SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

21 dicembre 2016 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale — Reti e servizi di comunicazione elettronica — Direttiva 2002/22/CE — Servizio universale — Articoli 12 e 13 — Calcolo del costo degli obblighi di servizio universale — Articolo 32 — Compensazione dei costi relativi ai servizi obbligatori supplementari — Effetto diretto — Articolo 107, paragrafo 1, e articolo 108, paragrafo 3, TFUE — Servizi di sicurezza e soccorso marittimo garantiti in Danimarca e in Groenlandia — Normativa nazionale — Presentazione di una domanda di compensazione dei costi relativi ai servizi obbligatori supplementari — Termine di tre mesi — Principi di equivalenza e di effettività»

Nella causa C‑327/15,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Østre Landsret (Corte d’appello della regione orientale, Danimarca), con decisione del 26 giugno 2015, pervenuta in cancelleria il 2 luglio 2015, nel procedimento

TDC A/S

contro

Teleklagenævnet,

Erhvervs- og Vækstministeriet,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da M. Ilešič, presidente di sezione, A. Prechal, A. Rosas, C. Toader e E. Jarašiūnas (relatore), giudici,

avvocato generale: N. Wahl

cancelliere: C. Strömholm, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 1o giugno 2016,

considerate le osservazioni presentate:

per la TDC A/S, da O. Spiermann, advokat;

per il governo danese, da C. Thorning, in qualità di agente, assistito da J. Pinborg, advokat;

per la Commissione europea, da L. Nicolae, G. Conte e M. Clausen, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 32 della direttiva 2002/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (direttiva servizio universale) (GU 2002, L 108, pag. 51).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la TDC A/S, e, dall’altro, il Teleklagenævnet (commissione di ricorso in materia di telecomunicazioni, Danimarca) e l’Erhvervs- og Vækstministeriet (ministero dell’Impresa e della Crescita, Danimarca) in merito al rigetto di diverse domande di compensazione dei costi sostenuti dalla TDC per la fornitura di servizi obbligatori supplementari e di una domanda di deroga del termine previsto per presentare tali domande di compensazione.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

La direttiva «servizio universale»

3

I considerando 4, 18, 19, 21, 23, 25, e 26 della direttiva «servizio universale» così recitano:

«(4)

Il fatto di assicurare un servizio universale (…) può comportare la prestazione di determinati servizi a determinati utenti finali a prezzi che si discostano da quelli risultanti dalle normali condizioni di mercato. Tuttavia, il fatto di fornire un compenso alle imprese designate per fornire tali servizi in dette circostanze non deve tradursi in una distorsione di concorrenza, purché tali imprese ottengano un compenso per il costo netto specifico sostenuto e purché l’onere relativo a tale costo netto sia indennizzato in un modo che sia neutrale in termini di concorrenza.

(…)

(18)

Gli Stati membri, ove necessario, dovrebbero istituire meccanismi di finanziamento del costo netto derivante dagli obblighi di servizio universale qualora sia dimostrato che tali obblighi possono essere assunti solo in perdita o ad un costo netto superiore alle normali condizioni commerciali. Occorre vigilare affinché il costo netto derivante dagli obblighi di servizio universale sia correttamente calcolato, che l’eventuale finanziamento comporti distorsioni minime per il mercato e per gli organismi che vi operano e sia compatibile con il disposto degli articoli [107 e 108 TFUE].

(19)

Il calcolo del costo netto del servizio universale dovrebbe tenere in debita considerazione i costi e i ricavi nonché i vantaggi immateriali derivanti dalla fornitura del servizio universale, senza tuttavia compromettere l’obiettivo generale che consiste nel garantire che le strutture dei prezzi rispecchino i costi. I costi netti derivanti dagli obblighi di servizio universale dovrebbero essere calcolati in base a procedure trasparenti.

(…)

(21)

(…) I dispositivi di finanziamento dovrebbero garantire che i soggetti del mercato contribuiscano unicamente al finanziamento degli obblighi di servizio universale e non ad attività che non sono direttamente legate alla fornitura di tale servizio. (…)

(…)

(23)

Il costo netto degli obblighi di servizio universale può essere ripartito fra tutte le imprese o tra alcune categorie specifiche delle stesse. Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché il meccanismo di ripartizione rispetti i principi della trasparenza, della minima distorsione del mercato, della non discriminazione e della proporzionalità. Per “minima distorsione del mercato” si intende che i contributi dovrebbero essere riscossi in modo da ridurre al minimo l’impatto dell’onere finanziario che grava sugli utenti finali, per esempio ripartendo i contributi nel modo più ampio possibile.

(…)

(25)

(…) Gli Stati membri non sono autorizzati ad imporre agli attori presenti sul mercato contributi finanziari derivanti da misure che non rientrano negli obblighi di servizio universale. Ogni Stato membro è libero di imporre misure speciali non riconducibili ad obblighi di servizio universale e di finanziarle conformemente al diritto [dell’Unione], ma non tramite contributi prelevati dagli attori presenti sul mercato.

(26)

Una concorrenza più efficace sui mercati dell’accesso e dei servizi amplierà la scelta per gli utenti. Il livello di concorrenza e di scelta effettive varia all’interno del[l’Unione europea] e tra gli Stati membri, tra le regioni geografiche, nonché tra i diversi mercati dell’accesso e dei servizi. (…) Per ragioni di efficacia e per ragioni di carattere sociale, le tariffe praticate agli utenti finali dovrebbero rispecchiare le condizioni della domanda e dei costi, sempreché ciò non comporti distorsioni della concorrenza. (…) Per conseguire il duplice scopo di promuovere una concorrenza effettiva sui mercati e di perseguire obiettivi di interesse pubblico (…) si può ricorrere a strumenti regolamentari, quali i massimali tariffari, una perequazione geografica o altri strumenti analoghi, come pure a strumenti non regolamentari, quali raffronti di tariffe al dettaglio messi a disposizione del pubblico. L’accesso ad informazioni appropriate sui sistemi di contabilità dei costi è necessario per consentire alle autorità nazionali di regolamentazione di assolvere ai rispettivi compiti regolamentari nel settore, ivi comprese le misure di controllo delle tariffe (…)».

4

L’articolo 1 della direttiva «servizio universale», rubricato «Campo di applicazione e scopo», al suo paragrafo 2 così dispone:

«La presente direttiva stabilisce i diritti degli utenti finali e i corrispondenti obblighi delle imprese che forniscono reti e servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico. Quanto a garantire la fornitura del servizio universale in un contesto di mercati aperti e concorrenziali, la presente direttiva definisce l’insieme minimo di servizi di qualità specifica cui tutti gli utenti finali hanno accesso a prezzo abbordabile tenuto conto delle specifiche circostanze nazionali, senza distorsioni di concorrenza. (…)».

5

L’articolo 3, paragrafo 2, di tale direttiva, rubricato «Disponibilità del servizio universale», è formulato nei termini seguenti:

«Gli Stati membri determinano il metodo più efficace e adeguato per garantire l’attuazione del servizio universale, nel rispetto dei principi di obiettività, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità. Gli Stati membri mirano a limitare le distorsioni del mercato, in particolare la fornitura di servizi a prezzi o ad altre condizioni che divergano dalle normali condizioni commerciali, tutelando nel contempo l’interesse pubblico».

6

L’articolo 8 della direttiva «servizio universale», rubricato «Designazione delle imprese», al suo paragrafo 2 così prevede:

«Nel designare le imprese titolari di obblighi di servizio universale in tutto il territorio nazionale o in parte di esso, gli Stati membri applicano un sistema di designazione efficace, obiettivo, trasparente e non discriminatorio in cui nessuna impresa è esclusa a priori. Tale sistema di designazione garantisce che il servizio universale sia fornito secondo criteri di economicità e consenta di determinare il costo netto dell’obbligo di servizio universale conformemente all’articolo 12».

7

L’articolo 12 di tale direttiva, rubricato «Calcolo del costo degli obblighi di servizio universale», al suo paragrafo 1 così dispone:

«Allorché le autorità nazionali di regolamentazione ritengono che la fornitura del servizio universale di cui agli articoli da 3 a 10 possa comportare un onere eccessivo per le imprese designate a fornire tale servizio, esse calcolano i costi netti di tale fornitura.

A tal fine, le autorità nazionali di regolamentazione possono:

a)

procedere al calcolo del costo netto dell’obbligo di servizio universale, tenendo conto degli eventuali vantaggi commerciali derivanti all’impresa designata per la fornitura del servizio universale, in base alle modalità stabilite nell’allegato IV, parte A, oppure

b)

utilizzare i costi netti della fornitura del servizio universale individuati in base a un meccanismo di determinazione conforme all’articolo 8, paragrafo 2».

8

L’articolo 13 della direttiva «servizio universale», rubricato «Finanziamento degli obblighi di servizio universale», al suo paragrafo 1 dispone:

«Qualora, sulla base del calcolo del costo netto di cui all’articolo 12 le autorità nazionali di regolamentazione riscontrino che l’impresa stessa è soggetta ad un onere eccessivo, gli Stati membri decidono, previa richiesta di un’impresa designata:

a)

di introdurre un dispositivo inteso a indennizzare l’impresa per i costi netti così calcolati attingendo a fondi pubblici in condizioni di trasparenza, e/o

b)

di ripartire il costo netto degli obblighi di servizio universale tra i fornitori di reti e di servizi di comunicazione elettronica».

9

L’articolo 32 della direttiva «servizio universale», rubricato «Servizi obbligatori supplementari», recita quanto segue:

«Gli Stati membri possono decidere di rendere accessibili al pubblico, nel loro territorio nazionale, servizi supplementari rispetto ai servizi compresi negli obblighi di servizio universale definiti al capo II; in tal caso, tuttavia, non può essere prescritto un sistema di indennizzo che preveda la partecipazione di specifiche imprese».

10

L’allegato IV, parte A, della direttiva «servizio universale» prevede:

«(…)

(…) Ai fini del calcolo, il costo netto degli obblighi di servizio universale consiste nella differenza tra il costo netto delle operazioni di un’impresa designata quando è soggetta ad obblighi di servizio universale e il costo netto delle operazioni in assenza di tali obblighi. (…) Particolare attenzione va riservata alla corretta valutazione dei costi che le imprese designate avrebbero scelto di evitare se non fossero state soggette a tali obblighi. (…).

(…)».

11

L’allegato IV, parte B, della direttiva «servizio universale» prevede il meccanismo di recupero di eventuali costi netti derivanti dagli obblighi di servizio universale.

La direttiva 2002/21/CE

12

Ai sensi dell’articolo 2, lettera j), della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro) (GU 2002, L 108, pag.33), si intende per:

«“servizio universale”, un insieme minimo di servizi di una qualità determinata definiti nella [direttiva “servizio universale”], accessibili a tutti gli utenti a prescindere dalla loro ubicazione geografica e, tenuto conto delle condizioni nazionali specifiche, ad un prezzo ragionevole».

La decisione sull’associazione d’oltremare

13

La Groenlandia figurava nell’elenco dei paesi e territori d’oltremare (PTOM) dell’allegato I A della decisione 2001/822/CE del Consiglio, del 27 novembre 2001, relativa all’associazione dei paesi e territori d’oltremare alla Comunità europea («Decisione sull’associazione d’oltremare») (GU 2001, L 314, pag. 1).

La decisione 2012/21/UE

14

In conformità all’articolo 12 della decisione 2012/21/UE della Commissione, del 20 dicembre 2011, riguardante l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti di Stato sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico, concessi a determinate imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale (GU 2012, L 7, pag. 3), tale decisione è entrata in vigore il 31 gennaio 2012. Come risulta dalla decisione di rinvio, tenuto conto dell’epoca in cui sono avvenuti i fatti si può considerare che la controversia principale non sia disciplinata da detta decisione.

Diritto danese

15

La lov nr. 418 om konkurrence- og forbrugerforhold på telemarkedet (legge n. 418 relativa alla concorrenza e al consumo nel mercato delle telecomunicazioni), del 31 maggio 2000, come codificata dalla lovbekendtgørelse nr. 780 (legge di codificazione n. 780), del 28 giugno 2007 (in prosieguo: la «legge sulle telecomunicazioni»), in vigore all’epoca dei fatti del procedimento principale, conteneva le disposizioni che hanno trasposto la direttiva «servizio universale» nel diritto danese.

16

Dalla decisione di rinvio risulta che, ai sensi dell’articolo 20 della legge sulle telecomunicazioni, gli operatori del servizio universale designati in conformità di tale legge potevano essere risarciti per tutti i deficit debitamente giustificati legati alla fornitura dei servizi menzionati all’articolo 16 di detta legge e rientranti nell’obbligo di servizio universale posto a loro carico.

17

Come risulta dalla domanda di pronuncia pregiudiziale, la legge sulle telecomunicazioni non precisava cosa si dovesse intendere con l’espressione «tutti i deficit debitamente giustificati», ma dai lavori preparatori di tale legge risultava che un deficit relativo ai servizi di sicurezza e soccorso marittimo basati su frequenze radioelettriche (in prosieguo: «i servizi di sicurezza e soccorso marittimo») «doveva essere imputato a un’eventuale eccedenza a titolo della fornitura di altri servizi rientranti negli obblighi di servizio universale dell’impresa». Secondo la legge sulle telecomunicazioni, un eventuale deficit rimanente dopo la detrazione dell’eccedenza doveva essere coperto dagli operatori di mercato qualora fosse connesso alla prestazione di servizi rientranti nel capo II della direttiva «servizio universale», e dallo Stato qualora fosse connesso alla fornitura di servizi obbligatori supplementari, conformemente all’articolo 20 di tale legge.

18

Tali norme sono state riprese in termini sostanzialmente identici dalla lov nr. 169 om elektroniske kommunikationsnet og – tjenester (legge n. 169 relativa alle reti e ai servizi di comunicazione elettronica), del 3 marzo 2011. Tuttavia, in seguito a una lettera di diffida e a un parere motivato della Commissione europea, tale legge è stata modificata dalla lov nr. 250 (legge n. 250), del 31 marzo 2012, e prevede ora la possibilità di ottenere la copertura dei deficit registrati dopo il 1o aprile 2012 nel quadro dei servizi di sicurezza e soccorso marittimo senza detrazione dell’eccedenza realizzata a titolo di altri servizi rientranti nell’obbligo di servizio universale dell’impresa.

19

Il 26 giugno 2008 il ministero dell’Impresa e della Crescita ha adottato il bekendtgørelse nr. 701 om forsyningspligtydelser (decreto n. 701 sull’obbligo di servizio universale), il cui articolo 30 è formulato nei termini seguenti:

«Al momento della domanda di finanziamento del deficit in conformità dell’articolo 20 della legge relativa alla concorrenza e al consumo nel mercato delle telecomunicazioni (v. legge di codificazione n. 780 del 28 giugno 2007), l’operatore del servizio universale deve fornire all’IT‑ og Telestyrelsen [autorità nazionale delle tecnologie dell’informazione e delle telecomunicazioni] [divenuta Erhvervsstyrelsen, autorità danese per l’impresa] gli elementi relativi al suo deficit di un esercizio concluso (…).

Paragrafo 2. L’operatore del servizio universale deve presentare la sua domanda di finanziamento del deficit dell’esercizio precedente entro tre mesi dal termine di presentazione della relazione annuale all’Erhvervs- og Selskabsstyrelsen [direzione delle imprese industriali e commerciali e delle società] (…).

Paragrafo 3. L’[autorità nazionale delle tecnologie dell’informazione e delle telecomunicazioni] notifica entro i sei mesi successivi alla ricezione delle informazioni inviate dall’operatore di servizio universale e menzionate al paragrafo 1 un calcolo che stabilisce se l’operatore di servizio universale ha diritto al rimborso del deficit».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

20

Fino alla sua privatizzazione avvenuta nel 1997, la TDC, precedentemente denominata Tele Danmark A/S, era un’impresa di cui lo Stato danese era l’unico azionista. Essa è il principale operatore nel settore dei servizi di comunicazione elettronica in Danimarca.

21

Già prima della sua privatizzazione tale impresa era stata incaricata dallo Stato danese di garantire a titolo gratuito in Danimarca e in Groenlandia i servizi di sicurezza e soccorso marittimo che consentono alle navi di chiedere assistenza qualora si trovino in situazione di emergenza. Tale compito è stato mantenuto dopo la sua privatizzazione. La TDC rimane il principale operatore di telecomunicazioni in Danimarca, ove offre, su base volontaria, i servizi rientranti nel capo II della direttiva «servizio universale», segnatamente la telefonia di base. In quanto società designata a garantire un obbligo di servizio universale, è tenuta a offrire servizi di sicurezza e soccorso marittimo in Groenlandia, ove non esercita nessun’altra attività al di fuori di quella risultante dall’obbligo di servizio universale. Di fatto, i servizi di sicurezza e soccorso marittimo sono assicurati dalla Tele Greenland A/S, che appartiene alle autorità autonome della Groenlandia, e la TDC si limita a coprire i relativi costi.

22

In forza della normativa danese, la TDC non poteva ricevere dallo Stato una compensazione dei costi connessi alla fornitura dei servizi di sicurezza e soccorso marittimo in Danimarca e in Groenlandia quando essa realizzava, complessivamente, un’eccedenza nell’ambito della fornitura dei servizi rientranti negli obblighi di servizio universale e dei servizi obbligatori supplementari.

23

Fondandosi sulla direttiva «servizio universale», la TDC ha ripetutamente contestato la normativa danese, come interpretata dalle autorità danesi, che non le permetteva di ottenere la compensazione di detti costi. Nel corso del 2008, essa si è rivolta alla Commissione per chiederle di prendere posizione sulla questione della conformità della normativa danese alla direttiva «servizio universale». Dopo vari scambi di opinioni tra la Commissione, le autorità danesi e la TDC, la Commissione ha inviato al Regno di Danimarca una lettera di diffida e un parere motivato, rispettivamente, il 27 gennaio e il 29 settembre 2011.

24

Il regno di Danimarca ha quindi deciso di modificare la normativa danese in esame, che prevede ora una compensazione, da parte dello Stato, dei deficit registrati dopo il 1o aprile 2012 nell’ambito della fornitura dei servizi di sicurezza e soccorso marittimo senza detrazione dell’eccedenza realizzata a titolo di altri servizi rientranti nell’obbligo di servizio universale. Essa non produce tuttavia effetti per il periodo precedente al 1o aprile 2012.

25

Il 29 luglio 2011 la TDC ha richiesto, in base al diritto dell’Unione, la compensazione dei costi connessi alla fornitura dei servizi di sicurezza e soccorso marittimo sostenuti per il 2010. Il 26 settembre 2011 tale impresa ha presentato domande identiche per gli anni dal 2007 al 2009.

26

Parallelamente ai procedimenti avviati dinanzi alle autorità danesi relativi a tale compensazione, la TDC ha chiesto al ministero dell’Impresa e della Crescita di beneficiare di una deroga del termine previsto dall’articolo 30, paragrafo 2, del decreto n. 701 sull’obbligo di servizio universale, secondo il quale ogni domanda di compensazione deve essere presentata entro tre mesi dalla scadenza del termine di trasmissione della relazione annuale all’autorità competente. Tale impresa ha sostenuto di non avere richiesto tale compensazione entro i termini poiché all’epoca essa non aveva, secondo la normativa danese in esame, il diritto di farne richiesta.

27

Il 2 novembre 2011 il ministero dell’Impresa e della Crescita ha comunicato alla TDC il rigetto di tale domanda di deroga.

28

Il 24 novembre 2011 l’autorità danese per l’impresa ha respinto le domande della TDC volte alla compensazione dei costi con la motivazione che, da un lato, il credito relativo all’anno 2007 era prescritto e il termine entro il quale tale domanda poteva essere depositata per gli anni 2008 e 2009 era scaduto e, dall’altro, la normativa danese allora in vigore non consentiva di accogliere la domanda di compensazione relativa al 2010 senza che fosse detratta l’eccedenza proveniente dai servizi rientranti negli obblighi di servizio universale, ai sensi del capo II della direttiva «servizio universale».

29

La TDC ha impugnato tali decisioni di rigetto dinanzi alla commissione di ricorso in materia di telecomunicazioni, la quale ha confermato, con decisione del 17 settembre 2012, le decisioni di cui trattasi concernenti le domande di compensazione relative agli anni dal 2007 al 2009. Per quanto riguarda la domanda di compensazione relativa al 2007, tale commissione ha concluso che «la domanda era prescritta, in quanto il termine di prescrizione di tre anni degli eventuali diritti a compensazione della TDC iniziava a decorrere a partire dalla data in cui la TDC poteva stabilire l’importo definitivo dei suoi diritti e presentare la sua domanda». Per quanto riguarda le domande di compensazione per gli anni 2008 e 2009, detta commissione ha parimenti confermato la decisione di rigetto assunta dall’autorità danese per il motivo che tali domande erano state presentate dopo la scadenza del termine di tre mesi previsto dall’articolo 30, paragrafo 2, del decreto n. 701 sull’obbligo di servizio universale.

30

Quanto alla domanda di compensazione relativa al 2010, la commissione di ricorso in materia di telecomunicazioni ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte questioni interpretative della direttiva «servizio universale». Nella sentenza del 9 ottobre 2014, TDC (C‑222/13, EU:C:2014:2265), la Corte ha tuttavia dichiarato di non essere competente a rispondere, dal momento che tale autorità non aveva il potere di adire la Corte ai sensi dell’articolo 267 TFUE.

31

Parallelamente al procedimento dinanzi alla commissione di ricorso in materia di telecomunicazioni, il 13 novembre 2012 la TDC ha proposto, dinanzi al Københavns byret (Tribunale municipale di Copenhagen, Danimarca), un ricorso per il risarcimento del pregiudizio subito negli anni 2008 e 2009 per erronea trasposizione nel diritto danese della direttiva «servizio universale». La causa è stata in seguito rinviata dinanzi all’Østre Landsret (Corte d’appello della regione orientale, Danimarca).

32

La TDC ha inoltre proposto, dinanzi al Københavns byret (Tribunale municipale di Copenaghen), un ricorso volto all’annullamento della decisione del ministero dell’Impresa e della Crescita, del 2 novembre 2011, recante rigetto della sua domanda di deroga del termine, e della decisione della commissione di ricorso in materia di telecomunicazioni relativa agli anni dal 2007 al 2009. Tale causa è stata anch’essa rinviata dinanzi all’Østre Landsret (Corte d’appello della regione orientale), che nutre dubbi sull’interpretazione del diritto dell’Unione.

33

In tale contesto l’Østre Landsret (Corte d’appello della regione orientale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se la direttiva [“servizio universale”], in particolare l’articolo 32 della medesima, osti a che uno Stato membro introduca una disposizione secondo cui un’impresa non può chiedere allo Stato membro il rimborso specifico del costo netto derivante dalla prestazione di servizi obbligatori supplementari non rientranti nel capo II di tale direttiva, laddove i profitti dell’impresa derivanti da altri servizi compresi nel suo obbligo di servizio universale ai sensi del capo II della direttiva superino le perdite derivanti dalla prestazione dei servizi obbligatori supplementari.

2)

Se la direttiva relativa al servizio universale osti a che uno Stato membro introduca una disposizione in base alla quale le imprese possono chiedere il rimborso allo Stato membro dei costi netti derivanti dalla prestazione di servizi obbligatori supplementari non rientranti nel capo II della direttiva, esclusivamente nel caso in cui i costi netti costituiscano un onere eccessivo per le imprese.

3)

In caso di risposta negativa alla questione sub 2), se uno Stato membro possa stabilire che non sussiste un onere eccessivo derivante dalla prestazione di un servizio obbligatorio supplementare non rientrante nel capo II di tale direttiva, qualora l’impresa nel suo complesso abbia conseguito profitti dalla prestazione di tutti i servizi per cui sussiste l’obbligo di servizio universale, compresa la prestazione di servizi che l’impresa avrebbe prestato anche senza l’obbligo di servizio universale.

4)

Se la direttiva relativa al servizio universale osti a che uno Stato membro introduca una disposizione secondo cui i costi netti di un’impresa designata, collegati alla prestazione di servizi universali ai sensi del capo II della direttiva, sono calcolati come differenza tra le entrate complessive e i costi complessivi collegati alla prestazione del servizio di cui trattasi, compresi i profitti e i costi che l’impresa avrebbe avuto anche senza l’obbligo di servizio universale.

5)

Qualora le disposizioni nazionali di cui trattasi (v. questioni da 1 a 4) si applichino a un servizio obbligatorio supplementare che dev’essere fornito non soltanto in Danimarca, bensì in Danimarca e in Groenlandia, la quale, in forza dell’allegato II del TFUE, è un paese o territorio d’oltremare, se le risposte alle questioni da 1 a 4 valgano anche per quella parte dell’obbligo relativo alla Groenlandia, laddove tale obbligo è imposto dalle autorità danesi a un’impresa stabilita in Danimarca e che non svolge nessun’altra attività in Groenlandia.

6)

Che rilevanza abbiano per la risposta alle questioni da 1 a 5 l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE e l’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, nonché la decisione [2012/21].

7)

Che rilevanza abbia per la risposta alle questioni da 1 a 5 il principio della minor distorsione di concorrenza possibile contenuto, tra l’altro, nell’articolo 1, paragrafo 2, nell’articolo 3, paragrafo 2, e nei considerando 4, 18, 23 e 26, nonché nell’allegato IV, parte B, della direttiva sul servizio universale.

8)

Qualora le disposizioni della direttiva sul servizio universale ostino a normative nazionali del tipo di quelle menzionate nelle questioni 1, 2 e 4, se tali disposizioni o preclusioni abbiano effetto diretto.

9)

Quali circostanze più dettagliate debbano essere prese in considerazione nel valutare se un termine nazionale di presentazione delle domande, come descritto [nella domanda di pronuncia pregiudiziale], nonché la sua applicazione, siano conformi ai principi di leale cooperazione, di equivalenza e di effettività del diritto dell’Unione».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima, sesta e settima questione

34

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le disposizioni della direttiva «servizio universale» e, segnatamente, l’articolo 32 della medesima, debbano essere interpretate nel senso che ostano a una normativa nazionale in forza della quale un’impresa non ha diritto alla compensazione da parte dello Stato membro del costo netto della fornitura di un servizio obbligatorio supplementare, quando l’eccedenza realizzata da tale impresa a titolo di altri servizi rientranti nei suoi obblighi di servizio universale è superiore al deficit connesso alla fornitura di tale servizio obbligatorio supplementare.

35

In tale contesto, con le questioni sesta e settima il giudice del rinvio si interroga, in sostanza, sull’incidenza, per l’interpretazione di tale disposizione, delle norme dell’Unione relative agli aiuti di Stato derivanti dall’articolo 107, paragrafo 1, e dall’articolo 108, paragrafo 3, TFUE.

36

Dato che le norme dell’Unione relative agli aiuti di Stato cui fa riferimento il giudice del rinvio nella sesta e nella settima questione sono applicabili all’attuazione degli obblighi derivanti dalla direttiva «servizio universale» e, segnatamente, ai meccanismi di compensazione del servizio universale e dei servizi obbligatori supplementari, è opportuno trattare queste due questioni insieme alla prima.

37

Occorre rilevare, anzitutto, che la direttiva «servizio universale» definisce due insiemi di servizi che gli Stati membri possono affidare ad imprese designate, ossia, da un lato, i servizi rientranti negli obblighi di servizio universale di cui al capo II di tale direttiva e, dall’altro, i servizi specifici di cui all’articolo 32 della direttiva medesima.

38

Quanto ai servizi rientranti negli obblighi di servizio universale, si deve rilevare che, secondo l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva «servizio universale», l’oggetto di tale direttiva è quello di definire, come prevede l’articolo 2, lettera j), della direttiva 2002/21, l’insieme minimo di servizi di qualità specifica cui tutti gli utenti finali hanno accesso a prezzo abbordabile tenuto conto delle specifiche circostanze nazionali, senza distorsioni di concorrenza. Tale insieme minimo di servizi universali è definito nel capo II della direttiva «servizio universale».

39

Gli articoli 12 e 13 di tale direttiva e l’allegato IV, parte A, della stessa contengono norme che disciplinano i meccanismi di calcolo del costo netto degli obblighi di servizio universale rientranti nel capo II della richiamata direttiva e di finanziamento di tali obblighi.

40

Per quanto riguarda i servizi specifici che non rientrano negli obblighi di servizio universale, l’articolo 32 della direttiva «servizio universale» prevede che gli Stati membri possano decidere di rendere accessibili al pubblico, nel loro territorio nazionale, servizi obbligatori supplementari; in tal caso, tuttavia, non può essere prescritto un sistema di indennizzo che preveda la partecipazione di specifiche imprese.

41

Inoltre, occorre constatare che, a differenza del servizio universale rientrante nel capo II della direttiva «servizio universale», l’articolo 32 della medesima non prevede alcun sistema di indennizzo per i servizi obbligatori supplementari, limitandosi a disporre che per tali servizi non può essere prescritto un sistema di finanziamento che preveda la partecipazione di specifiche imprese. Di conseguenza, il meccanismo di finanziamento di cui all’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), della direttiva «servizio universale», che consente tale partecipazione, non può essere esteso a siffatti servizi (v. sentenza dell’11 giugno 2015, Base Company e Mobistar, C‑1/14, EU:C:2015:378, punto 41).

42

Nel caso di specie, come è stato ricordato al punto 17 della presente sentenza, la normativa danese prevedeva che un eventuale deficit dovesse essere coperto dallo Stato qualora fosse connesso alla fornitura di servizi obbligatori supplementari, ma che dovesse tuttavia essere imputato a un’eventuale eccedenza a titolo della fornitura di altri servizi rientranti negli obblighi di servizio universale dell’impresa.

43

Dall’articolo 32 della direttiva «servizio universale» discende tuttavia che l’impresa designata come fornitrice di un servizio obbligatorio supplementare non può essere costretta a sopportare il costo connesso alla fornitura di tale servizio. Infatti, tale disposizione dispone che non è possibile fare ricorso a un sistema di indennizzo che implichi la partecipazione di specifiche imprese.

44

Occorre aggiungere, per quanto riguarda tale sistema di indennizzo, che dalle norme che disciplinano i meccanismi di calcolo del costo netto degli obblighi di servizio universale e di finanziamento di tali obblighi previsti dalla direttiva «servizio universale» risulta che è necessaria una contabilità separata per le attività rientranti nel servizio universale e per quelle relative ad altri tipi di servizi, tra i quali si annoverano i servizi obbligatori supplementari.

45

Infatti, i considerando 21 e 25 della direttiva «servizio universale» enunciano, segnatamente, che, da un lato, i dispositivi di finanziamento devono garantire che i soggetti del mercato contribuiscano unicamente al finanziamento degli obblighi di servizio universale e non ad attività che non sono direttamente legate alla fornitura di tale servizio e, dall’altro, gli Stati membri non sono autorizzati ad imporre agli attori presenti sul mercato contributi finanziari derivanti da misure che non rientrano negli obblighi di servizio universale. I considerando 4 e 18 di tale direttiva indicano inoltre, in sostanza, che gli Stati membri devono garantire che le imprese designate ottengano un compenso per il costo netto «specifico sostenuto» per la fornitura del servizio universale.

46

Così, secondo gli articoli 12 e 13 della direttiva «servizio universale», per determinare l’importo dell’indennizzo eventualmente dovuto a un’impresa designata a fornire un servizio universale, occorre, in un primo momento, calcolare il costo netto dell’obbligo di servizio universale per l’impresa designata quale fornitore e in seguito, qualora le autorità nazionali di regolamentazione riscontrino che l’impresa è soggetta a un onere eccessivo, tali autorità decidono di introdurre un meccanismo inteso a indennizzare detta impresa per i costi netti così come sono stati calcolati, in condizioni di trasparenza e attingendo ai fondi pubblici, e/o di ripartire il costo netto degli obblighi di servizio universale tra i fornitori di reti e di servizi di comunicazione elettronica (v. sentenza del 6 ottobre 2015, T-Mobile Czech Republic e Vodafone Czech Republic, C‑508/14, EU:C:2015:657, punto 33).

47

Ne deriva che, ai fini dell’indennizzo, è necessario distinguere tra il costo netto degli obblighi di servizio universale e il costo netto dei servizi obbligatori supplementari che non rientrano nel capo II di tale direttiva.

48

Di conseguenza, i meccanismi di compensazione previsti dalla direttiva «servizio universale» relativi, da un lato, al servizio universale e, dall’altro, ai servizi obbligatori supplementari sono indipendenti gli uni dagli altri e, pertanto, i costi netti sostenuti per ciascuno di tali servizi devono essere oggetto di una contabilità separata in modo da garantire che i ricavi ottenuti nell’ambito del servizio universale non rientrino nel calcolo del costo netto del servizio obbligatorio supplementare e non determinino la concessione dell’indennizzo dovuto per la prestazione di quest’ultimo servizio.

49

Infine, occorre sottolineare che il requisito di una contabilità separata non contribuisce solamente alla trasparenza della procedura di finanziamento degli obblighi di servizio universale, conformemente al considerando 19 della direttiva «servizio universale», ma consente anche di garantire che il finanziamento del servizio universale venga realizzato in un modo neutrale in termini di concorrenza. Un siffatto requisito assicura anche, in conformità del considerando 18 della direttiva «servizio universale», che il finanziamento del servizio universale e dei servizi obbligatori supplementari rispetti le norme dell’Unione sugli aiuti di Stato.

50

Infatti, la fornitura di un servizio obbligatorio supplementare rientra, al pari del servizio universale, nei servizi di interesse economico generale ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE.

51

Orbene, le compensazioni concesse dagli Stati membri per la prestazione di un servizio di interesse economico generale sono soggette al rispetto delle regole fissate dal legislatore dell’Unione agli articoli 107 e 108 TFUE.

52

Così, affinché, in un caso concreto, una compensazione di tal genere possa sottrarsi alla qualificazione come aiuto di Stato, devono ricorrere taluni presupposti (sentenza del 24 luglio 2003, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg, C‑280/00, EU:C:2003:415, punto 88).

53

In primo luogo, l’impresa beneficiaria di tale compensazione deve essere effettivamente incaricata dell’adempimento di obblighi di servizio pubblico e detti obblighi devono essere definiti in modo chiaro. In secondo luogo, i parametri sulla base dei quali viene calcolata la compensazione devono essere previamente definiti in modo obiettivo e trasparente, al fine di evitare che essa comporti un vantaggio economico atto a favorire l’impresa beneficiaria rispetto a imprese concorrenti. In terzo luogo, la compensazione non può eccedere quanto necessario per coprire la totalità o una parte dei costi originati dall’adempimento degli obblighi di servizio pubblico, tenendo conto dei relativi ricavi nonché di un margine di utile ragionevole per il suddetto adempimento. In quarto luogo, detta compensazione deve essere determinata sulla base di un’analisi dei costi che un’impresa media, gestita in modo efficiente e adeguatamente dotata dei mezzi necessari al fine di poter soddisfare le esigenze di servizio pubblico richieste, avrebbe dovuto sopportare per adempiere tali obblighi, tenendo conto dei relativi introiti nonché di un margine di utile ragionevole per l’adempimento di detti obblighi (sentenze del 24 luglio 2003, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg, C‑280/00, EU:C:2003:415, punti 89, 90, 92, e 93, e del 10 giugno 2010, Fallimento Traghetti del Mediterraneo, C‑140/09, EU:C:2010:335, punti da 37 a 40).

54

Occorre inoltre osservare che l’adempimento di un obbligo di mantenere una contabilità separata consente di evitare che vengano presi in considerazione due volte i ricavi realizzati dall’impresa a titolo dei suoi obblighi di servizio universale, da un lato, ai fini del calcolo del costo netto dell’obbligo di servizio universale e, di conseguenza, della compensazione concessa a tale titolo e, dall’altro, ai fini del calcolo del costo netto del servizio obbligatorio supplementare e, di conseguenza, della concessione della compensazione versata per tale servizio obbligatorio supplementare. Una tale prassi equivale infatti a far ricadere sull’impresa fornitrice il costo del servizio obbligatorio supplementare, il che risulta in contrasto con i termini stessi dell’articolo 32 della direttiva «servizio universale».

55

Ne consegue che un meccanismo di compensazione dei servizi obbligatori supplementari che prenda in considerazione l’insieme dei ricavi realizzati dall’impresa designata nel quadro di altri servizi rientranti nei suoi obblighi di servizio universale è contrario alla direttiva «servizio universale».

56

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima, alla sesta e alla settima questione che le disposizioni della direttiva «servizio universale», segnatamente l’articolo 32 della medesima, devono essere interpretate nel senso che ostano a una normativa nazionale che stabilisce un meccanismo di compensazione per la fornitura di servizi obbligatori supplementari in forza del quale un’impresa non ha diritto alla compensazione da parte dello Stato membro del costo netto della fornitura di un servizio obbligatorio supplementare, quando l’eccedenza realizzata da tale impresa a titolo di altri servizi rientranti nei suoi obblighi di servizio universale è superiore al deficit connesso alla fornitura di tale servizio obbligatorio supplementare.

Sulla seconda questione

57

Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva «servizio universale» debba essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale in forza della quale un’impresa designata come fornitore di servizi obbligatori supplementari ha diritto alla compensazione da parte dello Stato membro del costo netto della fornitura di tali servizi solo nel caso in cui tale costo costituisca un onere eccessivo per tale impresa.

58

Come è stato ricordato al punto 46 della presente sentenza, una condizione relativa a un onere eccessivo per il pagamento di un indennizzo da parte dello Stato membro è prevista dalle disposizioni della direttiva «servizio universale» concernenti gli obblighi di servizio universale.

59

L’articolo 12, paragrafo 1, primo comma, della direttiva «servizio universale» prevede infatti che, allorché le autorità nazionali di regolamentazione ritengono che la fornitura del servizio universale di cui agli articoli da 3 a 10 di tale direttiva possa comportare un onere eccessivo per le imprese designate a fornire tale servizio, esse calcolano i costi netti di tale fornitura.

60

Tuttavia, le disposizioni della direttiva «servizio universale» concernenti i meccanismi di calcolo del costo netto degli obblighi di servizio universale nonché il finanziamento di tali obblighi e. segnatamente, l’articolo 12, paragrafo 1, di tale direttiva, non si applicano alla fornitura di servizi obbligatori supplementari.

61

Inoltre, come è stato rilevato al punto 43 della presente sentenza, dall’articolo 32 della direttiva «servizio universale» discende che l’impresa designata quale fornitrice di un servizio obbligatorio supplementare non deve sopportare il costo connesso alla fornitura di tale servizio.

62

Orbene, una normativa nazionale in forza della quale un’impresa designata come fornitore dei servizi obbligatori supplementari ha diritto alla compensazione da parte dello Stato membro del costo netto della fornitura di tali servizi solo nel caso in cui tale costo rappresenti un onere eccessivo per tale impresa, non esclude che l’impresa interessata debba sopportare essa stessa la totalità o una parte dei costi di detti servizi.

63

Di conseguenza, subordinare il pagamento di un indennizzo da parte dello Stato membro alla condizione che il costo netto della fornitura dei servizi obbligatori supplementari costituisca un onere eccessivo per l’impresa designata è contrario all’articolo 32 della direttiva «servizio universale».

64

Inoltre, come sostiene la Commissione, se fosse consentito subordinare il versamento di una compensazione per la fornitura di servizi obbligatori supplementari al rispetto di requisiti identici a quelli enunciati al capo II della direttiva «servizio universale», ciò equivarrebbe a consentire agli Stati membri di estendere unilateralmente il campo di applicazione delle norme relative all’obbligo di servizio universale ai servizi obbligatori supplementari, il che sarebbe contrario all’obiettivo di tale direttiva, definito all’articolo 1, paragrafo 2, della stessa e consistente nel definire l’insieme minimo di servizi di qualità specifica ai quali tutti gli utenti finali dell’Unione devono avere accesso.

65

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda questione che la direttiva «servizio universale» deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale in forza della quale un’impresa designata come fornitore di servizi obbligatori supplementari ha diritto alla compensazione da parte dello Sato membro del costo netto della fornitura di tali servizi solo nel caso in cui tale costo costituisca un onere eccessivo per tale impresa.

Sulla terza questione

66

Alla luce della risposta fornita alla seconda questione, non occorre rispondere alla terza questione.

Sulla quarta questione

67

Con la sua quarta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva «servizio universale» debba essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale in forza della quale il costo netto sopportato da un’impresa designata per adempiere all’obbligo di servizio universale risulta dalla differenza tra l’insieme dei ricavi e l’insieme dei costi connessi alla fornitura del servizio in esame, ivi compresi i ricavi e i costi che l’impresa avrebbe comunque registrato anche se non fosse stata operatore di servizio universale.

68

A tale riguardo, occorre ricordare che le autorità nazionali di regolamentazione devono determinare e calcolare il costo netto dell’obbligo di servizio universale conformemente all’articolo 12 della direttiva «servizio universale» e all’allegato IV, parte A, di tale direttiva.

69

Ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, secondo comma, lettere a) e b), della direttiva «servizio universale», allorché le autorità nazionali di regolamentazione calcolano i costi netti dell’obbligo di servizio universale, tengono conto degli eventuali vantaggi commerciali derivanti all’impresa designata per la fornitura del servizio universale, in base alle modalità stabilite nell’allegato IV, parte A, di tale direttiva, oppure utilizzano i costi netti della fornitura del servizio universale individuati in base a un meccanismo di determinazione conforme all’articolo 8, paragrafo 2, di tale direttiva. Quest’ultima disposizione prevede che i sistemi di designazione garantiscano che il servizio universale sia fornito secondo criteri di economicità e consenta di determinare il costo netto dell’obbligo di servizio universale conformemente all’articolo 12 della richiamata direttiva.

70

Per quanto concerne l’allegato IV, parte A, secondo comma, della direttiva «servizio universale», esso prevede che il costo netto dell’obbligo di servizio universale consiste nella differenza tra il costo netto sopportato da un’impresa designata quando è soggetta ad obblighi di servizio universale e il costo netto delle operazioni in assenza di tali obblighi.

71

Dall’insieme delle richiamate disposizioni risulta che il costo netto della fornitura del servizio universale consiste nella differenza tra il costo netto sopportato da un’impresa designata quando essa fornisce un servizio universale e quando non lo fornisce. Di conseguenza, il costo netto della fornitura di un servizio universale non può derivare dalla differenza tra il totale dei ricavi e il totale dei costi connessi a detta fornitura.

72

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla quarta questione che la direttiva «servizio universale» deve essere intrepretata nel senso che osta a una normativa nazionale in forza della quale il costo netto sopportato da un’impresa designata per adempiere un obbligo di servizio universale risulta dalla differenza tra il totale dei ricavi e il totale dei costi connessi alla fornitura del servizio di cui trattasi, ivi compresi i ricavi e i costi che l’impresa avrebbe comunque registrato se non fosse stata operatore di servizio universale.

Sulla quinta questione

73

Con la sua quinta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, il fatto che l’impresa incaricata di un sevizio obbligatorio supplementare ai sensi dell’articolo 32 della direttiva «servizio universale» fornisca tale servizio non soltanto nel territorio della Danimarca, ma anche in quello della Groenlandia, incida sull’interpretazione delle disposizioni di tale direttiva.

74

In via preliminare, è necessario ricordare che l’articolo 52 TUE, al primo comma, dispone che i trattati si applicano agli Stati membri e, al secondo comma, che il campo di applicazione territoriale di tali trattati è precisato all’articolo 355 TFUE.

75

L’articolo 355, punto 2, TFUE dispone che i PTOM, il cui elenco figura nell’allegato II del Trattato FUE, costituiscono l’oggetto dello speciale regime di associazione definito nella quarta parte di tale Trattato, cioè gli articoli da 198 a 203 TFUE, le cui modalità e procedure sono stabilite, conformemente all’articolo 203 TFUE, da disposizioni adottate dal Consiglio dell’Unione europea.

76

Orbene, è necessario constatare che la Groenlandia figura in tale elenco e, per questo, ai sensi dell’articolo 204 TFUE, costituisce oggetto di tale regime speciale disciplinato dalle disposizioni degli articoli da 198 a 203 TFUE, fatte salve le disposizioni specifiche per la Groenlandia contenute nel protocollo n. 34 concernente il regime particolare applicabile alla Groenlandia, allegato ai trattati.

77

La Corte ha già dichiarato in proposito che l’esistenza di un regime speciale di associazione tra l’Unione e i PTOM ha come conseguenza che le disposizioni generali del Trattato FUE, ovvero quelle che non figurano nella quarta parte di tale Trattato, non sono applicabili ai PTOM senza espresso riferimento (v., in tal senso, sentenze del 28 gennaio 1999, van der Kooy, C‑181/97, EU:C:1999:32, punti 3637, e del 5 giugno 2014, X e TBG, C‑24/12 et C‑27/12, EU:C:2014:1385, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

78

Nel caso di specie, occorre ricordare che le questioni dalla prima alla quarta poste dal giudice del rinvio vertono sull’interpretazione delle disposizioni della direttiva «servizio universale», avente come base giuridica l’articolo 114 TFUE.

79

Orbene, né la quarta parte del Trattato FUE né la decisione sull’associazione d’oltremare, adottata in forza di tale parte del Trattato, fanno riferimento all’articolo 114 TFUE.

80

In tale contesto, occorre dichiarare che le disposizioni della direttiva «servizio universale» non sono applicabili alla Groenlandia.

81

Pertanto, poiché la TDC è stata designata dallo Stato danese per garantire i servizi di sicurezza e soccorso marittimo, il fatto che tale impresa sia incaricata di assicurare la fornitura di detti servizi sia in Danimarca sia in Groenlandia non incide sull’interpretazione delle disposizioni della direttiva «servizio universale».

82

Alla luce delle considerazioni precedenti, occorre rispondere alla quinta questione che, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, il fatto che l’impresa incaricata di un servizio obbligatorio supplementare ai sensi dell’articolo 32 della direttiva «servizio universale» fornisca tale servizio non solo nel territorio della Danimarca, ma anche in quello della Groenlandia, non incide sull’interpretazione delle disposizioni di tale direttiva.

Sull’ottava questione

83

Con la sua ottava questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 32 della direttiva «servizio universale» debba essere interpretato nel senso che ha un effetto diretto.

84

Da una costante giurisprudenza della Corte risulta che, in tutti i casi in cui le disposizioni di una direttiva appaiono, dal punto di vista del loro contenuto, incondizionate e sufficientemente precise, i singoli sono legittimati a farle valere dinanzi ai giudici nazionali nei confronti dello Stato membro, vuoi qualora esso abbia omesso di trasporre la direttiva nel diritto nazionale entro i termini, vuoi qualora l’abbia recepita in modo non corretto (sentenze del 24 gennaio 2012, Dominguez, C‑282/10, EU:C:2012:33, punto 33 e giurisprudenza ivi citata, e del 6 ottobre 2015, T-Mobile Czech Republic e Vodafone Czech Republic, C‑508/14, EU:C:2015:657, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).

85

A tale riguardo, l’articolo 32 della direttiva «servizio universale» vieta agli Stati membri di far sopportare la totalità o una parte dei costi connessi alla fornitura di servizi obbligatori supplementari alle imprese del settore tra le quali figura l’impresa designata.

86

I termini di tale disposizione sono sufficientemente precisi e incondizionati per avere, per quanto concerne tale divieto, un effetto diretto.

87

Pertanto, occorre rispondere all’ottava questione che l’articolo 32 della direttiva «servizio universale» deve essere interpretato nel senso che ha un effetto diretto, in quanto vieta agli Stati membri di far sopportare all’impresa incaricata della fornitura di un servizio obbligatorio supplementare la totalità o una parte dei costi connessi a tale fornitura.

Sulla nona questione

88

Con la sua nona questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se i principi di lealtà, di equivalenza e di effettività debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che assoggetta la presentazione, da parte dell’operatore incaricato di un servizio universale, delle domande di compensazione del deficit dell’esercizio precedente a un termine di tre mesi a decorrere dalla scadenza del termine imposto a tale operatore per comunicare una relazione annuale all’autorità nazionale competente.

89

A tale riguardo occorre rilevare che un tale termine costituisce una modalità procedurale per la presentazione di una domanda destinata a garantire l’esercizio di un diritto conferito all’interessato dal diritto dell’Unione, ossia il diritto alla compensazione per la fornitura di un servizio universale.

90

In mancanza di norme dettate dal diritto dell’Unione riguardanti le modalità procedurali relative alla presentazione e all’esame di una domanda di compensazione del deficit dell’esercizio di un servizio universale applicabili in Danimarca, spetta all’ordinamento giuridico interno di tale Stato membro, in osservanza del principio di leale cooperazione ormai sancito dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE, disciplinare tali modalità, garantendo nel contempo che dette modalità, da un lato, non siano meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe assoggettate al diritto interno (principio di equivalenza) e, dall’altro, non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (v., in tal senso, sentenze del 27 giugno 2013, Agrokonsulting, C‑93/12, EU:C:2013:432, punto 36 e giurisprudenza ivi citata, e del 20 ottobre 2016, Danqua, C‑429/15, EU:C:2016:789, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

91

Occorre esaminare la nona questione posta dal giudice del rinvio alla luce di questi due principi.

92

Per quanto riguarda il principio di equivalenza, occorre rammentare che il rispetto di tale principio presuppone che la norma nazionale si applichi indistintamente ai procedimenti fondati sul diritto dell’Unione e a quelli fondati sul diritto nazionale (sentenza del 20 ottobre 2016, Danqua, C‑429/15, EU:C:2016:789, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

93

Al fine di verificare se il principio di equivalenza sia rispettato nel procedimento principale, spetta al giudice nazionale, unico a disporre di conoscenza diretta delle modalità procedurali destinate a garantire, nel diritto interno, la tutela dei diritti attribuiti ai singoli dal diritto dell’Unione, verificare se queste ultime siano conformi a tale principio (v., in tal senso, sentenza dell’8 settembre 2011, Rosado Santana, C‑177/10, EU:C:2011:557, punto 90 e giurisprudenza ivi citata).

94

Secondo il governo danese, nel procedimento principale il termine previsto all’articolo 30, paragrafo 2, del decreto n. 701 sull’obbligo di servizio universale costituisce un termine generale previsto per tutti i fornitori di servizio universale, che si applica indifferentemente alle pretese di compensazione fondate sul diritto danese o sul diritto dell’Unione. Per contro, la TDC sostiene, in sostanza, che tale termine è stato introdotto solo per la presentazione delle domande di compensazione del deficit dei servizi obbligatori supplementari.

95

Alla luce di tali divergenze, spetterà al giudice del rinvio verificare se il termine previsto dall’articolo 30, paragrafo 2, del decreto n. 701 sull’obbligo di servizio universale sia meno favorevole di quello previsto nel diritto nazionale per una domanda analoga.

96

Per quanto riguarda il principio di effettività, come ricordato al punto 90 della presente sentenza, una norma procedurale nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, non deve rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione.

97

A tal riguardo, occorre ricordare che la Corte ha già dichiarato che ciascun caso in cui si pone la questione se una norma procedurale nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile l’applicazione del diritto dell’Unione dev’essere esaminato tenendo conto del ruolo di detta norma nell’insieme del procedimento, dello svolgimento e delle peculiarità dello stesso, dinanzi ai vari organi giurisdizionali nazionali. Sotto tale profilo si devono considerare segnatamente, se necessario, la tutela dei diritti della difesa, il principio della certezza del diritto e il regolare svolgimento del procedimento (v., in tal senso, sentenze dell’8 luglio 2010, Bulicke, C‑246/09, EU:C:2010:418, punto 35 e giurisprudenza ivi citata; dell’8 settembre 2011, Rosado Santana, C‑177/10, EU:C:2011:557, punto 92, e del 20 ottobre 2016, Danqua, C‑429/15, EU:C:2016:789, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

98

Per giurisprudenza costante, la fissazione dei termini di decadenza soddisfa, in linea di principio, l’esigenza di effettività dal momento che essa configura un’applicazione del principio fondamentale della certezza del diritto a tutela sia dell’interessato sia dell’amministrazione di cui trattasi. Infatti, termini del genere non sono tali da rendere, in linea di principio, praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti attribuiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione. Spetta tuttavia agli Stati membri determinare, per le normative nazionali che rientrano nella sfera d’applicazione del diritto dell’Unione, termini in funzione, segnatamente, della rilevanza che le decisioni da adottare rivestono per gli interessati, della complessità dei procedimenti e della legislazione da applicare, del numero di soggetti che possono essere coinvolti e degli altri interessi pubblici o privati che devono essere presi in considerazione. Nel rispetto di tale condizione, gli Stati membri restano liberi di prevedere termini più o meno lunghi (v., in tal senso, sentenze del 15 aprile 2010, Barth, C‑542/08, EU:C:2010:193, punto 28 e giurisprudenza ivi citata; dell’8 luglio 2010, Bulicke, C‑246/09, EU:C:2010:418, punto 36 e giurisprudenza ivi citata, e del 20 ottobre 2016, Danqua, C‑429/15, EU:C:2016:789, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

99

A tale riguardo, una norma nazionale che prevede un termine di tre mesi a decorrere dalla scadenza del termine imposto a un operatore per comunicare una relazione annuale all’autorità nazionale competente per la presentazione della domanda di compensazione del deficit dell’esercizio precedente, non risulta, a prima vista, contraria al principio di effettività.

100

La TDC ritiene, tuttavia, che la situazione di cui al procedimento principale sia paragonabile a quella oggetto della causa che ha dato origine alla sentenza del 25 luglio 1991, Emmott (C‑208/90, EU:C:1991:333), poiché il diritto danese nonché la sua interpretazione da parte delle autorità danesi competenti non le offrivano alcuna possibilità di beneficiare della compensazione del deficit derivante dai servizi di sicurezza e soccorso marittimo. Essa sottolinea che, alla data dell’adozione del decreto n. 701 sull’obbligo di servizio universale che prevede un termine di tre mesi per la presentazione di una domanda di compensazione, tali autorità erano consapevoli dell’errata trasposizione nel diritto danese della direttiva «servizio universale».

101

Il governo danese afferma, dal canto suo, che non era né impossibile né eccessivamente difficile per la TDC presentare una domanda di compensazione e, in tale contesto, far valere che tale domanda si fondava direttamente sulle disposizioni della direttiva «servizio universale». A suo parere, ciò è confermato dal fatto che la TDC ha presentato la sua domanda di compensazione per il 2010 nel termine impartito e ha fatto valere il suo diritto a compensazione dinanzi ai giudici nazionali. Tale governo ritiene, di conseguenza, che le circostanze del procedimento principale non siano paragonabili a quelle che hanno dato origine alla sentenza del 25 luglio 1991, Emmott (C‑208/90, EU:C:1991:333).

102

A tale riguardo, occorre rilevare che, certamente, la Corte ha dichiarato che, fino alla data della corretta trasposizione di una direttiva, lo Stato membro inadempiente non può eccepire la tardività di un’azione giudiziaria avviata nei suoi confronti da un singolo al fine della tutela dei diritti che ad esso riconoscono le disposizioni di detta direttiva e che un termine di ricorso di diritto nazionale può cominciare a decorrere solo da tale data (v. sentenza del 25 luglio 1991, Emmott, C‑208/90, EU:C:1991:333, punto 23).

103

Tuttavia, secondo una giurisprudenza costante della Corte successiva alla sentenza del 25 luglio 1991, Emmott (C‑208/90, EU:C:1991:333), la Corte ha riconosciuto che lo Stato membro inadempiente potesse opporre la decadenza ad un’azione giudiziaria anche qualora, alla data di proposizione delle domande, esso non avesse ancora correttamente trasposto la direttiva di cui trattasi, dichiarando che la soluzione elaborata nella sentenza del 25 luglio 1991, Emmott (C‑208/90, EU:C:1991:333) era giustificata dalle circostanze proprie della controversia che aveva dato origine a tale sentenza, nelle quali la decadenza aveva avuto la conseguenza di privare totalmente la ricorrente nel procedimento principale della possibilità di far valere il suo diritto in forza di una direttiva (v., in tal senso, sentenze del 19 maggio 2011, Iaia e a., C‑452/09, EU:C:2011:323, punto 19, e dell’8 settembre 2011, Q-Beef e Bosschaert, C‑89/10 e C‑96/10, EU:C:2011:555, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

104

La Corte ha precisato, a tale proposito, che il diritto dell’Unione osta a che un’autorità nazionale eccepisca la scadenza di un termine di prescrizione ragionevole soltanto se il comportamento delle autorità nazionali, in combinazione con l’esistenza di un termine di decadenza, hanno come conseguenza di privare totalmente un soggetto della possibilità di far valere i suoi diritti dinanzi ai giudici nazionali (sentenza dell’8 settembre 2011, Q-Beef e Bosschaert, C‑89/10 e C‑96/10, EU:C:2011:555, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).

105

Nella fattispecie, dagli elementi forniti alla Corte non risulta che il mancato rispetto del termine di tre mesi previsto all’articolo 30, paragrafo 2, del decreto n. 701 sull’obbligo di servizio universale abbia privato la TDC di qualsiasi possibilità di far valere il suo diritto alla compensazione dei costi connessi alla fornitura dei servizi di sicurezza e soccorso marittimo dinanzi alle autorità danesi competenti, ivi compreso dinanzi ai giudici nazionali, circostanza la cui verifica spetta tuttavia al giudice del rinvio.

106

In assenza di circostanze particolari portate a conoscenza della Corte, tale disposizione del decreto n. 701 sull’obbligo di servizio universale non appare tale da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione.

107

Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla nona questione che i principi di lealtà, di equivalenza e di effettività devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che assoggetta la presentazione, da parte dell’operatore incaricato di un servizio universale, delle domande di compensazione del deficit dell’esercizio precedente a un termine di tre mesi a decorrere dalla scadenza del termine imposto a tale operatore per comunicare una relazione annuale all’autorità nazionale competente, a condizione che tale termine non sia meno favorevole di quello previsto nel diritto nazionale per una domanda analoga e che non sia tale da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti alle imprese dalla direttiva «servizio universale», circostanza la cui verifica spetta al giudice del rinvio.

Sulle spese

108

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

 

1)

Le disposizioni della direttiva 2002/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (direttiva servizio universale) e, in particolare, l’articolo 32 della medesima, devono essere interpretate nel senso che ostano a una normativa nazionale che prevede un meccanismo di compensazione per la fornitura di servizi obbligatori supplementari in forza del quale un’impresa non ha diritto alla compensazione da parte dello Stato membro del costo netto della fornitura di un servizio obbligatorio supplementare, quando l’eccedenza realizzata da tale impresa a titolo di altri servizi rientranti nei suoi obblighi di servizio universale è superiore al deficit connesso alla fornitura di tale servizio obbligatorio supplementare.

 

2)

La direttiva 2002/22 deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale in forza della quale un’impresa designata come fornitore di servizi obbligatori supplementari ha diritto alla compensazione da parte dello Stato membro del costo netto della fornitura di tali servizi solo nel caso in cui tale costo costituisca un onere eccessivo per tale impresa.

 

3)

La direttiva 2002/22 deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale in forza della quale il costo netto sopportato da un’impresa designata per adempiere un obbligo di servizio universale risulta dalla differenza tra il totale dei ricavi e il totale dei costi connessi alla fornitura del servizio in questione, ivi compresi i ricavi e i costi che l’impresa avrebbe comunque registrato se non fosse stata operatore di servizio universale.

 

4)

In circostanze come quelle di cui al procedimento principale, il fatto che l’impresa incaricata di un servizio obbligatorio supplementare ai sensi dell’articolo 32 della direttiva 2002/22 fornisca tale servizio non soltanto nel territorio della Danimarca, ma anche in quello della Groenlandia, non incide sull’interpretazione delle disposizioni di tale direttiva.

 

5)

L’articolo 32 della direttiva 2002/22 deve essere interpretato nel senso che ha un effetto diretto, in quanto vieta agli Stati membri di far sopportare all’impresa incaricata della fornitura di un servizio obbligatorio supplementare la totalità o una parte dei costi connessi a tale fornitura.

 

6)

I principi di lealtà, di equivalenza e di effettività devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che assoggetta la presentazione, da parte dell’operatore incaricato di un servizio universale, delle domande di compensazione del deficit dell’esercizio precedente a un termine di tre mesi a decorrere dalla scadenza del termine imposto a tale operatore per comunicare una relazione annuale all’autorità nazionale competente, a condizione che tale termine non sia meno favorevole di quello previsto nel diritto nazionale per una domanda analoga e che non sia tale da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti alle imprese dalla direttiva 2002/22, circostanza la cui verifica spetta al giudice del rinvio.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il danese.