CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MICHAL BOBEK

presentate il 28 luglio 2016 ( 1 )

Causa C‑256/15

Drago Nemec

contro

Republika Slovenija

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Vrhovno sodišče Republike Slovenije (Corte Suprema della Repubblica di Slovenia)]

«Diritto dell’Unione europea — Applicabilità ratione temporis — Direttiva 2000/35 — Ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali — Nozione di transazione commerciale — Nozione di impresa — Norma nazionale che limita l’importo massimo degli interessi per i ritardi di pagamento»

I – Introduzione

1.

Nel giugno 1993 il sig. Nemec ha concluso con l’Associazione dei vigili del fuoco volontari di Murska Sobota un contratto per la dazione in locazione di un’autocisterna per il trasporto di acqua nei periodi di siccità (in prosieguo: il «contratto di locazione»). A partire dal 1996 il sig. Nemec è stato impegnato in una prolungata controversia dinanzi ai giudici sloveni per ottenere il pagamento dovutogli a titolo del contratto di locazione e gli interessi di mora. Gli interessi sono aumentati nel corso del tempo ma sono infine stati assoggettati a un limite massimo dalla normativa nazionale in questione.

2.

Il punto cruciale della questione giuridica sottoposta alla Corte nel caso di specie è se una disposizione nazionale che fissa un limite agli interessi di mora corrispondente all’importo del debito principale (definita come regola del ne ultra alterum tantum) sia in contrasto con la direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali ( 2 ).

3.

Inoltre, congiuntamente a tale questione chiave, si pongono due questioni accessorie. In primo luogo, occorre verificare l’applicabilità ratione temporis del diritto dell’Unione al caso di specie. In secondo luogo, si deve accertare se, ai fini del presente procedimento, il sig. Nemec possa essere considerato un’«impresa» e il contratto di locazione una «transazione commerciale» ai sensi della direttiva 2000/35.

II – Contesto normativo

A – Diritto dell’Unione

4.

Ai sensi del suo articolo 1, la direttiva 2000/35, «si applica ad ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale».

5.

L’articolo 2, punto 1, primo comma, della direttiva 2000/35 definisce le «transazioni commerciali» come «contratti tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni che comportano la consegna di merci o la prestazione di servizi, contro pagamento di un prezzo».

6.

L’articolo 2, punto 1, secondo comma, della direttiva definisce la «pubblica amministrazione» come «qualsiasi amministrazione o ente, quali definiti dalle direttive sugli appalti pubblici (…)».

7.

Ai sensi dell’articolo 2, punto 1, terzo comma, si intende per «“impresa”: ogni soggetto esercente un’attività economica organizzata o una libera professione, anche se svolta da una sola persona».

8.

L’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2000/35 prevede che «[gli Stati membri assicurano che] il creditore ha diritto agli interessi di mora se: i) ha adempiuto agli obblighi contrattuali e di legge; e ii) non ha ricevuto nei termini l’importo dovuto, a meno che il ritardo non sia imputabile al debitore».

9.

A tenore dell’articolo 6, paragrafo 3, nell’attuare la direttiva 2000/35, «(…) gli Stati membri possono escludere: (…) b) i contratti conclusi prima dell’8 agosto 2002».

B – Diritto nazionale

10.

Dal 1o gennaio 2002 le conseguenze dei ritardi di pagamento sono disciplinate dall’Obligacijski zakonik (codice delle obbligazioni; in prosieguo: l’«OZ»). L’articolo 376 dell’OZ ha introdotto la cosiddetta regola ne ultra alterum tantum. Tale regola, che non esisteva nella normativa precedente, ha fissato un limite massimo per gli interessi moratori corrispondente all’importo del debito principale.

11.

Alla data in cui è stato concluso il contratto di locazione, le modalità per lo svolgimento di un’attività economica relativamente alle persone fisiche erano disciplinate dall’Obrtni zakon (legge sull’artigianato; in prosieguo: l’«Obr Z/88»). Le persone fisiche potevano esercitare un’attività economica indipendente soltanto se ottenevano un’autorizzazione contenente la menzione dell’attività autorizzata.

12.

L’Obr Z/88 è stato modificato da leggi successive, secondo cui l’esercizio di un’attività imprenditoriale autonoma è subordinata alla comunicazione dell’attività stessa all’ente competente e all’iscrizione nel registro degli imprenditori.

III – Fatti, procedimento nazionale e questioni proposte

13.

Nel giugno 1993 il sig. Drago Nemec (ricorrente) concludeva, in veste di locatore, un contratto con il Gasilsko društvo (Associazione dei vigili del fuoco volontari di Murska Sobota; in prosieguo: l’«Associazione dei vigili del fuoco volontari»), agente in qualità di locatario, per la dazione in locazione di un’autocisterna per il trasporto di acqua. Al momento della conclusione di detto contratto, il ricorrente era titolare di una licenza di artigiano di diritto sloveno, in particolare per l’«esecuzione di attività di tornitura di parti meccaniche e di saldatura».

14.

L’Associazione dei vigili del fuoco volontari ometteva di pagare il corrispettivo dovuto in forza del contratto di locazione. Nel 1996 il ricorrente la citava in giudizio chiedendo il pagamento di EUR 17669,51. Il 17 febbraio 2010, a seguito di una lunga controversia, il Višje sodišče Maribor (Corte d’appello di Maribor) statuiva che l’Associazione dei vigili del fuoco volontari era tenuta a pagare al ricorrente EUR 15061,44 oltre agli interessi moratori di legge per il periodo compreso tra il 25 marzo 1996 e il 31 dicembre 2001. Viceversa, il Višje sodišče Maribor (Corte d’appello di Maribor) respingeva la domanda del ricorrente diretta ad ottenere il pagamento degli interessi moratori di legge per il periodo dal 1o gennaio 2002 fino al saldo (che veniva effettuato successivamente, il 18 maggio 2010). Il rigetto di questa seconda domanda era motivato dal fatto che il 1o gennaio 2002 era entrato in vigore l’OZ, che aveva introdotto la regola ne ultra alterum tantum. Così, a decorrere dal 31 dicembre 2001 gli interessi di mora maturati avevano già raggiunto l’importo del credito principale e pertanto non potevano continuare ad aumentare.

15.

In reazione alla sentenza del Višje sodišče Maribor (Corte d’appello di Maribor), il ricorrente citava in giudizio la Repubblica di Slovenia (convenuta) chiedendone la condanna al risarcimento dei danni per una totale di EUR 84614,02 nonché al pagamento degli interessi di mora e delle spese del procedimento. Il ricorrente sosteneva che la regola ne ultra alterum tantum non era compatibile con la direttiva 2000/35 e che dovevano essergli risarciti i danni subiti a causa dell’asserita trasposizione erronea di detta direttiva nell’ordinamento sloveno.

16.

Con sentenza del 18 maggio 2011, il giudice di prima istanza rigettava la domanda del ricorrente. L’impugnazione proposta da quest’ultimo contro detta decisione veniva respinta dal giudice d’appello con sentenza del 24 gennaio 2012. Entrambi i suddetti giudici fondavano le loro decisioni sulla constatazione che il contratto di locazione non rientrava nell’ambito dell’attività commerciale registrata del ricorrente. Pertanto, egli non costituiva un’«impresa» ai sensi della direttiva 2000/35, la quale, di conseguenza, non era applicabile nel suo caso.

17.

Il ricorrente ha contestato le valutazioni del Višje sodišče Maribor (Corte d’appello di Maribor) dinanzi al Vrhovno sodišče Republike Slovenije (Corte Suprema della Repubblica di Slovenia). A suo parere, il contratto di locazione non avevo ad oggetto solo la locazione dell’autocisterna. Egli afferma che detto contratto configurava un «negozio giuridico complesso» consistente nell’assicurare la fornitura di acqua potabile alla popolazione locale nei periodi di siccità. Sostiene inoltre di avere emesso una fattura dalla quale risulta che egli agiva in qualità di «impresa» ai sensi della direttiva 2000/35.

18.

La convenuta replica che la direttiva 2000/35 non è applicabile al caso di specie, poiché in sede di trasposizione della medesima nel diritto sloveno erano stati esclusi i contratti conclusi prima dell’adesione della Slovenia all’Unione. Inoltre, la convenuta sostiene che il contratto di locazione non configura una «transazione commerciale» ai sensi della direttiva 2000/35. Il ricorrente avrebbe concluso il contratto di locazione al di fuori della sua attività commerciale e pertanto non avrebbe agito in qualità di «impresa» ai fini di detta direttiva.

19.

In tali circostanze, il Vrhovno sodišče Republike Slovenije (Corte Suprema della Repubblica di Slovenia) ha sospeso il procedimento e sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se la disposizione di cui all’articolo 2, punto 1, terzo comma, della direttiva 2000/35 debba essere interpretata nel senso che, in un sistema nel quale ad una persona fisica viene rilasciata, ai fini dello svolgimento di un’attività economica, un’autorizzazione che contiene la menzione dell’attività per la quale l’autorizzazione stessa viene concessa, non ci si trova in presenza di un’impresa e dunque neppure di una transazione commerciale nel senso di cui alla citata disposizione della direttiva, qualora il negozio giuridico dal quale deriva un ritardo nel pagamento si riferisca ad un’attività non compresa nell’autorizzazione.

In caso di risposta negativa alla questione di cui sopra:

2)

se la disposizione di cui all’articolo 2, punto 1, terzo comma, della direttiva 2000/35 debba essere interpretata nel senso che una persona fisica è considerata quale impresa e il negozio giuridico da cui deriva un ritardo nel pagamento costituisce una transazione commerciale ai sensi della suddetta disposizione, qualora si tratti di un negozio giuridico, il quale non rientra nell’attività registrata di detta persona fisica ma scaturisce da un’attività che per sua natura può essere un’attività economica, e a fronte di tale negozio sia stata emessa una fattura; e

3)

se la regola secondo cui gli interessi moratori cessano di decorrere quando l’ammontare degli interessi maturati e non pagati raggiunge l’importo del capitale (regola ne ultra alterum tantum) si ponga in contrasto con le disposizioni della direttiva 2000/35».

20.

I governi sloveno e lettone nonché la Commissione hanno presentato osservazioni scritte. Il governo sloveno e la Commissione hanno svolto osservazioni orali all’udienza tenutasi il 4 maggio 2016.

IV – Analisi

21.

Poiché i fatti della presente causa sono antecedenti all’adesione della Slovenia all’Unione europea, esaminerò anzitutto la questione se il diritto dell’Unione in generale e la direttiva 2000/35 in particolare siano applicabili ratione temporis alla presente causa (A).

22.

Per quanto riguarda l’esame di merito delle questioni proposte, ritengo che la regola ne ultra alterum tantum non sia in contrasto di per sé con la direttiva 2000/35. Pertanto, mi sembra più appropriato esaminare anzitutto la terza questione pregiudiziale (B). Qualora la Corte condividesse la mia analisi di tale questione, di fatto non occorrerebbe rispondere alle prime due questioni poste dal giudice nazionale. Tuttavia, per scrupolo di completezza, e per fornire piena assistenza alla Corte, esaminerò altresì se il rapporto derivante dal contratto di locazione possa rientrare nell’ambito di applicazione ratione materiae della direttiva 2000/35 (C).

A – L’applicazione nel tempo del diritto dell’Unione

23.

L’analisi dell’applicabilità nel tempo del diritto dell’Unione è composta da due parti. La prima parte riguarda l’applicabilità ratione temporis del diritto dell’Unione in generale, che è determinata dal diritto primario. La risposta a tale questione è decisiva anche ai fini della competenza della Corte. La seconda parte è incentrata sullo strumento normativo specifico da applicare nella fattispecie: una volta accertato che il diritto dell’Unione in generale è applicabile al caso in esame, la questione successiva è se lo specifico atto di diritto derivato attenui in qualche modo la regola generale.

24.

Tale approccio è importante sotto il profilo costituzionale, in quanto qualsiasi disposizione di diritto derivato (compresa la direttiva 2000/35) può essere esaminata solo dopo avere accertato che il diritto dell’Unione in generale è applicabile ai fatti di causa. Occorre adottare un approccio generale, che possa essere modulato alla luce dell’atto di diritto derivato pertinente, se quest’ultimo lo prevede.

1. Competenza della Corte

25.

La Slovenia ha aderito all’Unione europea il 1o maggio 2004. Conformemente agli articoli 2 e 54 dell’Atto di adesione ( 3 ), il diritto dell’Unione è divenuto immediatamente vincolante in Slovenia dalla data di adesione, a meno che un altro termine fosse previsto dall’Atto di adesione o dai suoi allegati. È quindi chiaro che, secondo la regola costituzionale generale, il diritto dell’Unione ha efficacia vincolante immediata o effetto immediato, salvo che l’Atto di adesione disponga diversamente.

26.

Nel caso di specie, il contratto di locazione è stato stipulato nel 1993. Esso è stato parzialmente eseguito ( 4 ) a metà degli anni novanta. Nel 1996 il sig. Nemec ha quindi citato in giudizio l’Associazione dei vigili del fuoco volontari per inadempimento dell’obbligo contrattuale di pagare il prezzo della locazione. Tutti questi fatti sono anteriori al 1o maggio 2004. Pertanto, la questione è se il diritto dell’Unione sia applicabile ratione temporis alla situazione giuridica in esame.

27.

È vero che non è sempre facile orientarsi nella giurisprudenza della Corte sull’applicazione nel tempo del diritto dell’Unione agli Stati aderenti.

28.

Nella sentenza pronunciata dalla Grande Sezione nella causa Ynos ( 5 ), la Corte si è dichiarata incompetente a rispondere alla domanda di pronuncia pregiudiziale in quanto i fatti all’origine della controversia erano antecedenti all’adesione dell’Ungheria all’Unione europea. L’applicazione al caso di specie della sentenza Ynos e della giurisprudenza successiva indurrebbe a concludere che il diritto dell’Unione non è applicabile ratione temporis.

29.

Tuttavia, a parte l’approccio piuttosto categorico adottato dalla Corte nella causa Ynos, esiste anche un numero significativo di pronunce, sia anteriori che posteriori alla sentenza Ynos, nelle quali la Corte ha adottato un approccio più sfumato all’applicazione nel tempo del diritto dell’Unione. Si può affermare che tali decisioni distinguono tra i fatti anteriori all’adesione e i loro effetti giuridici perduranti dopo l’adesione. Suggerirei di interpretare la sentenza Ynos in tale contesto giurisprudenziale più ampio. Qualora la Corte accogliesse questo approccio, si potrebbe ritenere che la presente domanda di pronuncia pregiudiziale sia ricevibile ratione temporis.

a) Ynos

30.

La causa Ynos verteva sull’applicazione della direttiva 93/13/CEE concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori ( 6 ) a un contratto di intermediazione. La controversia aveva ad oggetto l’esecuzione di tale contratto e la legittimità della clausola contrattuale che prevedeva la commissione dell’intermediario. Senza esaminare le circostanze relative all’esecuzione del contratto, la Corte ha osservato che i fatti di cui al procedimento principale erano anteriori all’adesione dell’Ungheria all’Unione europea ed essa non era quindi competente ad interpretare la direttiva ( 7 ).

31.

Se il criterio elaborato nella sentenza Ynos fosse preso alla lettera, si dovrebbe dichiarare che le questioni poste dal giudice nazionale esulano dalla competenza ratione temporis della Corte, come suggerito dal governo sloveno in udienza. Analogamente a quanto accaduto nella causa Ynos, il contratto di locazione è stato stipulato prima dell’adesione della Slovenia all’Unione. Il fatto che il procedimento giudiziario nazionale relativo alla violazione di detto contratto fosse ancora in corso dopo l’adesione della Slovenia non sarebbe rilevante, dato che, nella causa Ynos, il procedimento nazionale relativo all’esecuzione del contratto era parimenti in corso dopo l’adesione dell’Ungheria ( 8 ).

32.

Tuttavia, suggerirei alla Corte di considerare la sentenza Ynos in un’ottica più ampia, tenendo conto della giurisprudenza che ha preceduto e seguito detta sentenza, nonché dello specifico contesto fattuale e giuridico della medesima sentenza Ynos. Anziché concentrare l’attenzione su una distinzione binaria tra fatti precedenti e fatti successivi all’adesione, la suddetta giurisprudenza, più sfumata, esamina se un rapporto giuridico costituitosi prima dell’adesione abbia continuato a produrre effetti giuridici dopo la data di adesione.

b) La sentenza Ynos nel suo più ampio contesto giurisprudenziale

33.

Nella giurisprudenza anteriore alla sentenza Ynos, la Corte ha mostrato maggiore disponibilità a rispondere a domande di pronuncia pregiudiziale quando i fatti pertinenti erano anteriori all’adesione.

34.

Ad esempio, le questioni pregiudiziali poste nelle cause Data Delecta ( 9 ) e Saldanha ( 10 ) riguardavano la compatibilità di una disposizione di diritto nazionale secondo cui i ricorrenti stranieri dovevano costituire una cauzione per le spese di giudizio. In entrambi i casi, i provvedimenti giudiziari che imponevano tale cauzione erano strati emessi prima dell’adesione della Svezia e dell’Austria all’Unione europea. Tuttavia, i ricorsi contro detti provvedimenti erano ancora pendenti dopo l’adesione. Nella sentenza Data Delecta la Corte si è pronunciata direttamente nel merito, presupponendo quindi che il diritto dell’Unione fosse applicabile ratione temporis. Nella sentenza Saldhana ha dichiarato che l’articolo 6 CE (divenuto articolo 18 TFUE) era immediatamente vincolante dalla data di adesione e ostava alla norma nazionale controversa. La Corte ha dichiarato che il diritto dell’Unione si applicava ratione temporis «agli effetti delle situazioni sorte prima dell’adesione» ( 11 ).

35.

Questi due casi ( 12 ) dimostrano che, sebbene le controversie tra le parti fossero state instaurate prima delle rispettive adesioni all’Unione europea, la Corte ha ritenuto opportuno assoggettare al diritto dell’Unione e quindi alla sua competenza gli effetti giuridici perduranti delle situazioni anteriori all’adesione. Certamente, in quei casi il risultato dipendeva dalla prosecuzione del procedimento giudiziario dopo l’adesione ( 13 ).

36.

La giurisprudenza successiva alla sentenza Ynos è più complessa. Tuttavia, si può affermare che la Corte ha adottato un approccio ancora più sfumato, concentrando l’attenzione sulla questione se la situazione giuridica si fosse esaurita al momento dell’adesione.

37.

Nella sentenza Telefónica O2, la Corte ha confermato la propria competenza sebbene i fatti di causa fossero antecedenti all’adesione della Repubblica ceca all’Unione. Infatti, la decisione impugnata era stata adottata ex novo con effetti per il futuro dall’autorità di regolamentazione dopo la suddetta adesione ( 14 ).

38.

Analogamente, nella sentenza CIBA la Corte ha constatato che la controversia principale verteva sugli esercizi 2003 e 2004, laddove l’Ungheria aveva aderito all’Unione solo il 1o maggio 2004. Tuttavia, ha poi dichiarato che, «[p]oiché i fatti di cui alla causa principale sono in parte successivi alla detta data, la Corte è competente a dirimere la questione sollevata» ( 15 ).

39.

La causa Kuso verteva su una lavoratrice austriaca che aveva stipulato un contratto di lavoro negli anni ottanta. Successivamente, ella aveva contestato la data del suo collocamento a riposo, basato sull’età pensionabile obbligatoria di sessanta anni, sostenendo che costituiva una discriminazione fondata sul sesso ai sensi della direttiva 76/207/CEE ( 16 ). La Corte ha dichiarato che non era competente a pronunciarsi nel merito del rinvio pregiudiziale, osservando che «(…) la sfera di applicazione del principio della tutela del legittimo affidamento non può essere estesa fino ad impedire, in generale, che una nuova disciplina si applichi agli effetti futuri di situazioni sorte sotto l’impero della disciplina anteriore» ( 17 ).

40.

Pertanto, leggendo la sentenza Ynos nel suo più ampio contesto giurisprudenziale, l’approccio generale all’applicabilità ratione temporis del diritto dell’Unione sembra fondato sugli effetti giuridici perduranti. I rapporti giuridici non ancora estinti al momento dell’adesione dello Stato membro devono essere adattati al nuovo contesto normativo. Ovviamente, tale adattamento deve produrre effetti solo per il futuro: l’efficacia immediata del diritto dell’Unione implica che i rapporti giuridici ancora in corso i cui effetti non siano esauriti al momento dell’adesione possono essere modificati per il futuro. Per contro, sono vietate le modifiche realmente retroattive, nel senso di una effettiva revisione di fatti o eventi del passato.

41.

Prendendo l’esempio di un contratto concluso prima dell’adesione di uno Stato membro all’Unione, la questione fondamentale è se il contratto e il rapporto giuridico costituito in forza dello stesso continuino o meno a produrre effetti giuridici dopo l’adesione. In caso affermativo (ad esempio nell’ipotesi di contratti di durata indeterminata e/o a prestazioni ripetute), il diritto dell’Unione diviene applicabile al contratto al momento dell’adesione, anche se tutti i fatti (costitutivi) sono precedenti alla data di adesione. Il contenuto del rapporto giuridico sarà modificato per il futuro dal diritto dell’Unione.

42.

Inoltre, si ammette generalmente che, per quanto riguarda le norme procedurali, la regola generale è che esse sono immediatamente applicabili dal momento della loro entrata in vigore, anche a casi e controversie ancora in corso, salvo che la specifica misura di cui trattasi preveda diversamente ( 18 ).

43.

In ogni caso, i principi preminenti di tutela dei diritti acquisiti e delle legittime aspettative nonché il divieto di retroattività operano come correttivi dell’efficacia immediata del diritto dell’Unione in tutti i singoli casi.

44.

In tale prospettiva, la conclusione raggiunta dalla Corte nella causa Ynos non è sorprendente nei suoi risultati: detta causa verteva sulla legittimità di una clausola contrattuale negoziata e stipulata prima dell’adesione dell’Ungheria all’Unione. La questione sottoposta alla Corte, ove fosse stata risolta, avrebbe condotto a una vera e propria revisione retroattiva di una clausola contrattuale definita e concordata molto prima dell’adesione.

c) Applicazione dell’approccio più ampio al caso di specie

45.

Ritengo che, al momento dell’adesione della Slovenia, il contratto di locazione non avesse completamente esaurito i suoi effetti giuridici sotto due aspetti.

46.

In primo luogo, tale contratto è stato stipulato nel giugno 1993. Dall’ordinanza di rinvio si evince che il ricorrente ha adempiuto la sua obbligazione prima dell’adesione della Slovenia all’Unione, ma l’Associazione dei vigili del fuoco volontari ha adempiuto la propria pagando il corrispettivo previsto dal contratto di locazione nel maggio 2010, ossia molto dopo l’adesione della Slovenia. Pertanto, al momento di detta adesione, il contratto di locazione continuava a produrre effetti giuridici e i diritti e gli obblighi che ne scaturivano per le parti non erano ancora esauriti.

47.

In secondo luogo, e forse soprattutto, a differenza dalla causa Ynos, il caso in esame non riguarda la revisione di clausole contrattuali stipulate in passato. Il contenuto del contratto e la validità delle clausole contrattuali non sono stati intaccati. La presente causa verte sull’esecuzione di un contratto e, in particolare, sugli interessi maturati per il ritardato adempimento (ossia pagamento). La situazione è sorta prima dell’adesione della Slovenia all’Unione europea e attende ancora una soluzione definitiva dopo l’adesione.

48.

Pertanto, il fatto che la nuova disciplina degli interessi moratori si applichi per il futuro ai casi pendenti a decorrere dalla data di adesione di uno Stato membro all’Unione è in linea con l’efficacia immediata del diritto dell’Unione negli Stati aderenti.

2. L’applicabilità della direttiva 2000/35 al contratto di locazione

49.

Una volta accertato che la Corte è competente in generale, la successiva questione da esaminare nel presente caso è se la direttiva 2000/35 in particolare sia applicabile al contratto di locazione, alla luce delle specifiche disposizioni relative alla sua applicazione nel tempo.

50.

Ai sensi del suo articolo 6, paragrafo 3, lettera b), la direttiva 2000/35 si applica, in linea di principio, ai contratti conclusi prima della scadenza del termine di trasposizione, a meno che uno Stato membro ne escluda l’applicazione a tali contratti. In altri termini, in mancanza di un esplicito provvedimento dello Stato membro, la direttiva si applica ai contratti esistenti.

51.

La documentazione di adesione pertinente, come ammesso dall’agente della Slovenia in udienza, non contiene alcuna esclusione dell’applicabilità della direttiva 2000/35 ( 19 ). Pertanto, in virtù degli articoli 2 e 54 dell’Atto di adesione, per quanto riguarda la Slovenia, il termine di trasposizione della direttiva 2000/35 è scaduto il 1o maggio 2004 e non era applicabile alcuna deroga in relazione a detta direttiva.

52.

La regola di cui all’articolo 6, paragrafo 3, lettera b), è del pari rilevante per operare una distinzione rispetto al diritto derivato oggetto della causa Ynos. La direttiva 93/13 in discussione in quella causa prevedeva, all’articolo 10, paragrafo 1, che detta direttiva si applicava solo per il futuro ai contratti conclusi dopo la scadenza del termine di trasposizione (che per un nuovo Stato membro era la data di adesione, nella fattispecie il 1o maggio 2004). Ciò è in realtà l’opposto dell’articolo 6, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2000/35, poiché quest’ultima si applica ai contratti conclusi prima della scadenza del termine di trasposizione della direttiva ( 20 ).

53.

Pertanto, dal combinato disposto dell’articolo 6, paragrafi 1 e 3, lettera b), della direttiva 2003/35 e dell’Atto di adesione risulta che, alla data di adesione della Slovenia all’Unione, la direttiva 2000/35 è divenuta immediatamente applicabile ai contratti esistenti conclusi prima di tale data, compreso il contratto di locazione oggetto del presente procedimento. Pertanto, concludo che, a decorrere dal 1o maggio 2004, la direttiva 2000/35 è divenuta applicabile ratione temporis al caso di specie.

54.

In definitiva, sono dell’avviso che la Corte sia competente a rispondere alle questioni sottopostele dal giudice nazionale.

B – Terza questione pregiudiziale

55.

Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la regola ne ultra alterum tantum sia compatibile con la direttiva 2000/35. Analogamente a quanto sostenuto dai governi sloveno e lettone nelle loro osservazioni scritte, nonché dal governo sloveno e dalla Commissione in udienza, ritengo che detta regola sia compatibile con la direttiva 2000/35.

56.

Come la Corte ha già rilevato in passato ( 21 ), e come ha espressamente riconosciuto la Commissione all’udienza tenutasi nel presente procedimento, la direttiva 2000/35 è uno strumento di armonizzazione minima.

57.

Pertanto, detta direttiva riguarda solo elementi selezionati e quindi limitati relativi ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, in particolare gli aspetti concernenti i) gli interessi moratori, ii) la riserva di proprietà e iii) le procedure di recupero dei crediti non contestati.

58.

Per quanto riguarda le regole relative agli interessi moratori, l’articolo 3, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2000/35 è una disposizione piuttosto dettagliata concernente il livello minimo di tali interessi e le relative modalità di calcolo. Tuttavia, la direttiva 2000/35 non contiene disposizioni che vietino di imporre un limite massimo al cumulo degli interessi.

59.

Pertanto, ritengo che la decisione se fissare o meno siffatto limite rimanga di competenza degli Stati membri, purché essi rispettino il duplice requisito di equivalenza e di effettività ( 22 ).

60.

Il principio di equivalenza vieta, in sostanza, la discriminazione tra ricorsi fondati sul diritto nazionale e analoghi ricorsi fondati sul diritto dell’Unione. In altri termini, il trattamento di diritti conferiti dal diritto dell’Unione non deve essere meno favorevole rispetto a quello di analoghi diritti conferiti dal diritto nazionale.

61.

I fatti del caso di specie non sollevano problematiche circa la conformità della regola ne ultra alterum tantum al suddetto principio. Nessuna delle parti ha sollevato questioni a tale riguardo.

62.

Il requisito di effettività osta a che gli Stati membri rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio di diritti conferiti dal diritto dell’Unione.

63.

Certamente, si potrebbe sostenere che l’obiettivo generale di effettività nel contrasto ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali sarebbe più esteso se non si ponessero limiti al cumulo degli interessi di mora. È evidente che, una volta raggiunto il limite massimo, il debitore non sia ulteriormente incentivato ad adempiere. L’importo degli interessi semplicemente cessa di aumentare.

64.

Tuttavia, applicando questa logica, si potrebbe rimettere in discussione qualsiasi norma nazionale o pretendere che ne venga creata una nuova. Ad esempio, l’effetto utile di una direttiva intesa a contrastare i ritardi di pagamento non si rafforzerebbe anche qualora fosse reintrodotta la carcerazione del debitore ( 23 ), il quale sarebbe automaticamente condannato a un pena detentiva in caso di ritardo di pagamento? Sarebbe un modo piuttosto efficace per costringere l’interessato e/o i suoi parenti a pagare rapidamente.

65.

Gli esempi paradossali aiutano a comprendere meglio l’esigenza di fissare limiti ragionevoli al requisito potenzialmente illimitato dell’effettività. A mio parere, detto requisito deve essere limitato in due casi: l’impossibilità o la reale eccessiva difficoltà. Ritengo che la regola ne ultra alterum tantum non soddisfi siffatti criteri. A tale proposito, assumono particolare rilevanza due aspetti.

66.

In primo luogo, nello spazio normativo nazionale, che non è stato toccato dall’armonizzazione minima della direttiva 2000/35, la regola ne ultra alterum tantum esprime una determinata scelta legislativa circa la ripartizione dei costi dei ritardi di pagamento tra creditori e debitori. Detta regola riflette una visione sociale della distribuzione degli oneri al momento della riscossione forzata. Di per sé, tale scelta non appare arbitraria né insolita. Infatti, talune modalità di limitazione degli interessi all’importo del debito principale possono essere fatte risalire già al diritto romano ( 24 ).

67.

Inoltre, si potrebbe ritenere che la regola ne ultra alterum tantum assicuri un certo equilibrio tra la garanzia di pagamenti rapidi e altri interessi o valori. Di norma, i ritardi di pagamento sono sempre dovuti, per principio, all’impossibilità o alla mancanza di volontà di pagare da parte del debitore. Tuttavia, l’inerzia del creditore può aggravare il debito accumulato. Pertanto, una regola come quella del ne ultra alterum tantum induce il creditore a far valere prontamente i propri diritti. In effetti, una regola analoga è riscontrabile anche in contesti diversi in altri ordinamenti giuridici nazionali. Ad esempio, i codici civili austriaco e ceco limitano la possibilità per il creditore di ottenere interessi moratori superiori all’importo principale del debito in relazione al periodo precedente alla controversia, qualora egli non si attivi tempestivamente per il recupero del credito ( 25 ).

68.

In secondo luogo, come suggerito dal governo sloveno, una regola nazionale come quella del ne ultra alterum tantum non deve essere valutata isolatamente, bensì nel contesto di altri strumenti pertinenti di diritto nazionale nel cui ambito opera la norma del massimale.

69.

Tali strumenti contemplano, tra l’altro, la possibilità di chiedere al debitore il risarcimento del danno effettivamente subito (se tale danno è superiore all’importo degli interessi dovuti per il pagamento tardivo). Infatti, mentre l’azione per ottenere gli interessi moratori è stata generalmente «considerata un sistema pratico per consentire al creditore di ottenere il risarcimento dei danni che in genere subisce, senza doverli dimostrare specificamente» ( 26 ), ciò non significa necessariamente che il creditore non possa chiedere un risarcimento superiore agli interessi maturati. L’esistenza di tale possibilità dipende dal diritto nazionale applicabile e spetta al giudice nazionale valutarla. Tuttavia, come ha spiegato il governo sloveno in udienza, certamente il diritto sloveno consente al creditore di chiedere il risarcimento integrale ed effettivo dei danni subiti.

70.

Inoltre, qualora il danno subito dal creditore sia imputabile a difetti di funzionamento del sistema giudiziario, compresi ritardi indebiti e procedimenti di durata eccessiva, un’azione risarcitoria nei confronti dello Stato può rappresentare un altro possibile rimedio ( 27 ).

71.

Per tali motivi, suggerisco alla Corte di rispondere alla terza questione posta dal giudice del rinvio dichiarando che la direttiva 2000/35 non osta a una norma di diritto nazionale che fissa un limite massimo agli interessi moratori corrispondente all’importo del debito principale.

C – Prima e seconda questione pregiudiziale

72.

Come osservato in precedenza, qualora la Corte rispondesse in senso negativo alla terza questione posta dal giudice nazionale, non occorrerebbe rispondere alla prima e alla seconda questione. Supponendo che la direttiva 2000/35 non osti alla regola ne ultra alterum tantum, la domanda del ricorrente non potrebbe essere accolta nemmeno se fosse accertato che il rapporto giuridico scaturente dal contratto di locazione rientra nell’ambito di applicazione di detta direttiva. Qualora, invece, la Corte concludesse che la direttiva 2000/35 osta alla regola in questione, le prime due questioni pregiudiziali diverrebbero rilevanti.

73.

In questa sezione saranno analizzate congiuntamente la prima e la seconda questione, entrambe dirette ad accertare se il ricorrente, concludendo il contratto di locazione, abbia agito in qualità di «impresa» ai sensi della direttiva 2000/35, considerato che l’oggetto di tale contratto esula dall’ambito della sua autorizzazione nazionale. In siffatto contesto, il giudice del rinvio invita espressamente la Corte a rispondere alla seconda questione pregiudiziale tenendo conto del fatto che l’operazione di cui trattasi era di natura economica e che il ricorrente ha rilasciato apposita fattura.

74.

Ai sensi del suo articolo 1, la direttiva 2000/35 si applica ad «ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale». Per stabilire se l’operazione oggetto del contratto di locazione rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2000/35 occorre dunque precisare la nozione di «transazione commerciale», che a sua volta utilizza la nozione di «impresa».

75.

Esaminerò queste due nozioni [rispettivamente nelle sezioni a) e b)] prima di valutare se un’autorizzazione nazionale all’esercizio di una determinata attività sia rilevante ai fini della definizione di impresa [sezione c)]. Infine, svolgerò alcune osservazioni conclusive circa la natura giuridica dell’altra parte del contratto di locazione, ossia l’Associazione dei vigili del fuoco volontari [sezione d)].

a) La nozione di «transazione commerciale»

76.

L’articolo 2, punto 1, primo comma, della direttiva 2000/35 definisce la «transazione commerciale» come un contratto «tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni che comport[a] la consegna di merci o la prestazione di servizi, contro pagamento di un prezzo».

77.

Tale definizione è composta dai seguenti elementi: i) le parti del contratto devono essere imprese o un’impresa e una pubblica amministrazione, ii) deve esservi una consegna di merci o una prestazione di servizi e iii) deve esservi un pagamento per tali beni o servizi.

78.

Non vi è dubbio che il contratto di locazione soddisfi le condizioni ii) e iii). È stato prestato un servizio, ossia la locazione dell’autocisterna. È stato concordato e infine pagato un prezzo per detto servizio. Rimane quindi da stabilire se sia parimenti soddisfatta la condizione i). È evidente che il ricorrente non sia una pubblica amministrazione, ma può essere qualificato come «impresa»?

b) La nozione di «impresa»

79.

L’impresa è definita all’articolo 2, punto 1, terzo comma, della direttiva 2000/35 come «ogni soggetto esercente un’attività economica organizzata o una libera professione, anche se svolta da una sola persona» ( 28 ).

80.

Affinché sussista un’«impresa» ai sensi della direttiva 2000/35, i) la persona in questione deve essere qualificata come soggetto che esercita un’attività e ii) l’attività deve essere un’attività economica organizzata o una libera professione.

81.

Rilevo che l’articolo 2, punto 1, terzo comma, della direttiva 2000/35 fa espressamente riferimento a «ogni soggetto», compresi quelli costituiti da una sola persona, esercente un’attività economica organizzata o una libera professione.

82.

Il testo della suddetta disposizione indica dunque che la nozione di «soggetto» deve essere intesa nel senso che si riferisce non a una specifica forma giuridica, bensì all’esercizio di un’attività strutturata e continuativa. In tale senso, la persona in questione deve organizzarsi per svolgere un’attività commerciale continuativa e duratura.

83.

Analogamente a quanto dichiarato dalla Corte in un diverso contesto, la struttura di tale soggetto può essere limitata alla sua più semplice espressione, poiché in alcuni settori un’«attività [può fondarsi] essenzialmente sulla manodopera» ( 29 ).

84.

Il fatto che il ricorrente abbia emesso una fattura per il servizio prestato in esecuzione del contratto di locazione costituisce, a mio avviso, un elemento importante atto ad indicare che egli ha agito nell’esercizio di un’attività economica organizzata.

85.

Per quanto riguarda la natura del contratto di locazione, essa era chiaramente economica, in quanto l’autocisterna è stata fornita dal ricorrente all’Associazione dei vigili del fuoco volontari in cambio di un prezzo. Vi è stato, o avrebbe dovuto esservi, un passaggio di denaro.

86.

Pertanto, prima facie, la definizione di «transazione commerciale» di cui all’articolo 2, punto 1, terzo comma, della direttiva 2000/35 appare soddisfatta.

c) Rilevanza dell’autorizzazione nazionale

87.

Tuttavia, il giudice del rinvio si preoccupa del fatto che l’oggetto del contratto di locazione esula dall’ambito dell’autorizzazione nazionale del ricorrente. Il governo sloveno e la Commissione deducono da tale circostanza che il ricorrente non può essere qualificato come «impresa» ai sensi della direttiva 2000/35. Essi suggeriscono, in sostanza, che l’esatta portata dell’autorizzazione nazionale dovrebbe essere decisiva per la definizione di «impresa» ai fini della direttiva 2000/35.

88.

Non condivido questa tesi, essenzialmente per due ragioni.

89.

In primo luogo, la suddetta definizione di «impresa» non contiene alcun riferimento alle leggi degli Stati membri. Si tratta infatti di una nozione autonoma di diritto dell’Unione, che deve essere articolata indipendentemente dai sistemi nazionali di autorizzazione o registrazione ( 30 ).

90.

In secondo luogo, la definizione autonoma di diritto dell’Unione nel caso di specie persegue un ulteriore obiettivo, piuttosto importante: la prevedibilità delle transazioni commerciali che ricadono nell’ambito di applicazione della menzionata direttiva. Se la portata della nozione di «impresa» ai sensi di detta direttiva dovesse dipendere da quella dell’autorizzazione all’esercizio di talune attività commerciali rilasciata in forza della legge nazionale, ciò di fatto obbligherebbe le parti contrattuali a verificare ogni volta se la controparte concluda il contratto nell’ambito o meno della sua attività ai sensi del diritto interno. La frammentazione giuridica che ne conseguirebbe non sarebbe solo indesiderabile in sé, ma anche estremamente onerosa nella pratica commerciale, specialmente nelle operazioni transfrontaliere.

91.

Per tali motivi, ritengo che la portata dell’autorizzazione nazionale non sia decisiva ai fini della definizione di «impresa» ai sensi della direttiva 2000/35. Tuttavia, ciò non significa che l’esistenza di un sistema nazionale di registrazione o autorizzazione sia del tutto irrilevante. Essa può però comportare solo la presunzione che la parte abbia agito nell’ambito della sua attività economica o professionale.

92.

In altri termini, se il contratto di locazione fosse rientrato nell’ambito dell’autorizzazione nazionale del ricorrente, ciò avrebbe costituito la presunzione che quest’ultimo agisse nell’esercizio di un’attività economica autonoma. Al contrario, invece, il fatto che l’oggetto del contratto esulasse dall’ambito dell’autorizzazione del ricorrente non esclude che quest’ultimo possa essere qualificato come impresa, purché ricorrano le suddette condizioni autonome di cui all’articolo 2, punto 1, della direttiva 2000/35.

93.

Per scrupolo di completezza, aggiungo che le situazioni che a mio avviso non sono coperte dalla nozione di «impresa» ai sensi della direttiva 2000/35 riguardano persone che svolgono occasionalmente operazioni di un’attività che potrebbe essere qualificata «economica». Pur avendo natura economica, tali operazioni non possono essere considerate un’attività commerciale strutturata o continuativa.

94.

Passando al caso di specie, la locazione di un’autocisterna può essere ritenuta parte delle attività commerciali complessive e continuative del ricorrente. Sarebbe invece difficile considerare alla stessa stregua, ad esempio, la vendita da parte del ricorrente di dolci per bambini al mercato domenicale del festival scolastico annuale. Analogamente, un aiuto alla manutenzione di un giardino, prestato ad un vicino da un professionista che opera in un settore diverso dal giardinaggio, in cambio di un invito a prendere un tè e magari anche una fetta di torta difficilmente potrebbe essere considerato rientrante nell’attività commerciale strutturata e continuativa di detto professionista.

95.

In altri termini, le persone svolgono vari tipi di operazioni di natura economica, ma solo alcune di esse costituiscono parte delle loro attività commerciali strutturate e continuative. Per valutare se l’operazione considerata sia parte di detta attività commerciale strutturata e continuativa, il giudice del rinvio deve tenere conto di tutti gli elementi di prova rilevanti atti a confermare o a smentire siffatta conclusione.

96.

Spetta al giudice nazionale applicare tale orientamento generale alle circostanze del caso di specie. Tuttavia, i fatti presentati alla Corte, vale a dire che l’operazione di cui trattasi potrebbe essere ragionevolmente reputata parte di una più ampia attività economica indipendente, strutturata e continuativa esercitata dal ricorrente, per la quale è stata rilasciata una fattura, mi inducono a ritenere che quest’ultimo, allorché ha stipulato il contratto di locazione, potesse essere considerato nel senso che agiva in qualità di «impresa» ai sensi della direttiva 2000/35.

97.

Alla luce dei suesposti rilievi, sono dell’avviso che la definizione autonoma di «impresa» di cui all’articolo 2, punto 1, della direttiva 2000/35 comprenda le persone che svolgono un’attività economica indipendente, o un’attività professionale, strutturata e continuativa. La questione se una singola operazione di tale attività, quale la conclusione di un contratto, rientrasse esattamente nell’ambito del sistema nazionale di registrazione o autorizzazione non è decisiva ai fini di detta definizione. Tuttavia, il fatto che l’interessato abbia agito nell’ambito dell’autorizzazione o registrazione nazionale comporta la presunzione che egli abbia agito nell’esercizio della sua attività economica o professionale. L’esistenza di un fattura costituisce del pari un elemento atto a indicare che l’interessato ha agito nell’ambito di un’attività economica strutturata e continuativa.

d) La natura dell’Associazione dei vigili del fuoco volontari

98.

A titolo di postilla, rilevo che la prima e la seconda questione pregiudiziale sono incentrate sulla nozione di «impresa» ai sensi della direttiva 2000/35 solo in relazione al ricorrente. Tuttavia, la questione se il rapporto scaturente dal contratto di locazione possa essere qualificato come «transazione commerciale» a norma di detta direttiva dipende, in definitiva, anche dallo status dell’altra parte contraente, ossia l’Associazione dei vigili del fuoco volontari.

99.

Come osservato in precedenza, conformemente alla direttiva 2000/35 costituisce «transazione commerciale» un contratto «tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni». Per quanto riguarda la definizione della seconda nozione, la direttiva 2000/35 menziona «qualsiasi amministrazione o ente, quali definiti dalle direttive sugli appalti pubblici».

100.

Le richiamate direttive sugli appalti pubblici definiscono l’«amministrazione aggiudicatrice» come «lo Stato, gli enti locali, gli organismi di diritto pubblico, le associazioni costituite da detti enti od organismi di diritto pubblico». Per «organismo di diritto pubblico» si intende, a norma delle direttive applicabili, qualsiasi organismo «istituito per soddisfare specificatamente bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale, e avente personalità giuridica, e la cui attività è finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti locali o da organismi di diritto pubblico, oppure la cui gestione è soggetta al controllo di questi ultimi, oppure il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza è costituito da membri più della metà dei quali è designata dallo Stato, dagli enti locali o da altri organismi di diritto pubblico» ( 31 ).

101.

Alla luce di tali criteri, spetta al giudice del rinvio accertare quale fosse esattamente la natura giuridica dell’Associazione dei vigili del fuoco volontari all’epoca dei fatti al fine di stabilire se sussistesse o meno una «transazione commerciale» ai sensi dell’articolo 2, punto 1, della direttiva 2000/35.

V – Conclusione

102.

Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere come segue alle questioni poste dal Vrhovno sodišče Republike Slovenije (Corte Suprema della Repubblica di Slovenia):

Questioni 1 e 2:

L’articolo 2, punto 1, della direttiva 2000/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 giugno 2000, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, deve essere interpretato nel senso che contiene una definizione autonoma della nozione di «impresa» nella quale rientrano le persone che svolgono un’attività economica indipendente, o un’attività professionale, strutturata e continuativa. La questione se una singola operazione di tale attività, quale un singolo contratto, rientri nell’ambito del regime nazionale di registrazione o autorizzazione non è decisiva ai fini di tale definizione autonoma. Tuttavia, il fatto che il contraente abbia agito nell’ambito della registrazione o autorizzazione nazionale comporta una presunzione nel senso che il medesimo abbia agito nell’esercizio della sua attività economica o professionale. L’esistenza di una fattura costituisce del pari un elemento atto ad indicare che il contraente ha agito nell’ambito di un’attività strutturata e continuativa.

Questione 3:

La direttiva 2000/35 deve essere interpretata nel senso che non osta a una norma di diritto nazionale che fissa un limite massimo per gli interessi moratori corrispondente all’importo del debito principale.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 giugno 2000 (GU 2000, L 200, pag. 35). Detta direttiva è stata abrogata con effetto dal 16 marzo 2013 e sostituita con la sua versione rifusa: la direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio 2011 (GU 2011, L 48, pag. 1).

( 3 ) (GU 2003, L 236).

( 4 ) Con l’espressione «parzialmente eseguito» mi riferisco al fatto che il ricorrente ha adempiuto la sua obbligazione fornendo l’autocisterna all’Associazione dei vigili del fuoco volontari, mentre detta associazione non ha adempiuto la propria pagando il prezzo della locazione dell’autocisterna.

( 5 ) Sentenza del 10 gennaio 2006, Ynos (C‑302/04, EU:C:2006:9).

( 6 ) Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993 (GU 1993, L 95, pag. 29).

( 7 ) Sentenza del 10 gennaio 2006, Ynos (C‑302/04, EU:C:2006:9, punti da 36 a 38).

( 8 ) V. anche ordinanze del 5 novembre 2014, VG Vodoopskrba d.o.o. za vodoopskrbu i odvodnju (C‑254/14, EU:C:2014:2354, punti 1011); del 3 aprile 2014, Pohotovosť (C‑153/13, EU:C:2014:1854, punti da 23 a 25); dell’8 novembre 2012, SKP (C‑433/11, EU:C:2012:702, punti da 35 a 37); del 6 marzo 2007, Ceramika Paradyż (C‑168/06, EU:C:2007:139, punti da 20 a 25), e del 9 febbraio 2006, Lakép e a. (C‑261/05, EU:C:2006:98, punti da 17 a 20).

( 9 ) Sentenza del 26 settembre 1996, Data Delecta e Forsberg (C‑43/95, EU:C:1996:357).

( 10 ) Sentenza del 2 ottobre 1997, Saldanha e MTS (C‑122/96, EU:C:1997:458).

( 11 ) Sentenza del 2 ottobre 1997, Saldanha e MTS (C‑122/96, EU:C:1997:458, punto 14). V. anche sentenza del 13 settembre 2001, Schieving-Nijstad e a. (C‑89/99, EU:C:2001:438, punti 4950). V. altresì conclusioni dell’avvocato generale Cosmas nella causa Andersson e Wåkerås‑Andersson (C‑321/97, EU:C:1999:9, in particolare paragrafi 61 e segg.), in cui si discute dell’applicabilità temporale del diritto dell’Unione in riferimento alla questione se la situazione in esame si sia definitivamente consolidata prima dell’adesione.

( 12 ) V. anche le seguenti decisioni non esaminate dettagliatamente nelle presenti conclusioni: sentenze del 30 novembre 2000, Österreichischer Gewerkschaftsbund (C‑195/98, EU:C:2000:655, punto 55); del 7 febbraio 2002, Kauer (C‑28/00, EU:C:2002:82, punti da 42 a 59), e del 18 aprile 2002, Duchon (C‑290/00, EU:C:2002:234, punti da 44 a 46). V. altresì sentenza del 29 gennaio 2002, Pokrzeptowicz-Meyer (C‑162/00, EU:C:2002:57 punti da 50 a 57 e giurisprudenza ivi citata).

( 13 ) V. altresì Kaleda, S.L., «Immediate Effect of Community Law in the New Member States: Is there a Place for a Consistent Doctrine?» (2004) 10 ELJ 102, o Półtorak, N., «Ratione Temporis Application of the Preliminary Rulings Procedure», 2008, vol. 45, (CMLRev), pag. 1357.

( 14 ) Sentenza del 14 giugno 2007, Telefónica O2 Czech Republic (C‑64/06, EU:C:2007:348). V. altresì conclusioni dell’avvocato generale Ruiz Jarabo Colomer nella medesima causa, paragrafo 32, nonché sentenza del 22 dicembre 2010, Bezpečnostní softwarová asociace (C‑393/09, EU:C:2010:816, punti da 22 a 27).

( 15 ) Sentenza del 15 aprile 2010, CIBA (C‑96/08, EU:C:2010:185, punti da 13 a 15). V. altresì sentenza del 24 novembre 2011, Circul Globus Bucureşti (C‑283/10, EU:C:2011:772, punto 29).

( 16 ) Direttiva 76/207/CEE del Consiglio, del 9 febbraio 1976, relativa all’attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro (GU 1976, L 39, pag. 40).

( 17 ) Sentenza del 12 settembre 2013, Kuso (C‑614/11, EU:C:2013:544, punto 30). V. anche sentenza del 3 settembre 2014, X (C‑318/13, EU:C:2014:2133, punti da 21 a 24).

( 18 ) V., ad esempio, sentenza del 14 febbraio 2012, Toshiba Corporation e a. (C‑17/10, EU:C:2012:72, punto 47). V. altresì sentenza del 12 novembre 1981, Meridionale Industria Salumi e a. (da 212/80 a 217/80, EU:C:1980:270, punto 9).

( 19 ) Sembra quindi infondata la tesi contraria sostenuta dalla convenuta nel procedimento principale (v. supra, paragrafo 18).

( 20 ) Tali differenze tra le norme che disciplinano l’applicazione nel tempo di specifici strumenti di diritto derivato confermano l’importanza di distinguere chiaramente tra l’approccio generale all’applicabilità nel tempo del diritto dell’Unione e le norme specifiche eventualmente contenute in un determinato strumento di diritto derivato, come esposto supra ai paragrafi 23 e 24 delle presenti conclusioni.

( 21 ) Sentenza dell’11 settembre 2008, Caffaro (C‑265/07, EU:C:2008:496, punti da 14 a 16). V. anche sentenze del 26 ottobre 2006, Commissione/Italia (C‑302/05, EU:C:2006:683, punto 23), e del 3 aprile 2008, 01051 Telecom (C‑306/06, EU:C:2008:187, punto 21), nonché conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa IOS Finance (C‑555/14, EU:C:2016:341, paragrafo 36).

( 22 ) V. per analogia, sentenza del 19 luglio 2012, Littlewoods Retail e a. (C‑591/10, EU:C:2012:478, punto 31 e giurisprudenza citata). V. altresì ordinanza del 17 luglio 2014, Delphi Hungary Autóalkatrész Gyártó (C‑654/13, EU:C:2014:2127, punto 35), e sentenza del 18 aprile 2013, Irimie (C‑565/11, EU:C:2013:250, punto 23).

( 23 ) Trattandosi di un argumentum ad absurdum meramente illustrativo, si possono tralasciare le possibili implicazioni sotto il profilo dei diritti umani della reintroduzione di «Marshalsea», segnatamente alla luce dell’articolo 1 del quarto protocollo addizionale della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Per un parallelo letterario, v. Charles Dickens, Little Dorrit (Penguin Classics, 2004).

( 24 ) Il codice giustinianeo, CJ.1.2.17.3, prevedeva che «se una delle cose sopra menzionate viene omessa, il creditore e acquirente perde la proprietà, il credito e il prezzo pagato, e chi ha effettuato uno scambio perde sia quanto ha dato sia quanto ha ricevuto; chiunque abbia ricevuto una proprietà mediante enfiteusi (locazione di lunga durata) per la durata della sua vita o mediante donazione o alienazione, deve restituire quanto ha ricevuto e pagare un’ulteriore somma pari a quanto gli è stato dato» [«reddit quod accepit et alterum tantum eius, quanti est quod datum fuerit». Traduzione in inglese consultabile in Blume, F.H., The Annotated Justinian Code, ed. Kearley (seconda edizione), all’indirizzo http://www.uwyo.edu/lawlib/blume-justinian/ajc-edition-/books/book1/index.html. Un’espressione più antica di un concetto analogo si può trovare in Ulpiano, Ulp. D. 12, 6, 26, 1., «Supra duplum autem usurae et usurarum usurae nec in stipulatum deduci, nec exigi possunt, et solutae repetuntur», in Zimmermann, R., The Law of Obligations: Roman Foundations of the Civilian Tradition (Oxford University Press, 1996), pag. 169. Per un esame di tale regola, compresa la sua successiva applicazione nel Medio Evo, v. ad esempio, Jörs, P., Römisches Recht: Römisches Privatrecht. Abriss des Römisches Zivilprozessrechts (Springer-Verlag, 2013), pag. 183, o Honsell, H., Römisches Recht (Springer-Verlag, 2010), pag. 95.

( 25 ) V. articolo 1335 del codice civile austriaco (ABGB): «Hat der Gläubiger die Zinsen ohne gerichtliche Einmahnung bis auf den Betrag der Hauptschuld steigen lassen, so erlischt das Recht, vom Kapital weitere Zinsen zu fordern. Vom Tag der Streitanhängigkeit an können jedoch neuerdings Zinsen verlangt werden». V. anche articolo 1805, paragrafo 2, del codice civile ceco (Občanský zákoník, legge n. 89/2012 Sb.), a norma del quale il creditore che ometta di far valere tempestivamente i propri diritti non può ottenere interessi moratori superiori all’importo del debito principale in relazione al periodo precedente alla controversia.

( 26 ) Zimmermann, R., «Interest for Delay in Payment for Money» in Gullifer, Vogenauer (ed.) English and European Perspectives on Contract and Commercial Law: Essays in Honour of Hugh Beale, Hart Publishing, Oxford e Portland, 2014, pag. 329.

( 27 ) Esaminando la questione nel contesto più ampio di altri rimedi disponibili e del funzionamento di un sistema giudiziario in quanto tale, sembrerebbe che la limitazione degli interessi possa perseguire anche un altro obiettivo: tutelare il debitore non contro l’inerzia del creditore, bensì contro l’«inerzia giudiziaria» dello Stato membro riguardo a problemi strutturali del sistema giudiziario che determinano l’eccessiva durata dei procedimenti. La questione connessa della legittimità della traslazione indiretta di parte di tali «costi» sui creditori è interessante, ma certamente estranea all’ambito della presente domanda di pronuncia pregiudiziale.

( 28 ) Occorre rilevare che le definizioni di «transazione commerciale» e «impresa» sono rimaste immutate nella direttiva rifusa 2011/7, la quale ha solo ulteriormente specificato che l’«impresa» è un soggetto diverso dalle «pubbliche amministrazioni».

( 29 ) V., per analogia, sentenza del 10 dicembre 1998, Hernández Vidal e a. (C‑127/96, C‑229/96 e C‑74/97, EU:C:1998:594, punto 27). V. altresì sentenza del 6 settembre 2011, Scattolon (C‑108/10, EU:C:2011:542, punto 49 e giurisprudenza citata).

( 30 ) V., in tal senso, sentenze del 3 dicembre 2015, Pfotenhilfe-Ungarn (C‑301/14, EU:C:2015:793, punto 24 e giurisprudenza citata), e del 5 dicembre 2013, Vapenik (C‑508/12, EU:C:2013:790, punto 23 e giurisprudenza citata).

( 31 ) Articolo 1, lettera b), della direttiva 92/50/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi (GU 1992, L 209, pag. 1); articolo 1, lettera b), della direttiva 93/36/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture (GU 1993, L 199, pag. 1); articolo 1, lettera b), della direttiva 93/37/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori (GU 1993, L 199, pag. 54); articolo 1, punto 1), della direttiva 93/38/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni (GU 1993, L 199, pag. 84). Tali direttive sono state abrogate dalla direttiva 2004/17/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali (GU 2004, L 134, pag. 1) e dalla direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU 2004, L 134, pag. 114). V. rispettivamente articoli 2, paragrafo 1, lettera a), e 1, paragrafo 9, di dette direttive. Esse sono state nel frattempo abrogate dalla direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (GU 2014, L 94, pag. 65), e dalla direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE (GU 2014, L 94, pag. 243).