SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata)
13 dicembre 2018 ( *1 )
«Concorrenza – Abuso di posizione dominante – Mercato slovacco dei servizi di telecomunicazione a banda larga – Accesso da parte di imprese terze alla “rete locale” dell’operatore storico in tale mercato – Decisione che constata una violazione dell’articolo 102 TFUE e dell’articolo 54 dell’accordo SEE – Infrazione unica e continuata – Nozione di “abuso” – Rifiuto di accesso – Compressione dei margini – Calcolo della compressione dei margini – Criterio del concorrente altrettanto efficiente – Diritti della difesa – Imputazione alla società controllante dell’infrazione commessa dalla sua controllata – Influenza determinante della società controllante sulla politica commerciale della controllata – Esercizio effettivo – Onere della prova – Calcolo dell’importo dell’ammenda – Orientamenti per il calcolo dell’importo delle ammende del 2006»
Nella causa T‑851/14,
Slovak Telekom, a.s., con sede a Bratislava (Slovacchia), rappresentata da D. Geradin, avvocato, e R. O’Donoghue, QC,
ricorrente,
contro
Commissione europea, rappresentata inizialmente da M. Farley, L. Malferrari e G. Koleva, successivamente da M. Farley, M. Kellerbauer, L. Malferrari e C. Vollrath, in qualità di agenti,
convenuta,
sostenuta da
Slovanet, a.s., con sede a Bratislava, rappresentata da P. Tisaj, avvocato,
interveniente,
avente ad oggetto una domanda basata sull’articolo 263 TFUE e diretta, in via principale, all’annullamento per la parte che riguarda la ricorrente, della decisione C(2014) 7465 final della Commissione, del 15 ottobre 2014, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 102 TFUE e dell’articolo 54 dell’accordo SEE (Caso AT.39523 – Slovak Telekom), come rettificata dalla decisione C(2014) 10119 final della Commissione, del 16 dicembre 2014, e dalla decisione C(2015) 2484 final della Commissione, del 17 aprile 2015, e, in subordine, alla riduzione dell’importo dell’ammende inflitta alla ricorrente,
IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata),
composto da M. van der Woude, facente funzione di presidente, S. Gervasoni, L. Madise, R. da Silva Passos (relatore) e K. Kowalik‑Bańczyk, giudici,
cancelliere: N. Schall, amministratrice
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 26 aprile 2018,
ha pronunciato la seguente
Sentenza ( 1 )
I. Fatti
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1 |
La ricorrente, Slovak Telekom, a.s., è l’operatore storico delle telecomunicazioni in Slovacchia. La Deutsche Telekom AG, operatore storico del settore delle telecomunicazioni in Germania e società a capo del gruppo Deutsche Telekom, a decorrere dal 4 agosto 2000 e per tutto il periodo pertinente ai fini della presente controversia, ha detenuto una partecipazione del 51% nel capitale della ricorrente. L’altra quota del capitale della ricorrente era detenuta dal Ministero dell’Economia della Repubblica slovacca, nella misura del 34%, e dal Fondo del patrimonio nazionale della Repubblica slovacca, nella misura del 15%. |
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2 |
Il 15 ottobre 2014 la Commissione europea ha adottato la decisione C(2014) 7465 final, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 102 TFUE e dell’articolo 54 dell’accordo SEE (caso AT.39523 – Slovak Telekom), rettificata dalla decisione C(2014) 10119 final, del 16 dicembre 2014, e dalla decisione C(2015) 2484 final, del 17 aprile 2015, destinata alla ricorrente e alla Deutsche Telekom (in prosieguo: la «decisione impugnata»). La Deutsche Telekom, il 24 dicembre 2014, ha proposto un ricorso, con il quale essa chiede parimenti l’annullamento della decisione impugnata (causa T‑827/14). |
A. Contesto tecnologico, fattuale e normativo della decisione impugnata
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3 |
La ricorrente, succeduta indirettamente all’impresa pubblica delle Poste e Telecomunicazioni, venuta meno nel 1992, è il più grande operatore di telecomunicazioni e fornitore di servizi di accesso a banda larga in Slovacchia. Il monopolio legale di cui beneficiava nel mercato slovacco delle telecomunicazioni è cessato nel 2000. La ricorrente offre una gamma completa di servizi dati e di servizi vocali, e detiene e gestisce reti fisse in rame e in fibra ottica nonché una rete mobile di telecomunicazioni. Le reti in rame e mobile coprono la quasi totalità del territorio della Slovacchia. |
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4 |
La decisione impugnata si riferisce a pratiche anticoncorrenziali nel mercato slovacco dei servizi Internet a banda larga. Essa riguarda, in sostanza, le condizioni fissate dalla ricorrente per l’accesso disaggregato di altri operatori alla rete locale in rame, in Slovacchia, tra il 2005 e il 2010. |
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5 |
Per rete locale si intende il circuito fisico a coppia elicoidale metallica della rete (denominato anche linea), che collega il punto terminale della rete presso i locali dell’abbonato al ripartitore principale, o ad altro dispositivo equivalente della rete telefonica pubblica fissa. |
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6 |
L’accesso disaggregato alla rete locale consente ai nuovi operatori – denominati solitamente «operatori alternativi», per distinguerli dagli operatori storici delle reti di telecomunicazioni – di utilizzare l’infrastruttura di telecomunicazioni già esistente e appartenente a tali operatori storici al fine di offrire diversi servizi agli utenti finali, in concorrenza con gli operatori storici. Fra i vari servizi di telecomunicazioni che possono essere forniti agli utenti finali tramite la rete locale figura la trasmissione dei dati a banda larga per un accesso fisso a Internet e per le applicazioni multimediali a partire dalla tecnologia a linea digitale d’abbonato (Digital Subscriber Line o DSL). |
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7 |
L’accesso disaggregato alla rete locale è disciplinato a livello dell’Unione, in particolare, dal regolamento (CE) n. 2887/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, relativo all’accesso disaggregato alla rete locale (GU 2000, L 336, pag. 4), e dalla direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (GU 2002, L 108, pag. 33). Il regolamento n. 2887/2000 imponeva agli operatori «aventi un rilevante potere di mercato», di concedere l’accesso alle reti locali il cui accesso è disaggregato (unbundled local loop o ULL) e di pubblicare un’offerta di riferimento per la disaggregazione. Tali disposizioni sono state attuate nella Repubblica slovacca dal Zákon z 3. decembra 2003 č. 610/2003 Z.z. o elektronických komunikáciách v znení neskorších predpisov (Legge n. 610/2003, del 3 dicembre 2003, relativa alle comunicazioni elettroniche), come modificata, entrata in vigore, con alcune eccezioni, il 1o gennaio 2004. |
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In sostanza, tale quadro normativo obbligava l’operatore individuato dall’autorità di regolamentazione nazionale come l’operatore munito di un rilevante potere di mercato (in genere, l’operatore storico) ad accordare agli operatori alternativi l’accesso disaggregato alla sua rete locale e ai servizi connessi a condizioni trasparenti, eque e non discriminatorie e a tenere aggiornata un’offerta di riferimento per tale accesso disaggregato. L’autorità di regolamentazione nazionale era tenuta a vigilare affinché la fissazione dei prezzi per l’accesso disaggregato alla rete locale, rispondente ai costi, promuovesse una concorrenza leale e sostenibile. A tal fine, l’autorità di regolamentazione nazionale poteva imporre in particolare modifiche dell’offerta di riferimento. |
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9 |
Al termine di un’analisi di mercato, l’autorità di regolamentazione nazionale slovacca per le telecomunicazioni (in prosieguo: il «TUSR») ha adottato, l’8 marzo 2005, la decisione di primo grado n. 205/14/2005, nella quale ha designato la ricorrente quale operatore avente un rilevante potere sul mercato all’ingrosso per l’accesso disaggregato alla rete locale, ai sensi del regolamento n. 2887/2000. Il TUSR ha imposto, di conseguenza, alla ricorrente vari obblighi, tra cui quello di presentargli un’offerta di riferimento entro 60 giorni. Tale decisione, contestata dalla ricorrente, è stata confermata dal presidente del TUSR il 14 giugno 2005. In applicazione di tale decisione di conferma, la ricorrente era tenuta ad accogliere tutte le richieste di accesso disaggregato della rete locale considerate ragionevoli e giustificate al fine di consentire ad operatori alternativi di utilizzare tale rete per offrire i propri servizi nel «mercato al dettaglio di massa (o grande pubblico)» dei servizi a banda larga da postazione fissa in Slovacchia. La decisione del 14 giugno 2005 ha inoltre ingiunto alla ricorrente di pubblicare tutte le modifiche previste per l’offerta di riferimento per la disaggregazione almeno 45 giorni prima e di sottoporle al TUSR. |
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La ricorrente ha pubblicato la sua offerta di riferimento per la disaggregazione il 12 agosto 2005 (in prosieguo: l’«offerta di riferimento»). Detta offerta, che è stata modificata nove volte tra tale data e la fine del 2010, definisce le condizioni tecniche e contrattuali di accesso alla rete locale della ricorrente. Nel mercato all’ingrosso, la ricorrente fornisce accesso alle reti locali il cui accesso è disaggregato presso o nelle adiacenze di un ripartitore principale, sul quale l’operatore alternativo che chiede l’accesso ha sviluppato la propria rete principale. |
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Secondo la decisione impugnata, il sistema della rete locale della ricorrente, che poteva essere utilizzato per fornire servizi a banda larga dopo la disaggregazione delle linee interessate di tale operatore, copriva il 75,7% di tutte le famiglie slovacche durante il periodo compreso tra il 2005 e il 2010. Tale copertura si estendeva a tutte le reti locali situate nella rete di accesso metallica della ricorrente che poteva essere utilizzata per trasmettere un segnale a banda larga. Tuttavia, nel corso dello stesso periodo, solo pochissime reti locali della ricorrente sono state oggetto di accesso disaggregato, a decorrere dal 18 dicembre 2009, e sono state utilizzate solo da un operatore alternativo per la prestazione di servizi al dettaglio ad altissima velocità a favore di imprese. |
B. Procedimento dinanzi alla Commissione
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12 |
La Commissione ha avviato d’ufficio un’indagine relativa, in particolare, alle condizioni di accesso disaggregato alla rete locale della ricorrente. In seguito alle richieste di informazioni inviate agli operatori alternativi il 13 giugno 2008 e a un accertamento senza preavviso presso la sede della ricorrente tra il 13 e il 15 gennaio 2009, la Commissione, l’8 aprile 2009, ha deciso di avviare un procedimento nei confronti di tale operatore ai sensi dell’articolo 2 del regolamento (CE) n. 773/2004, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli [101 TFUE] e [102 TFUE] (GU 2004, L 123, pag. 18). |
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13 |
L’indagine è proseguita con richieste di informazioni supplementari inviate agli operatori alternativi e al TUSR, nonché con un accertamento annunciato presso la sede della ricorrente, il 13 e 14 luglio 2009. |
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14 |
La ricorrente, in diversi documenti di riflessione inviati alla Commissione tra l’11 agosto 2009 e il 31 agosto 2010, ha precisato che non vi era, a suo avviso, alcun motivo per ritenere che essa avesse violato l’articolo 102 TFUE nel caso di specie. |
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Nell’ambito dell’indagine la ricorrente si è opposta alla comunicazione di informazioni risalenti al periodo precedente al 1o maggio 2004, data di adesione della Repubblica slovacca all’Unione. Essa ha proposto un ricorso di annullamento, da un lato, contro la decisione C(2009) 6840 della Commissione, del 3 settembre 2009, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, e dell’articolo 24, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 TFUE e 102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), e, dall’altro, contro la decisione C(2010) 902 della Commissione, dell’8 febbraio 2010, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, e dell’articolo 24, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003. Con sentenza del 22 marzo 2012, Slovak Telekom/Commissione (T‑458/09 e T‑171/10, EU:T:2012:145), il Tribunale ha respinto i ricorsi proposti contro tali decisioni. |
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16 |
Il 13 dicembre 2010, a seguito di richieste di informazioni inviate alla Deutsche Telekom, la Commissione ricorrente, ha deciso di avviare nei suoi confronti un procedimento ai sensi dell’articolo 2 del regolamento n. 773/2004. |
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17 |
Il 7 maggio 2012, la Commissione ha indirizzato alla ricorrente una comunicazione degli addebiti. Tale comunicazione degli addebiti è stata inviata alla Deutsche Telekom il giorno successivo. In tale comunicazione degli addebiti la Commissione concludeva, in via preliminare, che la ricorrente si era resa potenzialmente colpevole di una violazione dell’articolo 102 TFUE a causa di una pratica che comportava la compressione dei margini per quanto riguarda l’accesso disaggregato alle reti locali del suo sistema e l’accesso a banda larga all’ingrosso a livello nazionale e regionale per i suoi concorrenti, nonché a causa di un rifiuto di accesso agli operatori alternativi a determinati prodotti all’ingrosso. Essa concludeva inoltre, in via preliminare, che la Deutsche Telekom era potenzialmente responsabile di tale infrazione, nella sua qualità di società controllante della ricorrente durante il periodo dell’infrazione. |
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18 |
Dopo aver ottenuto l’accesso al fascicolo d’indagine la ricorrente e la Deutsche Telekom hanno risposto ciascuna alla comunicazione degli addebiti il 5 settembre 2012. Si è poi svolta un’audizione il 6 e 7 novembre del medesimo anno. |
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19 |
Il 21 giugno 2013 la ricorrente ha presentato alla Commissione una proposta di impegni, intesi a rispondere alle sue obiezioni dal punto di vista del diritto della concorrenza, e ha chiesto alla stessa di adottare una decisione di accettazione degli impegni ai sensi dell’articolo 9 del regolamento n. 1/2003, anziché una decisione di divieto. La Commissione ha ritenuto, tuttavia, tali impegni insufficienti e ha deciso, quindi, di proseguire il procedimento. |
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20 |
La Commissione ha inviato alla ricorrente e alla Deutsche Telekom, rispettivamente il 6 dicembre 2013 e il 10 gennaio 2014, una lettera di esposizione dei fatti, per consentire loro di presentare osservazioni sugli elementi di prova supplementari raccolti in seguito all’invio della comunicazione degli addebiti. La Commissione ha dichiarato che tali elementi di prova, ai quali la ricorrente e la Deutsche Telekom avevano avuto accesso, avrebbero potuto essere utilizzati in un’eventuale decisione finale. |
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La ricorrente e la Deutsche Telekom hanno risposto alla lettera di esposizione dei fatti, rispettivamente, il 21 febbraio e il 6 marzo 2014. |
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La Commissione, nel corso di riunioni tenutesi con la ricorrente, il 16 settembre 2014, e con la Deutsche Telekom, il 29 settembre 2014, ha fornito loro informazioni sulla decisione che prevedeva di adottare in base all’articolo 7 del regolamento n. 1/2003. |
C. Decisione impugnata
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Nella decisione impugnata la Commissione ritiene che l’impresa costituita dalla ricorrente e dalla Deutsche Telekom abbia commesso una violazione unica e continuata dell’articolo 102 TFUE e dell’articolo 54 dell’accordo SEE concernente i servizi a banda larga in Slovacchia per il periodo compreso tra il 12 agosto 2005 e il 31 dicembre 2010 (in prosieguo: il «periodo in questione»). |
1. Definizione dei mercati rilevanti e posizione dominante della ricorrente in tali mercati
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Nella decisione impugnata la Commissione individua due mercati di prodotti interessati, ossia:
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Il mercato geografico di cui trattasi comprende, secondo la decisione impugnata, l’intero territorio della Slovacchia. |
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La Commissione constata che, nel periodo in questione, la ricorrente ha detenuto una posizione di monopolio nel mercato all’ingrosso per l’accesso disaggregato alle reti locali e che non vi era alcuna pressione diretta sotto forma di concorrenza reale o potenziale o alcun potere d’acquisto compensativo che limitasse l’egemonia di tale società nel mercato. La ricorrente beneficiava, pertanto, di una posizione dominante in tale mercato durante il periodo di cui trattasi. La Commissione constata inoltre che la ricorrente beneficiava di una posizione dominante, durante tale periodo, nel mercato di massa al dettaglio (o grande pubblico) per i servizi a banda larga da postazione fissa. |
2. Comportamento della ricorrente
a) Rifiuto di fornire un accesso disaggregato alle reti locali della ricorrente
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27 |
La Commissione rileva, nella prima parte della sua analisi, intitolata «Rifiuto di fornitura», che, sebbene più operatori alternativi avessero un forte interesse a che fosse loro accordato l’accesso alle reti locali della ricorrente per competere con essa nel mercato al dettaglio dei servizi a banda larga, tale operatore, nell’offerta di riferimento, ha fissato modalità e condizioni inique al fine di rendere tale accesso inaccettabile. La ricorrente avrebbe quindi ritardato, complicato o impedito l’ingresso nel mercato al dettaglio dei servizi a banda larga. |
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La Commissione sottolinea, a tal riguardo che, sotto un primo profilo, l’accesso disaggregato alla rete locale da parte di un operatore alternativo presuppone che quest’ultimo ottenga previamente informazioni sufficienti e adeguate sulla rete dell’operatore storico. Tali informazioni devono consentire all’operatore alternativo in questione di valutare le sue opportunità commerciali e di elaborare adeguati piani aziendali per i futuri servizi al dettaglio basati sull’accesso disaggregato alla rete locale. Orbene, nel caso di specie, l’offerta di riferimento non avrebbe rispettato tale obbligo di informazione degli operatori alternativi. |
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Pertanto, nonostante i requisiti fissati dal quadro normativo pertinente (v. supra, punti 7 e 8), tale offerta di riferimento non fornirebbe informazioni di base relative all’ubicazione dei punti di accesso fisici e alla disponibilità delle reti locali in parti specifiche della rete. Gli operatori alternativi avrebbero avuto accesso a tali informazioni solo su richiesta e dietro pagamento di un diritto, entro cinque giorni a decorrere dalla data di entrata in vigore di un accordo di riservatezza con la ricorrente, e unicamente dopo la costituzione di una garanzia bancaria. La Commissione ritiene, in sostanza, che tali requisiti abbiano indebitamente ritardato e complicato la comunicazione delle informazioni pertinenti agli operatori alternativi e, in tal modo, dissuaso detti operatori dall’accedere alle reti locali della ricorrente. |
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Anche in caso di accesso su richiesta, la Commissione ritiene che le informazioni trasmesse dalla ricorrente fossero insufficienti. La ricorrente non avrebbe comunicato, in particolare, informazioni sulla disponibilità delle sue reti locali, anche se tali informazioni erano essenziali per consentire agli operatori alternativi di sviluppare in tempo i loro piani aziendali e di determinare il potenziale commerciale della disaggregazione. La Commissione ritiene che la ricorrente avrebbe dovuto comunicare non solo l’elenco dei ripartitori principali e di risorse simili, ma anche la descrizione della loro copertura geografica, informazioni sulle serie di numeri telefonici serviti da tali unità, l’utilizzo effettivo dei cavi (in percentuale) per le tecnologie DSL, il livello di attuazione del sistema di modulazione a impulsi codificati (pulse code modulation o PCM) riguardante i cavi collegati ai vari ripartitori principali, i nomi o le funzioni dei ripartitori e il modo in cui sono utilizzati nelle regolamentazioni tecniche e metodologiche della ricorrente, o la lunghezza massima delle reti locali omogenee. Del resto, la ricorrente sarebbe stata ben consapevole del problema causato agli operatori alternativi da tali condizioni di accesso alle informazioni e dalla portata limitata di queste ultime. La Commissione rileva inoltre che, sebbene la ricorrente abbia pubblicato solo nel maggio 2009un modello di domanda di disaggregazione che doveva essere presentato dagli operatori alternativi, l’offerta di riferimento per la disaggregazione prevedeva fin dall’inizio l’imposizione di sanzioni finanziarie nel caso in cui la domanda di accesso fosse stata considerata incompleta. |
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Sotto un secondo profilo, secondo la decisione impugnata, la ricorrente ha limitato ingiustificatamente la portata del proprio obbligo in materia di accesso disaggregato alle sue reti locali. |
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Pertanto, in primo luogo, la ricorrente avrebbe indebitamente escluso da tale obbligo le linee «passive», ossia le linee che, pur esistendo fisicamente, non erano utilizzate. Procedendo in questo modo, la ricorrente si sarebbe riservata una quantità significativa di potenziali clienti che non acquistavano ancora i suoi servizi a banda larga, sebbene fossero serviti dalla sua rete, nonostante il quadro normativo pertinente non prevedesse alcuna limitazione dell’obbligo di disaggregazione alle sole linee attive e tale mercato fosse in piena crescita. La limitazione applicata dalla ricorrente, secondo la Commissione, non era giustificata da alcun motivo tecnico oggettivo. |
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33 |
In secondo luogo, la ricorrente avrebbe escluso ingiustificatamente dal suo obbligo in materia di disaggregazione i servizi che essa ha qualificato come «servizi in conflitto», ossia servizi che essa poteva proporre e che potevano essere in conflitto con l’accesso di un operatore alternativo alla rete locale. Oltre al fatto che concetto stesso di servizi in conflitto sarebbe vago, l’elenco di tali servizi, redatto unilateralmente dalla ricorrente, sarebbe aperto e, pertanto, fonte di incertezza per gli operatori alternativi. Tale limitazione avrebbe privato gli operatori alternativi di un gran numero di potenziali clienti, riservati alla ricorrente e, di conseguenza, ritirati dal mercato al dettaglio. |
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34 |
In terzo luogo, la Commissione rileva la natura ingiustificata della norma imposta dalla ricorrente nell’offerta di riferimento, secondo cui solo il 25% delle reti locali contenute in un cavo a coppie multiple poteva essere utilizzato per la prestazione di servizi a banda larga, al fine di evitare il parassitismo e le interferenze. Tale norma non sarebbe giustificata, in quanto avrebbe natura generale e astratta e non terrebbe conto, pertanto, delle caratteristiche dei cavi e della combinazione concreta delle tecniche di trasmissione. La Commissione rileva, a tal riguardo, che la prassi in altri Stati membri dimostra l’esistenza di alternative a tali limitazioni di accesso astratte e a monte, come il principio di un uso del cavo al 100% cumulato con la gestione a posteriori di tutti i problemi pratici derivanti dalle interferenze dello spettro. Infine, la ricorrente avrebbe applicato a se stessa una norma di utilizzo massimo del cavo del 63%, meno rigorosa di quella che imponeva agli operatori alternativi. |
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35 |
Infine, sotto un terzo profilo, la ricorrente avrebbe fissato nell’offerta di riferimento varie clausole e condizioni inique concernenti l’accesso disaggregato alle sue reti locali. |
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36 |
A tal riguardo, in primo luogo, secondo la decisione impugnata, la ricorrente ha inserito nell’offerta di riferimento clausole e condizioni inique relative alla co‑ubicazione, definita in tale offerta come «la messa a disposizione dello spazio fisico e delle attrezzature tecniche necessarie per l’adeguata collocazione delle apparecchiature di telecomunicazione del fornitore autorizzato ai fini della prestazione di servizi agli utenti finali del fornitore autorizzato attraverso un accesso alla rete locale». L’ostacolo creato in tal modo agli operatori alternativi risultava più in particolare dai seguenti elementi: i) le condizioni fissavano un esame preliminare delle possibilità di co‑ubicazione che non era obiettivamente necessario; ii) gli operatori alternativi potevano contestare la determinazione della forma di co‑ubicazione decisa dalla ricorrente solo contro pagamento di costi supplementari; iii) la scadenza del periodo di prenotazione dopo la notifica all’operatore alternativo del parere riguardante l’esito dell’esame preliminare o dell’esame dettagliato, senza la conclusione di un accordo sulla co‑ubicazione, comportava che il procedimento di esame preliminare o di esame dettagliato dovesse essere interamente ripreso; iv) la ricorrente non era vincolata da alcun termine in caso di esami dettagliati supplementari derivanti da negoziazioni, e aveva il diritto di revocare, senza fornire spiegazioni e senza conseguenze giuridiche, una proposta di accordo di co‑ubicazione durante il periodo di accettazione della proposta da parte degli operatori alternativi entro i termini stabiliti; v) la ricorrente non si impegnava in merito ad alcun calendario preciso per l’attuazione della co‑ubicazione; vi) la ricorrente imponeva unilateralmente tariffe per la co‑ubicazione sleali e non trasparenti. |
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37 |
In secondo luogo, la Commissione rileva che, secondo l’offerta di riferimento, gli operatori alternativi erano tenuti a presentare previsioni di domande di qualificazione della rete locale con dodici mesi di anticipo per ogni spazio di co‑ubicazione, mese dopo mese, prima di poter presentare una domanda di qualificazione per l’accesso alla rete locale corrispondente. Orbene, la Commissione ritiene che tale obbligo imponga agli operatori alternativi di presentare previsioni in un momento in cui essi non sono in grado di valutare le loro esigenze in termini di accesso disaggregato. Essa critica, inoltre, il fatto che la violazione delle condizioni di previsione comportasse il pagamento di sanzioni pecuniarie, nonché il carattere vincolante dell’obbligo di previsione e l’assenza di termini di risposta, per la ricorrente, a una domanda di qualificazione in caso di non conformità di tale domanda alla stima in termini di volume. |
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38 |
In terzo luogo, la Commissione ritiene che la procedura obbligatoria di qualificazione, che doveva consentire agli operatori alternativi di stabilire se una rete locale specifica fosse adeguata per la tecnologia DSL o qualsiasi altra tecnologia a banda larga che essi avrebbero potuto avere intenzione di utilizzare prima di effettuare un ordine fermo di disaggregazione, era tale da dissuadere tali operatori dal chiedere un accesso disaggregato alle reti locali della ricorrente. Pertanto, pur riconoscendo la necessità di accertare l’adeguatezza delle reti locali per l’accesso disaggregato o le condizioni preliminari essenziali per la disaggregazione di una linea specifica, la Commissione dichiara che la separazione di tale procedura di qualificazione dalla domanda stessa di accesso alla rete locale ha inutilmente ritardato la disaggregazione e ha causato costi supplementari per gli operatori alternativi. Inoltre, diversi aspetti esaminati nella procedura di qualificazione sarebbero superflui. La Commissione rileva inoltre la natura ingiustificata del periodo di validità limitato a dieci giorni della qualificazione di una rete locale, oltre il quale una domanda di accesso non poteva più essere presentata. |
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39 |
In quarto luogo, secondo la decisione impugnata, l’offerta di riferimento della ricorrente avrebbe incluso condizioni svantaggiose per quanto riguarda le riparazioni, l’assistenza e la manutenzione, a causa: i) della mancanza di una definizione appropriata delle opere «pianificate» e «non pianificate», ii) della mancanza di chiarezza della distinzione tra «opere non pianificate» e semplici «difetti», che può dar luogo a comportamenti ingiustificati da parte della ricorrente, iii) dei termini assai brevi previsti per informare un operatore alternativo di siffatte opere, e per trasmettere tali informazioni ai clienti di quest’ultimo e, infine, iv) del trasferimento all’operatore alternativo della responsabilità per le interruzioni del servizio causate da una riparazione qualora tale operatore fosse ritenuto poco collaborativo. |
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40 |
In quinto luogo, la Commissione ritiene sleali diverse modalità e condizioni riguardanti la garanzia bancaria richiesta a qualsiasi operatore alternativo che intenda concludere con la ricorrente un accordo di co‑ubicazione e, in definitiva, ottenere l’accesso alle sue reti locali. In tal senso, anzitutto, la ricorrente beneficerebbe di un potere discrezionale troppo ampio per accettare o rifiutare una garanzia bancaria e non sarebbe soggetta al rispetto di alcun termine al riguardo. Inoltre, l’importo della garanzia, fissato in EUR 66387,84, sarebbe sproporzionato rispetto ai rischi e ai costi sostenuti dalla ricorrente. Ciò sarebbe tanto più vero in quanto l’offerta di riferimento consentiva alla ricorrente di richiedere un aumento di tale garanzia qualora essa vi avesse fatto ricorso, e l’importo iniziale della garanzia bancaria poteva essere moltiplicato fino a dodici volte. Inoltre, la ricorrente avrebbe potuto ricorrere alla garanzia bancaria per coprire non solo il mancato pagamento dei servizi effettivi dalla stessa forniti, ma anche qualsiasi richiesta di risarcimento che quest’ultima poteva presentare. Del resto, la Slovak Telekom sarebbe stata in grado di attivare la garanzia bancaria senza dover dimostrare che aveva messo inizialmente in mora il debitore, debitore che non poteva inoltre opporsi a tale richiesta di garanzia. Infine, la Commissione sottolinea che gli operatori alternativi non beneficiano di garanzie analoghe, anche se rischiano di subire perdite derivanti dal comportamento della ricorrente per l’accesso disaggregato alle reti locali. |
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41 |
La Commissione conclude che questi aspetti del comportamento della ricorrente, considerati nel loro insieme, hanno costituito un rifiuto da parte di tale operatore di fornire un accesso disaggregato alle sue reti locali. |
b) Compressione dei margini degli operatori alternativi nel contesto della fornitura dell’accesso disaggregato alle reti locali della ricorrente
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42 |
In una seconda parte della sua analisi del comportamento della ricorrente la Commissione considera l’esistenza di una compressione dei margini, determinata dal comportamento di tale operatore per quanto riguarda l’accesso disaggregato alle sue reti locali, costitutiva di una forma autonoma di abuso di posizione dominante. Pertanto, la differenza tra i prezzi praticati dalla ricorrente per la concessione di tale accesso a operatori alternativi e i prezzi applicati ai propri clienti sarebbe stata negativa o insufficiente per consentire a un operatore efficiente quanto la ricorrente di coprire i costi specifici che quest’ultima doveva sostenere per la fornitura dei propri prodotti o servizi nel mercato a valle, ossia il mercato al dettaglio. |
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43 |
Nel caso di uno scenario in cui il portafoglio di servizi considerato comprenda unicamente i servizi a banda larga, la Commissione osserva che un concorrente altrettanto efficiente sarebbe stato in grado, attraverso un accesso disaggregato alle reti locali della ricorrente, di replicare l’intera offerta DSL al dettaglio della ricorrente quale si è evoluta nel tempo. Orbene, l’approccio cosiddetto «periodo per periodo» (anno per anno), al fine di calcolare i margini (ossia il calcolo dei margini disponibili per ogni anno nel corso del periodo compreso tra il 2005 e il 2010), dimostrerebbe che un concorrente efficiente quanto la ricorrente presentava margini negativi e, pertanto, non poteva riprodurre in modo redditizio il portafoglio di servizi a banda larga offerto dalla ricorrente nel mercato al dettaglio. |
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44 |
Nel caso di uno scenario in cui il portafoglio esaminato comprenda servizi di telefonia vocale in aggiunta a servizi a banda larga tramite un accesso completo alla rete locale, la Commissione giunge anche alla constatazione che un concorrente efficiente quanto la ricorrente non avrebbe potuto, a causa dei prezzi praticati da quest’ultima nel mercato a monte dell’accesso disaggregato, esercitare attività in modo redditizio nel mercato al dettaglio rilevante nel periodo compreso tra il 2005 e il 2010. Un concorrente altrettanto efficiente non avrebbe potuto pertanto riprodurre in modo redditizio, durante lo stesso periodo, il portafoglio offerto dalla ricorrente. L’aggiunta, a siffatto portafoglio di riferimento, dei servizi multi‑play, disponibili a partire dal 2007, non modificherebbe tale constatazione. |
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45 |
Poiché né la ricorrente né la Deutsche Telekom avrebbero presentato, nel corso del procedimento amministrativo, una giustificazione oggettiva per il loro comportamento di esclusione, la Commissione conclude che il comportamento della ricorrente, durante il periodo in questione, deve essere considerato una compressione abusiva dei margini. |
3. Analisi degli effetti anticoncorrenziali del comportamento della ricorrente
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46 |
La Commissione ritiene che questi due tipi di comportamento della ricorrente, ossia il rifiuto di fornire un accesso disaggregato alla rete locale e la compressione dei margini degli operatori alternativi, potessero impedire agli operatori alternativi di basarsi su un accesso disaggregato per entrare nel mercato al dettaglio di massa (o grande pubblico) in Slovacchia per i servizi a banda larga da postazione fissa. Tali comportamenti, secondo la decisione impugnata, hanno reso la concorrenza su tale mercato meno efficace, in quanto non esisteva una reale alternativa redditizia per gli operatori concorrenti a un accesso all’ingrosso a banda larga alla tecnologia DSL basata sulla disaggregazione delle reti locali. L’impatto del comportamento della ricorrente sulla concorrenza sarebbe stato tanto più accentuato in quanto il mercato al dettaglio dei servizi a banda larga presentava un forte potenziale di crescita durante il periodo in questione. |
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47 |
La Commissione aggiunge, in sostanza, che, conformemente alla nozione di «scala degli investimenti», tale blocco dell’accesso disaggregato alla rete locale ha privato gli operatori alternativi di una fonte di reddito che avrebbe consentito loro di effettuare ulteriori investimenti nella rete, in particolare sviluppando la propria rete di accesso al fine di collegarvi direttamente i propri clienti. |
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48 |
La Commissione conclude che il comportamento anticoncorrenziale della ricorrente nel mercato di massa (o grande pubblico) dei servizi a banda larga da postazione fissa in Slovacchia poteva avere effetti negativi sulla concorrenza e, data la sua copertura geografica corrispondente a tutto il territorio della Slovacchia, ha potuto incidere sugli scambi tra gli Stati membri. |
4. Destinatari della decisione impugnata e ammende
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49 |
Secondo la decisione impugnata, la Deutsche Telekom, per tutto il periodo in questione, non solo era in grado di esercitare un’influenza determinante sulla politica commerciale della ricorrente, ma ha esercitato effettivamente tale influenza. Poiché la ricorrente e la Deutsche Telekom fanno parte della stessa impresa, sono ritenute entrambe responsabili della violazione unica e continuata dell’articolo 102 TFUE che costituisce oggetto della decisione impugnata. |
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50 |
Per quanto riguarda la sanzione di tale infrazione, la Commissione precisa di aver fissato l’importo delle ammende con riferimento ai principi sanciti nei suoi orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «orientamenti del 2006»). |
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51 |
La Commissione calcola anzitutto l’importo di base dell’ammenda fondandosi sul 10% del fatturato realizzato dalla ricorrente nel mercato dell’accesso disaggregato alla rete locale e della banda larga al dettaglio per i servizi fissi durante l’ultimo anno intero della sua partecipazione all’infrazione, nel caso di specie il 2010, e moltiplicando la cifra in tal modo ottenuta per 5,33, per tener conto della durata dell’infrazione (cinque anni e quattro mesi). L’importo di base ottenuto al termine di tale calcolo è pari a EUR 38838000. Si tratta della prima ammenda inflitta per l’infrazione in questione e per la quale la ricorrente e la Deutsche Telekom, a norma dell’articolo 2, primo comma, lettera a), della decisione impugnata, sono ritenute responsabili in solido. |
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52 |
La Commissione procede poi, a un duplice adeguamento di tale importo di base. In primo luogo, essa constata che, nel momento in cui è stata commessa l’infrazione in questione, la Deutsche Telekom era già stata ritenuta responsabile di una violazione dell’articolo 102 TFUE, a causa di una compressione dei margini nel settore delle telecomunicazioni, nella decisione 2003/707/CE, del 21 maggio 2003, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 82 [CE] (Casi COMP/37.451, 37.578, 37.579 – Deutsche Telekom AG) (GU 2003, L 263, pag. 9), e che, all’epoca dell’adozione di tale decisione, la Deutsche Telekom deteneva già il 51% delle quote della ricorrente ed era in grado di esercitare un’influenza determinante su quest’ultima. Pertanto, la Commissione conclude che, per la Deutsche Telekom, l’importo di base dell’ammenda deve essere aumentato del 50% a titolo di recidiva. In secondo luogo, la Commissione constata che il fatturato mondiale della Deutsche Telekom ammontava, nel 2013, a EUR 60,123 miliardi e che, per attribuire all’ammenda inflitta alla Deutsche Telekom un effetto sufficientemente dissuasivo, occorre applicare all’importo di base un coefficiente moltiplicatore di 1,2. Il risultato di questo duplice adeguamento dell’importo di base, ossia EUR 31070000, conformemente all’articolo 2, primo comma, lettera b), della decisione impugnata, dà luogo a un’ammenda distinta inflitta unicamente alla Deutsche Telekom. |
5. Dispositivo della decisione impugnata
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53 |
Gli articoli 1 e 2 della decisione impugnata così recitano: «Articolo 1 1. L’impresa composta dalla Deutsche Telekom AG e dalla Slovak Telekom a.s. ha commesso una violazione unica e continuata dell’articolo 102 del Trattato e dell’articolo 54 dell’accordo SEE. 2. L’infrazione è durata dal 12 agosto 2005 al 31 dicembre 2010 ed è consistita nelle seguenti pratiche:
Articolo 2 Per l’infrazione di cui all’articolo 1, sono inflitte le seguenti ammende:
(…)». |
II. Procedimento e conclusioni delle parti
[omissis]
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71 |
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
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72 |
La Commissione e l’interveniente chiedono che il Tribunale voglia:
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III. In diritto
[omissis]
B. Nel merito
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91 |
La ricorrente deduce cinque motivi a sostegno tanto della sua domanda principale, diretta all’annullamento della decisione impugnata, quanto della sua domanda in subordine, diretta alla riduzione dell’importo dell’ammenda ad essa inflitta. Il primo motivo verte su errori manifesti di valutazione e di diritto nell’applicazione dell’articolo 102 TFUE per quanto riguarda il comportamento abusivo della ricorrente, il secondo, sulla violazione dei diritti della difesa della ricorrente per quanto riguarda la valutazione della prassi che determina la compressione dei margini, il terzo, su errori commessi nella constatazione di tale prassi, il quarto, su un errore in cui è incorsa la Commissione quando ha concluso che la ricorrente e la Deutsche Telekom facevano parte di un’impresa unica e che erano entrambe responsabili per l’infrazione di cui trattasi e, il quinto, su errori nella determinazione dell’importo dell’ammenda. |
1. Sul primo motivo, vertente su errori manifesti di valutazione e di diritto nell’applicazione dell’articolo 102 TFUE per quanto riguarda il comportamento abusivo della ricorrente
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92 |
A sostegno del suo primo motivo, la ricorrente contesta, in sostanza, il criterio giuridico applicato dalla Commissione nella decisione impugnata per constatare che la sua pratica costituiva un abuso di posizione dominante ai sensi dell’articolo 102 TFUE. |
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93 |
Il primo motivo si articola, in sostanza, in cinque censure. La prima censura verte sulla mancata applicazione, da parte della Commissione, della condizione dell’indispensabilità dell’accesso alla rete DSL in rame della ricorrente per operare sul mercato al dettaglio dei servizi a banda larga in Slovacchia, conformemente alla sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569). La seconda censura verte su un’errata applicazione della sentenza del 9 settembre 2009, Clearstream/Commissione (T‑301/04, EU:T:2009:317). La terza censura riguarda l’incoerenza della decisione impugnata, in termini di politica della concorrenza, per quanto riguarda la prova relativa al rifiuto totale di accesso e al rifiuto implicito di accesso. La quarta censura attiene ad errori di fatto e di diritto, nonché a difetti di motivazione, nel giustificare la deroga alle condizioni stabilite dalla sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569). La quinta censura verte sulla mancata dimostrazione che l’accesso alla rete locale della ricorrente è indispensabile per i concorrenti presenti nel mercato a valle. |
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94 |
La Commissione e l’interveniente contestano dette censure e concludono per il rigetto del presente motivo. |
a) Sulla prima e sulla quinta censura
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95 |
Nell’ambito della prima e della quinta censura, la ricorrente contesta alla Commissione, in sostanza, di aver qualificato una serie di suoi comportamenti nel corso del periodo in questione, oggetto della parte VII della decisione impugnata (punti da 355 a 821), come «rifiuto di fornire» l’accesso alla sua rete locale senza aver verificato l’indispensabilità di tale accesso, conformemente al punto 41 della sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569). |
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96 |
Con la prima censura, la ricorrente rimette in discussione le constatazioni della Commissione contenute nei punti da 361 a 371 della decisione impugnata, secondo le quali le circostanze del caso di specie sono diverse da quelle che hanno dato luogo alla sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569). La ricorrente sottolinea che da tale sentenza deriva che un rifiuto di fornire l’accesso viola l’articolo 102 TFUE, in particolare, qualora tale rifiuto riguardi un prodotto o un servizio la cui cessione o fornitura è indispensabile per l’esercizio dell’attività in questione (in prosieguo: la «condizione dell’indispensabilità»). Orbene, la Commissione, nel caso di specie, avrebbe erroneamente omesso di esaminare l’indispensabilità dell’accesso alla rete della ricorrente per operare sul mercato al dettaglio dei servizi a banda larga in Slovacchia. Pertanto, la ricorrente contesta la conclusione della Commissione secondo la quale dalla sentenza del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige (C‑52/09, EU:C:2011:83) deriva che, in caso di rifiuto implicito di accesso, la Commissione non è tenuta a dimostrare che trovano applicazione le condizioni stabilite nella sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569), e in particolare la condizione dell’indispensabilità (punti 359 e seguenti della decisione impugnata). |
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97 |
A tal fine, dai punti da 55 a 58 della sentenza del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige (C‑52/09, EU:C:2011:83), letti congiuntamente, risulterebbe che la pratica di compressione dei margini costituisce un abuso autonomo con riferimento all’articolo 102 TFUE, che non richiede la prova preliminare dell’esistenza di un obbligo di vendita conforme alle condizioni fissate nella sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569). Orbene, poiché la Commissione ha ritenuto che il punto 55 della sentenza del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige (C‑52/09, EU:C:2011:83), non riguardasse solo la pratica di compressione dei margini, ma anche il rifiuto implicito di accesso, come quello di cui trattasi nel caso di specie, essa avrebbe tentato erroneamente di estendere notevolmente l’iter logico restrittivo di tale sentenza. |
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98 |
In particolare, secondo la ricorrente, sebbene risulti dalla sentenza del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige (C‑52/09, EU:C:2011:83), che la condizione dell’indispensabilità non è un requisito per tutti gli abusi collegati alle «condizioni commerciali» con riferimento all’articolo 102 TFUE, ciò non significa tuttavia che tale condizione non sia applicabile nel caso di un rifiuto di accesso. Infatti, la Corte non avrebbe dichiarato in nessun punto della sentenza del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige (C‑52/09, EU:C:2011:83), né in altre sentenze che la condizione dell’indispensabilità, enunciata nella sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569), è limitata ai casi di rifiuto totale di accesso. Al contrario, tale soluzione ridurrebbe l’effetto utile dell’articolo 102 TFUE. Anche se la sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569), verte su fatti relativi a un rifiuto totale di fornitura, la Corte avrebbe stabilito, in tale sentenza, i principi generali dell’obbligo di aiutare i concorrenti. |
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99 |
Per quanto riguarda le sentenze citate dalla Commissione nel controricorso, la ricorrente ritiene che tali sentenze costituiscano un nuovo approccio rispetto alla decisione impugnata. In ogni caso, in primo luogo, la sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569), avrebbe incorporato la sentenza del 6 marzo 1974, Istituto Chemioterapico Italiano e Commercial Solvents/Commissione (6/73 e 7/73, EU:C:1974:18), da cui risulterebbe che l’indispensabilità è un prerequisito giuridico. Pertanto, queste due sentenze sono compatibili. |
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100 |
In secondo luogo, la giurisprudenza citata dalla Commissione, ossia le sentenze del 14 febbraio 1978, United Brands e United Brands Continentaal/Commissione (27/76, EU:C:1978:22), e del 16 settembre 2008, Sot. Lélos kai Sia e a. (da C‑468/06 a C‑478/06, EU:C:2008:504), non si applicherebbe al caso di specie, in quanto, anzitutto, le censure dedotte nell’ambito di tali cause non riguardavano un rifiuto di vendita, ma il fatto che tale rifiuto fosse utilizzato come mezzo per provocare un’altra restrizione della concorrenza. Inoltre, tali sentenze non avrebbero avuto ad oggetto la vendita di una risorsa a concorrenti in un mercato a valle, ma la fornitura di un prodotto finito per la distribuzione o la rivendita. Infine, in tali cause, l’impresa in posizione dominante aveva deciso di interrompere la cessione di prodotti che essa forniva in precedenza ai clienti in questione, mentre, nel caso di specie, come nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569), i richiedenti l’accesso non sono mai stati precedentemente approvvigionati dall’impresa in posizione dominante. |
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101 |
In terzo luogo, la ricorrente ritiene, per quanto riguarda la giurisprudenza citata dalla Commissione e relativa al rifiuto di concedere una licenza su diritti di proprietà intellettuale, ossia le sentenze del 5 ottobre 1988, Volvo (238/87, EU:C:1988:477, punto 8), del 6 aprile 1995, RTE e ITP/Commissione (C‑241/91 P e C‑242/91 P, EU:C:1995:98, punto 50), e del 29 aprile 2004, IMS Health, C‑418/01, EU:C:2004:257, punto 35), che tale giurisprudenza sia in linea con la sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569), in quanto tale sentenza fa riferimento alla sentenza del 6 aprile 1995, RTE e ITP/Commissione (C‑241/91 P e C‑242/91 P, EU:C:1995:98), citata a sua volta nelle sentenze successive. Il fatto che condizioni più rigorose, in particolare il requisito che la risorsa sia indispensabile per fabbricare un «nuovo prodotto», possano essere richieste nelle cause in materia di proprietà intellettuale non implica che la Commissione possa annullare le condizioni stabilite nella sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569), nelle cause che non presentano alcun nesso con tale settore. |
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102 |
In quarto luogo, la ricorrente sostiene che, per quanto riguarda l’applicazione della sentenza del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige (C‑52/09, EU:C:2011:83), non vi è motivo di ritenere che la Corte intendesse limitare le condizioni stabilite nella sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569), alle circostanze particolari di tale caso di specie. Infatti, sussisterebbe una differenza tra il fatto di dichiarare, come è stato fatto nella sentenza del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige (C‑52/09, EU:C:2011:83), che le condizioni stabilite nella sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569), non sono applicabili a tutte le cause relative alle «condizioni commerciali», e il fatto di affermare, come sostiene la Commissione, che le condizioni stabilite nella sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569), non dovrebbero applicarsi in nessuna di tali cause. |
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103 |
In quinto luogo, le decisioni citate dalla Commissione non consentirebbero di avvalorare la sua tesi, dal momento che la sua analisi, contenuta nella decisione 2001/892/CE, del 25 luglio 2001, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 82 [CE] (COMP/C‑1/36.915 – Deutsche Post AG – Intercettazione di posta transfrontaliera) (GU 2001, L 331, pag. 40), si baserebbe sulla circostanza che la rete di distribuzione della Deutsche Post era indispensabile per i mittenti stabiliti nel Regno Unito. Il caso Polaroid/SSI Europe, citato come esempio di rifiuto implicito di accesso abusivo, non sarebbe pertinente nel caso di specie. |
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104 |
Con la quinta censura, la ricorrente fa valere che la decisione impugnata non dimostra che l’accesso alla sua rete locale è indispensabile per i concorrenti presenti a valle. A tal riguardo, dalla sentenza del 29 aprile 2004, IMS Health (C‑418/01, EU:C:2004:257, punto 28), deriverebbe che non è sufficiente dimostrare che le alternative sono meno vantaggiose per gli altri operatori, ma occorre dimostrare l’indispensabilità del sistema in questione, secondo la sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569). Infatti, l’obbligo di consentire l’accesso a un impianto sorgerebbe qualora il rifiuto di accesso abbia oggettivamente un effetto sufficientemente grave sulla concorrenza. |
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105 |
Inoltre, sarebbero irrilevanti le questioni esaminate dalla Commissione, nella sezione 7.3 della decisione impugnata e, in particolare, ai punti 382 e 384 della medesima, consistenti nell’accertare, da un lato, se la rete in rame della ricorrente fosse cruciale e, dall’altro, se l’efficace accesso all’ingrosso alla tecnologia DSL basata sulla rete locale fosse cruciale per gli operatori alternativi in Slovacchia. Così facendo, la Commissione sarebbe incorsa in un errore per quanto riguarda l’applicazione del criterio dell’indispensabilità. Infatti, spetterebbe alla Commissione esaminare se l’accesso alla rete locale sia indispensabile affinché i concorrenti della ricorrente possano competere sul mercato al dettaglio a valle, cosicché, in mancanza di tale accesso, detta concorrenza sarebbe impossibile o eccessivamente difficile. A tal fine, la maggior parte dell’accesso a banda larga si baserebbe su tecnologie diverse da quella della rete in rame della ricorrente, di modo che tale accesso non è indispensabile nel senso di impossibile o eccessivamente difficile. |
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106 |
La Commissione e l’interveniente contestano tali argomenti. |
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107 |
A tal riguardo, secondo una giurisprudenza costante, all’impresa che detiene una posizione dominante incombe la responsabilità particolare di non pregiudicare, con il suo comportamento, una concorrenza effettiva e leale nel mercato interno (v. sentenza del 6 settembre 2017, Intel/Commissione, C‑413/14 P, EU:C:2017:632, punto 135 e giurisprudenza ivi citata), in quanto occorre tener conto, a tal riguardo, della circostanza che siffatta posizione trae origine da un precedente monopolio legale (sentenza del 27 marzo 2012, Post Danmark, C‑209/10, EU:C:2012:172, punto 23). |
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108 |
È per tale ragione che l’articolo 102 TFUE vieta, in particolare, che un’impresa detentrice di una posizione dominante attui pratiche che hanno l’effetto di escludere i suoi concorrenti considerati altrettanto efficienti quanto l’impresa stessa, rafforzando la propria posizione dominante mediante il ricorso a mezzi diversi da quelli che sono propri di una concorrenza fondata sui meriti. Sotto tale profilo, non può essere considerata legittima qualsiasi concorrenza attuata mediante i prezzi (v. sentenza del 6 settembre 2017, Intel/Commissione, C‑413/14 P, EU:C:2017:632, punto 136 e giurisprudenza ivi citata). |
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109 |
È stato dichiarato, a tal riguardo, che lo sfruttamento abusivo di posizione dominante vietato dall’articolo 102 TFUE è una nozione oggettiva che riguarda i comportamenti di un’impresa in posizione dominante, i quali, su un mercato in cui, proprio in conseguenza della presenza dell’impresa in questione, il livello della concorrenza è già indebolito, abbiano l’effetto di impedire, mediante il ricorso a mezzi diversi da quelli che reggono una normale competizione fra i prodotti o i servizi in base alle prestazioni degli operatori economici, il mantenimento del livello di concorrenza ancora esistente sul mercato o lo sviluppo della medesima (v. sentenze del 19 aprile 2012, Tomra Systems e a./Commissione, C‑549/10 P, EU:C:2012:221, punto 17 e giurisprudenza ivi citata, e del 9 settembre 2009, Clearstream/Commissione, T‑301/04, EU:T:2009:317, punto 140 e giurisprudenza ivi citata). |
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110 |
L’articolo 102 TFUE riguarda non solo le pratiche che provocano un danno immediato ai consumatori, ma anche quelle che li danneggiano pregiudicando la sussistenza di una concorrenza effettiva (v., in tal senso, sentenze del 27 marzo 2012, Post Danmark, C‑209/10, EU:C:2012:172, punto 20 e giurisprudenza ivi citata, e del 29 marzo 2012, Telefónica e Telefónica de España/Commissione, T‑336/07, EU:T:2012:172, punto171). |
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111 |
L’effetto sulla situazione concorrenziale al quale viene fatto riferimento al precedente punto 109 non riguarda necessariamente l’effetto concreto del comportamento abusivo denunciato. Ai fini dell’accertamento di una violazione dell’articolo 102 TFUE, è necessario dimostrare che il comportamento abusivo dell’impresa in posizione dominante mira a restringere la concorrenza o, in altri termini, che è tale da poter avere un simile effetto (sentenza del 19 aprile 2012, Tomra Systems e a./Commissione, C‑549/10 P, EU:C:2012:221, punto 68; v. anche sentenze del 9 settembre 2009, Clearstream/Commissione, T‑301/04, EU:T:2009:317, punto 144 e giurisprudenza ivi citata, e del 29 marzo 2012, Telefónica e Telefónica de España/Commissione, T‑336/07, EU:T:2012:172, punto 268 e giurisprudenza ivi citata). |
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112 |
Inoltre, per quanto attiene al carattere abusivo di una pratica che comporta la compressione dei margini, occorre rilevare che l’articolo 102, secondo comma, lettera a), TFUE, vieta espressamente che un’impresa dominante imponga, in modo diretto o indiretto, prezzi non equi (sentenze del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige, C‑52/09, EU:C:2011:83, punto 25, e del 29 marzo 2012, Telefónica e Telefónica de España/Commissione, T‑336/07, EU:T:2012:172, punto 173). Poiché l’elenco delle pratiche abusive contenuto nell’articolo 102 TFUE non è tuttavia esaustivo, l’elencazione delle pratiche abusive contenute in tale disposizione non esaurisce le modalità di sfruttamento abusivo di posizione dominante vietate dal diritto dell’Unione (sentenze del 21 febbraio 1973, Europemballage e Continental Can/Commissione, 6/72, EU:C:1973:22, punto 26; del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige, C‑52/09, EU:C:2011:83, punto 26, e del 29 marzo 2012, Telefónica e Telefónica de España/Commissione, T‑336/07, EU:T:2012:172, punto 173). |
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113 |
Nel caso di specie, occorre precisare che gli argomenti presentati dalla ricorrente nel primo motivo riguardano solo il criterio giuridico applicato dalla Commissione, nella parte VII della decisione impugnata (punti da 355 a 821), al fine di qualificare una serie di comportamenti della ricorrente, durante il periodo in questione, come «rifiuto di fornitura». Per contro, la ricorrente non contesta l’esistenza stessa dei comportamenti constatati dalla Commissione in questa parte della decisione impugnata. Come emerge dai punti 2 e 1507 della decisione impugnata, tali comportamenti, che hanno contribuito all’individuazione, da parte della Commissione, di una violazione unica e continuata dell’articolo 102 TFUE (punto 1511 della decisione impugnata), sono consistiti, in primo luogo, in un occultamento agli operatori alternativi di informazioni relative alla rete della ricorrente, necessarie alla disaggregazione della rete locale di tale operatore, in secondo luogo, in una riduzione, da parte della ricorrente, dei suoi obblighi relativi alla disaggregazione derivanti dal quadro normativo applicabile e, in terzo luogo, nella fissazione, da parte di detto operatore, di varie clausole e condizioni inique nell’offerta di riferimento in materia di disaggregazione. |
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114 |
Peraltro, come confermato in udienza dalla ricorrente, il primo motivo non mira a rimettere in discussione l’analisi del comportamento consistito in una compressione dei margini effettuata dalla Commissione nella parte VIII della decisione impugnata (punti da 822 a 1045 della decisione impugnata). Infatti, nel suo ricorso, la ricorrente non contesta il fatto che questo tipo di comportamento costituisca una forma autonoma di abuso diversa dal rifiuto di fornitura dell’accesso e la cui esistenza non è quindi soggetta ai criteri stabiliti nella sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569) (v., in tal senso, sentenza del 10 luglio 2014, Telefónica e Telefónica de España/Commissione, C‑295/12 P, EU:C:2014:2062, punto 75 e giurisprudenza ivi citata). Pertanto, in sostanza, con la prima e la quinta censura, la ricorrente contesta alla Commissione di aver qualificato i comportamenti richiamati al precedente punto 113, come «rifiuto di fornitura» dell’accesso alla rete locale della senza aver verificato il carattere «indispensabile» di tale accesso, ai sensi della terza condizione enunciata al punto 41 della sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569). |
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115 |
In tale sentenza, la Corte ha effettivamente dichiarato che, affinché il rifiuto di un’impresa in posizione dominante di concedere l’accesso a un servizio possa costituire un abuso ai sensi dell’articolo 102 TFUE, è necessario che tale rifiuto possa eliminare del tutto la concorrenza sul mercato da parte della persona che richiede il servizio, che tale rifiuto non sia obiettivamente giustificabile e che detto servizio sia, di per sé, indispensabile per l’esercizio dell’attività del richiedente (sentenza del 26 novembre 1998, Bronner, C‑7/97, EU:C:1998:569, punto 41; v. anche sentenza del 9 settembre 2009, Clearstream/Commissione, T‑301/04, EU:T:2009:317, punto 147 e giurisprudenza ivi citata). |
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116 |
Peraltro, dai punti 43 e 44 della sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569) risulta che, per stabilire se un prodotto o un servizio è indispensabile per consentire ad una impresa di svolgere la sua attività su un determinato mercato, si deve accertare se esistano prodotti o servizi che costituiscono soluzioni alternative, anche se meno vantaggiose, e se esistano ostacoli di natura tecnica, normativa o anche economica tali da rendere impossibile o quanto meno straordinariamente difficile, per qualsiasi impresa che voglia operare su detto mercato, la creazione, eventualmente in collaborazione con altri operatori, di prodotti o di servizi alternativi. Secondo il punto 46 della sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569), per poter riconoscere l’esistenza di ostacoli di natura economica, occorre quanto meno provare che la creazione di tali prodotti o servizi non è economicamente redditizia per una produzione su una scala comparabile a quella dell’impresa che controlla il prodotto o il servizio (sentenza del 29 aprile 2004, IMS Health, C‑418/01, EU:C:2004:257, punto 28). |
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117 |
Tuttavia, nel caso di specie, considerato che la normativa relativa al settore delle telecomunicazioni definisce il quadro giuridico applicabile in materia e che, così facendo, contribuisce a determinare le condizioni di concorrenza in cui un’impresa di telecomunicazioni esercita le proprie attività sui mercati interessati, detta normativa costituisce un elemento pertinente ai fini dell’applicazione dell’articolo 102 TFUE alla condotta seguita dall’impresa stessa, in particolare per valutare il carattere abusivo di tale condotta (sentenza del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione, C‑280/08 P, EU:C:2010:603, punto 224). |
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118 |
Come sostiene, giustamente la Commissione, le condizioni richiamate al precedente punto 115 sono state stabilite e applicate nell’ambito di cause in cui si discuteva se l’articolo 102 TFUE potesse essere tale da imporre all’impresa in posizione dominante di fornire ad altre imprese l’accesso a un prodotto o a un servizio, in mancanza di obblighi regolamentari in tal senso. |
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119 |
Siffatto contesto differisce da quello della causa in esame, in cui il TUSR, con una decisione dell’8 marzo 2005, confermata dal direttore di tale autorità il 14 giugno 2005, ha imposto alla ricorrente di accogliere tutte le domande di accesso disaggregato alla sua rete locale ritenute ragionevoli e giustificate, per consentire a operatori alternativi, su tale base, di offrire i propri servizi nel mercato al dettaglio di massa (o grande pubblico) dei servizi a banda larga da postazione fissa in Slovacchia (v. supra, punto 9). Tale obbligo derivava dalla volontà delle autorità pubbliche di incentivare la ricorrente e i suoi concorrenti a investire e a innovare, garantendo nel contempo la salvaguardia della concorrenza nel mercato (punti 218, 373, 388, 1053 e 1129 della decisione impugnata). |
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120 |
Come esposto ai punti da 37 a 46 della decisione impugnata, la decisione del TUSR, adottata ai sensi della legge n. 610/2003, attuava in Slovacchia l’obbligo di accesso disaggregato alla rete locale degli operatori aventi un rilevante potere nel mercato della fornitura di reti telefoniche pubbliche fisse, previsto all’articolo 3 del regolamento n. 2887/2000. Il legislatore dell’Unione ha giustificato tale obbligo, al considerando 6 di detto regolamento, con la circostanza che «[n]on sarebbe economicamente conveniente per i nuovi operatori che entrano sul mercato duplicare integralmente ed entro tempi accettabili l’infrastruttura metallica di accesso locale dell’operatore esistente[, e l]e infrastrutture alternative (…) in genere non offrono (…) la medesima funzionalità e capillarità (…)». |
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121 |
Pertanto, dato che il quadro normativo pertinente riconosceva chiaramente la necessità di un accesso alla rete locale della ricorrente per consentire il sorgere e lo sviluppo di una concorrenza effettiva nel mercato slovacco dei servizi Internet a banda larga, non era necessaria la dimostrazione, da parte della Commissione, che tale accesso presentasse senz’altro carattere di indispensabilità conformemente all’ultima condizione stabilita al punto 41 della sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569). |
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122 |
Risulta da quanto precede che non si può contestare alla Commissione di non aver dimostrato l’indispensabilità dell’accesso alla rete in questione. |
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123 |
Si deve aggiungere che siffatta censura non può essere opposta alla Commissione neppure nel caso in cui si dovesse ritenere che il rifiuto implicito di accesso in questione fosse oggetto delle considerazioni contenute nella sentenza del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige (C‑52/09, EU:C:2011:83). In tale sentenza la Corte ha dichiarato che non si può dedurre dai punti 48 e 49 della sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569), che le condizioni necessarie per stabilire che sussiste un rifiuto abusivo di fornitura, oggetto della prima questione pregiudiziale esaminata in quest’ultima causa, devono essere necessariamente applicate anche nel contesto della valutazione del carattere abusivo di un comportamento che consiste nel sottoporre la fornitura di servizi o la vendita di prodotti a condizioni svantaggiose o alle quali l’acquirente potrebbe non essere interessato (sentenza del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige, C‑52/09, EU:C:2011:83, punto 55). A tal riguardo, la Corte ha già dichiarato che tali comportamenti potrebbero, di per sé, costituire una forma autonoma di abuso diversa dal rifiuto di fornitura (sentenza del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige, C‑52/09, EU:C:2011:83, punto 56). |
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124 |
La Corte inoltre precisato che una diversa interpretazione della sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569), equivarrebbe ad esigere, perché un qualsiasi comportamento di un’impresa dominante per quanto riguarda le sue condizioni commerciali possa essere considerato abusivo, che ricorrano sempre le condizioni richieste per dimostrare l’esistenza di un diniego di cessione, il che ridurrebbe indebitamente l’effetto utile dell’articolo 102 TFUE (sentenza del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige, C‑52/09, EU:C:2011:83, punto 58). |
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125 |
La ricorrente sottolinea correttamente riguardo a tale punto che la prassi controversa nel procedimento principale, esaminata dalla Corte nella sentenza del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige (C‑52/09, EU:C:2011:83), consisteva unicamente, come risulta dal punto 8 di tale sentenza, in una possibile compressione dei margini da parte dell’operatore storico svedese della rete di telefonia fissa al fine di scoraggiare le domande di operatori alternativi per l’accesso alla sua rete locale. Non si può tuttavia dedurne che l’interpretazione ivi fornita dalla Corte in merito alla portata delle condizioni fissate al punto 41 della sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569), sia limitata solo a tale forma di comportamento abusivo e non riguardi pratiche non strettamente tariffarie come quelle esaminate, nel caso di specie, dalla Commissione nella parte VII della decisione impugnata (v. supra, punti da 27 a 41). |
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126 |
Infatti, occorre anzitutto constare che, ai punti da 55 a 58 della sentenza del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige (C‑52/09, EU:C:2011:83), la Corte non ha fatto riferimento alla particolare forma di abuso costituita dalla compressione dei margini di operatori concorrenti in un mercato a valle, ma piuttosto alla «fornitura di servizi o [al]la vendita di prodotti a condizioni svantaggiose o alle quali l’acquirente potrebbe non essere interessato», nonché alle «condizioni commerciali» fissate dall’impresa in posizione dominante. Tale formulazione indica che le pratiche di esclusione alle quali si era fatto in tal modo riferimento non riguardavano unicamente una compressione dei margini, ma anche altre pratiche commerciali tali da produrre effetti preclusivi illeciti per concorrenti attuali o potenziali, del tipo di quelle qualificate dalla Commissione come rifiuto implicito di fornitura di accesso alla rete locale della ricorrente (v., in tal senso, punto 366 della decisione impugnata). |
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127 |
Detta interpretazione della sentenza del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige (C‑52/09, EU:C:2011:83), è corroborata dal rinvio, da parte della Corte, in questa parte della sua analisi, ai punti 48 e 49 della sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569). I punti di cui trattasi erano infatti dedicati alla seconda questione pregiudiziale sottoposta alla Corte in tale causa e riguardavano non già il rifiuto dell’impresa in posizione dominante di cui al procedimento principale di concedere l’accesso al suo sistema di recapito a domicilio all’editore di un quotidiano concorrente, esaminato nell’ambito della prima questione, bensì l’eventuale qualificazione come abuso di posizione dominante di una pratica che sarebbe consistita, per tale impresa, nel subordinare tale accesso alla condizione che l’editore in questione le affidasse, al contempo, l’esecuzione di altri servizi, come la vendita nelle edicole o la stampa. |
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128 |
Alla luce di quanto precede, si deve concludere che la qualificazione dei comportamenti della ricorrente esaminati nella parte VII della decisione impugnata come pratiche abusive ai sensi dell’articolo 102 TFUE non presupponeva che la Commissione dimostrasse che l’accesso alla rete locale della ricorrente era indispensabile per l’esercizio dell’attività degli operatori concorrenti nel mercato della vendita al dettaglio per i servizi a banda larga fissa in Slovacchia, conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 116. |
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129 |
Pertanto, la prima e la quinta censura del motivo devono essere respinte in quanto infondate. |
b) Sulla terza censura
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130 |
Con la terza censura, la ricorrente sostiene che il fatto di non applicare, nel caso di un rifiuto implicito di fornitura dell’accesso, le condizioni stabilite nella sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569), si traduce in una incongruenza sotto il profilo della politica della concorrenza. Infatti, in tale ipotesi, sarebbe più agevole dimostrare un rifiuto implicito di fornitura dell’accesso che un rifiuto puro e semplice di fornitura dell’accesso, il che comporterebbe che l’abuso più grave sarebbe trattato meno severamente dell’abuso meno grave. Nel caso di specie, almeno uno dei concorrenti della ricorrente avrebbe avuto accesso alla rete di quest’ultima, cosicché il rifiuto di accesso non sarebbe totale (punto 408 della decisione impugnata). Orbene, il rifiuto totale di accesso sarebbe più grave di un rifiuto implicito di accesso, mentre, secondo l’approccio della Commissione, le condizioni enunciate nella sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569), si applicherebbero al rifiuto totale di accesso e non al rifiuto implicito di accesso. |
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131 |
La Commissione, tuttavia, non fornirebbe alcuna giustificazione per spiegare, in generale, le ragioni per cui il rifiuto implicito di accesso debba essere trattato più severamente di un rifiuto totale di accesso né, in particolare, le ragioni per cui le condizioni stabilite nella sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569), non debbano essere soddisfatte nel primo caso. |
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132 |
La Commissione e l’interveniente contestano tali argomenti. |
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133 |
Infatti, è sufficiente constatare che tale argomento si fonda su una premessa errata, ossia che la gravità di una violazione dell’articolo 102 TFUE, consistente nel rifiuto da parte di un’impresa in posizione dominante di fornire un prodotto o un servizio ad altre società, dipenderebbe unicamente dalla sua forma. Orbene, la gravità di tale infrazione può dipendere da vari fattori che prescindono dal carattere implicito o esplicito di detto rifiuto, come la portata geografica dell’infrazione, la sua intenzionalità, oppure i suoi effetti sul mercato. Gli orientamenti del 2006 confermano questa analisi quando affermano, al punto 20, che la gravità di una violazione dell’articolo 101 o 102 TFUE viene valutata caso per caso per ciascun tipo di infrazione, tenendo conto di tutte le circostanze rilevanti. |
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134 |
Infine, va ricordato che, al punto 69 della sentenza del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige (C‑52/09, EU:C:2011:83), la Corte ha rilevato che l’indispensabilità del prodotto all’ingrosso poteva avere rilievo al fine di valutare gli effetti di una compressione dei margini. Tuttavia, nel caso di specie, è giocoforza constatare che la ricorrente non ha invocato l’obbligo per la Commissione di dimostrare il carattere indispensabile dell’accesso disaggregato alla rete locale della ricorrente se non a sostegno dell’affermazione secondo cui la Commissione non avrebbe applicato il criterio giuridico adeguato nel valutare le pratiche esaminate nella parte VII della decisione impugnata (v., per analogia, sentenza del 29 marzo 2012, Telefónica e Telefónica de España/Commissione, T‑336/07, EU:T:2012:172, punto 182), e non al fine di rimettere in discussione la valutazione, da parte della Commissione, degli effetti anticoncorrenziali di dette pratiche, effettuata nella parte IX di detta decisione (punti da 1046 a 1109 della decisione impugnata). |
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135 |
Pertanto, la terza censura deve essere respinta in quanto infondata. |
c) Sulla seconda censura
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136 |
Con la seconda censura, la ricorrente sostiene che la mancata applicazione delle condizioni stabilite nella sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569), nella decisione impugnata è in contrasto con la sentenza del 9 settembre 2009, Clearstream/Commissione (T‑301/04, EU:T:2009:317), in particolare con il punto 146, che, pur riguardando un rifiuto implicito di vendita, richiamato al punto 360 della decisione impugnata, applica tali condizioni. La Commissione incorrerebbe in un errore, in quanto, nella causa Clearstream, la posizione di monopolio di fatto della società in questione sarebbe stata tutelata dalla legge, cosicché le condizioni stabilite nella sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569), erano soddisfatte. Contrariamente alla causa che ha dato luogo alla sentenza del 9 settembre 2009, Clearstream/Commissione (T‑301/04, EU:T:2009:317), la Commissione non sarebbe in grado, nel caso di specie, di dimostrare l’indispensabilità della rete DSL della ricorrente. È questa la ragione per cui avrebbe profuso così tanti sforzi nel distinguere le cause Bronner e Clearstream. |
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137 |
La Commissione e l’interveniente contestano tali argomenti. |
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138 |
A tal riguardo, si deve rilevare, come sostiene giustamente la Commissione, che non vi è alcuna contraddizione tra l’approccio adottato dalla Commissione nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 9 settembre 2009, Clearstream/Commissione (T‑301/04, EU:T:2009:317) e quello adottato nel caso di specie, poiché, nella prima causa, non esisteva alcun obbligo per l’impresa in posizione dominante di fornire il servizio in questione e tale impresa non aveva sviluppato la propria posizione commerciale nell’ambito di un monopolio legale. |
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139 |
Come risulta dalla giurisprudenza richiamata al precedente punto 117, considerato che la normativa relativa al settore delle telecomunicazioni definisce il quadro giuridico applicabile in materia e che, così facendo, contribuisce a determinare le condizioni di concorrenza in cui un’impresa di telecomunicazioni esercita le proprie attività sui mercati interessati, detta normativa costituisce un elemento pertinente ai fini dell’applicazione dell’articolo 102 TFUE alla condotta seguita dall’impresa stessa, in particolare per valutare il carattere abusivo di tale condotta. |
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140 |
Pertanto, la seconda censura deve essere respinta in quanto infondata. |
d) Sulla quarta censura
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141 |
Con la quarta censura, la ricorrente sostiene che la decisione impugnata, al punto 370, è viziata da errori di fatto e di diritto nonché da difetti di motivazione. La Commissione, in tale punto, avrebbe addotto giustificazioni per derogare alle condizioni stabilite nella sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569), affermando che tali condizioni non si applicavano a un rifiuto di fornitura dell’accesso a causa, da un lato, di un obbligo regolamentare, gravante sulla ricorrente, di concedere l’accesso alla rete locale ai sensi delle norme precedenti e, dall’altro, dello sviluppo della rete della ricorrente in quanto ex monopolio di Stato. |
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142 |
In primo luogo, per quanto riguarda gli errori di fatto e di diritto relativi a tali due giustificazioni, sotto un primo profilo, la ricorrente lamenta il fatto che la Commissione sarebbe incorsa in errori, affermando che si doveva derogare alle condizioni stabilite nella sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569), a causa dell’esistenza dell’obbligo di fornire l’accesso alla rete locale, derivante da norme precedenti. |
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143 |
A tal riguardo, la ricorrente ritiene che siffatto obbligo non abbia necessariamente conseguenze sulle condizioni per l’applicazione dell’articolo 102 TFUE, in quanto i due elementi perseguono obiettivi diversi. Infatti, la Commissione avrebbe commesso un errore di diritto, non non operando la distinzione, risultante dal punto 113 della sentenza del 10 aprile 2008, Deutsche Telekom/Commissione (T‑271/03, EU:T:2008:101), tra il ruolo di un obbligo regolamentare ex ante, che tenderebbe a ridurre il potere di mercato delle imprese in posizione dominante sul mercato, e quello del diritto della concorrenza ex post, in base al quale le autorità si concentrano sul comportamento specifico delle imprese e verificano se abbiano usato il loro eventuale potere di mercato in modo abusivo. |
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144 |
Più in particolare, per quanto riguarda l’obbligo di vendere, quest’ultimo potrebbe essere imposto da una normativa ex ante nei casi in cui la Commissione abbia il diritto di imporre tale obbligo, ai sensi dell’articolo 102 TFUE, solo in circostanze eccezionali. Orbene, anche se dalla giurisprudenza risulterebbe che la normativa relativa al settore delle telecomunicazioni può essere presa in considerazione ai fini dell’applicazione dell’articolo 102 TFUE al comportamento di un’impresa in posizione dominante (sentenza del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione, C‑280/08 P, EU:C:2010:603, punti 224 e 227), la Commissione, nella decisione impugnata, non avrebbe preso semplicemente in considerazione gli obblighi imposti in forza di tale normativa, ma si sarebbe basata interamente, senza svolgere il benché minimo esame, sulla valutazione effettuata dal TUSR. |
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145 |
Secondo la ricorrente, le considerazioni contenute nella sentenza del 10 aprile 2008, Deutsche Telekom/Commissione (T‑271/03, EU:T:2008:101), da cui risulta che il diritto derivato dell’Unione «può» rivelarsi pertinente alla luce dell’articolo 102 TFUE, sono applicabili unicamente nel contesto di tale causa, dal momento che la Corte è stata chiamata a esaminare se la Commissione fosse incorsa in un errore nel rilevare l’esistenza dell’obbligo regolamentare imposto da detta normativa. Non risulterebbe da tale sentenza né dall’esistenza di un obbligo regolamentare che la Commissione possa eludere le condizioni stabilite nella sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569). |
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146 |
Al contrario, la ricorrente ritiene, e ha sottolineato in udienza, che l’articolo 102 TFUE e detta normativa perseguano obiettivi diversi, cosicché un’autorità di regolamentazione nazionale può decidere di aumentare la concorrenza nel mercato, mentre l’obbligo di contrattare può essere imposto in base all’articolo 102 TFUE solo per porre rimedio a un rifiuto di accesso abusivo. |
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147 |
Inoltre, l’articolo 21, paragrafo 3, della legge n. 610/2003, al quale la Commissione ha fatto riferimento per sostenere che il TUSR ha effettuato una ponderazione degli interessi, non sarebbe stato citato nelle precedenti decisioni di tale autorità. In ogni caso, l’obbligo generale di una ponderazione, ai sensi del diritto nazionale, non significherebbe che la Commissione possa non tener conto delle condizioni stabilite nella sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569). Spetterebbe comunque alla Commissione dimostrare che, qualora vi sia un obbligo regolamentare, non si applicano le condizioni stabilite nella sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569). La ricorrente ammette che, se è pur vero che, nella causa che ha dato luogo a tale sentenza, non vi era alcun obbligo regolamentare pertinente, ciò non porta tuttavia alla conclusione che tenta di trarre la Commissione. |
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148 |
Sotto un secondo profilo, riguardo alla giustificazione secondo la quale la rete della ricorrente è stata sviluppata nell’ambito di un regime di monopolio, la ricorrente sostiene che la giurisprudenza sulla quale si basa la Commissione nella decisione impugnata non consente di respingere tale seconda giustificazione. Infatti, anzitutto, il punto 109 della sentenza del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige (C‑52/09, EU:C:2011:83), citata dalla Commissione, non sarebbe pertinente. Inoltre, dal punto 23 della sentenza del 27 marzo 2012, Post Danmark (C‑209/10, EU:C:2012:172), cui fa riferimento la Commissione, risulterebbe che l’esistenza di un precedente monopolio di Stato può essere rilevante ai fini dell’esame del comportamento di un’impresa. Pertanto, tale sentenza non consentirebbe di affermare che le condizioni stabilite nella sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569), non sono applicabili. |
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149 |
La tesi consistente nel sostenere che le condizioni stabilite nella sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569), non si applicano qualora la rete in questione abbia origine, storicamente, in un monopolio di Stato sarebbe errata, poiché l’articolo 102 TFUE non prevederebbe un trattamento speciale per un ex monopolio di Stato. Al contrario, la Commissione avrebbe dichiarato, in passato, che il natura storica di un monopolio era irrilevante ai fini della valutazione attuale di un abuso ai sensi dell’articolo 102 TFUE. |
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150 |
La Commissione e l’interveniente contestano tali argomenti. |
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151 |
A tal riguardo, è sufficiente, per respingere gli argomenti in esame, sottolineare che le considerazioni di cui ai precedenti punti da 117 a 121 non sono basate sulla premessa secondo la quale l’obbligo imposto alla ricorrente di concedere l’accesso disaggregato alla sua rete locale deriverebbe dall’articolo 102 TFUE, ma si limitano a sottolineare, conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 117, che l’esistenza di tale obbligo regolamentare costituisce un elemento rilevante del contesto economico e giuridico in cui occorre valutare se le pratiche della ricorrente esaminate nella parte VII della decisione impugnata potessero essere qualificate come pratiche abusive ai sensi di tale disposizione. |
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152 |
Del resto, il riferimento della ricorrente, al punto 113 della sentenza del 10 aprile 2008, Deutsche Telekom/Commissione (T‑271/03, EU:T:2008:101), per sostenere l’argomento richiamato al precedente punto 143, non è pertinente. È vero che il Tribunale rileva, in tale punto, che le autorità di regolamentazione nazionali agiscono conformemente al diritto nazionale, il quale può perseguire obiettivi che differiscono da quelli della politica dell’Unione in materia di concorrenza. Tale punto della motivazione mirava a suffragare il rigetto, da parte del Tribunale, dell’argomento della ricorrente, fatto valere in detta causa, secondo il quale, in sostanza, il controllo ex ante delle tariffe della stessa, da parte dell’autorità tedesca di regolamentazione delle poste e telecomunicazioni, escludeva che l’articolo 102 TFUE potesse essere applicato a un’eventuale compressione dei margini risultante dalle sue tariffe per l’accesso disaggregato alla rete locale. Tale punto era pertanto estraneo alla questione se l’esistenza di un obbligo regolamentare per l’accesso alla rete locale dell’operatore in posizione dominante sia rilevante per valutare la conformità della sua politica di accesso all’articolo 102 TFUE. |
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153 |
Inoltre, da una giurisprudenza costante risulta che l’esistenza di una posizione dominante che trae origine da un monopolio legale deve essere presa in considerazione nell’applicazione dell’articolo 102 TFUE (v., in tal senso, sentenza del 27 marzo 2012, Post Danmark, C‑209/10, EU:C:2012:172, punto 23 e giurisprudenza ivi citata). |
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154 |
Pertanto, la quarta censura, nella parte in cui verte su presunti errori di diritto e di fatto riguardanti le giustificazioni addotte dalla Commissione al fine di derogare alle condizioni stabilite nella sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569) e attinenti all’obbligo, derivante da norme precedenti, per la ricorrente di fornire l’accesso alla rete locale e all’esistenza di un regime di monopolio statale, deve essere respinta in quanto infondata. |
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155 |
In secondo luogo, la ricorrente contesta alla Commissione un difetto di motivazione relativo alla giustificazione addotta da tale istituzione al fine di derogare alle condizioni stabilite nella sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569), e consistente nella necessità di rendere obbligatorio l’accesso iniziale. Infatti, la Commissione non avrebbe effettuato alcun esame concernente l’esistenza di un obbligo regolamentare precedente, né avrebbe analizzato il suo contenuto o esposto un ragionamento relativo a detta giustificazione, riguardante la necessità di rendere obbligatorio l’accesso iniziale, e alla questione delle ragioni per cui la mancanza di tale accesso eliminerebbe qualsiasi concorrenza effettiva. La Commissione non avrebbe fornito alcun elemento di prova a sostegno della sua valutazione, secondo la quale la normativa nazionale aveva effettuato una ponderazione tra gli incentivi per la ricorrente a mantenere le sue infrastrutture per uso proprio e gli incentivi per le imprese potenzialmente intenzionate ad accedere alla rete locale. La decisione impugnata non dimostrerebbe le ragioni per cui gli obblighi regolamentari in questione forniscono una base sufficiente per ignorare le condizioni stabilite nella sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569). La Commissione sarebbe stata tenuta a fornire una motivazione particolarmente chiara, incontestabile e dettagliata che giustificasse il fatto di rendere inizialmente obbligatorio l’accesso e, di conseguenza, le ragioni per cui la mancata concessione dell’accesso eliminerebbe qualsiasi concorrenza effettiva. |
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156 |
Nella replica, sotto un primo profilo, la ricorrente aggiunge che i punti da 36 a 49 della decisione impugnata contengono unicamente una descrizione generale del quadro normativo e una descrizione sommaria dell’obbligo di accesso precedente. Orbene, tale motivazione non tratterebbe la questione se tale obbligo consenta di ignorare le condizioni stabilite nella sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569). |
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157 |
Sotto un secondo profilo, il TUSR non avrebbe fatto riferimento alla normativa slovacca sul bilanciamento quando ha imposto gli obblighi precedenti. In ogni caso, il bilanciamento basato sulla normativa precedente sarebbe diverso da quello basato sull’articolo 102 TFUE. Inoltre, un argomento basato sul bilanciamento asseritamente realizzato dal TUSR non può, secondo la ricorrente, giustificare la mancanza di qualsiasi motivazione relativa alle altre condizioni stabilite nella sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569). |
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158 |
Sotto un terzo profilo, quando la Commissione sostiene che le condizioni stabilite nella sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569), non sono comunque applicabili nel caso di specie, essa confonderebbe la questione della fondatezza della decisione con l’obbligo di motivazione. |
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159 |
Sotto un quarto profilo, la ricorrente sostiene che, per quanto riguarda il riferimento alla sezione 9.3 della decisione impugnata, relativa agli effetti anticoncorrenziali, quest’ultimo non consente di motivare tale decisione. Infatti, la ricorrente sostiene, anzitutto, che l’eliminazione di qualsiasi concorrenza effettiva è solo una delle condizioni stabilite nella sentenza del 26 novembre 1998,Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569), mentre il difetto di motivazione sussiste quanto alle altre condizioni di tale sentenza. Inoltre, l’esame degli effetti restrittivi, nella decisione impugnata, non sostituirebbe la necessità di fornire una motivazione specifica a proposito della condizione dell’indispensabilità. Infine, tale sezione confuterebbe l’argomento della Commissione, in quanto contiene elementi di prova che dimostrano la mancanza di effetti anticoncorrenziali. |
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160 |
Inoltre, per quanto riguarda la giustificazione vertente sul fatto che la rete della ricorrente è stata sviluppata nell’ambito di un regime di monopolio, la ricorrente sostiene che la motivazione contenuta nel punto 373 della decisione impugnata non è sufficiente a spiegare le ragioni per cui la Commissione ritiene che l’esistenza di un precedente monopolio statale sia rilevante ai fini dell’esame di un abuso alla luce dell’articolo 102 TFUE. |
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161 |
Secondo la ricorrente, poiché la Commissione è soggetta al principio di buona amministrazione, deve esaminare gli elementi specifici dell’ex monopolio statale che intende far valere per ignorare le condizioni stabilite nella sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569), in quanto tali elementi risultano del tutto pertinenti. La ricorrente ritiene, inoltre, che non possano essere qualificati come dettagli fattuali senza particolare rilievo gli elementi esposti al punto 891 della decisione impugnata, relativi agli investimenti della ricorrente nelle attività a banda larga nel corso del periodo compreso tra il 2003 e il 2010. La ricorrente è del parere che, al contrario, la Commissione avrebbe dovuto esaminare la natura e l’impatto di tali investimenti rispetto alla sua posizione storica. La ricorrente conclude che, se la motivazione contenuta nella decisione impugnata risultasse sufficiente, ciò implicherebbe, in pratica, che non era imposta alla Commissione alcuna limitazione qualora sia esistito, in passato, un monopolio statale. |
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162 |
La Commissione e l’interveniente contestano tali argomenti. |
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163 |
A tal riguardo, la motivazione prescritta dall’articolo 296 TFUE deve essere adeguata alla natura dell’atto in questione e deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e di tutelare i propri diritti e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. Trattandosi di una decisione adottata in applicazione dell’articolo 102 TFUE, tale principio richiede che la decisione contestata faccia riferimento ai dati di fatto da cui dipende la giustificazione giuridica del provvedimento e alle considerazioni che l’hanno indotta ad adottare la decisione (sentenza del 9 settembre 2010, Tomra Systems e a./Commissione, T‑155/06, EU:T:2010:370, punto 227). |
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164 |
In primo luogo, la ricorrente ritiene che la decisione impugnata non contenga alcun esame relativo all’esistenza di un obbligo regolamentare precedente, né un’analisi del suo contenuto, né la prova a sostegno della valutazione della Commissione secondo la quale la normativa nazionale aveva ponderato gli incentivi per la ricorrente a mantenere le sue infrastrutture per uso proprio e gli incentivi per le imprese potenzialmente intenzionate ad accedere alla rete locale, né indica le ragioni per cui gli obblighi regolamentari avrebbero consentito di prescindere dalle condizioni di fornitura dell’accesso derivanti dalla sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569). Tuttavia, occorre sottolineare che, da un lato, la Commissione ha esposto, nella decisione impugnata, il quadro normativo riguardante l’accesso disaggregato alla rete locale nella Repubblica slovacca ai punti da 36 a 46 della decisione impugnata. D’altro lato, essa ha esposto il quadro giuridico concernente la valutazione di un rifiuto di accesso abusivo ai punti da 355 a 371 della decisione impugnata, spiegando, più in particolare, che a suo avviso il caso di specie era diverso dalle circostanze relative alla causa che ha dato luogo alla sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, EU:C:1998:569), e che tale sentenza non si applicava nel caso di specie. Pertanto, l’argomento dedotto dalla ricorrente deve essere respinto. |
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165 |
In secondo luogo, per quanto riguarda l’affermazione della ricorrente secondo la quale la Commissione sarebbe stata tenuta a fornire una motivazione particolarmente chiara, convincente e dettagliata riguardo alle ragioni per le quali il fatto di non concedere l’accesso eliminerebbe qualsiasi concorrenza effettiva, occorre constatare che, nel caso di specie, la ricorrente non ha invocato il carattere indispensabile dell’accesso disaggregato alla sua rete locale se non a sostegno dell’affermazione secondo cui la Commissione non avrebbe applicato il criterio giuridico adeguato nel valutare le pratiche esaminate nella parte VII della decisione impugnata (v., per analogia, sentenza del 29 marzo 2012, Telefónica e Telefónica de España/Commissione, T‑336/07, EU:T:2012:172, punto 182), e non al fine di rimettere in discussione la valutazione, da parte della Commissione, degli effetti anticoncorrenziali di dette pratiche, effettuata nella parte IX di detta decisione (punti da 1046 a 1109 della decisione impugnata). In ogni caso, il ragionamento contenuto in tale parte della decisione impugnata è chiaro e inequivocabile riguardo agli effetti negativi sulla concorrenza del comportamento di esclusione della ricorrente. |
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166 |
In terzo luogo, per quanto riguarda l’affermazione della ricorrente secondo la quale la motivazione contenuta nel punto 373 della decisione impugnata non è sufficiente per spiegare le ragioni per cui la Commissione ritiene che l’esistenza di un precedente monopolio statale sia rilevante ai fini dell’esame di un abuso alla luce dell’articolo 102 TFUE, occorre rilevare che la Commissione ha, anzitutto, chiarito in tale punto, rinviando alle disposizioni specifiche degli articoli 8 et 12 della direttiva 2002/21 e dell’articolo 21, paragrafo 3, della legge n. 610/2003, che l’obbligo di fornitura della ricorrente imposto dalla decisione del TUSR teneva conto degli incentivi per la ricorrente nonché di quelli per i suoi concorrenti a investire e a innovare, vigilando affinché la concorrenza nel mercato fosse preservata. La Commissione ha aggiunto, al suddetto punto 373, che era possibile che l’imposizione di un obbligo di fornitura o di accesso non avesse alcuna incidenza sugli incentivi a investire e a innovare, qualora la posizione sul mercato dell’impresa dominante si fosse sviluppata grazie a diritti speciali o esclusivi o fosse stata finanziata mediante risorse statali, come era avvenuto nel caso di specie. La Commissione ha poi rinviato al punto 23 della sentenza del 27 marzo 2012, Post Danmark (C‑209/10, EU:C:2012:172), dalla quale risulta che, ove l’esistenza di una posizione dominante tragga origine da un precedente monopolio legale, occorre tener conto di tale circostanza, spiegando che ciò valeva per la ricorrente nel caso di specie. Infine, la Commissione si è premurata di spiegare, al punto 373 della decisione impugnata, che dal considerando 3 del regolamento n. 2887/2000 risultava che una delle ragioni per cui la rete di accesso locale restava uno dei «segmenti meno concorrenziali del mercato delle telecomunicazioni liberalizzato» era che i nuovi operatori non possedevano un’estesa infrastruttura di rete alternativa, dato che operatori come la ricorrente avevano sviluppato per lungo tempo la loro infrastruttura di accesso locale beneficiando della protezione di diritti esclusivi e avevano potuto finanziare per decenni i costi di investimento grazie a rendite di monopolio provenienti dalla prestazione di servizi di telefonia vocale e da fondi pubblici. |
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167 |
Inoltre, la Commissione ha sottolineato, al punto 370 della decisione impugnata, che dal punto 109 della sentenza del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige (C‑52/09, EU:C:2011:83), risultava che la struttura di un mercato è anche fortemente influenzata dalla precedente struttura monopolistica. |
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168 |
Alla luce di tutti i suesposti motivi, si deve ritenere che la Commissione abbia sufficientemente motivato la sua decisione, quando ha considerato che la circostanza che il sistema in questione è stato sviluppato nell’ambito di un regime di monopolio costituiva un elemento pertinente che essa doveva prendere in considerazione nell’ambito dell’esame che essa effettua a norma dell’articolo 102 TFUE. |
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169 |
Pertanto, la quarta censura deve essere respinta anche nella parte in cui verte sulla violazione dell’obbligo di motivazione. |
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170 |
Da quanto precede risulta che il primo motivo deve essere respinto in quanto infondato. |
2. Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dei diritti della difesa della ricorrente per quanto riguarda la valutazione della pratica che comporta la compressione dei margini
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Il secondo motivo riguarda i diritti della difesa della ricorrente e si suddivide in due parti. La prima parte verte su errori procedurali in cui è incorsa la Commissione per quanto riguarda il calcolo dei costi medi incrementali a lungo termine (in prosieguo: i «CMILT») della ricorrente, vale a dire i costi che tale operatore non avrebbe dovuto sopportare qualora non avesse proposto i servizi corrispondenti. La seconda parte verte sull’impossibilità, per la ricorrente, di prendere posizione, durante il procedimento amministrativo, sull’approccio per il calcolo su più periodi dei costi sopportati dalla ricorrente per valutare l’esistenza di una pratica che comporta una compressione dei margini. |
a) Sulla prima parte, vertente su errori procedurali in cui è incorsa la Commissione per quanto riguarda il calcolo dei costi medi incrementali a lungo termine (CMILT)
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172 |
La ricorrente contesta alla Commissione, da un lato, di aver modificato i metodi, i principi e i dati per svolgere l’analisi del CMILT e, dall’altro, di non aver comunicato, prima dell’adozione della decisione impugnata, le sue obiezioni concernenti i punti che la ricorrente le aveva sottoposto per lo svolgimento di tale analisi. Infatti, nella comunicazione degli addebiti, la Commissione avrebbe utilizzato unicamente i dati provenienti dal sistema interno di dichiarazione dei costi della ricorrente, vale a dire i cosiddetti dati «UCN» (účelové členenie nákladov, classificazione dei costi specifici) e le sintesi di redditività fornite dalla ricorrente, in quanto quest’ultima non disponeva di dati specifici relativi ai CMILT. Secondo la ricorrente, tali dati «UCN» si basavano sui costi storici integralmente ripartiti in ordine discendente. Tali dati si baserebbero su un ammortamento lineare che non consente il recupero dei costi nel tempo. Orbene, nella comunicazione degli addebiti (punto 1038), la Commissione avrebbe essa stessa riconosciuto i limiti di tali dati ai fini dell’analisi della pratica che comporta la compressione dei margini e avrebbe ritenuto che tali dati fossero insufficienti. Pertanto, dopo la comunicazione degli addebiti, la ricorrente avrebbe presentato nuovi dati, basandosi sulla relazione di consulenza redatta nel febbraio 2013 e comunicata alla Commissione in allegato alla risposta alla comunicazione degli addebiti. Questi nuovi dati avrebbero in particolare adeguato i costi storici. Pertanto, la Commissione avrebbe accettato la rivalutazione del costo degli attivi e l’ammortamento proposti dalla ricorrente (punto 894 della decisione impugnata). |
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173 |
La ricorrente sottolinea che la Commissione, accettando una parte significativa di tali dati, ha ritenuto che la relazione di consulenza fosse attendibile. Analogamente, la Commissione non avrebbe sollevato obiezioni, riguardo ai principi, alla metodologia e ai dati forniti dalla ricorrente, prima dell’adozione della decisione impugnata. Tuttavia, nella decisione impugnata, essa avrebbe respinto una parte di tali principi, di tale metodologia e di tali dati (punto 899 della decisione impugnata). La ricorrente ritiene che la Commissione avrebbe dovuto comunicare, prima dell’adozione della decisione impugnata, le obiezioni dettagliate relative ai principi, alla metodologia e ai dati esposti in tale decisione. La mancanza di tale comunicazione costituirebbe una violazione dei diritti della difesa. Infatti, secondo la ricorrente, la Commissione era tenuta a spiegare integralmente il metodo, i principi nonché i dati relativi ai costi sui quali intendeva basarsi nell’adempimento dell’obbligo di provare l’infrazione, e a far conoscere il proprio punto di vista alla ricorrente. Peraltro, la ricorrente avrebbe sollevato, senza successo, tali questioni procedurali dinanzi al consigliere‑auditore. |
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174 |
Inoltre, la stessa Commissione riconoscerebbe che non disponeva, al momento della comunicazione degli addebiti, di dati sui costi marginali medi a lungo termine, mentre la decisione impugnata si baserebbe su tali costi, il che significherebbe che la Commissione ha modificato il proprio approccio tra questi due documenti. Orbene, secondo la ricorrente, dal momento che la Commissione ha modificato approccio dopo l’invio della comunicazione degli addebiti, essa era tenuta a inviare una nuova comunicazione degli addebiti o di una nuova lettera di esposizione dei fatti alla ricorrente. |
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175 |
Inoltre, secondo la ricorrente, le tabelle relative al calcolo della compressione dei margini, trasmesse dalla Commissione in occasione della riunione sullo stato di avanzamento del fascicolo, del 16 settembre 2014, non hanno consentito di suffragare i passaggi considerati della decisione impugnata né di rispettare i suoi diritti della difesa. In tal senso, la ricorrente sottolinea la superficialità di dette tabelle, che erano di sole quattro pagine e non contenevano alcuna spiegazione a sostegno dei dati ivi registrati. Analogamente, la ricorrente sottolinea che dette tabelle le sono state comunicate dalla Commissione unicamente nella fase della riunione sullo stato di avanzamento del fascicolo, del 16 settembre 2014, ossia un mese prima della pubblicazione della decisione impugnata, cosicché la posizione della Commissione, in tale data, era già fissata. Infatti, la ricorrente ha sottolineato, in udienza, che, in occasione di tale riunione, la Commissione ha dichiarato che stava redigendo una decisione negativa nei suoi confronti. In ogni caso, dalla comunicazione di tali tabelle si evincerebbe che la Commissione si è vista costretta a comunicare, successivamente alla comunicazione degli addebiti, un documento che esponeva il calcolo della compressione dei margini. |
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176 |
La Commissione contesta tali argomenti. |
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177 |
Come risulta dal punto 862 della decisione impugnata, la Commissione ha chiesto alla ricorrente di comunicare i dati necessari per calcolare i costi relativi ai fattori di produzione supplementari, necessari per trasformare i suoi servizi all’ingrosso in servizi al dettaglio. Prima della comunicazione degli addebiti, la ricorrente ha trasmesso alla Commissione il calcolo dei costi per il periodo dal 2003 al 2010 in tabelle «UCN» e in varie tabelle di calcolo supplementari. Orbene, nell’ambito della prima parte del secondo motivo, la ricorrente deduce, in sostanza, una violazione dei suoi diritti della difesa, in quanto le obiezioni sollevate dalla Commissione riguardo alla metodologia, ai principi e ai dati presentati dalla ricorrente sarebbero state evidenziate, per la prima volta, nei punti da 860 a 921 della decisione impugnata. |
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178 |
A tal riguardo, occorre ricordare che il rispetto dei diritti della difesa durante i procedimenti amministrativi in materia di politica della concorrenza costituisce un principio generale di diritto dell’Unione il cui rispetto è garantito dai giudici dell’Unione (v. sentenza del 18 giugno 2013, ICF/Commissione, T‑406/08, EU:T:2013:322, punto 115 e giurisprudenza ivi citata). |
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179 |
Tale principio richiede che l’impresa interessata sia stata posta in grado, nel corso del procedimento amministrativo, di far conoscere utilmente il suo punto di vista sulla veridicità e sulla pertinenza dei fatti e delle circostanze asserite nonché sui documenti esaminati dalla Commissione a sostegno della sua affermazione dell’esistenza di una violazione delle norme in materia di concorrenza. In tal senso, l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 prevede l’invio alle parti di una comunicazione degli addebiti. Detta comunicazione deve enunciare, in modo chiaro, tutti gli elementi essenziali sui quali si fonda la Commissione in tale fase del procedimento (sentenza del 5 dicembre 2013, SNIA/Commissione, C‑448/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:801, punti 41 e 42). |
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180 |
Tale esigenza risulta rispettata qualora la decisione definitiva non contesti agli interessati infrazioni diverse da quelle contemplate nella comunicazione degli addebiti e prenda in considerazione soltanto fatti sui quali gli interessati hanno avuto modo di manifestare il proprio punto di vista nel corso del procedimento (v., in tal senso, sentenze del 24 maggio 2012, MasterCard e a./Commissione, T‑111/08, EU:T:2012:260, punto 266, e del 18 giugno 2013, ICF/Commissione, T‑406/08, EU:T:2013:322, punto 117). |
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181 |
Tuttavia, l’enunciazione degli elementi essenziali sui quali si fonda la Commissione nella comunicazione degli addebiti può farsi in modo sommario e la decisione non deve necessariamente ricalcare l’elenco degli addebiti, poiché tale comunicazione rappresenta un documento preparatorio le cui valutazioni di fatto e di diritto hanno un carattere puramente provvisorio (v., in tal senso, sentenze del 17 novembre 1987, British American Tobacco e Reynolds Industries/Commissione, 142/84 e 156/84, EU:C:1987:490, punto 70; del 5 dicembre 2013, SNIA/Commissione, C‑448/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:801, punto 42 e giurisprudenza ivi citata, e del 24 maggio 2012, MasterCard e a./Commissione, T‑111/08, EU:T:2012:260, punto 267). Sono quindi ammissibili supplementi alla comunicazione degli addebiti predisposti alla luce della memoria di risposta delle parti, i cui argomenti dimostrino che queste ultime hanno potuto effettivamente esercitare i loro diritti della difesa. La Commissione può altresì, alla luce del procedimento amministrativo, rivedere o aggiungere argomenti di fatto o di diritto a sostegno degli addebiti da essa formulati (sentenza del 9 settembre 2011, Alliance One International/Commissione, T‑25/06, EU:T:2011:442, punto 181). Di conseguenza, finché non ha adottato una decisione finale, la Commissione può, in considerazione, in particolare, delle osservazioni scritte o orali delle parti, rinunciare ad alcuni o anche a tutti gli addebiti inizialmente formulati nei loro confronti e modificare così la sua posizione in loro favore, ma anche, al contrario, decidere di aggiungere nuovi addebiti a condizione di concedere alle imprese interessate l’occasione di manifestare su di essi il proprio punto di vista (v. sentenza del 30 settembre 2003, Atlantic Container Line e a./Commissione, T‑191/98 e da T‑212/98 a T‑214/98, EU:T:2003:245, punto 115 e giurisprudenza ivi citata). |
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182 |
Dalla natura provvisoria della qualificazione giuridica dei fatti operata nella comunicazione degli addebiti deriva che la decisione finale della Commissione non può essere annullata solo perché le conclusioni definitive tratte da tali fatti non corrispondono precisamente a detta qualificazione provvisoria (sentenza del 5 dicembre 2013, SNIA/Commissione, C‑448/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:801, punto 43). La presa in considerazione di un argomento dedotto da una parte nel corso del procedimento amministrativo, senza che essa sia stata posta in grado di pronunciarsi in proposito prima dell’adozione della decisione definitiva, non può, in quanto tale, costituire una violazione dei suoi diritti della difesa, quando la presa in considerazione di tale argomento non modifica la natura degli addebiti ad essa contestati (v., in tal senso, ordinanza del 10 luglio 2001, Irish Sugar/Commissione, C‑497/99 P, EU:C:2001:393, punto 24; sentenze del 28 febbraio 2002, Compagnie générale maritime e a./Commissione, T‑86/95, EU:T:2002:50, punto 447, e del 9 settembre 2011, Alliance One International/Commissione, T‑25/06, EU:T:2011:442, punto 182). |
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183 |
Infatti, la Commissione deve sentire i destinatari di una comunicazione degli addebiti e, se del caso, tener conto delle loro osservazioni dirette a rispondere agli addebiti riportati, modificando la propria analisi, proprio per rispettare i loro diritti della difesa. Deve essere quindi consentito alla Commissione di precisare tale qualificazione nella decisione definitiva, tenendo conto degli elementi risultanti dal procedimento amministrativo, o per abbandonare censure che si siano rivelate infondate, o per modificare e integrare sia in fatto che in diritto i suoi argomenti a sostegno delle censure considerate, a condizione, tuttavia, che essa consideri soltanto i fatti sui quali gli interessati abbiano avuto occasione di pronunciarsi e che essa abbia fornito, nel corso del procedimento amministrativo, gli elementi necessari alla loro difesa (v. sentenze del 3 settembre 2009, Prym e Prym Consumer/Commissione, C‑534/07 P, EU:C:2009:505, punto 40 e giurisprudenza ivi citata, e del 5 dicembre 2013, SNIA/Commissione, C‑448/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:801, punto 44 e giurisprudenza ivi citata). |
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184 |
Infine, va rammentato che, secondo una giurisprudenza consolidata, sussiste violazione dei diritti della difesa qualora sia ipotizzabile che, a causa di un’irregolarità da parte della Commissione, il procedimento amministrativo da quest’ultima instaurato avrebbe potuto giungere ad un risultato differente. Un’impresa ricorrente fornisce la prova del verificarsi di tale violazione quando dimostri in modo sufficiente non già che la decisione della Commissione avrebbe avuto un contenuto differente, bensì che essa avrebbe potuto difendersi più efficacemente in assenza dell’irregolarità in questione, ad esempio per il fatto che avrebbe potuto utilizzare per la propria difesa documenti il cui accesso le era stato rifiutato nell’ambito del procedimento amministrativo (v. sentenze del 2 ottobre 2003, Thyssen Stahl/Commissione, C‑194/99 P, EU:C:2003:527, punto 31 e giurisprudenza ivi citata, e del 24 maggio 2012, MasterCard e a./Commissione, T‑111/08, EU:T:2012:260, punto 269 e giurisprudenza ivi citata, nonché sentenza del 9 settembre 2015, Philips/Commissione, T‑92/13, non pubblicata, EU:T:2015:605, punto 93). |
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185 |
Nel caso di specie, la Commissione ha ricevuto, durante l’indagine, i dati relativi ai costi nelle tabelle «UCN», costituenti uno strumento contabile della ricorrente, che rappresentano, per servizio commerciale e per tipologia di servizi, i ricavi totali, il totale dei costi operativi, il capitale versato, il costo capitale totale, l’utile operativo e l’utile economico (punti 863 e 864 della decisione impugnata). Dalla decisione impugnata emerge che i costi che figurano nelle tabelle «UCN» sono basati sui costi storici integralmente ripartiti e differiscono dai CMILT (punto 875 della decisione impugnata). La Commissione ha inoltre ottenuto presentazioni che indicavano il modo in cui i costi erano raggruppati nonché tabelle e descrizioni relative ai costi per ciascun servizio (punti da 865 a 867 della decisione impugnata). La Commissione ha invitato la ricorrente a fornire i dati di redditività per i servizi a banda larga, ricalcolati secondo la metodologia dei CMILT (punti 868 e 869 della decisione impugnata). Poiché la ricorrente ha affermato che non calcolava i dati di redditività, per quanto riguarda i servizi a banda larga, secondo la metodologia dei CMILT, la Commissione ha utilizzato, nella fase della comunicazione degli addebiti, i dati in suo possesso, ossia i dati «UCN» e le spiegazioni sui costi, adeguando i costi individuali (punti da 870 a 875 della decisione impugnata). Secondo la Commissione, in tale fase, in mancanza di dati sui CMILT, le cifre contenute nelle tabelle «UCN» costituivano la miglior fonte disponibile per effettuare i calcoli della compressione dei margini (punto 875 della decisione impugnata). Su tale base, nella comunicazione degli addebiti, la Commissione ha stabilito che un concorrente altrettanto efficiente avente accesso alla rete locale della ricorrente avrebbe presentato significativi margini negativi se avesse tentato di riprodurre il portafoglio al dettaglio della ricorrente nel periodo dal 2005 al 2010 (punti 1203 e 1222 della comunicazione degli addebiti). |
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186 |
In primo luogo, per quanto riguarda la censura della ricorrente secondo cui essa non è stata ascoltata in merito ai principi, alla metodologia e ai dati relativi al calcolo dei CMILT, si deve constatare che la ricorrente ha avuto la possibilità di rispondere agli argomenti esposti nella comunicazione degli addebiti e che essa si è avvalsa pienamente di tale possibilità. Pertanto, nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti, basandosi sulla relazione di consulenza, la ricorrente ha proposto un metodo fondato sulla contabilità a costi correnti, mediante la stima dei costi a valle per il periodo compreso tra il 2005 e il 2010 in base ai dati a partire dal 2011 (punto 881 della decisione impugnata). In particolare, la ricorrente ha sostenuto, in tale risposta, che occorreva, nel calcolare i CMILT, da un lato, rivalutare gli attivi e, dall’altro, tener conto delle inefficienze della sua rete per l’offerta della banda larga. Per quanto riguarda, in particolare, la presa in considerazione di tali inefficienze, la ricorrente ha proposto di procedere ad adeguamenti di ottimizzazione, vale a dire, in primo luogo, la sostituzione degli attivi esistenti con i loro equivalenti moderni, più efficaci e meno costosi (modern asset equivalent), in secondo luogo, il mantenimento, per quanto possibile, della coerenza tecnologica e, in terzo luogo, la riduzione degli attivi in base alla capacità attualmente utilizzata rispetto alla capacità installata (in prosieguo, considerati congiuntamente: gli «adeguamenti di ottimizzazione»). |
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187 |
Nella decisione impugnata, la Commissione ha accettato di includere in particolare la rivalutazione degli attivi della ricorrente nella sua analisi della compressione dei margini e di dedurre, quanto ai costi fissi specifici, i costi congiunti e comuni. Per contro, essa ha respinto gli adeguamenti di ottimizzazione (punti 894, 903, 904 e 910 della decisione impugnata). Pertanto, la Commissione, nella decisione impugnata, ha individuato margini diversi da quelli calcolati nella comunicazione degli addebiti. |
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188 |
Tuttavia, occorre constatare che le modifiche effettuate nella decisione impugnata rispetto alla comunicazione degli addebiti, concernenti il calcolo della compressione dei margini, sono il risultato della presa in considerazione dei dati e dei calcoli forniti dalla stessa ricorrente in risposta alla comunicazione degli addebiti. Tale presa in considerazione risulta quindi, in particolare, ai punti 910, 945, 963 e 984 della decisione impugnata. Dai punti 946 (nota a piè di pagina n. 1405) e 1000 della decisione impugnata emerge, peraltro, che la Commissione ha tenuto conto, nell’adozione di tale decisione, dell’aggiornamento del calcolo della compressione dei margini fornito dalla ricorrente nella sua risposta alla lettera di esposizione dei fatti (v. supra, punto 21). |
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189 |
In secondo luogo, per quanto riguarda la censura della ricorrente secondo la quale la Commissione ha modificato i principi, metodi e dati relativi al calcolo dei CMILT, senza aver ascoltato la ricorrente su tale aspetto, dall’esame della comunicazione degli addebiti e dalla decisione impugnata risulta, anzitutto, che la Commissione non ha dedotto alcuna nuova censura nella decisione impugnata, per quanto riguarda la sua valutazione della compressione dei margini. Infatti, in tali due documenti, la Commissione ha ritenuto che un concorrente altrettanto efficiente che utilizzasse l’accesso alla rete locale nel mercato all’ingrosso della ricorrente presenterebbe significativi margini negativi se proponesse il portafoglio dei servizi a banda larga della ricorrente tramite la rete locale (punto 1203 della comunicazione degli addebiti e punto 1023 della decisione impugnata). In entrambi i documenti, la Commissione ha ritenuto che ciò valesse anche nel caso in cui fossero stati considerati servizi aggiuntivi di un portafoglio a valle, ossia i servizi vocali, i servizi televisivi basati su protocollo Internet (IPTV) e i servizi multi‑play (punto 1222 della comunicazione degli addebiti e punto 1023 della decisione impugnata). Inoltre, si deve rilevare che il periodo dell’infrazione considerato dalla Commissione è più breve, nella decisione impugnata, di quello considerato nella comunicazione degli addebiti. Infatti, in entrambi i documenti, la data di inizio dell’infrazione era il 12 agosto 2005. Per contro, la data di cessazione dell’infrazione era l’8 maggio 2012 nella comunicazione degli addebiti (punto 1546 della comunicazione degli addebiti) ed è fissata al 31 dicembre 2010 nella decisione impugnata (punto 1516 della decisione impugnata). Infine, per quanto riguarda la metodologia di calcolo dei margini, la Commissione si è basata, in entrambi i documenti, sui CMILT. Pertanto, sia ai punti da 996 a 1002 della comunicazione degli addebiti che ai punti 860 e 861 della decisione impugnata, la Commissione ha esposto i principi guida per il calcolo dei costi sulla base dei CMILT. |
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190 |
Più in particolare, per quanto riguarda il metodo di calcolo dei margini, occorre rilevare che la Commissione ha applicato lo stesso metodo nella fase della comunicazione degli addebiti e della decisione impugnata. Infatti, in primo luogo, le tabelle 48 e da 78 a 80 della comunicazione degli addebiti e le tabelle da 21 a 24 della decisione impugnata indicano i diritti di concessione all’ingrosso per l’accesso alla rete locale. Si deve constatare che la Commissione si è nondimeno premurata di spiegare, ai punti da 935 a 938 della decisione impugnata, le ragioni per cui riteneva che vi fosse una differenza tra i dati comunicati dalla ricorrente e i dati presentati nei calcoli da essa effettuati. In secondo luogo, occorre rilevare che la tabella 81 della comunicazione degli addebiti corrisponde alla tabella 25 della decisione impugnata, in quanto entrambe indicano i costi di rete. La tabella 25 si basa sui dati forniti nella risposta della ricorrente alla comunicazione degli addebiti. In terzo luogo, va sottolineato che la tabella 82 della comunicazione degli addebiti corrisponde alla tabella 26 della decisione impugnata, che indica i costi ISP (Internet Service Provider) ricorrenti. Il calcolo di tali costi si basa sui dati forniti dalla ricorrente. Inoltre, la Commissione replica, ai punti 964 e 697 della decisione impugnata, agli argomenti della ricorrente al riguardo, presentati nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti. In quarto luogo, si deve rilevare che la tabella 83 della comunicazione degli addebiti e la tabella 27 della decisione impugnata riguardano i costi di installazione della rete locale e sono identiche. In quinto luogo, tanto la tabella 86 della comunicazione degli addebiti quanto le tabelle 29 e 30 della decisione impugnata si riferiscono agli ammortamenti dei costi di acquisizione degli abbonati: la tabella 29 tiene conto di un periodo di ammortamento su tre anni e la tabella 30 di un periodo di ammortamento su quattro anni, a seguito della proposta dalla ricorrente nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti. In sesto luogo, è giocoforza constatare che la tabella 87 della comunicazione degli addebiti è identica alla tabella 31 della decisione impugnata relativa ai redditi dei servizi Accesso DSL e Internet DSL raggruppati dalla ricorrente. In settimo luogo, va sottolineato che i risultati del calcolo della compressione dei margini sono riportati nella tabella 88 della comunicazione degli addebiti e nelle tabelle 32 e 33 della decisione impugnata: la tabella 32 si basa sull’ammortamento su tre anni e la tabella 33 sull’ammortamento su quattro anni. |
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191 |
Ne consegue che il metodo e i principi applicati dalla Commissione per valutare i margini della ricorrente erano, in sostanza, identici nella comunicazione degli addebiti e nella decisione impugnata. Di conseguenza, la censura dedotta dalla ricorrente, secondo la quale la Commissione ha modificato tali metodi e tali principi prima di adottare la decisione impugnata, senza aver ascoltato la ricorrente su tale punto, deve essere respinta. |
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192 |
Per quanto riguarda i dati su cui si basa il calcolo dei margini, come spiegato nei punti da 875 a 877 della decisione impugnata, è vero che, nella fase della comunicazione degli addebiti, tale calcolo era basato sulle tabelle «UCN», che riflettevano i costi integralmente ripartiti (fully allocated costs). Tuttavia, come risulta dai punti da 885 a 894 della decisione impugnata, la Commissione ha accolto gli adeguamenti effettuati dalla ricorrente per quanto riguarda la contabilità a costi correnti. La Commissione ha quindi tenuto conto degli adeguamenti proposti a tal riguardo dalla ricorrente e ha modificato i costi degli attivi di rete, affinché costituissero una stima più precisa dei costi dei costi sopportati da un concorrente altrettanto efficiente. Tale presa in considerazione era proprio volta a soddisfare i requisiti richiamati al precedente punto 183 e il diritto delle parti di essere ascoltate nel corso del procedimento amministrativo non richiedeva quindi che fosse offerta loro nuovamente la possibilità di far conoscere il proprio punto di vista sul calcolo dei margini prima dell’adozione della decisione impugnata. |
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Alla luce di quanto precede, la prima parte relativa agli errori procedurali per quanto riguarda il calcolo dei CMILT deve essere respinta. |
b) Sulla seconda parte, vertente sull’impossibilità di prendere posizione, durante il procedimento amministrativo, sull’approccio per il calcolo su più periodi (pluriennale) dei costi sopportati dalla ricorrente per valutare l’esistenza di una pratica che comporta una compressione dei margini
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194 |
La ricorrente sottolinea che, nella comunicazione degli addebiti, la Commissione avrebbe applicato un metodo consistente nell’annualizzare costi, senza tener conto del margine positivo constatato nel corso del 2005, mentre, nella decisione impugnata, l’approccio adottato è stato quello dell’esame su più periodi (pluriennale). Non avendo dato alla ricorrente la possibilità di presentare osservazioni su tale approccio, la Commissione avrebbe violato i suoi diritti della difesa. La ricorrente ritiene che, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, non si possa dedurre dalla risposta alla comunicazione degli addebiti che essa stessa ha proposto l’approccio su più periodi (pluriennale). Al contrario, la ricorrente avrebbe proposto il metodo di attualizzazione (o «l’analisi dei flussi di cassa attualizzati»), che sarebbe stato del resto applicato dalla Commissione nella decisione C(2007) 3196 definitivo, del 4 luglio 2007, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 82 [CE] (caso COMP/38.784 – Wanadoo España contro Telefónica). L’analisi dei flussi di cassa attualizzati sarebbe giustificata dalla durata dell’abbonamento di un cliente o di un contratto. |
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195 |
La ricorrente sostiene che, inoltre, nell’ambito dell’analisi dei flussi di cassa attualizzati, la Commissione non avrebbe dovuto iniziare la valutazione nel 2005 e terminarla nel 2010 semplicemente perché tale periodo corrispondeva a quello esaminato nell’ambito dell’approccio cosiddetto «periodo per periodo». |
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196 |
In concreto, l’approccio su più periodi (pluriennale), considerato nella decisione impugnata, porterebbe a constatare un margine positivo per il 2005 e ad estendere il periodo del presunto abuso rispetto a quello indicato nella comunicazione degli addebiti. A tal riguardo, la Commissione, secondo la ricorrente, non ha considerato tale margine positivo, constatando, al punto 998 della decisione impugnata, che un’entrata per quattro mesi nel corso del 2005 non poteva essere considerata un’entrata «su base duratura». Il cambiamento di approccio tra la comunicazione degli addebiti e la decisione impugnata comporterebbe la trasformazione, nel corso di un anno, di un margine positivo in un margine negativo, selezionando gli anni di redditività successivi e concludendo che la differenza aritmetica netta era complessivamente negativa. Pertanto, l’applicazione dell’approccio su più periodi (pluriennale) renderebbe impossibile, per un’impresa in posizione dominante, prevedere il risultato dell’applicazione di tale approccio. Inoltre, l’approccio su più periodi (pluriennale) comporterebbe anche l’arbitrio, poiché uno o più periodi potrebbero avere contemporaneamente margini positivi e negativi, a seconda degli anni considerati nell’ambito di tale approccio. |
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197 |
La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente e conclude per il rigetto della presente parte. |
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198 |
A tal riguardo, la ricorrente lamenta, in sostanza, il fatto che la Commissione ha utilizzato l’approccio su più periodi (pluriennale) per estendere il periodo dell’infrazione indicato nella comunicazione degli addebiti, approccio che non è stato previsto nella comunicazione degli addebiti, e che ha violato i diritti della difesa della ricorrente, non offrendole la possibilità di presentare le proprie osservazioni su tale approccio. |
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199 |
Si deve sottolineare che, al punto 1012 della comunicazione degli addebiti, la Commissione ha inizialmente espresso la sua intenzione di adottare l’approccio cosiddetto «periodo per periodo» (anno per anno) per quanto riguarda l’esame dei margini della ricorrente. Il calcolo della compressione dei margini di cui ai punti da 1175 a 1222 della comunicazione degli addebiti è stato quindi effettuato anno per anno durante il periodo in questione. Nella decisione impugnata, per valutare l’eventuale compressione dei margini, la Commissione ha adottato l’approccio cosiddetto «periodo per periodo» (anno per anno) consistente nel determinare gli utili o le perdite realizzati nei periodi equivalenti a un anno (punto 851 della decisione impugnata). Si deve constatare che la sintesi dei risultati dell’analisi è contenuta ai punti da 1007 a 1012 della decisione impugnata, da cui risulta che la Commissione basa le sue conclusioni sull’approccio cosiddetto «periodo per periodo» (anno per anno). |
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200 |
Al punto 1281 della risposta alla comunicazione degli addebiti, la ricorrente si è tuttavia opposta all’uso esclusivo del metodo «periodo per periodo» (anno per anno) che era stato utilizzato dalla Commissione nella comunicazione degli addebiti. Infatti, la ricorrente ha fatto valere, in sostanza, che, nel settore delle telecomunicazioni, gli operatori studiavano la loro capacità di ottenere un profitto ragionevole nell’arco di un periodo superiore a un anno. Essa ha quindi proposto, in particolare, che l’esame di una compressione dei margini sia completato da un’analisi su più periodi, in cui il margine totale sarebbe valutato nell’arco di più anni. |
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201 |
Orbene, la Commissione ha quindi deciso di utilizzare, a titolo supplementare, come risulta dal punto 859 della decisione impugnata, un approccio su più periodi (pluriennale) per tener conto di tale obiezione e al fine di verificare se detto approccio modificasse la sua conclusione secondo la quale le tariffe praticate dalla ricorrente agli operatori alternativi per l’accesso disaggregato alla sua rete locale comportavano una compressione dei margini nel corso del periodo compreso tra il 2005 e il 2010. |
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202 |
Nel contesto di tale esame aggiuntivo, il cui risultato figura ai punti 1013 e 1014 della decisione impugnata, la Commissione ha individuato un margine totale negativo quanto a ogni portafoglio di servizi, da un lato, per il periodo compreso tra il 2005 e il 2010 (tabella 39 al punto 1013 della decisione impugnata) e, dall’altro, per il periodo compreso tra il 2005 e il 2008 (tabella 40 al punto 1014 della decisione impugnata). La Commissione ne ha dedotto, al punto 1015 della decisione impugnata, che l’analisi su più periodi non modificava la sua constatazione relativa all’esistenza di una compressione dei margini risultante da un’analisi «periodo per periodo». |
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203 |
Da quanto precede risulta che, da un lato, per verificare i margini della ricorrente nella decisione impugnata, l’analisi su più periodi (pluriennale) ha fatto seguito all’obiezione, formulata dalla ricorrente nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti, riguardo al metodo di calcolo dei margini «periodo per periodo» (anno per anno). D’altro lato, l’analisi su più periodi (pluriennale) dei margini per l’accesso disaggregato alla rete locale della ricorrente, nella decisione impugnata, ha avuto lo scopo di aggiungersi all’analisi «periodo per periodo» (anno per anno). Inoltre, l’ulteriore analisi su più periodi (pluriennale) ha indotto la Commissione a rafforzare la sua constatazione relativa all’esistenza di una compressione dei margini sul mercato slovacco dei servizi internet a banda larga, tra il 12 agosto 2005 e il 31 dicembre 2010. |
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204 |
Pertanto, come afferma in sostanza la Commissione, l’analisi su più periodi (pluriennale) non ha comportato che fossero addebitati alla ricorrente fatti in merito ai quali quest’ultima non ha avuto l’opportunità di esprimere il proprio punto di vista nel corso del procedimento amministrativo, modificando la natura delle censure mosse nei suoi confronti, ma solo che si procedesse a un’ulteriore analisi della compressione dei margini risultante dalle tariffe praticate dalla ricorrente per l’accesso disaggregato alla sua rete locale, alla luce di un’obiezione sollevata dalla ricorrente in risposta alla comunicazione degli addebiti. |
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205 |
Per quanto riguarda l’argomento secondo il quale la Commissione ha utilizzato l’analisi su più periodi (pluriennale) per definire il periodo dell’infrazione e per sostituire un margine negativo per il 2005 a un margine precedentemente positivo, occorre rilevare che, al termine dell’analisi «periodo per periodo» (anno per anno), la Commissione era già giunta alla conclusione che un concorrente efficiente quanto la ricorrente non avrebbe potuto riprodurre, tra il 12 agosto 2005 e il 31 dicembre 2010, in modo redditizio il portafoglio al dettaglio della ricorrente comprendente i servizi a banda larga (punto 1012 della decisione impugnata). Dal punto 998 della decisione impugnata risulta in particolare che, secondo la Commissione, l’esistenza di un margine positivo tra agosto e dicembre 2005 non ostava a che tale periodo fosse incluso nel periodo dell’infrazione sotto forma di compressione dei margini, poiché gli operatori considerano la loro capacità di ottenere un rendimento su un periodo più lungo. In altri termini, la Commissione ha stabilito la durata della pratica che comporta la compressione dei margini in base all’approccio «periodo per periodo» (anno per anno) e l’approccio su più periodi (pluriennale) è stato utilizzato unicamente a titolo supplementare. In ogni caso, si deve constatare che tale argomento è diretto, in realtà, a contestare la fondatezza di detto approccio e non può, pertanto, essere considerato come validamente invocato a sostegno di una presunta violazione dei diritti della difesa della ricorrente. In realtà, tale censura riguarda il dissenso relativo al metodo utilizzato dalla Commissione per constatare l’esistenza di una compressione dei margini per il periodo dal 12 agosto al 31 dicembre 2005. |
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206 |
Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo il quale il metodo di calcolo della compressione dei margini applicato dalla Commissione nel contesto di tale esame aggiuntivo non corrisponderebbe al metodo proposto dalla ricorrente nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti e asseritamente basato sulla prassi decisionale della Commissione, dai punti da 1498 a 1500 della medesima decisione risulta che la ricorrente ha proposto di esaminare gli «utili non distribuiti» nel periodo dal 2005 al 2008. La Commissione ha tuttavia osservato che l’analisi su più periodi (pluriennale) proposta dalla ricorrente era diversa dall’analisi retrospettiva dei flussi di cassa attualizzati, che era basata su dati di ingresso e su una metodologia diversi (punto 858 della decisione impugnata). Essa ha tuttavia preso atto del suggerimento della ricorrente concernente un’analisi su più periodi (pluriennale), procedendo, in via aggiuntiva, a un esame su più periodi (pluriennale), analizzando, al punto 1013 della decisione impugnata (tabella 39), gli utili non distribuiti per un periodo compreso tra il 2005 e il 2010 nonché, al punto 1014 di tale decisione (tabella 40), gli utili non distribuiti per un periodo tra il 2005 e il 2008. |
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207 |
Orbene, dalla giurisprudenza citata al precedente punto 183 deriva che il rispetto del diritto della ricorrente di essere ascoltata imponeva unicamente alla Commissione di tener conto, ai fini dell’adozione della decisione impugnata, della critica riguardante il metodo di calcolo dei margini presentata dalla ricorrente in risposta alla comunicazione degli addebiti. Per contro, tale diritto non implicava affatto che la Commissione dovesse giungere necessariamente al risultato al quale aspirava la ricorrente presentando tale critica, ossia la constatazione della mancanza di qualsiasi compressione dei margini tra il 12 agosto 2005 e il 31 dicembre 2010. |
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208 |
Infine, per quanto riguarda il documento in cui è riportato il calcolo dei margini trasmesso dalla Commissione in occasione della riunione sullo stato di avanzamento del fascicolo, in data 16 settembre 2014, la ricorrente afferma, in sostanza, da un lato, che tale documento le è stato presentato in ritardo, dato che la Commissione aveva annunciato che la decisione impugnata era in fase di preparazione e, dall’altro, che la Commissione si è vista costretta a comunicare il suo calcolo finale dei margini prima di inviarle la decisione impugnata. |
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209 |
Tuttavia, per le ragioni esposte ai precedenti punti 183 e da 199 a 204, la Commissione non era tenuta a comunicare il suo calcolo finale dei margini prima di inviare la decisione impugnata alla ricorrente. Inoltre, il fatto di aver organizzato una riunione sullo stato di avanzamento del fascicolo non inficia tale valutazione. Infatti, come la Commissione ha fatto valere nelle sue memorie e in udienza, tali riunioni sono organizzate tra la Commissione e le parti oggetto di un’indagine a fini di buona amministrazione e di trasparenza e per informarle sullo stato di avanzamento del fascicolo. Tuttavia, tali riunioni sullo stato di avanzamento del fascicolo sono distinte dalle riunioni formali imposte dai regolamenti nn. 1/2003 e 773/2004 e le completano. Pertanto, il fatto di aver organizzato una «riunione sul punto della situazione», il 16 settembre 2014, non consente di concludere che la Commissione era tenuta ad autorizzare la ricorrente a presentare, in tale occasione, le sue osservazioni in merito all’esame dei margini, tanto più che la ricorrente è stata informata di tutti gli elementi rilevanti del calcolo dei margini effettuato dalla Commissione e le è stata data la possibilità di presentare le sue osservazioni prima dell’adozione della decisione impugnata. |
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210 |
Ne consegue che la seconda parte del secondo motivo deve essere disattesa e il motivo deve essere respinto. |
3. Sul terzo motivo, vertente su errori commessi nella constatazione di una compressione dei margini
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211 |
Con il suo terzo motivo, la ricorrente fa valere, in sostanza, che la Commissione non ha constatato correttamente la pratica che comporta una compressione dei margini. Tale motivo si articola in due parti. La prima parte attiene a una mancata presa in considerazione degli adeguamenti di ottimizzazione proposti dalla ricorrente nel calcolo dei CMILT. La seconda parte verte sull’errore di calcolo in cui è incorsa la Commissione per quanto riguarda la compressione dei margini, a causa del consolidamento delle entrate e delle spese per l’intero periodo dell’infrazione, e della violazione del principio della certezza del diritto. |
a) Sulla prima parte, vertente sulla mancata presa in considerazione degli adeguamenti di ottimizzazione nel calcolo dei CMILT
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212 |
A sostegno della prima parte del terzo motivo, la ricorrente contesta la decisione della Commissione di non avere riconosciuto, ai punti 895 e 903 della decisione impugnata, gli adeguamenti di ottimizzazione ai fini del calcolo della compressione dei margini. L’inclusione di tali adeguamenti di ottimizzazione avrebbe comportato la riduzione dei costi a monte utilizzati per il calcolo della compressione dei margini. Pertanto, sarebbero errate le giustificazioni relative a tale rigetto presentate dalla Commissione ai punti 894 e da 900 a 902 della decisione impugnata. In tal modo, la Commissione avrebbe sovrastimato i costi effettivi a valle della ricorrente, il che avrebbe avuto, pertanto, conseguenze rilevanti sulle conclusioni relative alla compressione dei margini, dato che non vi sarebbe stata alcuna compressione dei margini nel 2005 e nel 2007. |
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213 |
Secondo la ricorrente, le sue proposte non consistevano in adeguamenti supplementari, ma si trattava del calcolo dei CMILT. L’approccio della Commissione sarebbe stato contraddittorio. Infatti, essa avrebbe, da un lato, accettato la contabilità a costi correnti e, dall’altro, respinto gli adeguamenti di ottimizzazione, che corrisponderebbero al calcolo dei CMILT. Per quanto riguarda gli adeguamenti dei costi di rete, la ricorrente ritiene che tali adeguamenti, indispensabili per stimare i CMILT, tenessero conto di un certo livello di di riserva di capacità, incluso nei requisiti per i servizi al dettaglio a banda larga. |
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214 |
Tale approccio sarebbe corroborato dalla giurisprudenza. Basandosi sulle sentenze del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige (C‑52/09, EU:C:2011:83), e del 10 aprile 2008, Deutsche Telekom/Commissione (T‑271/03, EU:T:2008:101), la ricorrente ricorda che, in determinate circostanze, può essere opportuno prendere in considerazione i costi dei concorrenti piuttosto che quelli dell’impresa in posizione dominante. Ciò è quanto si verificherebbe nel caso di specie, dato la ricorrente non poteva disporre facilmente di dati per l’elaborazione dei CMILT. |
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215 |
La Commissione contesta tali argomenti della ricorrente. |
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216 |
La ricorrente lamenta, in sostanza, il fatto che la Commissione è incorsa in un errore nel calcolo dei CMILT, rifiutando, ai punti da 895 a 903 della decisione impugnata, di adeguarli al livello dei costi che sarebbero stati sostenuti da un operatore efficiente che costruisca una rete ottimale adeguata per soddisfare la domanda attuale e quella futura sulla base delle informazioni disponibili al momento della valutazione effettuata dalla Commissione. |
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217 |
Pertanto, come è stato affermato al precedente punto 186, la ricorrente ha proposto, nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti, basandosi sulla relazione di consulenza, un metodo fondato sulla contabilità a costi correnti, mediante la stima dei costi a valle per il periodo compreso tra il 2005 e il 2010 in base ai dati a partire dal 2011 (punto 881 della decisione impugnata). In particolare, la ricorrente ha sostenuto, in tale risposta, che occorreva, nel calcolare i CMILT, da un lato, rivalutare gli attivi e, dall’altro, tener conto delle inefficienze della sua rete per l’offerta della banda larga. Per quanto riguarda, in particolare, la presa in considerazione di tali inefficienze, la ricorrente ha proposto gli adeguamenti di ottimizzazione descritti al precedente punto 186. |
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218 |
Nei propri calcoli dei CMILT, la ricorrente ha quindi adeguato il costo capitale degli attivi nonché i loro valori di ammortamento nel corso del periodo dal 2005 al 2010, al pari delle spese di gestione di detti attivi, basandosi sul fattore di adeguamento medio ponderato calcolato dall’autore della relazione di consulenza per il 2011 (punto 897 della decisione impugnata). La ricorrente ha fatto valere che gli adeguamenti di ottimizzazione proposti riflettevano la riserva di capacità individuata negli elementi di detta rete, ossia attivi ritirati di quest’ultima, in quanto non erano oggetto di un uso produttivo, ma che non erano stati ancora venduti da tale operatore (punto 898 della decisione impugnata). |
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219 |
La Commissione ha tuttavia rifiutato di procedere a tali adeguamenti di ottimizzazione nella decisione impugnata. |
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220 |
In primo luogo, per quanto riguarda la sostituzione degli attivi esistenti con i loro equivalenti più moderni, la Commissione ha rilevato, al punto 900 della decisione impugnata, che tale sostituzione non poteva essere ammessa, dal momento che sarebbe stato come adeguare i costi senza procedere un corretto adeguamento degli ammortamenti. La Commissione ha rinviato su tale aspetto ai punti da 889 a 893 della decisione impugnata, nei quali essa ha espresso dubbi riguardo all’adeguamento, come era stato proposto dalla ricorrente, dei costi degli attivi per il periodo compreso tra il 2005 e il 2010. Inoltre, la Commissione ha ritenuto, al punto 901 della decisione impugnata, che tale sostituzione degli attivi esistenti non fosse conforme al criterio del concorrente altrettanto efficiente. Infatti, la giurisprudenza avrebbe confermato che il carattere abusivo delle pratiche tariffarie di un operatore in posizione dominante è, in linea di principio, determinato con riferimento alla propria situazione. Orbene, nel caso di specie, l’adeguamento dei CMILT suggerito dalla ricorrente sarebbe basato su un insieme di attivi ipotetici e non sugli stessi attivi detenuti da tale operatore. |
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221 |
In secondo luogo, per quanto riguarda la presa in considerazione della capacità inutilizzata delle reti in base alla capacità «attualmente» utilizzata, la Commissione ha rilevato, al punto 902 della decisione impugnata, in sostanza, che, poiché gli investimenti si basano su una previsione della domanda, era inevitabile che, nell’ambito di un esame retrospettivo, talune capacità rimanessero talvolta inutilizzate. |
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222 |
Non può essere accolta nessuna delle censure formulate dalla ricorrente contro tale parte della decisione impugnata. |
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223 |
Sotto un primo profilo, la ricorrente sostiene erroneamente che esiste una contraddizione tra, da un lato, il rigetto degli adeguamenti di ottimizzazione dei CMILT e, dall’altro, l’accettazione, al punto 894 della decisione impugnata, della rivalutazione degli attivi che essa ha proposto. La ricorrente non può neppure far valere che la Commissione avrebbe dovuto accettare gli adeguamenti di ottimizzazione che essa ha proposto per il fatto che, come per la rivalutazione degli attivi, Commissione non disponeva di costi storici attendibili per quanto riguarda gli adeguamenti di ottimizzazione. |
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224 |
Infatti, la rivalutazione degli attivi era basata sugli attivi che la ricorrente deteneva nel 2011. Per quanto riguarda tale rivalutazione e come risulta dai punti da 885 a 894 della decisione impugnata, la Commissione ha sottolineato che essa non disponeva di dati che riflettessero meglio i costi incrementali delle attività a banda larga della ricorrente per il periodo compreso tra il 2005 e il 2010. Per tale ragione, la Commissione, nell’analisi della compressione dei margini contenuta nella decisione impugnata, ha incluso la rivalutazione degli attivi esistenti della ricorrente proposta da quest’ultima. Tuttavia, la Commissione ha rilevato che detta rivalutazione poteva comportare una sottostima dei costi degli attivi a valle. |
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225 |
Per contro, come emerge dal punto 895 della decisione impugnata, gli adeguamenti di ottimizzazione proposti dalla ricorrente consistevano nel rettificare gli attivi al livello approssimativo di un operatore efficiente che costruisca una rete ottimale adeguata per soddisfare una futura domanda basata sulle informazioni «odierne» e sulle previsioni della domanda. Tali adeguamenti erano basati su una proiezione e su un modello di rete ottimale anziché su una stima che riflettesse i costi incrementali degli attivi esistenti della ricorrente. |
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226 |
Ne consegue che gli adeguamenti di ottimizzazione, in generale, e la sostituzione degli attivi esistenti con i loro equivalenti più moderni, in particolare, avevano una finalità diversa dalla rivalutazione degli attivi proposta dalla ricorrente. Inoltre, la presa in considerazione, da parte della Commissione, della rivalutazione degli attivi esistenti proposta dalla ricorrente, a causa della mancanza di altri dati più attendibili sui CMILT di tale operatore, non presupponeva affatto che la Commissione accettasse necessariamente gli adeguamenti di ottimizzazione dei CMILT. La Commissione era pertanto legittimata a trattare in modo diverso, da un lato, la sostituzione degli attivi esistenti con i loro equivalenti più moderni e, dall’altro, la rivalutazione degli attivi proposta dalla ricorrente. |
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227 |
Sotto un secondo profilo, la tesi della ricorrente non può essere condivisa quando essa contesta la conclusione contenuta nel punto 901 della decisione impugnata, secondo la quale gli adeguamenti di ottimizzazione porterebbero a calcolare i CMILT in base agli attivi di un ipotetico concorrente e non ai propri attivi. |
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228 |
A tal riguardo, va ricordato che, secondo una giurisprudenza costante, la valutazione della liceità della politica dei prezzi applicata da un’impresa in posizione dominante, alla luce dell’articolo 102 TFUE, presuppone, in via di principio, di fare riferimento a criteri relativi ai prezzi basati sui costi sostenuti dall’impresa dominante stessa e sulla strategia di quest’ultima (v. sentenza del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige, C‑52/09, EU:C:2011:83, punto 41 e giurisprudenza ivi citata, sentenza del 29 marzo 2012, Telefónica e Telefónica de España/Commissione, T‑336/07, EU:T:2012:172, punto 190; v. anche, in tal senso, sentenza del 10 aprile 2008, Deutsche Telekom/Commissione, T‑271/03, EU:T:2008:101, punto 188 e giurisprudenza ivi citata). |
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229 |
In particolare, con riferimento ad una pratica tariffaria che dà luogo alla compressione dei margini, l’uso di siffatti criteri di analisi consente di verificare se, conformemente al criterio del concorrente altrettanto efficiente richiamato al precedente punto 108, tale impresa sarebbe stata sufficientemente efficiente da proporre le sue prestazioni al dettaglio ai clienti finali in modo diverso che in perdita, qualora fosse stata previamente obbligata a pagare i propri prezzi all’ingrosso per le prestazioni intermedie (sentenze del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione, C‑280/08 P,EU:C:2010:603, punto 201; del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige, C‑52/09, EU:C:2011:83, punto 42, e del 29 marzo 2012, Telefónica e Telefónica de España/Commissione, T‑336/07, EU:T:2012:172, punto 191). |
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230 |
Tale approccio è tanto più giustificato in quanto risulta parimenti conforme al principio generale della certezza del diritto, tenuto conto del fatto che la valutazione dei costi dell’impresa dominante consente a quest’ultima, in considerazione della particolare responsabilità che le incombe ex articolo 102 TFUE, di valutare la legittimità della propria condotta. Anche se un’impresa dominante conosce i propri costi e le proprie tariffe, non conosce, in linea di principio, quelli dei suoi concorrenti (sentenze del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione, C‑280/08 P, EU:C:2010:603, punto 202; del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige, C‑52/09, EU:C:2011:83, punto 44, e del 29 marzo 2012, Telefónica e Telefónica de España/Commissione, T‑336/07, EU:T:2012:172, punto 192). |
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231 |
È vero che la Corte ha precisato, ai punti 45 e 46 della sentenza del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige (C‑52/09, EU:C:2011:83), che non si poteva escludere che i costi e i prezzi dei concorrenti potessero assumere rilievo nell’esame della pratica che comporta la compressione dei margini. Tuttavia, da tale sentenza risulta che è soltanto allorché non sia possibile, tenuto conto delle circostanze, fare riferimento ai prezzi e ai costi dell’impresa dominante che occorre esaminare quelli dei concorrenti nello stesso mercato, ciò che la ricorrente non ha sostenuto nel caso di specie (v., per analogia, sentenza del 29 marzo 2012, Telefónica e Telefónica de España/Commissione, T‑336/07, EU:T:2012:172, punto 193). |
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232 |
Nel caso di specie, da un lato, la sostituzione degli attivi esistenti con i loro equivalenti più moderni mirava ad adeguare i costi degli attivi mantenendo il valore degli attivi «attuali», senza tuttavia procedere a corretti adeguamenti degli ammortamenti (punto 900 della decisione impugnata). Tale sostituzione avrebbe portato a calcolare la compressione dei margini in base ad attivi ipotetici, vale a dire attivi non corrispondenti a quelli detenuti dalla ricorrente. I costi relativi agli attivi della ricorrente sarebbero stati quindi sottostimati (punti 893 e 900). D’altro lato, la presa in considerazione della capacità inutilizzata in base alla capacità «attualmente» utilizzata avrebbe avuto come risultato di escludere i beni della ricorrente che non erano oggetto di un uso produttivo (v. supra, punto 218). |
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233 |
Pertanto, alla luce dei principi richiamati ai precedenti punti da 228 a 231, la Commissione ha potuto concludere, senza incorrere in errore, che gli adeguamenti di ottimizzazione dei CMILT proposti dalla ricorrente avrebbero portato, nel calcolo della compressione dei margini, a discostarsi dai costi sostenuti dall’operatore stesso tra il 12 agosto 2005 e il 31 dicembre 2010. |
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234 |
Infine, non si può condividere la tesi della ricorrente quando sostiene che, nella decisione impugnata, la Commissione ha violato il principio secondo il quale l’esame di una compressione dei margini deve basarsi su un concorrente efficiente, quando essa ha rilevato in sostanza che era inevitabile che talune capacità rimanessero talvolta inutilizzate (punto 902 della decisione impugnata). Infatti, dai principi richiamati ai precedenti punti 230 e 231 risulta che l’esame di una pratica tariffaria che dà luogo alla compressione dei margini consiste, in sostanza, nel valutare se un concorrente efficiente quanto l’operatore in posizione dominante possa proporre i servizi considerati ai clienti finali senza incorrere in una perdita. Siffatto esame non viene effettuato, pertanto, facendo riferimento a un operatore perfettamente efficiente alla luce delle condizioni di mercato nel momento in cui viene attuata tale pratica. Orbene, se la Commissione avesse accettato gli adeguamenti di ottimizzazione collegati alle capacità inutilizzate, il calcolo dei CMILT della ricorrente avrebbe rispecchiato i costi connessi a una rete ottimale corrispondente alla domanda e che non risentiva delle inefficienze della rete di tale operatore, ossia i costi di un concorrente più efficiente rispetto alla ricorrente. Pertanto, nel caso di specie, sebbene sia pacifico che una parte degli attivi pertinenti della ricorrente è rimasta inutilizzata tra il 12 agosto 2005 e il 31 dicembre 2010, è senza incorrere in errori che la Commissione ha potuto includere detta parte degli attivi, in altri termini la capacità inutilizzata, nel calcolo dei CMILT. |
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235 |
La Commissione ha quindi, a buon diritto, respinto gli adeguamenti di ottimizzazione e ha pertanto basato la propria analisi del carattere abusivo delle pratiche tariffarie della ricorrente, in particolare, facendo riferimento ai costi di quest’ultima. |
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236 |
Sotto un terzo profilo, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il rigetto degli adeguamenti di ottimizzazione non è in contrasto con le considerazioni esposte nelle sentenze del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige (C‑52/09, EU:C:2011:83), e del 10 aprile 2008, Deutsche Telekom/Commissione (T‑271/03, EU:T:2008:101), secondo le quali può essere opportuno prendere in considerazione i costi dei concorrenti piuttosto che quelli dell’impresa in posizione dominante. |
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237 |
Infatti, da un lato, per quanto riguarda la causa che ha dato luogo alla sentenza del 10 aprile 2008, Deutsche Telekom/Commissione (T‑271/03, EU:T:2008:101, punto 210), gli oneri di risoluzione di cui trattasi costituivano tariffe all’ingrosso fatturate dall’impresa in posizione dominante al suo concorrente e facevano parte del costo totale sostenuto da tale concorrente. Tali oneri dovevano essere quindi inclusi nel calcolo dei costi di un concorrente altrettanto efficiente. Orbene, detti oneri erano diversi da una proiezione nonché da un modello di rete ottimale, che non riflettevano i costi incrementali degli attivi esistenti della ricorrente (v. supra, punto 225). |
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238 |
Dall’altro lato, per quanto riguarda la sentenza del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige (C‑52/09, EU:C:2011:83), come è stato ricordato ai precedenti punti 230 e 231, da tale sentenza risulta che solamente nel caso in cui non sia possibile, tenuto conto delle circostanze, far riferimento ai prezzi e ai costi dell’impresa dominante occorre esaminare quelli dei concorrenti nello stesso mercato. Orbene, così non è nel caso di specie, dal momento che i costi degli attivi della ricorrente, in base a una nuova valutazione successiva, potevano essere stabiliti e costituivano un indicatore per stimare i costi di un concorrente altrettanto efficiente. |
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239 |
Da quanto precede risulta che la prima parte del terzo motivo deve essere respinta in quanto infondata. |
b) Sulla seconda parte, vertente sull’errore di calcolo per quanto riguarda la compressione dei margini, a causa del consolidamento delle entrate e dei costi per l’intero periodo in questione, e sulla violazione del principio della certezza del diritto
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240 |
La ricorrente contesta il ricorso, da parte della Commissione, all’approccio su più periodi (approccio pluriennale, esposto al punto 1013 della decisione impugnata). La Commissione avrebbe adottato tale approccio, che non esiste nella comunicazione degli addebiti, per convertire i margini positivi in margini negativi. Infatti, essa avrebbe ottenuto margini positivi, durante il procedimento amministrativo, adottando l’approccio cosiddetto «periodo per periodo» (anno per anno). Tuttavia, utilizzando l’approccio su più periodi (pluriennale), la Commissione avrebbe esteso il periodo dell’infrazione. In particolare, l’approccio cosiddetto «periodo per periodo» (anno per anno) avrebbe portato alla constatazione di margini negativi per ogni anno durante il periodo dal 2005 al 2010. Il margine negativo del 2005, constatato nella comunicazione degli addebiti, sarebbe stato, tuttavia, trasformato in un margine positivo nella decisione impugnata. Di conseguenza, applicando l’approccio cosiddetto «periodo per periodo» (anno per anno) non vi sarebbe stata, in realtà, alcuna pratica che desse luogo alla compressione dei margini nel corso del 2005. Sulla base di un esempio in cifre, la ricorrente conclude che, secondo l’approccio su più periodi (pluriennale) utilizzato dalla Commissione, una compressione dei margini poteva essere individuata su tutto il periodo (mentre tale ipotesi non ricorre se ogni anno viene consolidato). |
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241 |
Pertanto, l’approccio su più periodi (pluriennale) sarebbe arbitrario e in contrasto con il principio della certezza del diritto, dato che il periodo dell’infrazione dipende interamente dal periodo durante il quale i margini sono aggregati e comparati. |
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242 |
La ricorrente ritiene che, se tali errori fossero corretti, non vi sarebbero i presupposti per constatare la pratica che dà luogo alla compressione dei margini, e la Commissione non avrebbe adempiuto all’obbligo di provare l’infrazione. L’allegato A.21 del ricorso dimostrerebbe la presenza di un vizio sostanziale nell’analisi dei costi e delle entrate effettuata dalla Commissione. |
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243 |
L’argomento della Commissione secondo il quale una pratica che comporta la compressione dei margini può essere constatata, nonostante l’esistenza di un margine positivo, sarebbe in contrasto con la giurisprudenza, poiché il criterio giuridico per dimostrare il carattere abusivo di una pratica tariffaria che comporta la compressione dei margini, ai sensi dell’articolo 102 TFUE, sarebbe di accertare se l’impresa stessa, o un’impresa altrettanto efficiente, sarebbe stata in grado di offrire i propri servizi agli abbonati senza subire perdite. Il margine positivo non condurrebbe necessariamente a un abuso. La conditio sine qua non della dimostrazione di una pratica che comporta la compressione dei margini abusiva sarebbe l’esistenza di un margine negativo in un concorrente altrettanto efficiente, circostanza che non sarebbe dimostrata nel caso di specie per il 2005. |
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244 |
Inoltre, sarebbe errata l’affermazione della Commissione secondo la quale l’approccio su più periodi (pluriennale) è stato proposto dalla ricorrente, in quanto essa avrebbe, in realtà, suggerito il metodo di attualizzazione menzionato al precedente punto 194. |
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245 |
In primo luogo, la Commissione osserva che dai punti 997 e 998 della decisione impugnata risulta che l’approccio cosiddetto «periodo per periodo» (anno per anno) ha consentito di dimostrare che un concorrente altrettanto efficiente che utilizzava, nel mercato all’ingrosso, l’accesso alla rete locale della ricorrente presentava margini negativi e non poteva riprodurre in modo redditizio il portafoglio al dettaglio a banda larga della ricorrente. Tale conclusione non sarebbe inficiata dal fatto che il margine era positivo negli ultimi quattro mesi del 2005. È solo dopo essere giunta a tale conclusione che la Commissione avrebbe rafforzato la sua analisi con l’approccio su più periodi (pluriennale). Per quanto riguarda gli argomenti relativi alla fondatezza di tale approccio su più periodi (pluriennale), la Commissione fa riferimento agli argomenti dalla stessa presentati nell’ambito della seconda parte del secondo motivo. |
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246 |
In secondo luogo, la Commissione fa valere che dalla sentenza del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige (C‑52/09, EU:C:2011:83, punti 74 e 75), si evince che una compressione dei margini abusiva può sussistere, anche qualora i margini restino positivi, nel caso in cui le pratiche dell’impresa in posizione dominante possano rendere quantomeno più difficile, per gli operatori interessati, l’esercizio delle loro attività nel mercato, a causa, ad esempio, di una redditività artificialmente ridotta, quando tali pratiche non sono giustificate sul piano economico. Di conseguenza, il fatto che il margine fosse positivo negli ultimi quattro mesi del 2005 non significherebbe automaticamente che il comportamento della ricorrente non costituisse un abuso nel corso di tale periodo. Al contrario, tale comportamento costituisce, secondo la Commissione, un abuso se la politica tariffaria della ricorrente poteva avere un effetto di esclusione per i concorrenti almeno altrettanto efficienti, rendendo più difficile, o addirittura impossibile, l’accesso al mercato di cui trattasi per tali concorrenti. Inoltre, per valutare la liceità della politica in materia di prezzi applicata da un’impresa in posizione dominante, si dovrebbe fare riferimento alla sua strategia, che, nel caso di specie, indicherebbe che la ricorrente sapeva di fissare prezzi più elevati del suo reddito medio, per l’accesso all’ingrosso, a livello della rete locale e che essa poteva praticare la compressione dei margini. |
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247 |
In terzo luogo, per quanto riguarda le critiche relative all’approccio su più periodi (pluriennale), la Commissione ribadisce i propri argomenti secondo i quali il periodo dell’infrazione è già stato determinato applicando l’approccio cosiddetto «periodo per periodo». Infatti, in base a detto approccio, la Commissione avrebbe concluso che tale periodo d’infrazione è iniziato il 12 agosto 2005. Il periodo stabilito per l’approccio su più periodi (pluriennale) sarebbe stato determinato per il periodo dell’infrazione che era già stato individuato nell’ambito dell’approccio cosiddetto «periodo per periodo». Inoltre, la Commissione sostiene che, pur essendo consapevole delle carenze dell’approccio su più periodi (pluriennale), quest’ultimo è stato proposto dalla ricorrente ai punti 1388 e 1389 della sua risposta alla comunicazione degli addebiti. |
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248 |
Infine, la tesi della ricorrente, secondo la quale l’approccio su più periodi (pluriennale) potrebbe essere basato sulla durata dell’abbonamento di un cliente o di un contratto, non troverebbe alcun fondamento nella giurisprudenza, poiché, nella causa Telefónica, come nel caso di specie, l’analisi su più periodi (pluriennale) avrebbe riguardato circa cinque anni, corrispondenti al contempo alla durata dell’infrazione e alla durata di vita degli attivi in questione. |
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249 |
L’interveniente sottolinea che l’approccio della Commissione, quando ha calcolato la compressione dei margini, era prudente e favorevole alla ricorrente, in quanto non ha incluso nei CMILT, al fine di evitare postulati puramente ipotetici su tali costi, le spese di co‑ubicazione, che costituivano, per gli operatori alternativi, un importo ignoto e, per la ricorrente, una parte considerevole dei costi relativi alla rete locale. |
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250 |
Con la seconda parte del terzo motivo, la ricorrente contesta alla Commissione, in sostanza, di aver applicato l’approccio su più periodi (pluriennale) al solo fine di estendere il periodo di infrazione agli ultimi quattro mesi del 2005, durante i quali, secondo l’approccio cosiddetto «periodo per periodo» (anno per anno), esisteva un margine positivo. La Commissione avrebbe quindi erroneamente concluso per l’esistenza di una compressione dei margini nel corso del 2005 e violato il principio della certezza del diritto. |
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251 |
A tal riguardo, si deve ricordare che la Commissione ha concluso, basandosi sull’approccio cosiddetto «periodo per periodo» (anno per anno) che la ricorrente aveva avviato pratiche di compressione dei margini sin dal 12 agosto 2005. Infatti, dal punto 997 della decisione impugnata risulta che, sulla base di un’analisi riguardante ogni anno nel corso del periodo in esame, un concorrente altrettanto efficiente che utilizzava l’accesso all’ingrosso alla rete locale della ricorrente presentava margini negativi e non poteva riprodurre in modo redditizio il portafoglio al dettaglio a banda larga della ricorrente. Al punto 998 della decisione impugnata, la Commissione ha precisato che il fatto che vi fosse un margine positivo per quattro mesi nel 2005 non inficiava tale conclusione, dato che l’ingresso per quattro mesi non poteva essere considerato un ingresso su base duratura. Secondo la Commissione, gli operatori considerano la loro capacità a ottenere un rendimento ragionevole su un periodo più lungo, che si estende su più anni (punto 998 della decisione impugnata). Su tale base, la Commissione ha concluso, al punto 1012 di detta decisione, che, durante il periodo dal 12 agosto 2005 al 31 dicembre 2010, un concorrente efficiente quanto la ricorrente non avrebbe potuto riprodurre in modo redditizio il portafoglio al dettaglio di tale operatore. |
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252 |
Tuttavia, come è stato ricordato al precedente punto 228, al fine di valutare la liceità della politica dei prezzi applicata da un’impresa dominante, occorre, in linea di principio, fare riferimento a criteri relativi ai prezzi basati sui costi sostenuti dall’impresa dominante stessa e sulla strategia di quest’ultima. |
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253 |
In particolare, con riferimento ad una pratica tariffaria che dà luogo alla compressione dei margini, l’uso di siffatti criteri di analisi consente di verificare se tale impresa sarebbe stata sufficientemente efficiente da proporre le sue prestazioni al dettaglio ai clienti finali in modo diverso che in perdita, qualora fosse stata previamente obbligata a pagare i propri prezzi all’ingrosso per le prestazioni intermedie (v. supra, punto 229 e giurisprudenza ivi citata). |
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254 |
Da un lato, tale approccio è tanto più giustificato in quanto risulta parimenti conforme al principio generale della certezza del diritto, tenuto conto del fatto che la valutazione dei costi dell’impresa dominante consente a quest’ultima, in considerazione della particolare responsabilità che le incombe ai sensi dell’articolo 102 TFUE, di valutare la legittimità della propria condotta. Infatti, un’impresa dominante, se è pur vero che conosce i propri costi e le proprie tariffe, non conosce, in linea di principio, quelli dei suoi concorrenti. D’altro lato, un abuso di esclusione incide anche sui concorrenti potenziali dell’impresa dominante, che la prospettiva di una mancanza di redditività potrebbe dissuadere dall’entrare nel mercato (v. supra, punto 230 e giurisprudenza ivi citata). |
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255 |
Ne deriva che, per determinare gli elementi costitutivi della pratica di compressione dei margini, la Commissione ha giustamente considerato, al punto 828 della decisione impugnata, il criterio del concorrente altrettanto efficiente, basato sulla prova che l’impresa in posizione dominante non potrebbe esercitare attività redditizie a valle fondandosi sul prezzo all’ingrosso applicato ai concorrenti a valle e sul prezzo al dettaglio applicato dal ramo a valle di tale impresa. |
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256 |
Orbene, come risulta dalle tabelle da 32 a 35 della decisione impugnata, l’analisi effettuata dalla Commissione ha portato, in tutti gli scenari considerati e come ammesso dalla stessa al punto 998 di tale decisione, a un margine positivo per il periodo compreso tra il 12 agosto e il 31 dicembre 2005. |
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257 |
In un tale caso di specie, la Corte ha già dichiarato che, ove l’impresa che detiene una posizione dominante fissi i propri prezzi ad un livello che copre la parte essenziale dei costi attribuibili alla commercializzazione del prodotto o all’esecuzione della prestazione di servizi di cui trattasi, un concorrente altrettanto efficiente al pari di detta impresa, in linea di principio, ha la possibilità di fare concorrenza a tali prezzi senza incorrere in perdite insostenibili nel lungo periodo (sentenza del 27 marzo 2012, Post Danmark, C‑209/10, EU:C:2012:172, punto 38). |
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258 |
Ne deriva che, durante il periodo compreso tra il 12 agosto e il 31 dicembre 2005, un concorrente efficiente quanto la ricorrente aveva, in linea di principio, la possibilità di fare concorrenza a tale operatore nel mercato al dettaglio dei servizi a banda larga a condizione che gli fosse accordato un accesso disaggregato alla rete locale, senza incorrere in perdite insostenibili nel lungo periodo. |
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259 |
È vero che la Corte ha dichiarato che, anche se un margine è positivo, non è escluso che la Commissione possa, nell’esaminare l’effetto di estromissione di una pratica tariffaria, dimostrare che l’applicazione di detta pratica era idonea a rendere quantomeno più difficile per gli operatori interessati l’esercizio delle loro attività sul mercato rilevante, a causa, ad esempio di una riduzione della redditività (v., in tal senso, sentenza del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige, C‑52/09, EU:C:2011:83, punto 74). Tale giurisprudenza è riconducibile all’articolo 2 del regolamento n. 1/2003, secondo il quale, in tutti i procedimenti relativi all’applicazione dell’articolo 102 TFUE, l’onere della prova di una violazione di tale articolo incombe alla parte o all’autorità che asserisce tale violazione, ossia, nel caso di specie, alla Commissione. |
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260 |
Tuttavia, nel caso di specie, è giocoforza constatare che la Commissione non ha dimostrato, nella decisione impugnata, che la pratica tariffaria della ricorrente, durante il periodo compreso tra il 12 agosto e il 31 dicembre 2005, ha comportato gli effetti di esclusione di cui trattasi. Orbene, tale dimostrazione era necessaria specialmente a causa della presenza di margini positivi. |
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261 |
La semplice affermazione, al punto 998 della decisione impugnata, che gli operatori considerano la loro capacità di ottenere un utile ragionevole su un periodo più lungo, che si estende su vari anni, non può costituire una prova di tal genere. Siffatta circostanza, quand’anche dimostrata, si basa infatti su una valutazione prospettica della redditività, necessariamente aleatoria. Inoltre, nel caso di specie, detti margini positivi sono emersi all’inizio del periodo in questione, in un momento in cui non era stato ancora possibile constatare alcun margine negativo. In tali circostanze, si deve considerare che la motivazione contenuta nel punto 998 della decisione impugnata non soddisfa il requisito derivante del principio della certezza del diritto e richiamato al precedente punto 230, secondo il quale un’impresa dominante deve essere in grado di valutare la conformità del suo comportamento all’articolo 102 TFUE. |
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262 |
Per la stessa ragione, la constatazione dei margini negativi, mediante l’applicazione dell’approccio riguardante più periodi (pluriennale), non può inficiare tale valutazione, poiché, nel caso di specie, tale approccio ha dato luogo a una constatazione siffatta solo attraverso una ponderazione dei margini positivi per il 2005 con i margini negativi constatati rispettivamente per il periodo dal 2006 al 2010 (punto 1013 della decisione impugnata) e dal 2006 al 2008 (punto 1014 della decisione impugnata). |
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263 |
Inoltre, al punto 1026 della decisione impugnata, la Commissione, in base a documenti dell’aprile 2005, elaborati dai servizi di regolamentazione della ricorrente e relativi a una strategia di presentazione dell’offerta di riferimento per l’accesso disaggregato alla rete locale e ai prezzi ULL, ha considerato che quest’ultima era a conoscenza, sin dal 12 agosto 2005, del fatto che i prezzi all’ingrosso a livello della rete locale esercitavano una compressione dei margini degli operatori alternativi. |
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264 |
Tuttavia, occorre sottolineare che, tenuto conto della presenza di margini positivi tra il 12 agosto e il 31 dicembre 2005, la Commissione era soggetta a un obbligo particolare per quanto riguarda la prova degli effetti di esclusione della pratica di compressione dei margini contestata alla ricorrente nel corso di tale periodo (v. giurisprudenza citata al precedente punto 259). |
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265 |
Pertanto, l’affermazione della Commissione e i documenti fatti valere a sostegno di tale affermazione non sono sufficienti a dimostrare l’effetto di esclusione della pratica di compressione dei margini contestata alla ricorrente e, ad esempio, una riduzione della redditività, che possa rendere quantomeno più difficile per gli operatori interessati l’esercizio delle loro attività nel mercato considerato. |
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266 |
Del resto, le sezioni 9 e 10 della decisione impugnata, dedicate agli effetti anticoncorrenziali del comportamento della ricorrente, non comprendono alcun esame degli effetti della presunta pratica di compressione dei margini nel periodo compreso tra il 12 agosto e il 31 dicembre 2005. |
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267 |
Pertanto, tenuto conto di una giurisprudenza consolidata secondo la quale l’esistenza di un dubbio nella mente del giudice deve andare a vantaggio dell’impresa destinataria della decisione con cui si constata un’infrazione (sentenze dell’8 luglio 2004, JFE Engineering e a./Commissione, T‑67/00, T‑68/00, T‑71/00 e T‑78/00, EU:T:2004:221, punto 177, e del 12 luglio 2011, Hitachi e a./Commissione, T‑112/07, EU:T:2011:342, punto 58), occorre considerare che la Commissione non ha fornito la prova che la pratica che dava luogo a una compressione dei margini da parte della ricorrente aveva avuto inizio prima del 1o gennaio 2006. Poiché la decisione impugnata è quindi viziata da un errore di valutazione su tale punto, non è necessario esaminare se tale approccio violi anche, come sostiene la ricorrente, l’articolo 23 del regolamento n. 1/2003. |
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268 |
Tenuto conto di quanto precede, la seconda parte del terzo motivo dedotto dalla ricorrente deve essere in parte accolta e l’articolo 1, paragrafo 2, lettera d), della decisione impugnata deve essere annullato in quanto constata che, nel corso del periodo compreso tra il 12 agosto e il 31 dicembre 2005, la ricorrente ha applicato tariffe inique che non consentivano a un operatore altrettanto efficiente che si basava sull’accesso all’ingrosso alle reti locali disaggregate della ricorrente di replicare i servizi al dettaglio offerti dalla ricorrente senza subire perdite. [omissis] |
5. Sul quinto motivo, dedotto in subordine, vertente su errori nella determinazione dell’importo dell’ammenda
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427 |
Con il suo quinto motivo, dedotto in subordine, la ricorrente sostiene che la Commissione è incorsa in errori nella determinazione dell’importo dell’ammenda di cui essa è responsabile. Tale motivo è suddiviso in due parti. La prima parte verte su un errore manifesto di valutazione, quando la Commissione ha preso in considerazione, ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda, il fatturato della ricorrente per l’esercizio 2010. La seconda parte verte su un errore manifesto di valutazione relativo alla data di inizio del periodo dell’infrazione. |
a) Sulla prima parte, vertente su un errore manifesto di valutazione nel prendere in considerazione, ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda, il fatturato della ricorrente per l’esercizio 2010
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428 |
La ricorrente ritiene che la Commissione sia incorsa in un errore manifesto di valutazione nel considerare, ai sensi del punto 13 degli orientamenti del 2006, che l’importo di base dell’ammenda doveva essere calcolato sulla base del fatturato dell’ultimo anno intero dell’infrazione, ossia, in particolare, il fatturato realizzato dalla ricorrente nel 2010 nel mercato dell’accesso disaggregato alle reti locali e della rete fissa a banda larga. |
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429 |
Così facendo, la Commissione si sarebbe discostata dalla propria prassi decisionale, ossia la decisione C(2011) 4378 definitivo, del 22 giugno 2011, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 102 TFUE [caso COMP/39.525 – Telekomunikacja Polska (Telecomunicazioni polacche); in prosieguo: la «decisione Telecomunicazioni polacche»]. Al punto 896 di tale decisione, la Commissione avrebbe rilevato che era opportuno utilizzare la media delle vendite annuali, a causa, da un lato, del forte aumento delle vendite durante il periodo di riferimento sul mercato in questione, in particolare nel caso di vendita all’ingrosso, e, dall’altro, del fatto che il mercato era ancora in fase di sviluppo e progrediva quindi in misura maggiore dei tassi di crescita normali di un mercato all’epoca dell’infrazione. Questa considerazione dovrebbe applicarsi al caso di specie, dal momento che la Commissione avrebbe ammesso, nella decisione impugnata, che il fatturato della ricorrente era aumentato del 133% tra il 2005 e il 2010. Pertanto, fondandosi su tale decisione, la ricorrente ritiene che l’importo di base dell’ammenda avrebbe dovuto essere calcolato sulla base della media dei cinque anni dell’infrazione constatata dalla Commissione. |
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430 |
Orbene, il fatto di basarsi sull’ultimo esercizio finanziario comporterebbe che, nel caso di specie, la Commissione avrebbe applicato alla ricorrente norme più rigorose di quelle da essa applicate nella decisione Telecomunicazioni polacche. La ricorrente aggiunge, a tal riguardo, che, se è pur vero che la Commissione dispone di un margine di discrezionalità nel fissare l’importo delle ammende, essa non può agire in modo arbitrario e incoerente. |
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431 |
La Commissione, sostenuta dall’interveniente, contesta tali argomenti. |
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432 |
Occorre, anzitutto, ricordare che l’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 dispone che, per determinare l’ammontare dell’ammenda occorre tener conto, oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata. |
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433 |
Inoltre, va ricordato che, secondo il punto 13 degli orientamenti del 2006, «[a]l fine di determinare l’importo di base dell’ammenda da infliggere, la Commissione utilizzerà il valore delle vendite dei beni o servizi, ai quali l’infrazione direttamente o indirettamente si riferisce (…), realizzate dall’impresa nell’area geografica interessata all’interno dello Spazio economico europeo (SEE)», e che a tal fine, «in linea di massima», essa «prenderà come riferimento le vendite realizzate dall’impresa nell’ultimo anno intero in cui questa ha partecipato all’infrazione». |
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434 |
Inoltre, dalla giurisprudenza emerge che la quota del fatturato proveniente dalle merci o dai servizi oggetto dell’infrazione è tale da fornire un’esatta indicazione della portata di un’infrazione nel mercato interessato, in quanto il volume di affari realizzato su tali merci o servizi costituisce un criterio oggettivo che fornisce il giusto metro della nocività della pratica medesima rispetto al normale gioco della concorrenza (v., in tal senso, sentenza del 28 giugno 2016, Portugal Telecom/Commissione, T‑208/13, EU:T:2016:368, punto 236 e giurisprudenza ivi citata). |
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435 |
Il punto 13 degli orientamenti del 2006 mira quindi, per quanto riguarda la violazione dell’articolo 102 TFUE, ad assumere quale base iniziale ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda inflitta all’impresa in questione un importo che rifletta l’importanza economica dell’infrazione (v., in tal senso, sentenze dell’11 luglio 2013, Team Relocations e a./Commissione, C‑444/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:464, punto 76; del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione, C‑580/12 P, EU:C:2014:2363, punto 57, e del 23 aprile 2015, LG Display e LG Display Taiwan/Commissione, C‑227/14 P, EU:C:2015:258, punto 53). |
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436 |
Tuttavia, occorre anche sottolineare che l’autolimitazione del potere discrezionale della Commissione risultante dall’adozione degli orientamenti del 2006 non è incompatibile con il mantenimento di un margine di discrezionalità sostanziale per tale istituzione. Detti orientamenti contengono, infatti, diversi elementi di flessibilità che consentono alla Commissione di esercitare il suo potere discrezionale in conformità con le disposizioni del regolamento n. 1/2003, come interpretate dai giudici dell’Unione (v., in tal senso, sentenza dell’11 luglio 2013, Team Relocations e a./Commissione, C‑444/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:464, punto 96 e giurisprudenza ivi citata), se non addirittura con altre norme e principi del diritto dell’Unione. In particolare, lo stesso punto 13 degli orientamenti del 2006 precisa che la Commissione, «in linea di massima», deve prendere come riferimento le vendite realizzate dall’impresa interessata nell’ultimo anno intero in cui questa ha partecipato all’infrazione, nel calcolare l’importo dell’ammenda di base (v., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2015, Samsung SDI e a./Commissione, T‑84/13, non pubblicata, EU:T:2015:611). |
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437 |
Nel caso di specie, dai punti da 1490 a 1495 della decisione impugnata emerge che, al fine di determinare l’importo di base dell’ammenda inflitta in solido alla ricorrente e alla Deutsche Telekom, la Commissione ha tenuto conto delle vendite realizzate dalla ricorrente nell’ultimo anno intero della sua partecipazione all’infrazione, ossia il fatturato realizzato da tale operatore nel mercato dell’accesso disaggregato alle reti locali e della banda larga al dettaglio per i servizi fissi nel 2010. Pertanto, la Commissione ha applicato il punto 13 degli orientamenti del 2006. |
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438 |
Orbene, la tesi della ricorrente non può essere condivisa quando essa afferma che la Commissione è incorsa in un errore manifesto di valutazione non discostandosi da tale regola nel caso di specie, nonostante il significativo aumento del suo fatturato durante il periodo in questione. |
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439 |
Infatti, da un lato, pur sostenendo che, nel corso del periodo dal 2005 al 2010, il fatturato è aumentato del 133%, passando da EUR 31184949 a EUR 72868176, la ricorrente non presenta tuttavia alcun elemento di prova tale da dimostrare che quest’ultimo fatturato, realizzato nel corso dell’ultimo anno civile intero dell’infrazione, non costituiva, nel momento in cui la Commissione ha adottato la decisione impugnata, un’indicazione delle sue effettive dimensioni, della sua potenza economica nel mercato e della portata dell’infrazione in questione. |
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440 |
D’altra parte, la tesi della ricorrente non può essere condivisa quando essa contesta alla Commissione di aver ignorato la decisione Telecomunicazioni polacche e, in tal modo, di aver violato la propria prassi precedente e imposto un criterio diverso da quello previsto al punto 13 degli orientamenti del 2006. |
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441 |
Infatti, da una giurisprudenza costante risulta che la prassi decisionale precedente della Commissione non può servire come quadro giuridico delle ammende in materia di concorrenza e che decisioni relative ad altri casi rivestono solo un carattere indicativo per quanto concerne l’eventuale esistenza di una violazione del principio della parità di trattamento, poiché è poco verosimile che le circostanze proprie di questi, quali i mercati, i prodotti, le imprese e i periodi considerati, siano identiche (v. sentenza del 24 settembre 2009, Erste Group Bank e a./Commissione, C‑125/07 P, C‑133/07 P e C‑137/07 P, EU:C:2009:576, punto 233 e giurisprudenza ivi citata; sentenze del 16 giugno 2011, Heineken Nederland e Heineken/Commissione, T‑240/07, EU:T:2011:284, punto 347, e del 27 febbraio 2014, InnoLux/Commissione, T‑91/11, EU:T:2014:92, punto 144). |
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442 |
Pertanto, le decisioni precedenti della Commissione in materia di ammende possono essere pertinenti con riguardo al rispetto del principio della parità di trattamento soltanto se si è dimostrato che le circostanze dei casi relativi a queste altre decisioni, quali i mercati, i prodotti, i paesi, le imprese e i periodi considerati, sono analoghe a quelle del caso di specie (v. sentenze del 13 settembre 2010, Trioplast Industrier/Commissione, T‑40/06, EU:T:2010:388, punto 145 e giurisprudenza ivi citata; del 29 giugno 2012, E.ON Ruhrgas e E.ON/Commissione, T‑360/09, EU:T:2012:332, punto 262 e giurisprudenza ivi citata, e del 9 settembre 2015, Philips/Commissione, T‑92/13, non pubblicata, EU:T:2015:605, punto 204 e giurisprudenza ivi citata). |
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443 |
Orbene, nel caso di specie, la ricorrente non ha prodotto alcun elemento tale da dimostrare che le circostanze della causa che ha dato luogo alla decisione Telecomunicazioni polacche erano equiparabili a quelle del caso di specie. La Commissione ha precisato nelle sue memorie che, in quest’ultima causa, essa aveva preso in considerazione il fatturato medio degli anni dal 2005 al 2009, in quanto il fatturato pertinente del periodo considerato aveva conosciuto un aumento esponenziale, ossia pari al 2800% per il periodo dal 2006 al 2007, al 370% per il periodo dal 2007 al 2008 e al 160% per il periodo dal 2008 al 2009. Orbene, risulta da queste cifre, la cui esattezza non è contestata dalla ricorrente, che, da un lato, il tasso di crescita del fatturato era molto più elevato nel caso che ha dato luogo alla decisione Telecomunicazioni polacche rispetto a quello della ricorrente nel caso di specie e che, dall’altro, tale fatturato ha subito un’evoluzione meno stabile del fatturato rilevato nel caso di specie. |
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444 |
Da quanto precede risulta che, prendendo in considerazione, nella fattispecie, il fatturato realizzato dalla ricorrente durante l’esercizio conclusosi il 31 dicembre 2010, ossia l’ultimo anno intero di partecipazione all’infrazione, rispettando così la regola che essa si era prefissata al punto 13 degli orientamenti del 2006, la Commissione non ha ecceduto i limiti del suo potere discrezionale in materia di fissazione dell’importo delle ammende. |
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445 |
La prima parte del quinto motivo deve essere pertanto respinta in quanto infondata. |
c) Sulla seconda parte, vertente su un errore manifesto di valutazione relativo alla data di inizio del periodo dell’infrazione
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446 |
Con la seconda parte, la ricorrente sostiene che la decisione impugnata è viziata da un errore manifesto di valutazione in quanto conclude per l’esistenza di un’infrazione a decorrere dal 12 agosto 2005, ossia la data di pubblicazione dell’offerta di riferimento. Poiché tale offerta è un contratto quadro, essa sarebbe destinata a evolvere, in particolare durante i negoziati con terzi o in seguito al parere delle autorità nazionali di regolamentazione. |
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447 |
Più in particolare, la ricorrente sottolinea che, da un lato, tale offerta era la prima che essa avesse mai elaborato, il che rendeva i chiarimenti e le modifiche attraverso i negoziati ancora più necessari. |
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448 |
Dall’altro lato, la posizione della Commissione secondo la quale l’infrazione ha inizio con la pubblicazione dell’offerta di riferimento per la disaggregazione non sarebbe in linea con la sua prassi decisionale. Infatti, a titolo esemplificativo, nella decisione C(2004) 1958 definitivo, del 2 giugno 2004 (caso COMP/38.096 – Clearstream) (in prosieguo: la «decisione Clearstream»), la Commissione avrebbe concluso che la Clearstream aveva abusato della sua posizione dominante rifiutando in modo indiretto di fornire alla Euroclear servizi di compensazione e di regolamento primari per le azioni nominative. La Commissione avrebbe, tuttavia, riconosciuto la necessità di concedere un certo periodo di tempo alle parti per consentire loro di negoziare le modalità dei contratti (punto 341 della decisione Clearstream). Analogamente, nella decisione Telecomunicazioni polacche, la Commissione non avrebbe considerato la data di pubblicazione dell’offerta di riferimento come momento iniziale dell’infrazione, ma come giorno in cui erano state avviate le prime negoziazioni con gli altri operatori. |
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449 |
La ricorrente ritiene che possa sussistere un’infrazione per rifiuto di fornitura solo dopo che i negoziati sull’accesso siano falliti a causa della natura irragionevole delle condizioni fissate dal detentore della rete. Inoltre, secondo la ricorrente, sulla Commissione grava l’onere della prova per quanto riguarda il momento in cui i negoziati siano falliti a causa di condizioni irragionevoli imposte della ricorrente. Peraltro, si dovrebbe tener conto del fatto che i negoziati per l’accesso sono, per definizione, lunghi e difficili a causa della complessità della materia. |
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450 |
In subordine, la ricorrente ritiene che il presunto rifiuto di accesso abbia inizio o al termine di un periodo ragionevole per concedere di norma l’accesso richiesto, tenuto conto dei preparativi necessari da entrambe le parti (punto 341 della decisione Clearstream), o il giorno in cui sono stati avviati i primi negoziati sull’accesso con altri operatori (punto 909 della decisione Telecomunicazioni polacche). |
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451 |
La Commissione, sostenuta dall’interveniente, contesta tali argomenti. |
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452 |
A tal riguardo, è pacifico che il presidente del TUSR, con la decisione del 14 giugno 2005, ha imposto alla ricorrente di fornire un accesso disaggregato alla sua rete locale a condizioni eque e ragionevoli e che al fine di soddisfare tale obbligo la ricorrente ha pubblicato, il 12 agosto 2005, un’offerta di riferimento per la disaggregazione (v. supra, punti 9 e 10). |
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453 |
Inoltre, la ricorrente non contesta la descrizione del contenuto dell’offerta di riferimento contenuta nella sezione 7.6 della decisione impugnata («Clausole e condizioni inique della ST»), a termini della quale la Commissione ha concluso, al punto 820 di detta decisione, che le clausole e le condizioni di tale offerta erano state fissate in modo da rendere l’accesso disaggregato alla rete locale inaccettabile per gli operatori alternativi. |
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454 |
Orbene, da tale parte della decisione impugnata emerge che le pratiche abusive, che sono state ivi classificate come «rifiuto di fornitura», da parte della Commissione, risultavano, essenzialmente, dalla stessa offerta di riferimento. |
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455 |
Pertanto, per quanto riguarda, in primo luogo, l’occultamento agli operatori alternativi di informazioni relative alla rete della ricorrente, necessarie per l’accesso disaggregato alla rete locale, dal punto 439 della decisione impugnata risulta anzitutto che la Commissione ha ritenuto che l’offerta di riferimento non contenesse le informazioni di base relative all’ubicazione dei punti di accesso fisici e alla disponibilità delle reti locali in parti specifiche della rete di accesso. Inoltre, ai punti da 443 a 528 della decisione impugnata, la Commissione ha esaminato certamente le informazioni relative alla rete fornite dalla ricorrente su richiesta di un operatore alternativo ai fini di una disaggregazione. Tuttavia, da tale parte della decisione impugnata risulta altresì che le modalità di accesso a tali informazioni, considerate dalla Commissione inique e quindi dissuasive per gli operatori alternativi, risultavano dalla stessa offerta di riferimento. La Commissione ha contestato in particolare la circostanza, anzitutto, che l’offerta di riferimento non aveva determinato la portata esatta delle informazioni relative alla rete che la ricorrente avrebbe messo a disposizione degli operatori alternativi, specificando le categorie di informazioni considerate (punto 507 della decisione impugnata), inoltre, che detta offerta prevedeva l’accesso alle informazioni provenienti da sistemi informativi non pubblici solo dopo la conclusione dell’accordo quadro sull’accesso alla rete locale (punto 510 della decisione impugnata) e, infine, che tale offerta subordinava siffatto accesso alle informazioni relative alla rete della ricorrente al pagamento, da parte dell’operatore alternativo, di tariffe elevate (punti 519 e 527 della decisione impugnata). |
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456 |
Per quanto riguarda, in secondo luogo, la riduzione, da parte della ricorrente, della portata del suo obbligo regolamentare in materia di accesso disaggregato alla rete locale, emerge, anzitutto, dai punti 535 e 536 della decisione impugnata che la limitazione di detto obbligo alle sole linee attive (v. supra, punto 32), contestata dalla Commissione alla ricorrente, risultava dal punto 5.2 della parte introduttiva della sua offerta di riferimento. Inoltre, dai punti 570, 572, 577, 578 e 584 della decisione impugnata risulta in particolare che è alla luce delle clausole contenute nell’allegato 3 dell’offerta di riferimento che la Commissione ha dedotto che la ricorrente aveva escluso in modo ingiustificato i servizi in conflitto dal suo obbligo in materia di accesso disaggregato alla rete locale (v. supra, punto 33). Infine, dal punto 606 della decisione impugnata deriva che la regola della limitazione dell’uso del cavo al 25%, imposta dalla ricorrente per l’accesso disaggregato alla rete locale e considerata dalla Commissione ingiustificata (v. supra, punto 34), risultava dall’allegato 8 dell’offerta di riferimento. |
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457 |
Per quanto riguarda, in terzo luogo, la fissazione, da parte ricorrente, di condizioni inique in materia di disaggregazione riguardanti la co‑ubicazione, le previsioni, le riparazioni, l’assistenza, la manutenzione e la costituzione di una garanzia bancaria, tali condizioni risultavano tutte, come dimostrato nella sezione 7.6.4 della decisione impugnata, dall’offerta di riferimento pubblicata da tale operatore il 12 agosto 2005. Inoltre, le clausole considerate inique dalla Commissione erano contenute rispettivamente negli allegati 4, 5, 14 e 15 di detta offerta per quanto riguarda la co‑ubicazione (punti 653, 655 e 683 della decisione impugnata), negli allegati 12 e 14 per quanto riguarda l’obbligo di previsione da parte di operatori alternativi (punti 719 e da 726 a 728 della decisione impugnata), nell’allegato 5 per quanto riguarda la procedura di qualificazione delle reti locali (punti 740, 743, 767, 768 e 774 della decisione impugnata), nell’allegato 11 per quanto riguarda le clausole e le condizioni relative alle riparazioni, all’assistenza e alla manutenzione (punti 780, 781, 787, 790 e 796 della decisione impugnata), e negli allegati 5 e 17 per quanto riguarda la garanzia bancaria richiesta all’operatore alternativo candidato all’accesso disaggregato (punti 800, da 802 a 807, 815 e 816 della decisione impugnata). |
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458 |
Ne consegue che, anche supponendo che alcune di queste modalità possano essere state attenuate nell’ambito di negoziazioni bilaterali tra la ricorrente e operatori candidati all’accesso, circostanza che la ricorrente si limita ad affermare, senza fornire elementi di prova a sostegno, la Commissione ha giustamente concluso che l’offerta di riferimento pubblicata il 12 agosto 2005 aveva potuto dissuadere sin da tale data dalla presentazione di domande di accesso da parte di operatori alternativi, a causa delle clausole e delle condizioni inique ivi contenute. |
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459 |
In tali circostanze, è senza incorrere in errori che la Commissione ha ritenuto che la ricorrente avesse compromesso, a causa delle modalità di accesso contenute nella sua offerta di riferimento pubblicata il 12 agosto 2005, l’ingresso di operatori alternativi nel mercato al dettaglio di massa (o grande pubblico) per i servizi a banda larga da postazione fissa in Slovacchia, nonostante l’obbligo gravante sulla stessa in tal senso in forza della decisione del TUSR, e che detto comportamento fosse quindi tale da avere simili effetti negativi sulla concorrenza sin da tale data (v., in particolare, punti 1048, 1050, 1109, 1184 e 1520 della decisione impugnata). |
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460 |
Tale conclusione non è contraddetta dall’affermazione della ricorrente, secondo la quale la Commissione avrebbe violato la propria prassi decisionale, ossia l’approccio adottato nella decisione Clearstream e nella decisione Telecomunicazioni polacche. Infatti, è sufficiente constare che tali decisioni sono state adottate in un contesto diverso da quello del caso di specie e che esse non sono quindi idonee a dimostrare che la Commissione si sarebbe discostata, nella decisione impugnata, della sua precedente prassi decisionale. |
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461 |
Pertanto, in primo luogo, per quanto riguarda la decisione di Clearstream, è sufficiente sottolineare che tale decisione, a differenza della decisione impugnata nel caso di specie, è stata adottata in un contesto caratterizzato dalla mancanza di qualsiasi obbligo regolamentare per l’impresa che deteneva l’infrastruttura in questione di concedere ad altre imprese un accesso a detta infrastruttura, nonché dalla mancanza dell’obbligo, imposto a tale impresa, di pubblicare un’offerta di riferimento che precisasse le modalità e le condizioni di tale accesso. |
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462 |
Peraltro, la durata di quattro mesi, che il Tribunale ha considerato come corrispondente al termine ragionevole per la fornitura dei servizi primari di compensazione e di regolamento da parte della Clearstream, era stata stabilita confrontando gli esempi in cui la Clearstream accordava l’accesso al suo sistema Cascade RS. Pertanto, occorre constatare che, in tale causa esistevano vari esempi in cui la Clearstream aveva accordato l’accesso, che hanno consentito alla Commissione, e successivamente al Tribunale, di giungere alla conclusione che il termine di quattro mesi era ragionevole per fornire tale accesso (sentenza del 9 settembre 2009, Clearstream/Commissione, T‑301/04, EU:T:2009:317, punto 151). Tuttavia, nel caso di specie, poiché la ricorrente ha fornito l’accesso alle sue reti locali solo a un altro operatore il 18 dicembre 2009, non esisteva alcun esempio che potesse fungere da riferimento, cosicché la Commissione non poteva fissare tale «termine ragionevole». Ne consegue che le circostanze del caso di specie non sono assolutamente equiparabili a quelle della causa che ha dato luogo alla sentenza del 9 settembre 2009, Clearstream/Commissione (T‑301/04, EU:T:2009:317). |
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463 |
In secondo luogo, per quanto riguarda la decisione Telecomunicazioni polacche, la Commissione ha in essa constatato che l’operatore storico in questione aveva abusato della propria posizione dominante nel mercato polacco all’ingrosso dell’accesso alla banda larga e dell’accesso disaggregato alla rete locale, negando l’accesso alla propria rete e la fornitura dei prodotti all’ingrosso rientranti in tali mercati, al fine di proteggere la sua posizione sul mercato al dettaglio. Inoltre, il contesto nel quale si inseriva il caso Telecomunicazioni polacche era caratterizzato da un obbligo regolamentare di accesso analogo a quello gravante sulla ricorrente nel caso in esame, nonché dall’obbligo per l’operatore di telecomunicazioni polacco in questione di pubblicare un’offerta di riferimento per l’accesso disaggregato alla sua rete locale. Tuttavia, da un’analisi dettagliata della decisione Telecomunicazioni polacche risulta che l’approccio seguito in tale decisione non è in contrasto con quello adottato nella decisione impugnata. Infatti, nella decisione Telecomunicazioni polacche, la Commissione ha rilevato che la strategia anticoncorrenziale dell’operatore in posizione dominante si era sostanzialmente concretizzata solo durante i negoziati con operatori alternativi candidati all’accesso disaggregato alla rete locale e all’accesso all’ingrosso ai servizi a banda larga dell’operatore in posizione dominante. Pertanto, le condizioni di accesso irragionevoli risultavano da proposte di contratti di accesso presentate dall’operatore dominante in questione nell’ambito di negoziazioni con operatori alternativi. Inoltre, il ritardo del processo di negoziazione degli accordi di accesso non si era potuto individuare, ipoteticamente, sin dalla pubblicazione della prima offerta di riferimento dell’operatore dominante. Inoltre, la limitazione dell’accesso alla sua rete da parte dell’operatore dominante si è sviluppata in una fase successiva alla conclusione di accordi di accesso all’ingrosso con gli operatori alternativi. Oltre a ciò, la limitazione dell’accesso effettivo alle linee di abbonati si è verificata dopo l’ottenimento, da parte dell’operatore alternativo interessato, di un accesso a uno spazio di co‑ubicazione o dell’autorizzazione a installare un cavo di collegamento. Infine, i problemi di accesso ad informazioni generali attendibili e corrette, indispensabili agli operatori alternativi per adottare decisioni in materia di accesso, si erano manifestati in ogni fase del processo di accesso alla rete dell’operatore dominante. I comportamenti dell’operatore dominante nel caso Telecomunicazioni polacche differivano, quindi, dalle pratiche qualificate come «rifiuto di fornitura» da parte della Commissione nella decisione impugnata, le quali, come emerge dall’analisi contenuta nei precedenti punti da 455 a 459, risultavano essenzialmente dall’offerta di riferimento per l’accesso disaggregato alla rete locale della stessa ricorrente. Tali differenze giustificano il fatto che, diversamente dalla decisione Telecomunicazioni polacche nella quale il momento di inizio della violazione dell’articolo 102 TFUE è stato fissato alla data in cui erano state avviate le prime negoziazioni per l’accesso tra l’operatore dominante in questione e un operatore alternativo, successiva di parecchi mesi alla pubblicazione della prima offerta di riferimento (punto 909 e nota a piè di pagina n. 1259 della decisione impugnata), la Commissione abbia considerato, nel caso di specie, il 12 agosto 2005, ossia la data di pubblicazione dell’offerta di riferimento, quale data di inizio del rifiuto implicito di accesso alla rete locale. |
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464 |
Per la stessa ragione, occorre respingere l’argomento della ricorrente secondo il quale l’infrazione di rifiuto di fornitura può essere stabilita soltanto dopo che i negoziati sull’accesso siano falliti a causa della natura irragionevole delle condizioni fissate dal detentore della rete. Inoltre, non è certo che i negoziati avrebbero potuto portare a eliminare le clausole e le condizioni inique contenute nell’offerta di riferimento. |
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465 |
Per quanto riguarda l’affermazione della ricorrente secondo la quale la Commissione deve sostenere l’onere della prova quanto al momento in cui i negoziati sono falliti a causa delle condizioni irragionevoli imposte dalla ricorrente, da un lato, per gli stessi motivi indicati ai precedenti punti da 461 a 464, tale data non può essere rilevante al fine di determinare il momento iniziale dell’infrazione. D’altro lato, come sostiene l’interveniente, la data esatta del fallimento dei negoziati non può essere determinata in maniera obiettiva, cosicché la Commissione non è tenuta a fornire tale prova. |
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466 |
Per quanto riguarda gli argomenti presentati in subordine, in quanto la ricorrente ritiene che il rifiuto di accesso asserito debba iniziare al termine di un periodo ragionevole per concedere di norma l’accesso richiesto, tenuto conto dei preparativi necessari da entrambe le parti (punto 341 della decisione Clearstream), va osservato che tale durata ragionevole non sussiste nel caso di specie per le ragioni esposte ai precedenti punti da 460 a 462. Pertanto, tale argomento dev’essere respinto. Nei limiti in cui, secondo la ricorrente, l’infrazione ha inizio il giorno in cui sono avviati i primi negoziati sull’accesso con altri operatori (punto 909 della decisione Telecomunicazioni polacche), come è stato considerato, in sostanza ai precedenti punti da 463 a 464, i negoziati erano irrilevanti ai fini della determinazione dell’inizio dell’infrazione nel caso di specie. Pertanto, anche tale argomento deve essere respinto. |
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467 |
La seconda parte, vertente su un errore in cui sarebbe incorsa la Commissione nel ritenere che il rifiuto implicito di accesso alla rete locale abbia avuto inizio il 12 agosto 2005, deve essere pertanto respinta in quanto infondata. |
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468 |
Occorre aggiungere che la ricorrente non contesta la qualificazione di infrazione unica e continuata considerata dalla Commissione per quanto riguarda tutte le pratiche menzionate all’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata, ossia a) l’occultamento agli operatori alternativi delle informazioni relative alla rete necessarie per la disaggregazione delle reti locali; b) la riduzione della portata dei suoi obblighi sull’accesso disaggregato alle reti locali; c) la fissazione di modalità e condizioni inique nella sua offerta di riferimento in materia di disaggregazione per quanto riguarda la co‑ubicazione, la qualificazione, le previsioni, le riparazioni e le garanzie bancarie; d) l’applicazione di tariffe inique che non consentivano a un operatore altrettanto efficiente che si fosse basato sull’accesso all’ingrosso alle reti locali disaggregate della ricorrente di replicare i servizi al dettaglio proposti dalla ricorrente senza subire perdite. |
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469 |
In tali circostanze, e nei limiti in cui la seconda parte del presente motivo, vertente su un errore in cui sarebbe incorsa la Commissione nel ritenere che il rifiuto implicito di accesso alla rete locale abbia avuto inizio il 12 agosto 2005, è stata respinta (v. supra, punto 467), la Commissione ha constatato correttamente che l’infrazione unica e continuata oggetto della decisione impugnata aveva avuto inizio il 12 agosto 2005. |
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470 |
Pertanto, il quinto motivo deve essere respinto nel suo insieme. |
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471 |
Da tutte le suesposte considerazioni risulta che l’articolo 1, paragrafo 2, lettera d), della decisione impugnata deve essere annullato in quanto constata che, nel corso del periodo compreso tra il 12 agosto e il 31 dicembre 2005, la ricorrente ha applicato tariffe inique che non consentivano a un operatore altrettanto efficiente che si basava sull’accesso all’ingrosso alle sue reti locali disaggregate di replicare i servizi al dettaglio offerti dalla stessa senza subire perdite (v. supra, punto 268). Di conseguenza, l’articolo 2 di tale decisione deve essere parimenti annullato, nella parte in cui riguarda la ricorrente. La domanda volta all’annullamento della decisione impugnata deve essere respinta quanto al resto. |
IV. Sulla domanda, presentata in subordine, diretta alla modifica dell’importo dell’ammenda
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472 |
La ricorrente chiede altresì al Tribunale, in subordine, di ridurre l’importo delle ammende ad essa inflitte dalla decisione impugnata. |
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473 |
Occorre rilevare a tal riguardo che, secondo una giurisprudenza costante, il controllo di legittimità di cui all’articolo 263 TFUE implica che il giudice dell’Unione eserciti un controllo, tanto in diritto quanto in fatto, della decisione impugnata rispetto agli argomenti dedotti dalla ricorrente e che disponga del potere di valutare le prove, di annullare tale decisione e di modificare l’importo delle ammende (v., in tal senso, sentenze del 3 settembre 2009, Prym e Prym Consumer/Commissione, C‑534/07 P, EU:C:2009:505, punto 86 e giurisprudenza ivi citata; del 26 gennaio 2017, Duravit e a./Commissione, C‑609/13 P, EU:C:2017:46, punto 30 e giurisprudenza ivi citata, e del 27 marzo 2014, Saint‑Gobain Glass France e a./Commissione, T‑56/09 e T‑73/09, EU:T:2014:160, punto 461 e giurisprudenza ivi citata). |
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474 |
Il controllo di legittimità è completato dalla competenza estesa al merito riconosciuta al giudice dell’Unione dall’articolo 31 del regolamento n. 1/2003, conformemente all’articolo 261 TFUE. Tale competenza autorizza il giudice, al di là del mero controllo di legittimità della sanzione, a sostituire la sua valutazione a quella della Commissione e, di conseguenza, a sopprimere, ridurre o aumentare l’ammenda o la penalità inflitta (sentenze dell’8 dicembre 2011, Chalkor/Commissione, C‑386/10 P, EU:C:2011:815, punto 63, e dell’8 dicembre 2011, KME Germany e a./Commissione, C‑389/10 P, EU:C:2011:816, punto 130; v. anche sentenza del 26 gennaio 2017, Duravit e a./Commissione, C‑609/13 P, EU:C:2017:46, punto 31 e giurisprudenza ivi citata). |
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475 |
Orbene, occorre sottolineare che l’esercizio di tale competenza estesa al merito non equivale a un controllo d’ufficio e che il procedimento dinanzi ai giudici dell’Unione è di tipo contraddittorio. Pertanto, ad eccezione dei motivi di ordine pubblico che il giudice è tenuto a sollevare d’ufficio, spetta al ricorrente, in via di principio, dedurre i motivi diretti contro la decisione impugnata e produrre elementi di prova a sostegno di detti motivi (v., in tal senso, sentenza del 10 luglio 2014, Telefónica e Telefónica de España/Commissione, C‑295/12 P, EU:C:2014:2062, punto 213 e giurisprudenza ivi citata). |
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476 |
È alla luce di tali principi che occorre valutare se l’importo delle ammende inflitte dalla Commissione nella decisione impugnata debba essere modificato. |
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477 |
Come emerge dai precedenti punti da 267, 268 e 471, la Commissione non ha fornito la prova che la pratica che ha dato luogo a una compressione dei margini, commessa dalla ricorrente, aveva potuto iniziare prima del 1o gennaio 2006 e, di conseguenza, l’articolo 1, paragrafo 2, lettera d), della decisione impugnata deve essere annullato per la parte che riguarda la ricorrente e in quanto include nell’infrazione unica e continuata una compressione dei margini che sarebbe stata commessa tra il 12 agosto e il 31 dicembre 2005. |
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478 |
Per quanto riguarda l’incidenza di tale errore sull’importo di base dell’ammenda per il quale la ricorrente è responsabile in solido, il Tribunale considera, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, che si deve ridurre la percentuale delle vendite pertinenti della ricorrente, considerata dalla Commissione, e fissare la stessa al 9,8% anziché al 10%. Poiché la ricorrente ha realizzato, nel corso dell’ultimo anno intero di infrazione un fatturato pertinente di EUR 72868176, l’importo che deve servire per il calcolo dell’importo di base dell’ammenda per il quale la ricorrente è responsabile in solido è di EUR 7141081,20. L’importo di base di tale ammenda corrisponde alla moltiplicazione di detto importo per un coefficiente moltiplicatore di 5,33, che riflette la durata dell’infrazione, e deve essere quindi fissato in EUR 38061963. La domanda della ricorrente di riduzione dell’importo dell’ammenda è respinta quanto al resto. |
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479 |
Per quanto riguarda la domanda della Commissione, presentata in subordine, in udienza, di aumentare l’importo dell’ammenda inflitta in solido alla ricorrente e alla Deutsche Telekom, il Tribunale dichiara, senza che sia necessario pronunciarsi sulla ricevibilità di una tale domanda, che, tenuto conto delle circostanze del caso di specie, non è necessario modificare l’importo di cui al precedente punto 478. |
V. Sulle spese
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480 |
Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Inoltre, ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate. Tuttavia, se ciò appare giustificato alla luce delle circostanze del caso di specie, il Tribunale può decidere che una parte sostenga, oltre alle proprie spese, una quota delle spese dell’altra parte. Nel caso di specie, la Commissione e l’interveniente sono parzialmente soccombenti. Tuttavia, la ricorrente non ha chiesto la condanna dell’interveniente alle spese, ma unicamente la condanna della Commissione al pagamento delle stesse. |
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481 |
In tali circostanze, si deve condannare la ricorrente a sopportare quattro quinti delle proprie spese e quattro quinti delle spese della Commissione e dell’interveniente, conformemente alla loro domanda. La Commissione sopporterà un quinto delle proprie spese e di quelle della ricorrente. L’interveniente sopporterà un quinto delle proprie spese. |
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Per questi motivi, IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata) dichiara e statuisce: |
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Van der Woude Gervasoni Madise da Silva Passos Kowalik‑Bańczyk Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 13 dicembre 2018. Firme |
( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.
( 1 ) Sono riprodotti soltanto i punti della presente sentenza la cui pubblicazione è ritenuta utile dal Tribunale.