CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MELCHIOR WATHELET

presentate il 21 dicembre 2016 ( 1 )

Causa C‑633/15

London Borough of Ealing

contro

Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal First-tier Tribunal (Tax Chamber) (Tribunale di primo grado [sezione tributaria] (Regno Unito)]

«IVA — Esenzioni — Prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport — Esclusione dell’esenzione in caso di rischio di distorsioni della concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all’IVA»

I – Introduzione

1.

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 133, primo comma, lettera d), e secondo comma della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1).

2.

Tale domanda è stata formulata nell’ambito di una controversia insorta tra il London Borough of Ealing (municipio londinese di Ealing) e i Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs (amministrazione fiscale e doganale del Regno Unito; in prosieguo: l’«amministrazione tributaria») in merito all’assoggettamento all’imposta sul valore aggiunto (IVA) dei diritti di accesso a taluni impianti sportivi percepiti dal municipio londinese di Ealing.

II – Contesto normativo

A – Diritto dell’Unione

3.

L’articolo 13, parte A, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU 1977, L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»), dal titolo «Esenzioni a favore di alcune attività di interesse pubblico», così dispone:

«1.   Fatte salve le altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esentano, a condizioni da essi fissate per assicurare una corretta e semplice applicazione delle esenzioni stesse e prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso:

(…)

m)

talune prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell’educazione fisica, fornite da organismi senza fini di lucro alle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica;

(…)

a)

Gli Stati membri possono subordinare, caso per caso, la concessione, ad enti diversi da quelli di diritto pubblico, di ciascuna delle esenzioni previste al paragrafo 1, lettera b), g), h), i), l), m) e n) all’osservanza di una o più delle seguenti condizioni:

(…)

le esenzioni non devono essere tali da provocare distorsioni di concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all’imposta sul valore aggiunto;

(…)».

4.

Ai sensi dell’articolo 28, paragrafo 3, lettera a), di tale direttiva, durante un periodo transitorio gli Stati membri possono continuare ad assoggettare all’imposta le operazioni esenti ai sensi dell’articolo 13 o dell’articolo 15 della direttiva in parola, elencate nell’allegato E della stessa.

5.

Al punto 4 di detto allegato era contenuta l’esenzione prevista dall’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera m), della sesta direttiva. Il citato punto 4 è stato abrogato, con effetto dal 1o gennaio 1990, dall’articolo 1, paragrafo 1, punto 1) della diciottesima direttiva 89/465/CEE del Consiglio del 18 luglio 1989, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari - soppressione di talune deroghe previste dall’articolo 28, paragrafo 3 della sesta direttiva (GU 1989, L 226, pag. 21; in prosieguo: la «diciottesima direttiva»). Detto articolo 1, paragrafo 1, punto 1) assume la seguente formulazione:

«La [sesta direttiva] è così modificata:

1)

Nell’allegato E a decorrere dal 1o gennaio 1990 sono soppresse le operazioni di cui ai punti 1, da 3 a 6 (…).

Gli Stati membri che al 1o gennaio 1989 hanno applicato l’imposta sul valore aggiunto alle operazioni di cui all’allegato E, punti 4 e 5 sono autorizzati ad applicare le condizioni di cui all’articolo 13, parte A, paragrafo 2, lettera a), ultimo trattino anche alle prestazioni di servizio e cessioni di beni previste dall’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettere m) e n), effettuate da parte di organismi di diritto pubblico».

6.

La direttiva 2006/112, conformemente ai suoi articoli 411 e 413, ha abrogato e sostituito, a partire dal 1o gennaio 2007, la normativa dell’Unione in materia di IVA, in particolare la sesta direttiva. Ai sensi dei considerando 1 e 3 della direttiva stessa, la rifusione della sesta direttiva si rendeva opportuna allo scopo di presentare tutte le disposizioni applicabili in modo chiaro e razionale, rimaneggiando la struttura e il testo della direttiva senza apportare, in linea di principio, modifiche sostanziali. Le disposizioni della direttiva citata sono quindi sostanzialmente identiche alle corrispondenti disposizioni della sesta direttiva.

7.

L’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva in parola così recita:

«Gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri enti di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità, anche quando, in relazione a tali attività od operazioni, percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni.

Tuttavia, allorché tali enti esercitano attività od operazioni di questo genere, essi devono essere considerati soggetti passivi per dette attività od operazioni quando il loro non assoggettamento provocherebbe distorsioni della concorrenza di una certa importanza.

(…)».

8.

L’articolo 132, paragrafo 1, lettera m) della medesima direttiva, compreso nel capo 2 del suo titolo IX, capo rubricato «Esenzioni a favore di alcune attività di interesse pubblico», dispone quanto segue:

«Gli Stati membri esentano le operazioni seguenti:

(...)

talune prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell’educazione fisica, fornite da organismi senza fini di lucro alle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica».

9.

L’articolo 133 della direttiva 2006/112 così dispone:

«Gli Stati membri possono subordinare, caso per caso, la concessione, ad organismi diversi dagli enti di diritto pubblico, di ciascuna delle esenzioni previste all’articolo 132, paragrafo 1, lettere (…) m) e (…), all’osservanza di una o più delle seguenti condizioni:

(...)

d)

le esenzioni non devono essere tali da provocare distorsioni della concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all’IVA

Gli Stati membri che in virtù dell’allegato E della [sesta direttiva] al 1o gennaio 1989 applicavano l’IVA alle operazioni di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettere m) e n) possono applicare le condizioni di cui al primo comma, lettera d) anche quando dette cessioni di beni o prestazioni di servizi effettuate da enti di diritto pubblico beneficiano dell’esenzione».

B – Diritto del Regno Unito

10.

Nel corso del periodo transitorio previsto dall’articolo 28, paragrafo 3, della sesta direttiva, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord ha continuato a sottoporre ad imposta le prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell’educazione fisica, fornite da organismi senza fini di lucro. Ai sensi del Group 10 of Schedule 6 of the Value Added Tax Act 1983 (categoria 10 dell’allegato 6 della legge riguardante l’imposta sul valore aggiunto del 1983), solo due tra tali prestazioni di servizi erano esentate dall’IVA, vale a dire, per un verso, la concessione da parte di qualsiasi organismo con o senza fini di lucro del diritto di partecipare ad una competizione sportiva, qualora il corrispettivo di tale diritto sia destinato integralmente al finanziamento del premio o dei premi assegnati nel corso della gara, e, per altro verso, la concessione da parte di un organismo senza fini di lucro istituito a fini di sport o di educazione fisica, del diritto di partecipare a una competizione in tale ambito.

11.

A partire dal 1o gennaio 1994 il Regno Unito ha esentato, con qualche eccezione, le prestazioni di servizi sportivi fornite ai privati da organismi senza fini di lucro. Ai sensi del Group 10 of Schedule 9 of the Value Added Tax Act 1994 (categoria 10 dell’allegato 9 della legge riguardante l’imposta sul valore aggiunto del 1994), detta esenzione è applicabile nei seguenti casi:

«1.

La concessione del diritto di partecipare ad una competizione sportiva o ad attività di educazione fisica, qualora il corrispettivo di tale diritto sia pagato in denaro e sia interamente devoluto all’acquisto del premio o dei premi assegnati nel corso della gara.

2.

La concessione, da parte di un ente qualificato istituito a fini di sport o di educazione fisica, del diritto di partecipare a una competizione in tale ambito.

3.

La prestazione, da parte di un ente qualificato, in favore di un privato, di servizi strettamente connessi con lo sport o l’educazione fisica praticati da quest’ultimo, esclusi, ove tale ente agisca nell’ambito di un sistema di affiliazione, i servizi forniti a un privato non affiliato».

12.

La Note (2A) to Group 10 (nota interpretativa 2A nell’ambito del gruppo 10) definisce «ente qualificato» un organismo senza fini di lucro che soddisfa determinate condizioni. Secondo la Note (3) to Group 10 (nota interpretativa 3 nell’ambito del gruppo 10), gli enti di diritto pubblico senza fini di lucro [vale a dire le autorità locali, i Ministeri nonché gli organismi e gli enti pubblici contenuti nell’elenco pubblicato nel 1993 dall’Office of Public Service and Science (Ufficio del servizio pubblico e delle scienze)] non possono essere considerati come «enti qualificati» ai sensi dell’Item 3 to Group 10 of Schedule 9 of the Value Added Tax Act 1994 (punto 3 della categoria 10 dell’allegato 9 della legge relativa all’imposta sul valore aggiunto del 1994).

III – Procedimento principale e questioni pregiudiziali

13.

Il municipio londinese di Ealing è un’autorità locale che gestisce taluni impianti sportivi, quali palestre e piscine. Nel corso del periodo che va dal 1o giugno 2009 al 31 agosto 2012 esso ha versato l’IVA riscossa sui diritti di accesso a tali impianti sportivi.

14.

Ritenendo che tali prestazioni di servizi dovessero essere esonerate dall’IVA, ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva 2006/112, esso ha chiesto all’amministrazione tributaria il rimborso dell’IVA versata in riferimento a dette prestazioni. La domanda è stata respinta in quanto la normativa nazionale escludeva da tale esenzione le prestazioni di servizi sportivi fornite da autorità locali, quale il municipio londinese di Ealing, e ciò in conformità all’articolo 133, primo comma, lettera d), della direttiva stessa.

15.

Il municipio londinese di Ealing ha proposto ricorso avverso tale decisione dinanzi al First-tier Tribunal (Tax Chamber) [Tribunale di primo grado (sezione tributaria) (Regno Unito]. Dinanzi a tale giudice esso ha sostenuto che il Regno Unito non poteva invocare l’articolo 133, secondo comma, della direttiva in parola, atteso che la normativa nazionale non aveva assoggettato all’IVA tutte le prestazioni di servizi sportivi al 1o gennaio 1989, ma ne aveva esentato alcune. Inoltre, tale disposizione non avrebbe consentito di escludere le autorità locali dall’esenzione delle prestazioni di servizi sportivi, esentando nel contempo gli stessi servizi forniti da altri organismi senza fini di lucro. Infine, il citato articolo 133, nel richiedere di stabilire «caso per caso» se siffatta esenzione sia tale da provocare distorsioni della concorrenza, non avrebbe consentito agli Stati membri di escludere tutte le autorità locali dal beneficio dell’esenzione stessa.

16.

Il giudice del rinvio precisa che il municipio londinese di Ealing non afferma di agire in veste di pubblica autorità ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 allorché fornisce i propri servizi. Esso agirebbe in veste di organismo senza fini di lucro, ai sensi dell’esenzione prevista dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva stessa, le cui prestazioni di servizi sarebbero strettamente connesse con la pratica dello sport e sarebbero destinate a persone che esercitano lo sport.

17.

Ad avviso di tale giudice, sono esclusivamente il senso, la portata e l’applicazione dell’articolo 133, primo comma, lettera d), e secondo comma, della direttiva in parola ad aver dato origine alla controversia nel procedimento principale. Il giudice del rinvio precisa in tal senso che non vi è alcuna oggettiva differenza, per il consumatore, tra la natura delle prestazioni di servizi fornite dal municipio londinese di Ealing e quelle fornite da altri organismi senza fini di lucro.

18.

Ciò premesso, il First-tier Tribunal (Tax Chamber) [Tribunale di primo grado (sezione tributaria)] ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se il Regno Unito abbia il diritto, in virtù dell’articolo 133, secondo comma, della direttiva 2006/112, di imporre agli enti di diritto pubblico la condizione stabilita alla lettera d) di tale disposizione [per un verso] se al 1o gennaio 1989, le operazioni rilevanti erano soggette ad imposta nel Regno Unito mentre altri servizi sportivi ne erano esenti e [, per altro verso,] le operazioni di cui trattasi non avevano beneficiato dell’esenzione ai sensi della normativa nazionale prima che il Regno Unito decidesse di assoggettarle alla condizione stabilita dall’articolo 133, [primo comma,] lettera d), di tale direttiva.

2)

In caso di risposta affermativa alla prima questione, se il Regno Unito abbia il diritto di imporre agli enti di diritto pubblico senza fini di lucro la condizione di cui all’articolo 133, [primo comma,] lettera d), della direttiva 2006/112, senza applicare la stessa condizione agli organismi senza fini di lucro diversi dagli enti di diritto pubblico.

3)

In caso di risposta affermativa alla seconda questione, se il Regno Unito possa legittimamente escludere tutti gli enti di diritto pubblico dal beneficio dell’esenzione prevista dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera m) [della direttiva 2006/112] senza valutare caso per caso se la concessione dell’esenzione sia tale da provocare distorsioni della concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all’IVA».

IV – Procedimento dinanzi alla Corte

19.

La presente domanda di pronuncia pregiudiziale è stata depositata dinanzi alla Corte il 30 novembre 2015. Il municipio londinese di Ealing, il governo del Regno Unito e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte.

20.

Il 26 ottobre 2016 si è tenuta un’udienza, nel corso della quale il municipio londinese di Ealing, il governo del Regno Unito nonché la Commissione hanno presentato le loro osservazioni orali.

V – Analisi

A – Osservazioni preliminari

21.

La norma generale in materia di IVA, introdotta dall’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e c), della direttiva 2006/112, è che sono soggette all’IVA le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale.

22.

L’articolo 13 della direttiva 2006/112 esclude dalla nozione di soggetti passivi a fini IVA gli enti di diritto pubblico per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità. Tuttavia, allorché l’ente di diritto pubblico senza fini di lucro agisce in maniera analoga agli organismi diversi dagli enti di diritto pubblico (vale a dire in maniera analoga agli operatori economici privati), viene assoggettato ad IVA per le attività e le operazioni che risultano imponibili.

23.

L’articolo 132, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 impone agli Stati membri numerosi casi di esenzione a favore di alcune attività di interesse pubblico, tra le quali figurano, alla lettera m) della citata disposizione, i servizi sportivi quando sono forniti da organismi senza fini di lucro. L’obiettivo perseguito dal legislatore dell’Unione è di favorire la pratica dello sport e dell’educazione fisica, tenuto conto dei benefici da essi apportati alla popolazione in termini di sviluppo fisico e di salute.

24.

In deroga alla norma introdotta dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), l’articolo 133, primo comma, di tale direttiva attribuisce agli Stati membri la facoltà di subordinare la concessione dell’esenzione agli organismi senza fini di lucro diversi dagli enti di diritto pubblico all’osservanza di quattro diverse condizioni, tra le quali vi è, alla lettera d) di tale disposizione, quella relativa alla concorrenza. Secondo tale condizione, «le esenzioni non devono essere tali da provocare distorsioni della concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all’IVA».

25.

Tutti gli Stati membri possono applicare tale deroga.

26.

Ai soli Stati membri che in virtù dell’allegato E della sesta direttiva, al 1o gennaio 1989 applicavano l’IVA ai servizi sportivi ( 2 ), l’articolo 133, secondo comma, della direttiva 2006/112 offre una possibilità di deroga ulteriore, secondo cui gli Stati possono subordinare la concessione dell’esenzione agli enti di diritto pubblico senza fini di lucro al rispetto della sola condizione relativa alla concorrenza, vale a dire quella richiamata all’articolo 133, primo comma, lettera d), di tale direttiva. È vero che le altre condizioni elencate nell’ambito di tale disposizione e, in ogni caso, le condizioni elencate ai punti a) e b) sono più naturalmente destinate agli organismi senza fini di lucro di diritto privato ( 3 ).

27.

Da quanto sopra discende che un trattamento fiscale più favorevole è riservato agli enti di diritto pubblico senza fini di lucro tanto negli Stati membri che, al 1o gennaio 1989 applicavano l’IVA ai servizi sportivi in base all’allegato E della sesta direttiva, quanto negli Stati membri che non avevano fatto ricorso a tale facoltà.

28.

In sintesi, gli Stati membri che, al 1o gennaio 1989, applicavano l’IVA ai servizi sportivi in base all’allegato E della sesta direttiva possono subordinare la concessione dell’esenzione all’osservanza delle quattro condizioni previste all’articolo 133, primo comma, nel caso in cui il fornitore di servizi sportivi in questione sia un organismo senza fini di lucro diverso da quello di diritto pubblico, mentre per gli enti di diritto pubblico senza fini di lucro tale concessione può essere subordinata all’unica condizione riguardante la concorrenza.

29.

Gli Stati membri che non avevano fatto ricorso alla facoltà concessa dall’allegato E della sesta direttiva possono subordinare a condizioni solo l’esenzione concessa agli organismi senza fini di lucro diversi dagli enti di diritto pubblico, atteso che quelli di diritto pubblico sono definitivamente esentati sulla base dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva stessa. Ove gli Stati membri non ne impongano alcuna, i servizi in questione sono definitivamente esentati per tutti gli organismi senza fini di lucro.

30.

Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale emerge che il Regno Unito è uno degli Stati membri che, alla data del 1o gennaio 1989, applicavano l’IVA ai servizi sportivi in base all’allegato E della sesta direttiva.

31.

Risulta che la legislazione britannica di cui trattasi nel procedimento principale escluda d’ufficio gli enti di diritto pubblico senza fini di lucro (tra cui le autorità locali come il municipio londinese di Ealing) dal beneficio dell’esenzione dall’IVA per i servizi sportivi ( 4 ), e ciò senza alcun riferimento alla condizione relativa alla concorrenza, condizione al cui rispetto il Regno Unito può subordinare la concessione dell’esenzione in conformità all’articolo 133, secondo comma, della direttiva 2006/112.

32.

Ciò potrebbe indurre la Corte a ritenere che le questioni pregiudiziali siano puramente ipotetiche, atteso che con le medesime le viene chiesto di chiarire se il Regno Unito sia autorizzato a imporre agli enti di diritto pubblico la condizione relativa alla concorrenza sancita dall’articolo 133, primo comma, lettera d), della direttiva in parola e, in caso di soluzione affermativa, a quali condizioni, quando invece tale condizione non è in alcun modo contemplata nella legislazione britannica o nelle comunicazioni dell’amministrazione britannica che ne forniscono la spiegazione. Si dovrebbe pertanto concludere che l’IVA applicata ai servizi sportivi forniti dagli enti di diritto pubblico senza fini di lucro è priva di fondamento giuridico, posto che la regola è l’esenzione, eventualmente condizionata, il che non ricorre nel caso della normativa britannica la quale, come affermato dal governo del Regno Unito all’udienza, esclude semplicemente tali prestazioni dall’esenzione.

33.

Tutte le parti intervenute all’udienza hanno peraltro confermato che la legislazione britannica non faceva alcun espresso riferimento alla condizione relativa alla concorrenza indicata all’articolo 133, primo comma, lettera d) della direttiva stessa.

34.

Ciò posto, il giudice del rinvio, le parti nel procedimento principale nonché la Commissione muovono dal presupposto secondo cui l’esclusione delle autorità locali dal beneficio dell’esenzione dall’IVA sulle prestazioni dei servizi sportivi è il risultato dell’impiego, da parte del Regno Unito, della facoltà attribuitagli dal secondo comma dell’articolo 133 di subordinare la concessione dell’esenzione agli enti di diritto pubblico senza fini di lucro al rispetto della condizione secondo cui la stessa non deve essere «tal[e] da provocare distorsioni della concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all’IVA» ( 5 ).

35.

In sede di udienza, il municipio londinese di Ealing ha sottolineato come le autorità britanniche si dichiarassero autorizzate ad invocare la condizione relativa alla concorrenza, concezione che deve essere intesa come manifestazione della loro decisione di escludere le autorità locali dall’esenzione dal momento che le loro attività provocano necessariamente distorsioni concorrenziali.

36.

Il rappresentante del governo del Regno Unito ha espresso il proprio accordo rispetto a quanto affermato in proposito dal municipio londinese di Ealing, ritenendo che tale posizione fosse giustificata dal rischio che le autorità locali sovvenzionassero le attività sportive e che una distorsione a livello di concorrenza fosse il risultato del loro «probabile comportamento».

37.

La Commissione ha espresso il medesimo orientamento, ammettendo che la condizione relativa alla concorrenza non era in alcun modo contemplata expressis verbis nella legislazione britannica, ma che ciò non risultava necessario, data la flessibilità concessa agli Stati membri dalla direttiva in esame ( 6 ).

38.

Con riferimento all’ipotesi in cui la Corte dovesse accogliere la tesi secondo cui la legislazione britannica ha imposto implicitamente la condizione relativa alla concorrenza, intendo fondare il mio ragionamento, nel prosieguo delle presenti conclusioni, sul presupposto che, per il legislatore e per l’amministrazione tributaria britannici, la concessione dell’esenzione dall’IVA dei servizi sportivi forniti dagli enti di diritto pubblico senza fini di lucro, sia ««tal[e] da provocare distorsioni della concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all’IVA» ( 7 )in tutti i casi. Se la condizione risulta implicitamente presente nella legislazione britannica, si presume tuttavia che essa non sia mai soddisfatta.

B – Sulla prima questione pregiudiziale

39.

Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’articolo 133, secondo comma, della direttiva 2006/112 consenta ad uno Stato membro di imporre agli enti di diritto pubblico la condizione relativa alla concorrenza prevista all’articolo 133, primo comma, lettera d) della direttiva in parola nel caso in cui, ai sensi dell’allegato E della sesta direttiva, tale Stato membro assoggettasse all’IVA, al 1o gennaio 1989, solo talune prestazioni di servizi sportivi, esentandone altre.

40.

Condivido la posizione del governo del Regno Unito e della Commissione secondo cui la soluzione a tale questione deve essere affermativa.

41.

Come risulta dal suo tenore letterale, l’articolo 133, secondo comma, della direttiva 2006/112 non esige che tutte le prestazioni di servizi sportivi siano state assoggettate all’IVA alla data del 1o gennaio 1989 affinché lo Stato membro possa imporre, al termine del periodo transitorio, la condizione relativa alla concorrenza agli enti di diritto pubblico senza fini di lucro. Al contrario, esso si riferisce in termini generici agli Stati membri «che in virtù dell’allegato E della [sesta direttiva], al 1o gennaio 1989 applicavano l’IVA alle operazioni di cui all’articolo 132, paragrafo 1, letter[a] m)», il che si verificava nel caso del Regno Unito.

42.

Anche se sarebbe stato più chiaro un riferimento agli Stati membri «che in virtù dell’allegato E della [sesta direttiva], al 1o gennaio 1989 applicavano l’IVA [ad alcune] operazioni di cui all’articolo 132, paragrafo 1, letter[a] m)» ( 8 ), un’interpretazione contraria non sarebbe coerente con lo scopo della sesta direttiva ( 9 ), che era quello di consentire agli Stati membri, per un periodo transitorio, di prorogare il regime di sottoposizione all’IVA di dette prestazioni di servizi. In altri termini, gli Stati membri erano in precedenza liberi di sottoporre le prestazioni di servizi sportivi all’IVA, senza tuttavia esservi tenuti. Ne consegue che alla data del 1o gennaio 1989 la sottoposizione all’IVA non doveva necessariamente avere ad oggetto tutte le prestazioni di servizi sportivi.

43.

Il municipio londinese di Ealing replica affermando che un’interpretazione letterale e rigorosa della frase «quando dette cessioni di beni o prestazioni di servizi effettuate da enti di diritto pubblico beneficiano dell’esenzione» che compare all’articolo 133, secondo comma, della direttiva 2006/112 avrebbe imposto al Regno Unito di esentare le operazioni di cui trattasi in occasione della modifica della sua legislazione nel 1994, prima di applicare la condizione relativa alla concorrenza.

44.

La mia interpretazione è diversa. Invero, gli stessi termini impiegati dal legislatore dell’Unione contraddicono una simile interpretazione. La disposizione in parola riguarda infatti le prestazioni di servizi che «beneficiano dell’esenzione» e non quelle che all’epoca «beneficiavano dell’esenzione». La scelta di uno Stato membro di procedere simultaneamente all’esenzione dei servizi sportivi e all’applicazione della condizione relativa alla concorrenza non può essere considerata incompatibile con il diritto dell’Unione. Al contrario, tale procedura è identica a quella adottata dall’articolo 1, paragrafo 1), punto 1), della diciottesima direttiva ( 10 ), con cui il legislatore dell’Unione aveva obbligato gli Stati membri «che al 1o gennaio 1989 hanno applicato l’imposta sul valore aggiunto [alle prestazioni di servizi sportivi] di cui all’allegato E [della sesta direttiva]», a esentarli a partire dal 1o gennaio 1990, consentendo loro nel contempo di subordinare la concessione dell’esenzione agli enti di diritto pubblico senza fini di lucro a talune condizioni.

45.

Il fatto che il Regno Unito non fosse tenuto ad esentare dall’IVA la prestazione di servizi sportivi prima di dare applicazione alla condizione relativa alla concorrenza si basa anche sulla necessità di fornire alla direttiva 2006/112 un’interpretazione e un’applicazione coerenti rispetto alla diciottesima direttiva.

46.

La direttiva 2006/112 è infatti una semplice riformulazione delle direttive IVA precedenti, segnatamente della sesta e della diciottesima direttiva, che non contiene alcuna modifica sostanziale ( 11 ). Il tenore dell’articolo 1 della diciottesima direttiva ha posto un termine, a partire dal 1o gennaio 1990, al periodo transitorio nel corso del quale i servizi sportivi forniti da organismi senza fini di lucro potevano continuare ad essere assoggettati all’IVA. Tale articolo si pone altresì all’origine dell’articolo 133, secondo comma, della direttiva 2006/112.

47.

L’articolo 1 della diciottesima direttiva non utilizza peraltro i termini «quando dette [prestazioni di servizi sportivi] effettuate da enti di diritto pubblico beneficiano dell’esenzione», dal che risulta che non vi era l’intenzione di aggiungere una condizione supplementare affinché gli Stati membri potessero applicare ai servizi effettuati da enti di diritto pubblico senza fini di lucro la condizione relativa alla concorrenza. Il citato articolo richiedeva semplicemente che le operazioni in questione fossero assoggettate all’IVA al 1o gennaio 1989 affinché lo Stato membro interessato potesse imporre la condizione relativa alla concorrenza alle attività condotte da enti di diritto pubblico senza fini di lucro.

48.

Alla luce di quanto sopra, propongo alla Corte di rispondere alla prima questione statuendo che l’articolo 133, primo comma, lettera d), e secondo comma, della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che esso consente agli Stati membri di imporre la condizione relativa alla concorrenza agli enti di diritto pubblico senza fini di lucro benché taluni servizi sportivi, diversi da quelli assoggettati all’IVA al 1o gennaio 1989, beneficiassero dell’esenzione a quella stessa data e benché i servizi sportivi in questione non fossero esentati, in base al diritto nazionale, prima che lo Stato membro facesse ricorso alla condizione prevista dall’articolo 133, primo comma, lettera d), della direttiva 2006/112.

C – Sulla seconda questione pregiudiziale

49.

Con la sua seconda questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 133, secondo comma, della direttiva 2006/112 autorizzi uno Stato membro che, ai sensi della sesta direttiva, applicasse, al 1o gennaio 1989, l’IVA ai servizi sportivi, a imporre l’IVA ai servizi sportivi ( 12 ) forniti dagli enti senza scopo di lucro di diritto pubblico ( 13 ) quando invece esenta gli altri organismi senza fini di lucro, senza imporre loro alcuna delle condizioni previste dall’articolo 133, primo comma, della direttiva stessa, e segnatamente quella relativa alla concorrenza sancita alla lettera d) della citata disposizione.

50.

Propongo di risolvere negativamente tale questione per le ragioni che seguono.

51.

Come ho sottolineato ai paragrafi 23 e 24 delle presenti conclusioni, l’articolo 132 della direttiva 2006/112 impone agli Stati membri il principio dell’esenzione dei servizi sportivi forniti da tutti gli organismi senza fini di lucro, siano essi di diritto pubblico o meno. Tuttavia, detto principio subisce eccezioni, atteso che l’articolo 133 della direttiva in parola indica le condizioni alle quali gli Stati membri possono subordinare la concessione dell’esenzione.

52.

Tutti gli Stati membri possono assoggettare l’esenzione dall’IVA dei servizi sportivi forniti dagli organismi senza fini di lucro diversi dagli enti di diritto pubblico alle quattro condizioni contemplate dall’articolo 133, primo comma, lettere da a) a d).

53.

Solo gli Stati membri che, alla data del 1o gennaio 1989, applicavano l’IVA ai servizi sportivi forniti dagli organismi senza fini di lucro, di diritto pubblico o meno, possono anche (a partire dal 1o gennaio 1990) sottoporre l’esenzione dei servizi sportivi forniti dagli enti di diritto pubblico alla sola condizione riguardante la concorrenza sancita alla lettera d) di tale disposizione ( 14 ).

54.

Ciò detto, il tenore letterale dell’articolo 133, secondo comma pone varie difficoltà. Esso consente in particolare agli Stati membri che, al 1o gennaio 1989 applicavano l’IVA ai servizi sportivi in virtù dell’allegato E della sesta direttiva, di applicare «le condizioni di cui al primo comma, lettera d) [del presente articolo]», quando invece si tratta di un’unica condizione. Esso non specifica neppure a chi siano applicabili tali condizioni, benché evochi l’esenzione di cui trattasi solo per gli enti di diritto pubblico senza fini di lucro.

55.

Oltretutto, esso impiega i termini «quando dette (…) prestazioni di servizi effettuate da enti di diritto pubblico beneficiano dell’esenzione», il che poteva far credere che taluni Stati membri potessero mantenere l’IVA sui servizi sportivi forniti dagli enti di diritto pubblico senza fini di lucro, il che, a mio modo di vedere, sarebbe contrario alla regola di esenzione instaurata dal legislatore dell’Unione.

56.

A fronte di tale scarsa chiarezza della lettera dell’articolo 133, secondo comma, della direttiva citata, osservo che il tenore letterale dell’articolo 1, paragrafo 1, punto 1), della diciottesima direttiva, cui si presume che la direttiva 2006/112 non abbia apportato la benché minima modifica sostanziale ( 15 ), risulta più chiaro.

57.

Ai sensi di tale disposizione, «[g]li Stati membri che al 1o gennaio 1989 hanno applicato l’[IVA] alle operazioni di cui [ai servizi sportivi] sono autorizzati ad applicare [la condizione relativa alla concorrenza] anche alle prestazioni di servizio (…) previste dall’articolo 13, parte A, paragrafo 1, letter[a] m) (…) effettuate da parte di organismi di diritto pubblico».

58.

Il citato tenore letterale dimostra chiaramente, anzitutto, che l’esenzione dei servizi sportivi forniti dagli organismi di diritto pubblico deve essere la norma, anche negli Stati membri i quali, come il Regno Unito, applicavano l’IVA a tali servizi alla data del 1o gennaio 1989 in virtù dell’allegato E della sesta direttiva e, in secondo luogo, che per gli organismi di diritto pubblico senza fini di lucro la concessione dell’esenzione può essere subordinata alla condizione relativa alla concorrenza.

59.

Peraltro, alla luce della giurisprudenza della Corte, le condizioni alle quali gli Stati membri possono subordinare il beneficio dell’esenzione «non riguardano in alcun modo la definizione del contenuto delle esenzioni» ( 16 ), atteso che gli Stati membri «[non possono] assoggettar[e] [l’esenzione] a condizioni diverse da quelle previste [dalla direttiva]» ( 17 ).

60.

Ne consegue che se la diversità di trattamento in favore degli enti di diritto pubblico senza fini di lucro ( 18 ) è, come osservato dalla Commissione, intrinseca alla direttiva 2006/112, gli Stati membri non possono modificare né il senso né la portata di tale diversità.

61.

Orbene, nella presente causa, la normativa britannica in esame inverte tale diversità di trattamento, laddove non subordina la concessione dell’esenzione agli organismi senza fini di lucro diversi dagli enti di diritto pubblico ad alcuna delle condizioni contemplate dall’articolo 133, primo comma, della direttiva stessa, mentre esclude in termini generali le autorità locali dal beneficio dell’esenzione, presumendo implicitamente che la condizione relativa alla concorrenza, che sarebbe loro imposta, non possa mai risultare soddisfatta per quanto li riguarda.

62.

Tale normativa presuppone una lettura dell’articolo 133 della direttiva in questione assai diversa dalla mia, e secondo cui i due commi di tale articolo sono indipendenti l’uno dall’altro, al punto da lasciare agli Stati membri che, in virtù dell’allegato E della sesta direttiva, applicavano al 1o gennaio 1989 l’IVA ai servizi sportivi, una totale discrezionalità in sede di concessione dell’esenzione.

63.

Considero tale lettura contraria tanto alla lettera del secondo comma dell’articolo 133, quanto al principio di neutralità fiscale.

64.

Infatti, come l’articolo 1, paragrafo 1, punto 1), della diciottesima direttiva, l’articolo 133, secondo comma, della direttiva 2006/112 prevede che gli Stati membri che in virtù dell’allegato E della sesta direttiva al 1o gennaio 1989 applicavano l’IVA ai servizi sportivi «possono […] anche» ( 19 ) subordinare la concessione dell’esenzione agli organismi di diritto pubblico senza fini di lucro alla condizione relativa alla concorrenza.

65.

A mio modo di vedere, l’impiego del termine «anche» implica che tali Stati membri possono subordinare la concessione dell’esenzione agli enti di diritto pubblico senza fini di lucro a tale condizione solo qualora la applichino già agli altri organismi senza fini di lucro.

66.

Giungo al medesimo il risultato in base al principio di neutralità fiscale che costituisce l’espressione, in materia di IVA, del generale principio di parità di trattamento.

67.

Si deve infatti rammentare che il principio di neutralità fiscale si oppone a che merci o prestazioni di servizi simili, che si trovano in concorrenza tra di loro, siano trattate diversamente dal punto di vista dell’IVA ( 20 ).

68.

Nella specie, i servizi sportivi forniti dal municipio londinese di Ealing (ossia, segnatamente, l’accesso a palestre e piscine) sono indubbiamente simili ai servizi forniti dagli organismi diversi dagli enti di diritto pubblico. Si tratta di prestazioni di servizi che si trovano in concorrenza tra loro che dovrebbero essere trattate in maniera analoga. Ci si chiede perché sia necessario pagare l’IVA per andare in piscina a seconda del fatto che essa sia gestita da un organismo senza fini di lucro di diritto pubblico o di diritto privato.

69.

Propongo per tali ragioni alla Corte di risolvere la seconda questione dichiarando che l’articolo 133, secondo comma, della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che uno Stato membro il quale, in virtù della sesta direttiva, al 1o gennaio 1989 applicava l’IVA ai servizi sportivi, può subordinare la concessione dell’esenzione dall’IVA agli enti di diritto pubblico senza fini di lucro alla condizione relativa alla concorrenza contemplata dall’articolo 133, primo comma, lettera d), della direttiva stessa solo nel caso in cui esso applichi tale condizione anche alle prestazioni fornite dagli altri organismi senza fini di lucro.

D – Sulla terza questione pregiudiziale

70.

Affronto la terza questione solo per l’eventualità in cui la Corte dovesse statuire che il Regno Unito poteva subordinare la concessione dell’esenzione dall’IVA sui servizi sportivi forniti dagli enti di diritto pubblico senza fini di lucro alla condizione relativa alla concorrenza di cui all’articolo 133, primo comma, lettera d), della direttiva 2006/112, pur non applicando tale condizione alle prestazioni fornite dagli altri organismi senza fini di lucro.

71.

Con la sua terza questione il giudice del rinvio chiede alla Corte se l’articolo 133, secondo comma, della direttiva 2006/112 consenta agli Stati membri che al 1o gennaio 1989 applicavano l’IVA ai servizi sportivi in virtù della sesta direttiva di escludere tutti gli enti di diritto pubblico senza fini di lucro dal beneficio dell’esenzione delle prestazioni di tali servizi senza aver verificato, caso per caso, se la concessione di tale esenzione fosse tale da provocare distorsioni della concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all’IVA.

72.

Uno Stato membro non può, a mio avviso, escludere, in termini generali, tutti gli enti di diritto pubblico senza fini di lucro dall’esenzione, anche nel caso in cui applicasse, al 1o gennaio 1989, l’IVA ai servizi sportivi.

73.

Come ho sottolineato al paragrafo 23 delle presenti conclusioni, la norma introdotta dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva 2006/112 obbliga gli Stati membri ad esentare dall’IVA la prestazione di servizi sportivi da parte di organismi senza fini di lucro.

74.

Anche all’epoca in cui l’articolo 13, parte A, paragrafo 1, della sesta direttiva prevedeva che «gli Stati membri esonerano [i servizi sportivi], alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni previste in appresso e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso», la Corte aveva dichiarato che «[tali] condizioni (…) non riguarda[va]no in alcun modo la definizione del contenuto delle esenzioni previste da detta disposizione» ( 21 ).

75.

La Corte aveva inoltre stabilito che «da tale disposizione non risulta[va] che uno Stato membro, nel concedere un’esenzione per una determinata prestazione di servizi strettamente connessi con la pratica dello sport o dell’educazione fisica, fornita da organismi senza fini di lucro, po[tesse] assoggettarla a condizioni diverse da quelle previste all’articolo 13, parte A, paragrafo 2» ( 22 ).

76.

Atteso che la direttiva 2006/112 non ha in alcun modo modificato le condizioni che erano previste all’articolo 13, parte A, paragrafo 2, della sesta direttiva, da tale giurisprudenza risulta che gli Stati membri sono obbligati a concedere l’esenzione prevista dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva 2006/112, imponendo, se del caso, le sole condizioni contemplate dagli articoli 132 e 133, senza aggiungerne altre.

77.

Per quanto riguarda le condizioni attinenti alla concessione dell’esenzione previste dall’articolo 133 della direttiva in parola, e in particolare la condizione relativa alla concorrenza, la Corte ha dichiarato che «tale facoltà (…) non consent[iva] di adottare misure generali (…) che limita[no] l’ambito di applicazione di dette esenzioni. Infatti, secondo la giurisprudenza della Corte relativa alle corrispondenti disposizioni della sesta direttiva, uno Stato membro non può, subordinando l’esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), di detta direttiva, ad una o più condizioni previste all’articolo 133 di quest’ultima, modificare il campo di applicazione di tale esenzione» ( 23 ).

78.

Su questa base, la Corte ha dichiarato contrarie agli articoli 132 e 133 della direttiva stessa varie disposizioni del diritto degli Stati membri, e segnatamente una disposizione di diritto spagnolo che limitava l’ambito di applicazione dell’esenzione agli organismi o agli stabilimenti sportivi privati a carattere sociale le cui quote d’ingresso o i cui canoni periodici non superavano un certo importo ( 24 ).

79.

È in questo quadro di riferimento che va affrontata la questione posta dal giudice del rinvio, intesa a chiarire se uno Stato membro possa escludere tutti gli enti senza scopo di lucro di diritto pubblico, di cui fanno parte le autorità locali, dal beneficio dell’esenzione delle prestazioni di servizi sportivi, senza aver verificato, caso per caso, se la concessione di detta esenzione sia tale da provocare distorsioni della concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all’IVA.

80.

Sul punto, le parti hanno posizioni divergenti. Per un verso, il municipio londinese di Ealing ritiene che la valutazione del rischio di distorsioni concorrenziali debba essere svolta, come nel caso degli organismi senza fini di lucro diversi dagli enti di diritto pubblico, «caso per caso» ( 25 ), tenendo conto delle circostanze specifiche attinenti a ciascuna attività sportiva.

81.

Per altro verso, il governo del Regno Unito e la Commissione ritengono che, in conformità alla sentenza del 16 settembre 2008, Isle of Wight Council e a. (C‑288/07, EU:C:2008:505, punti da 48 a 53), la valutazione di detto rischio non possa essere compiuta al livello locale di ciascun organismo senza fini di lucro bensì, al contrario, in termini generali su scala nazionale.

82.

La citata sentenza riguardava l’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 5, della sesta direttiva (attualmente articolo 13 della direttiva 2006/112) secondo cui gli «organismi di diritto pubblico non [erano] considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercita[va]no in quanto pubbliche autorità, anche quando, in relazione a tali attività od operazioni, percepi[vano] diritti, canoni, contributi o retribuzioni».

83.

In merito a tale disposizione la Corte ha dichiarato, al punto 53 della sentenza del 16 settembre 2008, Isle of Wight Council e a. (C‑288/07, EU:C:2008:505) che «le distorsioni di concorrenza di una certa importanza che sarebbero provocate dal non assoggettamento degli enti di diritto pubblico operanti in quanto autorità pubbliche devono essere valutate con riferimento all’attività in questione, in quanto tale, senza che tale valutazione abbia per oggetto un mercato locale in particolare» ( 26 ).

84.

Ad avviso del municipio londinese di Ealing, tale giurisprudenza è solo parzialmente ( 27 ) trasponibile alla presente causa, atteso che l’articolo 13 della direttiva 2006/112 riguarda un’altra problematica, vale a dire quella di stabilire se un ente di diritto pubblico sia o meno un soggetto passivo. Per contro, la questione che si pone nella presente causa non sarebbe la sua qualità di soggetto passivo, bensì l’esistenza di una distorsione concorrenziale nel caso in cui gli fosse concessa l’esenzione.

85.

Sono anch’io di questo parere. L’articolo 13, paragrafo 1, primo comma, della direttiva in esame ha ad oggetto la qualità di soggetto passivo degli enti di diritto pubblico e prevede che essi «non sono considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità». L’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva stessa traccia una correlazione con l’esenzione dei servizi sportivi prevista dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva stessa affermando che «[g]li Stati membri possono considerare come attività della pubblica amministrazione le attività degli enti di diritto pubblico quando esse sono esenti a norma degli articoli 132 (…)» della medesima direttiva.

86.

Orbene, ad avviso del giudice del rinvio, nel fornire taluni servizi sportivi il municipio londinese di Ealing non afferma di agire in veste di pubblica autorità ai sensi dell’articolo 13, il che non è contestato dall’amministrazione tributaria..

87.

Peraltro, un’applicazione del principio enucleato al punto 53 della sentenza del 16 settembre 2008, Isle of Wight Council e a. (C‑288/07, EU:C:2008:505) sarebbe contraria al tenore letterale dell’articolo 133 della direttiva 2006/112, secondo cui il collegamento tra la concessione dell’esenzione e il rispetto di talune condizioni, tra cui quella relativa alla concorrenza, deve essere svolto «caso per caso».

88.

È certo vero che tale qualificazione compare solo al primo comma di tale articolo, che riguarda gli organismi senza scopo di lucro diversi dagli enti di diritto pubblico. Tuttavia, non vi è alcuna ragione convincente, né ne forniscono alcuna il governo del Regno Unito e la Commissione, che giustificherebbe un’applicazione differenziata della stessa condizione per gli enti di diritto pubblico senza fini di lucro.

89.

I termini impiegati nelle altre versioni linguistiche della direttiva 2006/112 rendono ancora più chiaro il fatto che l’analisi delle condizioni indicate all’articolo 133, primo comma della citata direttiva deve essere compiuta in maniera individualizzata per ciascun organismo. Cito quali esempi le versioni nelle lingue inglese («in each individual case»), greca («χωριστά για κάθε περίπτωση») e tedesca («im Einzelfall»).

90.

La Commissione menziona le difficoltà che le autorità locali e gli operatori privati affronterebbero, alla luce dei punti da 49 a 51 della sentenza del 16 settembre 2008, Isle of Wight Council e a. (C‑288/07, EU:C:2008:505), qualora dovessero procedere a un esame «caso per caso», e segnatamente la necessità di un «riesame sistematico, sulla base di analisi economiche sovente complesse, delle condizioni di concorrenza in moltissimi mercati locali la cui determinazione può rivelarsi particolarmente difficile in quanto la delimitazione di questi ultimi non coincide necessariamente con la competenza territoriale delle autorità locali» ( 28 ).

91.

Ci si chiede tuttavia per quale ragione una tale valutazione non sia praticabile nel caso di enti senza scopo di lucro di diritto pubblico, mentre lo sarebbe nel caso degli altri organismi ( 29 ).

92.

Per tali ragioni propongo alla Corte di risolvere la terza questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 133, secondo comma, della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che esso non consente ad uno Stato membro di escludere, in termini generali, tutti gli enti di diritto pubblico senza fini di lucro dal beneficio dell’esenzione delle prestazioni di servizi sportivi, senza aver verificato, caso per caso, se la concessione di detta esenzione sia tale da provocare distorsioni della concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all’IVA.

VI – Conclusione

93.

Alla luce di quanto sopra propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali proposte dal First-tier Tribunal (Tax Chamber) [Tribunale di primo grado (sezione tributaria)] nei seguenti termini:

1)

L’articolo 133, primo comma, lettera d), e secondo comma, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che esso consente agli Stati membri di imporre la condizione relativa alla concorrenza agli enti di diritto pubblico benché taluni servizi sportivi, diversi da quelli assoggettati all’IVA al 1o gennaio 1989, beneficiassero dell’esenzione a quella stessa data e benché i servizi sportivi in questione non fossero esentati, in base al diritto nazionale, prima che lo Stato membro facesse ricorso alla condizione prevista dall’articolo 133, primo comma, lettera d), della direttiva 2006/112.

2)

L’articolo 133, primo comma, lettera d) e secondo comma, della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che uno Stato membro il quale, in virtù della direttiva 77/388/CEE, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, al 1o gennaio 1989 applicava l’IVA ai servizi sportivi può subordinare la concessione dell’esenzione dall’IVA agli enti di diritto pubblico senza fini di lucro alla condizione relativa alla concorrenza contemplata dall’articolo 133, primo comma, lettera d), della direttiva stessa solo nel caso in cui esso applichi tale condizione anche alle prestazioni fornite dagli altri organismi senza fini di lucro.

3)

L’articolo 133, secondo comma, della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che esso non consente agli Stati membri che, in virtù della direttiva 77/388, al 1o gennaio 1989 applicavano l’IVA ai servizi sportivi di escludere, in termini generali, tutti gli enti di diritto pubblico senza fini di lucro dal beneficio dell’esenzione delle prestazioni di servizi sportivi, senza aver verificato, caso per caso, se la concessione di detta esenzione sia tale da provocare distorsioni della concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all’IVA.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) Ad avviso della Commissione, gli Stati membri interessati da tale disposizione sono la Repubblica federale di Germania e il Regno Unito.

( 3 ) Ai sensi dell’articolo 133, primo comma, lettera a), della direttiva 2006/112 «gli organismi in questione non devono avere per fine la ricerca sistematica del profitto: gli eventuali profitti non dovranno mai essere distribuiti ma dovranno essere destinati al mantenimento o al miglioramento delle prestazioni fornite». Ai sensi della lettera b) di tale disposizione, «gli organismi in questione devono essere gestiti ed amministrati a titolo essenzialmente gratuito da persone che non hanno di per sé o per interposta persona alcun interesse diretto o indiretto ai risultati della gestione». Ai sensi dell’articolo 133, primo comma, lettera c), della direttiva stessa, «gli organismi in questione devono praticare prezzi approvati dalle autorità pubbliche o che non superino detti prezzi ovvero, per le operazioni i cui prezzi non sono sottoposti ad approvazione, praticare prezzi inferiori a quelli richiesti per operazioni analoghe da imprese commerciali soggette all’IVA».

( 4 ) Fatta eccezione per i diritti di partecipazione ad una competizione sportiva, che sono esenti da IVA per tutti gli organismi senza fini di lucro.

( 5 ) Articolo 133, primo comma, lettera d), della direttiva stessa, cui si riferisce il suo articolo 133, secondo comma.

( 6 ) Benché il rappresentante della Commissione, a proposito della flessibilità concessa agli Stati, abbia citato un proverbio che potrebbe applicarsi al caso di specie: «Give him an inch, he will take a mile» (dategli un dito, si prenderà un braccio).

( 7 ) Articolo 133, primo comma, lettera d), della direttiva citata.

( 8 ) Il corsivo è mio.

( 9 ) V. articolo 28, paragrafo 3, lettera a), in combinato disposto con l’allegato E, punto 4, della sesta direttiva. Il carattere transitorio di tali disposizioni, che consentono di derogare temporaneamente all’esenzione delle prestazioni di servizi sportivi sancita dall’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera m), della direttiva stessa, implica che esse non ostavano ad un’esenzione parziale di tali prestazioni di servizi. V., per analogia, sentenza del 29 aprile 1999, Norbury Developments (C‑136/97, EU:C:1999:211, punti 1920).

( 10 ) V. supra, paragrafo 5.

( 11 ) V. considerando 1 e 3 della direttiva.

( 12 ) Fatta eccezione per i diritti di partecipazione a competizioni sportive.

( 13 ) Imponendo loro la condizione relativa alla concorrenza sancita dall’articolo 133, primo comma, lettera d), della direttiva stessa e ritenendo che tale condizione non sia mai soddisfatta per quanto li riguarda.

( 14 ) V. articolo 133, secondo comma, della direttiva citata. Come ho già osservato al paragrafo 26 delle presenti conclusioni, mi sembra che le condizioni elencate alle lettere da a) a c) della disposizione in parola siano più adatte ad essere applicate agli organismi senza fini di lucro di diritto privato che a quelli di diritto pubblico.

( 15 ) V. i considerando 1 e 3 di tale direttiva.

( 16 ) Sentenza del 7 maggio 1998, Commissione/Spagna (C‑124/96, EU:C:1998:204, punto 11).

( 17 ) Sentenza del 7 maggio 1998, Commissione/Spagna (C‑124/96, EU:C:1998:204, punto 18 e giurisprudenza ivi citata).

( 18 ) V. paragrafi da 24 a 27 delle presenti conclusioni.

( 19 ) Il corsivo è mio.

( 20 ) V. sentenze dell’8 maggio 2003, Commissione/Francia (C‑384/01, EU:C:2003:264, punto 25 e giurisprudenza ivi citata), e del 10 novembre 2011, The Rank Group (C‑259/10 e C‑260/10, EU:C:2011:719, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

( 21 ) Sentenza del 7 maggio 1998, Commissione/Spagna (C‑124/96, EU:C:1998:204, punto 11 e giurisprudenza ivi citata).

( 22 ) Sentenza del 7 maggio 1998, Commissione/Spagna (C‑124/96, EU:C:1998:204, punto 18). In realtà, tali condizioni sono rimaste identiche nell’articolo 132 della direttiva 2006/112.

( 23 ) Sentenza del 19 dicembre 2013, Bridport and West Dorset Golf Club (C‑495/12, EU:C:2013:861, punto 35) e giurisprudenza ivi citata. V. altresì, in tal senso, sentenza del 25 febbraio 2016, Commissione/Paesi Bassi (C‑22/15, non pubblicata, EU:C:2016:118, punto 38).

( 24 ) Sentenza del 7 maggio 1998, Commissione/Spagna (C‑124/96, EU:C:1998:204, punto 19).

( 25 ) Articolo 133, primo comma, della direttiva 2006/112.

( 26 ) Il corsivo è mio.

( 27 ) Al pari della Commissione, il municipio londinese di Ealing accetta le distorsioni di concorrenza siano valutate rispetto all’attività sportiva in questione.

( 28 ) Punto 49 di tale sentenza.

( 29 ) Risulta strano, del resto, constatare come la normativa del Regno Unito prescriva una simile analisi caso per caso per l’esenzione dall’IVA applicabile ai servizi culturali, che è oggetto di lunghe spiegazioni al punto 3.8 della nota IVA 701/47 sulla cultura (VAT Notice 701/47: culture).