CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MICHAL BOBEK

presentate il 21 settembre 2016 ( 1 )

Causa C‑491/15 P

Typke

contro

Commissione

«Impugnazione — Accesso ai documenti delle istituzioni — Regolamento n. 1049/2001 — Concorsi dell’Ufficio europeo di selezione del personale (EPSO) — Banche dati — Domanda di accesso a una tabella contenente una serie di dati resi anonimi — Nozione di documento — Documento nuovo o esistente»

I – Introduzione

1.

Il sig. Rainer Typke (il ricorrente) ha partecipato ai test di accesso per due concorsi generali dell’Ufficio europeo di selezione del personale (in prosieguo: l’«EPSO»). Una volta informato dei suoi risultati, il ricorrente ha chiesto di accedere, ai sensi del regolamento (CE) n. 1049/2001 (in prosieguo: il «regolamento») ( 2 ), a una tabella contenente una serie di dati resi anonimi, relativi a detti test, per verificare la fondatezza dei suoi sospetti di discriminazione. La Commissione europea ha respinto le sue domande di accesso a tali dati. Il ricorrente ha impugnato la decisione della Commissione dinanzi al Tribunale.

2.

Il ricorrente impugna nella presente sede la sentenza del Tribunale recante rigetto del suo ricorso. In particolare, impugna la conclusione del Tribunale secondo la quale il documento da esso richiesto non esisteva e la conclusione del medesimo tribunale secondo la quale il regolamento n. 1049/2001 non obbligava l’EPSO a redigere un nuovo documento.

3.

Conformemente alla richiesta della Corte di giustizia, le presenti conclusioni sono incentrate sull’interpretazione della nozione di «documento esistente» in relazione a banche dati elettroniche, che costituisce la questione giuridica fondamentale nella fattispecie.

II – Contesto normativo

4.

Lo scopo del regolamento n. 1049/2001 è di introdurre la trasparenza nel lavoro delle istituzioni dell’Unione, dando così attuazione al principio di trasparenza sancito all’articolo 1, paragrafo 2, TUE.

5.

L’articolo 2 del regolamento è intitolato «Destinatari e campo di applicazione». L’articolo 2, paragrafo 1, prevede che «[q]ualsiasi cittadino dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha un diritto d’accesso ai documenti delle istituzioni, secondo i principi, le condizioni e le limitazioni definite nel presente regolamento». Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 3, «[i]l presente regolamento riguarda tutti i documenti detenuti da un’istituzione, vale a dire i documenti formati o ricevuti dalla medesima e che si trovino in suo possesso concernenti tutti i settori d’attività dell’Unione europea».

6.

L’articolo 3 stabilisce una serie di definizioni. In particolare, l’articolo 3, lettera a), definisce «“documento”, qualsiasi contenuto informativo, a prescindere dal suo supporto (testo su supporto cartaceo o elettronico, registrazione sonora, visiva o audiovisiva) che verta su aspetti relativi alle politiche, iniziative e decisioni di competenza dell’istituzione».

7.

L’articolo 6 contiene norme sulle domande di accesso a un documento. Tale disposizione stabilisce quanto segue:

«1.   Le domande di accesso a un documento sono presentate in qualsiasi forma scritta, anche elettronica, in una delle lingue di cui all’articolo 314 del trattato CE e sono formulate in modo sufficientemente preciso per consentire all’istituzione di identificare il documento in oggetto. Il richiedente non è tenuto a motivare la domanda.

2.   Qualora una domanda non sia sufficientemente precisa, l’istituzione può chiedere al richiedente di chiarirla e assisterlo in tale compito, per esempio fornendo informazioni sull’uso dei registri pubblici di documenti.

3.   Nel caso di una domanda relativa a un documento molto voluminoso o a un numero elevato di documenti, l’istituzione in questione può contattare informalmente il richiedente onde trovare una soluzione equa.

4.   Le istituzioni forniscono informazioni e assistenza ai cittadini sulle modalità e sul luogo di presentazione delle domande di accesso ai documenti».

8.

Infine, l’articolo 10 tratta gli aspetti pratici dell’effettivo accesso ai documenti una volta che la domanda sia stata accolta. Ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 1, «[l]’accesso ai documenti avviene mediante consultazione sul posto oppure tramite rilascio di una copia, ivi compresa, se disponibile, una copia elettronica, in base alla preferenza del richiedente (…)». Ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 3, «[i] documenti vengono forniti in una versione e in un formato già esistenti (compreso quello elettronico o un formato alternativo, quale il braille, la stampa a grandi caratteri o il nastro magnetico), tenendo pienamente conto della preferenza espressa dal richiedente».

III – Fatti e procedimento

9.

Il sig. Typke è membro del personale della Commissione europea. Ha preso parte ai test di accesso per due concorsi generali EPSO, relativi all’assunzione, rispettivamente, di funzionari di grado AD 5 e AD 7. Una volta informato dei suoi risultati, il ricorrente ha presentato all’EPSO due domande successive di accesso ai documenti per verificare se i test dallo stesso svolti fossero stati organizzati nel rispetto del principio della parità di trattamento. In particolare, il ricorrente sospettava che errori di traduzione potessero aver inciso negativamente su determinati gruppi linguistici.

10.

Nella prima domanda (procedura Gestdem 2012/3258), il ricorrente ha chiesto l’accesso a una «tabella» contenente una serie di dati resi anonimi sui test svolti da circa 45000 candidati. Detta tabella avrebbe contenuto informazioni sotto forma di: identificativi per ciascun candidato, i quali mettevano in relazione il candidato con i quesiti cui lo stesso aveva dovuto rispondere; identificativi di ciascun quesito posto, senza rivelarne il contenuto; categoria di quesiti; lingua in cui ciascun quesito era stato posto a ciascun candidato e tempo che ciascun candidato aveva dedicato ad ogni quesito.

11.

Sei mesi dopo, con la sua seconda domanda (procedura Gestdem 2013/0068), il ricorrente non ha cercato di ottenere una tabella che raggruppasse tutte le informazioni richieste. Ha invece chiesto l’accesso a parti di documenti esistenti in formato elettronico che avrebbero contenuto le stesse informazioni già chieste nella sua prima domanda, nonché il livello di difficoltà di ciascun quesito posto a ciascun candidato.

12.

Per quanto riguarda la prima procedura, l’EPSO ha respinto la domanda iniziale il 9 agosto 2012. L’EPSO ha ammesso di essere in possesso delle informazioni. Tuttavia, ha dichiarato che il documento richiesto non esisteva. Il ricorrente ha quindi presentato, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, una domanda di conferma, chiedendo all’istituzione di rivedere la sua posizione. Il Segretariato generale della Commissione ha confermato, in sostanza, il punto di vista dell’EPSO. Esso ha spiegato che il regolamento n. 1049/2001 non obbligava l’EPSO ad eseguire operazioni informatiche per estrarre informazioni registrate in diverse banche dati.

13.

Per quanto riguarda la seconda procedura, l’EPSO non ha risposto alla seconda domanda presentata dal ricorrente. Di conseguenza, il ricorrente ha presentato una domanda di conferma alla Commissione.

14.

Con decisione del 5 febbraio 2013 (in prosieguo: la «prima decisione impugnata»), la Commissione ha respinto la domanda di conferma nella prima procedura per i seguenti motivi: in primo luogo, il documento richiesto non esisteva. L’elaborazione della tabella richiesta avrebbe implicato non solo l’estrazione di informazioni relative a decine di migliaia di test riferibili a diverse banche dati, ma anche di informazioni da altre banche dati, quali la banca dati generale dei quesiti. In secondo luogo, garantire l’accesso a un documento di tal genere avrebbe comportato un eccessivo carico di lavoro amministrativo.

15.

Un mese dopo, con lettera del 13 marzo 2013, la Commissione ha adottato la «seconda decisione impugnata». In tale lettera la Commissione non ha esaminato la sostanza della seconda domanda di conferma. Pertanto, il ricorrente ha interpretato la lettera, in base all’articolo 8, paragrafo 3, del regolamento, come risposta negativa alla sua domanda di conferma nel secondo procedimento. La Commissione ha poi adottato tardivamente una decisione esplicita di rigetto in tale procedimento, il 27 maggio 2013.

IV – Sentenza impugnata e procedimento dinanzi alla Corte

16.

Dinanzi al Tribunale il sig. Typke ha chiesto l’annullamento della prima e della seconda decisione impugnata per il motivo che esse violavano il regolamento n. 1049/2001. La Commissione ha affermato che il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare, tenuto conto dell’adozione della decisione esplicita di rigetto nella seconda procedura, il 27 maggio 2013, il non luogo a statuire sul ricorso per la parte in cui si riferiva all’annullamento della seconda decisione impugnata. La Commissione ha altresì chiesto al Tribunale di respingere il ricorso per la parte in cui si riferiva alla prima decisione impugnata.

17.

Il Tribunale ha confermato gli argomenti della Commissione ( 3 ). Esso ha dichiarato che non vi era luogo a statuire sulle conclusioni dirette all’annullamento della decisione implicita di diniego di accesso nella seconda procedura (punto 1 del dispositivo della sentenza impugnata), ha respinto il ricorso quanto alla prima decisione impugnata (punto 2), e ha condannato il sig. Typke al pagamento delle spese (punto 3). Il Tribunale ha dichiarato, in particolare, che il documento richiesto nella prima procedura non era un documento esistente al quale si potesse accedere mediante richiesta ai sensi del regolamento n. 1049/2001.

18.

Dinanzi alla Corte il ricorrente afferma che i punti 2 e 3 del dispositivo della sentenza impugnata dovrebbero essere annullati. Egli sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto e ha snaturato il chiaro significato degli elementi di prova nel dichiarare che, nella prima procedura, il ricorrente non aveva chiesto di accedere a documenti esistenti. Inoltre, il ricorrente chiede l’annullamento della decisione adottata dal Segretariato generale della Commissione europea nella prima procedura (Gestdem 2012/3258).

19.

Il punto cruciale della presente impugnazione è il presunto errore di diritto nell’interpretazione della nozione di «documento esistente» in relazione a banche dati elettroniche. Al riguardo, il ricorrente deduce un unico motivo suddiviso in due parti correlate.

20.

In primo luogo, il ricorrente sostiene che il Tribunale è incorso in errore nell’interpretazione da esso fornita del regolamento n. 1049/20011, in particolare, degli articoli 3, lettera a), e 4, paragrafo 6, dello stesso. Esso ha supposto erroneamente che l’applicazione di tali disposizioni a banche dati relazionali imponga una distinzione tra l’accesso parziale a documenti registrati in una banca dati relazionale ed il mero accesso all’informazione contenuta in siffatta banca dati.

21.

In secondo luogo, il ricorrente sostiene che il Tribunale è incorso in errore nel dichiarare che la richiesta del ricorrente non si riferiva ad un documento esistente ma a un nuovo documento e, in ogni caso, che tale richiesta non rientrava nell’ambito di applicazione del regolamento. Il ricorrente afferma in particolare che la combinazione richiesta di dati equivale a un documento, ai sensi del regolamento, in quanto detta combinazione può essere ottenuta cercando nella banca dati mediante gli strumenti di ricerca disponibili per la banca dati in questione. Il regolamento non escluderebbe dal suo ambito di applicazione una richiesta di accesso a una banca dati relazionale che comporti la formulazione di interrogazioni in linguaggio d’interrogazione strutturato (Structured Query Language, SQL) non previamente programmate o non utilizzate periodicamente dall’istituzione interpellata per la banca dati in questione. Inoltre, la sentenza impugnata sarebbe contraria all’effetto utile del regolamento. L’accesso sarebbe effettivamente ristretto ai dati che l’EPSO ha deciso ex ante di comunicare al pubblico. Un’istituzione potrebbe anche vietare deliberatamente l’accesso alle banche dati.

22.

Nella sua risposta la Commissione ha dichiarato in particolare che il Tribunale ha applicato correttamente la nozione di «documento esistente». Solo i risultati di interrogazioni SQL redatte anticipatamente possono essere considerate documenti esistenti. Il documento richiesto, che implica la redazione di nuove interrogazioni SQL, non può essere recuperato attraverso una ricerca normale o di routine ai sensi della sentenza Dufour ( 4 ). Inoltre, l’effetto utile del regolamento non verrebbe compromesso in quanto il regolamento non mira soddisfare le generali esigenze di informazione dei cittadini. Secondo la Commissione, il ricorrente non ha fornito prove indicative del fatto che la Commissione avrebbe cancellato intenzionalmente dichiarazioni SQL in modo da occultare un documento. Su tale base, la Commissione chiede che la Corte voglia respingere l’impugnazione e condannare il ricorrente alle spese.

V – Valutazione

23.

Le presenti conclusioni sono strutturate come segue: in primo luogo, esaminerò la nozione di «documento» nel contesto delle banche dati elettroniche ai fini dell’interpretazione del regolamento n. 1049/2001 (sezione A). In secondo luogo, analizzerò in che cosa consiste, nel medesimo contesto, un documento «esistente» rispetto alla creazione di un «nuovo» documento (sezione B). In terzo luogo, venendo al caso di specie, esaminerò se la tabella richiesta dal ricorrente possa essere qualificata come «documento esistente» (sezione C).

A – La nozione di «documento » e le modalità di accesso nell’era digitale

24.

Il regolamento n. 1049/2001 è espressione del principio di trasparenza sancito nel secondo paragrafo dell’articolo 1, TUE ( 5 ). Esso mira a dare la massima attuazione al diritto di accesso del pubblico ai documenti ( 6 ) al fine di migliorare la trasparenza nel lavoro delle istituzioni dell’Unione, con ciò attribuendo a tali istituzioni maggiore legittimità e responsabilità nei confronti dei cittadini ( 7 ).

25.

Al fine di conseguire tali obiettivi, il legislatore ha adottato un’interpretazione assai ampia della nozione di «documento» all’articolo 3, lettera a), del regolamento. Tale disposizione definisce «“documento”, qualsiasi contenuto informativo, a prescindere dal suo supporto (testo su supporto cartaceo o elettronico, registrazione sonora, visiva o audiovisiva) che verta su aspetti relativi alle politiche, iniziative e decisioni di competenza dell’istituzione».

26.

Da questa ampia definizione consegue che un documento può essere costituito da qualsiasi contenuto, su qualsiasi supporto, per qualsiasi iniziativa delle istituzioni dell’Unione.

27.

Per analogia, un’interpretazione altrettanto ampia della nozione di «documento» può essere individuata nella direttiva 2003/98/CE ( 8 ). L’articolo 2, paragrafo 3, di tale direttiva definisce «documento»«qualsiasi contenuto, a prescindere dal suo supporto (testo su supporto cartaceo o elettronico, registrazione sonora, visiva o audiovisiva)», o qualsiasi parte di tale contenuto. Il considerando 11 di tale direttiva aggiunge che un «documento» può essere «qualsiasi rappresentazione di atti, fatti o informazioni – e qualsiasi raccolta dei medesimi – a prescindere dal suo supporto (testo su supporto cartaceo o elettronico, registrazione sonora, visiva o audiovisiva) in possesso di enti pubblici».

28.

Pertanto, risulta che praticamente tutto, dati, serie di dati o insieme di informazioni può qualificarsi come documento ai fini del regolamento n. 1049/2001.

29.

Tuttavia, nonostante la nozione certamente ampia di «documento», il suo reale significato è piuttosto ambiguo per quanto riguarda le banche dati elettroniche e/o i documenti contenuti in tali banche dati. Tale nozione comprende tutti i tipi di dati codificati in una banca dati? Dovrebbe essere garantito l’accesso a qualsiasi combinazione di dati che possa essere eventualmente recuperata dalle banche dati in seguito a ricerche complesse?

30.

A parte una sentenza del Tribunale ( 9 ), qualche indicazione va individuata nella recente giurisprudenza dell’Unione sulla definizione di «documento» nel contesto delle banche dati elettroniche. Tuttavia, basandomi sulle utili indicazioni contenute nella predetta decisione del Tribunale nonché sulla lettera e sullo spirito del regolamento, suggerisco che almeno tre tipi di informazione, contenuti in banche dati elettroniche, possano essere qualificati come «documento» ai fini del regolamento n. 1049/2001:

singole voci che formano un’unità semantica identificabile all’interno di una banca dati o di una serie di dati più ampia; o

dati grezzi contenuti in una banca dati, in una serie di dati o in una sua specifica sezione; o

l’intera banca dati o serie di dati.

31.

In generale, uno o tutti i tre tipi di informazione menzionati possono essere considerati documenti ai sensi dell’articolo 3, lettera a), del regolamento. La possibilità che siano qualificati come «documenti» in un singolo caso non può essere dichiarata in astratto. Essa dipenderà da una serie di variabili, segnatamente dal tipo e dalla struttura specifici della particolare banca dati e dalla formulazione dell’effettiva richiesta nel singolo caso. Sussiste naturalmente una grande differenza tra, da un lato, un semplice foglio elettronico contenente dieci righe disposte in due colonne di semplici cifre e, dall’altro, una banca dati relazionale complessa con un’ampia codificazione, necessaria per strutturare i dati grezzi e funzionare potenzialmente su vari server.

32.

Tuttavia, devono essere formulate alcune osservazioni generali per porre (almeno prima facie) tale ampia nozione di «documento» in relazione a banche dati elettroniche nel suo giusto contesto.

33.

È evidente che il fatto che la raccolta di informazioni sia qualificata come «documento» ai sensi del regolamento non significa automaticamente che sussista un diritto di accesso a tale documento. È altresì pacifico che tale accesso ai documenti può essere legittimamente limitato per motivi sostanziali o pratici. Inoltre, questi due tipi di motivazione non si escludono a vicenda.

34.

Da un lato, l’accesso può essere limitato o addirittura vietato per motivi sostanziali. L’articolo 4 del regolamento elenca tali motivi. Essi costituiscono legittime eccezioni al (pieno) accesso ai documenti. Tali eccezioni sostanziali sono connesse a vari interessi o valori prevalenti quali l’interesse pubblico ( 10 ), la vita privata e l’integrità dell’individuo e la protezione dei dati personali ( 11 ) e i diritti di proprietà intellettuale ( 12 ).

35.

Tuttavia si dovrebbe chiaramente evidenziare che l’esistenza di siffatta eccezione in un caso concreto non ha alcuna incidenza sulla definizione della nozione stessa di «documento». Ciò si riflette in particolare nel fatto che la procedura per ottenere l’accesso ai documenti è costituita da due fasi distinte da valutare autonomamente ( 13 ). In primo luogo, esiste un documento ai sensi dell’articolo 3, lettera a), del regolamento? In secondo luogo, sussistono motivi sostanziali che giustifichino una restrizione o addirittura un divieto di accesso? Le eccezioni sono distinte dalle definizioni. L’esistenza di potenziali eccezioni non dovrebbe ridurre l’ambito di applicazione della nozione di «documento». In altri termini, non è consentito ragionare a contrario: il fatto che tutto o parte del documento non possa essere accessibile a causa dell’applicabilità di una delle eccezioni di cui all’articolo 4 non significa che non esista alcun «documento».

36.

D’altro lato, l’accesso a un «documento» può essere limitato per ragioni pratiche. Tre di queste saranno indicate come particolarmente rilevanti nel contesto dell’accesso a documenti elettronici.

37.

In primo luogo, l’accesso è subordinato alla presentazione di una precisa richiesta. In generale, spetta al richiedente indicare lo specifico «documento» che intende ottenere. Tale requisito deriva dall’articolo 6, paragrafo 1, e dall’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento. Ai sensi di tali disposizioni, le domande di accesso a un documento devono essere formulate «in modo sufficientemente preciso per consentire all’istituzione di identificare il documento in oggetto (…) Qualora una domanda non sia sufficientemente precisa, l’istituzione può chiedere al richiedente di chiarirla e assisterlo in tale compito, per esempio fornendo informazioni sull’uso dei registri pubblici di documenti».

38.

È comprensibile che il requisito della precisione possa porre problemi pratici nei casi in cui il richiedente chieda l’accesso a serie di dati o a dati grezzi senza conoscere l’esatta struttura della banca dati in questione. In tali casi, si dovrebbe forse attribuire maggiore rilevanza al requisito di cui all’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento, il quale stabilisce che l’istituzione assiste ragionevolmente il richiedente nel chiarire la sua richiesta. In ogni caso, nulla vieta che sia formulata una nuova richiesta di accesso ai documenti da parte del medesimo richiedente, con una migliore conoscenza della struttura della banca dati in questione, basata su un rifiuto o su rifiuti precedenti.

39.

In secondo luogo, le dimensioni del documento non hanno alcuna incidenza sulla sua classificazione come «documento». Esse possono influire, tuttavia, sul modo in cui viene consentito l’accesso. Ciò deriva dall’articolo 6, paragrafo 3, nonché dall’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento 1049/2001. La prima disposizione prevede che l’istituzione in questione possa contattare informalmente il richiedente onde trovare una soluzione equa ( 14 ), nel caso di una domanda relativa a un documento molto voluminoso o a un numero elevato di documenti. La seconda disposizione prevede una serie di metodi con i quali è possibile accedere ai documenti quale la consultazione sul posto (probabilmente per documenti lunghi o sensibili).

40.

Entrambe le disposizioni chiariscono altresì che il regolamento n. 1049/2001 riguarda il diritto di accedere ai documenti, ma non necessariamente il diritto di ottenere copie di documenti. Entrambe le disposizioni sono particolarmente rilevanti per i documenti elettronici, per i quali diverse limitazioni «fisiche», concernenti quanto possa essere ragionevolmente richiesto ( 15 ), vengono in gran parte meno. Tali disposizioni implicano che alcune limitazioni ragionevoli e proporzionate possono essere imposte sul numero di copie di documenti elettronici che possono essere ottenute dalla pubblica amministrazione.

41.

In terzo luogo, il carico amministrativo derivante dal concedere l’accesso ai documenti può costituire anch’esso un motivo di limitazione. Le istituzioni devono assicurarsi che sia concesso un qualche accesso a un «documento» rientrante nel regolamento n. 1049/2001 salvo che, in circostanze veramente eccezionali, il carico di lavoro che esso comporta sia sproporzionato ( 16 ). Le istituzioni possono ponderare l’interesse del richiedente l’accesso con il carico di lavoro derivante dal trattamento della domanda di accesso al fine di salvaguardare l’interesse a una buona amministrazione ( 17 ).

B – Un documento esistente

42.

La nozione di «documento», compresi i documenti in formato elettronico, ai sensi del regolamento n. 1049/2001, è ampia. Tuttavia, la Corte ha dichiarato che il diritto di accesso ai «documenti» detenuti da un’istituzione si applica solo a documenti esistenti in possesso dell’istituzione interessata ( 18 ).

43.

Limitare l’accesso ai «documenti esistenti» è una chiara conseguenza sia della lettera che dello spirito del regolamento. Quanto al testo, l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento impone al richiedente di indicare con precisione quali documenti richiede in modo da «consentire all’istituzione di identificare il documento» ( 19 ). Parimenti, ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 3, «[i] documenti vengono forniti in una versione e in un formato già esistenti» ( 20 ). Il testo di tali disposizioni dimostra che l’accesso ai documenti è limitato ai documenti esistenti.

44.

Lo spirito del regolamento ha come obiettivo di migliorare la trasparenza. La trasparenza impone la condivisione con le istituzioni dei documenti in archivio. Come sostenuto dalla Commissione nella fattispecie, lo scopo della trasparenza è di porre il cittadino sullo stesso piano di un funzionario delle istituzioni. Di conseguenza, sia ai cittadini che ai funzionari è consentito, in via di principio, l’accesso ai medesimi documenti. Ciò significa in sostanza che il cittadino può leggere gli stessi fascicoli e gli stessi documenti di un funzionario che lavora nelle istituzioni dell’Unione europea, in formato cartaceo o elettronico, sul posto o in un luogo più distante. Viceversa, il regolamento non può essere interpretato nel senso che obbliga le istituzioni a iniziare a creare documenti che non abbiano già a disposizione.

45.

Tuttavia, la distinzione tra un documento «esistente» e un documento «nuovo» diviene meno netta nel contesto delle banche dati elettroniche. Quando si tratta di formato cartaceo, l’ipotesi che un testo particolare, o una sua parte, sia già messo o meno per iscritto da qualche parte potrebbe risultare talvolta problematica da provare, ma non una volta che sia stato dimostrato che siffatto documento esiste fisicamente. Tuttavia, quando si tratta di banche dati elettroniche, il termine «documento esistente» è più difficile da concettualizzare. A seconda della sua struttura e dell’organizzazione interna, diverse informazioni potrebbero essere ottenute da una banca dati elettronica, spesso con il minimo sforzo. Un po’ come guardare attraverso un caleidoscopio, una piccola rotazione (un comando o un click) possono cambiare completamente il quadro. Tuttavia la questione è: quel preciso «documento», nella sua specifica configurazione di dati, esisteva prima del click, costituendo quindi un «documento esistente», al quale il richiedente ha diritto di accedere, oppure si tratta di un «nuovo documento» creato con il click, al quale il richiedente non ha alcun diritto di accesso?

46.

Senza voler entrare in discussioni ontologiche approfondite sulla natura dell’essere e sull’esistenza nella fase attuale, è forse evidente che in tale contesto tecnologico differenziato, una distinzione statica tra documenti «esistenti» e documenti «nuovi», avente origine nel mondo materiale della carta, non può essere di grande aiuto. Un documento che può essere creato con molta facilità da una banca dati può, al momento della presentazione della domanda di accesso, essere strictu sensu non «esistente» in tale particolare configurazione. Tuttavia, i dati di base necessari per la creazione del documento sono contenuti in una serie di dati più ampia. Pertanto, nel particolare contesto delle banche dati elettroniche, l’analisi che alimenta la distinzione tra documenti «esistenti» e documenti «nuovi» dovrebbe forse incentrarsi sulla valutazione del livello dell’aspetto dinamico e creativo del processo di elaborazione del documento richiesto.

47.

A mio avviso, la nozione di «documento esistente» nel contesto di banche dati elettroniche potrebbe essere delineato in due modi: in senso positivo e in senso negativo. La definizione positiva ricorre a un’analogia con il diritto sui generis in materia di proprietà intellettuale ( 21 ). Ciò significa che, nel regno delle banche dati elettroniche, un documento è considerato «nuovo» qualora sia il risultato di un investimento rilevante che modifichi la banca dati in quanto tale. In altri termini, il carico di lavoro necessario per creare il documento richiesto sotto forma di banca dati o serie di dati è così significativo da equivalere, de facto, a una diversa e quindi a una nuova banca dati o serie di dati.

48.

L’esistenza di tale investimento rilevante deve essere valutato caso per caso, in base ai fatti di ogni singola fattispecie. Tuttavia, possibili esempi illustrativi potrebbero includere situazioni in cui, per creare il documento richiesto in una domanda, debbano essere aggiunti nuovi valori (settori, indici, identificativi ecc.) esterni alla banca dati esistente; oppure, per creare il documento, siano necessarie ricerche e operazioni complesse e incrociate tra banche dati; o anche casi in cui la creazione del documento richiesto comporti necessariamente modifiche sostanziali alla struttura stessa di una banca dati, come una nuova codificazione o indicizzazione della stessa. In tutti questi esempi, che non sono esaustivi né si escludono a vicenda, sembrerebbe che sia necessario creare un «nuovo» documento per ottemperare alla richiesta di informazioni.

49.

Secondo la definizione negativa, è improbabile che un «nuovo documento» ai sensi del regolamento sia creato semplicemente mediante la cancellazione o il filtraggio (compresa l’anonimizzazione) di alcuni dati esistenti nella banca dati o nella serie di dati. Inoltre, fatta salva la specifica struttura della banca dati, è comunque improbabile che tali operazioni comportino investimenti rilevanti (di tipo intellettuale), pertanto non vi sarebbe la creazione di un «nuovo documento», bensì semplicemente la riorganizzazione di un documento esistente.

50.

Esempi rientranti in tale categoria negativa includono ricerche normali o di routine che possono essere effettuate utilizzando gli strumenti di ricerca a disposizione della banca dati in questione ( 22 ). Tuttavia, anche la cancellazione o il filtraggio di alcuni dati all’interno di una banca dati esistente non equivalgono alla creazione di un «nuovo documento». L’anonimizzazione è, a mio avviso, generalmente un tipo di operazione di filtraggio o di cancellazione. Salvo che la sua realizzazione richieda modiche alla struttura della banca dati, l’anonimizzazione non crea alcun valore aggiunto in quanto consiste nella mera rimozione di talune informazioni dalla banca dati.

51.

Dovrebbe essere chiaramente riconosciuto, a titolo di conclusione della presente sezione, che l’approccio esposto supra propone un’interpretazione più ampia della nozione di «documento esistente» nel contesto delle banche dati elettroniche. Le ragioni sono, come è già stato spiegato, di natura tecnica: contrariamente al mondo materiale della carta, è possibile fare molto di più, con maggiore facilità, nel mondo delle banche dati elettroniche. Pertanto, la nozione di «documento esistente», interpretata nel contesto delle banche dati elettroniche, non deve incentrarsi sull’esistenza statica e fisica di un documento al momento della presentazione della domanda, bensì sulla questione della portata del processo creativo, necessario per creare il documento richiesto. Il parametro dell’investimento rilevante nel contesto delle banche dati elettroniche consiste quindi, in termini pratici, e forse contrariamente al linguaggio comune, nel fatto che la nozione di «documento esistente» includerebbe documenti che non potrebbero essere fisicamente esistiti nella forma o configurazione specifica nel momento in cui la richiesta di accesso alle informazioni è stata presentata, ma la cui preparazione è una questione di semplice operazione meccanica.

C – Applicazione al caso di specie

52.

Alla luce delle suesposte considerazioni, esaminerò ora la questione se la tabella richiesta nella prima domanda formulata dal ricorrente, costituente l’oggetto della presente impugnazione, equivalga a un «documento» ai sensi del regolamento n. 1049/2001.

53.

Come dichiarato dal Tribunale ( 23 ), il sig. Typke ha chiesto, nella sua prima domanda, in particolare, una tabella contenente le seguenti informazioni:

«l’identificativo di ciascun candidato, che non permettesse la sua nominale identificazione, ma che permettesse tuttavia di metterlo in relazione con i quesiti ai quali egli aveva dovuto rispondere;

l’identificativo di ciascun quesito posto, senza tuttavia rivelare il contenuto del quesito;

la categoria di quesiti cui si riferiva ciascun quesito, vale a dire quesito di ragionamento verbale, di ragionamento astratto, di ragionamento numerico o situazionale;

la lingua in cui ciascun quesito era stato posto a ciascun candidato;

l’indicazione dell’eventuale neutralizzazione operata rispetto a certi quesiti;

l’identificativo della risposta attesa che, senza rivelare il contenuto del quesito, doveva essere identico per la medesima combinazione di quesiti e risposte; il ricorrente ha precisato, a tal proposito, che, sebbene le risposte attese non fossero state presentate nello stesso ordine a tutti i candidati, ci si doveva assicurare che un medesimo identificativo fosse utilizzato per ciascuna risposta attesa; ha inoltre esposto che, per i quesiti relativi al test situazionale, si doveva indicare la risposta attesa complessiva, vale a dire la migliore opzione e la peggiore;

la risposta data da ciascun candidato a ciascun quesito, con la precisazione che il ricorrente non mirava a conoscere il contenuto delle risposte, ma solamente ad identificare le risposte corrette o non corrette fornite dai candidati; il ricorrente ha precisato, a tal riguardo, da un lato, che per il caso in cui un candidato non avesse risposto ad un quesito andava utilizzato un identificativo distinto, e dall’altro lato che per i test situazionali doveva essere fornita l’intera risposta;

infine, il tempo che ciascun candidato aveva dedicato ad ogni quesito».

54.

Il Tribunale ha concluso che la produzione della tabella richiesta equivarrebbe alla creazione di un nuovo documento. La domanda del ricorrente richiederebbe «un lavoro di programmazione informatica, ossia l’elaborazione di nuove interrogazioni SQL e, pertanto, la creazione di un nuovo risultato di ricerca nella banca dati (…) le operazioni che richiederebbero tale lavoro di programmazione (…) non possono essere assimilate ad una ricerca normale o di routine nella banca dati interessata, fatta per mezzo degli strumenti di ricerca che sono a disposizione della Commissione per dette banche dati» ( 24 ).

55.

Nella sua impugnazione, il ricorrente afferma in sostanza che la formulazione di una specifica interrogazione di ricerca SQL che crei il documento in forma di tabella redatta per esporre tutte le informazioni specificamente richieste dallo stesso, equivale a una ricerca normale o di routine e quindi non alla creazione di un nuovo documento.

56.

In base ai fatti come esposti dal Tribunale, relativi al tipo di banche dati utilizzate dalla Commissione e alla specifica formulazione della prima domanda presentata dal ricorrente, ritengo che, per soddisfare la specifica richiesta del richiedente, l’EPSO avrebbe dovuto, in effetti, creare un nuovo documento.

57.

Senza voler effettuare una valutazione dei fatti per accertare quali interrogazioni SQL siano preprogrammate e quale livello di competenza nella programmazione ci si debba ragionevolmente attendere dagli utenti e/o dagli amministratori di banche dati relazionali, ritengo che la creazione della specifica tabella richiesta dal ricorrente richieda un investimento rilevante nel senso delineato nella precedente sezione. In particolare, come descritto dettagliatamente dal Tribunale, avrebbero dovuto essere attribuiti nuovi identificativi ai settori selezionati della banca dati, unitamente a una codificazione sostanziale e a una indicizzazione potenziale, e tutto ciò tra diverse banche dati.

58.

Per questi motivi, ritengo che il Tribunale non sia incorso in un errore di diritto nel sostenere che la domanda presentata nella prima procedura non si riferiva all’accesso a un «documento esistente».

59.

Si dovrebbero aggiungere due osservazioni conclusive. In primo luogo, nel caso di specie, sembra sussistere una certa fluttuazione quanto all’oggetto preciso delle singole richieste presentate nelle due procedure, in quanto il ricorrente sembra formularle in modo diverso nelle diverse fasi. Come è stato già sottolineato supra, al paragrafo 37 delle presenti conclusioni, il richiedente ha tuttavia il dovere di essere preciso riguardo all’oggetto della richiesta. D’altro canto, tale relativo ( 25 ) rigore in termini di formulazione dell’oggetto della richiesta è compensato dal fatto che il richiedente può presentare successivamente un’altra richiesta di accesso.

60.

In secondo luogo, va ricordato che i tre tipi documento, nel contesto delle banche dati elettroniche, indicati supra al paragrafo 30 delle presenti conclusioni, non si escludono a vicenda. Pertanto, il fatto che la specifica combinazione di dati oggetto della domanda del richiedente non sia qualificata come «documento esistente» in quanto la sua creazione richiede un investimento rilevante non significa che il richiedente non possa ottenere le informazioni di cui necessita attraverso la presentazione di una nuova richiesta di accesso a dati grezzi, a una parte della banca dati o all’intera banca dati.

61.

Pertanto, detto chiaramente, una persona non ha diritto, in forza del regolamento, di accedere a un documento «su misura», redatto secondo i suoi desideri, con ciò trasformando, in concreto, l’amministrazione nella propria agenzia di ricerche privata. Tuttavia, ciò non le impedisce di effettuare direttamente le ricerche necessarie in base ai dati grezzi o a serie di dati. Inoltre, come è stato già dichiarato, le istituzioni devono divulgare le informazioni a loro disposizione. Non sono tuttavia tenute a iniziare a creare documenti sostanzialmente nuovi secondo i desideri degli «utenti».

62.

Infine, l’accesso alternativo a dati grezzi sarà disciplinato dalle stesse norme ed eccezioni già esposte nella prima sezione delle presenti conclusioni. In particolare, nel concedere l’accesso a serie più ampie di dati grezzi o all’intera banca dati, si deve tenere in debito conto la protezione dei dati di altri candidati, dei diritti alla vita privata e dei diritti di proprietà intellettuale di terzi relativi al software e alla programmazione contenuti nella banca dati. Tali considerazioni, unitamente a considerazioni di natura più pratica, relative alle dimensioni del documento effettivamente richiesto, determineranno i mezzi concreti con i quali il singolo può avere accesso ai documenti in questione (ad esempio se il documento sarà reso disponibile a titolo di copia o solo sul posto, eventualmente sotto la supervisione di un esperto informatico e/o di un addetto alla sicurezza). Spetta alle istituzioni stabilire il giusto equilibrio tra gli interessi in conflitto nel singolo caso.

VI – Conclusione

63.

Per questi motivi, e fatto salvo l’argomento relativo allo snaturamento degli elementi di prova, propongo alla Corte di respingere l’impugnazione per quanto riguarda gli errori di diritto asseriti dal ricorrente.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43).

( 3 ) Sentenza del 2 luglio 2015, Typke/Commissione (T‑214/13, EU:T:2015:448).

( 4 ) Sentenza del 26 ottobre 2011, Dufour/BCE ,(T‑436/09, EU:T:2011:634, punto 153).

( 5 ) V. considerando 1, come interpretato dalla sentenza del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione (C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punto 72).

( 6 ) V. considerando 4, come interpretato, ad esempio, dalle sentenze del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio (C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 33) e 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione (C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punto 69).

( 7 ) V. considerando 2 e 3. V. anche, ad esempio, sentenza del 18 dicembre 2007, Svezia/Commissione (C‑64/05 P, EU:C:2007:802, punto 54).

( 8 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 novembre 2003, relativa al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico (GU L 345, pag. 90), come modificata dalla direttiva 2013/37/UE (GU 2013, L 175, pag. 1).

( 9 ) V. sentenza del 26 ottobre 2011, Dufour/BCE (T‑436/09, EU:T:2011:634).

( 10 ) V. articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del regolamento.

( 11 ) V. articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento.

( 12 ) V. articolo 4, paragrafo 2, del regolamento.

( 13 ) V., in tal senso, sentenza del 2 ottobre 2014, Strack/Commissione (C‑127/13 P, EU:C:2014:2250, punto 40), sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio (C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punti 3536).

( 14 ) Tale soluzione può riguardare solo il contenuto o il numero di documenti richiesti. V. sentenza del 2 ottobre 2014, Strack/Commissione (C‑127/13 P, EU:C:2014:2250, punto 26).

( 15 ) V. l’ultima frase dell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento, in cui si stabilisce che la riproduzione di meno di venti pagine di formato A4 è gratuita.

( 16 ) Sentenza del 2 ottobre 2014, Strack/Commissione (C‑127/13 P, EU:C:2014:2250, punto 28).

( 17 ) Sentenza del 2 ottobre 2014, Strack/Commissione (C‑127/13 P, EU:C:2014:2250, punto 27).

( 18 ) V. sentenza del 2 ottobre 2014, Strack/Commissione (C‑127/13 P, EU:C:2014:2250).

( 19 ) Il corsivo è mio.

( 20 ) Il corsivo è mio.

( 21 ) V. direttiva 96/9/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 1996, relativa alla tutela giuridica delle banche di dati (GU 1996, L 77, pag. 20). In particolare, ai sensi dell’articolo 7, «[g]li Stati membri attribuiscono al costitutore di una banca di dati il diritto di vietare operazioni di estrazione e/o reimpiego della totalità o di una parte sostanziale del contenuto della stessa, valutata in termini qualitativi o quantitativi, qualora il conseguimento, la verifica e la presentazione di tale contenuto attestino un investimento rilevante sotto il profilo qualitativo o quantitativo». V., in particolare, sentenze del 9 novembre 2004, Fixtures Marketing (C‑338/02, EU:C:2004:696, punti 19 e segg.), 15 gennaio 2015, Ryanair (C‑30/14, EU:C:2015:10, punto 34), e 19 dicembre 2013, Innoweb (C‑202/12, EU:C:2013:850, punto 36).

( 22 ) Ai sensi della sentenza del 26 ottobre 2011, Dufour/BCE (T‑436/09, EU:T:2011:634, punti 150153).

( 23 ) V. sentenza del 2 luglio 2015, Typke/Commissione (T‑214/13, EU:T:2015:448, punto 4).

( 24 ) V. sentenza del 2 luglio 2015, Typke/Commissione (T‑214/13, EU:T:2015:448, punti da 67 a 68, nonché punti da 62 a 64.

( 25 ) «Relativo» in quanto il dovere di ragionevole assistenza nel chiarire le richieste imprecise spetta all’amministrazione ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001.