CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MELCHIOR WATHELET

presentate il 6 aprile 2017 ( 1 )

Causa C‑331/15 P

Repubblica francese

contro

Carl Schlyter

«Impugnazione – Accesso ai documenti – Parere circostanziato della Commissione europea riguardante un progetto di decreto relativo alla dichiarazione annuale delle sostanze allo stato di nanoparticelle, notificato dalle autorità francesi alla Commissione in applicazione delle disposizioni della direttiva 98/34/CE – Decisione della Commissione di diniego di accesso – Regolamento (CE) n. 1049/2001 – Articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino – Eccezione al diritto di accesso – Tutela degli obiettivi delle attività di indagine»

Introduzione

1.

Con la sua impugnazione la Repubblica francese chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 16 aprile 2015, Schlyter/Commissione (T‑402/12; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2015:209), con la quale quest’ultimo ha accolto il ricorso del sig. Carl Schlyter inteso all’annullamento della decisione della Commissione del 27 giugno 2012 (in prosieguo: la «decisione controversa»).

2.

Con la decisione controversa la Commissione europea, sul fondamento dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione ( 2 ), si è rifiutata di accordare al sig. Schlyter, durante il termine di «differimento» o di sospensione ( 3 ), l’accesso al parere circostanziato ( 4 ) della Commissione riguardante un progetto di decreto relativo al contenuto e alle condizioni di presentazione della dichiarazione annuale delle sostanze allo stato di nanoparticelle (2011/673/F), che le era stato notificato dalle autorità francesi, in applicazione della direttiva 98/34, come modificata dalla direttiva 98/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 luglio 1998 ( 5 ). Tale posizione si basava su un’analogia tra, da un lato, la procedura prevista dalla direttiva 98/34 e, dall’altro, il procedimento per inadempimento previsto all’articolo 258 TFUE e la procedura in materia di aiuti di Stato prevista all’articolo 108 TFUE ( 6 ).

3.

L’impugnazione in esame verte sull’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, concernente la tutela degli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile, e più precisamente sulla questione se un parere circostanziato emesso dalla Commissione nell’ambito della procedura prevista dalla direttiva 98/34 rientri o meno in un’attività di indagine ai sensi di tale disposizione.

4.

Sarà pertanto necessario esaminare le caratteristiche della procedura prevista agli articoli 8 e 9 della direttiva 98/34 al fine di verificare se essa costituisca o meno un’attività di indagine ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

5.

Inoltre, nel caso in cui il parere circostanziato emesso dalla Commissione nell’ambito della procedura prevista agli articoli 8 e 9 della direttiva 98/34 rientri in un’attività di indagine ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, si porrà la questione se, nella specie, la divulgazione di tale documento arrechi pregiudizio all’obiettivo della procedura prevista dalla direttiva 98/34.

Contesto normativo

La direttiva 98/34

6.

L’articolo 8 della direttiva 98/34 dispone quanto segue:

«1.   Fatto salvo l’articolo 10, gli Stati membri comunicano immediatamente alla Commissione ogni progetto di regola tecnica (…). Essi le comunicano brevemente anche i motivi che rendono necessario adottare tale regola tecnica a meno che non risultino già dal progetto.

(…)

La Commissione comunica senza indugio agli altri Stati membri il progetto di regola tecnica e tutti i documenti che le sono stati trasmessi (…).

Per quanto concerne le specificazioni tecniche (…), le osservazioni o i pareri circostanziati della Commissione o degli Stati membri possono basarsi unicamente sugli aspetti che costituiscano eventualmente ostacoli agli scambi o, per le regole relative ai servizi, alla libera circolazione dei servizi o alla libertà di stabilimento dell’operatore di servizi, e non sugli elementi fiscali o finanziari della misura.

2.   La Commissione e gli Stati membri possono inviare allo Stato membro che ha presentato il progetto di regola tecnica osservazioni di cui lo Stato membro terrà conto, per quanto possibile, nella stesura definitiva della regola tecnica.

3.   Gli Stati membri comunicano senza indugio alla Commissione il testo definitivo della regola tecnica.

4.   Le informazioni fornite ai sensi del presente articolo non sono considerate riservate, a meno che lo Stato membro autore della notifica ne presenti richiesta esplicita. Qualsiasi richiesta in tal senso deve essere motivata. (…)

(…)».

7.

L’articolo 9 di tale direttiva prevede quanto segue:

«1.   Gli Stati membri rinviano l’adozione di un progetto di regola tecnica di tre mesi a decorrere dalla data in cui la Commissione ha ricevuto la comunicazione di cui all’articolo 8, paragrafo 1.

2.   Gli Stati membri rinviano:

(…),

fatti salvi i paragrafi 3, 4 e 5, di sei mesi l’adozione di qualsiasi altro progetto di regola tecnica (esclusi i progetti relativi ai servizi),

a decorrere dalla data in cui la Commissione ha ricevuto la comunicazione di cui all’articolo 8, paragrafo 1, se essa o un altro Stato membro emette, nei tre mesi successivi a tale data, un parere circostanziato secondo il quale la misura proposta presenta aspetti che possono eventualmente creare ostacoli alla libera circolazione delle merci nell’ambito del mercato interno,

(…)

Lo Stato membro interessato riferisce alla Commissione sul seguito che esso intende dare a tali pareri circostanziati. La Commissione commenta tale reazione.

(…)

3.   Gli Stati membri rinviano l’adozione di un progetto di regola tecnica, esclusi i progetti di regole relative ai servizi, di dodici mesi a decorrere dalla data in cui la Commissione ha ricevuto la comunicazione di cui all’articolo 8, paragrafo 1, se la Commissione, nei tre mesi successivi a tale data, comunica la sua intenzione di proporre o di adottare una direttiva, un regolamento o una decisione in materia a norma dell’articolo [288 TFUE]».

Il regolamento n. 1049/2001

8.

Il regolamento n. 1049/2001 definisce i principi, le condizioni e le limitazioni che disciplinano il diritto di accesso ai documenti delle istituzioni dell’Unione europea previsto all’articolo 15 TFUE.

9.

L’articolo 2 di tale regolamento, intitolato «Destinatari e campo di applicazione», così recita:

«1.   Qualsiasi cittadino dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha un diritto d’accesso ai documenti delle istituzioni, secondo i principi, le condizioni e le limitazioni definite nel presente regolamento.

2.   Secondo gli stessi principi, condizioni e limitazioni le istituzioni possono concedere l’accesso ai documenti a qualsiasi persona fisica o giuridica che non risieda o non abbia la sede sociale in uno Stato membro.

3.   Il presente regolamento riguarda tutti i documenti detenuti da un’istituzione, vale a dire i documenti formati o ricevuti dalla medesima e che si trovino in suo possesso concernenti tutti i settori d’attività dell’Unione europea.

(…)».

10.

L’articolo 4 di detto regolamento prevede talune eccezioni al diritto di accesso ai documenti delle istituzioni dell’Unione; quelle rilevanti ai presenti fini sono indicate al paragrafo 2 del medesimo articolo, che così dispone:

«Le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela di quanto segue:

gli interessi commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresa la proprietà intellettuale,

le procedure giurisdizionali e la consulenza legale,

gli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile,

a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione».

11.

L’articolo 4, paragrafo 6, di questo stesso regolamento dispone quanto segue:

«Se solo alcune parti del documento richiesto sono interessate da una delle eccezioni, le parti restanti del documento sono divulgate».

12.

L’articolo 4, paragrafo 7, del regolamento n. 1049/2001 dispone quanto segue:

«Le eccezioni di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 si applicano unicamente al periodo nel quale la protezione è giustificata sulla base del contenuto del documento (…)».

Fatti

13.

Il 29 dicembre 2011, le autorità francesi hanno notificato alla Commissione, conformemente all’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 98/34, un progetto di decreto relativo al contenuto e alle condizioni di presentazione della dichiarazione annuale delle sostanze allo stato di nanoparticelle, adottato in applicazione degli articoli R. 523-12 e R. 523-13 del codice dell’ambiente (in prosieguo: il «progetto di decreto»).

14.

Conformemente all’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 98/34, il termine di differimento o di sospensione di tre mesi a decorrere dalla ricezione, da parte della Commissione, della comunicazione prevista all’articolo 8, paragrafo 1, di tale direttiva, è iniziato il 30 dicembre 2011. Nel marzo 2012, durante tale termine di differimento o di sospensione, la Repubblica federale di Germania ha chiesto e ha, in seguito, ottenuto informazioni complementari da parte delle autorità francesi riguardanti il progetto di decreto.

15.

Il 30 marzo 2012, la Commissione ha emesso un parere circostanziato che ha avuto come effetto, conformemente all’articolo 9, paragrafo 2, secondo trattino, della direttiva 98/34, di prolungare di altri tre mesi il termine di differimento iniziale previsto all’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 98/34 (in prosieguo: il «parere circostanziato»). Il 2 aprile 2012, anche il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord ha presentato le proprie osservazioni riguardanti il progetto di decreto, conformemente all’articolo 8, paragrafo 2, di tale direttiva. Le autorità francesi hanno risposto alle osservazioni del Regno Unito il 6 giugno 2012.

16.

Con lettera del 16 aprile 2012, vale a dire durante il termine di differimento o di sospensione, il sig. Schlyter ha presentato richiesta di accesso al parere circostanziato della Commissione.

17.

Con lettera del 7 maggio 2012, la Commissione ha respinto la richiesta di accesso del 16 aprile 2012 opponendo l’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 e ritenendo che un accesso parziale non fosse possibile in quanto l’intero documento rientrava nell’eccezione opposta. Inoltre, essa ha considerato che non esistesse un interesse pubblico prevalente che giustificasse la divulgazione del documento nelle circostanze del caso di specie.

18.

Il 29 maggio 2012, sulla base dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, il sig. Schlyter ha presentato alla Commissione una domanda di conferma chiedendo alla stessa di rivedere la sua posizione.

19.

Il 27 giugno 2012, la Commissione, con la decisione controversa, ha rigettato la domanda di conferma del sig. Schlyter, decisione motivata nei seguenti termini.

20.

La Commissione ha considerato, al punto 3 della decisione controversa, intitolato «Protezione degli obiettivi delle attività d’indagine», che la divulgazione del parere circostanziato in questione avrebbe arrecato pregiudizio alla tutela degli obiettivi delle attività d’indagine, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

21.

Al punto 4 della decisione controversa, intitolato «Accesso parziale», la Commissione ha ritenuto che così fosse per l’intero documento al quale era stato chiesto l’accesso, il che escludeva qualsiasi divulgazione parziale in applicazione dell’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001.

22.

Al punto 5 della decisione controversa, intitolato «Interesse pubblico prevalente alla divulgazione», la Commissione ha considerato che non esistesse nemmeno un interesse pubblico prevalente, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, ultimo enunciato, del regolamento n. 1049/2001, che giustificasse comunque la divulgazione del documento.

23.

Il termine di differimento relativo al progetto di decreto è scaduto il 2 luglio 2012. La Repubblica francese ha risposto al parere circostanziato della Commissione il 16 luglio 2012. Il 26 luglio 2012, la Commissione ha chiesto alle autorità francesi di sottoporle il progetto di decreto modificato, cosa che queste ultime hanno fatto il giorno stesso.

24.

Il 6 agosto 2012, la Repubblica francese ha adottato il decreto relativo al contenuto e alle condizioni di presentazione della dichiarazione annuale delle sostanze allo stato di nanoparticelle, emanato in applicazione degli articoli R. 523‑12 e R. 523‑13 del codice dell’ambiente (GURF del 10 agosto 2012, pag. 13166). Tale decreto è stato notificato alla Commissione il 22 agosto 2012.

25.

Il 25 ottobre 2012, dopo aver terminato l’esame del decreto e aver deciso che non si dovesse avviare una procedura per inadempimento contro la Repubblica francese, la Commissione ha trasmesso al sig. Schlyter una copia del parere circostanziato in questione.

La sentenza impugnata

26.

Nel suo ricorso dinanzi al Tribunale, il sig. Schlyter ( 7 ) ha dedotto tre motivi.

27.

Il primo motivo del sig. Schlyter verteva sull’esistenza di errori di diritto, di errori manifesti di valutazione nell’applicazione dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 e dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1367/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006, sull’applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale ( 8 ).

28.

Il primo motivo riguardava, in primo luogo, la «questione se il parere circostanziato in esame, emesso nell’ambito della procedura prevista dalla direttiva 98/34, rientri nell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, ai sensi del quale le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrecherebbe pregiudizio alla tutela degli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile. In secondo luogo, fra le parti [era] controverso se, tenuto conto della natura di detto parere circostanziato, la Commissione potesse fondarsi, durante il termine di differimento, su una presunzione generale, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, interpretato alla luce dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006, in base alla quale la divulgazione del parere di cui trattasi lederebbe tali obiettivi» ( 9 ).

29.

Il secondo motivo verteva sull’esistenza di un errore di diritto e di un errore manifesto di valutazione, nonché di un difetto di motivazione nell’applicazione del criterio dell’interesse pubblico prevalente richiesto dall’articolo 4, paragrafo 2, in fine, del regolamento n. 1049/2001 e dall’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006 ( 10 ).

30.

Il terzo motivo verteva sull’esistenza di un errore di diritto, di un errore manifesto di valutazione e di un difetto di motivazione nell’applicazione dell’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001 ( 11 ).

31.

Per quanto riguarda il primo motivo, il Tribunale ha considerato che la nozione di «indagine» comprendesse sia l’insieme delle ricerche effettuate da un’autorità competente al fine di determinare l’esistenza di una violazione, sia la procedura attraverso cui un’amministrazione raccoglie informazioni e verifica determinati fatti prima di adottare una decisione ( 12 ). Secondo il Tribunale, nel quadro della procedura prevista dalla direttiva 98/34, la Commissione può emettere un parere circostanziato in cui considera che il progetto di regola tecnica presenti degli aspetti che possono eventualmente creare ostacoli alla libera circolazione delle merci, alla libera circolazione dei servizi o alla libertà di stabilimento degli operatori di servizi nell’ambito del mercato interno ( 13 ). Cionondimeno, secondo il Tribunale, il parere circostanziato emesso dalla Commissione nel quadro di detta procedura non rientra, tuttavia, nell’ambito di una procedura per mezzo della quale l’amministrazione raccoglie informazioni e verifica determinati fatti prima di adottare una decisione ( 14 ).

32.

In primo luogo, il Tribunale ha dichiarato che, nell’ambito della procedura prevista dalla direttiva 98/34, non spettava alla Commissione raccogliere informazioni prima dell’emissione di un parere circostanziato. Secondo il Tribunale, gli Stati membri devono notificare alla Commissione i progetti che rientrano nell’ambito delle regolamentazioni tecniche ( 15 ).

33.

In secondo luogo, secondo il Tribunale, se è vero che, sulla base delle informazioni trasmesse dallo Stato membro notificante, la Commissione verifica determinati fatti, essa, tuttavia, non adotta una decisione, ma, se del caso, emette un parere intermedio di natura non vincolante. In effetti, l’emissione di un parere circostanziato non sarebbe altro che il risultato dell’analisi del progetto di regola tecnica, effettuata dalla Commissione, a seguito della quale quest’ultima ritiene che il progetto di regola tecnica presenti degli aspetti che possono eventualmente creare ostacoli alla libera circolazione delle merci e dei servizi o alla libertà di stabilimento degli operatori di servizi nell’ambito del mercato interno. Inoltre, tale parere circostanziato non rifletterebbe necessariamente una posizione definitiva della Commissione, poiché, a seguito della sua emissione, lo Stato membro interessato riferisce alla Commissione sul seguito che intende dare a tale parere e la Commissione commenta tale reazione ( 16 ).

34.

Il Tribunale ha aggiunto che il parere circostanziato emesso dalla Commissione nell’ambito della procedura prevista dalla direttiva 98/34 non costituiva neppure il risultato di ricerche effettuate da un’autorità competente per accertare un’infrazione ( 17 ). Secondo il Tribunale, per sua stessa natura, un progetto di regola tecnica è un testo preparatorio, che può evolvere ed essere modificato. Finché tale regola tecnica non viene adottata, essa non può violare le norme che disciplinano la libera circolazione delle merci, quella dei servizi o la libertà di stabilimento degli operatori di servizi nell’ambito del mercato interno ( 18 ). Di conseguenza, il Tribunale ha dichiarato che lo Stato membro destinatario di tale parere non potrebbe rendersi colpevole di una violazione del diritto dell’Unione poiché, al momento dell’emissione del parere circostanziato di cui alla direttiva 98/34, la regola tecnica nazionale esisterebbe soltanto allo stadio di progetto ( 19 ).

35.

Il Tribunale ha dichiarato che il fatto che la direttiva 98/34 preveda che sia la Commissione, sia gli altri Stati membri possano emettere un parere circostanziato sul progetto di regola tecnica dello Stato membro notificante conferma che l’emissione da parte della Commissione di un parere circostanziato non rientrava nell’ambito di un’attività di ricerca che la Commissione avrebbe effettuato per accertare una violazione, in quanto gli Stati membri non possono far altro che denunciare una violazione delle norme dell’Unione da parte di un altro Stato membro, ma non possono adottare un parere motivato con cui la Commissione formalizzi l’esistenza di una violazione. Secondo il Tribunale, il parere circonstanziato, adottato dalla Commissione o da uno Stato membro, è semplicemente una forma di denuncia di un potenziale conflitto tra il progetto di regola tecnica e il diritto dell’Unione in materia di libera circolazione delle merci, di libera circolazione dei servizi o di libertà di stabilimento degli operatori di servizi nell’ambito del mercato interno ( 20 ).

36.

Il Tribunale ha considerato che il parere circostanziato emesso dalla Commissione nell’ambito della procedura prevista dalla direttiva 98/34 non rientrasse in un’attività d’indagine, dal momento che non costituiva una decisione che constatava una violazione, trattandosi di una presa di posizione iniziale, provvisoria e consultiva della Commissione sulla base dell’analisi di un progetto di regola tecnica notificato, che lasciava così allo Stato membro notificante la possibilità di modificare tale progetto prima della sua adozione ( 21 ).

37.

Il Tribunale ha deciso che il procedimento per inadempimento era l’esempio classico di un controllo ex post che consiste nel controllare i provvedimenti nazionali, dopo che questi sono stati adottati dagli Stati membri, e che mira a ristabilire il rispetto dell’ordinamento giuridico. A suo avviso, se è indubbio che la fase precontenziosa di cui al procedimento per inadempimento preveda ugualmente una fase di dialogo tra la Commissione e lo Stato membro interessato, l’obiettivo è tuttavia quello di una composizione amichevole della vertenza tra la Commissione e lo Stato membro interessato e, in mancanza, quello di prendere in considerazione la possibilità di adire la Corte per l’incompatibilità di un provvedimento nazionale entrato in vigore e che produce effetti giuridici sul mercato interno ( 22 ).

38.

A tale proposito, il parere circostanziato emesso dalla Commissione nell’ambito della procedura prevista dalla direttiva 98/34 non costituisce una diffida poiché, a tale stadio di detta procedura, non esiste formalmente alcuna vertenza tra la Commissione e lo Stato membro interessato ( 23 ).

39.

Il Tribunale ha dichiarato, in subordine, che anche nell’ipotesi in cui il parere circostanziato rientrasse in un’attività di indagine ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, l’eccezione prevista in questa disposizione non mirava a proteggere le attività di indagine in quanto tali, ma l’obiettivo di queste attività ( 24 ). A tal riguardo, la divulgazione, durante il termine di differimento, di un parere circostanziato emesso dalla Commissione nell’ambito della procedura di cui alla direttiva 98/34 non pregiudicherebbe necessariamente l’obiettivo di tale procedura. Secondo il Tribunale, il fatto che la Commissione divulghi il proprio parere circostanziato secondo cui degli aspetti del progetto di regola tecnica possono eventualmente creare ostacoli alla libera circolazione delle merci, alla libera prestazione dei servizi come pure alla libertà di stabilimento degli operatori di servizi nell’ambito del mercato interno non pregiudica l’obiettivo di una regola tecnica nazionale conforme al diritto dell’Unione. Al contrario, secondo il Tribunale, una tale divulgazione sarà percepita dallo Stato membro interessato come un ulteriore incentivo a garantire la compatibilità della propria regola tecnica con le norme dell’Unione che disciplinano tali libertà fondamentali ( 25 ).

40.

Di conseguenza, il Tribunale ha annullato la decisione controversa nella parte in cui ha rifiutato l’accesso al parere circostanziato in questione sulla base dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 ( 26 ), e ha deciso che non era più necessario pronunciarsi sulla questione se, tenuto conto della natura del parere circostanziato in questione, la Commissione potesse fondarsi, durante il termine di differimento, su una presunzione generale secondo cui la divulgazione di detto parere lederebbe taluni obiettivi dell’attività di indagine ( 27 ). Inoltre, il Tribunale ha dichiarato che non era più necessario pronunciarsi sul secondo e sul terzo motivo dedotti dal sig. Schlyter ( 28 ).

Procedimento dinanzi alla Corte

41.

Con lettera del presidente della Corte del 29 ottobre 2015, la Repubblica ceca è stata ammessa ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Repubblica francese.

42.

Hanno presentato osservazioni scritte il sig. Schlyter, la Repubblica francese, la Repubblica ceca, la Repubblica di Finlandia, il Regno di Svezia e la Commissione. Le stesse parti, ad eccezione della Repubblica ceca, hanno presentato osservazioni orali all’udienza dell’8 febbraio 2017.

Sull’impugnazione

43.

La Repubblica francese deduce un motivo unico a sostegno della sua impugnazione. Con tale motivo unico, essa ritiene che il Tribunale sia incorso in diversi errori di diritto nell’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

44.

Tale motivo unico si suddivide in due parti.

45.

In primo luogo, la Repubblica francese ritiene che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto nel considerare che la procedura prevista dalla direttiva 98/34 non costituisse un’attività di indagine ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

46.

In secondo luogo, la Repubblica francese ritiene che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto considerando, in subordine, che anche nel caso in cui il parere circostanziato emesso dalla Commissione rientrasse in un’attività di indagine ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, la divulgazione di tale documento non arrecherebbe necessariamente pregiudizio all’obiettivo della procedura prevista dalla direttiva 98/34.

Analisi

Sulla prima parte del motivo unico e sull’esistenza di «attività di indagine»

Osservazioni delle parti

– La Repubblica francese

47.

La Repubblica francese ritiene, in primo luogo, che la definizione della nozione di «indagine» fornita dalla sentenza impugnata non si fondi su nessuna definizione formulata dal regolamento n. 1049/2001, dalla direttiva 98/34 o dalla giurisprudenza. Essa rileva che la Corte non ha elaborato, finora, una definizione generale delle attività di indagine ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001. Secondo la Repubblica francese, la sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione (C‑612/13 P, EU:C:2015:486), testimonia la volontà della Corte di non inquadrare in condizioni formali la qualificazione di «obiettivi» delle attività di indagine, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001. Pertanto, tale sentenza osterebbe al carattere eccessivamente restrittivo della definizione della nozione di «indagine» sancita dal Tribunale al punto 53 della sentenza impugnata.

48.

La Repubblica francese considera, in secondo luogo, che la definizione della nozione di «indagine» nella sentenza impugnata non è coerente con la soluzione adottata dal Tribunale nella sentenza del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione (T‑306/12, EU:T:2014:816). Secondo la Repubblica francese, anche se il Tribunale ha rilevato, in quest’ultima sentenza, che era pacifico fra le parti che la procedura EU Pilot rientrasse in un’attività di indagine ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, esso ha cionondimeno esaminato tale procedura al fine di determinare se essa corrispondesse effettivamente a tale qualificazione.

49.

La Repubblica francese osserva che, nella sentenza del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione (T‑306/12, EU:T:2014:816), il Tribunale ha considerato che una procedura poteva «rientrare nella qualificazione delle attività di indagine», dal momento che la Commissione procede a richieste di dati e di informazioni allo Stato membro interessato, effettua successivamente una valutazione delle risposte ottenute ed espone infine le sue conclusioni, sia pure in via provvisoria. Di conseguenza, contrariamente a quanto dichiarato nella sentenza impugnata, il Tribunale, nella sentenza del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione (T‑306/12, EU:T:2014:816), non avrebbe richiesto che la procedura di cui trattasi, per essere qualificata come «attività di indagine», fosse intesa alla determinazione dell’esistenza di una violazione o sfociasse in una decisione definitiva.

50.

La Repubblica francese ritiene che gli obiettivi e lo svolgimento della procedura EU Pilot presentino significative analogie con quelli enunciati nella direttiva 98/34. Essa precisa che la procedura EU Pilot, la quale è stata attuata su base volontaria fra la Commissione e gli Stati membri, è intesa a verificare se il diritto dell’Unione sia rispettato e applicato correttamente all’interno degli Stati membri, a monte dell’eventuale avvio di un procedimento per inadempimento da parte della Commissione.

51.

Secondo la Repubblica francese, al pari della procedura EU Pilot, la procedura prevista dalla direttiva 98/34 costituisce una procedura di dialogo fra la Commissione e lo Stato membro. Essa rileva che, nel corso di quest’ultima procedura, la Commissione chiede dati e informazioni presso lo Stato membro, e successivamente li valuta al fine di presentare eventualmente la sua posizione in relazione alla conformità del progetto di regola tecnica al diritto dell’Unione attraverso il parere circostanziato previsto all’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 98/34. La Repubblica francese rileva parimenti che dagli orientamenti relativi alla procedura EU Pilot forniti dalla Commissione agli Stati membri nel novembre 2014 si evince che tale procedura non può essere attuata nel caso di un testo adottato successivamente alla conclusione di una procedura prevista dalla direttiva 98/34.

52.

La Repubblica francese ritiene, in terzo luogo, che, qualora la Corte dovesse aderire alla definizione di nozione di «indagine» della sentenza impugnata, la procedura prevista dalla direttiva 98/34 risponda in ogni caso a tale definizione, tenuto conto dei suoi obiettivi e del suo svolgimento.

53.

La Repubblica francese ritiene che il Tribunale, limitando il ruolo della Commissione nell’ambito della procedura prevista dalla direttiva 98/34 alla mera ricezione passiva della notifica dello Stato membro, abbia travisato la finalità, lo svolgimento e l’equilibrio della medesima.

54.

Secondo la Repubblica francese, il dialogo previsto nell’ambito della procedura di cui alla direttiva 98/34 consente di precisare, di modificare o di attenuare talune posizioni, nonché di comporre amichevolmente una vertenza, fra la Commissione e lo Stato membro, relativa alla corretta applicazione del diritto dell’Unione. Essa ritiene che tale procedura sia volta ad assicurare l’adeguamento dei progetti di regole tecniche nazionali alle norme che governano il mercato interno, anche se essa non può condurre alla determinazione dell’esistenza di una violazione del diritto dell’Unione, dal momento che la regola tecnica nazionale di cui trattasi non è in vigore al momento del controllo. Secondo la Repubblica francese, la Commissione è incaricata, in occasione di tale procedura, di un controllo preventivo al fine di tutelare la libera circolazione delle merci, e sarebbe frequentemente indotta, in tale contesto, a raccogliere fatti, verificare informazioni e porre questioni dettagliate relative al progetto di regola tecnica nazionale, in modo da poter riunire elementi ai fini dell’eventuale determinazione dell’esistenza di una violazione.

55.

Inoltre, la Repubblica francese non condivide l’affermazione, figurante al punto 58 della sentenza impugnata, secondo la quale la Commissione si limita ad adottare un parere intermedio di natura non vincolante. Essa ritiene, al contrario, che l’emissione di un parere circostanziato costituisca una decisione che la Commissione prende ai fini dell’esame da essa effettuato del progetto di regola tecnica nazionale e degli ostacoli agli scambi fra gli Stati membri che tale regola è idonea a creare. Essa aggiunge che un siffatto parere, prorogando il termine di differimento iniziale, sarebbe vincolante per lo Stato membro.

56.

La Repubblica francese aggiunge che, al termine della procedura prevista dalla direttiva 98/34, la Commissione deve decidere sull’opportunità di avviare un procedimento per inadempimento.

– Il sig. Schlyter

57.

Il sig. Schlyter ritiene che i tre argomenti fatti valere dalla Repubblica francese debbano essere dichiarati irricevibili e/o infondati.

58.

Esso considera, in primis, che incombe al Tribunale precisare ed elaborare i termini giuridici controversi; in secundis, che il Tribunale non si è discostato dalla sua precedente posizione, dal momento che la procedura EU Pilot non è paragonabile a quella prevista dalla direttiva 98/34, il che consente un trattamento diverso, e, in tertiis, che la procedura prevista dalla direttiva 98/34 non costituisce un’attività di indagine a causa dell’assenza di un mandato che autorizzi la Commissione a raccogliere informazioni in maniera attiva.

59.

Il sig. Schlyter ritiene, in primo luogo, che il Tribunale fosse legittimato a precisare la nozione di «indagine» nella sentenza impugnata, dal momento che al centro della controversia si trovava un disaccordo su tale nozione. Esso rileva che il Tribunale «ha esaminato la nozione di “indagine” nei termini in cui essa è stata applicata in sentenze anteriori concernenti procedimenti per inadempimento e in materia di aiuti di Stato al fine di determinare gli elementi caratteristici della nozione di “indagine” sul fondamento di tale giurisprudenza, il che gli ha parallelamente consentito di distinguere tali sentenze precedenti dalla presente causa (in altri termini, le sentenze concernenti procedimenti per inadempimento e in materia di aiuti di Stato erano relative ad indagini, mentre la presente causa, concernente una procedura ai sensi della direttiva 98/34, non rientra nell’ambito di un’indagine)» ( 29 ).

60.

Il sig. Schlyter reputa irricevibile, in secondo luogo, l’osservazione della Repubblica francese, secondo la quale l’applicazione della nozione di «indagine» nella sentenza impugnata non sarebbe coerente con la soluzione accolta dal Tribunale nella sentenza del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione (T‑306/12, EU:T:2014:816), nella quale il Tribunale ha dichiarato che la procedura EU Pilot costituiva un’indagine ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001. Secondo il sig. Schlyter, tale osservazione poggia su un motivo nuovo, il quale avrebbe potuto essere dedotto dinanzi al Tribunale, benché la sentenza del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione (T‑306/12, EU:T:2014:816), sia stata emessa dopo la sentenza impugnata, dal momento che le parti in tale causa non hanno contestato l’esistenza di un’indagine e la procedura EU Pilot era già stata utilizzata, essendo applicabile dal 2008. Di conseguenza, tale comparazione e l’argomento fatto valere dalla Repubblica francese avrebbero potuto essere presentati dinanzi al Tribunale.

61.

Inoltre, il sig. Schlyter ritiene che tale osservazione della Repubblica francese sia inconferente, in quanto, anche qualora esistesse siffatta incoerenza fra la sentenza del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione (T‑306/12, EU:T:2014:816) e la sentenza impugnata, cosa che non può affermarsi che si verifichi nel caso in esame, ciò non può costituire un motivo sufficiente. Il sig. Schlyter sostiene che, in ogni caso, tale argomento è parimenti infondato, poiché, contrariamente a quanto fatto valere dalla Repubblica francese, la procedura EU Pilot [(qualificata come «attività di indagine» dal Tribunale nella sentenza del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione (T‑306/12, EU:T:2014:816] non è paragonabile alla procedura prevista dalla direttiva 98/34, la quale, a causa di tali diverse caratteristiche, non può essere qualificata come «attività di indagine». Non sussisterebbe pertanto alcuna incoerenza fra le diverse sentenze del Tribunale.

62.

Il sig. Schlyter sottolinea che, diversamente che nel caso della procedura EU Pilot, nella procedura prevista dalla direttiva 98/34 la Commissione non raccoglie attivamente informazioni, ma riceve una notifica da uno Stato membro, la quale deve normalmente già includere tutte le informazioni e tutti i documenti di cui la Commissione ha bisogno per valutare la compatibilità con il diritto dell’Unione della regola tecnica notificata. Esso aggiunge che la Commissione può porre successivamente quesiti allo Stato membro interessato, ma non dispone del potere di raccogliere informazioni presso cittadini e imprese. Ogni dialogo con lo Stato membro prima dell’adozione di un parere circostanziato sarebbe di solito estremamente limitato.

63.

Il sig. Schlyter considera che, contrariamente alla procedura EU Pilot, la quale poggia sul principio che esiste un’infrazione presunta, la probabilità di un procedimento per inadempimento successivo alla procedura prevista agli articoli 8 e 9 della direttiva 98/34 è limitata. Anzitutto, secondo il sig. Schlyter, la procedura prevista dalla direttiva 98/34 è neutra, automatica, ed è innescata dall’elaborazione di un progetto di misura nazionale che rientra nell’ambito di applicazione della direttiva, non poggiando sul principio del sospetto di un’eventuale violazione. Poi, il sig. Schlyter considera che un parere circostanziato non può dar luogo ad un procedimento per inadempimento, dal momento che la violazione non esiste e che non è certo che il rischio di una violazione si avveri.

64.

Il sig. Schlyter ritiene, in terzo luogo, che la Repubblica francese sostenga erroneamente che, nella sentenza impugnata, il Tribunale ha limitato il ruolo della Commissione alla mera ricezione passiva di informazioni ( 30 ). Tale limitazione e tale ruolo passivo figurerebbero nella direttiva stessa, evidenziando in tal modo il ruolo delle informazioni fornite dallo Stato membro. Secondo il sig. Schlyter, le affermazioni della Repubblica francese secondo le quali, per valutare se un progetto di regola tecnica sia compatibile o meno con le norme che governano il mercato interno, la Commissione «è frequentemente indotta a raccogliere fatti» ( 31 ), sono prive di fondamento. Egli ritiene che, in tal caso, venga rimesso in discussione un accertamento di fatto che non può essere esaminato nell’ambito di un’impugnazione. Tale argomento sarebbe pertanto irricevibile. Inoltre, secondo il sig. Schlyter, tale argomento della Repubblica francese è erroneo, in quanto la direttiva non esige un’ulteriore richiesta di chiarimenti sostanziali da parte della Commissione ed esso non è in grado di dare una visione di insieme esatta della natura della procedura prevista dalla direttiva 98/34. Egli rileva che, contrariamente a quanto avviene nel caso della procedura EU Pilot, la Commissione non è legittimata ad entrare in contatto con i terzi al fine di raccogliere informazioni supplementari. Il sig. Schlyter aggiunge che il parere circostanziato non costituisce una decisione vincolante.

65.

Egli osserva che nulla, nella sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione (C‑612/13 P, EU:C:2015:486), suggerisce che la nozione di «indagine» non possa essere definita in maniera «limitativa». Inoltre, secondo il sig. Schlyter, non risulta da tale sentenza che ogni misura connessa alla funzione della Commissione quale custode dei Trattati costituisce un’attività di indagine.

– La Commissione

66.

La Commissione ritiene che la definizione di «indagine» al punto 53 della sentenza impugnata sia indebitamente restrittiva e costituisca una violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001. Essa rileva che tale definizione introduce una serie di requisiti formali che non possono essere desunti dalla mera espressione «attività di indagine» e che nulla, nell’espressione «attività di indagine», limiterebbe tale nozione a procedure intese ad accertare «una violazione» oppure ad adottare «una decisione». La Commissione sottolinea che, contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale in relazione alla procedura prevista dalla direttiva 98/34, tale procedura è un insieme formale di tappe e di dialoghi con gli Stati membri e non una semplice procedura non vincolante. Secondo la Commissione, in conformità all’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 98/34, lo Stato membro interessato è tenuto a rinviare di sei mesi l’adozione del progetto di regola tecnica se viene emesso un parere circostanziato e a riferire alla Commissione sul seguito che esso intende dare a tale parere circostanziato. A tal riguardo, il parere circostanziato imporrebbe pertanto un obbligo vincolante. La Commissione ritiene che un parere circostanziato non possa essere considerato un parere intermedio di tale istituzione. In forza della direttiva 98/34, si tratterebbe di una misura ufficiale che la Commissione può prendere nei confronti di un progetto di regola tecnica. Il parere circostanziato sarebbe dunque la posizione giuridica adottata dalla Commissione nell’ambito della procedura prevista dalla direttiva 98/34.

67.

Il fatto che la Commissione non raccolga informazioni in modo attivo, ma che le riceva dagli Stati membri, sarebbe chiaramente irrilevante. La Commissione ritiene che il Tribunale accordi un’importanza eccessiva al fatto che la procedura prevista dalla direttiva 98/34 costituisce un controllo ex ante delle regole tecniche da adottare e non un controllo ex post di tali regole. Secondo la Commissione, la natura preventiva della procedura di cui alla direttiva 98/34 non significa che non si tratti di un’attività di indagine.

68.

La Commissione aggiunge che il dialogo e la raccolta di informazioni da parte sua ai sensi degli articoli 8 e 9 della direttiva 98/34 «sono certamente di natura informale, ma hanno effettivamente luogo e sono, in realtà, identici al dialogo che si svolge fra uno Stato membro e la Commissione nel corso della procedura “EU-Pilot” o della fase precontenziosa di una procedura di infrazione, la quale è stata qualificata come indagine» ( 32 ).

– La Repubblica ceca

69.

La Repubblica ceca sostiene gli argomenti fatti valere dalla Repubblica francese nella sua impugnazione, nonché quelli invocati dalla Commissione nella sua comparsa di risposta. Essa ritiene che l’esclusione dell’applicabilità dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 ad una procedura (pendente o ancora «in corso») ai sensi della direttiva 98/34 privi di effetto utile la giurisprudenza della Corte relativa alle procedure di cui all’articolo 258 TFUE ( 33 ).

– La Repubblica di Finlandia

70.

La Repubblica di Finlandia ritiene che il Tribunale, dichiarando che la procedura prevista dalla direttiva 98/34 non doveva essere considerata un’attività di indagine ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, non abbia commesso un errore di diritto. Essa sottolinea che tale regolamento mira a conferire al pubblico un diritto di accesso ai documenti delle istituzioni che sia il più ampio possibile, e che le fattispecie elencate all’articolo 4 di tale regolamento, quale deroga a detta regola generale, devono essere interpretate restrittivamente.

71.

Essa contesta la posizione della Repubblica francese, secondo la quale ogni attività connessa alla salvaguardia delle libertà fondamentali e al buon funzionamento del mercato interno riguarderebbe un’indagine ai sensi di tale disposizione. Analogamente, la divulgazione di documenti nell’ambito della procedura prevista dalla direttiva 98/34 non impedirebbe in alcun caso alla Commissione di adempiere la funzione conferitale, ossia l’azione quale custode dei Trattati non sarebbe connessa alla definizione di un’«attività di indagine» conforme al regolamento n. 1049/2001 ( 34 ).

72.

La Repubblica di Finlandia ricorda che la procedura prevista dalla direttiva 98/34 costituisce uno strumento di cooperazione destinato ad incidere in maniera preventiva sul procedimento legislativo nazionale ( 35 ), e che, poiché la misura alla fine adottata dallo Stato membro può discostarsi in maniera significativa dal progetto iniziale, la Commissione, al fine di valutare la necessità dell’eventuale proposizione di un ricorso per inadempimento, deve ottenere nuove informazioni sulla normativa nazionale ( 36 ). La procedura prevista dalla direttiva 98/34 non verterebbe dunque su una situazione che, in quanto tale, potrebbe dare luogo ad un procedimento per inadempimento ( 37 ). Essa osserva che le procedure che rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 costituiscono un controllo successivo, il cui obiettivo consiste nel verificare se il diritto dell’Unione sia stato rispettato ed applicato correttamente dagli Stati membri.

73.

Secondo la Repubblica di Finlandia, la procedura prevista dalla direttiva 98/34 si distingue inoltre dal procedimento per inadempimento e dalla procedura EU Pilot per il fatto che è lo Stato membro ad essere tenuto a comunicare alla Commissione gli elementi previsti dalla direttiva 98/34, mentre, in questi altri due procedimenti, lo scambio di informazioni viene effettuato su iniziativa della Commissione.

74.

Per quanto attiene alla definizione di indagine fornita al punto 53 della sentenza impugnata, essa ritiene che tale definizione non sia contraria a quanto emerge dai punti 61 e 62 della sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione (C‑612/13 P, EU:C:2015:486).

– Il Regno di Svezia

75.

Il Regno di Svezia ritiene che la sentenza impugnata sia fondata e che le osservazioni formulate dalla Repubblica francese avverso la medesima si basino su un’interpretazione erronea dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

76.

Secondo il Regno di Svezia, il principio della maggior trasparenza possibile previsto all’articolo 1 TUE, all’articolo 15 TFUE e all’articolo 42 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea è parimenti ravvisabile nella direttiva 98/34. Invocando il punto 37 della sentenza impugnata e il controllo preventivo previsto dalla direttiva 98/34, esso afferma che l’obiettivo di quest’ultima è fare in modo che non sia necessario avviare un’indagine ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

77.

Il Regno di Svezia rammenta che la Corte ha rilevato, nella sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione (C‑612/13 P, EU:C:2015:486), che gli studi di cui trattasi facevano parte degli strumenti di cui dispone la Commissione, nell’ambito dell’obbligo, posto a suo carico dall’articolo 17, paragrafo 1, TUE, di vigilare sull’applicazione del diritto dell’Unione, per individuare eventuali violazioni degli Stati membri del loro obbligo di trasposizione delle direttive interessate. Esso osserva parimenti che la Corte ha ritenuto che tali studi rientrassero, di conseguenza, nella nozione di «attività di indagine», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

78.

Secondo il Regno di Svezia, un parere circostanziato emesso nell’ambito della procedura prevista dalla direttiva 98/34 non è comparabile ad uno studio come quello esaminato nella causa sfociata nella sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione (C‑612/13 P, EU:C:2015:486), alla luce della differenza fra i loro contenuti e i loro obiettivi. Esso aggiunge che, poiché tale sentenza non contiene una definizione generale della nozione di «indagine», essa non sarebbe direttamente rilevante nella specie.

79.

Per quanto riguarda l’asserita analogia fra la procedura prevista dalla direttiva 98/34 e la procedura EU Pilot, il Regno di Svezia ritiene che fra le stesse esistano effettivamente talune somiglianze, ma che tali somiglianze non significherebbero che queste due procedure rivestano un carattere di indagine, bensì che entrambe si distinguono dal procedimento per inadempimento previsto all’articolo 258 TFUE.

80.

Il Regno di Svezia ritiene che la Repubblica francese sostenga erroneamente che esisterebbero forti somiglianze fra la procedura prevista dalla direttiva 98/34 e il procedimento per inadempimento. Esso è dell’avviso che la conclusione del Tribunale al punto 63 della sentenza impugnata sia fondata, e che tale conclusione sia corroborata dalla sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione (C‑612/13 P, EU:C:2015:486).

81.

Il Regno di Svezia sostiene inoltre che la Repubblica francese considera erroneamente che, nel caso in cui la Corte dovesse confermare la definizione della nozione di «indagine» fornita nella sentenza impugnata, essa si applicherebbe alla procedura prevista dalla direttiva 98/34. Esso ricorda, da un lato, che la direttiva 98/34 non prevede obblighi per gli Stati membri di fornire, su richiesta della Commissione, informazioni supplementari, e che essa non prevede neanche un fondamento che conferisca alla Commissione il diritto di esigere siffatte informazioni. Di conseguenza, il Tribunale non sarebbe incorso in errore allorché ha rilevato che non spetta alla Commissione, nell’ambito della procedura prevista dalla direttiva 98/34, raccogliere informazioni prima dell’emissione di un parere circostanziato. Dall’altro, secondo il Regno di Svezia, dal momento che lo Stato membro interessato, dopo aver ricevuto il parere circostanziato, deve informare la Commissione in merito alle misure che intende adottare a seguito di tale parere, e che la Commissione deve prendere posizione su tali misure, è impossibile per quest’ultima adottare, tramite tale parere, una posizione definitiva sulla questione se vi sia stata una violazione del diritto dell’Unione.

Sulla ricevibilità

82.

Per quanto riguarda la prima eccezione di irricevibilità sollevata dal sig. Schlyter ( 38 ), occorre osservare come dal punto 52 della sentenza impugnata emerga che la Repubblica francese ha fatto valere, dinanzi al Tribunale, che «la procedura prevista dalla direttiva 98/34 de[ve] essere qualificata come indagine» e che «l’emissione di un parere circostanziato, da parte della Commissione, nell’ambito di tale procedura, rientr[a] nel quadro di un’attività di indagine ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001».

83.

Orbene, le osservazioni della Repubblica francese che, nell’ambito della presente impugnazione, vertono sull’incoerenza fra la sentenza impugnata e la sentenza del Tribunale del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione (T‑306/12, EU:T:2014:816) ( 39 ), sono intese a dimostrare che il Tribunale, rifiutandosi di qualificare la procedura prevista dalla direttiva 98/34 come «attività di indagine» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, è incorso in un errore di diritto.

84.

Infatti, la Repubblica francese si basa sulla sentenza del Tribunale del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione (T‑306/12, EU:T:2014:816), posteriore alla sentenza impugnata, resa il 16 aprile 2015, per rafforzare ed integrare il suo argomento secondo il quale il Tribunale ha commesso un errore di diritto nella sua qualificazione giuridica del parere circostanziato previsto all’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 98/34 allorché ha considerato che esso non costituisce un’attività di indagine ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

85.

Ne consegue che la Repubblica francese non ha dedotto un motivo nuovo. Pertanto, l’eccezione di irricevibilità deve essere respinta.

86.

Per quanto riguarda la seconda eccezione di irricevibilità sollevata dal sig. Schlyter ( 40 ), risulta dal punto 56 della sentenza impugnata che il Tribunale ha dichiarato che, «nell’ambito della procedura prevista dalla direttiva 98/34, non [spettava] alla Commissione raccogliere informazioni prima dell’emissione di un parere circostanziato». A mio avviso, tale precisazione riguarda rigorosamente il testo degli articoli 8 e 9 della direttiva 98/34 e, a tal riguardo, il Tribunale non ha pertanto commesso un errore di diritto.

87.

Tuttavia, la Repubblica francese fa valere che la Commissione, incaricata di un controllo preventivo al fine di tutelare la libera circolazione delle merci, è frequentemente indotta a «raccogliere fatti» ( 41 ). Al punto 31 della replica, la Repubblica francese ricorda però «che il suo motivo non verte sullo svolgimento della procedura della direttiva 98/34 sfociata nella decisione impugnata dal sig. Schlyter dinanzi al Tribunale, ma che tale motivo verte sulla qualificazione della procedura della direttiva 98/34 come attività di indagine ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001». Si trattava pertanto, a suo avviso, di una questione di diritto.

88.

Per contro, il sig. Schlyter osserva che «né la direttiva né la prassi ( 42 ), come illustrata dalla notifica effettuata dalla Repubblica francese del suo progetto di misura, dimostrano il ruolo attivo svolto dalla Commissione».

89.

È giocoforza constatare che tale divergenza di vedute sulla prassi concreta della Commissione non è idonea a rimettere in discussione la constatazione, effettuata dal Tribunale al punto 56 della sentenza impugnata, fondata sul testo stesso della direttiva 98/34.

Nel merito

Osservazioni preliminari

90.

Secondo una giurisprudenza costante, il regolamento n. 1049/2001 mira a conferire al pubblico un diritto di accesso ai documenti delle istituzioni dell’Unione che sia il più ampio possibile ( 43 ).

91.

Tale diritto è nondimeno assoggettato a determinati limiti basati su motivi di interesse pubblico o privato. Più specificamente, e in conformità al suo considerando 11 ( 44 ), il regolamento n. 1049/2001 prevede, al suo articolo 4, che le istituzioni rifiutino l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio a uno degli interessi tutelati dall’articolo stesso. Pertanto, se un’istituzione decide di negare l’accesso a un documento di cui le è stata chiesta la divulgazione, essa deve, in linea di principio, spiegare come l’accesso a tale documento possa arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse tutelato dall’eccezione prevista all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 che tale istituzione invoca. Inoltre, dette eccezioni, dal momento che derogano al principio del più ampio accesso possibile del pubblico ai documenti, devono essere interpretate ed applicate restrittivamente ( 45 ).

92.

Rilevo che, pur se l’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 prevede che le istituzioni rifiutino l’accesso ad un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio, segnatamente, alla tutela degli obiettivi delle attività di indagine, la nozione di «attività di indagine» ai sensi di tale disposizione non viene definita dal regolamento n. 1049/2001.

93.

Nonostante tale assenza di definizione, la nozione di «attività di indagine» non ha dato luogo a discussione dinanzi alla Corte.

94.

Nelle cause sfociate nelle sentenze del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione (C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 43), concernente il procedimento per inadempimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE, e del 28 giugno 2012, Commissione/Éditions Odile Jacob (C‑404/10 P, EU:C:2012:393, punto 115), concernente il procedimento di controllo delle operazioni di concentrazione fra imprese in applicazione del regolamento (CEE) n. 4064/89 del Consiglio, del 21 dicembre 1989, relativo al controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese ( 46 ), era pacifico fra le parti che i documenti interessati dalle domande di accesso ai documenti rientravano effettivamente in un’attività di indagine ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 ( 47 ).

95.

Inoltre, emerge dal paragrafo 21 delle conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa Svezia/Commissione (C‑562/14 P, EU:C:2016:885) ( 48 ) e dal punto 45 della sentenza del Tribunale del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione (T‑306/12, EU:T:2014:816), sulla procedura EU Pilot, che né i ricorrenti né gli Stati membri che intervengono a loro sostegno contestano il fatto che i documenti controversi concernenti una procedura EU Pilot rientrino in un’attività di indagine ai sensi dell’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

96.

La procedura EU Pilot è stata attuata dalla Commissione nella sua comunicazione «Un’Europa dei risultati – applicazione del diritto [dell’Unione]» ( 49 ). Tale procedura, che implica una cooperazione volontaria fra la Commissione e gli Stati membri, precede un’eventuale proposizione formale di un ricorso per inadempimento ed è intesa sia a verificare la corretta applicazione del diritto dell’Unione sia a risolvere in una fase precoce le questioni sollevate da tale applicazione. La procedura EU Pilot sostituisce la prassi anteriore della Commissione di inviare agli Stati membri lettere amministrative al riguardo ( 50 ).

97.

La nozione di «attività di indagine» è stata specificamente esaminata dalla Corte soltanto nella causa sfociata nella sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione (C‑612/13 P, EU:C:2015:486), senza tuttavia che tale esame induca la Corte a definire la nozione di «attività di indagine».

98.

Ai punti da 61 a 65 di tale sentenza, la Corte ha considerato che studi, ( 51 ) realizzati su richiesta e per conto della Commissione, una volta scaduti i termini per la trasposizione di una serie di direttive dell’Unione relative alla protezione dell’ambiente, al preciso scopo di verificare lo stadio del processo di trasposizione, in un certo numero di Stati membri, delle diverse direttive di cui trattasi, rientravano in un’attività d’indagine della Commissione, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001. La Corte ha dichiarato che tali studi facevano parte degli strumenti di cui dispone la Commissione, nell’ambito dell’obbligo, posto a suo carico dall’articolo 17, paragrafo 1, TUE, di vigilare, sotto il controllo della Corte, sull’applicazione del diritto dell’Unione, per individuare eventuali violazioni degli Stati membri del loro obbligo di trasposizione delle direttive interessate e per decidere, se del caso, di avviare un procedimento per inadempimento avverso Stati membri che, secondo la Commissione, avrebbero violato il diritto dell’Unione ( 52 ).

99.

Se è chiaro che la nozione di «attività di indagine» prevista dal regolamento n. 1049/2001 comprende il procedimento per inadempimento ( 53 ) e investigazioni che possono comportare l’avvio di siffatto procedimento ( 54 ), tale nozione non si limita a ciò e comprende parimenti altri procedimenti previsti dal diritto dell’Unione, intesi alla raccolta e alla verifica sistematica e formale di informazioni necessarie all’adozione, da parte di un’istituzione dell’Unione, di una decisione definitiva munita di effetti giuridici obbligatori ( 55 ). A tal riguardo, ritengo che, contrariamente alle osservazioni della Commissione ( 56 ), il Tribunale non abbia limitato la nozione di «attività di indagine» a questi due esempi (ossia il procedimento per inadempimento e le investigazioni che possono dar luogo al medesimo) dichiarando, al punto 53 della sentenza impugnata, che «la nozione di indagine comprende sia l’insieme delle ricerche effettuate da un’autorità competente al fine di determinare l’esistenza di una violazione, sia la procedura attraverso cui un’amministrazione raccoglie informazioni e verifica determinati fatti prima di adottare una decisione». Tali indicazioni del Tribunale sono di natura meramente esemplificativa e non escludono altre ipotesi ( 57 ).

100.

L’assenza di una definizione della nozione di «attività di indagine» nel regolamento n. 1049/2001 esige pertanto un’analisi precisa e dettagliata del parere circostanziato emesso in applicazione dell’articolo 9, paragrafo 2, secondo trattino, della direttiva 98/34 nel contesto della procedura prevista agli articoli 8 e 9 di tale direttiva alla luce, segnatamente, dei due esempi ripresi al paragrafo 99 delle presenti conclusioni.

101.

Inoltre, occorre rammentare che, dal momento che la nozione di «attività di indagine» rientra in un’eccezione alla regola generale in forza della quale tutti i documenti devono essere resi accessibili, essa deve essere interpretata ed applicata restrittivamente.

Sulla direttiva 98/34

102.

La direttiva 98/34 è suddivisa in tre parti. In primo luogo, diverse disposizioni della direttiva 98/34 sono dedicate alla normalizzazione ( 58 ). In secondo luogo, la direttiva 98/34 ha lo scopo di aumentare la trasparenza e di assicurare un contesto favorevole alla competitività delle imprese ( 59 ). In terzo luogo, secondo una giurisprudenza costante, gli articoli 8 e 9 della direttiva 98/34 mirano, tramite un controllo preventivo ( 60 ), a tutelare segnatamente la libera circolazione delle merci ( 61 ), la quale costituisce uno dei fondamenti ( 62 ) dell’Unione.

103.

È pacifico che, nella presente causa, il parere circostanziato, fondato sull’articolo 9, paragrafo 2, secondo trattino, della direttiva 98/34, è stato emesso dalla Commissione a seguito della comunicazione di un progetto di decreto fattale da parte della Repubblica francese, e ciò in applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, di tale direttiva. Di conseguenza, la prima parte del motivo unico dell’impugnazione verte sulla natura giuridica della procedura prevista agli articoli 8 e 9 della direttiva 98/34, e in particolare sulla natura giuridica del parere circostanziato. È pertanto la terza parte della direttiva 98/34 che interessa nella specie, mentre le parti concernenti la normalizzazione e la partecipazione degli operatori economici al miglioramento della competitività non rilevano ai fini della presente impugnazione.

– Gli articoli 8 e 9 della direttiva 98/34

104.

L’obiettivo della procedura prevista agli articoli 8 e 9 della direttiva 98/34 consiste nell’anticipare e nel prevenire l’adozione di regole tecniche ( 63 ) che potrebbero creare ostacoli agli scambi. Secondo la Corte, il controllo preventivo di cui agli articoli 8 e 9 della direttiva 98/34 è utile nella misura in cui regole tecniche che rientrano nel campo di applicazione di tale direttiva possono costituire ostacoli per gli scambi delle merci fra Stati membri, ostacoli che sono ammissibili solo se necessari per soddisfare esigenze imperative dirette al conseguimento di uno scopo d’interesse generale ( 64 ).

105.

Di conseguenza, l’articolo 8 della direttiva 98/34 prevede una procedura d’informazione in forza della quale gli Stati membri sono obbligati, in linea di principio, a comunicare alla Commissione ogni progetto di regola tecnica che ricade nell’ambito di applicazione di detta direttiva ( 65 ).

106.

A tal riguardo, in conformità all’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 98/34, al fine di consentire tale controllo preventivo, incombe loro comunicare alla Commissione, prima della loro entrata in vigore, i progetti di disposizioni che conferiscono carattere vincolante alle specifiche tecniche ( 66 ). Inoltre, gli Stati membri devono tenere conto, per quanto possibile, delle eventuali osservazioni della Commissione e degli altri Stati membri nella stesura definitiva della regola tecnica ( 67 ).

107.

Infatti, a norma dell’articolo 9 della direttiva 98/34, l’adozione di un progetto di regola tecnica notificato ai sensi dell’articolo 8 di tale direttiva dev’essere rinviato di tre mesi a decorrere dalla data in cui la Commissione ha ricevuto la comunicazione del progetto di regola tecnica. Tale articolo prevede segnatamente che detto periodo venga esteso a sei mesi ( 68 ) se ( 69 )la Commissione o un altro Stato membro emette un parere circostanziato secondo il quale la misura proposta presenta degli aspetti che possono eventualmente creare ostacoli alla libera circolazione delle merci ( 70 ).

108.

In conformità all’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 98/34, lo Stato membro interessato riferisce alla Commissione sul seguito che esso intende dare a tale parere circostanziato e la Commissione commenta tale reazione.

109.

Ne consegue che lo scopo della direttiva 98/34 non è semplicemente informare la Commissione, ma, appunto, eliminare o limitare gli ostacoli agli scambi che la regola tecnica progettata potrebbe creare, informare gli altri Stati delle regolamentazioni tecniche progettate da uno Stato, dare alla Commissione e agli altri Stati membri il tempo necessario per reagire e proporre una modifica che consenta di ridurre, sopprimere o giustificare le restrizioni alla libera circolazione delle merci derivanti dalla misura progettata e lasciare alla Commissione il tempo necessario per proporre eventualmente una direttiva di armonizzazione ( 71 ).

– Gli articoli 8 e 9 della direttiva 98/34 e la fase precontenziosa del procedimento per inadempimento di cui all’articolo 258 TFUE

110.

L’azione preventiva o ex ante prevista agli articoli 8 e 9 della direttiva 98/34 non mi sembra paragonabile al procedimento per inadempimento previsto all’articolo 258 TFUE, alla procedura EU Pilot oppure alla procedura di cui alla causa sfociata nella sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione (C‑612/13 P, EU:C:2015:486), che mirano all’individuazione e alla risoluzione di eventuali violazioni di Stati membri e rientrano manifestamente nell’ambito di un controllo ex post dell’applicazione e del rispetto del diritto dell’Unione, tre procedure che sono state qualificate dalla Corte come «attività di indagine» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

111.

Se è vero che, al pari di tali procedimenti di controllo ex post, la procedura preventiva di cui agli articoli 8 e 9 della direttiva 98/34 ha lo scopo di assicurare che lo Stato membro di cui trattasi si conformi ai suoi obblighi derivanti dal diritto dell’Unione, essa non è intesa a verificare o a stabilire che uno Stato membro ha mancato a uno degli obblighi a lui incombenti in virtù dei Trattati ( 72 ).

112.

Dal momento che il progetto di regola tecnica notificato oggetto di un parere circostanziato non è ancora stato adottato e che, di conseguenza, non è ancora in vigore nessuna nuova regola tecnica, esso non potrebbe costituire, in tale fase, una violazione del diritto dell’Unione ed essere oggetto del procedimento per inadempimento di cui all’articolo 258 TFUE ( 73 ) o di altri procedimenti a monte di quest’ultimo procedimento, intesi all’individuazione e alla risoluzione di eventuali violazioni degli obblighi incombenti agli Stati membri in forza dei Trattati ( 74 ). L’osservazione della Repubblica francese, secondo la quale «la procedura di cui alla direttiva 98/34 consente alla Commissione di raccogliere informazioni e di verificare determinati fatti al fine di accertare l’esistenza di una violazione, prima di prendere una decisione», mi sembra, di conseguenza, inesatta, e deve essere respinta.

113.

Inoltre, non si evince affatto dal punto 62 della sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione (C‑612/13 P, EU:C:2015:486), che qualsiasi iniziativa presa dalla Commissione al fine di vigilare, in conformità all’articolo 17, paragrafo 1, TUE, sull’applicazione dei Trattati costituisca un’attività di indagine. Infatti, le attività di indagine della Commissione controverse in tale sentenza erano specificamente intese ad individuare eventuali violazioni degli Stati membri del loro obbligo di trasposizione delle direttive interessate e a decidere, se del caso, di avviare un procedimento per inadempimento avverso Stati membri che, a suo avviso, avrebbero violato il diritto dell’Unione ( 75 ).

114.

Inoltre, benché il parere circostanziato della Commissione sia stato emesso a seguito di una comunicazione da parte della Repubblica francese di un progetto di decreto, e tale scambio fra la Commissione e uno Stato membro possa far pensare ad una raccolta e ad una verifica sistematica e formale di informazioni, tale parere circostanziato costituisce unicamente una «presa di posizione iniziale, provvisoria e consultiva» ( 76 ) di tale istituzione su un progetto legislativo nazionale che può essere modificato, segnatamente alla luce delle riserve espresse in tale parere.

115.

Ne consegue che il parere circostanziato della Commissione costituisce unicamente una decisione o una presa di posizione intermedia o preliminare su un progetto di regola tecnica, il cui unico effetto giuridico obbligatorio è rinviare di sei mesi l’adozione della regola tecnica da parte dello Stato membro ( 77 ) e ciò anche se, in conformità alle osservazioni della Commissione, «i pareri circostanziati sono adottati dal collegio dei commissari e costituiscono pertanto decisioni della Commissione al pari di una lettera di diffida o di un parere motivato adottato nell’ambito di un procedimento per inadempimento» ( 78 ).

116.

A mio avviso, l’interpretazione secondo la quale ogni procedura in cui avviene uno scambio di informazioni o un dialogo fra gli Stati membri e la Commissione sull’applicazione dei Trattati costituirebbe un’attività di indagine, sarebbe un’estensione inadeguata di tale nozione, non conforme né all’obiettivo del regolamento n. 1049/2001 né all’articolo 42 della Carta dei diritti fondamentali di promuovere l’accesso ai documenti delle istituzioni ( 79 ).

117.

Di conseguenza, ritengo, al pari del Regno di Svezia ( 80 ), che occorra distinguere in maniera netta, da un lato, il procedimento per inadempimento previsto all’articolo 258 TFUE, la procedura EU Pilot e la procedura di cui alla causa sfociata nella sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione (C‑612/13 P, EU:C:2015:486), i quali sono intesi ad individuare e risolvere eventuali violazioni di Stati membri e, dall’altro, la procedura preventiva di cui agli articoli 8 e 9 della direttiva 98/34; ciò esclude il parere circostanziato emesso dalla Commissione dalla nozione di «attività di indagine» ( 81 ).

118.

Su tale conclusione non incide affatto la circostanza che, a seguito della procedura prevista agli articoli 8 e 9 della direttiva 98/34, e segnatamente a seguito dell’emissione di un parere circostanziato in applicazione dell’articolo 9, paragrafo 2, di tale direttiva, le regole tecniche successivamente adottate possono eventualmente condurre all’avvio, da parte della Commissione, di un procedimento per inadempimento.

119.

Non è neanche possibile fondarsi sugli orientamenti della Commissione del novembre 2014 relativi alla procedura EU Pilot per sostenere che la procedura prevista agli articoli 8 e 9 della direttiva 98/34 implica attività di indagine ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

120.

Se è vero che, secondo tali orientamenti della Commissione, la procedura EU Pilot non può essere attuata allorché uno Stato membro non ha adempiuto al suo obbligo di reagire al parere circostanziato emesso in applicazione dell’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 98/34 e/o lo Stato membro ha adottato una regola tecnica non conforme al diritto dell’Unione, circostanza che spingerebbe a concludere che le due procedure sono della stessa natura, una situazione del genere non sembra verificarsi nel caso in esame.

121.

Infatti, si evince dal punto 1.15, intitolato «Misure prese a seguito della procedura di notifica» della relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo, che «[p]er tutti gli altri casi in cui le potenziali violazioni del diritto del mercato interno dell’UE non sono state interamente eliminate nel quadro della procedura 98/34/CE, la Commissione ha svolto ulteriori indagini che in alcuni casi hanno poi portato a procedure EU Pilot o d’infrazione (articolo 258 del TFUE)» ( 82 ).

122.

Ne consegue che, alla luce della documentazione contraddittoria della Commissione stessa sull’interazione fra queste due procedure, l’asserita impossibilità di far susseguire la procedura prevista agli articoli 8 e 9 della direttiva 98/34 e la procedura EU Pilot non è dimostrata.

123.

Occorre aggiungere, in conformità alle osservazioni della Repubblica di Finlandia ( 83 ), che è lo Stato membro ad essere tenuto a comunicare gli elementi previsti dalla direttiva 98/34 ( 84 ), mentre, nel caso del procedimento per inadempimento e della procedura EU Pilot, lo scambio di informazioni è innescato su iniziativa della Commissione.

124.

In ogni caso, se, come indicato dalla Repubblica di Finlandia, la Commissione dispone di informazioni sufficienti, a seguito della procedura preventiva di cui agli articoli 8 e 9 della direttiva 98/34, sul «contenuto della legislazione nazionale prima dell’adozione di una lettera di diffida (…) la fase EU Pilot può essere omessa, in quanto essa è [superflua e inutile]» ( 85 ). Tuttavia, una siffatta situazione di fatto e aleatoria connessa ad un fascicolo o ad una causa specifica non implica, contrariamente alle osservazioni della Repubblica francese e della Commissione, che la procedura prevista agli articoli 8 e 9 della direttiva 98/34 e la procedura EU Pilot perseguano obiettivi simili.

125.

Di conseguenza, ritengo che il Tribunale, considerando che la procedura prevista dalla direttiva 98/34 non costituisce un’attività di indagine ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, non sia incorso in un errore di diritto.

126.

Ne consegue che la prima parte del motivo unico deve essere respinta.

Sulla seconda parte del motivo unico e sull’esistenza di un pregiudizio dell’obiettivo della procedura prevista dalla direttiva 98/34

127.

Con la seconda parte del motivo unico, la Repubblica francese fa valere che, ai punti da 84 a 88 della sentenza impugnata, il Tribunale ha commesso un errore di diritto considerando, in subordine, che, anche nel caso in cui il parere circostanziato emesso dalla Commissione rientri in un’attività di indagine ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, la divulgazione di tale documento non arrechi necessariamente pregiudizio all’obiettivo della procedura prevista dalla direttiva 98/34.

128.

Ne consegue che la seconda parte del motivo unico è basata sulla premessa secondo la quale la procedura prevista agli articoli 8 e 9 della direttiva 98/34 costituisce un’attività di indagine ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

129.

Esamino pertanto questa seconda parte solo per il caso in cui la Corte, contrariamente alle mie conclusioni sulla prima parte, dovesse dichiarare che la procedura in questione costituisce un’attività di indagine ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

130.

In primo luogo, il governo francese rileva che il sig. Schylter non ha mai sollevato, nel suo atto di ricorso iniziale, nella sua replica o nelle sue osservazioni sulle memorie degli intervenienti, l’argomento secondo il quale, nel caso in cui la procedura prevista dalla direttiva 98/34 dovesse costituire un’attività di indagine, la divulgazione del documento impugnato non arrecherebbe pregiudizio all’obiettivo di tale attività di indagine. Di conseguenza, esso ritiene che il Tribunale, nella misura in cui il motivo dedotto da quest’ultimo in subordine non sia stato sollevato dal sig. Schlyter (ricorrente dinanzi al Tribunale) e verta sulla legittimità nel merito della decisione controversa, ha commesso un errore di diritto, ai punti da 84 a 88 della sentenza impugnata, sollevando d’ufficio tale motivo.

131.

Ritengo che tale argomento debba essere respinto.

132.

Al punto 76 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che «[l]’argomento della Repubblica francese, presentato nel corso dell’udienza, secondo cui non si deve sottostimare l’aspetto destabilizzante del portare a conoscenza del pubblico potenziali critiche della Commissione nei confronti del progetto di regola tecnica notificato prima che lo Stato membro abbia avuto modo di rispondere a tali critiche, non è stato suffragato». Il Tribunale ha poi dichiarato che «[l]a Repubblica francese non ha indicato quale organo sarebbe destabilizzato in maniera ingiustificata in virtù del fatto che un parere della Commissione sulla conformità di un progetto di regola tecnica a certi aspetti del diritto dell’Unione è reso pubblico» ( 86 ).

133.

Ne consegue che, contrariamente alle osservazioni della Repubblica francese, il Tribunale non ha sollevato d’ufficio l’argomento secondo il quale l’accesso al parere circostanziato arrecherebbe pregiudizio all’obiettivo della procedura prevista agli articoli 8 e 9 della direttiva 98/34, ma si è limitato a rispondere agli argomenti sollevati dinanzi al medesimo dalla Repubblica francese stessa e dalla Commissione.

134.

In secondo luogo, la Repubblica francese rileva che, al punto 85 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ricordato che l’obiettivo della procedura prevista dalla direttiva 98/34 era di prevenire l’adozione, da parte del legislatore nazionale, di una regola tecnica nazionale che ostacola la libera circolazione delle merci o la libera circolazione dei servizi o la libertà di stabilimento degli operatori di servizi nell’ambito del mercato interno. Il Tribunale avrebbe pertanto proceduto ad un’interpretazione restrittiva dell’obiettivo della procedura prevista dalla direttiva 98/34.

135.

Secondo la Repubblica francese, l’obiettivo della procedura prevista dalla direttiva 98/34 sarebbe parimenti indurre lo Stato membro a modificare, se necessario, un progetto di normativa nazionale per renderla conforme alle regole che governano il mercato interno, e ciò tramite un dialogo e una composizione amichevole della vertenza fra la Commissione e lo Stato membro interessato. La Repubblica francese ritiene pertanto che, accanto all’obiettivo di conformità delle regole nazionali, la procedura prevista dalla direttiva 98/34 persegua parimenti un obiettivo relativo alla qualità del dialogo fra la Commissione e lo Stato membro interessato. Essa rileva che la Corte ha dichiarato, al punto 63 della sentenza del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione (C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738), che la divulgazione di documenti relativi ad un procedimento per inadempimento durante la fase precontenziosa dello stesso sarebbe idonea a modificare la natura e lo svolgimento di un simile procedimento, dato che, in tali circostanze, potrebbe rivelarsi ancora più difficile avviare un processo di negoziato e raggiungere un accordo tra la Commissione e lo Stato membro interessato al fine di consentire che il diritto dell’Unione sia rispettato e di evitare un ricorso giurisdizionale.

136.

Orbene, la Repubblica francese aggiunge che, come risulta dal paragrafo 109 delle conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Commissione/Technische Glaswerke Ilmenau (C‑139/07 P, EU:C:2009:520), «la tutela degli obiettivi delle attività di indagine si estende anche ad un margine di libertà che consenta di discutere in maniera indisturbata in merito all’addebito della violazione [del diritto dell’Unione]. Un siffatto margine di libertà è sensato affinché sia lo Stato membro di cui trattasi sia la Commissione possano pervenire ad una composizione amichevole senza subire una pressione pubblica eccessiva. Se ogni fase di un procedimento per inadempimento controverso fosse pubblica, i responsabili delle decisioni politiche, una volta assunte talune posizioni, difficilmente potrebbero abbandonarle. Ciò sbarrerebbe probabilmente la strada ad una soluzione del conflitto sensata e rispettosa delle norme di legge».

137.

Secondo la Repubblica francese, la composizione amichevole della vertenza tra la Commissione e lo Stato membro interessato prima dell’adizione della Corte giustifica il diniego di accesso ai documenti in questione.

138.

Il sig. Schlyter considera che il «fatto di presentare per la prima volta un argomento adesso, in tale fase della procedura, in relazione ad un’asserita violazione del dialogo fra la Commissione e gli Stati membri, invocando le conclusioni dell’avvocato generale Kokott [nella causa Commissione/Technische Glaswerke Ilmenau (C‑139/07 P, EU:C:2009:520)] è irricevibile». La Repubblica francese ha avuto la possibilità di presentare il proprio argomento nel corso delle fasi iniziali della procedura. Il sig. Schlyter e il Tribunale hanno chiesto che l’argomento concernente un asserito effetto pregiudizievole fosse suffragato, ma la Repubblica francese non ha risposto e ha insistito nel citare le conclusioni dell’avvocato generale Kokott senza spiegare in che senso esse siano rilevanti nell’ambito della presente controversia».

139.

Secondo il sig. Schlyter, né la giurisprudenza ( 87 ), né la direttiva 98/34 stessa consentono di suffragare l’affermazione della Repubblica francese, secondo la quale la direttiva 98/34 sarebbe parimenti intesa, quale obiettivo distinto e indipendente, a migliorare il dialogo fra la Commissione e lo Stato membro interessato. Esso ritiene che, benché un siffatto dialogo possa essere utile per conseguire l’obiettivo della direttiva 98/34, ciò non modifica affatto il fatto che tale direttiva ha soltanto uno scopo ultimo, ossia quello di garantire la conformità delle regolamentazioni tecniche nazionali al diritto dell’Unione, e che la questione se la divulgazione dei documenti sia idonea ad arrecare pregiudizio all’obiettivo della procedura deve essere esaminata con riferimento a tale obiettivo.

140.

A mio avviso, l’eccezione di irricevibilità sollevata dal sig. Schlyter ( 88 ) deve essere respinta. Infatti, si evince dal punto 83 e seguenti della memoria di intervento della Repubblica francese nella causa sfociata nella sentenza impugnata che tale Stato membro ha fatto valere gli argomenti in questione dinanzi al Tribunale ( 89 ) e non li solleva per la prima volta dinanzi alla Corte nell’ambito della presente impugnazione.

141.

Quanto al merito, non penso che il Tribunale abbia effettuato un’interpretazione restrittiva dell’obiettivo della procedura prevista agli articoli 8 e 9 della direttiva 98/34, e che la composizione amichevole della vertenza fra la Commissione e lo Stato membro interessato prima dell’adizione della Corte giustifichi il diniego di accesso ai documenti in questione. Come ho già indicato nelle mie conclusioni sulla prima parte del motivo unico, l’obiettivo della procedura prevista a detti articoli consiste nell’anticipare e nel prevenire l’adozione di regole tecniche che creerebbero ostacoli agli scambi. Contrariamente alle osservazioni della Repubblica francese, la composizione amichevole della vertenza fra la Commissione e lo Stato membro interessato prima dell’adizione della Corte non è l’obiettivo della procedura prevista agli articoli 8 e 9 della direttiva 98/34. Pertanto, la divulgazione del parere circostanziato non potrebbe arrecare pregiudizio all’obiettivo di detti articoli.

142.

Di conseguenza, propongo alla Corte di respingere anche la seconda parte del motivo unico.

Sulle spese

143.

Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del suo regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta, la Corte statuisce sulle spese. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, di tale regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Ai sensi dell’articolo 140, paragrafo 1, di detto regolamento, anch’esso applicabile al procedimento d’impugnazione in forza di detto articolo 184, paragrafo 1, le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni intervenuti nella causa restano a loro carico. Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 4, del medesimo regolamento, la Corte può decidere che una parte interveniente in primo grado che ha partecipato al procedimento di impugnazione debba sopportare le proprie spese.

144.

Ritengo che occorra accogliere la domanda del sig. Schylter e condannare la Repubblica francese alle spese. La Repubblica di Finlandia, il Regno di Svezia, la Repubblica ceca e la Commissione sopporteranno le spese rispettivamente sostenute.

Conclusione

145.

Alla luce delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di:

respingere il ricorso;

condannare la Repubblica francese a sopportare le proprie spese, nonché quelle sostenute dal sig. Schlyter, e

condannare la Repubblica ceca, la Repubblica di Finlandia, il Regno di Svezia e la Commissione europea a sopportare le proprie spese.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) GU 2001, L 145, pag. 43.

( 3 ) Previsto all’articolo 9, paragrafo 2, secondo trattino, della direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche (GU 1998, L 204, pag. 37).

( 4 ) Emesso in applicazione dell’articolo 9, paragrafo 2, secondo trattino, della direttiva 98/34.

( 5 ) GU 1998, L 217, pag. 18. Occorre osservare che la direttiva 98/34 è stata abrogata dall’articolo 10 della direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 settembre 2015, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione (GU 2015, L 241, pag. 1). Dal momento che la direttiva 98/34 aveva «subito varie e sostanziali modifiche, [occorreva a] fini di chiarezza e razionalizzazione (…) procedere alla sua codificazione» (v. il considerando 1 della direttiva 2015/1535). Rilevo, a tal riguardo, che gli articoli 5 e 6 della direttiva 2015/1535 (inapplicabili ratione temporis alla presente causa) corrispondono sostanzialmente agli articoli 8 e 9 della direttiva 98/34.

( 6 ) V. punto 41 della sentenza impugnata. Nella decisione controversa la Commissione ha sottolineato il fatto che tanto la procedura in materia di aiuti di Stato quanto la procedura prevista dalla direttiva 98/34 rivestono natura bilaterale, e che le conclusioni dettagliate e i commenti della Commissione sono rivolti unicamente allo Stato membro interessato.

( 7 ) Egli è stato sostenuto dalla Repubblica di Finlandia e dal Regno di Svezia. La Commissione è stata sostenuta dalla Repubblica francese.

( 8 ) GU 2006, L 264, pag. 13. V. punto 34 della sentenza impugnata.

( 9 ) V. punto 35 della sentenza impugnata.

( 10 ) V. punto 34 della sentenza impugnata.

( 11 ) V. punto 34 della sentenza impugnata.

( 12 ) V. punto 53 della sentenza impugnata.

( 13 ) V. punto 54 della sentenza impugnata.

( 14 ) V. punto 55 della sentenza impugnata.

( 15 ) V. punti 56 e 57 della sentenza impugnata.

( 16 ) V. punto 58 della sentenza impugnata.

( 17 ) V. punto 59 della sentenza impugnata.

( 18 ) V. punto 60 della sentenza impugnata.

( 19 ) V. punto 61 della sentenza impugnata.

( 20 ) V. punto 62 della sentenza impugnata.

( 21 ) V. punto 63 della sentenza impugnata.

( 22 ) V. punto 79 della sentenza impugnata.

( 23 ) V. punto 80 della sentenza impugnata.

( 24 ) V. punto 84 della sentenza impugnata.

( 25 ) V. punto 87 della sentenza impugnata.

( 26 ) V. punto 89 della sentenza impugnata.

( 27 ) V. punto 90 della sentenza impugnata.

( 28 ) V. punto 90 della sentenza impugnata.

( 29 ) V. punto 8 della comparsa di risposta del sig. Schlyter.

( 30 ) V. paragrafo 53 delle presenti conclusioni.

( 31 ) V. paragrafo 54 delle presenti conclusioni.

( 32 ) La Commissione osserva che «nell’ambito della direttiva 98/34, è chiaro che le diverse fasi della procedura (osservazioni, parere circostanziato, obbligo di prendere in considerazione e di riferire, altre osservazioni della Commissione) implicheranno spesso un dialogo nell’ambito del quale la Commissione potrà domandare informazioni e spiegazioni supplementari, le quali verranno fornite dallo Stato membro interessato in forza del principio di leale cooperazione».

( 33 ) La Repubblica ceca e la Commissione fanno riferimento al punto 63 della sentenza del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione (C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738), in cui la Corte ha dichiarato che «[l]a divulgazione di documenti relativi ad un procedimento per inadempimento durante la fase precontenziosa dello stesso sarebbe (…) idonea a modificare la natura e lo svolgimento di un simile procedimento, dato che, in tali circostanze, potrebbe rivelarsi ancora più difficile avviare un processo di negoziato e raggiungere un accordo tra la Commissione e lo Stato membro interessato che metta fine all’inadempimento contestato, al fine di consentire che il diritto dell’Unione sia rispettato e di evitare un ricorso giurisdizionale».

( 34 ) La Repubblica di Finlandia rimanda alle conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nelle cause ClientEarth/Commissione e ClientEarth e PAN Europe/EFSA (C‑612/13 P e C‑615/13 P, EU:C:2015:219, paragrafo 43).

( 35 ) V. sentenza del 10 luglio 2014, Ivansson e a. (C‑307/13, EU:C:2014:2058, punto 41 e la giurisprudenza ivi citata).

( 36 ) V. ordinanza del 13 settembre 2000, Commissione/Paesi Bassi (C‑341/97, EU:C:2000:434, punti da 17 a 21), nella quale la Corte ha considerato che la procedura di modifica delle regole tecniche non corrisponde ad un procedimento per inadempimento.

( 37 ) Essa rimanda a tal riguardo ai punti 80 e 81 della sentenza impugnata.

( 38 ) V. paragrafo 60 delle presenti conclusioni.

( 39 ) V. paragrafi 48 e 49 delle presenti conclusioni.

( 40 ) V. paragrafo 64 delle presenti conclusioni.

( 41 ) V. punto 78 dell’impugnazione e punto 30 della replica della Repubblica francese.

( 42 ) Il corsivo è mio.

( 43 ) Sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione (C‑612/13 P, EU:C:2015:486, punto 57). V., parimenti, considerando 4 del regolamento n. 1049/2001, secondo il quale «[i]l presente regolamento mira a dare la massima attuazione al diritto di accesso del pubblico ai documenti e a definirne i principi generali e le limitazioni a norma dell’[articolo 15, paragrafo 3, TUE]»; l’articolo 1 del regolamento n. 1049/2001, che dispone che l’obiettivo di tale regolamento è, segnatamente, «definire i principi, le condizioni e le limitazioni, per motivi di interesse pubblico o privato, che disciplinano il diritto di accesso ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione sancito dall’articolo [15 TUE] in modo tale da garantire l’accesso più ampio possibile», e l’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001, che prevede che «[q]ualsiasi cittadino dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha un diritto d’accesso ai documenti delle istituzioni, secondo i principi, le condizioni e le limitazioni definite nel presente regolamento». Inoltre, l’articolo 42 della Carta dei diritti fondamentali prevede che «[q]ualsiasi cittadino dell’Unione o qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di accedere ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione».

( 44 ) Tale considerando prevede che «[i]n linea di principio, tutti i documenti delle istituzioni dovrebbero essere accessibili al pubblico. Tuttavia, taluni interessi pubblici e privati dovrebbero essere tutelati mediante eccezioni. Si dovrebbe consentire alle istituzioni di proteggere le loro consultazioni e discussioni interne quando sia necessario per tutelare la propria capacità di espletare le loro funzioni. Nel valutare le eccezioni, le istituzioni dovrebbero tener conto dei principi esistenti nella legislazione comunitaria in materia di protezione dei dati personali, in tutti i settori di attività dell’Unione». Il corsivo è mio.

( 45 ) Sentenza del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione (C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punti da 70 a 73, nonché la giurisprudenza ivi citata).

( 46 ) GU 1989, L 395, pag. 1, e rettifica in GU 1990, L 257, pag. 13.

( 47 ) V. parimenti, sentenza del 14 dicembre 2006, Technische Glaswerke Ilmenau/Commissione (T‑237/02, EU:T:2006:395, punto 76) sul procedimento in materia di aiuti di Stato.

( 48 ) In tale impugnazione, il Regno di Svezia ha chiesto alla Corte di annullare la sentenza del Tribunale del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione (T‑306/12, EU:T:2014:816).

( 49 ) COM (2007), 502 definitivo.

( 50 ) V. segnatamente, orientamenti della Commissione del novembre 2014, relativi alla procedura EU Pilot.

( 51 ) Secondo la Corte, «ogni studio controverso, che riguarda un solo Stato membro e una sola direttiva, contiene (…) un confronto tra il diritto nazionale esaminato e il diritto dell’Unione pertinente, accompagnato da un’analisi giuridica e conclusioni sui provvedimenti di trasposizione adottati dallo Stato membro interessato». Sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione (C‑612/13 P, EU:C:2015:486, punto 61).

( 52 ) La Corte ha dichiarato che la circostanza che la realizzazione degli studi controversi sia stata affidata dalla Commissione a un contraente esterno piuttosto che essere fornita dai propri servizi, e che detti studi non riflettano la posizione di tale istituzione né ne impegnino la responsabilità, non significava che la Commissione, nel chiedere la realizzazione di detti studi, avrebbe perseguito un obiettivo diverso da quello di ottenere, grazie ai propri mezzi di investigazione, informazioni approfondite circa la conformità della normativa di diversi Stati membri con il diritto ambientale dell’Unione, tali da permetterle di rilevare l’esistenza di possibili infrazioni a tale diritto e di avviare, se del caso, un procedimento per inadempimento avverso lo Stato membro inadempiente. [V. sentenza della Corte del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione (C‑612/13 P, EU:C:2015:486, punto 63)]. Inoltre, la Corte ha dichiarato che la nozione di «attività di indagine» non dipendeva dall’esistenza di una decisione formale adottata dalla Commissione riunita in collegio di avviare procedimenti per inadempimento nei confronti di Stati membri. Sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione (C‑612/13 P, EU:C:2015:486, punto 60).

( 53 ) V., in tal senso, sentenza del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione (C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738).

( 54 ) V., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione (C‑612/13 P, EU:C:2015:486) e le conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa Svezia/Commissione (C‑562/14 P, EU:C:2016:885) sulla procedura EU Pilot.

( 55 ) V., in tal senso, sentenza del 28 giugno 2012, Commissione/Éditions Odile Jacob (C‑404/10 P, EU:C:2012:393, punto 115), ove la Corte ha dichiarato che «per quanto riguarda i documenti scambiati tra la Commissione e le parti notificanti o i terzi, [nell’ambito della procedura di controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese in applicazione del regolamento n. 4064/89], è assodato che i documenti di cui trattasi rientrano effettivamente in un’attività di indagine ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001. Inoltre, in considerazione dell’obiettivo di un procedimento di controllo di una concentrazione tra imprese, la quale consiste nel verificare se un’operazione conferisca o meno alle parti notificanti un potere di mercato che possa incidere in misura significativa sulla concorrenza, la Commissione raccoglie nell’ambito di un siffatto procedimento informazioni commerciali sensibili, relative alle strategie commerciali delle imprese implicate, agli importi delle loro vendite, alle loro quote di mercato o ai loro rapporti commerciali, di modo che l’accesso ai documenti di un siffatto procedimento di controllo può arrecare pregiudizio alla tutela degli interessi commerciali delle citate imprese. Pertanto, le eccezioni relative alla tutela degli interessi commerciali e a quella degli obiettivi delle attività di indagine sono, nel caso di specie, strettamente connesse».

( 56 ) Secondo la Commissione, la definizione fornita al punto 53 della sentenza impugnata «è indebitamente restrittiva e costituisce una violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001».

( 57 ) V. sentenza del 21 maggio 2014, Catinis/Commissione (T‑447/11, EU:T:2014:267, punto 51) in cui il Tribunale ha dichiarato che documenti raccolti dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) «rientra[va]no effettivamente nell’ambito di un’attività di indagine» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001. Orbene, la relazione redatta al termine di un’indagine effettuata dall’OLAF e le raccomandazioni che l’accompagnano [v. articolo 11 del regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 settembre 2013, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e che abroga il regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (Euratom) n. 1074/1999 del Consiglio (GU 2013, L 248, pag. 1)], non costituiscono una decisione e l’indagine in questione non è un procedimento per inadempimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE.

( 58 ) V., segnatamente, articoli da 2 a 4 di tale direttiva. Tali disposizioni sono state abrogate dall’articolo 26, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sulla normazione europea, che modifica le direttive 89/686/CEE e 93/15/CEE del Consiglio nonché le direttive 94/9/CE, 94/25/CE, 95/16/CE, 97/23/CE, 98/34/CE, 2004/22/CE, 2007/23/CE, 2009/23/CE e 2009/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la decisione 87/95/CEE del Consiglio e la decisione n. 1673/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2012, L 316, pag. 12).

( 59 ) Al punto 82 della sentenza del 4 febbraio 2016, Ince (C‑336/14, EU:C:2016:72), la Corte ha dichiarato che la direttiva 98/34, «cerca di permettere un miglior sfruttamento da parte degli operatori economici dei vantaggi inerenti al mercato interno, assicurando la pubblicazione regolare delle regolamentazioni tecniche progettate dagli Stati membri e mettendo così detti operatori in condizione di far conoscere le loro valutazioni in merito all’impatto di queste regolamentazioni». A tal riguardo, la Corte ha affermato che occorre «che gli operatori economici di uno Stato membro siano informati dei progetti di regole tecniche adottati da un altro Stato membro, nonché dell’ambito di applicazione temporale e territoriale di tali regole, affinché essi siano in grado di conoscere l’estensione degli obblighi che possono essere loro imposti e di anticipare l’adozione di tali testi normativi adattando tempestivamente, se del caso, i propri prodotti o i propri servizi». [V. sentenza del 4 febbraio 2016, Ince (C‑336/14, EU:C:2016:72, punto 83)]. Infatti, secondo la relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo – L’applicazione della direttiva 98/34/CE nel periodo dal 2011 al 2013, del 17 luglio 2015, [COM(2015) 0338 final], la procedura di notifica delle regolamentazioni tecniche nazionali «permette agli operatori economici, comprese le piccole e medie imprese (PMI) di far sentire la propria voce e di adeguare per tempo le loro attività alle future regolamentazioni tecniche. Tale diritto di controllo è ampiamente utilizzato dagli operatori economici, che in tal modo aiutano la Commissione e le autorità nazionali ad individuare qualsiasi ostacolo agli scambi».

( 60 ) Il corsivo è mio. V. sentenza del 4 febbraio 2016, Ince (C‑336/14, EU:C:2016:72, punto 82).

( 61 ) La direttiva 98/34 è intesa non solo a prevenire l’emergenza degli ostacoli alla libera circolazione delle merci, ma anche a prevenire l’emergenza degli ostacoli alla libera prestazione dei servizi o alla libertà di stabilimento nell’ambito del mercato interno.

( 62 ) V. considerando 2 della direttiva 98/34, che prevede che «il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne entro cui sia garantita la libera circolazione dei beni, delle persone, dei servizi e dei capitali; che dunque il divieto di restrizioni quantitative nonché di misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative per gli scambi di merci costituisce uno dei fondamenti [dell’Unione]».

( 63 ) V. paragrafo 11 delle conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa UNIC e Uni.co.pel (C‑95/14, EU:C:2015:270), che rammenta che «[l]o scopo della direttiva 98/34 è quello di aiutare a evitare la creazione di nuovi ostacoli agli scambi nell’ambito del mercato interno. Essa introduce un meccanismo di trasparenza e di controllo preventivo imponendo agli Stati membri di notificare le regolamentazioni tecniche in progetto prima dell’adozione e quindi, in generale, di osservare un termine di differimento di almeno 3 mesi (…) prima di adottare la regolamentazione in questione, al fine di dare agli altri Stati membri e alla Commissione l’opportunità di esprimere le loro preoccupazioni in relazione a possibili ostacoli agli scambi». Il corsivo è mio. Occorre rilevare che non solo la Commissione ma anche gli Stati membri possono emettere pareri circostanziati in applicazione dell’articolo 9, paragrafo 2, secondo trattino, della direttiva 98/34 e nessuna distinzione giuridica fra i pareri circostanziati emessi dalla Commissione e quelli degli Stati membri è prevista da detta direttiva. Orbene, nessuna delle parti fa valere che, nell’ambito della procedura prevista agli articoli 8 e 9 della direttiva 98/34, gli Stati membri conducono indagini gli uni sugli altri.

( 64 ) V. sentenza del 31 gennaio 2013, Belgische Petroleum Unie e a. (C‑26/11, EU:C:2013:44, punto 49 e la giurisprudenza ivi citata).

( 65 ) Si deve osservare che, in forza dell’articolo 8, paragrafo 4, della direttiva 98/34, le informazioni fornite ai sensi dell’articolo 8 di tale direttiva non sono considerate riservate, a meno che lo Stato membro autore della notifica ne presenti richiesta esplicita. Per contro, l’articolo 9 della direttiva 98/34 non fa alcun riferimento alla questione della riservatezza. Ne consegue che la questione dell’accesso al parere circostanziato previsto all’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 98/34 è disciplinata dalle disposizioni del regolamento n. 1049/2001. Di conseguenza, per quanto attiene alla questione dell’accesso al parere circostanziato, la direttiva 98/34 non costituisce una lex specialis rispetto al regolamento n. 1049/2001, come è stato suggerito in udienza.

( 66 ) V. sentenza del 15 ottobre 2015, Balázs (C‑251/14, EU:C:2015:687, punto 43).

( 67 ) V. articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 98/34.

( 68 ) Tale periodo è pari a quattro mesi nel caso dei progetti relativi ai servizi se la Commissione o un altro Stato membro emette un parere circostanziato secondo il quale la misura proposta presenta degli aspetti che possono eventualmente creare ostacoli alla libera circolazione dei servizi o alla libertà di stabilimento degli operatori di servizi nell’ambito del mercato interno.

( 69 ) Ritengo, in conformità alle osservazioni della Repubblica francese formulate in udienza, che l’emissione di un parere circostanziato in applicazione dell’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 98/34 non sia una tappa automatica, bensì intervenga se «la misura proposta presenta degli aspetti che possono eventualmente creare ostacoli alla libera circolazione delle merci nell’ambito del mercato interno».

( 70 ) Il periodo di sospensione è esteso a dodici mesi se, nei tre mesi successivi alla data di ricevimento della comunicazione, la Commissione notifica la sua intenzione di proporre o adottare una normativa sulla materia oggetto del progetto di regola tecnica (v. articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 98/34). Inoltre, se gli obblighi di comunicazione e di sospensione non sono stati rispettati, la regola tecnica resta inopponibile ai singoli [V. sentenza dell’8 novembre 2007, Schwibbert (C‑20/05, EU:C:2007:652, punto 38)].

( 71 ) V., per analogia, sentenza del 30 aprile 1996, CIA Security International (C‑194/94, EU:C:1996:172, punto 50). Il considerando 13 della direttiva 98/34 enuncia che «la Commissione e gli Stati membri debbono inoltre poter disporre del termine necessario per proporre modifiche della misura progettata», e il considerando 16 di tale direttiva precisa che «lo Stato membro deve (…) soprassedere all’attuazione della misura progettata durante un termine sufficientemente lungo per permettere l’esame in comune delle modifiche proposte oppure l’elaborazione della proposta di un atto cogente del Consiglio o l’adozione di un atto cogente della Commissione».

( 72 ) V. articolo 258 TFUE.

( 73 ) V., in tal senso, punti da 59 a 61 della sentenza impugnata. In udienza, il sig. Schlyter ha osservato che, nel caso della procedura prevista agli articoli 8 e 9 della direttiva 98/34, la quale verte su progetti di regole tecniche, l’esistenza di una violazione del diritto dell’Unione era meramente ipotetica, lontana e speculativa.

( 74 ) Come osservato dalla Repubblica di Finlandia, «[l]a normativa definitiva che uno Stato membro finisce per adottare in forza della procedura prevista dalla direttiva 98/34 può essere considerevolmente diversa dal progetto iniziale. Ai fini della valutazione della necessità di avviare un’eventuale procedura di infrazione, la Commissione deve in ogni caso ottenere nuove informazioni concernenti la situazione della legislazione nazionale, e la procedura di cui alla direttiva 98/34/CE non può di per sé essere utilizzata al fine di proporre un ricorso dinanzi alla Corte» (v. punto 8 della comparsa di risposta della Repubblica di Finlandia alla memoria di intervento della Repubblica ceca). Infatti, «il controllo effettuato nell’ambito della procedura di cui alla direttiva 98/34 è preventivo, e il suo obiettivo consiste nel prevenire un’eventuale contrarietà rispetto al diritto dell’Unione, mentre la procedura di infrazione è un controllo a posteriori il cui obiettivo è porre fine alle attività di uno Stato membro sospettate di essere contrarie al diritto dell’Unione». V. punto 11, lettera a), della comparsa di risposta della Repubblica di Finlandia alla memoria di intervento della Repubblica ceca.

( 75 ) V. paragrafo 98 delle presenti conclusioni.

( 76 ) V. punto 63 della sentenza impugnata. Infatti, anche se la procedura di cui agli articoli 8 e 9 della direttiva 98/34 è obbligatoria, la posizione adottata dalla Commissione nel parere circostanziato non è vincolante, e gli Stati membri sono liberi di modificare o meno i loro progetti di regole tecniche. Come rilevato dalla Commissione, «al termine della procedura prevista dalla direttiva 98/34, è lo Stato membro interessato che decide se adottare i progetti di regole come notificati, se modificarli o se ritirarli» (v. punto 21 della comparsa di risposta della Commissione). Secondo la Repubblica di Finlandia, «[l]a disposizione che verrà alla fine adottata dallo Stato membro alla luce delle relative osservazioni formulate può discostarsi in maniera considerevole dal piano iniziale. Al fine di valutare la necessità dell’eventuale proposizione di un ricorso per inadempimento, la Commissione deve dunque ottenere, in ogni caso, nuove informazioni sulla situazione, nella legislazione nazionale, per quanto riguarda gli elementi che lo Stato membro era obbligato a segnalare in forza della direttiva 98/34». V. punto 11 della comparsa di risposta della Repubblica di Finlandia.

( 77 ) V. articolo 9, paragrafo 2, secondo trattino, della direttiva 98/34.

( 78 ) V. punto 21 della comparsa di risposta della Commissione.

( 79 ) V., per analogia, paragrafo 43 delle conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nelle cause ClientEarth/Commissione e ClientEarth e PAN Europe/EFSA (C‑612/13 P e C‑615/13 P, EU:C:2015:219), secondo il quale «l’“attività di indagine” ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 non [poteva] essere confusa con l’“attività di vigilanza” affidata in generale alla Commissione dall’articolo 17, paragrafo 1, TUE in relazione all’“applicazione del diritto dell’Unione”. Vi è infatti una chiara differenza di grado tra l’attività di indagine cui fa riferimento la suddetta disposizione del regolamento n. 1049/2001 e l’attività d’informazione necessaria affinché la Commissione possa adempiere la sua funzione di custode dei Trattati».

( 80 ) V. punto 19 della comparsa di risposta del Regno di Svezia, che dispone «che deve esistere un collegamento con un’affermazione, fatta dalla Commissione, di una violazione del diritto dell’Unione affinché possa applicarsi l’eccezione di riservatezza intesa a proteggere gli obiettivi delle attività di indagine ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001. Viene dunque posta in essere una demarcazione al fine di escludere i diversi provvedimenti provvisori adottati dalla Commissione a titolo preventivo».

( 81 ) Secondo il Regno di Svezia, «[d]al momento che lo Stato membro interessato, dopo aver ricevuto il parere circostanziato, deve informare la Commissione delle misure che esso intende adottare a seguito di tale parere, e che la Commissione deve prendere posizione su tali misure, è assolutamente impossibile per la Commissione, tramite tale parere, adottare una posizione definitiva sulla questione se vi sia stata una violazione del diritto dell’Unione».

( 82 ) Il corsivo è mio.

( 83 ) V. paragrafo 73 delle presenti conclusioni. V. parimenti punto 3, lettera a), degli orientamenti della Commissione del novembre 2014 relativi alla procedura EU Pilot, che illustra le fasi principali della procedura EU Pilot.

( 84 ) In udienza, il sig. Schlyter ha sottolineato la natura multilaterale della procedura prevista agli articoli 8 e 9 della direttiva 98/34, mentre la procedura EU Pilot ha natura bilaterale.

( 85 ) V. punto 14 della memoria della Repubblica di Finlandia in risposta alla memoria di intervento della Repubblica ceca.

( 86 ) V., parimenti, punto 77 della sentenza impugnata, secondo cui «non può essere accolto neppure l’argomento della Commissione secondo cui la divulgazione durante il termine di differimento del parere circostanziato che essa ha emesso nell’ambito della procedura prevista dalla direttiva 98/34 potrebbe compromettere le successive discussioni tra le parti [punto 3, nono comma, della decisione (controversa)], nei limiti in cui tale procedura fosse potenzialmente idonea a dar luogo ad un ricorso per inadempimento contro lo Stato membro notificante». Occorre sottolineare che il punto 3, nono comma, della decisione controversa si trova nella parte intitolata «Protection of the purpose of Investigations» (protezione dell’obiettivo dell’attività di indagine).

( 87 ) V. sentenze dell’8 settembre 2005, Lidl Italia (C‑303/04, EU:C:2005:528, punto 22); del 15 aprile 2010, Sandström (C‑433/05, EU:C:2010:184, punto 42), nonché del 9 giugno 2011, Intercommunale Intermosane e Fédération de l’industrie et du gaz (C‑361/10, EU:C:2011:382, punto 10).

( 88 ) V. paragrafo 138 delle presenti conclusioni.

( 89 ) V. punti 83 e 84 della memoria di intervento della Repubblica francese dinanzi al Tribunale nella causa sfociata nella sentenza impugnata, secondo i quali «in forza di una giurisprudenza costante, gli Stati membri hanno il diritto di attendersi dalla Commissione il rispetto della riservatezza delle indagini che possano portare all’avvio di un ricorso per inadempimento (…). A tal riguardo, come sottolineato dall’avvocato generale Kokott [nella causa] Commissione/Technische Glaswerke Ilmenau (C‑139/07 P, EU:C:2009:520), la tutela di un margine di libertà, per poter discutere in maniera indisturbata in merito all’addebito della violazione del diritto dell’Unione, è sensata affinché sia lo Stato membro di cui trattasi sia la Commissione possano pervenire ad una composizione amichevole senza subire una pressione pubblica eccessiva».