CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 26 luglio 2017 ( 1 )

Causa C‑557/15

Commissione europea

contro

Repubblica di Malta

«Inadempimento di uno Stato membro – Conservazione degli uccelli selvatici – Direttiva 2009/147/CE – Regime derogatorio che consente la cattura di talune specie di uccelli canori»

1.

Nel presente procedimento per inadempimento la Commissione sostiene che la normativa maltese che consente la cattura di sette specie di fringillidi selvatici ( 2 ) viola la direttiva 2009/147/CE (la «direttiva sugli uccelli selvatici») ( 3 ) e che le disposizioni nazionali in questione non rientrano nella deroga prevista all’articolo 9, paragrafo 1, di detta direttiva che in certi casi consente la cattura di talune specie. Come richiesto dalla Corte, nelle presenti conclusioni mi limiterò a esaminare l’interpretazione della condizione che recita «sempre che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti» e dell’espressione «impieghi misurati» di cui all’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), che solleva una nuova questione di diritto.

La direttiva sugli uccelli selvatici

2.

I considerando da 3 a 5, 7 e 12 sono così formulati:

«(3)

Per molte specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri si registra una diminuzione, in certi casi rapidissima, della popolazione e tale diminuzione rappresenta un serio pericolo per la conservazione dell’ambiente naturale, in particolare poiché minaccia gli equilibri biologici.

(4)

Le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri sono in gran parte specie migratrici. Tali specie costituiscono un patrimonio comune e l’efficace protezione degli uccelli è un problema ambientale tipicamente transnazionale, che implica responsabilità comuni.

(5)

La conservazione delle specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri è necessaria per raggiungere gli obiettivi [dell’Unione] in materia di miglioramento delle condizioni di vita e di sviluppo sostenibile.

(…)

(7)

La conservazione si prefigge la protezione a lungo termine e la gestione delle risorse naturali in quanto parte integrante del patrimonio dei popoli europei. (…)

(…)

(12)

Data l’importanza che possono avere talune situazioni particolari, occorre prevedere la possibilità di deroghe a determinate condizioni e sotto il controllo della Commissione».

3.

L’articolo 1 stabilisce che la direttiva «concerne la conservazione di tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato» e che «[e]ssa si prefigge la protezione, la gestione e la regolazione di tali specie e ne disciplina lo sfruttamento».

4.

L’articolo 2 prevede che «[g]li Stati membri adottano le misure necessarie per mantenere o adeguare la popolazione di tutte le specie di uccelli di cui all’articolo 1 a un livello che corrisponde in particolare alle esigenze ecologiche, scientifiche e culturali, pur tenendo conto delle esigenze economiche e ricreative».

5.

L’articolo 5 dispone che:

«Fatti salvi gli articoli 7 e 9, gli Stati membri adottano le misure necessarie per instaurare un regime generale di protezione di tutte le specie di uccelli di cui all’articolo 1, che comprenda in particolare il divieto:

a)

di ucciderli o di catturarli deliberatamente con qualsiasi metodo;

(…)

e)

di detenere gli uccelli delle specie di cui sono vietate la caccia e la cattura».

6.

L’articolo 8 vieta, per quanto riguarda la caccia, la cattura o l’uccisione di uccelli nel quadro della direttiva sugli uccelli selvatici, «il ricorso a qualsiasi mezzo, impianto o metodo di cattura o di uccisione in massa o non selettiva o che possa portare localmente all’estinzione di una specie, in particolare quelli elencati all’allegato IV, lettera a)».

7.

Uno dei mezzi, impianti o metodi di cattura vietati, indicati all’allegato IV, lettera a), quarto trattino, è l’uso di «reti, trappole, esche avvelenate o tranquillanti».

8.

L’articolo 9, paragrafo 1, dispone quanto segue:

«1.   Sempre che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti, gli Stati membri possono derogare agli articoli da 5 a 8 per le seguenti ragioni:

a)

nell’interesse della salute e della sicurezza pubblica;

nell’interesse della sicurezza aerea;

per prevenire gravi danni alle colture, al bestiame, ai boschi, alla pesca e alle acque,

per la protezione della flora e della fauna;

b)

ai fini della ricerca e dell’insegnamento, del ripopolamento e della reintroduzione nonché per l’allevamento connesso a tali operazioni;

c)

per consentire in condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di determinati uccelli in piccole quantità».

9.

Ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, le deroghe di cui all'articolo9, paragrafo 1, devono menzionare:

«a)

le specie che formano oggetto delle medesime;

b)

i mezzi, gli impianti o i metodi di cattura o di uccisione autorizzati;

c)

le condizioni di rischio e le circostanze di tempo e di luogo in cui esse possono essere applicate;

d)

l’autorità abilitata a dichiarare che le condizioni stabilite sono soddisfatte e a decidere quali mezzi, impianti o metodi possano essere utilizzati, entro quali limiti e da quali persone;

e)

i controlli che saranno effettuati».

10.

L’articolo 9, paragrafo 3, impone agli Stati membri di inviare ogni anno alla Commissione una relazione sull’applicazione dei paragrafi 1 e 2 del medesimo articolo.

11.

L’articolo 9, paragrafo 4, stabilisce che la Commissione, in base alle informazioni di cui dispone, in particolare quelle comunicatele ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 3, «vigila costantemente affinché le conseguenze delle deroghe di cui all'articolo 9, paragrafo 1 non siano incompatibili con la presente direttiva». La Commissione è tenuta a prendere «adeguate iniziative» in merito.

Diritto nazionale

Decreto n. 253 del 2014

12.

Il Legal Notice 253 of 2014 ( 4 ) on the Conservation of Wild Birds (decreto n. 253 del 2014 sulla conservazione degli uccelli selvatici) è un atto di portata generale che fissa il quadro per la deroga che apre una stagione autunnale di cattura di fringillidi vivi.

13.

L’articolo 2, paragrafo 2, di tale decreto definisce la «stazione di cattura di uccelli vivi» come «la zona di copertura all’interno del sito di cattura di uccelli vivi contenente non più di due paia di reti da uccellagione orizzontali per ciascuna stazione di cattura, con una superficie non superiore a 38 metri quadrati per ciascuna rete, stazione che può essere registrata a nome di uno o più titolari di licenza e ogni paio di reti sarà chiaramente indicato nel piano approvato».

14.

L’articolo 3, paragrafo 1, prevede che «i fringillidi possono essere catturati solo mediante l’uso di reti tradizionali note come reti da uccellagione, esclusivamente allo scopo di detenerli in cattività[ ( 5 )], compreso l’uso in fiere e mostre, per la riproduzione, e, o[ ( 6 )], per l’uso come richiami vivi, ai sensi delle disposizioni del presente decreto». La rimanente parte dell’articolo 3 espone alcuni requisiti per le reti da uccellagione e un obbligo di inanellamento degli uccelli catturati mediante anelli monouso.

15.

L’articolo 4 del citato decreto stabilisce quanto segue:

«(…) la stagione autunnale di cattura di fringillidi vivi durerà al massimo settantatré (73) giorni da ottobre a dicembre dello stesso anno in cui il Ministro decide di aprire un stagione autunnale di cattura di fringillidi vivi mediante un avviso nella Gazette:

A condizione che, quando apre una stagione autunnale di cattura di fringillidi vivi, il Ministro stabilisca che non esistono altre soluzioni soddisfacenti ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della [direttiva sugli uccelli selvatici] e prenda in considerazione la conservazione a un livello soddisfacente della popolazione delle specie di cui trattasi, considerando parimenti le soglie massime di cui all’allegato II;

A condizione inoltre che, quando fissa la durata di ciascuna stagione autunnale di cattura di fringillidi vivi, il Ministro stabilisca il limite di cattura stagionale globale per ciascuna specie di fringillidi e il limite di cattura stagionale individuale per ciascuna licenza, e decida inoltre se fissare un limite di cattura giornaliero individuale per ciascuna licenza, consentito per questa determinata deroga di cattura autunnale di fringillidi vivi».

16.

L’articolo 5 fissa le condizioni per ottenere una «licenza autunnale di cattura di fringillidi vivi» rilasciata dall’autorità competente [la Wild Birds Regulation Unit (Unità di regolamentazione degli uccelli selvatici)] per poter catturare le sette specie. La concessione di una licenza è subordinata alla necessaria approvazione dei pertinenti siti e stazioni di cattura di uccelli vivi.

17.

L’articolo 8 disciplina il controllo dell’applicazione della normativa durante la stagione di cattura dei fringillidi vivi. Esso prevede controlli in loco da parte della polizia e designa per questo compito un minimo di sette agenti per ogni 1000 licenze rilasciate.

18.

L’allegato I consiste in una tabella che elenca le sette specie di fringillidi rientranti nel decreto n. 253 del 2014 ( 7 ).

19.

L’allegato II prevede quanto segue:

«Nel fissare il numero totale di fringillidi che possono essere catturati vivi durante la stagione autunnale di cattura, il Ministro stabilisce un limite totale di cattura inferiore all’1% della mortalità totale annua della popolazione di riferimento di ciascuna specie all’interno del territorio dell’Unione europea, sulla base dei più recenti dati scientifici disponibili derivanti dal recupero degli anelli.

A condizione che il limite massimo di cattura per una deroga che consente la cattura di fringillidi vivi nella stagione autunnale non superi in nessun caso le seguenti quantità (…)».

20.

In una tabella immediatamente successiva viene fissato il «limite di cattura nazionale per specie» come segue: fanello 12000; cardellino 800; verdone 4500; lucherino 2350; frosone 500; fringuello 5000; e verzellino 2350.

21.

L’ultimo paragrafo dell’allegato II spiega che queste quantità massime «saranno riviste e aggiornate dal Ministro, con avviso nella Gazette, tenendo in considerazione lo stato di conservazione delle sette specie di cui trattasi e il mantenimento della popolazione di tali specie a un livello soddisfacente».

Decreti nn. 250 del 2014, 330 del 2015 e 322 del 2016)

22.

I Legal Notices 250 of 2014 ( 8 ), 330 of 2015 ( 9 ) e 322 of 2016 ( 10 ) sono atti adottati del Minister for Sustainable development, the Enviroment and Climate Change (Ministro maltese per lo sviluppo sostenibile, l’ambiente e il cambiamento climatico), al fine di dare attuazione all’avviso legale 253 del 2014, atto adottato lo stesso giorno dell’atto a cui dava attuazione. L’articolo 3 dell’avviso legale 250 del 2014 fissa le date per la stagione autunnale di cattura di fringillidi vivi del 2014 dal 20 ottobre 2014 al 31 dicembre 2014, entrambi inclusi (73 giorni).

23.

L’articolo 5, paragrafo 1, di tale avviso fissa il limite di cattura stagionale complessivo per la stagione autunnale di cattura di fringillidi vivi per il 2014 (ossia la «quantità totale di uccelli che possono essere catturati in forza di tutte le licenze rilasciate considerate congiuntamente») in una quantità identica, per ciascuna specie, al limite (massimo) nazionale complessivo stabilito dall’avviso legale 253 del 2014.

24.

L’articolo 5, paragrafo 2, del decreto n. 250 del 2014 stabilisce che la licenza autunnale di cattura di fringillidi vivi per il 2014 «fisserà il limite stagionale di cattura di fringillidi vivi in dieci (10) fringillidi per ciascuna licenza autunnale di cattura o nell’eventuale quantità inferiore catturata prima della chiusura della stagione».

25.

I decreti nn. 330 del 2015 e 322 del 2016 danno attuazione al decreto n. 253 del 2014 di apertura della stagione autunnale di cattura di fringillidi vivi per, rispettivamente, il 2015 e il 2016. La loro struttura, il limite di cattura nazionale complessivo e gli altri elementi che stabiliscono sono sostanzialmente identici a quelli del decreto n. 250 del 2014.

Fatti e procedimento

26.

Prima dell’adesione di Malta all’Unione europea nel 2004, la cattura di fringillidi da detenere in cattività era da lungo tempo un’attività tradizionale in tale Stato membro. Nel corso delle trattative di adesione, Malta ha negoziato e ottenuto una deroga transitoria alla direttiva sugli uccelli selvatici per la cattura dei fringillidi sino al 31 dicembre 2008. Dal 2009 la cattura dei fringillidi a Malta è stata vietata. La Corte non dispone di informazioni sulla circostanza se di fatto la pratica di catturare fringillidi sia cessata durante quel periodo. È risaputo che Malta ha avviato un programma di riproduzione in cattività di portata limitata e che ha sospeso tale programma alla fine del periodo transitorio previsto nell’Atto di adesione ( 11 ).

27.

Prima delle elezioni nel marzo 2013, il partito allora all’opposizione (Partit Laburista; in prosieguo: il «PL») e la Federation for Hunting and Conservation – Malta (Federazione maltese per la caccia e la conservazione; in prosieguo: la «FKNK») hanno rilasciato una dichiarazione congiunta promettendo che se il PL avesse conquistato il potere essi avrebbero collaborato al fine, tra l’altro, di applicare una «deroga corretta» riguardo alla tradizionale cattura dei fringillidi a Malta. Successivamente il PL ha vinto le elezioni del 2013. Nell’agosto 2013 la FKNK ha presentato al Comitato Ornis maltese una proposta per consentire la cattura dei fringillidi ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera c) della direttiva sugli uccelli selvatici. Successivamente Malta ha avviato trattative con la Commissione.

28.

Nella seconda metà del 2014 la Commissione ha tenuto una serie di incontri bilaterali con Malta. Nell’aprile 2014 Malta ha presentato una nota tecnica che esponeva i parametri della deroga che intendeva introdurre.

29.

Il 16 giugno 2014 la Commissione ha inviato a Malta una domanda nell’ambito di un procedimento EU Pilot che sintetizzava la sua posizione. A parere della Commissione la deroga in parola non rispettava le condizioni imposte dall’articolo 9 della direttiva sugli uccelli selvatici. Ciononostante, il 15 luglio 2014 Malta ha adottato i decreti nn. 250 e 253 del 2014, che autorizzavano la cattura di fringillidi. Il 25 agosto 2014 Malta ha risposto alla domanda nell’ambito del procedimento EU Pilot sostenendo che la deroga era giustificata ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera c).

30.

Il 17 ottobre 2014 la Commissione ha inviato a Malta una lettera di diffida. Il 14 novembre 2014 Malta ha risposto ribadendo la sua posizione.

31.

Il 15 maggio 2015 Malta ha inviato alla Commissione una relazione sull’esito della stagione di cattura del 2014. Dette informazioni hanno rafforzato l’opinione della Commissione che il regime di deroga maltese era contrario alla direttiva sugli uccelli selvatici, in quanto non rispettava la condizioni della deroga prevista all’articolo 9. Malta aveva dunque violato i divieti di cui agli articoli 5 e 8. Il 28 maggio 2015 la Commissione emetteva un parere motivato. Il 28 luglio 2015 Malta replicava ribadendo la tesi esposta nella risposta alla lettera di diffida.

32.

Il 30 ottobre 2015 la Commissione ha avviato il presente procedimento, chiedendo di dichiarare:

che, adottando un regime derogatorio che consente la cattura da vive di sette specie di fringillidi selvatici ( 12 ) la Repubblica di Malta è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti a norma dell’articolo 5, lettera a), dell’articolo 5, lettera e), e dell’articolo 8, paragrafo 1, congiuntamente all’allegato IV, punto a), letto in combinato disposto con l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva sugli uccelli selvatici;

la condanna della Repubblica di Malta alle spese del procedimento.

33.

Il 15 febbraio 2017 si è tenuta un’udienza nella quale la Commissione e Malta hanno presentato osservazioni orali.

Argomenti delle parti

34.

A sostegno del suo ricorso la Commissione deduce cinque motivi, due dei quali sono rilevanti ai fini delle presenti conclusioni. In primo luogo, Malta non è riuscita a dimostrare l’assenza di altre soluzioni soddisfacenti, come richiesto dalla parte iniziale dell’articolo 9, paragrafo 1. In secondo luogo, Malta non ha dimostrato che l’attività autorizzata costituisce un «impiego misurato», ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera c).

35.

Malta insiste che la sua deroga è fondata sull’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva sugli uccelli selvatici e che essa rispetta integralmente tale disposizione.

Valutazione

Osservazioni preliminari

36.

Sebbene le presenti conclusioni non intendano esaminare tutti i cinque motivi, ritengo importante premettere taluni fatti non controversi riguardanti l’autorizzazione maltese per la cattura delle sette specie di fringillidi.

37.

Anzitutto, il limite di cattura stagionale complessivo per ciascuna specie di fringillidi è determinato prima della stagione autunnale di cattura dei fringillidi vivi ed è stato fissato per ciascuna specie esattamente allo stesso livello nel 2014, 2015 e 2016. Sembra intrinsecamente improbabile che non ci sia stata alcuna variazione da un anno all’altro nel numero di fringillidi delle sette specie che migrano su Malta ( 13 ). In secondo luogo, ai sensi della legislazione maltese il limite di cattura stagionale complessivo è di 27500 fringillidi ( 14 ). Dato che sono state concesse più di 4000 licenze e che ciascuna licenza autorizza il titolare a catturare un massimo di 10 fringillidi, – a meno che la cattura non venga interrotta una volta raggiunto il limite stagionale complessivo e il controllo dell’applicazione della norma sia efficace – risulta che la cattura potenziale complessiva per ciascuna stagione sarà pari a 40000 fringillidi e non a 27500.

38.

In terzo luogo, a ciascun titolare di licenza è consentito registrare una «stazione di cattura di uccelli vivi» dotata di «non più di due paia di reti per uccellagione orizzontali per ciascuna stazione di cattura da vivo, con una superficie non superiore a 38 metri quadrati per ciascuna rete» ( 15 ). La superficie totale di rete impiegata sembra dunque essere di 152 metri quadrati ( 16 ). La stagione autunnale di cattura di uccelli vivi 73 giorni ( 17 ). Posto che il limite di cattura complessivo autorizzato è di dieci fringillidi per licenza, ciò implica che è autorizzata una superficie totale di 152 metri quadri al fine di catturare una media di un solo un fringillide alla settimana nel corso dei 73 giorni della stagione autunnale di cattura di uccelli vivi.

39.

Infine, mentre l’unico obiettivo dichiarato della cattura degli uccelli ai sensi della normativa maltese è quello di detenerli in cattività, una parte integrante dell’argomento di Malta è che non vi è alcuna necessità di catturare fringillidi selvatici al fine di conservare la diversità genetica degli uccelli riprodotti in cattività. Per ragioni scientifiche, sembra sia meglio importare a tal fine altri fringillidi riprodotti in cattività ( 18 ). Malta ha dunque espressamente rinunciato ad avvalersi della deroga prevista all’articolo 9, paragrafo 1, per l’obiettivo specifico e limitato indicato nel suo Atto di adesione ( 19 ).

40.

La legislazione maltese autorizza dunque manifestamente la cattura, usando reti da uccellagione, di uccelli selvatici, e la loro susseguente detenzione in cattività. Tutti questi elementi sono vietati dall’articolo 5, lettere a) ed e) e dall’articolo 8, paragrafo 1, in combinato disposto con la lettera a) dell’allegato IV della direttiva sugli uccelli selvatici. Se Malta violi effettivamente queste disposizioni dipende dalla questione se la sua normativa soddisfi le rigide condizioni della deroga di cui all’articolo 9, paragrafo 1, lettera c).

41.

Queste condizioni sono le seguenti: (i) l’assenza di alternative soddisfacenti per l’attività oggetto della deroga; (ii) che la deroga consenta «la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati»; (iii) la cattura avvenga in condizioni rigidamente controllate; (iv) in modo selettivo; e (v) interessi solo piccole quantità di uccelli.

42.

Preciso anzitutto che, a mio avviso, i fatti che ho appena esposto indicano chiaramente che la normativa maltese non può rispettare la deroga prevista all’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva sugli uccelli selvatici.

La direttiva sugli uccelli selvatici: principi di interpretazione

43.

Come osservato dall’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer, la direttiva sugli uccelli selvatici si basa su una premessa preoccupante: la diminuzione della popolazione di determinate specie di uccelli selvatici viventi naturalmente nel territorio europeo degli Stati membri ( 20 ). Detta situazione rappresenta «un serio pericolo per la conservazione dell’ambiente naturale, in particolare poiché minaccia gli equilibri biologici» ( 21 ); e «la conservazione delle specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri è necessaria per raggiungere gli obiettivi [dell’Unione europea] in materia di miglioramento delle condizioni di vita e di sviluppo sostenibile» ( 22 ).

44.

Per effetto dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona il 1o dicembre 2009, il principio di un «elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente», sancito dall’articolo 3, paragrafo 3, TUE, è divenuto uno degli obiettivi fondamentali del diritto dell’Unione. Lo stesso principio è riconosciuto anche all’articolo 37 della Carta ( 23 ) che – ancora per effetto dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona – forma parte integrante del diritto primario dell’Unione e deve essere considerato uno strumento interpretativo del diritto derivato ( 24 ).

45.

Secondo una giurisprudenza consolidata, quando uno Stato membro vuole invocare una deroga prevista dal diritto dell’Unione, la sua azione rientra nell’ambito dell’attuazione del diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 51 della Carta, cosicché la conformità di tale azione con i diritti fondamentali deve essere esaminata alla luce dei principi generali di diritto dell’Unione, nonché dei diritti e dei principi fondamentali enunciati dalla Carta ( 25 ).

46.

L’obiettivo della direttiva sugli uccelli selvatici è quello di proteggere gli uccelli, non di disciplinare la loro caccia o cattura. Questa semplice verità deve essere tenuta nella debita considerazione per raggiungere un equilibrio tra la protezione dell’ambiente – l’obiettivo principale della direttiva – e i vari altri interessi individuati dall’articolo 2 della medesima (segnatamente quelli di carattere economico o ricreativo).

47.

L’articolo 9, paragrafo 1, non dà carta bianca agli Stati membri per stabilire deroghe, ma consente loro di farlo solo per quanto strettamente necessario e sempre che non vengano pregiudicati gli altri obiettivi perseguiti dalla direttiva ( 26 ). Segnatamente, l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva sugli uccelli selvatici non può essere interpretato in maniera tale da renderlo la norma (anziché l’eccezione). Se lo si facesse si priverebbero ampiamente di senso gli obblighi di principio enunciati agli articoli 1 e 2 ( 27 ).

48.

Ne consegue che l’esercizio interpretativo delle due frasi chiave, «sempre che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti» e «la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati», deve essere affrontato nel modo più consono all’obiettivo della protezione ( 28 ).

49.

Secondo la mia interpretazione, le singole categorie di deroga contenute nelle lettere a), b) e c) dell’articolo 9, paragrafo 1, non mirano a fungere da base per una prassi ampia e generalizzata che deroga al principio della protezione. Per contro, esse mirano a consentire agli Stati membri di soddisfare precise esigenze e situazioni specifiche ( 29 ) in cui è interesse generale che la regola generale (protezione degli uccelli selvatici) si adegui ad altre condizioni più pressanti. Questa interpretazione è confermata dai termini del considerando 12 di tale direttiva.

50.

In quanto deroga ai principi generali di protezione enunciati nella direttiva sugli uccelli selvatici, l’articolo 9 deve essere interpretato restrittivamente ( 30 ) e uno Stato membro che intende invocarlo deve provare la sussistenza dei requisiti prescritti per la sua applicazione ( 31 ). Spetta dunque a Malta fornire le prove necessarie per giustificare l’applicazione di detta deroga ( 32 ).

51.

In questa sede è importante anche ricordare che gli Stati membri sono tenuti a garantire che qualsiasi intervento riguardante le specie protette sia autorizzato solo in base a decisioni contenenti una motivazione precisa e adeguata riferentesi ai motivi, alle condizioni e alle prescrizioni di cui all’articolo 9, paragrafi 1 e 2, della direttiva sugli uccelli selvatici ( 33 ). Senza siffatte informazioni dettagliate relative a tutti i parametri rilevanti di una deroga, la Commissione non sarebbe in grado di controllare e garantire «costantemente» il rispetto di tale direttiva da parte dello Stato membro, come richiesto dall’articolo 9, paragrafo 4.

52.

Come emerge dallo stesso articolo 9 (che prevede condizioni dettagliate e molto restrittive per l’applicazione della deroga) nonché dal principio generale della proporzionalità, la deroga prevista deve essere proporzionata alle necessità che la giustificano ( 34 ). Pertanto, secondo una giurisprudenza consolidata, la possibilità di derogare al regime limitativo della caccia prevista all’articolo 9 (ed anche ad altri limiti e divieti contenuti negli articoli 5, 6 e 8 della direttiva sugli uccelli selvatici) deve rispondere ai precisi requisiti di forma di cui all’articolo 9, paragrafo 2, requisiti volti a limitare tali deroghe allo stretto necessario e a permettere la vigilanza da parte della Commissione ( 35 ).

53.

Ciò premesso, passo a esaminare il primo e il terzo motivo della Commissione.

Primo motivo: assenza di «altre soluzioni soddisfacenti»

54.

La Commissione sostiene che Malta non ha dimostrato «che non vi [sono] altre soluzioni soddisfacenti», ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva sugli uccelli selvatici, alla cattura di fringillidi selvatici al fine di affrontare il «problema» o la «situazione specifica» che la normativa maltese intende risolvere, ossia catturare fringillidi da mantenere in cattività. Segnatamente, Malta non ha dimostrato che la riproduzione in cattività non è una soluzione alternativa soddisfacente.

55.

La Repubblica di Malta sostiene, per contro, che non erano disponibili altre soluzioni soddisfacenti.

56.

Nel presente procedimento d’infrazione, la Commissione e Malta sono in fondamentale disaccordo sull’obiettivo effettivo della deroga maltese per la cattura dei fringillidi. Mentre la Commissione afferma che la deroga consente la cattura di fringillidi unicamente allo scopo di detenerli in cattività per vari usi ricreativi, Malta sostiene che lo scopo comprende anche la cattura come un fine in se stesso.

57.

Alla Corte non spetta interpretare il diritto nazionale nell’ambito di un rinvio pregiudiziale ( 36 ). Tuttavia, la natura stessa del procedimento d’infrazione richiede alla Corte di valutare se, introducendo o mantenendo in vigore leggi nazionali specifiche, lo Stato membro abbia violato gli obblighi ad esso imposti dal diritto dell’Unione.

58.

Una lettura naturale della normativa maltese indica che l’obiettivo della deroga è quello illustrato dalla Commissione.

59.

Anzitutto, per consolidata giurisprudenza, l’esistenza di un inadempimento dello Stato membro deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato ( 37 ). Il contesto legislativo nazionale pertinente è quindi quello risultante dalle leggi e dai regolamenti in vigore in quel momento.

60.

In secondo luogo, in un procedimento d’infrazione la Corte dovrebbe fondare la sua analisi in primo luogo e soprattutto su una lettura letterale delle leggi nazionali ( 38 ). Osservo che nella presente fattispecie non è controverso che il decreto n. 253 del 2014, che costituisce la base della deroga, è stato adottato al fine di consentire la cattura di fringillidi «esclusivamente allo scopo di detenerli in cattività[ ( 39 )], compreso l’uso in fiere e mostre, per la riproduzione, e/o per l’uso come richiami vivi, ai sensi delle disposizioni del presente decreto».

61.

Sostanzialmente, la stessa descrizione si rinviene nella nota tecnica ufficiale del 2014 predisposta dall’Unità di regolamentazione degli uccelli selvatici. Tale descrizione corrisponde inoltre, essenzialmente, all’introduzione del punto 10 («Ambiente») D («Protezione della natura») dell’allegato XI dell’Atto di adesione ( 40 ). Infine, sorprende constatare che la FKNK (uno dei due promotori della reintroduzione della cattura dei fringillidi) ( 41 ), nella sua nota sulla cattura del luglio 2012, ha confermato che la pratica di cattura dei fringillidi è intesa «all’unico scopo di tenere vivi gli uccelli per il canto, l’uso come richiami e la riproduzione in cattività». In questi documenti contemporanei nulla suggerisce dunque che la normativa maltese sia stata introdotta al fine di consentire la cattura come un fine in se stesso.

62.

In terzo luogo, ai sensi della giurisprudenza consolidata, solo eccezionalmente la Corte può andare oltre la lettera delle disposizioni nazionali. Ciò avviene, segnatamente, laddove la giurisprudenza dei giudici nazionali imponga che la formulazione della legge nazionale debba essere interpretata in un modo particolare ( 42 ). Tuttavia, questo non avviene nel caso di specie.

63.

Le spiegazioni adesso avanzate da Malta su come debba essere interpretata la normativa nazionale non sembrano corrispondere all’effettivo tenore letterale delle disposizioni pertinenti della normativa. Esse sembrano invece essere contra legem.

64.

Nell’esame del primo motivo parto dunque dal presupposto che la normativa maltese debba essere intesa letteralmente – ossia nel senso che intende consentire la cattura di fringillidi vivi esclusivamente per lo scopo di detenerli in cattività, compresi gli usi in fiere e mostre, la riproduzione e/o l’uso come richiami vivi. Per completezza esaminerò brevemente il primo motivo dalla prospettiva proposta da Malta.

Cattura ai soli fini di detenzione

65.

Dalla parte introduttiva dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera c) della direttiva sugli uccelli selvatici discende che la deroga ai sensi di tale disposizione è consentita soltanto «sempre che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti» per l’attività individuata come problema da affrontare mediante tale deroga ( 43 ). Questa frase nell’introduzione dell’articolo 9, paragrafo 1, ha una funzione di controllo per limitare l’accesso ai motivi specifici per la deroga elencati alle lettere a), b) e c).

66.

L’espressione «soluzioni soddisfacenti» è una nozione di diritto dell’Unione che deve essere interpretata autonomamente. A tale proposito concordo con l’avvocato generale Fennelly, che ha dichiarato che «il termine “soddisfacente” può essere interpretato nel senso che significa una soluzione diretta a risolvere il particolare problema con cui si confrontano le autorità nazionali ed al tempo stesso rispettosa nella misura del possibile dei divieti posti dalla direttiva; una deroga può essere ammessa soltanto laddove non possa adottarsi nessun’altra soluzione che non implichi l’inosservanza dei divieti in parola» ( 44 ).

67.

Lo Stato membro deve indagare e valutare concretamente se non sussista «un’altra soluzione soddisfacente» per effettuare l’attività di cui trattasi. A tale riguardo, concordo con la Commissione che lo Stato membro deve prima dimostrare l’esistenza di un obiettivo concreto che giustifichi il ricorso alla deroga. In proposito desidero richiamare l’attenzione sull’utile metodologia sviluppata dalla Commissione in materia di deroghe relative alla caccia nella sua Guida alla disciplina della caccia (non vincolante) ( 45 ): una metodologia che Malta condivide, come ha espressamente dichiarato nella sua difesa.

68.

Inoltre, non ritengo che uno Stato membro possa definire artificialmente il problema che cerca di risolvere in modo da escludere altre potenziali soluzioni soddisfacenti. Esso deve invece dimostrare l’assenza di siffatte soluzioni alternative facendo riferimento a dati oggettivi che possano essere verificati dalla Commissione e che siano di conseguenza soggetti al sindacato della Corte ( 46 ). Soltanto qualora, tenendo presenti tutte le circostanze della fattispecie e nel rispetto degli obiettivi della direttiva sugli uccelli selvatici, non esistano realmente soluzioni alternative per conseguire il legittimo obiettivo individuato dallo Stato membro, quest’ultimo può invocare una delle categorie di deroga di cui all’articolo 9, paragrafo 1.

69.

L’uso del termine «soddisfacente» implica che l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva sugli uccelli selvatici non esige che la soluzione sia perfetta o per forza di cose esattamente equivalente alla soluzione storica tradizionale per la situazione che intende risolvere. La nuova soluzione può comportare taluni inconvenienti o richiedere agli interessati di adeguare le loro pratiche.

70.

L’approccio che propongo è stato confermato dalla giurisprudenza.

71.

Infatti, nella causa LRBPO e AVES ( 47 ) il Conseil d’État belga (Consiglio di Stato) ha sottoposto alla Corte due questioni pregiudiziali che presentano una connessione diretta con il presente procedimento. Esso ha chiesto se gli articoli 5, 9 e 18 della direttiva sugli uccelli selvatici possano essere invocati per consentire a uno Stato membro di tener conto del fatto che il divieto di catturare uccelli per fini ricreativi costringerebbe numerosi allevatori dilettanti a modificare le proprie installazioni e ad abbandonare talune abitudini inveterate, qualora lo stesso Stato membro riconosca che l’allevamento risulta possibile, ma non praticabile su larga scala.

72.

La documentazione presentata alla Corte in tale causa ha mostrato che l’allevamento e la riproduzione in cattività delle specie in questione non era soltanto scientificamente e tecnicamente possibile, ma era già stato realizzato con successo da taluni allevatori. In tali circostanze, la Corte ha dichiarato che «l’allevamento e la riproduzione in cattività non rappresentano un’ “altra soluzione soddisfacente” soltanto laddove fosse provato che gli stessi non potrebbero progredire in mancanza di prelievi nell’ambiente naturale. Pertanto il fatto che l’allevamento e la riproduzione in cattività delle specie in questione non siano ancora praticabili su larga scala stanti le installazioni e le abitudini inveterate degli allevatori dilettanti – le quali ultime, peraltro, sono state favorite da una normativa interna derogatoria al regime generale della direttiva – non è di per sé idoneo a rimettere in discussione il carattere soddisfacente della soluzione alternativa al prelievo nell’ambiente naturale» ( 48 ).

73.

Dai fatti presentati alla Corte risulta chiaramente che la sentenza della Corte nella causa LRBPO e AVES ( 49 ) può essere trasposta al presente procedimento d’infrazione. Mi sembra più che evidente che quanto dichiarato dalla Corte in relazione agli allevatori dilettanti che intendano rifornire le loro uccelliere si applica allo stesso modo alla detenzione di sette specie di fringillidi in cattività, ad esempio come uccelli canori, compresi gli usi in fiere e mostre, per la riproduzione e/o come richiami vivi, come previsto nel decreto n. 253 del 2014. Un programma di riproduzione in cattività costituisce una soluzione alternativa (ossia un modo alternativo di procurarsi fringillidi da detenere in cattività). Malta non può pertanto invocare la deroga prevista all’articolo 9, paragrafo 1.

74.

Analizzerò ora brevemente alcuni argomenti specifici formulati da Malta nella sua memoria difensiva.

75.

L’argomento di Malta secondo il quale essa non ha mai ammesso che il programma di riproduzione in cattività, descritto all’allegato XI dell’Atto di adesione, sarebbe stato una soluzione soddisfacente non può cambiare questa conclusione. Secondo una giurisprudenza consolidata né prese di posizioni individuali, né dichiarazioni comuni degli Stati membri possono essere prese in considerazione ai fini dell’interpretazione di una disposizione allorché il loro contenuto non trova alcun riscontro nel testo della medesima e non ha pertanto portata giuridica ( 50 ). Questo è precisamente quanto avviene nel caso di specie.

76.

Inoltre, Malta sostiene che la riproduzione in cattività non rappresenta un’alternativa soddisfacente dato che una combinazione dei fattori biogeografici impedisce di fatto l’introduzione di fringillidi selvatici nel programma di riproduzione in cattività al fine di conservare la diversità genetica (accettando così che il suo programma maltese di riproduzione in cattività non richiede neppure la cattura, ancorché limitata, di fringillidi selvatici). Dall’argomento avanzato da Malta discende dunque che la necessaria diversità genetica degli uccelli allevati in cattività può essere garantita con strumenti che non richiedono deroghe alla direttiva sugli uccelli selvatici.

77.

Allo stesso modo, il rinvio operato da Malta al punto 56 della precedente sentenza Commissione/Malta è inidoneo a modificare questa conclusione ( 51 ).

Cattura fine a se stessa

78.

Per precisione, passo a esaminare brevemente il primo argomento dalla prospettiva proposta da Malta, ossia che la deroga serva in realtà anche l’obiettivo della «cattura come un fine in se stesso» e che «il programma di riproduzione in cattività (…) non offriva un’alternativa soddisfacente per l’elemento indispensabile dell’attività della cattura di esemplari vivi». Malta sostiene che quest’ultimo elemento costituisce una tradizione profondamente radicata per i cacciatori di fringillidi, la cui passione non può essere soddisfatta acquistando fringillidi allevati in cattività.

79.

Anzitutto, è importante osservare che non è stata addotta alcuna necessità di inquadrare la deroga al severo regime di conservazione previsto dalla direttiva sugli uccelli selvatici in modo da garantire che ogni fringillide detenuto in cattività sia un fringillide selvatico catturato da un cacciatore tradizionale usando reti da uccellagione. Dato il numero relativamente elevato di fringillidi interessati, una soluzione alternativa sarebbe a prima vista quella di soddisfare la maggiore parte della domanda di fringillidi da detenere in cattività mediante un programma di riproduzione in cattività e limitare la cattura di fringillidi (per soddisfare il desiderio tradizionale di catturare fringillidi vivi) a un numero di uccelli molto più ristretto. In secondo luogo, dalla giurisprudenza consolidata risulta chiaramente che la deroga prevista all’articolo 9, paragrafo 1, non può essere utilizzata per estendere senza necessità la caccia consentita ( 52 ).

80.

In terzo luogo, quanto all’argomento secondo cui la cattura in se stessa sarebbe l’obiettivo della normativa, una soluzione alternativa sarebbe un programma di cattura (molto più limitato), l’inanellamento a scopo scientifico e il rilascio degli uccelli vivi. La stessa Malta riconosce che tale soluzione soddisfa l’elemento relativo alla cattura dei due obiettivi della normativa, ma la respinge in quanto la sequenza «cattura, inanellamento e rilascio» non soddisfa nello stesso tempo l’elemento della detenzione ( 53 ). Tuttavia, come ho spiegato, non vi è alcun dubbio che l’elemento della detenzione può essere risolto in modo soddisfacente mediante un programma di allevamento in cattività ( 54 ).

81.

In quarto luogo, non sono stati presentati alla Corte dati che suggeriscano che «cattura, inanellamento e rilascio» non costituirebbero una soluzione alternativa soddisfacente. Oggettivamente, sembra plausibile considerare che la «cattura, inanellamento e rilascio» di una quantità molto più limitata di uccelli per fini strettamente scientifici consentirebbe ai cacciatori di continuare a dilettarsi esercitando le loro capacità di catturare uccelli pur riducendo significativamente l’impatto negativo sulla loro conservazione. Il fatto che i cacciatori non abbiano più l’incentivo finanziario attualmente costituito, segnatamente, dalla vendita degli esemplari catturati è irrilevante. Nelle sue osservazioni scritte Malta ha spiegato che è già obbligatorio applicare un anello a ogni uccello catturato. In tale contesto, sembra plausibile pensare che le capacità necessarie per l’inanellamento a scopo scientifico potrebbero dunque essere insegnate ai cacciatori di fringillidi. Sottolineo tuttavia che, a mio avviso, questa soluzione non consentirebbe l’uso delle reti tradizionali da uccellagione ( 55 ).

82.

Un’altra soluzione alternativa potrebbe forse essere costituita da una cattura limitata (usando altri metodi) di specie vive di uccelli elencate all’allegato II della direttiva sugli uccelli selvatici, ad esempio gli uccelli che possono essere cacciati alle condizioni previste al suo articolo 7. A tale riguardo mi limiterò a osservare che per verificare l’esistenza di una soluzione alternativa occorre fondarsi su criteri oggettivi ed espliciti ( 56 ); che dinanzi alla Corte non sono state addotte prove del fatto che la cattura consentita in condizioni rigidamente controllate non rappresenti una soluzione alternativa ( 57 ) e che io non interpreto la sentenza Commissione/Finlandia nel senso che essa sostenga la tesi di Malta secondo la quale la cattura di uccelli vivi debba riferirsi ai fringillidi ( 58 ).

83.

Infine, non rinvengo alcuna giustificazione per la tesi secondo la quale solo una soluzione che non sia considerata sfavorevolmente dall’attuale comunità dei cacciatori di esemplari vivi potrebbe essere qualificata come una soluzione alternativa ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva sugli uccelli selvatici. Al contrario: la giurisprudenza consolidata mostra chiaramente che l’esistenza di «abitudini inveterate» non giustifica di per sé il ricorso alla deroga prevista all’articolo 9, paragrafo 1 ( 59 ).

84.

Concludo che Malta non ha dimostrato che non esista un’altra soluzione e che il primo motivo della Commissione dovrebbe essere accolto.

Terzo motivo: «impieghi misurati»

85.

La Commissione sostiene che la deroga maltese non rientra nella nozione di «impiego misurato», ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera c). della direttiva sugli uccelli selvatici.

86.

L’Oxford Dictionary ( 60 ) definisce «judicious» come segue: «having, showing or done with good judgement or sense, careful and sensible». Il dizionario Langenscheidt ( 61 ) dà una definizione molto simile del termine «vernünftig», utilizzato nella versione tedesca della direttiva sugli uccelli selvatici. In molte versioni linguistiche il termine equivalente a «use» (impiego) nell’espressione «judicious use» (impieghi misurati) ha una connotazione di sfruttamento ( 62 ). Tuttavia, nella sua Guida alla disciplina della caccia, la Commissione osserva (a mio parere giustamente) che «qualsiasi idea di sfruttamento connessa al termine “impiego” deve essere bilanciata con la connotazione di responsabilità, moderazione e giudizio derivante dal termine “misurato” ( 63 )».

87.

Inoltre, è evidente che mentre l’articolo 9, paragrafo 1, lettere a) e b), individua in maniera specifica (e, oserei dire, evidente) situazioni in cui sarà adeguato derogare ai divieti altrimenti severi di uccisione o di cattura di uccelli selvatici, l’articolo 9, paragrafo 1, lettera c) è formulato meno prescrittivamente e serve a consentire «la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati». Si può essere tentati di ampliare il significato di questa espressione e di trattarla come una comoda «scappatoia». Sono certa che non c’è alcun motivo valido per intendere la lettera c) in modo diverso dalle lettere a) o b), e che pertanto si deve resistere a questa tentazione. L’intenzione del legislatore dell’Unione non può essere stata quella di consentire di applicare a ogni pratica esistente la comoda etichetta di «cattura, detenzione o altri impieghi misurati», poiché questo comprometterebbe l’obiettivo stesso della direttiva sugli uccelli selvatici.

88.

Talvolta, «un [regime derogatorio] è incompatibile, in considerazione della sua natura e della sua portata, con le finalità di protezione perseguite dalla direttiva» ( 64 ). Ne discende che non tutto ciò che uno Stato membro intenda consentire può necessariamente essere ricompreso nella definizione di «cattura, detenzione o altri impieghi misurati» e quindi essere fatto rientrare nella deroga prevista all’articolo 9, paragrafo 1, lettera c).

89.

Ho già menzionato altri aspetti della giurisprudenza della Corte sull’interpretazione della deroga prevista all’articolo 9, paragrafo 1. È opportuno continuare ora quest’analisi.

90.

Anzitutto, già nel 1987 la Corte ha dichiarato che «la cattura e la cessione di uccelli (…) allo scopo della loro detenzione per essere utilizzati come richiami vivi o per fini amatoriali nelle tradizionali fiere e mercati può corrispondere ad un impiego misurato autorizzato dall’art. 9, n. 1, lett. c)» ( 65 ) (senza tuttavia spiegarne il motivo). In cause successive, la Corte ha accettato allo stesso modo, senza ulteriore analisi, implicitamente ( 66 ) o esplicitamente che anche «la caccia agli uccelli selvatici praticata a fini amatoriali durante i periodi indicati all’art. 7, n. 4, della direttiva» ( 67 ), o la cattura a fini amatoriali, come quella intesa a consentire agli allevatori dilettanti di rifornire le loro uccelliere, e per risolvere i problemi della consanguineità nell’allevamento degli uccelli a fini amatoriali ( 68 ), possano configurare impieghi misurati ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera c).

91.

In secondo luogo, secondo una giurisprudenza consolidata, spetta alle autorità competenti fissare il numero di uccelli al livello di quanto si riveli «obiettivamente necessario» per conseguire l’obiettivo perseguito, a condizione, comunque, di rispettare il limite massimo delle «piccole quantità», di cui all’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva ( 69 ).

92.

In terzo luogo, in due cause vertenti sugli uccelli elencati nell’allegato II, la Corte ha dichiarato che le deroghe previste all’articolo 9 della direttiva possono essere consentite unicamente se è garantito che la popolazione delle specie interessate è conservata ad un livello soddisfacente. Se non ricorre tale condizione, la caccia agli uccelli non può in nessun caso essere considerata «misurata» e dunque consentita ai sensi del considerando 11 della direttiva sugli uccelli selvatici ( 70 ). Tale giurisprudenza è a fortiori pertinente nel presente contesto, che riguarda uccelli non elencati nell’allegato II.

93.

In quarto luogo, già nel 1987 la Corte ha chiarito che se«non vi è la garanzia che la cattura di talune specie di uccelli sia limitata al minimo indispensabile, (…) e che i mezzi, impianti o metodi di cattura non siano massicci e non selettivi o atti a comportare localmente la scomparsa di una specie» non sono soddisfatti gli «elementi essenziali» di cui all’articolo 9 della direttiva. ( 71 ).

94.

Infine, sottolineo che tutte le cause che ho esaminato vertevano su periodi precedenti l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, che pone l’accento su un «livello elevato» di protezione dell’ambiente, principio che trova eco nell’articolo 37 della Carta, che ha attualmente lo status di diritto primario. Tuttavia, il presente procedimento deve essere definito in questo (nuovo) contesto.

95.

L’applicazione di detta giurisprudenza alla normativa di Malta mi induce a concludere che quest’ultima è manifestamente incompatibile con la condizione dell’«impiego misurato».

96.

Asserendo che un limite di cattura stagionale complessivo di 27500 fringillidi rappresenta un «impiego misurato», Malta confonde i due obiettivi. Nella misura in cui l’obiettivo consista, come espressamente dichiarato nella stessa normativa, «esclusivamente» nel procurarsi fringillidi da detenere in cattività, ad esempio come uccelli canori, compreso l’uso in fiere e mostre, allevamento, e/o l’uso come richiami vivi, tale uso – come ho spiegato esaminando il primo motivo – può essere soddisfatto mediante un programma di allevamento in cattività, che costituisce un’altra soluzione soddisfacente.

97.

È risaputo che il numero totale stimato di fringillidi attualmente detenuti in cattività si aggira tra i 20000 e i 40000. In considerazione della mortalità naturale degli uccelli in cattività, occorre acquisire un certo numero di uccelli su base continuativa al fine di sostenere tale popolazione, o mediante cattura, o mediante la promozione di un programma di riproduzione in cattività su scala sufficientemente larga. Non serve grande perspicacia per rendersi conto che, con il passare del tempo, si farà più acuta la necessità di risolvere il problema di sostenere il numero desiderato di uccelli in cattività.

98.

Tuttavia, nessuno di questi argomenti può servire, di per sé, come giustificazione per ricominciare ad autorizzare la cattura dei fringillidi se la promozione di un programma di riproduzione in cattività su larga scala consentirebbe in modo soddisfacente di mantenere la tradizione che la normativa maltese dichiara di voler salvaguardare, segnatamente la detenzione di fringillidi per varie finalità ricreative. Nonostante questo fatto evidente, Malta ha affermato che il programma nazionale di riproduzione in cattività, approntato ai sensi dell’Atto di adesione, si è rivelato un fallimento e lo ha sospeso dal 2009.

99.

Sembra parimenti altamente improbabile che sia necessario aggiungere a quella «quantità»27500 fringillidi su base annua al fine di sostituire i fringillidi periti nel corso dell’anno e soddisfare la nuova domanda di fringillidi in cattività a fini ricreativi. Questa affermazione vale tanto se i nuovi fringillidi vengono procurati mediante un programma di riproduzione in cattività o mediante cattura. Mi astengo dal suggerire quale sia il destino di quei fringillidi catturati che non sono di fatto necessari per gli obiettivi esclusivi espressamente dichiarati nella normativa che ne autorizza la cattura.

100.

Nella misura in cui l’obiettivo sia tanto la cattura quanto la detenzione, sottolineo che nulla nella documentazione prodotta dinanzi alla Corte spiega perché sia un «impiego misurato» – nel senso di oggettivamente necessario - autorizzare la cattura delle quantità specificate dal il limite di cattura stagionale complessivo (27500 fringillidi), dato che la normativa indica anche, come uso successivo esclusivo dei fringillidi catturati, un uso per il quale è molto dubbio che servano così tanti fringillidi su base annuale e per il quale, inoltre, esiste un’altra soluzione soddisfacente. Spetta a Malta, quale Stato membro che intende avvalersi della deroga prevista all’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva sugli uccelli selvatici, motivare la sua intenzione di avvalersi di questa disposizione. Essa è tenuta a farlo tenendo conto di un contesto nel quale attualmente il principio ispiratore è la garanzia di un livello elevato di protezione dell’ambiente. Ritengo che Malta non sia affatto riuscita a fornire tale motivazione.

101.

Esiste un’altra questione che merita di essere menzionata.

102.

Se l’obiettivo è la cattura di uccelli vivi, è probabile che si dovrà usare qualche tipo di rete. È vero che l’articolo 9 consente una deroga all’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva, e pertanto al divieto altrimenti assoluto di usare reti enunciato alla lettera a) dell’allegato IV ( 72 ). Tuttavia, l’attuale metodo di cattura autorizzato dalla normativa maltese comprende l’uso di reti da uccellagione. Ho già descritto queste reti nelle presenti conclusioni ( 73 ). A prima vista mi sembra che siffatte reti siano un metodo di cattura sia su larga scala sia non selettivo. Dato che i fringillidi tendono a volare in stormi, è plausibile che nella rete saranno catturate simultaneamente quantità significative di fringillidi ( 74 ). Anche se i fringillidi «in eccesso» sono immediatamente rilasciati, come sostiene Malta, questo non mi sembra sufficiente per concludere che il metodo di cattura usato cessi di essere «su larga scala» o «non selettivo». È del pari plausibile che almeno alcuni esemplari subiscano stress in conseguenza di tale esperienza e non sopravvivano ( 75 ). In tali circostanze, dubito fortemente che Malta sia in grado di dimostrare che le popolazioni delle sette specie di fringillidi possano essere mantenute a un livello soddisfacente, come richiesto dalla giurisprudenza. È addirittura possibile che esista qualche rischio – del quale non tenterò di valutare la possibile portata – che l’uso delle reti in parola ad opera di 4000 titolari di licenza in una stagione di caccia di 73 giorni possa, potenzialmente, «portare localmente all’estinzione di una specie».

103.

Il materiale prodotto dinanzi alla Corte da Malta non tenta di affrontare nessuno di questi problemi: l’accento viene invece posto sul fatto che l’uso delle reti da uccellagione è «tradizionale». Ma questo significa perdere di vista il nocciolo della questione. Se l’uso delle reti da uccellagione causa questo tipo di risultato – e spetta a Malta dimostrare che non è così – non sono soddisfatti gli «elementi essenziali» di cui all’articolo 9 (v. sentenza Commissione/Italia ( 76 )). Aggiungo soltanto che, sotto il profilo puramente linguistico, mi risulta difficile comprendere come l’uso di un metodo di cattura che sia nel contempo su larga scala e non selettivo possa rientrare nella nozione di «impiego misurato».

Osservazioni finali

104.

Desidero concludere mettendo in rilievo due questioni che emergono dal mio studio generale dei motivi dedotti in questa causa e che sono pertinenti per taluni altri aspetti dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), per poi formulare un’osservazione finale.

105.

Anzitutto, nutro seri dubbi circa la credibilità della metodologia utilizzata da Malta al fine di determinare la popolazione di riferimento per calcolare la condizione delle «piccole quantità». Osservo che, invece di affidarsi ad un sistema di monitoraggio sistematico, Malta ha fondato i suoi calcoli su un unico studio condotto nel 2007 ( 77 ) relativo a un campione molto limitato di anelli recuperati (112). Di conseguenza, è stato utilizzato un numero limitatissimo di anelli recuperati a Malta appartenenti a uccelli delle sette specie provenienti da altri Stati membri per calcolare, come gruppo di riferimento per il limite di cattura stagionale complessivo ( 78 ), l’intera popolazione riproduttiva di ciascuna specie in tali Stati membri (che in taluni casi ammonta a milioni di uccelli), senza ulteriori prove sulle percentuali di dette popolazioni che di fatto migrano attraverso Malta. È difficile considerarlo un solido approccio scientifico per la valutazione dell’impatto che l’autorizzazione della cattura di uccelli vivi a Malta possa o meno avere su tali popolazioni nel loro complesso o sulla sub-popolazione degli uccelli che migrano attraverso Malta, o conciliare tale approccio con il principio di precauzione ( 79 ).

106.

In secondo luogo, ricordo che l’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), consente agli Stati membri di autorizzare la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di «determinati uccelli» in «piccole quantità» e «in condizioni rigidamente controllate». Valutare se ricorrano queste condizioni supplementari essenziali – che riguardano la proporzionalità della deroga – va oltre la portata delle presenti conclusioni. Basti dire che nutro dubbi significativi sul fatto che le misure controverse (segnatamente alla luce delle caratteristiche da me indicate al precedente paragrafo 38) soddisfino questi requisiti supplementari e che siano proporzionate. In ogni caso, ho già concluso che il primo e il terzo motivo della Commissione dovrebbero essere accolti. Se la Corte concorda con tale analisi, non sarà necessario affrontare una dettagliata analisi fattuale della proporzionalità delle misure controverse.

107.

Infine, nel presente procedimento si è parlato molto degli aspetti tradizionali della cattura dei fringillidi e della necessità di rispettare gli usi tradizionali. In conclusione, può forse essere utile offrire un esempio ipotetico per illustrare come la diversità culturale e le disposizioni del diritto dell’Unione possano coesistere invece che porsi in conflitto.

108.

Si supponga che, in uno Stato candidato all’adesione all’Unione europea, esista una tradizione consolidata secondo la quale ogni ragazza, la domenica più vicina al suo diciottesimo compleanno, assiste alla messa indossando una collana fatta delle piume di un particolare uccello. Per ottenere le piume necessarie a una collana servono sei uccelli. Prima dell’adesione all’Unione, nessuna legge vietava tale pratica. Dopo l’adesione, in linea di principio gli uccelli sono protetti dalla direttiva sugli uccelli selvatici. Può il nuovo Stato membro derogare ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, qualificando la sua prassi tradizionale come «impiego moderato», al fine di consentire che lo status quo si protragga indefinitamente?

109.

Anzitutto è chiaro che in via generale esiste un’alternativa soddisfacente. La tradizionale collana di piume può essere passata da una ragazza all’altra, invece che essere creata nuovamente per ciascuna diciottenne. In secondo luogo, è probabile che se le collane di piume sono trasmesse in questo modo, esse con il tempo si deterioreranno e diverranno logore, e dovranno occasionalmente essere sostituite. Al fine di catturare occasionalmente una piccola quantità di uccelli per sostituire una collana di piume sarebbe possibile avvalersi della deroga prevista all’articolo 9, paragrafo 1, lettera c).

110.

Suggerendo che il primo e il terzo motivo della Commissione sono fondati, non intendo proporre una soluzione che calpesti ogni tradizione o diversità culturale all’interno dell’Unione europea. Nei limiti in cui i maltesi desiderano detenere in cattività fringillidi canori, si può soddisfare questo desiderio con la soluzione alternativa del programma di riproduzione in cattività. Se i cacciatori di uccelli maltesi desiderano esercitare e mettere alla prova le loro capacità di cacciatori, essi possono essere autorizzati a catturare piccole quantità di singoli uccelli con metodi che non comportino l’uso di reti da uccellagione, rispettando rigorosamente le migliore pratiche ornitologiche, e gli uccelli così catturati possono essere dotati di anello e rimessi delicatamente in libertà. Purché le tradizioni evolvano, non esiste un conflitto insormontabile. Tuttavia, sono assolutamente convinta che le attuali misure non rispettano gli obblighi imposti a Malta dal diritto dell’Unione.

Conclusioni

111.

Alla luce delle considerazioni che precedono, sono dell’avviso che il primo e il terzo motivo della Commissione debbano essere accolti. Ne consegue che, a prescindere dall’esito del secondo, del quarto e del quinto motivo, ritengo che la Corte debba:

1)

dichiarare che la Repubblica di Malta, adottando per la cattura da vive di sette specie di fringillidi una deroga che non rispetta le condizioni imposte dall’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti a norma dell’articolo 5, lettere a) ed e), e dell’articolo 8, paragrafo 1, in combinato disposto con la lettera a) dell’allegato IV di tale direttiva;

2)

condannare la Repubblica di Malta alle spese.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Segnatamente: fringuello (Fringilla coelebs), fanello (Carduelis cannabina), cardellino (Carduelis carduelis), verdone (Carduelis chloris), frosone (Coccothraustes coccothraustes), verzellino (Serinus serinus) e lucherino (Carduelis spinus). Nelle presenti conclusioni mi riferirò a tutte queste specie congiuntamente come alle «sette specie».

( 3 ) Direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU 2010, L 20, pag. 7). Questa direttiva codifica la direttiva del Consiglio 79/409/CEE, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU 1979, L 103, pag. 1), come modificata, ossia la direttiva in vigore quando sono stati convenuti i termini dell’adesione di Malta all’Unione europea ed è stata formulata la deroga provvisoria prevista all’Allegato XI dell’Atto di adesione (v. successivo paragrafo 26).

( 4 ) Legal Notice 253 of 15 July 2014 on the Conservation of Wild Birds (Framework for Allowing a Derogation Opening an Autumn Live-Capturing Season for Finches) Regulations [Decreto n. 253 del 15 luglio 2014 sul regolamento per la conservazione degli uccelli selvatici (Quadro per l’autorizzazione di una deroga che apre una stagione autunnale di cattura di fringillidi vivi)], come modificato.

( 5 ) Mentre la versione inglese di tale disposizione indica l’«obiettivo di detenere [gli uccelli] in cattività», la versione maltese si riferisce a quanto risulta all’«obiettivo della riproduzione» degli uccelli. Ai sensi dell’articolo 74 della Costituzione maltese, «salvo diversamente disposto dal Parlamento, ciascuna legge è emanata in lingua maltese e inglese e, in caso di conflitto tra il testo maltese e il testo inglese di una legge, fa fede il testo maltese».

( 6 ) Sic. La stessa formulazione compare sia nella versione maltese sia in quella inglese. Probabilmente l’estensore intendeva «e per» oppure «e/o». Non ritengo che questioni decisive dipendano da questo punto. A fini di semplificazione, nel prosieguo citerò questo testo utilizzando la dicitura «e/o».

( 7 ) Questo elenco corrisponde alle sette specie elencate nella precedente nota 2.

( 8 ) Legal Notice 250 of 15 July 2014: Conservation of Wild Birds (Declaration on a Derogation for a 2014 Autumn live-capturing season for Finches) Regulations [Decreto n. 250 del 15 luglio 2014: regolamento sulla conservazione degli uccelli selvatici (Dichiarazione di deroga per una stagione autunnale di cattura di fringillidi vivi nel 2014)]. Una curiosità irrisolta è come un decreto con il numero «250» possa «dare attuazione» a un decreto della stessa data recante il numero «253».

( 9 ) Legal Notice 330 of 16 October 2015: Conservation of Wild Birds (Declaration on a Derogation for a 2015 Autumn live-capturing season for Finches) Regulations. [Decreto n. 330 del 16 ottobre 2015: regolamento sulla conservazione degli uccelli selvatici (Dichiarazione di deroga per una stagione autunnale di cattura di fringillidi vivi nel 2015)].

( 10 ) Legal Notice 322 of 7 October 2016: Conservation of Wild Birds (Declaration on a Derogation for an Autumn 2016 Live-capturing Season for Finches) Regulations. [Decreto n. 322 del 7 ottobre 2016: regolamento sulla conservazione degli uccelli selvatici (Dichiarazione di deroga per una stagione autunnale di cattura di fringillidi vivi nel 2016)].

( 11 ) Il punto 10 («Ambiente») D («Protezione della natura») dell’Allegato XI dell’Atto di adesione di Malta all’Unione europea (GU 2003, L 236, pag. 33) prevede che «in deroga» all’articolo 5, lettere a) ed e), all’articolo 8, paragrafo 1 e all’allegato IV, lettera a) della direttiva 79/409/CEE, (che ha preceduto la direttiva sugli uccelli selvatici) è ammessa la cattura deliberata delle sette specie a Malta nel corso del periodo transitorio fino al 31 dicembre 2008«allo scopo di detenerl[e] in cattività». Esso contiene disposizioni dettagliate per la graduale abolizione di questa attività e l’introduzione di un programma di riproduzione in cattività. L’unica cattura di fringillidi prevista dopo la scadenza di tale periodo di transizione era la cattura di un numero limitato di esemplari per specie «al fine di garantire una sufficiente diversità genetica delle specie in cattività». Ci si aspettava che il numero degli uccelli catturati fosse «significativamente ridotto durante le misure transitorie».

( 12 ) Elencati alla precedente nota 2.

( 13 ) Così, ad esempio, la Commissione ha sottolineato che il limite di cattura stagionale per il cardellino nel 2014 (800) era significativamente superiore al numero totale stimato di esemplari di quella specie migrati su Malta nel corso della stagione autunnale di cattura del 2014.

( 14 ) V. articolo 5, paragrafo 1, del decreto n. 250 del 2014 e le disposizioni analoghe nei decreti successivi per il 2015 e il 2016.

( 15 ) V. articolo 2, paragrafo 2, del decreto n. 253 del 2014.

( 16 ) Ossia: 38 metri quadrati (la superficie di una rete) x 2 (perché la rete opera in paia) x 2 (perché ci sono due paia di reti per ciascuna stazione di cattura di uccelli vivi).

( 17 ) V, articolo 3 del decreto n. 250 del 2014 e le disposizioni analoghe dei successivi decreti per il 2015 e il 2016.

( 18 ) Malta sostiene che l’uso di uccelli detenuti in cattività importati si rivela significativamente più praticabile ed efficace per assicurare la diversità genetica all’interno della popolazione dei fringillidi detenuti in cattività; e che il programma di riproduzione in cattività pertanto non esigeva più catture, ancorché limitate, di fringillidi selvatici. Malta ha fondato questa affermazione su diversi rapporti scientifici da essa citati, segnatamente un rapporto del 2010 di una sottocommissione del Comitato Ornis maltese. La Commissione concorda con la tesi di Malta su questo punto.

( 19 ) V. paragrafo 26 e la precedente nota 9.

( 20 ) V. le conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nella causa Ligue pour la protection des oiseaux e a., C‑182/02, EU:C:2003:248, paragrafo 5.

( 21 ) Considerando 3 della direttiva sugli uccelli selvatici.

( 22 ) Considerando 5.

( 23 ) Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (GU 2012, C 326, pag. 2; in prosieguo: la «Carta»). Tale articolo impone un obbligo di garantire «[u]n livello elevato di tutela dell’ambiente e il miglioramento della sua qualità» e di integrare questi obiettivi nelle politiche dell’Unione.

( 24 ) Conclusioni dell’avvocato generale Jääskinen nella causa Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland, C‑461/13, EU:C:2014:2324, paragrafo 6.

( 25 ) V. sentenze del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson, C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 21, e del 21 dicembre 2016, Tele2 Sverige and Watson e a., C‑203/15 e C‑698/15, EU:C:2016:970, punto 74.

( 26 ) V., in tal senso, la sentenza del 10 settembre 2009, Commissione/Malta, C‑76/08, EU:C:2009:535, punto 58.

( 27 ) V., per analogia, la sentenza del 21 dicembre 2016, Tele2 Sverige and Watson e a., C‑203/15 e C‑698/15, EU:C:2016:970, punto 89.

( 28 ) Conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nella causa Ligue pour la protection des oiseaux e a., C‑182/02, EU:C:2003:248, paragrafo 26.

( 29 ) V. sentenze dell’8 luglio 1987, Commissione/Belgio, 247/85, EU:C:1987:339, punto 7, e del 7 marzo 1996, Associazione Italiana per il WWF e a., C‑118/94, EU:C:1996:86, punto 21.

( 30 ) V. sentenza del 17 febbraio 2011, The Number (UK) and Conduit Enterprises, C‑16/10, EU:C:2011:92, punto 31.

( 31 ) V. sentenza del 10 settembre 2009, Commissione/Malta, C‑76/08, EU:C:2009:535, punto 48.

( 32 ) V. sentenza del 16 settembre 1999, Commissione/Spagna, C‑414/97, EU:C:1999:417, punto 22.

( 33 ) V. sentenza dell’8 giugno 2006, WWF Italia e a., C‑60/05, EU:C:2006:378, punto 34.

( 34 ) V. sentenza del 10 settembre 2009, Commissione/Malta, C‑76/08, EU:C:2009:535, punto 57.

( 35 ) V. sentenza del 7 marzo 1996, Associazione Italiana per il WWF e a., C‑118/94, EU:C:1996:86, punto 21.

( 36 ) V., in questo senso, sentenza del 23 aprile 2009, Angelidaki e a., C‑380/07, EU:C:2009:250, punto 48.

( 37 ) V., inter alia, sentenza del 26 aprile 2005, Commissione/Irlanda, C‑494/01, EU:C:2005:250, punto 29.

( 38 ) V. sentenza del 13 dicembre 2007, Commissione/Irlanda, C‑418/04, EU:C:2007:780, punto 269 e segg.

( 39 ) Oppure, forse, «riproduzione»: v. la nota 5 supra.

( 40 ) Mentre la versione inglese del decreto n. 253 e la nota tecnica riflettono, parola per parola, la formulazione del punto 10 («Ambiente») D («Protezione della natura») del testo inglese dell’allegato XI dell’Atto di adesione, la versione maltese del decreto n. 253 contiene un’espressione lievemente diversa (v. la nota 5). Come sarà chiarito oltre, tale leggera discrepanza non incide sulla conclusione alla quale giungerò.

( 41 ) V. paragrafo 27 supra: l’altro promotore era il PL, che successivamente ha vinto le elezioni del 2013 e ha formato un governo.

( 42 ) Secondo tale giurisprudenza, la portata delle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative nazionali si deve valutare tenendo conto dell’interpretazione che ne danno i giudici nazionali (v., segnatamente, sentenza del 9 dicembre 2003, Commissione/Italia, C‑129/00, EU:C:2003:656, punto 30 e la giurisprudenza citata). Inoltre, quando una norma nazionale forma oggetto di divergenti interpretazioni giurisprudenziali che siano plausibili e che conducano, alcune, ad un’applicazione della detta normativa compatibile con il diritto comunitario, altre, ad un’applicazione incompatibile con esso, occorre dichiarare che, per lo meno, tale normativa non è sufficientemente chiara per garantire un’applicazione compatibile con il diritto dell’Unione (v. punto 33).

( 43 ) V., in tal senso, sentenze del 16 ottobre 2003, Ligue pour la protection des oiseaux e a., C‑182/02, EU:C:2003:558, punto 15, e del 9 giugno 2005, Commissione/Spagna, C‑135/04, EU:C:2005:374, punto 18.

( 44 ) Conclusioni dell’avvocato generale Fennelly nella causa LRBPO and AVES, C‑10/96, EU:C:1996:430, paragrafo 33 (corsivo aggiunto).

( 45 ) V. sezione 3, pag. 41 e segg. Tale metodologia richiede, come condizione preliminare per introdurre una deroga, che sia identificato un problema specifico per il quale si cerca una soluzione. Essa prevede le fasi seguenti: (i) l’identificazione e la definizione del problema concreto per il quale si cerca una soluzione; (ii) l’identificazione di potenziali soluzioni alternative a detto problema; (iii) l’accertamento dell’applicabilità dell’articolo 9 della direttiva a tali soluzioni alternative; e (iv) l’assoggettamento delle potenziali soluzioni alternative al «criterio della soluzione soddisfacente». La Guida alla disciplina della caccia è disponibile al seguente link: http://ec.europa.eu/environment/nature/conservation/wildbirds/hunting/docs/hunting_guide_it.pdf.

( 46 ) V. paragrafi da 49 a 52 supra.

( 47 ) Sentenza del 12 dicembre 1996, C‑10/96, EU:C:1996:504.

( 48 ) Punti 20 e 21 (corsivo aggiunto).

( 49 ) Sentenza del 12 dicembre 1996, C‑10/96, EU:C:1996:504.

( 50 ) V., in questo senso, sentenze del 26 febbraio 1991, Antonissen, C‑292/89, EU:C:1991:80, punto 18; del 13 febbraio 1996, Bautiaa and Société française maritime, C‑197/94 e C‑252/94, EU:C:1996:47, punto 51; e del 3 dicembre 1998, KappAhl, C‑233/97, EU:C:1998:585, punto 23.

( 51 ) Sentenza del 10 settembre 2009, C‑76/08, EU:C:2009:535. In quel caso la soluzione alternativa individuata dalla Commissione offriva possibilità talmente limitate di esercitare l’attività perseguita (caccia) che la Corte ha considerato che essa comprometteva «l’equilibro perseguito dalla direttiva fra la protezione delle specie e talune attività di tempo libero». Nel caso di specie, tuttavia, è evidente che la detenzione degli uccelli può essere realizzata con esito positivo grazie a un programma di riproduzione in cattività su scala adeguata.

( 52 ) V. sentenze del 16 ottobre 2003, Ligue pour la protection des oiseaux e a., C‑182/02, EU:C:2003:558, punto 16; del 9 giugno 2005, Commissione/Spagna, C‑135/04, EU:C:2005:374, punto 19; e del 10 settembre 2009, Commissione/Malta, C‑76/08, EU:C:2009:535, punto 50.

( 53 ) V. nota tecnica, parte B, pag. 3. La posizione di Malta è stata ribadita dall’agente di Malta in udienza.

( 54 ) V. paragrafo 73 supra.

( 55 ) V. paragrafo 38 supra; v. paragrafo 102 e la nota 72 in prosieguo.

( 56 ) V. paragrafi da 66 a 69 supra.

( 57 ) Tuttavia, sottolineo anche che la Corte non dispone di elementi che indichino che talune di tali specie si trovino di fatto a Malta in quantità sufficiente da consentire una deroga alla caccia ai sensi della direttiva sugli uccelli selvatici.

( 58 ) V. sentenza del 15 dicembre 2005, C‑344/03, EU:C:2005:770, punto 44. In tale causa la Corte ha dichiarato che la caccia di uccelli di cui all’allegato II in alternativa alla caccia ad altri uccelli del medesimo allegato rischiava di svuotare, almeno parzialmente, l’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva sugli uccelli selvatici del suo contenuto. È chiaro che quella causa verteva su fatti particolari ad essa relativi e non è rilevante in questo contesto.

( 59 ) Sentenza del 12 dicembre 1996, LRBPO e AVES, C‑10/96, EU:C:1996:504, punto 21. Più in generale, uno Stato membro non può eccepire l’opposizione manifestata dalla popolazione locale per giustificare l’inosservanza degli obblighi imposti dal diritto dell’Unione (v., a tal fine, sentenza del 4 marzo 2010, Commissione/Italia, C‑297/08, EU:C:2010:115, punti da 81 a 85).

( 60 ) V. online https://en.oxforddictionaries.com/.

( 61 ) V. online https://de.langenscheidt.com/.

( 62 ) V: le seguenti versioni linguistiche: SK: využívanie; PL: wykorzystywania; NL: gebruik; FR: exploitation; ES: explotación; DE: Nutzung; CZ: využívání; RO: utilizări.

( 63 ) V. punto 3.5.25.

( 64 ) V. sentenza del 12 luglio 2007, Commissione/Austria, C‑507/04, EU:C:2007:427, punto 187.

( 65 ) V. sentenza dell’8 luglio 1987, Commissione/Italia, 262/85, EU:C:1987:340, punto 38.

( 66 ) V. sentenza del 7 marzo 1996, Associazione Italiana per il WWF e a., C‑118/94, EU:C:1996:86, nella quale la Corte sembra avere implicitamente accettato senza ulteriore analisi che, ammesso che la sua normativa nazionale abbia definito la deroga in modo sufficientemente dettagliato, uno Stato membro può utilizzare la deroga prevista all’articolo 9 per autorizzare la caccia sia di uccelli elencati all’allegato II sia di uccelli non elencati. La Corte ha effettivamente dichiarato che «l’art. 9 (…) deve essere interpretato nel senso che esso autorizza gli Stati membri a derogare al divieto generale di caccia delle specie protette (…) soltanto mediante misure che comportino un riferimento, adeguatamente circostanziato, agli elementi di cui ai nn. 1 e 2 del medesimo art. 9». (corsivo aggiunto).

( 67 ) V. sentenza del 16 ottobre 2003, Ligue pour la protection des oiseaux e a., C‑182/02, EU:C:2003:558, punto 10, nella quale la Corte si è basata congiuntamente sulle sentenze Commissione/Belgio (v. sentenza dell’8 luglio 1987, 247/85, EU:C:1987:339, causa parallela a quella che ha dato origine alla sentenza dell’8 luglio 1987, Commissione/Italia,262/85, EU:C:1987:340; la formulazione di quelle due sentenze non era identica, ma il ragionamento a grandi linee analogo) e Associazione Italiane per il WWF e a. (sentenza del 7 marzo 1996, C‑118/94, EU:C:1996:86) e Commissione/Italia (sentenza dell’8 luglio 1987, 262/85, EU:C:1987:340). Confesso che non mi è agevole comprendere del tutto quella parte della sentenza.

( 68 ) V. sentenza del 12 dicembre 1996, LRBPO e AVES, C‑10/96, EU:C:1996:504, punto 22.

( 69 ) V. sentenza del 12 dicembre 1996, LRBPO e AVES, C‑10/96, EU:C:1996:504, punto 26.

( 70 ) V. sentenze dell’8 giugno 2006, WWF Italia e a., C‑60/05, EU:C:2006:378, punto 32, e del 10 settembre 2009, Commissione/Malta, C‑76/08, EU:C:2009:535, punto 59.

( 71 ) V. sentenza dell’8 luglio 1987, Commissione/Italia, 262/85, EU:C:1987:340, punto 39.

( 72 ) L’Allegato IV elenca mezzi, impianti o metodi «di cattura o di uccisione in massa o non selettiva o che possa portare localmente all’estinzione di una specie».

( 73 ) V. paragrafo 38 supra.

( 74 ) V. in questo senso uno studio scientifico di Raine, A.F., «The international impact of hunting and trapping in the Maltese islands», maggio 2007, pag. 22.

( 75 ) La ricerca scientifica dimostra che la cattura e la cattività possono indurre negli uccelli una forma di stress cronico e che gli uccelli possono soffrire dei postumi di questo fattore di stress anche dopo un rilascio rapido nel loro habitat naturale. V., in tal senso, Dickens, M., Delehanty, D., e Romero, L., «Stress and translocation: alterations in the stress physiology of translocated birds», Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences, 276, 2009, pagg. 2051 – 2056; disponibile al seguente link: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2677253/.

( 76 ) Sentenza dell’8 luglio 1987, Commissione/Italia, 262/85, EU:C:1987:340, punto 39.

( 77 ) V. Raine, A.F., «The international impact of hunting and trapping in the Maltese islands», maggio 2007.

( 78 ) L’allegato II del decreto n. 253 del 2014 ha imposto al Ministro di «fissare il contingente complessivo a meno dell’1% della mortalità annuale totale della popolazione di riferimento di ciascuna specie all’interno del territorio dell’Unione europea sulla base dei più recenti dati scientifici disponibili ricavati dagli anelli recuperati» (corsivo aggiunto; v. paragrafo 27 supra).

( 79 ) Ai sensi dell’articolo 191, paragrafo 2, TFUE, la politica dell’Unione in materia ambientale «mira a un elevato livello di tutela» ed è fondata sul principio della precauzione.