SENTENZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione)

19 aprile 2018 ( *1 )

«Dumping – Importazioni di biciclette spedite dalla Cambogia, dal Pakistan e dalle Filippine – Estensione a tali importazioni del dazio antidumping definitivo istituito sulle importazioni di biciclette originarie della Cina – Regolamento (UE) 2015/776 – Elusione – Trasbordo – Articolo 13, paragrafi 1 e 2, e articolo 18, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1225/2009 [divenuti articolo 13, paragrafi 1 e 2, e articolo 18, paragrafo 3, del regolamento (UE) 2016/1036]»

Nella causa T‑462/15,

Asia Leader International (Cambodia) Co. Ltd, con sede a Tai Seng SEZ (Cambogia), rappresentata da A. Bochon, avocat, e R. MacLean, solicitor,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da J.-F. Brakeland, M. França e A. Demeneix, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento dell’articolo 1, paragrafi 1 e 3, del regolamento di esecuzione (UE) 2015/776 della Commissione, del 18 maggio 2015, che estende il dazio antidumping definitivo istituito dal regolamento (UE) n. 502/2013 del Consiglio sulle importazioni di biciclette originarie della Repubblica popolare cinese alle importazioni di biciclette spedite dalla Cambogia, dal Pakistan e dalle Filippine, indipendentemente dal fatto che siano o no dichiarate originarie della Cambogia, del Pakistan e delle Filippine (GU 2015, L 122, pag. 4), nella parte in cui riguarda la ricorrente,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione),

composto da V. Tomljenović, presidente, A. Marcoulli e A. Kornezov (relatore), giudici,

cancelliere: C. Heeren, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 9 novembre 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza ( 1 )

Fatti

1

Con il regolamento (CEE) n. 2474/93, dell’8 settembre 1993, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni nella Comunità di biciclette originarie della Repubblica popolare cinese e che decide la riscossione definitiva del dazio antidumping provvisorio (GU 1993, L 228, pag. 1), il Consiglio dell’Unione europea ha istituito un dazio antidumping definitivo pari al 30,6% sulle importazioni di biciclette originarie della Cina.

2

A seguito di un riesame in previsione della scadenza delle misure avviato a norma del regolamento (CE) n. 384/96 del Consiglio, del 22 dicembre 1995, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU 1996, L 56, pag. 1) [sostituito dal regolamento (CE) n. 1225/2009, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU 2009, L 343, pag. 51, rettifica in GU 2010, L 7, pag. 22; in prosieguo: il «regolamento di base»), a sua volta sostituito dal regolamento (UE) 2016/1036 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2016, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell’Unione europea (GU 2016, L 176, pag. 21)], in particolare, a norma dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento n. 384/96 (divenuto articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base), il Consiglio, con il regolamento (CE) n. 1524/2000, del 10 luglio 2000, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di biciclette originarie della Repubblica popolare cinese (GU 2000, L 175, pag. 39), ha deciso di mantenere il dazio antidumping di cui sopra.

3

Sulla base di un riesame intermedio ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento n. 384/96 (divenuto articolo 11, paragrafo 3, del regolamento di base), il Consiglio, con il regolamento (CE) n. 1095/2005, del 12 luglio 2005, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di biciclette originarie del Vietnam e modifica il regolamento (CE) n. 1524/2000 (GU 2005, L 183, pag. 1), ha aumentato il dazio antidumping sulle importazioni di biciclette originarie della Cina portandolo al 48,5%.

4

A seguito di un riesame in previsione della scadenza delle misure avviato a norma dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento n. 384/96, il Consiglio, con il regolamento di esecuzione (UE) n. 990/2011, del 3 ottobre 2011, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di biciclette originarie della Repubblica popolare cinese (GU 2011, L 261, pag. 2), ha deciso di mantenere il dazio antidumping in vigore al 48,5%.

5

Nel maggio 2013, in seguito a un riesame intermedio a norma dell’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento di base (divenuto articolo 11, paragrafo 3, del regolamento n. 2016/1036), il Consiglio ha adottato il regolamento (UE) n. 502/2013, del 29 maggio 2013, che modifica il regolamento di esecuzione n. 990/2011 (GU 2013, L 153, pag. 17), e ha deciso di mantenere il dazio antidumping in vigore al 48,5% tranne che per le biciclette esportate da tre imprese, per le quali sono state attribuite aliquote di dazio individuali.

6

A seguito di un’inchiesta antielusione a norma dell’articolo 13 del regolamento di base (divenuto articolo 13 del regolamento 2016/1036), il Consiglio ha adottato il regolamento di esecuzione (UE) n. 501/2013, del 29 maggio 2013, che estende il dazio antidumping definitivo istituito dal regolamento di esecuzione n. 990/2011 sulle importazioni di biciclette originarie della Repubblica popolare cinese alle importazioni di biciclette spedite dall’Indonesia, dalla Malaysia, dallo Sri Lanka e dalla Tunisia, indipendentemente dal fatto che siano o no dichiarate originarie dell’Indonesia, della Malaysia, dello Sri Lanka e della Tunisia (GU 2013, L 153, pag. 1).

7

Dopo aver ricevuto una nuova denuncia nel 2014, relativa, questa volta, alla possibile elusione dei dazi antidumping in cui erano coinvolti produttori esportatori di biciclette stabiliti in Cambogia, in Pakistan e nelle Filippine, la Commissione europea ha adottato il regolamento d’esecuzione (UE) n. 938/2014, del 2 settembre 2014, che apre un’inchiesta relativa alla possibile elusione delle misure antidumping istituite dal regolamento n. 502/2013 del Consiglio sulle importazioni di biciclette originarie della Repubblica popolare cinese mediante importazioni di biciclette spedite dalla Cambogia, dal Pakistan e dalle Filippine, indipendentemente dal fatto che siano o no dichiarate originarie della Cambogia, del Pakistan e delle Filippine, e che dispone la registrazione di tali importazioni (GU 2014, L 263, pag. 5, rettifica in GU 2014, L 341, pag. 31). Nel corso di tale inchiesta, relativa al periodo compreso tra il 1o gennaio 2011 e il 31 agosto 2014, l’Asia Leader International (Cambodia) Co. Ltd, ricorrente, ha ricevuto dalla Commissione un «[m]odulo per le società richiedenti un’esenzione dall’eventuale estensione dei dazi» (in prosieguo: il «modulo»), che è stato compilato e restituito il 10 ottobre 2014.

8

Dal fascicolo risulta che la ricorrente è una società cambogiana unipersonale a responsabilità limitata, costituita nel maggio 2013 e interamente detenuta dalla Cronus International Co. Ltd, una società con sede a Hong Kong, a sua volta detenuta al 100% da una società cinese che produce biciclette, la Guangzhou Cronus Bicycle Fashion Sports Co. Ltd. Quest’ultima società detiene sempre al 100%, la società cinese Guangzhou Cronus Bicycles Co. Ltd, che produce biciclette, telai, e telai verniciati, ed è collegata ad un altro produttore cinese di biciclette, la Shine Wheel Bicycle Co. Ltd, che avrebbe posto fine alla sua produzione il 1o giugno 2014. La ricorrente, non avendo precisato, nelle tabelle D 5 e D 6 allegate al modulo, che era collegata anche alla Shine Wheel Bicycle, ha presentato dati relativi a tale fornitore solo il 27 ottobre 2014, ovvero in risposta alla lettera di richiesta di informazioni aggiuntive della Commissione del 16 ottobre 2014.

9

La ricorrente precisa che, tenuto conto della data della sua costituzione e dell’avvio della sua attività effettiva nel gennaio 2014, le indicazioni che essa ha fornito nel modulo e nelle tabelle ad esso allegate riguardavano più direttamente il periodo compreso tra il 1o settembre 2013 e il 31 agosto 2014 (in prosieguo: il «periodo di riferimento») rispetto al periodo di indagini (v. punto 7 supra). Risulta dal modulo che la ricorrente ha definito la sua attività come produzione e vendita di biciclette e di telai di bicicletta, in particolare per piccoli ordinativi, con il marchio Cronus.

10

Nella tabella F 2, che elenca tutti gli acquisti di prodotti semilavorati realizzati dal richiedente l’esenzione, allegata al modulo, la ricorrente ha designato come fornitore quasi esclusivo la società «Shine Wheel Bicycle Co. Ltd (Guangzhou)», accanto a una società vietnamita per la verniciatura dei telai e a un’altra società cinese.

11

Nella risposta del 27 ottobre 2014, la ricorrente ha prodotto una tabella F 2 corretta. La Shine Wheel Bicycle vi risulta come una società collegata alla ricorrente, le cui vendite a quest’ultima durante il periodo di riferimento rappresentavano la maggior parte degli acquisti della ricorrente durante tale periodo. La Guangzhou Cronus Bicycles vi è altresì indicata come società collegata alla ricorrente per determinate transazioni durante il periodo di riferimento.

12

L’inchiesta ha permesso alla Commissione di identificare sei società che esportavano biciclette dalla Cambogia. Una di esse ha lasciato tale paese per il Pakistan alla fine del 2013, gli altri cinque produttori di biciclette, che rappresentano il 94% delle importazioni dell’Unione europea provenienti da detto paese per tale tipo di prodotto, hanno collaborato e presentato una richiesta di esenzione.

13

La Commissione ha esaminato le informazioni fornite da tali cinque società, tra le quali figura la ricorrente. L’11 novembre 2014 la Commissione ha informato quest’ultima della propria intenzione di procedere a una visita di verifica in loco, che si è svolta l’8 e il 9 dicembre 2014 nei locali della ricorrente a Tai Seng (Cambogia).

14

Al termine di tale verifica in loco e dei controlli di cui sono stati oggetto anche gli altri quattro produttori che hanno collaborato, la Commissione ha ritenuto che tre società potevano beneficiare di un’esenzione ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento di base (divenuto articolo 13, paragrafo 4, del regolamento 2016/1036), ma che due, tra cui la ricorrente, non potevano beneficiarne.

15

Nel corso della visita, la Commissione ha identificato una serie di anomalie, in merito alle quali ha ascoltato le spiegazioni supplementari fornite dalla ricorrente e ha esaminato i documenti da essa forniti.

16

Innanzitutto, essa ha rilevato che la ricorrente non aveva un programma di contabilità, la quale invece era tenuta in file informatici di tipo Excel. Solo a partire dal mese di ottobre 2014 la ricorrente avrebbe iniziato a stilare relazioni di produzione dettagliate.

17

Inoltre, secondo la Commissione, dal modulo e dalle tabelle ad esso allegate risultava che la ricorrente era in grado di produrre biciclette solo a partire dal 1o gennaio 2014, nei suoi laboratori di saldatura e di verniciatura, e che, all’inizio di tale periodo, essa non produceva telai. Di conseguenza, la Commissione si è interrogata sull’origine di 1099 biciclette esportate nell’Unione (nella specie, in Grecia) il 27 gennaio 2014, descritte nella fattura CI‑15295-PM presentata dalla ricorrente nel seguente modo: 380 biciclette con telaio d’alluminio di 26 pollici, 240 biciclette con telaio di acciaio sempre da 26 pollici, 120 biciclette con telaio d’acciaio da 24 pollici, 119 biciclette con telaio d’acciaio «hi-ten 700C», 130 biciclette con telaio pieghevole d’acciaio da 20 pollici e 120 biciclette con telaio d’acciaio da 20 pollici. Interrogata sulle circostanze relative a tale esportazione, la ricorrente ha presentato la fattura KYD-CN-F01, datata 17 gennaio 2014, da cui risultava che essa aveva acquistato 1098 telai di bicicletta d’acciaio da 26 pollici alla società vietnamita Kim Y Dinh Trading Service One Member Co. Ltd. Rilevando che quest’ultima non era un produttore di biciclette e di telai di bicicletta, ma un semplice commerciante, la Commissione ha, inoltre, espresso il suo stupore per il fatto che sarebbero stati acquistati solo telai di bicicletta d’acciaio, mentre la fattura CI‑15295-PM menzionava una vendita di 380 biciclette in alluminio e che le dimensioni di tali telai (26 pollici) corrispondevano solo in parte alle dimensioni delle biciclette esportate nell’Unione.

18

La ricorrente è stata invitata a spiegare tali contraddizioni e ha prodotto, nel corso del controllo, un modulo A/certificato di origine, rilasciato dal ministero del Commercio vietnamita a nome del suddetto commerciante per i telai di bicicletta oggetto della fattura KYD-CN-F01. La Commissione ha tuttavia constatato che anche tale certificato d’origine indicava solo telai d’acciaio, mentre l’esportazione nell’Unione di cui al punto 17 supra riguardava anche telai d’alluminio, circostanza che la ricorrente ha ammesso successivamente, dimostrando che tale certificato erroneamente menzionava solo telai d’acciaio. Inoltre, la ricorrente non ha potuto produrre alcun modulo A/certificato di origine a suo nome per le biciclette esportate nell’Unione e oggetto della fattura CI‑15295-PM.

19

La Commissione ha quindi ritenuto che, poiché la ricorrente non aveva fabbricato essa stessa telai di bicicletta durante l’avviamento delle sue operazioni, la sola spiegazione possibile era che le biciclette in questione non erano state assemblate dalla ricorrente, ma semplicemente trasbordate, in provenienza dalle società cinesi ad essa collegate.

20

Inoltre, la Commissione ha rilevato alcune pretese incongruenze e una presunta inaffidabilità, durante la visita di verifica, riguardanti taluni elementi contenuti nel modulo. Secondo tale istituzione, alcuni costi di produzione dichiarati non corrispondevano a un valore aggiunto ai pezzi incorporati in sede di montaggio o di completamento della produzione ed erano stati ingannevolmente aumentati per soddisfare le due percentuali limite di cui all’articolo 13, paragrafo 2, lettera b), del regolamento di base [divenuto articolo 13, paragrafo 2, lettera b), del regolamento 2016/1036]. Pertanto, l’imputazione di alcune spese (ammortamenti, affitti, costo dell’elettricità) alla fabbricazione dei telai di bicicletta non corrispondeva al volume delle biciclette prodotte, il consumo di vernice utilizzata in tale produzione era sopravvalutato alla luce delle indicazioni fornite da autentici produttori di biciclette e il costo della manodopera era altresì troppo elevato rispetto al volume di telai di bicicletta e di biciclette assemblate, sempre in confronto agli stipendi applicati da produttori autentici. La Commissione ha quindi ricostruito su tale base i costi di produzione della ricorrente e ha concluso, da un lato, che le parti di bicicletta originarie della Cina rappresentavano oltre il 60% del valore complessivo delle parti del prodotto assemblato (77%) e che, dall’altro, il valore aggiunto ai pezzi originato nell’operazione di assemblaggio era di molto inferiore al 25% (2%).

21

Il 13 marzo 2015 la Commissione ha comunicato alla ricorrente le sue conclusioni, vertenti, in primo luogo, sull’esistenza di pratiche di elusione in Cambogia (conclusioni generali) e, in secondo luogo, sul ruolo svolto dalla ricorrente in queste pratiche (conclusioni specifiche).

22

In risposta a tale comunicazione, il 31 marzo 2015, la ricorrente ha fatto valere, un certo numero di obiezioni, per iscritto e nel corso di un’audizione. In primo luogo, essa ha contestato, segnatamente, la conclusione secondo la quale era coinvolta in pratiche di trasbordo. A tale riguardo, essa ha sostenuto che risultava dalle informazioni raccolte durante la verifica in loco che la spiegazione più verosimile era che i telai di bicicletta in questione fossero originari del Vietnam. Essa ha fornito una documentazione giustificativa complementare, collegata alla fattura CI‑15295-PM, per stabilire l’origine vietnamita dei telai di bicicletta. La ricorrente dichiara di aver presentato, in particolare, la fattura di acquisto dell’acciaio e dell’alluminio utilizzato per realizzare i telai di bicicletta, quella della società vietnamita che ha trasformato l’acciaio in telai, quella dei fornitori dei telai di bicicletta, recante il riferimento KYD-CN-F01, del 17 gennaio 2014, l’elenco degli imballaggi di tali telai, dello stesso giorno, e la prova del regolamento di tale fattura, nonché l’indicazione della massa totale dei telai di bicicletta (circa tre tonnellate), corrispondente ai dati forniti nella tabella F 2. La ricorrente ha spiegato che mancava un telaio di bicicletta in meno delle biciclette esportate (1098 invece 1099) perché aveva prelevato presso il suo fornitore un telaio di bicicletta come campione. In secondo luogo, essa ha contestato gli adeguamenti dei suoi costi di produzione applicati dalla Commissione ai fini del calcolo della soglia del 25% di valore aggiunto previsto all’articolo 13, paragrafo 2, lettera b), del regolamento di base.

23

Il 18 maggio 2015 la Commissione ha adottato il regolamento di esecuzione (UE) 2015/776, che estende il dazio antidumping definitivo istituito dal regolamento (UE) n. 502/2013 del Consiglio sulle importazioni di biciclette originarie della Repubblica popolare cinese alle importazioni di biciclette spedite dalla Cambogia, dal Pakistan e dalle Filippine, indipendentemente dal fatto che siano o no dichiarate originarie della Cambogia, del Pakistan e delle Filippine (GU 2015, L 122, pag. 4; in prosieguo: il «regolamento impugnato»).

24

In particolare, la Commissione ha rilevato, ai considerando 69, 71, 73 e 74 del regolamento impugnato, quanto segue:

«(69)

Una delle cinque società che hanno collaborato, che non ha fabbricato telai in tale periodo, non è stata in grado di far quadrare i dati sul tipo di telai acquistati alla Cina con i dati sul tipo di biciclette vendute all’Unione. Si è quindi concluso che le biciclette sono state trasbordate.

(…)

(71)

Si ricorda che durante la verifica in loco le informazioni fornite dalla società non hanno consentito alla Commissione di trovare una corrispondenza tra il tipo di telai acquistati e il tipo di biciclette esportate nell’Unione: la società ha infatti indicato di aver acquistato telai di acciaio ma ha esportato biciclette con telai di acciaio e alluminio di varie dimensioni. Ciò sembrerebbe mostrare che le biciclette esportate non sono state assemblate in Cambogia. L’unico elemento di prova presentato dalla società durante la verifica in loco per dimostrare l’origine di questi telai è stato inoltre il modulo A/certificato di origine rilasciato dalle autorità vietnamite a nome di un operatore commerciale vietnamita. Dopo la divulgazione delle informazioni la società ha affermato che il modulo A/certificato di origine indicava erroneamente che tutti i telai erano di acciaio, mentre in realtà erano anche di alluminio. I nuovi documenti presentati dalla società dopo la divulgazione, in vietnamita e in cinese con solo una traduzione limitata in inglese, contenevano parecchie incongruenze (il quantitativo di telai acquistati non quadrava con il numero di biciclette esportate quale accertato durante la verifica in loco; un documento è stato presentato come fattura, ma non conteneva alcuna indicazione di prezzo; non sono state presentate prove delle altre fasi di fabbricazione dei telai come taglio, formatura, punzonatura e verniciatura). Questi nuovi documenti sono stati quindi considerati incompleti e insufficienti per dimostrare che i telai in questione fossero prodotti in Vietnam.

(…)

(73)

La società non è stata inoltre in grado di fornire il modulo A/certificato di origine del ministero del Commercio della Cambogia per le biciclette in questione. In mancanza di altre informazioni disponibili si è concluso, di conseguenza, che le parti in questione erano originarie della Cina. (…)

(74)

Pertanto, sulla base degli elementi sopra elencati, è stabilita l’esistenza in Cambogia di pratiche di trasbordo di prodotti originari della Cina ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base».

25

La Commissione ha altresì respinto, ai considerando 80 e seguenti del regolamento impugnato, le obiezioni della ricorrente quanto agli adeguamenti dei suoi costi di produzione ai fini del calcolo della soglia del 25% di valore aggiunto previsto all’articolo 13, paragrafo 2, lettera b), del regolamento di base.

26

La Commissione ha quindi respinto la domanda di esenzione presentata dalla ricorrente (considerando 161 del regolamento impugnato). Essa ha deciso, all’articolo 1 del regolamento impugnato, l’estensione del dazio antidumping definitivo del 48,5% sulle importazioni di biciclette originarie della Cina e di cui al precedente punto 3 alle importazioni di biciclette spedite in particolare dalla Cambogia, non includendo la ricorrente tra le società esentate dal dazio. Conformemente al paragrafo 3 del medesimo articolo, «[i]l dazio esteso in virtù del paragrafo 1 del presente articolo viene riscosso sulle importazioni spedite dalla Cambogia, dal Pakistan e dalle Filippine, indipendentemente dal fatto che siano o no dichiarate originarie della Cambogia, del Pakistan e delle Filippine, registrate in conformità dell’articolo 2 del regolamento (UE) n. 938/2014, dell’articolo 13, paragrafo 3, e dell’articolo 14, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 1225/2009, ad eccezione di quelle prodotte dalle società elencate al paragrafo 1».

Procedimento e conclusioni delle parti

27

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale l’11 agosto 2015, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

[omissis]

42

Le difese orali delle parti e le loro risposte ai quesiti del Tribunale sono state sentite all’udienza del 9 novembre 2017.

43

Durante l’udienza, l’interveniente e la Commissione hanno presentato alcune osservazioni sulla relazione d’udienza, di cui si è preso atto nel verbale d’udienza.

In diritto

[omissis]

Sul primo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base risultante dall’«errore manifesto di valutazione di diritto e di fatto», nel quale sarebbe incorsa la Commissione relativamente alla sussistenza di un’elusione e alla natura dei dati disponibili

45

Nell’ambito del primo motivo, la ricorrente sostiene che la constatazione di una pratica di trasbordo, nonché le sue implicazioni giuridiche, è erronea. A suo avviso, le biciclette di cui trattasi sono state prodotte a partire da telai e materiali di origine vietnamita, e la Commissione non disponeva di alcuna prova che così non fosse. Né il regolamento di base né la giurisprudenza le consentirebbero di concludere di default nel senso di una pratica di trasbordo. Essa ritiene di aver dimostrato a sufficienza di diritto l’origine vietnamita dei pezzi, mediante elementi di prova che la Commissione non poteva escludere, come invece ha fatto. Essa precisa che, sulla fattura CI‑15295-PM, figurano i numeri di riferimento specifici di ciascun modello, il che consentirebbe di determinare il materiale di cui è composto il telaio. Essa aggiunge di aver prodotto i documenti supplementari menzionati al punto 22 supra. Essa contesta, inoltre, il modo in cui la Commissione ha valutato il modulo A/certificato di origine rilasciato dalle autorità vietnamite, poiché quest’ultimo menzionava il numero della fattura del fornitore, la data di tale fattura, il numero di unità di cui trattasi, la massa lorda del carico e la circostanza che quest’ultima è stata ispezionata al momento di attraversare la frontiera tra il Vietnam e la Cambogia. Di conseguenza, solo il riferimento a «telai di bicicletta di acciaio» sarebbe errato in tale certificato, circostanza che la ricorrente avrebbe già spiegato, affermando un semplice errore da parte del fornitore.

46

Essa aggiunge che la sola incongruenza presente negli elementi di prova da essa prodotti riguardava la diversa descrizione delle biciclette nella fattura CI‑15295‑PM, dei telai oggetto della fattura di acquisto KYD-CN-F01 e del modulo A/certificato di origine, dal momento che tutti gli altri elementi dimostravano che essa aveva comprato i telai di bicicletta di origine vietnamita. L’analisi della Commissione equivarrebbe pertanto ad assoggettare tutti i produttori non cinesi che hanno legami con produttori di biciclette cinesi all’ipotesi che essi siano colpevoli di pratiche di trasbordo a prescindere dai fatti del caso di specie.

47

La Commissione sarebbe quindi incorsa in un errore di valutazione, «di fatto e di diritto», nell’applicazione dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base.

48

La Commissione chiede che il primo motivo venga respinto.

Considerazioni preliminari

[omissis]

53

Ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base, l’esistenza di un’elusione delle misure antidumping è accertata qualora siano soddisfatti quattro requisiti. In primo luogo, vi deve essere una modifica della configurazione degli scambi tra un paese terzo e l’Unione, o tra società del paese oggetto delle misure dell’Unione. In secondo luogo, tale modifica deve essere imputabile a pratiche, processi o lavorazioni privi di una sufficiente motivazione o giustificazione economica a parte l’istituzione del dazio. In terzo luogo, devono sussistere elementi che dimostrino che l’industria dell’Unione subisce un pregiudizio o che risultano indeboliti gli effetti riparatori del dazio antidumping. In quarto luogo, devono sussistere elementi di prova dell’esistenza del dumping (sentenze del 26 gennaio 2017, Maxcom/Chin Haur Indonesia, C‑247/15 P, C‑253/15 P e C‑259/15 P, EU:C:2017:61, punto 55, e del 26 gennaio 2017, Maxcom/City Cycle Industries, C‑248/15 P, C‑254/15 P e C‑260/15 P, EU:C:2017:62, punto 57).

54

Dalla formulazione e dall’architettura dell’articolo 13 del regolamento di base risulta inoltre che, per accertare l’esistenza di un’elusione, spetta alle istituzioni interessate procedere a un’analisi globale riguardante il paese terzo interessato dall’inchiesta relativa all’elusione nel suo insieme. Invece, non spetta loro, ai fini della prova di detta elusione, procedere ad un’analisi della situazione di ciascun singolo produttore esportatore, in quanto tale analisi spetta a detti singoli produttori esportatori, nell’ambito delle richieste formulate ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 4, di tale regolamento (sentenze del 26 gennaio 2017, Maxcom/Chin Haur Indonesia, C‑247/15 P, C‑253/15 P e C‑259/15 P, EU:C:2017:61, punto 57, e del 26 gennaio 2017, Maxcom/City Cycle Industries, C‑248/15 P, C‑254/15 P e C‑260/15 P, EU:C:2017:62, punto 59).

55

Quindi, conformemente all’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base, è compito delle istituzioni dell’Unione accertare l’esistenza di un’elusione delle misure antidumping in relazione al paese terzo nella sua interezza, mentre spetta a ciascun singolo produttore esportatore dimostrare che la sua situazione specifica giustifica la concessione di un’esenzione ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 4, di tale regolamento (sentenze del 26 gennaio 2017, Maxcom/Chin Haur Indonesia, C‑247/15 P, C‑253/15 P e C‑259/15 P, EU:C:2017:61, punto 59, e del 26 gennaio 2017, Maxcom/City Cycle Industries, C‑248/15 P, C‑254/15 P e C‑260/15 P, EU:C:2017:62, punto 61).

56

Inoltre, come ha ricordato l’avvocato generale Mengozzi nelle sue conclusioni nelle cause riunite Maxcom e a./Chin Haur Indonesia (C‑247/15 P, C‑253/15 P e C‑259/15 P, EU:C:2016:712, paragrafi 767), l’articolo 13, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento di base (divenuto articolo 13, paragrafo 1, quarto comma, del regolamento 2016/1036) contiene un elenco non esaustivo delle pratiche, dei processi o delle lavorazioni di cui al primo comma, che includono, in particolare, «la spedizione del prodotto oggetto delle misure attraverso paesi terzi» e, «nelle circostanze di cui al paragrafo 2, l’assemblaggio [nell’Unione] o in un paese terzo». Come indica giustamente la Commissione nella sua risposta del 13 ottobre 2017 alla misura di organizzazione del procedimento del 22 settembre 2017 (v. punti 38 e 39 supra), i diversi tipi di pratiche di elusione elencati da detto articolo 13, paragrafo 1, secondo comma, vi compaiono solo come esempi, come è illustrato dall’espressione «fra l’altro».

57

Ne consegue che è sufficiente che sia dimostrato un solo tipo di pratiche di elusione affinché il secondo requisito di cui al punto 53 supra sia soddisfatto, il che non osta tuttavia a che le istituzioni interessate dimostrino anche altri tipi di pratiche di elusione nel caso in cui le ritengano presenti.

Applicazione al caso di specie

58

Emerge dal regolamento impugnato che la Commissione ha esaminato i quattro requisiti enunciati al precedente punto 53 relativamente alla Cambogia prima, da un lato, di accogliere la domanda di esenzione presentata da tre delle cinque società cambogiane che hanno collaborato e, dall’altro, di respingere quella introdotta dalle altre due società, tra cui la ricorrente.

59

Innanzitutto, la Commissione ha constatato che il primo, terzo e quarto requisito erano soddisfatti, circostanza che la ricorrente non contesta.

60

Poi, per quanto riguarda il secondo requisito, ossia l’esistenza di pratiche di elusione in Cambogia, vale a dire di pratiche, processi o lavorazioni per i quali non vi sia una sufficiente motivazione o giustificazione economica oltre all’istituzione del dazio, la Commissione ha constatato l’esistenza tanto di pratiche di trasbordo quanto di operazioni di assemblaggio che non soddisfano i criteri di cui all’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento di base.

61

Vero è che, dai considerando da 69 a 74 del regolamento impugnato risulta che la constatazione dell’esistenza di pratiche di trasbordo relativamente alla Cambogia si basa unicamente sulla situazione individuale della ricorrente. Tuttavia, va sottolineato che la Commissione ha altresì rilevato l’esistenza in Cambogia di operazioni di assemblaggio che non soddisfano i criteri di cui all’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento di base per quanto riguarda due società cambogiane, tra cui la ricorrente, come risulta dai considerando da 75 a 88 del regolamento impugnato.

62

Di conseguenza, anche supponendo che la ricorrente non fosse coinvolta in pratiche di trasbordo, il che avrebbe l’effetto di invalidare l’esistenza di simili pratiche in Cambogia, la constatazione, relativa a questo paese, di pratiche di elusione rimarrebbe valida sulla base dei motivi del regolamento impugnato relativi alle operazioni di assemblaggio che non soddisfano i criteri di cui all’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento di base per quanto riguarda, quantomeno, l’altra società cambogiana, non essendo gli accertamenti nei suoi confronti di cui al regolamento impugnato oggetto della presente controversia.

63

Il primo motivo non può pertanto inficiare la constatazione contenuta nel regolamento impugnato in merito all’esistenza di pratiche di elusione in Cambogia ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base.

64

Occorre, adesso, verificare se il primo motivo è fondato nella parte in cui tende a dimostrare l’inesistenza di operazioni di trasbordo da parte della ricorrente.

65

A tale proposito, emerge dal regolamento impugnato che la Commissione ha respinto la richiesta di esenzione della ricorrente a causa dell’esistenza di pratiche di trasbordo e di operazioni di assemblaggio che non soddisfano i criteri di cui all’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento di base.

66

Va sottolineato che, come risulta dalla giurisprudenza richiamata supra al punto 55, spetta a ciascun singolo produttore esportatore dimostrare che la sua situazione specifica giustifica la concessione di un’esenzione ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento di base. Ai sensi di tale disposizione, le richieste di esenzione devono essere «sostenute da sufficienti elementi di prova» e, se le pratiche, i processi o le lavorazioni intesi all’elusione avvengono al di fuori dell’Unione, consentire agli interessati di «dimostrare di non essere collegati ad alcun fabbricante colpito dalle misure» e che «non sono coinvolti in pratiche di elusione ai sensi dei paragrafi 1 e 2 del [suddetto] articolo».

67

Di conseguenza, se il richiedente l’esenzione non riesce a dimostrare che la sua situazione specifica giustifica la concessione di detta esenzione, ad esempio a causa di elementi che dimostrino l’esistenza di pratiche di trasbordo, la Commissione giustamente rifiuta tale esenzione.

68

Nella specie, in primo luogo, la Commissione ha constatato che nel gennaio 2014 la ricorrente era solo nella fase di avvio delle operazioni di produzione e non aveva fabbricato essa stessa i telai delle biciclette esportate nell’Unione il 27 gennaio 2014, oggetto della fattura CI‑15295-PM, circostanza che la ricorrente non contesta.

69

In secondo luogo, la Commissione ha constatato due tipi di incongruenze sulla base di un raffronto tra la fattura CI‑15295-PM, contenente il numero e il tipo di biciclette esportate nell’Unione il 27 gennaio 2014, e la fattura di acquisto di telai di bicicletta che si suppone siano serviti per la fabbricazione delle biciclette esportate verso l’Unione, recante il riferimento KYD-CN-F01,. Da un lato, secondo la fattura KYD-CN-F01, i telai acquistati presso un commerciante vietnamita erano di acciaio, mentre, secondo la fattura CI‑15295-PM, le biciclette esportate verso l’Unione avevano, talune, telai di acciaio e, altre, telai di alluminio. Dall’altro, mentre la fattura KYD-CN-F01 indica che si tratta di telai di bicicletta da 26 pollici, le biciclette vendute nell’Unione e che sono oggetto della fattura CI‑15295-PM erano di tre dimensioni diverse, vale a dire 26, 24 e 20 pollici. La ricorrente non contesta che tali incongruenze esistano.

70

In terzo luogo, anche il modulo A/certificato d’origine rilasciato dalle autorità vietnamite per detti telai di bicicletta evidenzia la prima incongruenza, in quanto vi sono menzionati solo telai di acciaio.

71

Si deve pertanto constatare che gli elementi forniti dalla ricorrente non sono idonei a dimostrare che essa ha potuto produrre le biciclette esportate nell’Unione e oggetto della fattura CI‑15295-PM a partire dai telai di bicicletta che si presume siano stati acquistati in Vietnam.

72

La ricorrente tenta di spiegare le incongruenze così constatate adducendo un semplice «errore» commesso dal suo fornitore vietnamita. Tale tesi non può tuttavia essere accolta.

73

Infatti, si deve rilevare che tali incongruenze riguardano tanto il materiale quanto le dimensioni dei telai, che costituiscono le caratteristiche di base di tutte le biciclette, determinando il tipo e la qualità delle biciclette nonché il loro prezzo. Non si può quindi sostenere che discrepanze cosi rilevanti possano essere spiegate con un semplice «errore» da parte del fornitore, tanto più che l’«errore» asserito si rivela avere più sfaccettature, riguardando non solo il materiale (acciaio o alluminio), ma anche tre diverse dimensioni di telaio.

74

In aggiunta, taluni documenti e informazioni prodotti dalla ricorrente dopo la comunicazione delle conclusioni della Commissione nonché nel corso del presente procedimento sollevano ulteriori dubbi quanto alle circostanze che hanno accompagnato l’esportazione nell’Unione delle biciclette oggetto della fattura CI‑15295-PM.

75

Infatti, in primo luogo, il Tribunale constata, al pari della Commissione, che la fattura CI‑15295-PM, come presentata durante la visita di verifica in loco, prodotta in allegato B 5, non è conforme a quella presentata dalla ricorrente nell’ambito del presente procedimento in allegato A 11 (pag. 200). Lo stesso vale per quanto riguarda l’elenco di imballaggio, figurante nel medesimo allegato A 11 (pag. 201), che non è una copia esatta dell’elenco presentato durante la visita di verifica in loco.

76

In secondo luogo, la ricorrente afferma che le autorità doganali hanno ispezionato il carico di telai di bicicletta di cui trattasi all’atto del passaggio della frontiera tra Vietnam e Cambogia. Orbene, non si può sostenere che le suddette autorità non si siano accorte che tale carico non corrispondeva alla descrizione dei prodotti in questione riportata nel modulo A/certificato di origine, né, peraltro, nella fattura KYD-CN-F01, tanto più che le incongruenze di cui trattasi riguardano caratteristiche essenziali di tali pezzi, ovvero il materiale dei telai e le loro dimensioni.

77

In terzo luogo, si deve rilevare, al pari della Commissione, che il buono d’ordine prodotto dalla ricorrente in risposta alla comunicazione delle conclusioni (v. allegato A 12, pag. 231) non contiene alcun prezzo, il che permette di dubitare della sua attendibilità. La ricorrente chiarisce, a tale riguardo, che l’assenza di prezzo è dovuta al fatto che le contrattazioni con il suo fornitore vietnamita sul prezzo finale erano ancora in corso al momento in cui essa ha effettuato tale ordine (punto 43 della replica). Al tempo stesso, tuttavia, la ricorrente afferma di averlo scelto proprio perché tale fornitore presentava «l’offerta economicamente più vantaggiosa» (punto 45 della replica). Tali spiegazioni appaiano contraddittorie.

78

In quarto luogo, la Commissione ha constatato, al considerando 71 del regolamento impugnato, che «non [erano] state presentate prove delle altre fasi di fabbricazione dei telai (taglio, formatura, punzonatura, verniciatura)». La ricorrente, sebbene nell’atto introduttivo sostenga che i telai acquistati erano stati trasformati nella sua fabbrica in biciclette finite pronte per l’esportazione, tuttavia non presenta alcun elemento di prova quanto alle varie fasi di fabbricazione dei telai di cui trattasi. Interrogata su tale punto in udienza, la ricorrente ha confermato di non aver fornito tali prove, come rilevato dalla Commissione al considerando 71 del regolamento impugnato.

79

In quinto luogo, è pacifico che la ricorrente non ha presentato il modulo A/certificato di origine per le biciclette esportate nell’Unione e oggetto della fattura CI‑15295-PM.

80

Date tali circostanze, si deve considerare che la Commissione ha potuto concludere, senza incorrere in alcun errore manifesto di valutazione, che, tenuto conto dello stato della fabbrica nel gennaio 2014, dell’assenza di qualsiasi elemento di prova relativo alle altre fasi di fabbricazione dei telai di bicicletta e in mancanza di qualsiasi altra spiegazione plausibile, le 1099 biciclette esportate in Grecia sono state oggetto di un trasbordo dalla Cina, poiché tali biciclette non hanno potuto essere assemblate a partire da telai di bicicletta non rispondenti alle loro caratteristiche essenziali.

81

A tale riguardo, la ricorrente non può contestare alla Commissione di aver concluso «di default» che le biciclette esportate nell’Unione e oggetto della fattura CI‑15295-PM hanno formato oggetto di un trasbordo dalla Cina.

82

Infatti, secondo la giurisprudenza richiamata supra al punto 55, spetta a ciascun singolo produttore esportatore dimostrare che la sua situazione specifica giustifica la concessione di un’esenzione ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento di base. Orbene, alla luce delle considerazioni esposte ai punti da 68 a 80 supra, si deve constatare che la ricorrente non è riuscita a dimostrare di aver fabbricato le biciclette a partire da telai di origine vietnamita.

83

In aggiunta, si evince dal considerando 72 del regolamento impugnato, nonché delle informazioni presentate dalla ricorrente nella tabella F 2 che, nel periodo di riferimento, essa ha importato la maggioranza delle parti di biciclette da produttori cinesi di biciclette e di parti di biciclette con cui aveva legami di capitale (v. punto 11 supra). Date tali circostanze, e in mancanza di qualsiasi altra spiegazione plausibile suffragata da elementi di prova attendibili, la Commissione ha potuto concludere, senza incorrere in errori di diritto, che le biciclette esportate nell’Unione e oggetto della fattura CI‑15295-PM sono state trasbordate dalla Cina.

84

Tale constatazione è sufficiente a dimostrare che la ricorrente non soddisfaceva i requisiti di cui all’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento di base e che, di conseguenza, la Commissione ha giustamente respinto la sua richiesta di esenzione.

85

Infatti, da un lato, come risulta dal punto 57 supra, un solo tipo di pratiche di elusione è sufficiente per dimostrare che il richiedente l’esenzione si dedica a pratiche del genere ai sensi di tale disposizione.

86

Dall’altro, il Tribunale constata che il trasbordo di cui trattasi riguarda solo l’esportazione nell’Unione delle 1099 biciclette oggetto della fattura CI‑15295‑PM, come le parti hanno confermato nelle loro risposte alle misure di organizzazione del procedimento. Tuttavia, l’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento di base impone al produttore di dimostrare che «non si dedica a pratiche di elusione». Orbene, tale disposizione non pone condizioni quantitative o requisiti qualitativi in merito a tali pratiche. Essa non richiede, in particolare, che dette pratiche vengano accertate per quanto riguarda ciascuna delle esportazioni nell’Unione nel periodo di riferimento.

87

Inoltre, è giocoforza constatare che, nella specie, tale esportazione, lungi dall’essere trascurabile, rappresenta, come indicato dalla Commissione, il 18% del volume totale delle esportazioni della ricorrente nell’Unione nel periodo di riferimento.

88

Di conseguenza, la Commissione, dal momento che ha correttamente constatato che la ricorrente si era dedicata a simili pratiche di trasbordo, se non altro per quanto riguarda l’esportazione menzionata al punto 86 supra, ha potuto respingere la domanda di esenzione senza incorrere in errori di diritto. Il primo motivo deve essere quindi respinto in quanto infondato.

[omissis]

99

Risulta da tutto quanto precede che occorre respingere integralmente il ricorso.

Sulle spese

100

Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

101

La ricorrente, poiché è rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione)

dichiara e statuisce:

 

1)

Il ricorso è respinto.

 

2)

L’Asia Leader International (Cambodia) Co. Ltd è condannata alle spese.

 

Tomljenović

Marcoulli

Kornezov

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 19 aprile 2018.

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.

( 1 ) Sono riprodotti soltanto i punti della presente sentenza la cui pubblicazione è ritenuta utile dal Tribunale.