SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

7 luglio 2016 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale — Appalti pubblici — Direttiva 2004/18/CE — Articolo 48, paragrafo 2, lettera a), sub ii), secondo trattino — Capacità tecniche degli operatori economici — Effetto diretto — Mezzi probatori — Rapporto gerarchico tra l’attestazione dell’acquirente privato e la dichiarazione unilaterale dell’offerente — Principio di proporzionalità — Divieto di introdurre modifiche sostanziali ai mezzi di prova previsti»

Nella causa C‑46/15,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunal Central Administrativo Sul (Tribunale amministrativo centrale Sud, Portogallo), con decisione del 29 gennaio 2015, pervenuta in cancelleria il 5 febbraio 2015, nel procedimento

Ambisig – Ambiente e Sistemas de Informação Geográfica SA

contro

AICP – Associação de Industriais do Concelho de Pombal

con l’intervento di:

Índice – ICT & Management Lda,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da J. L. da Cruz Vilaça, presidente di sezione, A. Tizzano (relatore), vicepresidente della Corte, F. Biltgen, A. Borg Barthet e M. Berger, giudici,

avvocato generale: M. Wathelet

cancelliere: M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 28 gennaio 2016,

considerate le osservazioni presentate:

per la Ambisig – Ambiente e Sistemas de Informação Geográfica SA, da H. Rodrigues da Silva, advogado;

per il governo portoghese, da L. Inez Fernandes e F. Batista, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da G. Braga da Cruz e A. Tokár, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del giovedì 3 marzo 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 48, paragrafo 2, lettera a), sub ii), secondo trattino, della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU 2004, L 134, pag. 114).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra l’Ambisig – Ambiente e Sistemas de Informação Geográfica SA (in prosieguo: l’«Ambisig») e l’AICP – Associação de Industriais do Concelho de Pombal (in prosieguo: l’«AICP»), in merito alla decisione di quest’ultimo ente di escludere la candidatura dell’Ambisig da una procedura di appalto per l’aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3

I considerando 1, 2, 4, 32 e 46 della direttiva 2004/18 così recitano:

«(1)

In occasione di nuove modificazioni alle direttive 92/50/CEE del Consiglio del 18 giugno 1992 che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi [(GU 1992, L 209, pag. 1)], 93/36/CEE del Consiglio del 14 giugno 1993, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture [(GU 1993, L 199, pag. 1)] e 93/37/CEE del Consiglio del 14 giugno 1993, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori [(GU 1993, L 199, pag. 54)], necessarie per rispondere alle esigenze di semplificazione e di modernizzazione formulate sia dalle amministrazioni aggiudicatrici che dagli operatori economici nel contesto delle risposte al Libro verde adottato dalla Commissione il 27 novembre 1996, è opportuno, per motivi di chiarezza, procedere alla loro rifusione in un unico testo. (...)

(2)

L’aggiudicazione degli appalti negli Stati membri per conto dello Stato, degli enti pubblici territoriali e di altri organismi di diritto pubblico è subordinata al rispetto dei principi del trattato ed in particolare ai principi della libera circolazione delle merci, della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi, nonché ai principi che ne derivano, quali i principi di parità di trattamento, di non discriminazione, di riconoscimento reciproco, di proporzionalità e di trasparenza. (...)

(...)

(4)

Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché la partecipazione di un offerente che è un organismo di diritto pubblico a una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico non causi distorsioni della concorrenza nei confronti di offerenti privati.

(...)

(32)

Per favorire l’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici, è necessario prevedere disposizioni in materia di subappalto.

(...)

(46)

L’aggiudicazione dell’appalto deve essere effettuata applicando criteri obiettivi che garantiscano il rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di parità di trattamento e che assicurino una valutazione delle offerte in condizioni di effettiva concorrenza. (...)».

4

L’articolo 1, paragrafo 9, di tale direttiva prevede quanto segue:

«Si considerano “amministrazioni aggiudicatrici”: lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli organismi di diritto pubblico e le associazioni costituite da uno o più di tali enti pubblici territoriali o da uno o più di tali organismi di diritto pubblico.

Per “organismo di diritto pubblico” si intende qualsiasi organismo:

a)

istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale,

b)

dotato di personalità giuridica, e

c)

la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, da enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico, oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi o il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico.

Gli elenchi, non limitativi, degli organismi e delle categorie di organismi di diritto pubblico che soddisfano i criteri di cui al secondo comma, lettere a), b), e c), figurano nell’allegato III. Gli Stati membri notificano periodicamente alla Commissione le modificazioni intervenute nei loro elenchi».

5

L’articolo 48 di detta direttiva, intitolato «Capacità tecniche e professionali», così prevede:

«1.   Le capacità tecniche e professionali degli operatori economici sono valutate e verificate secondo i paragrafi 2 e 3.

2.   Le capacità tecniche degli operatori economici possono essere provate in uno o più dei seguenti modi, a seconda della natura, della quantità o dell’importanza e dell’uso dei lavori, delle forniture o dei servizi:

a)

i)

(...)

ii)

presentazione di un elenco delle principali forniture o dei principali servizi effettuati negli ultimi tre anni, con indicazione dei rispettivi importi, date e destinatari, pubblici o privati. Le forniture e le prestazioni di servizi sono provate:

(...)

quando il destinatario è stato un privato, da una attestazione dall’acquirente ovvero, in mancanza di tale attestazione, semplicemente da una dichiarazione dell’operatore economico;

(...)».

Diritto portoghese

6

La direttiva 2004/18 è stata recepita nell’ordinamento giuridico portoghese attraverso il Código dos Contratos Públicos (codice degli appalti pubblici), approvato con decreto legge n. 18/2008, del 29 gennaio 2008, come modificato e nuovamente pubblicato in allegato al decreto legge n. 287/2009, del 2 ottobre 2009 (Diário da República, 1a serie, n. 192, del 2 ottobre 2009).

7

L’articolo 165 di tale codice è formulato come segue:

«1 –   I requisiti minimi in materia di capacità tecnica previsti al paragrafo 1, lettera h), del precedente articolo devono essere adeguati alla natura delle prestazioni che costituiscono l’oggetto dell’appalto da concludere e descrivere le situazioni, le qualità, le caratteristiche o altri elementi di fatto relativi, in particolare:

a)

all’esperienza professionale dei candidati;

b)

alle risorse umane, tecnologiche, in termini di attrezzatura o di altro tipo utilizzate, a qualsiasi titolo, dai candidati;

c)

al modello e alla capacità organizzativa dei candidati, in particolare per quanto riguarda la direzione e l’integrazione di competenze specializzate, i sistemi informatici di supporto e i sistemi di controllo della qualità;

d)

alla capacità dei candidati di adottare misure di gestione dell’ambiente nell’ambito dell’esecuzione dell’appalto da concludere;

e)

alle informazioni contenute nella banca dati dell’Instituto da Construção e do Imobiliário, I.P., relative agli imprenditori, qualora si tratti dell’aggiudicazione di un appalto di lavori o di una concessione di lavori pubblici.

(...)

5 –   I requisiti minimi in materia di capacità tecnica previsti al paragrafo 1 e il fattore “f” previsto al paragrafo 1, lettera i), del precedente articolo non possono essere fissati in maniera discriminatoria».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

8

Dal fascicolo sottoposto alla Corte risulta che, il 10 dicembre 2013, l’AICP, in qualità di amministrazione aggiudicatrice, ha indetto una procedura di appalto ristretta con selezione preliminare, ai fini dell’aggiudicazione di un appalto di servizi per l’«attuazione di sistemi di gestione dell’ambiente, qualità e piattaforma tecnologica in tredici imprese».

9

L’articolo 12, paragrafo 1, lettere c) e f), del bando di gara prevedeva quanto segue:

«Ai fini della selezione, i candidati dovranno produrre i seguenti documenti:

(...)

c)

dichiarazione del cliente, in carta intestata e bollata, a prova dell’attuazione del sistema di gestione dell’ambiente e/o della qualità da parte del candidato, conformemente al modello di dichiarazione di cui all’allegato VIII del presente bando di gara. La dichiarazione dovrà contenere l’autentica di firma e della qualità del firmatario, effettuata da un notaio, avvocato o altro soggetto competente;

(...)

f)

dichiarazione del cliente, in carta intestata e bollata, a prova dell’attuazione di sistemi di gestione, sviluppo e dell’attuazione di una piattaforma tecnologica in rete, del software di sistemi di gestione e di azioni di coordinamento da parte del candidato, con indicazione del rispettivo valore, in conformità del modello di dichiarazione di cui all’allegato IX del presente bando di gara. La dichiarazione dovrà contenere l’autentica di firma e della qualità del firmatario, effettuata da un notaio, avvocato o altro soggetto competente; (...)».

10

Con decisione del 27 marzo 2014, l’AICP ha approvato la relazione finale elaborata dalla commissione giudicatrice selezionando, per la fase di presentazione delle offerte, la Índice ICT & Management Lda ed escludendo, in particolare, la candidatura dell’Ambisig, con la motivazione che, da un lato, tale società non aveva dato prova delle condizioni relative alla sua capacità tecnica mediante una dichiarazione di un acquirente privato, autenticata conformemente all’articolo 12 del bando di gara, e, dall’altro, non aveva dimostrato né sostenuto che le era risultato impossibile produrre una tale dichiarazione o che aveva incontrato serie difficoltà al riguardo.

11

Nell’ambito del ricorso proposto dall’Ambisig contro tale decisione, il Tribunal Administrativo e Fiscal de Leiria (Tribunale amministrativo e tributario di Leiria, Portogallo), con decisione dell’11 giugno 2014, ha parzialmente accolto i motivi dedotti da tale società, ha annullato la delibera dell’AICP e ha ordinato a quest’ultima di approvare un nuovo bando di gara entro un termine di 20 giorni.

12

L’Ambisig ha impugnato tale decisione dinanzi al medesimo giudice in composizione collegiale, argomentando che tale giudice aveva erroneamente respinto i motivi del ricorso relativi, in particolare, all’incompatibilità delle norme stabilite dall’amministrazione aggiudicatrice in merito alla prova delle capacità tecniche dei candidati con i requisiti previsti a tale riguardo dall’articolo 48 della direttiva 2004/18.

13

Di fronte al rigetto da parte del collegio del Tribunal Administrativo e Fiscal de Leiria (Tribunale amministrativo e tributario di Leiria) di tale pretesa, con sentenza del 6 agosto 2014, l’Ambisig ha proposto ricorso dinanzi al giudice del rinvio, con la motivazione che neanche la suddetta sentenza avrebbe riconosciuto l’illegittimità, alla luce dell’articolo 48 della direttiva 2004/18, delle norme fissate dall’amministrazione aggiudicatrice in merito alla produzione della prova delle capacità tecniche dei candidati.

14

Alla luce di quanto precede, il Tribunal Central Administrativo Sul (Tribunale amministrativo centrale Sud, Portogallo) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se, posto che la normativa portoghese non regolamenta la materia di cui all’articolo 48, paragrafo 2, lettera a), ii), secondo trattino, della direttiva 2014/18, detta disposizione sia direttamente applicabile nell’ordinamento giuridico portoghese nel senso che conferisce ai privati un diritto che gli stessi possono far valere dinanzi alle amministrazioni aggiudicatrici.

2)

Se l’articolo 48, paragrafo 2, lettera a), ii), secondo trattino, della direttiva 2014/18 debba essere interpretato nel senso che esso osta all’applicazione di norme, previste dall’amministrazione aggiudicatrice, che non consentano all’operatore economico di dar prova delle prestazioni di servizi mediante una dichiarazione firmata dallo stesso operatore economico, a meno che quest’ultimo non dia prova dell’impossibilità e della seria difficoltà di ottenere un’attestazione da parte dell’acquirente privato.

3)

Se l’articolo 48, paragrafo 2, lettera a), ii), secondo trattino, della direttiva 2014/18 debba essere interpretato nel senso che esso osta all’applicazione di norme, previste dall’amministrazione aggiudicatrice, le quali impongono, a pena di esclusione, che l’attestazione dell’acquirente privato contenga l’autentica di firma da parte di un notaio, avvocato o altro soggetto competente».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

15

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 48, paragrafo 2, lettera a), sub ii), secondo trattino, della direttiva 2004/18 debba essere interpretato nel senso che, in assenza di recepimento nel diritto interno di tale disposizione, quest’ultima soddisfi i requisiti per conferire ai privati diritti che gli stessi possono far valere nei confronti di un’amministrazione aggiudicatrice dinanzi ai giudici nazionali.

16

In via preliminare, occorre ricordare che, conformemente a una costante giurisprudenza della Corte, quando lo Stato ha omesso di trasporre tempestivamente una direttiva nell’ordinamento nazionale o quando l’ha trasposta in modo non corretto, i singoli sono legittimati a far valere nei suoi confronti, dinanzi ai giudici nazionali, solo le disposizioni di tale direttiva che appaiono, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise (v., in tal senso, sentenze del 12 dicembre 2013, Portgás, C‑425/12, EU:C:2013:829, punto 18 e giurisprudenza ivi citata; del 14 gennaio 2014, Association de médiation sociale, C‑176/12, EU:C:2014:2, punto 31, nonché del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi, C‑337/13, EU:C:2014:328, punto 31).

17

Orbene, occorre constatare che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 25 delle sue conclusioni, l’articolo 48, paragrafo 2, lettera a), sub ii), secondo trattino, della direttiva 2004/18 soddisfa i suddetti criteri, giacché, da un lato, sancisce un obbligo non soggetto ad alcuna condizione ulteriore né subordinato all’adozione di un atto delle istituzioni dell’Unione o degli Stati membri e, dall’altro, indica in maniera chiara e completa gli elementi che possono essere richiesti agli operatori economici per provare la loro capacità tecnica nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici.

18

La Corte ha, inoltre, già deciso in tal senso per quanto riguarda la direttiva 92/50, abrogata e sostituita dalla direttiva 2004/18.

19

Ai punti 46 e 47 della sentenza del 24 settembre 1998, Tögel (C‑76/97, EU:C:1998:432), la Corte ha infatti ritenuto idonee a produrre effetti diretti le disposizioni del titolo VI della direttiva 92/50, tra le quali figurava in particolare l’articolo 32, paragrafo 2, di quest’ultima, di cui l’articolo 48, paragrafo 2, lettera a), sub ii), secondo trattino, della direttiva 2004/18 ha ripreso il contenuto in termini pressoché identici.

20

Ciò premesso, occorre altresì chiarire, per fornire una risposta utile alla prima questione, se l’articolo 48, paragrafo 2, lettera a), sub ii), secondo trattino, della direttiva 2004/18 possa essere opposto a qualsiasi entità qualificata come «amministrazione aggiudicatrice», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 9, di tale direttiva.

21

A tale riguardo, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, sebbene una direttiva non possa di per sé creare obblighi a carico di un singolo e non possa quindi essere fatta valere in quanto tale nei suoi confronti (v., in particolare, sentenze del 24 gennaio 2012, Dominguez, C‑282/10, EU:C:2012:33, punto 37 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 15 gennaio 2015, Ryanair, C‑30/14, EU:C:2015:10, punto 30), i singoli, tuttavia, qualora siano in grado di far valere una direttiva non nei confronti di un altro singolo, ma di uno Stato, possono farlo indipendentemente dalla veste nella quale quest’ultimo agisce. È opportuno, infatti, evitare che lo Stato possa trarre vantaggio dalla sua inosservanza del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 24 gennaio 2012, Dominguez, C‑282/10, EU:C:2012:33, punto 38 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 12 dicembre 2013, Portgás, C‑425/12, EU:C:2013:829, punto 23).

22

Pertanto, si possono opporre le norme di una direttiva idonee a produrre effetti diretti non solo a un ente pubblico, ma anche a un organismo che, indipendentemente dalla sua forma giuridica, sia stato incaricato, con atto della pubblica autorità, di prestare, sotto il controllo di quest’ultima, un servizio d’interesse pubblico e che disponga a tal fine di poteri che oltrepassano quelli risultanti dalle norme che si applicano nei rapporti fra singoli (sentenza del 12 dicembre 2013, Portgás, C425/12, EU:C:2013:829, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

23

Nel caso di specie, per quanto concerne la situazione dell’AICP, dalle precisazioni fornite dal governo portoghese nel corso dell’udienza dinanzi alla Corte sembra emergere che tale ente, pur rientrando nella nozione di «amministrazione aggiudicatrice», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 9, della direttiva 2004/18, costituisce un’associazione di imprese di diritto privato che non soddisfa le condizioni summenzionate utili perché le si possano opporre le disposizioni di tale direttiva, in quanto detto ente non fornisce alcun servizio d’interesse pubblico sotto il controllo delle autorità statali e non dispone di poteri che oltrepassano quelli risultanti dalle norme che si applicano nei rapporti tra singoli, circostanza che spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare.

24

In una siffatta ipotesi, spetterà nondimeno a tale giudice interpretare il diritto interno, per quanto possibile, alla luce del testo e dello scopo della direttiva 2004/18, così da conseguire il risultato previsto all’articolo 48, paragrafo 2, lettera a), sub ii), secondo trattino, di quest’ultima e conformarsi pertanto all’articolo 288, terzo comma, TFUE (v., in tal senso, sentenze del 24 gennaio 2012, Dominguez, C‑282/10, EU:C:2012:33, punto 24 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 19 aprile 2016, DI, C‑441/14, EU:C:2016:278, punto 31).

25

A tale proposito, occorre ricordare che l’obbligo per il giudice nazionale di fare riferimento al contenuto di una direttiva nell’interpretazione e nell’applicazione delle norme pertinenti del diritto nazionale trova tuttavia un limite nei principi generali del diritto e non può servire a fondare un’interpretazione contra legem del diritto nazionale (v., in tal senso, sentenze del 24 gennaio 2012, Dominguez, C‑282/10, EU:C:2012:33, punto 25 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 19 aprile 2016, DI, C‑441/14, EU:C:2016:278, punto 32).

26

Pertanto, laddove un’interpretazione del diritto nazionale conforme alla direttiva 2004/18 non sia possibile, la parte lesa dalla non conformità di tale diritto al diritto dell’Unione potrebbe invocare la giurisprudenza scaturita dalla sentenza Francovich e a. (C‑6/90 e C‑9/90, EU:C:1991:428), per ottenere eventualmente il risarcimento del danno subìto (v., in tal senso, sentenza del 26 marzo 2015, Fenoll, C‑316/13, EU:C:2015:200, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

27

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 48, paragrafo 2, lettera a), sub ii), secondo trattino, della direttiva 2004/18 dev’essere interpretato nel senso che esso soddisfa le condizioni per conferire ai singoli, in assenza di recepimento nel diritto interno, diritti che gli stessi possono far valere dinanzi ai giudici nazionali nei confronti di un’amministrazione aggiudicatrice, purché quest’ultima sia un ente pubblico o sia stata incaricata, mediante atto dell’autorità pubblica, di prestare, sotto il controllo di quest’ultima, un servizio di interesse pubblico e disponga a tal fine di poteri che oltrepassano quelli risultanti dalle norme che si applicano nei rapporti tra privati.

Sulla seconda questione

28

Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 48, paragrafo 2, lettera a), sub ii), secondo trattino, della direttiva 2004/18 osti all’applicazione di norme, previste da un’amministrazione aggiudicatrice, che non consentano a un operatore economico di dar prova delle proprie capacità tecniche mediante una dichiarazione unilaterale, a meno che quest’ultimo non dia prova dell’impossibilità o della seria difficoltà di ottenere un’attestazione da parte dell’acquirente privato.

29

A tale riguardo, occorre ricordare, in via preliminare, che l’articolo 48, paragrafo 2, lettera a), sub ii), della direttiva 2004/18 prevede che le capacità tecniche degli operatori economici possono essere provate mediante la presentazione di un elenco delle principali forniture o dei principali servizi effettuati nei tre anni precedenti la pubblicazione del bando di gara.

30

Nel caso in cui il destinatario di tali operazioni sia un acquirente privato, il secondo trattino di tale disposizione stabilisce che la prova di tali forniture o servizi può essere prodotta attraverso due mezzi diversi, ossia «da una attestazione dall’acquirente ovvero, in mancanza di tale attestazione, semplicemente da una dichiarazione dell’operatore economico».

31

La questione sollevata dal giudice del rinvio verte precisamente sul rapporto tra questi due mezzi di prova, in quanto esso intende accertare se essi si collochino su un piano di parità, vale a dire che l’operatore può liberamente provare le proprie capacità tecniche indifferentemente attraverso un’attestazione dell’acquirente privato o attraverso una semplice dichiarazione redatta da se stesso, oppure se, al contrario, il legislatore dell’Unione abbia stabilito una gerarchia tra detti mezzi di prova, nel senso che il ricorso di un operatore a tale dichiarazione unilaterale è limitato alle sole ipotesi in cui il medesimo non è in grado di ottenere la suddetta attestazione.

32

A tale riguardo, occorre constatare che l’articolo 48, paragrafo 2, lettera a), sub ii), secondo trattino, della direttiva 2004/18 è redatto in termini tali da non lasciare spazio, secondo il loro senso abituale nel linguaggio corrente, ad alcun ragionevole dubbio.

33

Come ha evidenziato l’avvocato generale al paragrafo 43 delle sue conclusioni, infatti, l’espressione «in mancanza», utilizzata in detta disposizione, rinvia, secondo il suo senso comune, a un rapporto non di equivalenza, ma di sussidiarietà tra i mezzi di prova contemplati.

34

Ne consegue che, secondo un’interpretazione letterale, l’articolo 48, paragrafo 2, lettera a), sub ii), secondo trattino, della direttiva 2004/18 dev’essere inteso nel senso che un operatore economico può essere autorizzato dalle amministrazioni aggiudicatrici a dar prova delle proprie capacità tecniche attraverso una dichiarazione unilaterale solo se non è in grado di ottenere l’attestazione dell’acquirente privato.

35

Una simile interpretazione è inoltre suffragata dal contesto nel quale sono utilizzati i termini di tale articolo e dagli scopi perseguiti dalla direttiva 2004/18 (v., in tal senso, sentenza del 22 marzo 2012, GENESIS, C‑190/10, EU:C:2012:157, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

36

Per quanto riguarda, in primo luogo, il contesto dell’articolo 48, paragrafo 2, lettera a), sub ii), secondo trattino, della direttiva 2004/18, dalla giurisprudenza della Corte si evince che tale disposizione prevede un sistema chiuso che limita le modalità di valutazione e di verifica delle capacità tecniche di cui dispongono le amministrazioni aggiudicatrici (v., in tal senso, sentenza del 18 ottobre 2012, Édukövízig e Hochtief Construction, C‑218/11, EU:C:2012:643, punto 28). Ne consegue che, se è vero che nuovi mezzi di prova non possono essere previsti a tale riguardo dalle suddette amministrazioni, queste ultime non possono tuttavia neanche limitare la portata dei mezzi già previsti.

37

Orbene, l’interpretazione letterale dell’articolo 48, paragrafo 2, lettera a), sub ii), secondo trattino, della direttiva 2004/18, quale risulta dal punto 34 della presente sentenza, è la sola compatibile con tale contesto. È pacifico, infatti, che una lettura alternativa di tale disposizione, secondo la quale le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero consentire a qualsiasi operatore economico di scegliere liberamente l’uno o l’altro dei mezzi di prova previsti, comporterebbe un pregiudizio all’effetto utile e, pertanto, alla stessa portata del mezzo basato sull’attestazione proveniente dall’acquirente privato, essendo verosimile che ogni operatore si limiterebbe a produrre in tutti i casi una dichiarazione unilaterale per conformarsi a tale disposizione.

38

Per quanto riguarda, in secondo luogo, gli obiettivi perseguiti dalla direttiva 2004/18, occorre rilevare che il sistema da essa previsto mira, in particolare, come risulta dai suoi considerando 2, 4 e 46, a evitare la distorsione della concorrenza tra gli offerenti privati e a garantire il rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di parità di trattamento.

39

Orbene, un’interpretazione letterale dell’articolo 48, paragrafo 2, lettera a), sub ii), secondo trattino, della direttiva 2004/18, quale risulta dal punto 34 della presente sentenza, diretta a privilegiare il mezzo di prova basato su un’attestazione proveniente dall’acquirente privato dell’operatore economico interessato, si rivela parimenti coerente con il perseguimento degli obiettivi di cui al precedente punto della presente sentenza, in quanto, da un lato, garantisce maggiore trasparenza e certezza del diritto quanto all’effettività delle capacità tecniche di tale operatore e, dall’altro, consente di prevenire il controllo successivo delle dichiarazioni fornite da qualsiasi operatore economico che l’amministrazione aggiudicatrice è tenuta a effettuare in forza dell’articolo 44, paragrafo 1, e dell’articolo 45, paragrafo 2, lettera g), della direttiva 2004/18.

40

Conformemente al principio di proporzionalità, che costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, le norme poste dalle amministrazioni aggiudicatrici relative all’attuazione dei due mezzi di prova previsti dall’articolo 48, paragrafo 2, lettera a), sub ii), secondo trattino, della direttiva 2004/18 non devono eccedere quanto necessario per raggiungere gli obiettivi perseguiti da tale direttiva (v., in tal senso, sentenza del 22 ottobre 2015, Impresa Edilux e SICEF, C‑425/14, EU:C:2015:721, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

41

Se ne deduce che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 50 delle sue conclusioni e dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, norme contenute in un bando di gara che autorizzano un operatore economico a produrre una dichiarazione unilaterale al fine di provare le proprie capacità tecniche solo se dimostra l’impossibilità assoluta di ottenere un’attestazione dell’acquirente privato si rivelerebbero sproporzionate. Simili norme, infatti, farebbero gravare su detto operatore un onere eccessivo rispetto a quanto necessario per evitare che il gioco della concorrenza sia falsato e per garantire il rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di parità di trattamento nell’ambito degli appalti pubblici.

42

Per contro, norme contenute in un bando di gara secondo le quali un operatore economico è legittimato ad avvalersi di una tale dichiarazione unilaterale anche nel caso in cui provi, mediante elementi oggettivi da verificare caso per caso, la sussistenza di una seria difficoltà che gli impedisce di ottenere una tale attestazione, dovuta ad esempio alla mancanza di volontà dell’acquirente privato interessato, sembrano conformi al principio di proporzionalità, in quanto tali norme non fanno gravare sull’operatore in questione un onere della prova sproporzionato rispetto al perseguimento di tali stessi obiettivi.

43

Questo sembra essere il caso, salvo verifiche da effettuarsi da parte del giudice del rinvio, delle norme contenute nel bando di gara elaborato dall’AICP e che sono contestate nell’ambito della controversia principale.

44

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 48, paragrafo 2, lettera a), sub ii), secondo trattino, della direttiva 2004/18 dev’essere interpretato nel senso che esso non osta all’applicazione di norme fissate da un’amministrazione aggiudicatrice, come quelle di cui al procedimento principale, che non consentono a un operatore economico di dar prova delle proprie capacità tecniche mediante una dichiarazione unilaterale, salvo il caso in cui quest’ultimo apporti la prova dell’impossibilità o della seria difficoltà di ottenere un’attestazione dell’acquirente privato.

Sulla terza questione

45

Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 48, paragrafo 2, lettera a), sub ii), secondo trattino, della direttiva 2004/18 osti all’applicazione di norme, previste da un’amministrazione aggiudicatrice, le quali impongono, a pena di esclusione della candidatura dell’offerente, che l’attestazione dell’acquirente privato contenga l’autentica di firma da parte di un notaio, avvocato o altro soggetto competente.

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A tale riguardo, occorre rilevare che, nella sua versione in lingua portoghese, l’espressione «attestazione d[e]ll’acquirente», di cui all’articolo 48, paragrafo 2, lettera a), sub ii), secondo trattino, della direttiva 2004/18, è resa con «declaração reconhecida do adquirente» («dichiarazione certificata dell’acquirente»), il che farebbe pensare che, per essere valida, la dichiarazione dell’acquirente privato debba contenere un’autentica di firma.

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Tuttavia, come segnalano tutte le parti che hanno presentato osservazioni scritte, il testo della maggior parte delle altre versioni linguistiche di tale disposizione è formulato in termini diversi, che sembrano condurre a un’interpretazione meno restrittiva della portata del mezzo di prova in parola. Dalle versioni tedesca («vom Erwerber ausgestellte Bescheinigung»), spagnola («certificado del comprador»), italiana («attestazione dell’acquirente») e inglese («purchaser’s certification») emerge infatti, in particolare, che l’espressione «attestazione dell’acquirente» dev’essere intesa nel senso che è consentito a un operatore economico dar prova delle proprie capacità tecniche mediante un semplice documento redatto senza particolari formalità da uno o più dei suoi acquirenti privati, che attesti le principali forniture o i principali servizi nel corso degli ultimi tre anni e che specifichi l’importo e la data di tali prestazioni.

48

Riguardo a tale divergenza linguistica, occorre ricordare che, per costante giurisprudenza della Corte, la formulazione utilizzata in una delle versioni linguistiche di una disposizione del diritto dell’Unione non può servire quale unico fondamento per l’interpretazione di tale disposizione e non può vedersi riconosciuto un carattere prioritario rispetto alle altre versioni linguistiche. Le norme del diritto dell’Unione devono essere infatti interpretate ed applicate in modo uniforme, alla luce delle versioni vigenti in tutte le lingue dell’Unione. Pertanto, in caso di difformità tra le diverse versioni linguistiche di un testo del diritto dell’Unione, la disposizione in questione deve essere interpretata in funzione dell’economia generale e della finalità della normativa di cui essa costituisce un elemento (sentenza del 15 ottobre 2015, Grupo Itevelesa e a., C‑168/14, EU:C:2015:685, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

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Per quanto riguarda l’economia generale dell’articolo 48, paragrafo 2, lettera a), sub ii), secondo trattino, della direttiva 2004/18, come ricordato al punto 36 della presente sentenza, esso prevede un sistema chiuso che limita la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di prevedere nuovi mezzi di prova o di prescrivere condizioni ulteriori che apportino una modifica sostanziale della natura e dei requisiti di produzione dei mezzi già previsti.

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Orbene, è giocoforza constatare che il fatto di richiedere che la firma contenuta nell’attestazione dell’acquirente privato sia autenticata introdurrebbe una formalità che configurerebbe una modifica sostanziale del primo dei due mezzi di prova previsti dall’articolo 48, paragrafo 2, lettera a), sub ii), secondo trattino, della direttiva 2004/18, rendendo più gravose le pratiche che un operatore economico deve assolvere per soddisfare le condizioni del suo onere probatorio, il che si rivelerebbe contrario all’economia generale di tale articolo.

51

Quanto alla finalità della direttiva 2004/18, occorre ricordare che, come emerge dai suoi considerando 1 e 2, essa prevede norme di coordinamento dirette segnatamente a semplificare e a modernizzare le procedure nazionali di aggiudicazione degli appalti pubblici, al fine di agevolare la libera circolazione delle merci, la libertà di stabilimento, la libera prestazione dei servizi e l’apertura di tale appalti alla concorrenza.

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In particolare, come emerge dalla giurisprudenza della Corte, tale direttiva mira a facilitare l’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici, come enunciato al suo considerando 32 (v., in tal senso, sentenze del 10 ottobre 2013, Swm Costruzioni 2 e Mannocchi Luigino, C‑94/12, EU:C:2013:646, punto 34, e del 7 aprile 2016, Partner Apelski Dariusz, C‑324/14, EU:C:2016:214, punto 34).

53

Orbene, come ha rilevato l’avvocato generale ai paragrafi 80 e 81 delle sue conclusioni, il fatto di subordinare il valore probatorio dell’attestazione dell’acquirente privato all’autenticazione della sua firma da parte di un’entità terza introdurrebbe una formalità tale non da aprire gli appalti pubblici alla maggiore concorrenza possibile, bensì da restringere e da limitare la partecipazione degli operatori economici, in particolare stranieri, a tali appalti.

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Stanti i brevi termini solitamente fissati per la presentazione delle candidature nei bandi di gara nonché le divergenze esistenti tra le diverse normative nazionali riguardo all’autenticazione delle firme degli atti, infatti, non è escluso che molti operatori, specie stranieri, possano essere dissuasi dal presentare le proprie offerte, considerata la difficoltà pratica di produrre nello Stato membro interessato dall’aggiudicazione dell’appalto un’attestazione la cui firma sia stata regolarmente autenticata.

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Di conseguenza, l’economia generale e la finalità della direttiva 2004/18 portano ad accogliere l’interpretazione secondo la quale l’«attestazione» dell’acquirente privato, così come la «dichiarazione certificata» di cui alla versione in lingua portoghese dell’articolo 48, paragrafo 2, lettera a), sub ii), secondo trattino, di tale direttiva, richiede unicamente la produzione di un’attestazione redatta da tale acquirente e non può essere gravata dalle amministrazioni aggiudicatrici da alcun’altra formalità, quale l’autenticazione della firma di detto acquirente da parte di una qualsiasi entità competente.

56

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 48, paragrafo 2, lettera a), sub ii), secondo trattino, della direttiva 2014/18 dev’essere interpretato nel senso che esso osta all’applicazione di norme, fissate da un’amministrazione aggiudicatrice, come quelle di cui al procedimento principale, le quali impongono, a pena di esclusione della candidatura dell’offerente, che l’attestazione dell’acquirente privato contenga l’autentica di firma da parte di un notaio, avvocato o altro soggetto competente.

Sulle spese

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Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 48, paragrafo 2, lettera a), sub ii), secondo trattino, della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, dev’essere interpretato nel senso che esso soddisfa le condizioni per conferire ai singoli, in assenza di recepimento nel diritto interno, diritti che gli stessi possono far valere dinanzi ai giudici nazionali nei confronti di un’amministrazione aggiudicatrice, purché quest’ultima sia un ente pubblico o sia stata incaricata, mediante atto dell’autorità pubblica, di prestare, sotto il controllo di quest’ultima, un servizio di interesse pubblico e disponga a tal fine di poteri che oltrepassano quelli risultanti dalle norme che si applicano nei rapporti tra privati.

 

2)

L’articolo 48, paragrafo 2, lettera a), sub ii), secondo trattino, della direttiva 2004/18 dev’essere interpretato nel senso che esso non osta all’applicazione di norme, fissate da un’amministrazione aggiudicatrice, come quelle di cui al procedimento principale, che non consentono a un operatore economico di dar prova delle proprie capacità tecniche mediante una dichiarazione unilaterale, salvo il caso in cui quest’ultimo apporti la prova dell’impossibilità o della seria difficoltà di ottenere un’attestazione dell’acquirente privato.

 

3)

L’articolo 48, paragrafo 2, lettera a), sub ii), secondo trattino, della direttiva 2014/18 dev’essere interpretato nel senso che esso osta all’applicazione di norme, fissate dall’amministrazione aggiudicatrice, come quelle di cui al procedimento principale, le quali impongono, a pena di esclusione della candidatura dell’offerente, che l’attestazione dell’acquirente privato contenga l’autentica di firma da parte di un notaio, avvocato o altro soggetto competente.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il portoghese.