5.10.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 328/5


Impugnazione proposta il 24 luglio 2015 da Ackermann Saatzucht GmbH & Co.KG, Böhm-Nordkartoffel Agrarproduktion GmbH & Co. OHG, Deutsche Saatveredelung AG, Ernst Benary, Samenzucht GmbH, Freiherr Von Moreau Saatzucht GmbH, Hybro Saatzucht GmbH & Co. KG, Klemm + Sohn GmbH & Co. KG, KWS Saat AG, Norddeutsche Pflanzenzucht Hans-Georg Lembke KG, Nordsaat Saatzuchts GmbH, Peter Franck-Oberaspach, P. H. Petersen Saatzucht Lundsgaard GmbH, Saatzucht Streng — Engelen GmbH & Co. KG, Saka Pflanzenzucht GmbH & Co. KG, Strube Research GmbH & Co. KG, Gartenbau und Spezialkulturen Westhoff GbR, W. von Borries-Eckendorf GmbH & Co. KG avverso l’ordinanza del Tribunale (Quinta Sezione) del 18 maggio 2015, causa T-559/14, Ackermann Saatzucht GmbH & Co. KG e a./Parlamento europeo, Consiglio dell’Unione europea

(Causa C-408/15 P)

(2015/C 328/05)

Lingua processuale: l'inglese

Parti

Ricorrenti: Ackermann Saatzucht GmbH & Co.KG, Böhm-Nordkartoffel Agrarproduktion GmbH & Co. OHG, Deutsche Saatveredelung AG, Ernst Benary, Samenzucht GmbH, Freiherr Von Moreau Saatzucht GmbH, Hybro Saatzucht GmbH & Co. KG, Klemm + Sohn GmbH & Co. KG, KWS Saat AG, Norddeutsche Pflanzenzucht Hans-Georg Lembke KG, Nordsaat Saatzuchts GmbH, Peter Franck-Oberaspach, P. H. Petersen Saatzucht Lundsgaard GmbH, Saatzucht Streng — Engelen GmbH & Co. KG, Saka Pflanzenzucht GmbH & Co. KG, Strube Research GmbH & Co. KG, Gartenbau und Spezialkulturen Westhoff GbR, W. von Borries-Eckendorf GmbH & Co. KG (rappresentanti: P. de Jong, avvocato, P. Vlaemminck, B. Van Vooren, advocaten)

Altre parti nel procedimento: Parlamento europeo, Consiglio dell'Unione europea

Conclusioni delle ricorrenti

Le ricorrenti chiedono che la Corte voglia:

dichiarare che la Corte, nella sua ordinanza nella causa T-559/14, ha commesso un errore di diritto nel dichiarare che le ricorrenti non sono individualmente interessate dal regolamento (UE) n. 511/2014 (1) del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, sulle misure di conformità per gli utilizzatori risultanti dal protocollo di Nagoya relativo all’accesso alle risorse genetiche e alla giusta ed equa ripartizione dei benefici derivanti dalla loro utilizzazione nell’Unione;

annullare, nella sua integralità, l’ordinanza del Tribunale nella causa T-559/14, e dichiarare che le ricorrenti sono direttamente ed individualmente interessate dal regolamento controverso e, pertanto, dichiarare ricevibile il ricorso di annullamento;

rinviare la causa al Tribunale affinché statuisca nel merito.

Motivi e principali argomenti

Primo motivo — Le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel dichiarare che esse non sono individualmente interessate dal regolamento controverso. Esse sostengono di essere individualmente interessate ai sensi dell’articolo 263, paragrafo 4 TFUE, in quanto esiste un conflitto giuridico tra due trattati internazionali di cui l’Unione è parte [la Convenzione internazionale per la protezione delle novità vegetali (in prosieguo: la «Convenzione UPOV») ed il Protocollo di Nagoya della convezione sulla diversità biologica], il primo dei quali attua l’articolo 13 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, che sancisce la libertà della ricerca scientifica. Entrambi i trattati internazionali sono stati in seguito attuati dall’Unione con due regolamenti aventi efficacia diretta: in un primo momento, con il regolamento n. 2100/94, che riconosce il diritto fondamentale della libertà di ricerca a favore delle ricorrenti, e, successivamente, con il regolamento controverso n. 511/2014, che ha fortemente limitato tale libertà. In entrambi i regolamenti non è richiesto, né consentito ai sensi del diritto dell’Unione, alcun intervento legislativo degli Stati membri, e nessun atto di esecuzione o delegato deve essere adottato a livello dell’Unione europea.

In tale contesto normativo, le ricorrenti sostengono di essere individualmente (e direttamente) interessate ai sensi dell’articolo 263, paragrafo 4, TFUE, in quanto sono soddisfatte le seguenti condizioni: sono membri di una categoria giuridica di persone contraddistinta da una «qualità giuridica peculiare» (in quanto beneficiarie del diritto positivo all’accesso libero al materiale vegetale commerciale, ossia dell’«esenzione a favore dei costitutori») che non è contenuta nel regolamento controverso stesso, ma in un altro regolamento avente efficacia diretta, che non richiede alcuna ulteriore attuazione a livello nazionale; il regolamento contestato è in contrasto con una norma giuridica di rango superiore, l’articolo 13 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, e con un accordo internazionale di cui l’Unione è parte; la categoria giuridica è chiusa e assoluta, e pertanto le ricorrenti non sono coinvolte dal punto di vista socio-economico, ma giuridico, in quanto esiste una sola, fondamentale, esenzione a favore dei costitutori, e non sono interessati diritti «analoghi».

Secondo motivo — Le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto laddove non si è pronunciato sulla questione se il legislatore dell’Unione fosse obbligato a tenere in particolare considerazione la situazione delle ricorrenti in base a disposizioni esplicite di norme giuridiche di rango superiore, e laddove il regolamento controverso obbliga le ricorrenti ad un rapporto contrattuale che contrasta con norme giuridiche di rango superiore, in particolare con l’articolo 13 della Carta dell’Unione.

Terzo motivo — Le ricorrenti sostengono che una dichiarazione di irricevibilità comporterebbe una lacuna nel sistema di tutela giurisdizionale dell’Unione, violando l’articolo 47 della Carta dell’Unione. Da un lato, il diritto dei costitutori di varietà vegetali deriva direttamente dal regolamento n. 2100/94, che costituisce l’attuazione da parte dell’Unione dell’articolo 13 della Carta dell’Unione e degli obblighi internazionali dell’Unione europea derivanti dalla Convenzione UPOV. Dall’altro lato, il regolamento contestato n. 511/2014 impone un obbligo di dovuta diligenza avente efficacia diretta, laddove il regolamento controverso è esso stesso l’attuazione del Protocollo di Nagoya, del quale l’Unione è una parte contraente. In entrambi i casi, non è assolutamente necessaria, né consentita ai sensi del diritto dell’Unione, alcuna attuazione, né da parte delle istituzioni dell’Unione (attraverso atti regolamentari dell’Unione), né da parte degli Stati membri nelle loro leggi nazionali. Di conseguenza, l’articolo 267 TFUE non può essere applicato ai fini di un controllo giurisdizionale, né saranno adottati atti regolamentari ai sensi dell’articolo 263, paragrafo 4, TFUE. Le ricorrenti sostengono che, nell’applicare i criteri di cui al punto 92 della sentenza Inuit (C-583/11 P), in cui il livello appropriato di controllo giurisdizionale è legato alla responsabilità dell’attuazione della misura contestata, si può concludere unicamente che, nel caso di specie, il ricorso diretto di cui all’articolo 263 TFUE è l’unica via procedurale disponibile ed appropriata per il controllo giurisdizionale.


(1)  GU L 150, pag. 59