11.5.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 155/16


Ricorso proposto il 12 marzo 2015 — Commissione europea/Repubblica portoghese

(Causa C-126/15)

(2015/C 155/18)

Lingua processuale: il portoghese

Parti

Ricorrente: Commissione europea (rappresentanti: G. Braga da Cruz e F. Tomat, agenti)

Convenuta: Repubblica portoghese

Conclusioni della ricorrente

La ricorrente chiede che la Corte voglia:

dichiarare che, assoggettando i pacchetti di sigarette già tassati e immessi in consumo in un determinato anno finanziario a un divieto di commercializzazione e di vendita al pubblico alla scadenza del periodo, eccessivamente breve, previsto nell’articolo 27 del decreto n. 1295/2007 del Ministero delle Finanze e dell’Amministrazione pubblica, la Repubblica portoghese è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 7 e 9, paragrafo 1, e 39, paragrafo 3, della direttiva 2008/118/CE (1), relativa al regime generale delle accise, nonché al principio di proporzionalità;

condannare la Repubblica portoghese alle spese.

Motivi e principali argomenti

1.

Articoli 7 e 9 della direttiva 2008/118/CE e principio di proporzionalità

Dall’articolo 7 della direttiva 2008/118/CE (in prosieguo: la «direttiva») emerge che l’accisa sui prodotti del tabacco è esigibile al momento dell'immissione in consumo, all’aliquota in vigore a tale data. Ai sensi dell’articolo 9 della direttiva, le condizioni di esigibilità e l'aliquota dell'accisa da applicare sono quelle in vigore alla data in cui l'accisa diviene esigibile. Una volta che i prodotti di cui trattasi sono stati immessi in consumo, la legislazione tributaria dell’UE non contiene alcuna disposizione che conferisca agli Stati membri la facoltà di applicare a tali prodotti, tenendo conto del momento della loro immissione in consumo, un’accisa ulteriore rispetto a quella dovuta o di limitare la loro distribuzione per motivi fiscali.

In Portogallo, conformemente al decreto n. 1295/2007 del Ministero delle Finanze e dell’Amministrazione pubblica (in prosieguo: il «decreto»), i pacchetti di sigarette recanti il contrassegno fiscale corrispondente a un determinato anno finanziario possono essere venduti e commercializzati solo sino alla scadenza del terzo mese dell’anno finanziario successivo a quello corrispondente al contrassegno fiscale apposto, vale a dire, l’anno di loro immissione in consumo. A titolo transitorio, e ai sensi del decreto, il termine per la vendita è stato fissato alla fine di maggio del 2008 per i pacchetti di sigarette recanti il contrassegno fiscale del 2007 e alla fine di aprile del 2009 per i prodotti muniti del contrassegno fiscale del 2008.

La Commissione conclude, pertanto, che la legislazione portoghese viola gli articoli 7 e 9, primo paragrafo, della direttiva, pur non escludendo la possibilità che la medesima legislazione sia giustificata da motivi di interesse pubblico.

Tuttavia, la Commissione ritiene che i motivi fatti valere dal Portogallo nella fase amministrativa del procedimento al fine di giustificare la normativa di cui trattasi (la prevenzione della frode e dell’evasione fiscale, la tutela della sanita pubblica, la lotta al commercio illecito di tabacco e la garanzia del gettito fiscale) non siano ammissibili, risultando violato il principio di proporzionalità.

2.

Articolo 39, paragrafo 3, della direttiva 2008/118/CE e principio di proporzionalità

L’articolo 39, paragrafo 3, della direttiva stabilisce che gli Stati membri provvedono affinché i contrassegni fiscali non creino ostacoli alla libera circolazione dei prodotti sottoposti ad accisa. Il divieto sancito nel decreto crea simili ostacoli, nel disporre che i pacchetti di sigarette su cui è apposto il contrassegno fiscale di un determinato anno finanziario possono essere venduti e commercializzati solo sino alla fine del terzo mese dell’anno finanziario successivo al quale corrisponde il contrassegno fiscale apposto. Il timore degli importatori di non riuscire ad esaurire le scorte che non possono essere vendute qualora l’aliquota di accisa sia stata modificata può dissuaderli dall’effettuare acquisti normali, in particolare quelli provenienti da altri Stati membri, e pregiudicare, in tal modo, il commercio a un livello che eccede quanto necessario per evitare, ad esempio, le immissioni in consumo eccessive prima dell’aumento di un’accisa.

La Commissione rileva, di conseguenza, che il divieto di vendita e di commercializzazione risultante dal decreto crea ostacoli alla libera circolazione delle merci ai sensi dell’articolo 39, paragrafo 3, della direttiva ed eccede quanto necessario per prevenire la frode, l’evasione o l’abuso. Pertanto, esso risulta altresì contrario all’articolo 39, paragrafo 3, della direttiva e al principio di proporzionalità.


(1)  Direttiva 2008/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa al regime generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE (GU L 9, pag. 12).