CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MELCHIOR WATHELET

presentate il 28 luglio 2016 ( 1 )

Causa C‑316/15

Timothy Martin Hemming, operante con la denominazione di «Simply Pleasure Ltd»,

James Alan Poulton,

Harmony Ltd,

Gatisle Ltd, operante con la denominazione di «Janus»,

Winart Publications Ltd,

Darker Enterprises Ltd,

Swish Publications Ltd

contro

Westminster City Council

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito)]

«Rinvio pregiudiziale — Libera prestazione di servizi — Procedure di autorizzazione — Nozione di “oneri che ne possono derivare”»

I – Introduzione

1.

La presente domanda di pronuncia pregiudiziale offre alla Corte per la prima volta l’opportunità di interpretare l’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno ( 2 ) (in prosieguo: la «direttiva sui servizi»). Tale domanda concerne il versamento di una tassa per il rilascio o il rinnovo di una licenza per «esercizi commerciali di articoli erotici» ( 3 ) sul territorio della City of Westminster a Londra (Regno Unito) che si compone di due parti, una relativa al trattamento amministrativo della domanda e non rimborsabile in caso di rigetto della stessa e l’altra (d’importo notevolmente maggiore) relativa alla gestione del regime di licenza e rimborsabile in caso di rigetto della domanda.

2.

Sostanzialmente, la questione centrale della presente causa è se la richiesta di pagamento della seconda componente della citata tassa sia conforme all’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva sui servizi. Sotto questo profilo, la sua portata supera gli angusti confini del rilascio e del rinnovo di licenze per la gestione di sex shop, come dimostra il fatto che numerose associazioni professionali, quali ad esempio quelle degli avvocati e degli architetti, sono intervenute nel procedimento dinanzi al giudice del rinvio.

II – Contesto normativo

A – Diritto dell’Unione

3.

La direttiva sui servizi, al suo capo I, intitolato «Disposizioni generali», dispone quanto segue:

«Articolo 1

Oggetto

1.   La presente direttiva stabilisce le disposizioni generali che permettono di agevolare l’esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori nonché la libera circolazione dei servizi, assicurando nel contempo un elevato livello di qualità dei servizi stessi.

(…)

Articolo 2

Campo di applicazione

1.   La presente direttiva si applica ai servizi forniti da prestatori stabiliti in uno Stato membro.

(…)

Articolo 4

Definizioni

Ai fini della presente direttiva, si intende per:

(…)

6)

“regime di autorizzazione”: qualsiasi procedura che obbliga un prestatore o un destinatario a rivolgersi ad un’autorità competente allo scopo di ottenere una decisione formale o una decisione implicita relativa all’accesso ad un’attività di servizio o al suo esercizio;

7)

“requisito”: qualsiasi obbligo, divieto, condizione o limite stabilito dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative degli Stati membri o derivante dalla giurisprudenza, dalle prassi amministrative, dalle regole degli organismi e ordini professionali o dalle regole collettive di associazioni o organizzazioni professionali adottate nell’esercizio della propria autonomia giuridica; le norme stabilite dai contratti collettivi negoziati dalle parti sociali non sono considerate di per sé come requisiti ai sensi della presente direttiva;

8)

“motivi imperativi d’interesse generale”: motivi riconosciuti come tali dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, tra i quali: l’ordine pubblico, la sicurezza pubblica, l’incolumità pubblica, la sanità pubblica, il mantenimento dell’equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale, la tutela dei consumatori, dei destinatari di servizi e dei lavoratori, l’equità delle transazioni commerciali, la lotta alla frode, la tutela dell’ambiente, incluso l’ambiente urbano, la salute degli animali, la proprietà intellettuale, la conservazione del patrimonio nazionale storico ed artistico, gli obiettivi di politica sociale e di politica culturale;

(…)».

4.

La sezione 1, intitolata «Autorizzazioni», del capo III, intitolato «Libertà di stabilimento dei prestatori», della direttiva sui servizi così dispone:

«Articolo 9

Regimi di autorizzazione

1.   Gli Stati membri possono subordinare l’accesso ad un’attività di servizio e il suo esercizio ad un regime di autorizzazione soltanto se sono soddisfatte le condizioni seguenti:

a)

il regime di autorizzazione non è discriminatorio nei confronti del prestatore;

b)

la necessità di un regime di autorizzazione è giustificata da un motivo imperativo di interesse generale;

c)

l’obiettivo perseguito non può essere conseguito tramite una misura meno restrittiva, in particolare in quanto un controllo a posteriori interverrebbe troppo tardi per avere reale efficacia.

(…)

Articolo 11

Durata di validità dell’autorizzazione

1.   L’autorizzazione rilasciata al prestatore non ha durata limitata, ad eccezione dei casi seguenti:

a)

l’autorizzazione prevede il rinnovo automatico o è esclusivamente soggetta al costante rispetto dei requisiti;

b)

il numero di autorizzazioni disponibili è limitato da un motivo imperativo di interesse generale;

o

c)

una durata limitata è giustificata da un motivo imperativo di interesse generale.

(…)

Articolo 13

Procedure di autorizzazione

1.   Le procedure e le formalità di autorizzazione devono essere chiare, rese pubbliche preventivamente e tali da garantire ai richiedenti che la loro domanda sarà trattata con obiettività e imparzialità.

2.   Le procedure e le formalità di autorizzazione non sono dissuasive e non complicano o ritardano indebitamente la prestazione del servizio. Esse devono essere facilmente accessibili e gli oneri che ne possono derivare per i richiedenti devono essere ragionevoli e commisurati ai costi delle procedure di autorizzazione e non essere superiori ai costi delle procedure.

(…)».

5.

La sezione 1, intitolata «Libera prestazione di servizi e deroghe relative», del capo IV, intitolato «Libera circolazione dei servizi», della direttiva sui servizi così dispone:

«Articolo 16

Libera prestazione di servizi

1.   Gli Stati membri rispettano il diritto dei prestatori di fornire un servizio in uno Stato membro diverso da quello in cui sono stabiliti.

Lo Stato membro in cui il servizio viene prestato assicura il libero accesso a un’attività di servizi e il libero esercizio della medesima sul proprio territorio.

Gli Stati membri non possono subordinare l’accesso a un’attività di servizi o l’esercizio della medesima sul proprio territorio a requisiti che non rispettino i seguenti principi:

a)

non discriminazione: i requisiti non possono essere direttamente o indirettamente discriminatori sulla base della nazionalità o, nel caso di persone giuridiche, della sede,

b)

necessità: i requisiti devono essere giustificati da ragioni di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di sanità pubblica o di tutela dell’ambiente,

c)

proporzionalità: i requisiti sono tali da garantire il raggiungimento dell’obiettivo perseguito e non vanno al di là di quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo.

(…)

3.   Allo Stato membro in cui il prestatore si reca non può essere impedito di imporre requisiti relativi alla prestazione di un’attività di servizi qualora siano giustificati da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di sanità pubblica o tutela dell’ambiente, e in conformità del paragrafo 1. Allo stesso modo, a quello Stato membro non può essere impedito di applicare, conformemente al diritto [dell’Unione], le proprie norme in materia di condizioni di occupazione, comprese le norme che figurano negli accordi collettivi.

(…)».

B – Diritto del Regno Unito

6.

Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord ha recepito nel proprio diritto interno la direttiva sui servizi con il Provision of Services Regulations 2009 (SI 2009/2999) [regolamento del 2009 sulla prestazione di servizi (SI 2009/2999); in prosieguo: il «regolamento del 2009»].

7.

La regola 4 di detto regolamento definisce la nozione di «regime di autorizzazione» come «qualsiasi accordo che obbliga il prestatore o il destinatario di un servizio a ottenere l’autorizzazione di un’autorità competente o a informare detta autorità, allo scopo di avere accesso ad un’attività di servizio o al suo esercizio».

8.

La regola 18, paragrafi da 2 a 4, di detto regolamento dispone quanto segue:

«(2)

Le procedure e le formalità di autorizzazione stabilite dall’autorità competente nell’ambito di un regime di autorizzazione non possono:

(a)

essere dissuasive, né

(b)

complicare o ritardare indebitamente la prestazione del servizio.

(3)

Le procedure e le formalità di autorizzazione stabilite dall’autorità competente nell’ambito di un regime di autorizzazione devono essere facilmente accessibili.

(4)

Gli oneri stabiliti dall’autorità competente che possono derivare da un regime di autorizzazione per i richiedenti devono essere ragionevoli e commisurati ai costi delle procedure e delle formalità di autorizzazione ai termini del regime e non possono eccedere i costi delle suddette procedure e formalità».

9.

Il regolamento del 2009 non ha introdotto alcuna modifica sostanziale al Local Government (Miscellaneous Provisions) Act 1982 [legge del 1982 sugli enti locali (disposizioni varie); in prosieguo: la «legge del 1982»], il cui allegato 3, intitolato «Controllo degli esercizi commerciali di articoli erotici», ai paragrafi 6, 8, 9, 12, 17, 19 e 23, dispone quanto segue:

«Obbligo di licenza per gli esercizi commerciali di articoli erotici

6

1)

Fatte salve le disposizioni del presente allegato, nessuno può utilizzare, in una zona rientrante nell’ambito di applicazione del presente allegato, locali, un veicolo, un’imbarcazione o un chiosco come esercizio commerciale di articoli erotici senza previo rilascio di una licenza ai sensi del presente allegato da parte dell’autorità competente.

(…)

Rilascio, rinnovo e trasferimento di licenze per esercizi commerciali di articoli erotici

8

Fatto salvo il successivo paragrafo 12, punto 1), l’autorità competente può rilasciare e rinnovare periodicamente a chiunque ne faccia richiesta una licenza ai sensi del presente allegato per l’utilizzo come esercizio commerciale di articoli erotici di locali, di un veicolo, di un’imbarcazione o di un chiosco da essa specificati, secondo le modalità e nel rispetto delle condizioni eventualmente precisate.

9

1)

Fatti salvi i successivi paragrafi 11 e 27, una licenza rilasciata a norma del presente allegato è valida per un anno o per il minor periodo in essa specificato e ritenuto congruo dall’autorità competente, salvo che non sia stata precedentemente annullata ai sensi del successivo paragrafo 16 o ritirata ai sensi del successivo paragrafo 17, punto 1).

2)

Una licenza rilasciata a una persona a norma del presente allegato può essere trasferita dall’autorità competente che lo ritenga opportuno a qualunque altra persona ne faccia richiesta.

(…)

Rifiuto di licenza

12

1)

Non può essere rilasciata una licenza a norma del presente allegato

a)

a una persona minore di 18 anni; o

b)

a una persona che, al momento considerato, ne sia esclusa ai sensi del successivo paragrafo 17, punto 3; o

c)

a una persona, diversa da una persona giuridica, che non sia residente nel Regno Unito o che non lo sia stata per un periodo ininterrotto di sei mesi immediatamente precedenti la data della presentazione della domanda; o

d)

a una persona giuridica non costituita nel Regno Unito; o

e)

a una persona a cui, nei dodici mesi immediatamente precedenti la data di presentazione della domanda, sia stata respinta una domanda di rilascio o di rinnovo di una licenza per locali, un veicolo, un’imbarcazione o un chiosco, salvo che detto respingimento non sia stato annullato in appello.

2)

Fatto salvo il successivo paragrafo 27, l’autorità competente può respingere:

a)

una domanda di rilascio o di rinnovo di una licenza per uno o più motivi di cui al punto 3), infra;

(…)

3)

I motivi menzionati al precedente punto 2) sono i seguenti:

a)

il soggetto richiedente non è idoneo a possedere una licenza perché ha subito una condanna penale o per qualsivoglia altro motivo;

b)

se la licenza dovesse essere concessa, rinnovata o trasferita, l’attività a cui essa si riferisce sarebbe gestita o esercitata a favore di una persona diversa dal richiedente, alla quale il rilascio, il rinnovo o il trasferimento della medesima licenza verrebbero negati ove detta persona ne facesse essa stessa richiesta;

c)

il numero di esercizi commerciali di articoli erotici nella località interessata, al momento della presentazione della domanda, è pari o superiore al numero ritenuto adeguato dall’autorità competente per tale località;

d)

il rilascio o il rinnovo della licenza può essere inopportuno rispetto

i)

alle caratteristiche specifiche della località interessata; o

ii)

alla destinazione d’uso dei locali limitrofi; o

iii)

alla disposizione, alla tipologia o allo stato dei locali, del veicolo, dell’imbarcazione o del chiosco oggetto della domanda.

4)

Il numero adeguato di cui al punto 3), lettera c), può essere pari a zero.

(…)

Ritiro di licenze

17

1)

L’autorità competente può, in ogni momento, dopo aver offerto al titolare di una licenza ai sensi del presente allegato la possibilità di presentarsi dinanzi ad essa e di essere ascoltato, ritirare la licenza:

a)

per i motivi indicati al punto 1) del precedente paragrafo 12, o

b)

per uno dei motivi indicati al punto 3, lettere a) e b), del presente paragrafo

(…)

Tasse

19

Il soggetto richiedente il rilascio, il rinnovo o il trasferimento di una licenza ai sensi del presente allegato è tenuto al versamento di una ragionevole tassa stabilita dall’autorità competente.

(…)

Reati riguardanti le persone minori di 18 anni

23

1)

Una persona che, essendo titolare di una licenza per un esercizio commerciale di articoli erotici,

a)

abbia scientemente autorizzato una persona minore di 18 anni ad entrare nell’esercizio commerciale, o

b)

impieghi al servizio dell’esercizio commerciale una persona della quale sappia che è minore di18 anni,

commette un reato.

(…)».

III – Controversia principale e questioni pregiudiziali

10.

Ai sensi dell’allegato 3 della legge del 1982, il Westminster City Council è l’organismo che rilascia le licenze per la gestione di sex shop nella City of Westminster. I sigg. Timothy Martin Hemming e James Alan Poulton, la Harmony Ltd, la Gatisle Ltd, la Winart Publications Ltd, la Darker Enterprises Ltd e la Swish Publications Ltd (in prosieguo, congiuntamente: «il sig. Hemming e a.») erano, per tutto il periodo di riferimento, titolari di licenze per la gestione di esercizi commerciali di tal genere nella suddetta località.

11.

Conformemente all’allegato 3, paragrafo 19, della legge del 1982, un soggetto richiedente il rilascio o il rinnovo di una licenza per la gestione di un sex shop è tenuto a versare all’autorità competente una tassa che, nella fattispecie, si compone di due parti, una relativa al trattamento amministrativo della domanda e non rimborsabile in caso di rigetto della stessa e l’altra (d’importo notevolmente maggiore) relativa alla gestione del regime di licenza ( 4 ) e rimborsabile in caso di rigetto della domanda.

12.

Nel settembre 2004 il Westminster City Council ha fissato l’importo complessivo della tassa in oggetto per il periodo compreso tra il 1o febbraio 2005 e il 31 gennaio 2006 a 29102 lire sterline (GBP) (circa EUR 43435), di cui GBP 2667 (EUR 3980) per il trattamento amministrativo della licenza e non rimborsabili, mentre i rimanenti GBP 26435 (circa EUR 39455) riguardavano gestione del regime di licenza ed erano rimborsabili in caso di rifiuto della domanda. Esso ha deciso che l’importo globale della tassa sarebbe stato oggetto di riesame annuale.

13.

In seguito, il Westminster City Council non ha riesaminato né modificato tale importo, cosicché l’ammontare complessivo della tassa per il rilascio o il rinnovo di una licenza per la gestione di un sex shop è rimasto fissato a GBP 29102 per tutto il periodo compreso tra il 1o ottobre 2004 e il 31 dicembre 2012.

14.

Con il loro ricorso per controllo giurisdizionale, il sig. Hemming e a. contestano la legittimità delle tasse loro imposte dal Westminster City Council nel periodo compreso tra il 2006 e il 2012.

15.

Riguardo a tutto questo periodo, il sig. Hemming e a. sostengono che, non avendo il Westminster City Council fissato annualmente l’importo della tassa, le domande di pagamento della tassa in oggetto erano ultra vires. Essi sostengono parimenti che, durante detto periodo, il Westminster City Council non è riuscito a modulare l’importo della tassa in funzione del disavanzo o dell’eccedenza generato ogni anno dal pagamento della tassa in questione rispetto ai costi di funzionamento del sistema di autorizzazione.

16.

Per quanto attiene, in particolare, agli anni 2011 e 2012, il sig. Hemming e a. sostengono che il Westminster City Council non poteva, senza disattendere la direttiva sui servizi e il regolamento del 2009 che è entrato in vigore il 28 dicembre 2009 ( 5 ), includere nell’importo della tassa dovuta per ottenere o rinnovare una licenza i costi di gestione e di polizia del regime di licenza, segnatamente i costi connessi all’individuazione e al perseguimento di coloro che gestiscono sex shop senza licenza.

17.

Il 16 maggio 2012 il giudice Keith ha stabilito che il Westminster City Council non aveva fissato l’importo della tassa in nessuno degli anni del periodo compreso tra il 2006 e il 2012, che, al fine di determinare il medesimo, il Westminster City Council avrebbe dovuto prendere in considerazione, anno per anno, l’eventuale disavanzo o eccedenza nel gettito delle tasse rispetto ai costi del sistema di autorizzazione e che, dall’entrata in vigore del regolamento del 2009, il Westminster City Council non poteva più includere nelle tasse dovute per il rilascio o il rinnovo di una licenza per la gestione di un sex shop i costi connessi all’individuazione e al perseguimento di coloro che gestiscono simili esercizi senza licenza ( 6 ).

18.

Il 12 giugno 2012 il giudice Keith ha parimenti ordinato al Westminster City Council di stabilire una ragionevole tassa per ogni anno del periodo di riferimento e di restituire al sig. Hemming e a. la differenza tra la tassa pagata e detta ragionevole tassa ( 7 ).

19.

Il Westminster City Council ha interposto appello avverso le sentenze del giudice Keith dinanzi alla Court of Appeal (England & Wales) [Corte d’appello (Inghilterra e Galles), Regno Unito] che ha in parte respinto l’appello (per quanto concerneva l’interpretazione e l’applicazione della direttiva sui servizi) e in parte lo ha accolto (per quanto riguardava il metodo di calcolo delle tasse da restituire) ( 8 ).

20.

Il 21 febbraio 2014, la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) ha autorizzato il Westminster City Council ad impugnare detta sentenza della Court of Appeal (England & Wales) [Corte d’appello (Inghilterra e Galles)].

21.

Il ricorso dinanzi alla Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) riguarda essenzialmente la questione se la prassi del Westminster City Council d’includere fra le tasse dovute per gestire o continuare a gestire un sex shop, fin dalla presentazione della domanda di rilascio o di rinnovo di una licenza, i costi connessi all’individuazione e al perseguimento di coloro che gestiscono sex shop senza licenza sia conforme alla regola 18, paragrafo 4, del regolamento del 2009 e all’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva sui servizi.

22.

Il Westminster City Council ha fatto valere le proprie ragioni introducendo due ipotesi alternative ( 9 ). Da un lato, il concetto di «procedure e formalità di autorizzazione», di cui all’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva sui servizi (e all’articolo 18 del regolamento del 2009), potrebbe essere interpretato in senso sufficientemente ampio da coprire tutti gli aspetti del regime di licenza, compresi i costi della sua esecuzione nei confronti degli operatori senza licenza. Dall’altro, l’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva in oggetto (e quindi la succitata regola 18) riguarderebbe esclusivamente gli oneri imposti in relazione alle procedure di autorizzazione e ai relativi costi di cui non fanno parte i costi connessi all’individuazione e al perseguimento di coloro che gestiscono sex shop senza licenza. In tal caso, la tassa corrispondente a detti costi non sarebbe contraria all’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva sui servizi perché non rientrerebbe nel suo campo di applicazione.

23.

Nella sua sentenza del 22 giugno 2015, la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) ha innanzitutto confermato, sotto il profilo del diritto interno, il principio emerso nella sentenza R v Westminster City Council, ex parte Hutton (1985) 83 LGR 516, in base al quale le tasse imposte ai sensi dell’allegato 3, paragrafo 19, della legge del 1982 potevano riflettere non solo i costi del trattamento delle domande di rilascio o di rinnovo di licenza per un esercizio commerciale di articoli erotici, ma anche i costi connessi all’individuazione e al perseguimento di coloro che gestiscono simili esercizi senza licenza ( 10 ).

24.

Successivamente, occorreva stabilire se tale orientamento del diritto interno fosse compatibile con il diritto dell’Unione. In questo contesto, la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) ha respinto l’interpretazione dell’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva sui servizi (e della succitata regola 18) offerta dalla prima alternativa proposta dal Westminster City Council, ritenendo che tali disposizioni riguardassero esclusivamente le procedure e le formalità di autorizzazione imposte a un soggetto richiedente nel momento in cui questi richiede di avere accesso ad un’attività di servizio o al suo esercizio ( 11 ).

25.

Secondo detto giudice, l’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva sui servizi non riguarda le tasse che potrebbero essere imposte per il possesso, il mantenimento o il rinnovo della licenza, una volta superata con successo la fase di autorizzazione, ma riguarda soltanto le tasse relative alle procedure di autorizzazione e ai relativi costi ( 12 ). Al contrario, nella direttiva in esame non vi è alcun elemento per ritenere che l’importo della tassa non possa essere fissato a un livello che consenta all’organismo preposto di recuperare presso gli operatori titolari di licenza l’intero costo di gestione ed esecuzione del regime di licenza, compresi i costi dei procedimenti contro coloro che gestiscono esercizi commerciali di articoli erotici senza licenza ( 13 ). Tuttavia, una tale tassa dovrebbe rispettare le condizioni di cui agli articoli da 14 a 18 della citata direttiva, compreso il principio di proporzionalità ( 14 ).

26.

Su questa base, la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) ha introdotto una distinzione fra due tipi di regimi di autorizzazione. Secondo il tipo A, il richiedente è tenuto a pagare, al momento della presentazione della domanda, i costi delle procedure e delle formalità di autorizzazione e, in caso di accoglimento della domanda, un’ulteriore tassa per coprire i costi di gestione ed esecuzione del regime di licenza ( 15 ).

27.

Secondo il tipo B, il richiedente è tenuto a pagare, al momento della presentazione della domanda, i costi delle procedure e delle formalità di autorizzazione, oltre ad un’ulteriore tassa per coprire i costi di gestione e di esecuzione del regime di licenza, sapendo però che essa è rimborsabile in caso di rifiuto della sua domanda ( 16 ).

28.

Per quanto riguarda il tipo A, la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) ha dichiarato che, se l’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva sui servizi non vieta all’organismo preposto al rilascio di licenze come quelle oggetto del procedimento principale di esigere dal soggetto richiedente che abbia ottenuto il rilascio di una tale licenza il versamento di oneri per consentire all’organismo di recuperare l’intero costo di gestione ed esecuzione del regime, allora tale disposizione non vieterebbe neppure l’imposizione di tali oneri dopo l’accettazione della domanda. A suo parere, l’imposizione di una tassa per il possesso o il mantenimento di una licenza, qualora la domanda sia accolta, non ha l’effetto di rendere tale tassa una procedura o una formalità di autorizzazione o un onere derivante dalla presentazione della domanda ( 17 ).

29.

La Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) ha pertanto ritenuto che una procedura di autorizzazione di tipo A fosse conforme alla regola 18 del regolamento del 2009 e all’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva sui servizi ( 18 ).

30.

Tuttavia, poiché il sistema di autorizzazione utilizzato dal Westminster City Council è di tipo B, detto giudice si è focalizzato su due argomenti presentati dal sig. Hemming e a.

31.

Con il loro primo argomento essi sostenevano che l’obbligo di una tassa corrispondente ai costi di gestione e di polizia del regime di autorizzazione, sebbene rimborsabile in caso di rifiuto del rilascio o del rinnovo della licenza, poteva avere un effetto dissuasivo in contrasto con l’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva sui servizi. Il giudice del rinvio ha respinto quest’argomento ritenendo che nel fascicolo non vi fosse alcun fondamento fattuale o probatorio per concludere che tale obbligo dissuadesse o potesse dissuadere il sig. Hemming e a. o altri richiedenti dal presentare una domanda di licenza per la gestione di sex shop ( 19 ).

32.

Con il secondo argomento il sig. Hemming e a. sostenevano che anche una tassa rimborsabile costituiva un onere e che tale onere violava l’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva sui servizi, in quanto superiore ai costi delle procedure di autorizzazione a carico del Westminster City Council.

33.

Per la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito), si pone pertanto la questione se l’obbligo di una tassa che abbia una componente corrispondente ai costi di gestione e di polizia del sistema di autorizzazione e rimborsabile in caso di rigetto della domanda costituisca un «onere» in contrasto con l’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva sui servizi, nella misura in cui essa ecceda i costi di trattamento della domanda. Su questo punto la Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«Qualora un soggetto richiedente il rilascio o il rinnovo di una licenza per un esercizio commerciale di articoli erotici sia tenuto a versare una tassa composta di due parti, di cui una relativa al trattamento amministrativo della domanda e non rimborsabile e l’altra relativa alla gestione del regime di licenza e rimborsabile in caso di rigetto della domanda:

1)

se l’imposizione di una tassa comprendente la seconda componente rimborsabile sia sufficiente per affermare che, ai sensi del diritto dell’Unione, i convenuti hanno sostenuto a fronte delle loro domande un onere in contrasto con l’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva [sui servizi] nel mercato interno, nella misura in cui l’importo di tale tassa eccede le spese sostenute dal Westminster City Council per il trattamento della domanda;

2)

se la conclusione che l’imposizione di una siffatta tassa debba essere considerata un onere – o, se del caso, un onere superiore ai costi relativi al trattamento della domanda da parte del Westminster City Council – dipenda da ulteriori circostanze (e, in caso di risposta affermativa, quali), come ad esempio:

a)

elementi di prova che dimostrino che il pagamento della seconda componente rimborsabile ha comportato o potrebbe comportare spese o perdite a carico di un richiedente,

b)

l’ammontare della seconda componente rimborsabile e il periodo di tempo durante il quale questa è trattenuta prima di essere rimborsata, o

c)

l’eventuale risparmio sui costi del trattamento delle domande da parte del Westminster City Council (e quindi sulla componente non rimborsabile) risultante dall’imposizione a carico di tutti i richiedenti di una tassa da versare anticipatamente e comprendente entrambe le componenti».

IV – Procedimento dinanzi alla Corte

34.

La domanda di pronuncia pregiudiziale in esame è stata depositata presso la cancelleria della Corte il 26 giugno 2015. Il sig. Hemming e a., il Westminster City Council, il governo olandese nonché la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte.

35.

Ai sensi dell’articolo 61, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, il Westminster City Council è stato invitato a rispondere per iscritto ai quesiti della Corte, invito a cui lo stesso ha dato seguito il 29 aprile 2016.

36.

Il 1o giugno 2016 si è tenuta un’udienza durante la quale il sig. Hemming e a., il Westminster City Council e il governo olandese nonché la Commissione hanno presentato le loro osservazioni orali.

V – Analisi

A – Osservazioni preliminari

37.

Come si evince dai suoi considerando da 5 a 7, la direttiva sui servizi si propone di eliminare gli ostacoli alla libertà di stabilimento e alla libera circolazione dei servizi di cui beneficiano i prestatori e i destinatari dei servizi.

38.

In base alla norma sancita dall’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva sui servizi, «[g]li Stati membri possono subordinare l’accesso ad un’attività di servizio e il suo esercizio ad un regime di autorizzazione» unicamente se sono soddisfatte le tre condizioni cumulative precisate ai punti da a) a c) della disposizione in oggetto, fra cui «la necessità [che il] regime di autorizzazione [sia] giustificat[o] da un motivo imperativo di interesse generale».

39.

Allo stesso modo, riguardo alla durata delle autorizzazioni, l’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva sui servizi dispone che «[l]’autorizzazione rilasciata al prestatore non ha durata limitata», ad eccezione dei tre casi contemplati alle lettere da a) a c) di detta disposizione, fra cui l’ipotesi in cui «il numero di autorizzazioni disponibili [debba essere] limitato per un motivo imperativo di interesse generale».

40.

In linea di principio, non occorre dunque ottenere un’autorizzazione per avere accesso alla prestazione di un servizio e, in ogni caso, tale autorizzazione non può avere una durata limitata. Orbene, nella fattispecie, l’allegato 3 della legge del 1982 subordina l’apertura di un sex shop nella City of Westminster al rilascio di un’autorizzazione annuale.

41.

In questo senso, essa si discosta dai principi sanciti dall’articolo 9, paragrafo 1, e dall’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva sui servizi senza che tuttavia il Westminster City Council invochi un motivo imperativo di interesse generale per giustificare una siffatta deroga alla norma.

42.

L’esistenza di un motivo imperativo di interesse generale per giustificare un regime di autorizzazione ai sensi degli articoli 9 e 11 della direttiva sui servizi non può essere presunta, come ha sostenuto il Westminster City Council dinanzi al giudice del rinvio ( 20 ), ma dev’essere espressamente invocata e giustificata dalle autorità competenti dello Stato membro interessato.

43.

A tal proposito, rilevo tuttavia che l’allegato 3, paragrafo 23, della legge del 1982 qualifica come reato il consentire l’ingresso in un sex shop a persone minori di 18 anni da parte del soggetto autorizzato alla relativa gestione. Inoltre, ai sensi dell’allegato 3, paragrafo 12, punto 3, lettera a), della legge del 1982, una condanna per violazione di detto divieto costituisce motivo sufficiente per rifiutare il rinnovo di una tale autorizzazione.

44.

Si può dunque pensare che la protezione dei minori costituisca il motivo imperativo di interesse generale di cui all’articolo 9, paragrafo 1, lettera b), della direttiva sui servizi, ma ciò non rappresenta di per sé una ragione sufficiente alla limitazione della durata dell’autorizzazione ad un anno disposta dall’allegato 3, paragrafo 9, punto 1, della legge del 1982.

45.

Infatti, secondo l’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva sui servizi, la durata di un’autorizzazione può essere limitata solo se «l’autorizzazione prevede il rinnovo automatico o è esclusivamente soggetta al costante rispetto dei requisiti», se «il numero di autorizzazioni disponibili è limitato da un motivo imperativo di interesse generale» ( 21 ) o se «una durata limitata è giustificata da un motivo imperativo di interesse generale».

46.

Nell’udienza del 13 gennaio 2015 dinanzi al giudice del rinvio, il Westminster City Council ha invocato l’articolo 11, paragrafo 1, lettera b), della direttiva sui servizi per giustificare l’esistenza del regime di autorizzazione oggetto del procedimento principale dichiarando che «il regime previsto dalla legge del 1982, come applicato a Westminster, si fonda sull’esistenza di una quota di autorizzazioni (…) per i sex shop, c’è una quota» ( 22 ).

47.

Se è vero che il numero di autorizzazioni per la gestione di sex shop nel periodo compreso tra l’anno 2003 e l’anno 2012 è stato soggetto ad una quota oscillante tra 14 e 20 ( 23 ), non vedo perché la durata di tali autorizzazioni debba essere limitata ad un anno, tanto più che l’organismo competente, ai sensi dell’allegato 3, paragrafo 17, punto 1, lettera b), della legge del 1982, può sempre ritirare l’autorizzazione nel caso in cui il suo titolare abbia commesso un reato, anche per violazione dell’allegato 3, paragrafo 23, della legge del 1982.

48.

A tal proposito, rilevo parimenti che l’allegato 3, paragrafo 12, punto 1, della legge del 1982, concernente i motivi di rifiuto di autorizzazione, prevede alle lettere c) e d) requisiti riguardanti la residenza e la cittadinanza che sono vietati dall’articolo 14 della direttiva sui servizi.

49.

Tali elementi, sebbene non rientrino nelle questioni pregiudiziali, dimostrano che l’allegato 3 della legge del 1982, adottato più di 20 anni prima della direttiva sui servizi senza essere successivamente aggiornato dal regolamento del 2009, solleva ulteriori problemi di compatibilità con la direttiva sui servizi rispetto a quelli espressamente evocati nel procedimento principale.

B – Sulla prima questione pregiudiziale

1. Introduzione

50.

Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte se una tassa per il rilascio o il rinnovo di un’autorizzazione per la gestione di un sex shop composta di due parti, una relativa al trattamento amministrativo della domanda e non rimborsabile in caso di rifiuto della domanda e l’altra relativa alla gestione del regime di licenza e rimborsabile in caso di rifiuto della domanda, costituisca un onere in contrasto con l’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva sui servizi ( 24 ).

51.

Va evidenziato fin da subito che una tassa corrispondente ai costi del trattamento amministrativo di una domanda di autorizzazione e non rimborsabile in caso di rifiuto della domanda è chiaramente conforme all’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva sui servizi. Né le parti né gli intervenienti dinanzi alla Corte lo mettono in discussione.

52.

Come ho illustrato ai paragrafi 26 e 27 delle presenti conclusioni, sottolineo che il giudice del rinvio ha distinto fra due sistemi in base al fatto che la seconda componente della tassa destinata a finanziare la pagata solo al momento dell’accoglimento della domanda (tipo A) o al momento della presentazione della domanda, con rimborso in caso di rifiuto della stessa (tipo B).

53.

Al punto 26 della domanda di pronuncia pregiudiziale ( 25 ), il giudice del rinvio ha ritenuto che i regimi di autorizzazione di tipo A fossero compatibili con l’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva sui servizi. Pertanto, le sue questioni pregiudiziali riguardano esclusivamente il regime di autorizzazione di tipo B che è, di fatto, quello utilizzato dal Westminster City Council.

54.

Evidentemente, detta distinzione tra i regimi di autorizzazione di tipo A e B regge unicamente se, nel regime di tipo A, la tassa corrispondente ai costi di gestione e di polizia del regime di autorizzazione non costituisce una condizione dell’autorizzazione a prestare il relativo servizio. Laddove, invece, l’autorità competente avesse il diritto di ritardare il rilascio della licenza e, pertanto, di impedire la prestazione del relativo servizio fino al momento del pagamento di tale tassa, si tratterebbe chiaramente di un regime di autorizzazione di tipo B, anche se la tassa non fosse esigibile al momento della presentazione della domanda.

55.

Secondo la descrizione di un regime di autorizzazione di tipo A offerta dal giudice del rinvio, la seconda componente della tassa sarebbe dovuta solo se la domanda fosse «accolta», il che induce a ritenere che l’autorizzazione alla gestione non sia condizionata da un versamento preventivo. Un simile obbligo non rientrerebbe nel campo di applicazione dell’articolo 13 della direttiva sui servizi e potrebbe, all’occorrenza, essere imposto unicamente alle condizioni sancite da altre disposizioni della direttiva sui servizi ( 26 ).

56.

Quanto precede richiederebbe di esaminare se un simile obbligo possa corrispondere alla nozione di «requisito», definita dall’articolo 4, punto 7, della direttiva sui servizi, disponendo l’articolo 16, paragrafo 1, della medesima che gli Stati membri possono subordinare l’accesso a un’attività di servizi o l’esercizio della medesima sul proprio territorio a «requisiti».

57.

L’articolo 4, punto 7, della direttiva sui servizi definisce tale nozione di «requisito» come «qualsiasi obbligo, divieto, condizione o limite stabilito dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative degli Stati membri o derivante dalla giurisprudenza, dalle prassi amministrative, dalle regole degli organismi e ordini professionali o dalle regole collettive di associazioni o organizzazioni professionali».

58.

Se la risposta fosse affermativa, sarebbe tuttavia necessario, ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva sui servizi, che detta tassa fosse non discriminatoria in funzione della cittadinanza o della residenza del prestatore, necessaria a mantenere l’ordine pubblico e la pubblica sicurezza o a tutelare la sanità pubblica o l’ambiente e proporzionata in relazione all’obiettivo perseguito.

59.

Senza voler anticipare una risposta definitiva su questo punto, mi permetto un’osservazione in proposito e più precisamente sulla logica che sottende al punto 12 della domanda di pronuncia pregiudiziale, secondo cui i costi connessi all’individuazione e al perseguimento di coloro che gestiscono sex shop senza licenza devono essere sostenuti dai titolari delle autorizzazioni poiché sono loro che traggono beneficio dal fatto che l’accesso al servizio è limitato a una quota di autorizzazioni.

60.

Tale logica concepisce il regime di autorizzazione come un mezzo per garantire un «monopolio» a vantaggio di determinati operatori appartenenti a un «club», dall’accesso limitato e subordinato al pagamento di una tassa che garantirebbe ai suoi membri che l’accesso a tale «club» resti circoscritto. Tutto ciò sembrerebbe in contrasto con lo scopo della direttiva sui servizi di instaurare «una maggiore competitività del mercato dei servizi» agevolando «l’accesso ad un’attività di servizi o l’esercizio della stessa» ( 27 ).

2. Compatibilità del regime di autorizzazione di tipo B con l’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva sui servizi

61.

Il seguito del mio ragionamento verterà sulla questione se la seconda componente della tassa, imposta dal Westminster City Council al sig. Hemming e a. fin dalla presentazione delle rispettive domande di autorizzazione e corrispondente ai costi di gestione e di polizia del regime di autorizzazione, costituisca un «onere» ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva sui servizi, fatto di cui giudice del rinvio sembra dubitare, visto che la stessa è rimborsabile in caso di rigetto della domanda ( 28 ).

62.

Rilevo che l’allegato 3, paragrafo 19, della legge del 1982 impone l’obbligo di pagamento della tassa al «richiedente il rilascio, il rinnovo o il trasferimento di una licenza» (il corsivo è mio) e non al «titolare di licenza». In altre parole, una domanda di autorizzazione per cui non sia stata versata tale tassa al momento della sua presentazione non verrà esaminata, come riconosce il Westminster City Council al punto 15 delle sue osservazioni scritte ( 29 ). A tale riguardo, il fatto che detto versamento costituisca (come sostiene il Westminster City Council) o meno una cauzione o che esso diventi irreversibilmente proprietario della relativa somma è irrilevante.

63.

Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dal Westminster City Council, la tassa in questione costituisce un onere (ossia il versamento obbligatorio di una determinata somma) che, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva sui servizi, «deriva» da procedure e da formalità di autorizzazione.

64.

Perché un onere come quello oggetto del procedimento principale sia conforme all’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva sui servizi, dev’essere «ragionevol[e] e commisurat[o] ai costi delle procedure di autorizzazione e non essere superior[e] ai costi delle procedure».

i) Un onere «commisurat[o] ai costi delle procedure di autorizzazione e non (…) superior[e] ai costi delle procedure»

65.

Per poter decidere su questo punto, occorre innanzitutto chiedersi se i costi di gestione e di polizia del regime di autorizzazione siano compresi nella nozione di «costi delle procedure» di autorizzazione.

66.

Per il governo olandese, nella nozione di «costi delle procedure di autorizzazione» rientrano sia le spese per il trattamento della domanda sia le spese di gestione del regime di autorizzazione.

67.

A tal riguardo, esso si richiama ad una dichiarazione della Commissione del maggio 2006 secondo cui i costi delle procedure comprendono i «costi sostenuti per la gestione, il controllo e l’applicazione» ( 30 ) del regime di autorizzazione.

68.

Tale dichiarazione sarebbe in contrasto con la tesi sostenuta dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, secondo cui una tassa per i costi connessi al perseguimento di chi gestisce sex shop senza licenza non si può considerare appartenente alle procedure di autorizzazione, al trattamento delle domande di autorizzazione e alle relative spese.

69.

In sede di udienza, la Commissione ha negato l’esistenza di una contraddizione tra la sua dichiarazione del 2006 e le sue osservazioni scritte, sostenendo che un’autorità competente al rilascio di autorizzazioni può far pagare ai richiedenti i costi di gestione, di controllo e di polizia di un regime di autorizzazione a condizione che si tratti di costi certi e reali, ma che, nella fattispecie, i costi connessi all’individuazione e al perseguimento di chi gestisce sex shop senza licenza non costituiscono «costi effettivamente sostenuti» («costs actually incurred»).

70.

A mio parere, l’espressione «costi delle procedure» utilizzata nella seconda frase in fine dell’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva sui servizi si riferisce all’espressione «costi delle procedure di autorizzazione» già utilizzata nella stessa frase che, a sua volta, si riferisce alle «procedure e formalità di autorizzazione» citate nella prima frase della disposizione in oggetto.

71.

A tal proposito, rilevo che, sebbene la nozione di «procedure e formalità di autorizzazione» non sia definita dalla direttiva sui servizi, essa deve essere distinta da quella di «regime di autorizzazione» definita dall’articolo 4, punto 6, di tale direttiva.

72.

In sede di udienza, il Westminster City Council ha sostenuto che la seconda componente della tassa in oggetto coprirebbe i costi connessi all’individuazione e al perseguimento sia di coloro che gestiscono sex shop senza licenza sia dei titolari di licenza che violino le condizioni della loro autorizzazione.

73.

Orbene, anche ammettendo che i costi connessi all’individuazione e al perseguimento dei titolari di licenza possano rientrare nei costi del regime di autorizzazione ( 31 ), ciò non può valere per i costi connessi all’individuazione e al perseguimento di soggetti terzi che gestiscano sex shop senza licenza, poiché tali attività non fanno parte del regime di autorizzazione.

74.

Inoltre, anche nell’ipotesi in cui riguardino i reati commessi dai titolari di un’autorizzazione, è impossibile considerare la gestione e l’attività di polizia di un regime di autorizzazione come appartenenti alle «procedure e formalità di autorizzazione», poiché si tratta di attività non propedeutiche all’autorizzazione, ma successive alla stessa. Riguardo alla repressione dei reati degli operatori che gestiscono un sex shop senza licenza, il legame con le «procedure e formalità di autorizzazione» è ancora più debole e riguarda il comportamento di soggetti terzi rispetto ai titolari delle autorizzazioni.

75.

Dall’enunciato della seconda frase dell’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva sui servizi emerge pertanto che i costi di trattamento di una domanda di autorizzazione non possono comprendere ulteriori spese rispetto a quelle derivanti all’autorità competente dal trattamento amministrativo della domanda di autorizzazione. Esse non possono pertanto eccedere quanto necessario a coprire i costi reali della procedura di autorizzazione.

76.

La sentenza del 24 marzo 2011, Commissione/Spagna (C‑400/08, EU:C:2011:172), avvalora integralmente la mia interpretazione dell’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva sui servizi. Infatti, le tasse oggetto della citata sentenza erano calcolate sulla base del costo complessivo del trattamento amministrativo per gli anni 1994 e 1995 delle richieste di autorizzazione all’insediamento di superfici commerciali diviso per il numero di metri quadri oggetto di ciascuna domanda di autorizzazione.

77.

È evidente le tali tasse non comprendevano gli elementi successivi alla procedura di autorizzazione, come, ad esempio, le spese connesse alla gestione e all’attività di polizia del regime di autorizzazione. Per questo motivo, la Corte ha dichiarato, al punto 129 della sentenza del 24 marzo 2011, Commissione/Spagna (C‑400/08, EU:C:2011:172), che l’importo della tassa era «ragionevole, senza discostarsi significativamente dai costi reali in ogni singolo caso».

78.

Il sig. Hemming e a. hanno invocato detta sentenza dinanzi la Court of Appeal (England & Wales) [Corte d’appello (Inghilterra e Galles)] ( 32 ) che sulla sua base ha statuito, a mio parere correttamente, che gli Stati membri non possono addebitare oneri ulteriori rispetto ai costi della procedura di autorizzazione e di registrazione ( 33 ).

79.

Nella presente causa è assodato che l’importo complessivo della tassa di cui trattasi non solo è ampiamente superiore ai costi del trattamento amministrativo delle domande di rilascio o di rinnovo di una licenza per la gestione di un sex shop, ma, cosa più importante, comprende anche spese non sostenute dal Westminster City Council per la procedura di autorizzazione, vale a dire i costi connessi all’individuazione e al perseguimento di coloro che gestiscono sex shop senza licenza.

ii) Un onere «ragionevole»

80.

Esaminerò questo punto solo ad abundantiam, giacché il requisito che l’onere sia «ragionevole» si accompagna al requisito che sia «commisurat[o] ai costi delle procedure di autorizzazione e non (…) superior[e] ai costi delle procedure», che ritengo non sia soddisfatto.

81.

Se è pur vero, come ha costatato il giudice del rinvio, che la Corte non ha ancora avuto l’occasione di pronunciarsi sull’interpretazione dell’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva sui servizi ( 34 ), tuttavia, nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 24 marzo 2011, Commissione/Spagna (C‑400/08, EU:C:2011:172), la Corte ha potuto esaminare la compatibilità con la libertà di stabilimento di tributi istituiti da una legge spagnola anteriore all’entrata in vigore della direttiva sui servizi e dovuti per il trattamento di una richiesta di autorizzazione all’insediamento di superfici commerciali in Catalogna (Spagna).

82.

Dal momento che l’importo di detti tributi era stato originariamente calcolato dividendo i costi relativi alle procedure espletate nel 1994 e nel 1995 per il numero di metri quadrati oggetto delle richieste interessate e successivamente adeguato in funzione dell’inflazione, la Commissione aveva sostenuto che detti tributi, non essendo collegati al costo della procedura di rilascio dell’autorizzazione commerciale, erano sproporzionati ( 35 ).

83.

La Corte ha respinto tale argomento, ritenendo che «siffatto metodo di determinazione dell’importo dei tributi dovuti riflette la totalità dei costi di cui trattasi in modo ragionevole, senza discostarsi significativamente dai costi reali in ogni singolo caso. Inoltre, le modalità di fissazione, ossia la corrispondenza ad un importo fisso per metro quadrato, presenta il vantaggio di consentire di prevedere il costo della procedura in modo trasparente» ( 36 ).

84.

Tuttavia, la Corte non ha offerto criteri specifici per valutare quando un onere o un tributo siano ragionevoli, essendo detta sentenza maggiormente incentrata sulla proporzionalità della tassa che non deve superare i costi reali della procedura di autorizzazione.

85.

A mio parere, perché un onere sia «ragionevole» ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva sui servizi, occorre che gli elementi presi in considerazione per il calcolo della tassa e il metodo di calcolo siano logicamente spiegabili ( 37 ).

86.

A tal proposito, la Corte ha chiesto al Westminster City Council di spiegare in dettaglio e per iscritto gli elementi presi in considerazione per arrivare agli importi di GBP 2667 e GBP 26435 delle tasse in oggetto nonché il metodo di calcolo utilizzato. Il Westminster City Council ha risposto alla richiesta producendo le due deposizioni del suo service manager – noise and licensing che aveva sottoposto alla High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) (Alta Corte d’Inghilterra e del Galles per questioni di diritto amministrativo, Regno Unito) e i documenti allegati.

87.

Il Westminster City Council ha spiegato che, secondo dette deposizioni, i costi del regime di autorizzazione erano suddivisi in tre categorie, vale a dire i costi diretti (come ad esempio quelli di stampa e di pubblicità), i costi correlati alle autorizzazioni ma appartenenti a servizi del Westminster City Council diversi dal servizio per le licenze (come ad esempio le risorse umane e il servizio legale) e i costi per l’attività di polizia del regime di autorizzazione.

88.

Tuttavia, nella sua risposta scritta al quesito sottopostogli dalla Corte, il Westminster City Council non ha spiegato come, dall’importo complessivo del bilancio dedicato al regime di autorizzazione dei sex shop, sia arrivato a determinare gli importi di GBP 2667 e GBP 26435 relativi alle tasse richieste per le domande di rilascio o rinnovo di una licenza per la gestione di un sex shop.

89.

In sede di udienza, il Westminster City Council non è riuscito a giustificare il fatto che la tassa in oggetto non avesse subito variazioni nel periodo considerato, senza tenere conto, pare, di una serie di elementi, quali, ad esempio, il provento complessivo delle tasse nonché eventuali disavanzi o eccedenze rispetto ai costi reali di gestione e di polizia del sistema di autorizzazione che pure variavano, secondo il Westminster City Council, di anno in anno. Sembra che il Westminster City Council non abbia nemmeno considerato gli introiti delle ammende e delle altre sanzioni pecuniarie inflitte agli operatori di sex shop titolari o meno di un’autorizzazione ( 38 ).

90.

Per i suddetti motivi, la seconda componente della tassa oggetto della presente causa non costituisce, a mio avviso, un onere «ragionevole».

91.

Pertanto, fatta salva un’eventuale analisi più approfondita da parte del giudice del rinvio, suggerisco alla Corte di rispondere alla prima questione che l’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva sui servizi deve essere interpretato nel senso che osta a che l’autorità competente di uno Stato membro, in sede di determinazione della tassa dovuta per il rilascio o il rinnovo di un’autorizzazione, tenga conto dei costi di gestione e di polizia del regime di autorizzazione, anche se la parte corrispondente a detti costi è rimborsabile in caso di rigetto della domanda di rilascio o di rinnovo dell’autorizzazione in oggetto.

C – Sulla seconda questione pregiudiziale

92.

Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte se la risposta alla prima questione dipenda da ulteriori circostanze, quali la possibilità che la parte della tassa corrispondente ai costi di gestione e di polizia del regime di autorizzazione implichi spese o perdite a carico dei richiedenti, l’ammontare di tale componente e il tempo durante il quale la stessa è trattenuta nonché il risparmio sui costi di trattamento delle domande di autorizzazione da parte dell’autorità competente derivante dal versamento anticipato della suddetta componente della tassa.

93.

Considerata la mia risposta alla prima questione, non è necessario rispondere alla seconda, poiché emerge chiaramente da tale risposta che l’idea stessa d’imporre a chi richiede un’autorizzazione una tassa di cui una parte corrisponda ai costi di gestione e di polizia del regime di autorizzazione costituisce un onere in contrasto con l’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva sui servizi.

VI – Conclusione

94.

Suggerisco pertanto alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dalla Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) come segue:

L’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che osta a che l’autorità competente di uno Stato membro, in sede di determinazione della tassa dovuta per il rilascio o il rinnovo di un’autorizzazione, tenga conto dei costi di gestione e di polizia del regime di autorizzazione, anche se la parte corrispondente a detti costi è rimborsabile in caso di rigetto della domanda di rilascio o di rinnovo dell’autorizzazione in oggetto.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) GU 2006, L 376, pag. 36.

( 3 ) La nozione di «esercizio commerciale di articoli erotici» («sex establishment») nel diritto inglese comprende sia i cinema porno («sex cinemas») che i sex shop. Per semplificare, poiché la presente causa riguarda unicamente i titolari di licenze per la gestione di sex shop, nelle presenti conclusioni vi farò riferimento solo in questi termini.

( 4 ) Secondo una giurisprudenza nazionale consolidata, a partire dal 1985 può essere imposta una tassa ai sensi dell’allegato 3, paragrafo 19, della legge del 1982, tale da riflettere non solo i costi di trattamento delle domande, ma anche quelli di «ispezione dei locali successivamente al rilascio delle licenze e delle cosiddette operazioni di vigilanza (…) finalizzate ad individuare e perseguire chi gestisce esercizi commerciali di articoli erotici senza licenza». V. sentenza R v Westminster City Council, ex parte Hutton (1985) 83 LGR 516.

( 5 ) L’articolo 44, paragrafo 1, della direttiva sui servizi ha fissato la scadenza del termine per il recepimento della stessa direttiva al 28 dicembre 2009, data in cui il regolamento del 2009 è entrato in vigore.

( 6 ) V. sentenza Hemming and others v Westminster City Council [2012] EWHC 1260 (Admin), punto 49.

( 7 ) V. sentenza Hemming and others v Westminster City Council [2012] EWHC 1582 (Admin), [2013] WLR 203.

( 8 ) V. sentenza R (Hemming and others) v The Lord Mayor and Citizens of Westminster [2013] EWCA Civ 591.

( 9 ) V. sentenza R (Hemming and others) v Westminster City Council [2015] UKSC 25, punto14.

( 10 ) V. sentenza R (Hemming and others) v Westminster City Council [2015] UKSC 25, punto 7.

( 11 ) V. sentenza R (Hemming and others) v Westminster City Council [2015] UKSC 25, punto 15.

( 12 ) V. sentenza R (Hemming and others) v Westminster City Council [2015] UKSC 25, punti 15 e 17.

( 13 ) V. sentenza R (Hemming and others) v Westminster City Council [2015] UKSC 25, punto 17.

( 14 ) V. sentenza R (Hemming and others) v Westminster City Council [2015] UKSC 25, punto 17.

( 15 ) V. sentenza R (Hemming and others) v Westminster City Council [2015] UKSC 25, punto 18.

( 16 ) V. sentenza R (Hemming and others) v Westminster City Council [2015] UKSC 25, punto 18.

( 17 ) V. sentenza R (Hemming and others) v Westminster City Council [2015] UKSC 25, punto 19.

( 18 ) V. sentenza R (Hemming and others) v Westminster City Council [2015] UKSC 25, punto 26.

( 19 ) V. sentenza R (Hemming and others) v Westminster City Council [2015] UKSC 25, punto 22.

( 20 ) V. registrazione audiovisiva dell’udienza del 13 gennaio 2015 dinanzi al giudice del rinvio della sessione 1, 40:20 e seg., disponibile su richiesta in Internet al seguente indirizzo: https://www.supremecourt.uk/contact-us.html, ove il Westminster City Council adduce che la giustificazione per un motivo imperativo di interesse generale del regime di autorizzazione oggetto della presente causa è evidente (axiomatic).

( 21 ) Durante l’udienza del 13 gennaio 2015 dinanzi al giudice del rinvio, il Westminster City Council ha invocato detta disposizione per giustificare la limitazione della durata delle autorizzazioni rilasciate al sig. Hemming e a. (v. registrazione audiovisiva dell’udienza dinanzi al giudice del rinvio della sessione 1, 39:51 e seg., disponibile su richiesta in Internet al seguente indirizzo: https://www.supremecourt.uk/contact-us.html).

( 22 ) V. registrazione audiovisiva dell’udienza dinanzi al giudice del rinvio della sessione 1, 39:51 e seg., disponibile su richiesta in Internet al seguente indirizzo: https://www.supremecourt.uk/contact-us.html. («the scheme under the 1982 Act in Westminster is one where there is a quota of authorisations (…) for sex shops, there is quota»). Il corsivo è mio. V. anche, in tal senso, allegato 3, paragrafo 12, punto 3, lettera c), e punto 4, della legge del 1982.

( 23 ) V. sentenza R (Hemming and others) v The Lord Mayor and Citizens of Westminster [2013] EWCA Civ 591, punto 29.

( 24 ) L’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva sui servizi è stato recepito nel Regno Unito con la regola 18 del regolamento del 2009. Dato che non c’è alcuna differenza tra l’enunciato delle disposizioni pertinenti della direttiva sui servizi e quello del regolamento del 2009, nelle presenti conclusioni mi riferirò alle disposizioni della direttiva sui servizi.

( 25 ) V. sentenza R (Hemming and others) v Westminster City Council [2015] UKSC 25.

( 26 ) V., in tal senso, sentenza R (Hemming and others) v Westminster City Council [2015] UKSC 25, punto 17, in cui il giudice del rinvio ha ritenuto che «una simile tassa dovrebbe rispettare le condizioni previste nella sezione 2 del capo III e nella sezione 1 del capo IV [della direttiva sui servizi]».

( 27 ) V. considerando 2, 5, 8 e 9 della direttiva sui servizi.

( 28 ) V. sentenza R (Hemming and others) v Westminster City Council [2015] UKSC 25, punti 23 e 24.

( 29 ) «(…) it is correct to say that the applicant is required to pay that second part of the fee at the time of application (…)» («è corretto affermare che il richiedente è tenuto a versare la seconda parte della tassa al momento della presentazione della domanda»).

( 30 ) «(…) costs incurred in the management, control and enforcement». Traduzione a mia cura.

( 31 ) Tuttavia, le sanzioni pecuniarie eventualmente inflitte non dovrebbero essere dedotte dai costi complessivi del sistema?

( 32 ) Essi hanno invocato anche la sentenza del 19 settembre 2006, i-21 Germany e Arcor (C‑392/04 e C‑422/04, EU:C:2006:586), che non è tuttavia di grande aiuto nella presente causa, poiché l’articolo 11 della direttiva 97/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 aprile 1997, relativa ad una disciplina comune in materia di autorizzazioni generali e di licenze individuali nel settore dei servizi di telecomunicazione (GU 1997, L 117, pag. 15), autorizzava esplicitamente gli Stati membri ad includere nella tassa dovuta per ottenere una licenza i costi di gestione, di controllo e di polizia del regime di autorizzazione.

( 33 ) V. sentenza R (Hemming and others) v The Lord Mayor and Citizens of Westminster [2013] EWCA Civ 591, punti da 80 a 84 e 88.

( 34 ) V. sentenza R (Hemming and others) v Westminster City Council [2015] UKSC 25, punto 24.

( 35 ) V. sentenza del 24 marzo 2011, Commissione/Spagna (C‑400/08, EU:C:2011:172, punti 127128).

( 36 ) V. sentenza del 24 marzo 2011, Commissione/Spagna (C‑400/08, EU:C:2011:172, punto 129). Il corsivo è mio.

( 37 ) Siccome la presente causa proviene dal Regno Unito, rinvio, a tal proposito, al famoso tentativo di Lord Greene di definire il termine «ragionevole» nel diritto amministrativo (sentenza Associated Provincial Picture Houses Ltd v Wednesbury Corporation [1948] 1 KB 223, pag. 229).

( 38 ) L’allegato 3, paragrafo 22, punto 1, della legge del 1982 prevede pene pecuniarie fino a GBP 20000.