 296 TFUE dev’essere risolta alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (sentenza del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France, C‑367/95 P, EU:C:1998:154, punto 63, e del 15 aprile 2008, Nuova Agricast, C‑390/06, EU:C:2008:224, punto 79).

289

A tal riguardo, occorre osservare, in via preliminare, che, contrariamente a quanto asserito dai ricorrenti, la Commissione poteva, senza in tal modo modificare la motivazione della decisione impugnata, avvalersi di elementi tratti dal lodo, che i ricorrenti stessi hanno allegato al ricorso, ma che non stati ripresi nella motivazione di detta decisione, per replicare agli argomenti da loro sollevati nel corso del procedimento contenzioso dinanzi al Tribunale.

290

Infatti, come ricordato al precedente punto 288, la motivazione di un atto deve essere valutata non soltanto alla luce del contenuto dell’atto impugnato stesso, ma anche del contesto in cui esso si inserisce, dato, nella specie, dal procedimento arbitrale e dal lodo che ne è seguito.

291

Tali elementi erano peraltro noti ai ricorrenti in arbitrato, cui il lodo era rivolto. Occorre, inoltre, considerare che le imprese ricorrenti che non erano parte del procedimento arbitrale erano in grado di conoscere tali elementi in maniera indiretta, tramite i sigg. Ioan e Viorel Micula, vale a dire i loro azionisti di maggioranza (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 12 settembre 2007, Olympiaki Aeroporia Ypiresies/Commissione, T‑68/03, EU:T:2007:253, punto 45).

292

Date le circostanze, i ricorrenti non possono validamente sostenere che la Commissione, replicando agli argomenti da loro svolti nel ricorso e nella replica, ha integrato la motivazione della decisione impugnata richiamandosi al contenuto del lodo.

293

Nella specie, la Commissione ha concluso, come risulta dal punto 91 della decisione impugnata, come segue:

«[I] fratelli Micula e le tre [imprese] ricorrenti [in arbitrato] formano insieme un’unità economica, che costituisce un’impresa ai fini dell’applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, [TFUE]. Le altre società del gruppo EFDG per le cui presunte perdite i fratelli Micula hanno ottenuto un risarcimento in virtù del lodo (European Drinks SA, Rieni Drinks SA, Scandic Distilleries SA, Transilvania General Import-Export S.R.L., West Leasing S.R.L) fanno ugualmente parte di questa unità economica. Il beneficiario finale della misura di aiuto è l’unità economica costituita dai cinque ricorrenti [in arbitrato] e dalle suddette società del gruppo EFDG».

1) Sulla motivazione della decisione impugnata nella misura in cui indica i sigg. Ioan e Viorel Micula quali beneficiari della misura di aiuto di cui trattasi

294

Dopo aver indicato, al punto 85 della decisione impugnata, che le tre imprese ricorrenti in arbitrato e i sigg. Ioan e Viorel Micula costituivano insieme un’unità economica ai fini dell’applicazione delle norme sugli aiuti di Stato, la Commissione ne ha dedotto che detta entità economica doveva essere considerata come l’impresa di cui trattasi e ha illustrato, ai punti da 85 a 89 di detta decisione, le ragioni per cui essa riteneva che i cinque ricorrenti in arbitrato formassero un’unica unità economica. In particolare, essa ha osservato che i sigg. Ioan e Viorel Micula detenevano, direttamente o indirettamente, la quasi-totalità del capitale delle imprese ricorrenti, cosicché, in forza dei loro diritti di proprietà «quasi esclusiva», «controllavano interamente» dette medesime imprese. Al punto 88 della suddetta decisione, essa ha aggiunto che le imprese ricorrenti in arbitrato avevano chiesto che le somme controverse fossero versate ai sigg. Ioan e Viorel Micula e ne ha concluso che tale comportamento dimostrava l’assenza di autonomia delle imprese ricorrenti in arbitrato rispetto a questi ultimi.

295

Infine, in risposta agli argomenti dei ricorrenti, nel presente procedimento la Commissione si è richiamata al lodo illustrando le testimonianze da essi stessi rese e da cui risulterebbe che formavano un’unica impresa con le imprese ricorrenti in arbitrato. Essa ha così sottolineato che, nell’ambito del procedimento arbitrale, i ricorrenti in arbitrato avevano qualificato la loro organizzazione imprenditoriale come «modello aziendale integrato», «impresa familiare le cui decisioni venivano adottate verbalmente e che non era solita operare sulla base di piani scritti» o, ancora, «sistema integrato di imprese di produzione».

296

In tale contesto, la decisione impugnata era sufficientemente motivata per consentire ai sigg. Ioan e Viorel Micula di conoscere i motivi per cui la Commissione ha ritenuto dovessero essere considerati parte, unitamente alle imprese ricorrenti in arbitrato, di un’unità economica ai fini dell’applicazione della normativa relativa agli aiuti di Stato, così da qualificarli come beneficiari della misura di aiuto di cui trattasi. La motivazione della suddetta decisione era tanto più sufficiente in quanto essa era stata adottata in un contesto ben noto a questi ultimi (v., in tal senso, sentenza del 13 dicembre 2017, Grecia/Commissione, T‑314/15, non pubblicata, EU:T:2017:903, punto 110 e giurisprudenza citata).

297

La prima censura della presente parte dev’essere pertanto respinta.

2) Sulla motivazione della decisione impugnata nella misura in cui indica le imprese ricorrenti che non erano parte del procedimento arbitrale quali beneficiari della misura di aiuto di cui trattasi

298

Come emerge dalla decisione impugnata, la Commissione, dopo aver ricordato, ai punti 81 e 82, la definizione di impresa ai sensi della giurisprudenza e le condizioni che consentono di considerare che entità giuridiche, fisiche o morali potevano costituire insieme un’unità economica ai fini dell’applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato, ha indicato le ragioni per cui riteneva che tutti i ricorrenti, comprese le imprese ricorrenti che non erano parte del procedimento arbitrale, formassero un’unità economica.

299

Per quanto attiene all’appartenenza a un’unità economica delle imprese ricorrenti che non erano parte del procedimento arbitrale, la Commissione, dopo aver ricordato che queste ultime facevano parte di un gruppo di imprese più ampio, vale a dire il gruppo EFDG, ha osservato, al punto 87 della decisione impugnata, che i ricorrenti in arbitrato avevano chiesto, nel corso del procedimento, il risarcimento del danno per imprese ricorrenti che non erano parte dell’arbitrato e ha quantificato l’ammontare del risarcimento richiesto sulle base delle perdite asseritamente subite da detto gruppo nel suo insieme. Nello stesso punto, essa ha anche indicato che il tribunale arbitrale aveva stabilito che i sigg. Ioan e Viorel Micula detenevano almeno il 99,96% del loro capitale e ha sottolineato che il comportamento dei ricorrenti in arbitrato e le deliberazioni di detto tribunale quanto al risarcimento dimostravano che «i fratelli Micula e le tre società ricorrenti [in arbitrato], nonché le società (...) appartenenti al gruppo EFDG, [che non erano parte del procedimento arbitrale] costitui[va]no una sola unità economica con un medesimo interesse economico». Al punto 89 di detta decisione essa ha precisato che, di fatto, in forza del loro diritto di proprietà, i sigg. Ioan e Viorel Micula «controlla[va]no interamente» le imprese che non erano parte del procedimento arbitrale. In tale contesto, come precisato al precedente punto 293, la Commissione ha concluso che «[i]l beneficiario finale della misura di aiuto [era] l’unità economica costituita dai cinque ricorrenti [in arbitrato] e dalle suddette società [di detto gruppo]».

300

In risposta agli argomenti sollevati dai ricorrenti nel presente procedimento, la Commissione, richiamandosi alle testimonianze dei ricorrenti prodotte nel corso del procedimento arbitrale, ha inoltre ritenuto che il gruppo EFDG si fosse sviluppato secondo un piano aziendale integrato e unico, «[posto che] le nuove imprese e i nuovi investimenti [erano stati] integrati nelle imprese e negli investimenti esistenti, cosicché tutte le imprese [avevano] collaborato per creare, fabbricare, confezionare e distribuire i prodotti in maniera efficace».

301

Dalla motivazione della decisione impugnata e dal contesto della sua adozione risulta che le imprese ricorrenti che non erano parte del procedimento arbitrale erano nella condizione di comprendere le ragioni per cui la Commissione ha ritenuto che dovessero anch’esse essere considerate come beneficiarie della misura di aiuto di cui trattasi.

302

A tal proposito, l’argomento dei ricorrenti vertente sul fatto che la decisione impugnata non fornisce alcuna motivazione quanto all’asserito «godimento effettivo» della misura di aiuto di cui trattasi da parte delle imprese non ricorrenti nel procedimento arbitrale è altresì inoperante, poiché la Commissione non si è affatto fondata, in detta decisione, sulla nozione di «godimento effettivo» per identificare i beneficiari di tale misura.

303

Tenuto conto di tutto quanto precede, occorre respingere la seconda censura della presente parte e, quindi, detta parte nella sua interezza.

b)   Sulla prima parte, relativa ad un errore manifesto di valutazione

304

I ricorrenti sostengono che la Commissione non ha dimostrato, in modo giuridicamente adeguato e in sostanza, che i sigg. Ioan e Viorel Micula, in ragione della loro partecipazione al capitale delle imprese del gruppo EFDG e in ragione dei legami che li unirebbero a tali imprese, sarebbero stati in grado, al di là dell’esercizio dei loro diritti quali azionisti all’interno di esse, di intervenire effettivamente nella gestione concreta delle imprese di tale gruppo, così da formare con esse un’unità economica.

305

I ricorrenti sostengono, in particolare, che i motivi della decisione impugnata, relativi all’esistenza di interessi maggioritari, peraltro non dimostrati, nel capitale delle imprese ricorrenti che non erano parte del procedimento arbitrale, al fatto che i sigg. Ioan e Viorel Micula sono stati autorizzati nel corso del procedimento arbitrale a chiedere il risarcimento per perdite che essi hanno subito attraverso tali imprese e al fatto che il tribunale arbitrale ha risarcito «collettivamente» i cinque ricorrenti in arbitrato, non sono sufficienti per dimostrare l’esistenza di un controllo da parte dei sigg. Ioan e Viorel Micula sull’asserita unità economica che essi formerebbero con le imprese del gruppo EFDG.

306

Secondo i ricorrenti, posto che un aiuto di Stato non può avvantaggiare persone fisiche che non siano esse stesse imprese, la Commissione ha pertanto commesso, nella decisione impugnata, un manifesto errore di valutazione indicando i sigg. Ioan e Viorel Micula, che non esercitavano alcuna attività economica, quali beneficiari della misura di aiuto di cui trattasi.

307

I ricorrenti aggiungono che, mentre i sigg. Ioan e Viorel Micula sono stati risarciti con il lodo per i danni subiti unicamente nella loro veste di azionisti delle imprese ricorrenti che non erano parte del procedimento arbitrale, nemmeno queste ultime, che non hanno ricevuto alcunché, possono essere considerate come beneficiarie della misura di aiuto di cui trattasi.

308

Inoltre, l’analisi compiuta dal tribunale arbitrale nel lodo riguarderebbe il periodo compreso tra gli anni 2000 e 2009 e non il periodo considerato nella decisione impugnata.

309

Occorre ricordare che il diritto dell’Unione in materia di concorrenza e, in particolare, il divieto di cui all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE riguardano le attività delle imprese (sentenza del 25 luglio 2018, Commissione/Spagna e a., C‑128/16 P, EU:C:2018:591, punto 34).

310

Secondo costante giurisprudenza, nell’ambito del diritto della concorrenza il concetto di «impresa» comprende qualsiasi ente che eserciti un’attività economica, a prescindere dal suo status giuridico e dalle sue modalità di finanziamento (v. sentenza del 10 gennaio 2006, Cassa di Risparmio di Firenze e a., C‑222/04, EU:C:2006:8, punto 107 e giurisprudenza citata).

311

Costituisce un’attività economica qualsiasi attività che consista nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato (v. sentenza del 27 giugno 2017, Congregación de Escuelas Pías Provincia Betania, C‑74/16, EU:C:2017:496, punto 45 e giurisprudenza citata).

312

In questo modo, il diritto della concorrenza dell’Unione, facendo riferimento alle attività delle imprese, stabilisce come criterio decisivo l’esistenza di un’unità di comportamento sul mercato, senza che la formale separazione tra le diverse società, conseguente alla loro personalità giuridica distinta, possa escludere tale unità ai fini dell’applicazione delle norme sulla concorrenza (sentenza del 27 giugno 2024, Unichem Laboratories/Commissione, C‑166/19 P, non pubblicata, EU:C:2024:548, punto 52).

313

Pertanto, qualora persone fisiche o giuridiche, giuridicamente autonome, costituiscano un’unità economica, occorre considerarle come una sola impresa ai fini dell’applicazione delle norme dell’Unione in materia di concorrenza. Nel settore degli aiuti di Stato, la questione se vi sia un’unità economica rileva, in particolare, laddove si tratti di individuare il beneficiario di un aiuto [v. sentenza del 19 maggio 2021, Ryanair/Commissione (KLM; Covid‑19), T‑643/20, EU:T:2021:286, punto 46 e giurisprudenza citata].

314

Tra gli elementi presi in considerazione dalla giurisprudenza al fine di stabilire se sussista o meno un’unità economica nel settore degli aiuti di Stato figurano, in particolare, la partecipazione dell’impresa interessata a un gruppo di società il cui controllo sia esercitato direttamente o indirettamente da una di esse, il perseguimento di attività economiche identiche o parallele, l’assenza di autonomia economica delle società di cui trattasi, la costituzione di un gruppo unico controllato da un solo soggetto, la possibilità, per un ente titolare di una quota di controllo in un’altra società, di svolgere funzioni di controllo, di impulso e di sostegno finanziario nei confronti di detta società, nonché l’esistenza di legami organici e funzionali tra di loro [v. sentenza del 19 maggio 2021, Ryanair/Commissione (KLM; Covid‑19), T‑643/20, EU:T:2021:286, punto 47 e giurisprudenza citata].

315

Benché, nella maggior parte dei casi, l’attività economica sia svolta direttamente sul mercato, non è tuttavia escluso che essa sia il prodotto di un operatore in contatto diretto con il mercato e, indirettamente, di un altro soggetto controllante tale operatore nell’ambito di un’unità economica che essi formano insieme (sentenza del 10 gennaio 2006, Cassa di Risparmio di Firenze e a., C‑222/04, EU:C:2006:8, punti 109110).

316

Va tuttavia evidenziato che il semplice possesso di partecipazioni, anche di controllo, non è sufficiente a configurare un’attività economica del soggetto che detiene tali partecipazioni, quando tale possesso dà luogo soltanto all’esercizio dei diritti connessi alla qualità di azionista o socio nonché, eventualmente, alla percezione dei dividendi, semplici frutti della proprietà di un bene (sentenza del 10 gennaio 2006, Cassa di Risparmio di Firenze e a., C‑222/04, EU:C:2006:8, punto 111).

317

Viceversa, un soggetto che, titolare di partecipazioni di controllo in una società, eserciti effettivamente tale controllo partecipando direttamente o indirettamente alla gestione di essa, dev’essere considerato partecipe dell’attività economica svolta dall’impresa controllata e, dunque, anche questo soggetto dev’essere considerato, a tale titolo, un’impresa ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (sentenza del 10 gennaio 2006, Cassa di Risparmio di Firenze e a., C‑222/04, EU:C:2006:8, punti 112113).

318

La Commissione dispone di un ampio potere discrezionale nel determinare se talune società appartenenti ad un gruppo debbano essere considerate come unità economica o come giuridicamente e finanziariamente autonome ai fini dell’applicazione del regime degli aiuti di Stato (sentenza del 29 giugno 2000, DSG/Commissione, T‑234/95, EU:T:2000:174, punto 124).

319

Il sindacato del giudice dell’Unione si limita alla verifica, oltre che dell’osservanza delle norme relative alla procedura e alla motivazione, dell’esattezza materiale dei fatti, dell’insussistenza di errore manifesto di valutazione e di sviamento di potere. A tal fine, il giudice dell’Unione è tenuto in particolare a verificare non solo l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma altresì ad accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se siano di natura tale da corroborare le conclusioni che se ne traggono [v. sentenza del 19 maggio 2021, Ryanair/Commissione (KLM; Covid‑19), T‑643/20, EU:T:2021:286, punti 6970 e giurisprudenza citata].

320

A tal proposito, la legittimità di una decisione in materia di aiuti di Stato deve essere valutata dal giudice dell’Unione alla luce degli elementi di informazione di cui la Commissione poteva disporre quando l’ha adottata, che includono quelli che risultavano pertinenti ai fini della valutazione da compiere e di cui essa avrebbe potuto, su richiesta, ottenere la produzione in sede di procedimento amministrativo (v., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2017, Commissione/Frucona Košice, C‑300/16 P, EU:C:2017:706, punti 7071).

1) Sulla prima censura, vertente sull’errore manifesto di valutazione relativo alla designazione dei sigg. Ioan e Viorel Micula quali beneficiari della misura di aiuto di cui trattasi

321

Nella specie, è pacifico che tutti i ricorrenti in arbitrato sono stati destinatari del versamento delle somme controverse. I sigg. Ioan e Viorel Micula riconoscono, esplicitamente, di aver beneficiato di detto versamento nelle loro risposte ai quesiti scritti che il Tribunale ha posto loro il 30 maggio 2023 mediante una misura di organizzazione del procedimento adottata sulla base dell’articolo 89 del regolamento di procedura (in prosieguo: la «misura di organizzazione del procedimento del 30 maggio 2023»).

322

Il fatto che una parte delle somme sia stata «bloccata» su un conto aperto a nome dei cinque ricorrenti in arbitrato non rimette in discussione tale constatazione. Infatti, quando il diritto è conferito ai beneficiari, un trasferimento effettivo delle risorse statali non è necessario (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2019, Arriva Italia e a., C‑385/18, EU:C:2019:1121, punto 36).

323

Tuttavia, i sigg. Ioan e Viorel Micula sostengono di aver sostanzialmente beneficiato delle somme controverse solo in veste di azionisti delle imprese del gruppo EFDG e non quali entità che esercitano un’attività economica. Ciò risulterebbe, in particolare, dal ragionamento seguito dal tribunale arbitrale a fondamento del lodo.

324

In primo luogo, fermo restando che i ricorrenti non rimettono in discussione gli accertamenti in fatto compiuti dal tribunale arbitrale e ripresi a sostegno della decisione impugnata, dal fascicolo emerge che, nel corso del procedimento arbitrale, come comprovano le osservazioni e le testimonianze prodotte dai ricorrenti in arbitrato il 22 dicembre 2009 e riprese a sostegno del lodo, i sigg. Ioan e Viorel Micula, a seguito del successo dei loro investimenti iniziali, hanno ampliato, come risulta dal punto 160 di detto lodo, le proprie attività di produzione di bevande, costruendo quello che sarebbe divenuto un sistema di produzione integrato. A tal proposito, i ricorrenti in arbitrato hanno sostenuto, come si evince dal punto 161 di detto lodo, che l’espansione delle loro attività attraverso la creazione di nuove imprese era stata prevista per coincidere con la scadenza degli incentivi fiscali previsti per le imprese preesistenti. Le nuove imprese e i nuovi investimenti erano quindi integrati nelle imprese e negli investimenti preesistenti, cosicché tutte le imprese avrebbero collaborato «per creare, fabbricare, confezionare e distribuire i prodotti in maniera efficace». In particolare, dalla loro replica del 22 dicembre 2009, ripresa al punto 164 del medesimo lodo, emerge che i ricorrenti in arbitrato hanno spostato la loro distilleria, divenuta in seguito la società Scandic Distilleries, nel dipartimento di Bihor per beneficiare del regime di incentivi fiscali di cui trattasi.

325

Benché i sigg. Ioan e Viorel Micula avessero inizialmente previsto di ridefinire le loro attività nella regione mineraria di Ștei‑Nucet, essi hanno deciso, come emerge dal punto 554 del lodo, di rimanere nel dipartimento di Bihor per beneficiare del regime di incentivi fiscali di cui trattasi. A tal riguardo, essi hanno dichiarato che le imprese ricorrenti European Food, Starmill e Multipack erano state create, la prima, per importare la maggior parte delle materie prime, la seconda, per creare impianti di macinazione di cereali integrati in azienda e, la terza, per procedere all’imballaggio e all’etichettatura della quasi totalità dei prodotti delle società del gruppo. Essi hanno altresì indicato, come emerge dalle loro testimonianze prodotte il 22 dicembre 2009, che il loro modello di strategia commerciale mirava, grazie a un’integrazione verticale dei rispettivi impianti, a raggiungere una redditività a lungo termine, beneficiando di tale regime. I ricorrenti in arbitrato hanno così dovuto effettuare un investimento iniziale per poter accedere a parte degli incentivi a sviluppare un’attività integrata, competitiva ed efficiente a lungo termine.

326

Dalle osservazioni formulate dai ricorrenti in arbitrato il 13 maggio 2011, come riprese al punto 555 del lodo, emerge altresì che essi si definiscono «imprese familiari» e che i sigg. Ioan e Viorel Micula avevano esaminato attentamente l’impatto del regime di incentivi fiscali di cui trattasi e le modalità con cui potevano beneficiarne e avevano comparato, prima di decidere di investirvi, gli inconvenienti di operare in una regione svantaggiata, priva di infrastrutture e di lavoratori qualificati, e i benefici garantiti da detto regime.

327

I ricorrenti in arbitrato hanno altresì ricordato nel corso del procedimento arbitrale, come emerge dal punto 1067 del lodo, il loro «modello economico globale» che consisteva nel creare una «piattaforma di produzione» sostenibile sino alla scadenza del regime di incentivi fiscali di cui trattasi.

328

Dalla testimonianza di uno dei loro testi, richiamata al punto 1072 del lodo, citata a propria difesa e ripresa al punto 1071 del medesimo, emerge che quest’ultimo ha incluso, nell’ambito della propria prima dichiarazione, alcuni diagrammi che illustrano l’«integrazione dei diversi impianti» e che hanno consentito di sottolineare, in sostanza, come la pianificazione iniziale compiuta dal gruppo EFDG con riferimento alla condivisione di detta infrastruttura aveva consentito di realizzare economie importanti che erano state reinvestite nell’«espansione e integrazione dell’impresa».

329

Dalle testimonianze e dalle osservazioni così prodotte dai ricorrenti in arbitrato nell’ambito del procedimento arbitrale emerge che i sigg. Ioan e Viorel Micula intervenivano nelle attività economiche delle imprese ricorrenti parti di detto procedimento, interferendo direttamente o indirettamente nella loro gestione.

330

In secondo luogo, occorre aggiungere che il risarcimento collettivo concesso dal lodo e il fatto che le imprese ricorrenti in arbitrato abbiano chiesto, nel corso del procedimento arbitrale, che le somme controverse fossero versate ai sigg. Ioan e Viorel Micula, aspetto questo non contestato da questi ultimi, corroborano una mancanza di autonomia sia funzionale che organizzativa delle imprese ricorrenti in arbitrato rispetto ai sigg. Micula.

331

In terzo e ultimo luogo, dal punto 1245 del lodo, richiamato dalla Commissione, emerge che il tribunale arbitrale non aveva «l’intenzione di esaminare la questione se il risarcimento del danno degli azionisti [fosse] equivalente al danno subito dalla sottostante società» e ha aggiunto che era convinto che «tenuto conto dell’importanza della loro partecipazione nelle società [del gruppo EFDG, i sigg. Ioan e Viorel Micula] (…) [avessero] subito indirettamente almeno una gran parte, se non addirittura la quasi totalità, del danno subito direttamente dalle società ricorrenti». Date le circostanze, i ricorrenti non potevano sostenere che i sigg. Ioan e Viorel Micula sono stati risarciti esclusivamente nella loro veste di azionisti delle imprese di cui trattasi.

332

Nemmeno gli altri argomenti dei ricorrenti possono essere validamente dedotti a sostegno delle loro pretese.

333

Il fatto, anzitutto, che né il sig. Ioan Micula, né il sig. Viorel Micula detenga, singolarmente, una quota maggioritaria di capitale in una delle imprese del gruppo EFDG è irrilevante sotto il profilo dell’esistenza di un’unità economica tra loro e dette imprese, poiché questi ultimi sono, nel loro insieme, gli azionisti di maggioranza delle medesime imprese.

334

I ricorrenti sostengono poi che gli elementi tratti dal lodo si riferiscono unicamente al periodo compreso tra gli anni 2000 e 2009 e non sono quindi pertinenti per valutare l’esistenza di un’unità economica all’atto dell’adozione della decisione impugnata.

335

A tal proposito, occorre osservare che, nelle sue risposte ai quesiti scritti che le erano stati sottoposti nell’ambito della misura di organizzazione del procedimento del 30 maggio 2023, la Commissione ha indicato che «i ricorrenti non [avevano] mai sostenuto, nel corso del procedimento di indagine formale, che [i] legami [di controllo] dei sigg. Ioan e Viorel Micula sulle società [del gruppo] EFDG per le quali il risarcimento [era] stato concesso fossero cambiati successivamente [al] periodo [oggetto del risarcimento]». La Commissione ha aggiunto che, benché la questione dell’esistenza di un’unità economica fosse stata sollevata nel corso del procedimento di indagine formale, «i ricorrenti in arbitrato non [avevano] presentato alcun fatto o elemento di prova idoneo a contraddire la conclusione provvisoria della Commissione secondo cui i sigg. Ioan e Viorel Micula controllavano le società per le cui perdite il tribunale arbitrale concedeva il risarcimento, né le ragioni per cui [detto tribunale] l’[avesse] concesso anche a dette persone fisiche».

336

I ricorrenti, che non hanno contestato tali affermazioni, non dimostrano e nemmeno deducono che la rispettiva struttura delle partecipazioni o le loro modalità di funzionamento interne fossero mutate tra la fine del periodo per il quale sono state risarciti e l’adozione della decisione impugnata.

337

Infine, benché la Commissione non abbia, come peraltro essa stessa riconosce, ritenuto, nella decisione impugnata, che i sigg. Ioan e Viorel Micula dovessero, rispettivamente, essere considerati, quali persone fisiche, come imprese ai fini dell’applicazione della normativa in materia di aiuti di Stato, tale circostanza è irrilevante ai fini della qualificazione dei beneficiari della misura di aiuto in esame, poiché essa ha ritenuto, al punto 85 di detta decisione, che essi formassero con le imprese ricorrenti in arbitrato un’unità economica, la quale costituiva l’impresa di cui trattasi ai fini dell’applicazione della normativa succitata.

338

Pertanto, i sigg. Ioan e Viorel Micula non possono sostenere di non esercitare alcuna attività economica al fine di contestare di aver beneficiato, attraverso il pagamento delle somme controverse, di una misura di aiuto di Stato.

339

Tenuto conto di tutto quanto precede e alla luce dell’ampio potere discrezionale riconosciuto alla Commissione, la prima censura della presente parte deve essere respinta.

2) Sulla seconda censura, vertente sul manifesto errore di valutazione relativo alla designazione delle imprese ricorrenti che non erano parte del procedimento arbitrale quali beneficiari della misura di aiuto di cui trattasi

340

Nella specie, in primo luogo, dal diagramma rappresentante la struttura del gruppo EFDG prodotto nel corso del procedimento arbitrale da uno degli esperti interpellati dai ricorrenti in arbitrato, riprodotto al punto 937 del lodo citato dalla Commissione nelle difese, emerge che i sigg. Ioan e Viorel Micula detengono il 95% del capitale della società Transilvania General Import-Export, che detiene, da un lato, il 20% del capitale della European Drinks, mentre il restante 80% è detenuto direttamente dai fratelli Micula, e, dall’altro, il 58% del capitale della società West Leasing, mentre il restante 42% è anch’esso detenuto direttamente da questi ultimi.

341

Inoltre, il diagramma della struttura delle partecipazioni delle imprese del gruppo FDG attesta che i sigg. Ioan e Viorel Micula detengono il 99% del capitale della società Rieni Drinks e il 96% di quello della società Scandic Distilleries.

342

Nel corso del procedimento arbitrale, come risulta dal punto 156 del lodo e senza che ciò sia stato contestato dai ricorrenti, i sigg. Ioan e Viorel Micula hanno espressamente sostenuto di essere gli azionisti di maggioranza delle imprese del gruppo EFDG.

343

I sigg. Ioan e Viorel Micula, che non dimostrano e nemmeno deducono che la loro partecipazione nel capitale delle società del gruppo EFDG abbia subito variazioni successivamente all’adozione del lodo, come emerge dal precedente punto 336, detengono pertanto, direttamente e indirettamente, la quasi totalità delle imprese ricorrenti che non erano parte del procedimento arbitrale. È quindi pacifico, da un lato, che tali ricorrenti sono imprese nella misura in cui esercitano effettivamente un’attività economica e, dall’altro, che tali imprese appartengono a detto gruppo, che interviene, segnatamente, nella fabbricazione industriale di prodotti alimentari, prodotti della molitura e imballaggi in plastica.

344

In tale contesto, si deve ritenere che, tenuto conto del loro diritto di proprietà sulla totalità delle imprese ricorrenti che non erano parte del procedimento arbitrale, i sigg. Ioan e Viorel Micula, attraverso la detenzione della totalità o quasi totalità del capitale di queste ultime, esercitano funzioni di impulso e di sostegno finanziario su tutte dette imprese, così da assicurarne il controllo esclusivo o quasi esclusivo.

345

Inoltre, svolgendo attività economiche identiche o parallele, le imprese controllate dai sigg. Ioan e Viorel Micula costituiscono un tutt’uno coerente sul piano sia finanziario che industriale, formando in tal modo un gruppo unico controllato da questi ultimi.

346

In secondo luogo, dalle testimonianze degli stessi ricorrenti in arbitrato, prodotte nel corso del procedimento arbitrale, si evince che il loro modello di strategia commerciale mirava a un’integrazione verticale dei loro impianti, che questi ultimi si definivano come un’«impresa familiare» le cui decisioni erano adottate verbalmente e che non erano soliti operare sulla base di piani scritti e, infine, che il loro «modello economico globale» consisteva nel creare una piattaforma di produzione sostenibile sino alla scadenza del regime di incentivi fiscali di cui trattasi, con i sigg. Ioan e Viorel Micula coinvolti direttamente nella decisione di investire in nuovi impianti, esaminando l’impatto di detto regime, i suoi vantaggi e gli inconvenienti ad esso collegati, come precisato, rispettivamente, nei precedenti punti da 325 a 327.

347

In particolare, i ricorrenti in arbitrato hanno sostenuto che, nell’ambito dell’espansione delle loro attività produttive, come precisato al precedente punto 324, le nuove imprese e i nuovi investimenti erano stati integrati nelle imprese e negli investimenti preesistenti, cosicché tutte le imprese collaborano per «creare, fabbricare, confezionare e distribuire i prodotti in maniera efficace». A tal riguardo, come ricordato al precedente punto 328, la pianificazione iniziale compiuta dal gruppo EFDG con riferimento alla condivisione di diverse infrastrutture aveva consentito di realizzare economie importanti che erano state reinvestite nell’«espansione e integrazione dell’impresa».

348

Pertanto, dall’analisi della prima censura della presente parte emerge che gli elementi del fascicolo, come ripresi ai precedenti punti da 324 a 328, consentono di confermare l’esistenza di legami economici e organizzativi che uniscono i ricorrenti, comprese le imprese ricorrenti che non erano parte del procedimento arbitrale, all’interno di un medesimo mercato e di una medesima attività integrata, con l’obiettivo di restare competitivi ed efficienti a lungo termine.

349

I ricorrenti, pur sostenendo che i sigg. Ioan e Viorel Micula non intervenivano nella gestione diretta delle imprese del gruppo EFDG, si limitano peraltro, a tal riguardo, a sostenere che esse agivano «in modo indipendente» determinando le proprie modalità di azione sul mercato, ma non forniscono alcun elemento concreto e documentato a supporto di tale affermazione.

350

In terzo e ultimo luogo, si può osservare che la mancanza di autonomia economica delle imprese ricorrenti che non erano parte del procedimento arbitrale è rafforzata, contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, dal fatto che, nell’ambito di detto procedimento, i ricorrenti in arbitrato hanno chiesto che la valutazione del danno cagionato loro tenesse conto anche di quello subito da dette imprese.

351

In tale contesto e in conformità dei principi giurisprudenziali ricordati al precedente punto 314, si deve concludere che, ai fini dell’applicazione della normativa in materia di aiuti di Stato, i sigg. Ioan e Viorel Micula appartengono, unitamente alle imprese ricorrenti che non erano parte del procedimento arbitrale, ad un’unica impresa.

352

Tuttavia, i ricorrenti aggiungono che le imprese ricorrenti che non erano parte del procedimento arbitrale non possono essere considerate come beneficiari della misura di aiuto di cui trattasi poiché il tribunale arbitrale non ha riconosciuto loro alcun risarcimento.

353

A tal riguardo, è in ogni caso sufficiente osservare come la Commissione non abbia qualificato le imprese che non erano parte del procedimento arbitrale come beneficiari della misura di aiuto di cui trattasi in virtù del fatto che avevano effettivamente beneficiato del pagamento delle somme controverse. Essa ha ritenuto che dette imprese ne fossero beneficiarie unicamente in quanto formavano, con gli altri ricorrenti, un’unità economica che costituiva l’impresa di cui trattasi ai fini dell’applicazione delle disposizioni in materia di aiuti di Stato, come risulta dai punti da 85 a 91 della decisione impugnata.

354

Orbene, dai precedenti punti da 340 a 351 emerge che la Commissione poteva validamente considerare che le imprese che non erano parte del procedimento arbitrale formavano, con gli altri ricorrenti, un’unica impresa ai fini dell’applicazione della normativa in materia di aiuti di Stato.

355

Pertanto, le somme versate ai ricorrenti in arbitrato in esecuzione o in attuazione del lodo potevano, direttamente o indirettamente, andare a beneficio delle imprese che non erano parte del procedimento arbitrale. Ciò vale, in particolare, poiché i sigg. Ioan e Viorel Micula, esercitando funzioni di impulso e di sostegno finanziario su dette medesime imprese, potevano ritenere necessario, al fine di perseguire stabilmente l’obiettivo economico assegnato alle imprese del gruppo EFDG, investire tutte o parte di tali somme nel consolidamento finanziario o nello sviluppo economico di dette imprese.

356

Pertanto, ai fini della qualificazione delle imprese ricorrenti che non erano parte del procedimento arbitrale come beneficiari della misura di aiuto di cui trattasi, non rileva che queste ultime non fossero indicate come destinatarie del risarcimento accordato dal tribunale arbitrale in forza del lodo.

357

Tenuto conto di tutto quanto precede, occorre respingere la seconda censura della presente parte e, quindi, detta parte e, di conseguenza, il quinto motivo nella sua interezza.

6.   Sul sesto motivo, vertente su un errore di diritto nel recupero dell’aiuto

[omissis]

360

Con una seconda parte, i ricorrenti sostengono che le somme controverse non possono essere recuperate presso taluni soggetti considerati nella decisione impugnata, vale a dire, nella causa T‑704/15, presso il sig. Viorel Micula, che non può essere considerato come un’impresa e, nelle tre cause riunite, presso le imprese ricorrenti che non erano parte del procedimento arbitrale, poiché non erano state designate come beneficiari dal lodo.

361

A tal riguardo, i ricorrenti aggiungono che le somme controverse possono essere recuperate soltanto presso chi tra loro ne ha avuto il godimento effettivo, vale a dire una parte o la totalità dei soli ricorrenti in arbitrato.

362

Secondo i ricorrenti, la Commissione non avrebbe pertanto dovuto concludere nel senso che tutti loro erano responsabili in solido del rimborso, ma avrebbe dovuto dimostrare quali tra loro avevano effettivamente beneficiato dell’aiuto.

363

La Commissione contesta gli argomenti dei ricorrenti.

364

Occorre ricordare che, conformemente al diritto dell’Unione, la Commissione, qualora constati che taluni aiuti sono incompatibili con il mercato interno, può ingiungere allo Stato membro di recuperarli presso i beneficiari (sentenza dell’8 maggio 2003, Italia e SIM 2 Multimedia/Commissione, C‑328/99 e C‑399/00, EU:C:2003:252, punto 65).

365

La soppressione di un aiuto illegittimo attraverso il recupero è la logica conseguenza della constatazione della sua illegittimità ed è intesa al ripristino dello status quo ante. Siffatto obiettivo è raggiunto quando gli aiuti in parola, eventualmente maggiorati degli interessi di mora, sono stati restituiti dal beneficiario o, in altri termini, dalle imprese che ne hanno tratto effettivo vantaggio (sentenze del 21 dicembre 2016, Commissione/Aer Lingus e Ryanair Designated Activity, C‑164/15 P e C‑165/15 P, EU:C:2016:990, punti 8990, e del 13 dicembre 2018, Transavia Airlines/Commissione, T‑591/15, EU:T:2018:946, punto 299). Per effetto di tale restituzione, il beneficiario è infatti privato del vantaggio di cui aveva fruito sul mercato rispetto ai suoi concorrenti e la situazione esistente prima della corresponsione dell’aiuto è ripristinata (sentenza del 1o ottobre 2015, Electrabel e Dunamenti Erőmű/Commissione, C‑357/14 P, EU:C:2015:642, punto 110 e giurisprudenza citata).

366

A tal riguardo, va ricordato che l’esistenza di un’unità economica consente di identificare l’impresa, anche se, dal punto di vista giuridico, detta unità economica è composta da più persone giuridiche o fisiche beneficiarie dell’aiuto di cui trattasi [v., in tal senso, sentenza del 17 marzo 2015, Pollmeier Massivholz/Commissione, T‑89/09, EU:T:2015:153, punti 122123 (non pubblicata)].

367

Il recupero dell’aiuto, onde ripristinare lo status quo ante, non può pertanto, in linea di principio, ritenersi un provvedimento sproporzionato rispetto alle finalità delle disposizioni del Trattato FUE in materia di aiuti di Stato (v. sentenze dell’11 marzo 2010, CELF e ministre de la Culture et de la Communication, C‑1/09, EU:C:2010:136, punto 54 e giurisprudenza citata, e del 21 dicembre 2016, Commissione/Aer Lingus e Ryanair Designated Activity, C‑164/15 P e C‑165/15 P, EU:C:2016:990, punto 116 e giurisprudenza citata).

368

Il Tribunale reputa opportuno analizzare, in primo luogo, la seconda parte del presente motivo, relativa ai beneficiari dell’aiuto e, in secondo luogo, la prima parte di detto motivo vertente sull’ammontare dell’aiuto.

a)   Sulla seconda parte, vertente sull’errore dal quale sarebbe viziata la decisione impugnata nella parte in cui ordina il recupero della misura di aiuto di cui trattasi presso taluni ricorrenti

369

Al punto 160 della decisione impugnata la Commissione ha indicato che «ogni pagamento del risarcimento concesso ai ricorrenti dal Tribunale [arbitrale doveva] essere recuperato dalla Romania, in quanto costitui[va] un aiuto di Stato illegale e incompatibile» e ha ritenuto che, «[p]oiché i cinque ricorrenti [in arbitrato] insieme con le altre società interessate del gruppo EFDG costitui[va]no un’unità economica (...), essi [erano] responsabili in solido di rimborsare allo Stato rumeno l’aiuto percepito da ciascuno di essi».

370

In via preliminare, posto che a sostegno dell’analisi della prima censura della prima parte del quinto motivo si è concluso che i sigg. Ioan e Viorel Micula facevano parte di una sola unità economica, occorre respingere l’argomento secondo cui la misura di aiuto di cui trattasi non poteva essere recuperata, come sostenuto dai ricorrenti nella causa T‑704/15, in capo al sig. Viorel Micula poiché egli non potrebbe essere considerato come un’impresa ai fini dell’applicazione della normativa in materia di aiuti di Stato.

371

Inoltre, se, in assenza di una normativa dell’Unione in materia, il recupero dell’aiuto illegittimo deve effettuarsi in conformità delle modalità di attuazione previste dal diritto nazionale applicabile (v., in tal senso, sentenza del 5 marzo 2019, Eesti Pagar, C‑349/17, EU:C:2019:172, punto 108), i ricorrenti nelle cause T‑624/15 RENV e T‑694/15 RENV non possono per contro sostenere validamente, per contestare la legittimità della decisione impugnata, che il recupero presso il sig. Ioan Micula dei «debiti [delle imprese ricorrenti] lede[rebbe] illegittimamente la personalità giuridica e contravv[errebbe] alla normativa rumena sulle società, rispecchiata in diverse direttive sui diritti degli azionisti».

372

Tanto premesso, al fine di rimettere in discussione la valutazione compiuta dalla Commissione, i ricorrenti sostengono, essenzialmente, che le somme controverse avrebbero potuto essere recuperate soltanto presso le imprese che ne abbiano avuto il «godimento effettivo», vale a dire i soli ricorrenti in arbitrato, che sono stati indicati come beneficiari dal lodo. Essi sostengono che il fatto, quand’anche fondato, che tutte le imprese ricorrenti sarebbero appartenute a un’unità economica sarebbe irrilevante.

373

I ricorrenti fondano la loro argomentazione sulla sentenza dell’11 maggio 2005, Saxonia Edelmetalle e ZEMAG/Commissione (T‑111/01 e T‑133/01, EU:T:2005:166, punto 113), e sulla sentenza del 19 ottobre 2005, Freistaat Thüringen/Commissione (T‑318/00, EU:T:2005:363, punto 324), che riprendono la giurisprudenza della Corte, come ricordata al precedente punto 365.

374

Tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, le sentenze citate al precedente punto 373 non possono ostare al recupero di una misura di aiuto in capo a tutte le entità che costituiscono un’unità economica.

375

Infatti, da un lato, le cause che hanno dato luogo alle sentenze citate al precedente punto 373 non riguardavano, come il caso di specie, entità economiche che formavano un’unica impresa nell’ambito di un’unità economica.

376

Dall’altro, come ricordato al precedente punto 312, il diritto della concorrenza dell’Unione, facendo riferimento alle attività delle imprese, stabilisce come criterio decisivo l’esistenza di un’unità di comportamento sul mercato, senza che la formale separazione tra società diverse, derivante dalla loro personalità giuridica distinta, possa escludere tale unità ai fini dell’applicazione delle norme sulla concorrenza.

377

Nella specie, come emerge dall’analisi del quinto motivo e, segnatamente, dai precedenti punti 344 e 355, i sigg. Ioan e Viorel Micula, esercitando funzioni di impulso e di sostegno finanziario su tutte le imprese del gruppo EFDG, possono far beneficiare dette imprese della misura di aiuto di cui trattasi, direttamente o indirettamente, in assenza di qualsiasi decisione autonoma delle medesime imprese. Per effetto della restituzione della misura di aiuto di cui trattasi, l’unità economica formata dall’insieme dei ricorrenti è così privata del vantaggio di cui aveva fruito sul mercato rispetto ai suoi concorrenti e la situazione esistente prima della corresponsione dell’aiuto è ripristinata.

378

Tenuto conto di tutto quanto precede, la presente parte deve essere respinta.

[omissis]

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

 

1)

Le cause T‑624/15 RENV, T‑694/15 RENV e T‑704/15 RENV sono riunite ai fini della sentenza.

 

2)

I ricorsi sono respinti.

 

3)

La European Food SA, la Starmill SRL, la Multipack SRL, la Scandic Distilleries SA, i sigg. Ioan e Viorel Micula, la European Drinks SA, la Rieni Drinks SA, la Transilvania General Import-Export SRL e la West Leasing SRL, già West Leasing International SRL, si faranno carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dalla Commissione europea nelle cause T‑624/15, T‑694/15, T‑704/15, T‑624/15 RENV, T‑694/15 RENV, T‑704/15 RENV e C‑638/19 P.

 

4)

La Repubblica federale di Germania si farà carico delle proprie spese nelle cause T‑624/15 RENV, T‑694/15 RENV, T‑704/15 RENV e C‑638/19 P.

 

5)

Il Regno di Spagna si farà carico delle proprie spese nelle cause T‑624/15, T‑694/15, T‑704/15, T‑624/15 RENV, T‑694/15 RENV, T‑704/15 RENV e C‑638/19 P.

 

6)

La Repubblica di Lettonia si farà carico delle proprie spese nelle cause T‑624/15 RENV, T‑694/15 RENV, T‑704/15 RENV e C‑638/19 P.

 

7)

L’Ungheria si farà carico delle proprie spese nelle cause T‑624/15, T‑694/15, T‑704/15, T‑624/15 RENV, T‑694/15 RENV, T‑704/15 RENV e C‑638/19 P.

 

8)

La Repubblica di Polonia si farà carico delle proprie spese nelle cause T‑624/15 RENV, T‑694/15 RENV, T‑704/15 RENV e C‑638/19 P.

 

Marcoulli

Tomljenović

Półtorak

Norkus

Valasidis

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 2 ottobre 2024.

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.

( 1 ) Sono riprodotti soltanto i punti della presente sentenza la cui pubblicazione è ritenuta utile dal Tribunale.