SENTENZA DEL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

13 settembre 2018 ( *1 )

«Politica estera e di sicurezza comune – Misure restrittive adottate in considerazione delle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina – Inserimento e successivo mantenimento del nome della ricorrente nell’elenco delle entità a cui si applicano misure restrittive – Obbligo di motivazione – Base giuridica – Accordo di partenariato e di cooperazione tra l’Unione europea e la Russia – Diritto di proprietà – Diritto di esercitare un’attività economica – Proporzionalità»

Nelle cause T‑735/14 e T‑799/14,

Gazprom Neft PAO, già Gazprom Neft OAO, con sede a San Pietroburgo (Russia), rappresentata da L. Van den Hende e J. Charles, avvocati, e da S. Cogman, solicitor,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da M. Bishop e S. Boelaert, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato inizialmente da C. Brodie e S. Simmons, successivamente da C. Brodie e V. Kaye, successivamente da C. Brodie, C. Crane e S. Brandon, e infine da C. Brodie, R. Fadoju e M. Brandon, in qualità di agenti, assistiti da G. Facenna, QC, e C. Banner, barrister,

e da

Commissione europea, rappresentata da L. Havas, T. Scharf e D. Gauci, in qualità di agenti,

intervenienti

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento, in primo luogo, dell’articolo 1, paragrafo 2, lettere da b) a d), paragrafi 3 e 4, dell’articolo 4, dell’articolo 4 bis, dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), e dell’allegato III della decisione n. 2014/512/PESC del Consiglio, del 31 luglio 2014, concernente misure restrittive in considerazione delle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina (GU 2014, L 229, pag. 13), modificata dalla decisione n. 2014/659/PESC del Consiglio dell’8 settembre 2014 (GU 2014, L 271, pag. 54) e dalla decisione n. 2014/872/PESC del Consiglio, del 4 dicembre 2014 (GU 2014, L 349, pag. 58) e, in secondo luogo, dell’articolo 3, dell’articolo 3 bis, dell’articolo 4, paragrafi 3 e 4, dell’articolo 5, paragrafo 2, lettere da b) a d), paragrafi 3 e 4, dell’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), e dell’allegato VI del regolamento (UE) n. 833/2014 del Consiglio, del 31 luglio 2014, concernente misure restrittive in considerazione delle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina (GU 2014, L 229, pag. 1), come modificato dal regolamento (UE) n. 960/2014 del Consiglio, dell’8 settembre 2014 (GU 2014, L 271, pag. 3) e dal regolamento (UE) n. 1290/2014 del Consiglio, del 4 dicembre 2014 (GU 2014, L 349, pag. 20),

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione),

composto da G. Berardis (relatore), presidente, D. Spielmann e Z. Csehi, giudici,

cancelliere: L. Grzegorczyk, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 14 dicembre 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti

1

La Gazprom Neft PAO, ricorrente, è una società commerciale di diritto russo specializzata nella prospezione e produzione di petrolio e di gas, nella vendita e distribuzione di petrolio greggio, nonché nella produzione e vendita di prodotti petroliferi. Azionista di maggioranza è la Gazprom Joint Stock Company, che detiene, direttamente e indirettamente, il 95,7% delle sue azioni. Il governo russo detiene, direttamente e indirettamente, il 50,23% delle azioni di Gazprom Joint Stock Company.

2

Il 20 febbraio 2014 il Consiglio dell’Unione europea ha condannato nel modo più fermo il ricorso alla violenza in Ucraina. Ha esortato all’immediata cessazione delle violenze e al pieno rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Ucraina. Il Consiglio ha inoltre preso in considerazione l’introduzione di misure restrittive nei confronti dei responsabili di violazioni dei diritti umani, di atti di violenza e di uso eccessivo della forza.

3

In una riunione straordinaria tenutasi il 3 marzo 2014, il Consiglio ha condannato gli atti di aggressione da parte delle forze armate russe, che costituivano una palese violazione della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina, nonché l’autorizzazione del Soviet Federatsii Federal’nogo Sobrania Rossiskoï Federatsii (Consiglio federale dell’Assemblea federale della Federazione russa), il 1o marzo 2014, all’impiego di forze armate nel territorio dell’Ucraina. L’Unione europea ha esortato la Federazione russa a ritirare immediatamente le sue forze armate nelle rispettive zone di stazionamento permanente, in conformità ai suoi obblighi internazionali.

4

Il 5 marzo 2014 il Consiglio ha adottato misure restrittive incentrate sul congelamento e sul recupero di fondi sottratti appartenenti allo Stato ucraino.

5

Il 6 marzo 2014 i capi di Stato o di governo dell’Unione hanno approvato le conclusioni del Consiglio adottate il 3 marzo 2014. Hanno condannato fermamente la violazione ingiustificata della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina da parte della Federazione russa e hanno esortato la Federazione russa a ritirare immediatamente le sue forze armate nelle zone in cui sono stazionate in permanenza, conformemente agli accordi applicabili. I capi di Stato o di governo dell’Unione hanno dichiarato che qualsiasi ulteriore iniziativa da parte della Federazione russa tale da destabilizzare la situazione in Ucraina avrebbe comportato altre conseguenze, di rilevante portata, e in una vasta gamma di settori economici, per le relazioni tra l’Unione europea e i propri Stati membri, da un lato, e la Federazione russa dall’altro lato. Hanno esortato la Federazione russa a consentire immediatamente l’accesso agli osservatori internazionali, sottolineando che la soluzione alla crisi in Ucraina avrebbe dovuto essere fondata sull’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza del paese, e sul rigoroso rispetto delle norme internazionali.

6

Il 16 marzo 2014 il parlamento della Repubblica autonoma di Crimea e il governo locale della città di Sebastopoli, entrambe suddivisioni dell’Ucraina, hanno tenuto un referendum sullo status della Crimea. Nell’ambito di tale referendum, la popolazione della Crimea era invitata a indicare se intendesse essere collegata alla Federazione russa in qualità di soggetto di diritto o se desiderasse il ripristino della costituzione del 1992 e dello status della Crimea in seno all’Ucraina. Il risultato comunicato nella Repubblica autonoma di Crimea riportava il 96,77% di voti favorevoli all’integrazione della regione nella Federazione russa, con una partecipazione dell’83,1%.

7

Il 17 marzo 2014 il Consiglio ha adottato ulteriori conclusioni relative all’Ucraina. Il Consiglio ha condannato fermamente lo svolgimento in Crimea, il 16 marzo 2014, del referendum sull’adesione alla Federazione russa, realizzato, a suo avviso, in evidente violazione della costituzione ucraina. Il Consiglio ha esortato subito la Federazione russa a prendere misure per mitigare la crisi, a riportare immediatamente le sue forze armate agli effettivi e alle basi esistenti prima della crisi, conformemente ai suoi impegni internazionali, ad iniziare discussioni dirette con il governo dell’Ucraina e ad avvalersi di tutti i pertinenti meccanismi internazionali per trovare una soluzione pacifica e negoziata, nel pieno rispetto dei suoi impegni bilaterali e multilaterali volti a garantire la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina. A tale riguardo, il Consiglio ha deplorato l’impossibilità da parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, a causa del veto della Federazione russa, di adottare una risoluzione. Inoltre, ha esortato la Federazione russa a non adottare misure per l’annessione della Crimea in violazione del diritto internazionale.

8

Lo stesso giorno, il Consiglio ha adottato, sulla base dell’articolo 29 TUE, la decisione 2014/145/PESC concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2014, L 78, pag. 16), nonché, sulla base dell’articolo 215 TFUE, il regolamento (UE) n. 269/2014 concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2014, L 78, pag. 6), con i quali ha imposto restrizioni ai viaggi e il congelamento dei beni nei confronti delle persone responsabili di azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina, nonché le persone ed entità ad esse associate.

9

Il 17 marzo 2014 la Federazione russa ha riconosciuto ufficialmente i risultati del referendum tenutosi in Crimea il 16 marzo 2014. A seguito del referendum, il Consiglio supremo di Crimea e il consiglio comunale di Sebastopoli hanno proclamato l’indipendenza della Crimea dall’Ucraina e hanno chiesto il collegamento alla Federazione russa. Lo stesso giorno, il presidente russo ha firmato un decreto che riconosceva la Repubblica di Crimea quale Stato indipendente e sovrano.

10

Il 21 marzo 2014 il Consiglio europeo ha richiamato la dichiarazione dei capi di Stato o di governo dell’Unione del 6 marzo 2014 e ha chiesto alla Commissione e agli Stati membri di elaborare eventuali ulteriori misure mirate.

11

Il 23 giugno 2014 il Consiglio ha deciso che l’importazione nell’Unione di merci originarie della Crimea o di Sebastopoli dovesse essere vietata, salvo per quanto riguarda le merci originarie della Crimea o di Sebastopoli sulle quali il governo ucraino aveva rilasciato un certificato di origine.

12

In seguito all’incidente del 17 luglio 2014, che ha causato la distruzione, a Donetsk (Ucraina), del velivolo della Malaysia Airlines utilizzato per il volo MH17, il Consiglio ha chiesto alla Commissione e al Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) di portare a termine i lavori preparatori per eventuali misure mirate e di presentare, al più tardi entro il 24 luglio successivo, proposte di misure, relative anche all’accesso ai mercati dei capitali, alla difesa, ai beni a duplice uso e alle tecnologie sensibili, in particolare nel settore dell’energia.

13

Il 31 luglio 2014 il Consiglio ha adottato, sulla base dell’articolo 29 TUE, la decisione 2014/512/PESC, concernente misure restrittive in considerazione delle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina (GU 2014, L 229, pag. 13). Nella stessa data, il Consiglio ha adottato, sulla base dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE, il regolamento (UE) n. 833/2014, concernente misure restrittive in considerazione delle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina (GU 2014, L 229, pag. 1).

14

L’allegato II del regolamento n. 833/2014 contiene un elenco delle tecnologie di cui all’articolo 3 di tale regolamento, ordinate per codice di nomenclatura combinata, vale a dire, principalmente, tubi, senza saldatura, dei tipi utilizzati per oleodotti e gasdotti e utensili di perforazione o di sondaggio, pompe volumetriche per liquidi, elevatori per liquidi, macchine di sondaggio o di perforazione per la perforazione della terra o delle parti di macchine, piattaforme di perforazione o di sfruttamento, derricks automobili per il sondaggio o la perforazione, navi-faro, navi-pompa ecc.

15

In seguito, il Consiglio ha adottato, l’8 settembre 2014, la decisione 2014/659/PESC che modifica la decisione 2014/512 (GU 2014, L 271, pag. 54), e il regolamento (UE) n. 960/2014, che modifica il regolamento n. 833/2014 (GU 2014, L 271, pag. 3). Tali atti sottopongono a ulteriori restrizioni i servizi associati necessari per la prospezione e la produzione petrolifera in acque profonde, e per la prospezione e produzione petrolifera nell’Artico o progetti inerenti all’olio di scisto in Russia. Gli stessi atti imponevano restrizioni aggiuntive per l’accesso ai mercati dei capitali dell’Unione ed estendevano il loro campo di applicazione alle tre maggiori società russe – compresa la ricorrente – controllate dallo Stato o in cui lo Stato aveva una partecipazione di maggioranza, operanti nel settore del petrolio greggio e dei prodotti petroliferi.

16

Infine, la decisione 2014/512, come modificata dalla decisione 2014/659, è stata modificata dalla decisione 2014/872/PESC del Consiglio, del 4 dicembre 2014 (GU 2014, L 349, pag. 58) (in prosieguo: la «decisione impugnata»). Il regolamento n. 833/2014, come modificato dal regolamento n. 960/2014, è stato modificato dal regolamento (UE) n. 1290/2014 del Consiglio, del 4 dicembre 2014 (GU 2014, L 349, pag. 20) (in prosieguo: il «regolamento impugnato»).

17

L’articolo 1, paragrafo 2, lettere da b) a d), e paragrafi 3 e 4, della decisione impugnata, come inserito o modificato dall’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2014/659, poi dall’articolo 1, paragrafo 1, lettere a) e b), della decisione 2014/872, prevede quanto segue:

«2.   L’acquisto o la vendita diretti o indiretti, la prestazione diretta o indiretta di servizi di investimento, o l’assistenza all’emissione, ovvero qualunque altra negoziazione relativi a obbligazioni, capitale o strumenti finanziari analoghi con scadenza superiore a 30 giorni, emessi successivamente al 12 settembre 2014 da:

(…)

b)

entità con sede in Russia che sono a controllo pubblico o di proprietà pubblica per oltre il 50% che hanno attività totali stimate di oltre mille miliardi di rubli russi e le cui entrate stimate provengono per almeno il 50% dalla vendita o dal trasporto di petrolio greggio o prodotti petroliferi al 12 settembre 2014, di cui all’allegato III;

c)

qualsiasi persona giuridica, entità o organismo stabiliti al di fuori dell’Unione di proprietà per oltre il 50% di un’entità di cui alle lettere a) e b); oppure

d)

qualsiasi persona giuridica, entità o organismo che agisce per conto, o sotto la direzione, di un’entità all’interno di una categoria di cui alla lettera c) o elencata nell’allegato II o III, sono vietati.

3.   È vietato a qualsiasi persona giuridica, entità o organismo di cui al paragrafo 1 o 2 concludere o partecipare, direttamente o indirettamente, a qualsiasi accordo per l’erogazione di nuovi prestiti o crediti con scadenza superiore a 30 giorni successivamente al 12 settembre 2014, fatta eccezione per i prestiti o i crediti che hanno l’obiettivo specifico e documentato di fornire finanziamenti a importazioni o esportazioni, dirette o indirette, di beni e servizi non finanziari fra l’Unione e la Russia o qualsiasi altro Stato terzo non soggette a divieti, o per i prestiti che hanno l’obiettivo specifico e documentato di fornire finanziamenti di emergenza atti a soddisfare criteri di solvibilità e di liquidità per persone giuridiche stabilite nell’Unione, i cui diritti di proprietà sono detenuti per oltre il 50% da un’entità elencata nell’allegato I.

4.   Il divieto di cui al paragrafo 3 non si applica all’utilizzo di fondi o agli esborsi effettuati a titolo di un contratto concluso prima del 12 settembre 2014 se:

a)

tutti i termini e le condizioni di utilizzo o esborso:

i)

sono stati convenuti prima del 12 settembre 2014; e

ii)

non sono stati modificati in tale data o in data successiva; e

b)

prima del 12 settembre 2014, una data di scadenza contrattuale era stata fissata per il rimborso integrale di tutti i fondi messi a disposizione e per la cessazione di tutti gli impegni, diritti e obblighi derivanti dal contratto.

I termini e le condizioni dell’utilizzo di fondi e degli esborsi di cui al presente paragrafo comprendono disposizioni riguardanti la durata del periodo di rimborso per ogni utilizzo di fondi o esborso, il tasso di interesse applicato o il metodo di calcolo del tasso di interesse, e l’importo massimo».

18

L’allegato alla decisione 2014/659 aggiunge un allegato III alla decisione 2014/512, che inserisce il nome della ricorrente nell’elenco delle persone giuridiche, delle entità o degli organismi di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera b), di tale decisione.

19

L’articolo 5, paragrafo 2, lettere da b) a d), e paragrafi 3 e 4, del regolamento impugnato, come inseriti o modificati dall’articolo 1, paragrafo 5, del regolamento n. 960/2014, e poi dall’articolo 1, paragrafi 6 e 7, del regolamento n. 1290/2014, così prevede:

«2.   Sono vietati l’acquisto, la vendita, la prestazione di servizi d’investimento e l’assistenza all’emissione, diretti o indiretti, o qualunque altra negoziazione su valori mobiliari e strumenti del mercato monetario con scadenza superiore a 30 giorni, emessi successivamente al 12 settembre 2014 da:

(…)

b)

una persona giuridica, un’entità o un organismo stabiliti in Russia, sotto controllo pubblico o di proprietà pubblica per oltre il 50%, aventi attività totali stimate di oltre mille miliardi di rubli russi e i cui introiti stimati provengono per almeno il 50% dalla vendita o dal trasporto di petrolio greggio o prodotti petroliferi, di cui all’allegato VI;

c)

una persona giuridica, un’entità o un organismo stabiliti fuori dall’Unione i cui diritti di proprietà sono detenuti direttamente o indirettamente per oltre il 50% da un’entità elencata alla lettera a) o b) del presente paragrafo, o

d)

una persona giuridica, entità o organismo che agiscono per conto o sotto la direzione di un’entità di cui alla lettera a), b) o c) del presente paragrafo.

3.   È vietato concludere o partecipare, direttamente o indirettamente, ad accordi destinati a erogare nuovi prestiti o crediti con scadenza superiore a 30 giorni a qualsiasi persona giuridica, entità o organismo di cui ai paragrafi 1 o 2 successivamente al 12 settembre 2014.

Il divieto non si applica:

a)

ai prestiti o ai crediti che hanno l’obiettivo specifico e documentato di fornire finanziamenti per le importazioni o le esportazioni di beni e servizi non finanziari non soggette a divieti tra l’Unione e qualsiasi Stato terzo, comprese le spese per beni e servizi provenienti da un altro Stato terzo necessarie per l’esecuzione dei contratti di esportazione o di importazione; o

b)

ai prestiti che hanno l’obiettivo specifico e documentato di fornire finanziamenti di emergenza atti a soddisfare criteri di solvibilità e di liquidità per persone giuridiche stabilite nell’Unione, i cui diritti di proprietà sono detenuti per oltre il 50% da un’entità di cui all’allegato III.

4.   Il divieto di cui al paragrafo 3 non si applica all’utilizzo di fondi o agli esborsi effettuati a titolo di un contratto concluso anteriormente al 12 settembre 2014 purché:

a)

tutti i termini e le condizioni di utilizzo o esborso:

i)

siano stati convenuti anteriormente al 12 settembre 2014, e

ii)

non siano stati modificati in tale data o in data successiva; e

b)

anteriormente al 12 settembre 2014 sia stata fissata una data di scadenza contrattuale per il rimborso integrale di tutti i fondi messi a disposizione e per la cessazione di tutti gli impegni, diritti e obblighi previsti dal contratto.

I termini e le condizioni di utilizzo o esborso di cui alla lettera a) comprendono disposizioni relative alla lunghezza del periodo di rimborso per ciascun utilizzo o esborso, al tasso d’interesse applicato, o al metodo di calcolo del tasso d’interesse, e all’importo massimo».

20

Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 9, del regolamento n. 960/2014, l’allegato III a detto regolamento, che inserisce il nome della ricorrente nell’elenco delle persone giuridiche, delle entità o degli organismi di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 833/2014, è aggiunto quale allegato VI a quest’ultimo regolamento.

21

L’articolo 4 della decisione impugnata, come modificata dalla decisione 2014/872, così dispone:

«1.   La vendita, la fornitura, il trasferimento o l’esportazione diretti o indiretti, da parte di cittadini degli Stati membri, o in provenienza dal territorio degli Stati membri ovvero mediante navi o aeromobili sotto la giurisdizione degli stessi, di determinate attrezzature adatte alle seguenti categorie di progetti di prospezione e produzione in Russia, incluse la sua zona economica esclusiva e la sua piattaforma continentale, sono soggetti all’autorizzazione preventiva da parte dell’autorità competente dello Stato membro esportatore:

a)

prospezione e produzione petrolifere in acque di profondità superiore a 150 metri;

b)

prospezione e produzione petrolifere nella zona in mare aperto a nord del circolo polare artico;

c)

progetti che hanno il potenziale di produrre petrolio da risorse situate in formazioni di scisto mediante fratturazione idraulica; non si applica alla prospezione e alla produzione attraverso formazioni di scisto allo scopo di individuare giacimenti non di scisto o estrarne petrolio.

L’Unione adotta le misure necessarie per determinare i prodotti coperti dal presente paragrafo.

2.   La fornitura di:

a)

assistenza tecnica o altri servizi connessi alle attrezzature di cui al paragrafo 1;

b)

finanziamenti o assistenza finanziaria per la vendita, la fornitura, il trasferimento o l’esportazione delle attrezzature di cui al paragrafo 1, o per la prestazione di assistenza tecnica o di formazione correlate,

è anch’essa soggetta all’autorizzazione preventiva da parte dell’autorità competente dello Stato membro esportatore.

3.   Le autorità competenti degli Stati membri non rilasciano autorizzazioni per la vendita, la fornitura, il trasferimento o l’esportazione delle attrezzature o per la prestazione dei servizi, di cui ai paragrafi 1 e 2, se risulta loro che la vendita, la fornitura, il trasferimento o l’esportazione in questione ovvero la prestazione del servizio in questione sono destinati a una delle categorie di prospezione e produzione di cui al paragrafo 1.

4.   Il paragrafo 3 non pregiudica l’esecuzione di contratti conclusi prima del 1o agosto 2014 o di contratti accessori necessari per l’esecuzione di tali contratti.

5.   Un’autorizzazione può essere concessa qualora la vendita, la fornitura, il trasferimento o l’esportazione dei prodotti o la prestazione dei servizi, di cui ai paragrafi 1 e 2, siano necessari per la prevenzione o la mitigazione urgenti di un evento che potrebbe avere conseguenze gravi e rilevanti sulla salute e sulla sicurezza delle persone o sull’ambiente. In casi di emergenza debitamente giustificati, si può procedere alla vendita, alla fornitura, al trasferimento o all’esportazione o alla prestazione dei servizi, di cui ai paragrafi 1 e 2, senza autorizzazione preventiva, purché l’esportatore informi l’autorità competente entro cinque giorni lavorativi dalla data della vendita, della fornitura, del trasferimento o dell’esportazione o della prestazione dei servizi, precisando i motivi per i quali la vendita, la fornitura, il trasferimento o l’esportazione o la prestazione dei servizi sono avvenuti senza autorizzazione preventiva».

22

Allo stesso modo, l’articolo 3 e l’articolo 4, paragrafi 3 e 4, del regolamento n. 833/2014, come modificati dal regolamento n. 1290/2014, così dispongono:

«Articolo 3

1.   Occorre un’autorizzazione preventiva per vendere, fornire, trasferire o esportare, direttamente o indirettamente, i prodotti elencati nell’allegato II, anche non originari dell’Unione, a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità o organismo in Russia, comprese la sua zona economica esclusiva e la sua piattaforma continentale, o in qualsiasi altro Stato, se tali prodotti sono destinati a un uso in Russia, comprese la sua zona economica esclusiva e la sua piattaforma continentale.

2.   Per ogni vendita, fornitura, trasferimento o esportazione per cui è richiesta un’autorizzazione ai sensi del presente articolo, tale autorizzazione è concessa dalle autorità competenti dello Stato membro in cui è stabilito l’esportatore conformemente alle norme dettagliate di cui all’articolo 11 del regolamento (CE) n. 428/2009. L’autorizzazione è valida in tutto il territorio dell’Unione.

3.   L’allegato II comprende determinati prodotti adatti alle seguenti categorie di progetti di prospezione e produzione petrolifere in Russia, comprese la sua zona economica esclusiva e la sua piattaforma continentale:

a)

prospezione e produzione petrolifere in acque di profondità superiore a 150 metri;

b)

prospezione e produzione petrolifere nella zona in mare aperto a nord del circolo polare artico; o

c)

progetti che hanno il potenziale di produrre petrolio da risorse situate in formazioni di scisto mediante fratturazione idraulica; non si applica alla prospezione e alla produzione attraverso formazioni di scisto allo scopo di individuare giacimenti non di scisto o estrarne petrolio.

4.   Gli esportatori forniscono alle autorità competenti tutte le pertinenti informazioni necessarie per la loro domanda di autorizzazione di esportazione.

5.   Le autorità competenti non concedono autorizzazioni di esportazione per la vendita, la fornitura, il trasferimento o l’esportazione dei prodotti di cui all’allegato II se hanno fondati motivi per ritenere che la vendita, la fornitura, il trasferimento o l’esportazione di tali prodotti siano destinati ad una delle categorie di progetti di prospezione e produzione di cui al paragrafo 3.

Le autorità competenti possono tuttavia concedere un’autorizzazione qualora la vendita, la fornitura, il trasferimento o l’esportazione riguardino l’esecuzione di un obbligo derivante da un contratto concluso anteriormente al 1o agosto 2014 o di contratti accessori necessari per l’esecuzione di tale contratto.

Le autorità competenti possono altresì concedere un’autorizzazione qualora la vendita, la fornitura, il trasferimento o l’esportazione dei prodotti siano necessari per la prevenzione o la mitigazione urgenti di un evento che potrebbe avere conseguenze gravi e rilevanti sulla salute e sulla sicurezza delle persone o sull’ambiente. In casi di emergenza debitamente giustificati, si può procedere senza autorizzazione preventiva alla vendita, alla fornitura, al trasferimento o all’esportazione, purché l’esportatore informi l’autorità competente entro cinque giorni lavorativi dalla data della vendita, della fornitura, del trasferimento o dell’esportazione, precisando i motivi per i quali la vendita, la fornitura, il trasferimento o l’esportazione sono avvenuti senza autorizzazione preventiva.

6.   Conformemente alle condizioni di cui al paragrafo 5, le autorità competenti possono annullare, sospendere, modificare o revocare un’autorizzazione all’esportazione da esse già concessa.

7.   Qualora un’autorità competente rifiuti di concedere un’autorizzazione o annulli, sospenda, limiti sostanzialmente o revochi un’autorizzazione a norma dei paragrafi 5 o 6, lo Stato membro interessato ne informa gli altri Stati membri e la Commissione e comunica loro le informazioni pertinenti, nel rispetto delle disposizioni sulla riservatezza delle informazioni di cui al regolamento (CE) n. 515/97 del Consiglio.

8.   Prima che uno Stato membro conceda un’autorizzazione a norma del paragrafo 5 per una transazione sostanzialmente identica a una transazione che è oggetto di un diniego ancora valido emesso da un altro Stato membro o da altri Stati membri a norma dei paragrafi 6 e 7, esso consulta lo Stato membro o gli Stati membri che avevano emesso il diniego. Se, a seguito di tale consultazione, lo Stato membro interessato decide di concedere l’autorizzazione, esso ne informa gli altri Stati membri e la Commissione, fornendo tutte le informazioni pertinenti per giustificare la sua decisione.

(…)

Articolo 4

(…)

3.   È soggetta ad autorizzazione da parte dell’autorità competente interessata la fornitura di:

a)

assistenza tecnica o servizi di intermediazione connessi ai prodotti elencati nell’allegato II, nonché alla fornitura, alla fabbricazione, alla manutenzione e all’uso di detti prodotti, direttamente o indirettamente, a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità o organismo in Russia, comprese la sua zona economica esclusiva e la sua piattaforma continentale, oppure, se tale assistenza riguarda prodotti destinati a un uso in Russia, comprese la sua zona economica esclusiva e la sua piattaforma continentale, a qualsiasi persona, entità o organismo in qualsiasi altro Stato;

b)

finanziamenti o assistenza finanziaria connessi ai prodotti di cui all’allegato II, compresi in particolare sovvenzioni, prestiti e assicurazione dei crediti all’esportazione, per la vendita, la fornitura, il trasferimento o l’esportazione di tali prodotti, o per la prestazione della relativa assistenza tecnica, direttamente o indirettamente, a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità o organismo in Russia, comprese la sua zona economica esclusiva e la sua piattaforma continentale, oppure, se tale assistenza riguarda prodotti destinati a un uso in Russia, comprese la sua zona economica esclusiva e la sua piattaforma continentale, a qualsiasi persona, entità o organismo in qualsiasi altro Stato.

In casi di emergenza debitamente giustificati di cui all’articolo 3, paragrafo 5, si può procedere senza autorizzazione preventiva alla fornitura dei servizi di cui al presente paragrafo, purché il fornitore informi l’autorità competente entro cinque giorni lavorativi dalla fornitura dei servizi.

4.   Ove sia richiesta un’autorizzazione a norma del paragrafo 3 del presente articolo si applica, mutatis mutandis, l’articolo 3, in particolare i paragrafi 2 e 5».

23

L’articolo 4 bis della decisione impugnata, come introdotto dall’articolo 1, paragrafo 3, della decisione 2014/659, successivamente modificato dall’articolo 1, paragrafo 6, della decisione 2014/872, stabilisce quanto segue:

«1.   È vietata la fornitura diretta o indiretta, da parte di cittadini degli Stati membri, o in provenienza dal territorio degli Stati membri ovvero mediante navi o aeromobili sotto la giurisdizione degli stessi, di servizi associati necessari alle seguenti categorie di progetti di prospezione e produzione in Russia, incluse la sua zona economica esclusiva e la sua piattaforma continentale:

a)

prospezione e produzione petrolifere in acque di profondità superiore a 150 metri;

b)

prospezione e produzione petrolifere nella zona in mare aperto a nord del circolo polare artico;

c)

progetti che hanno il potenziale di produrre petrolio da risorse situate in formazioni di scisto mediante fratturazione idraulica; non si applica alla prospezione e alla produzione attraverso formazioni di scisto allo scopo di individuare giacimenti non di scisto o estrarne petrolio.

2.   Il divieto di cui al paragrafo 1 non pregiudica l’esecuzione di contratti o accordi quadro conclusi anteriormente al 12 settembre 2014 o di contratti accessori necessari per l’esecuzione di tali contratti.

3.   Il divieto di cui al paragrafo 1 non si applica se i servizi in questione sono necessari per la prevenzione o la mitigazione urgenti di un evento che potrebbe avere un impatto grave e rilevante sulla salute e la sicurezza umana o sull’ambiente».

24

Allo stesso modo, l’articolo 3 bis del regolamento impugnato, come introdotto dall’articolo 1, paragrafo 3, del regolamento n. 960/2014, successivamente modificato dall’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento n. 1290/2014, stabilisce quanto segue:

«1.   È vietato fornire, direttamente o indirettamente, servizi associati necessari per le seguenti categorie di progetti di prospezione e produzione petrolifere in Russia, comprese la sua zona economica esclusiva e la sua piattaforma continentale:

a)

prospezione e produzione petrolifere in acque di profondità superiore a 150 metri;

b)

prospezione e produzione petrolifere nella zona in mare aperto a nord del circolo polare artico; o

c)

progetti che hanno il potenziale di produrre petrolio da risorse situate in formazioni di scisto mediante fratturazione idraulica; non si applica alla prospezione e alla produzione attraverso formazioni di scisto allo scopo di individuare giacimenti non di scisto o estrarne petrolio.

Ai fini del presente paragrafo, per servizi associati si intende:

i)

trivellazione,

ii)

prove pozzi,

iii)

servizi di carotaggio e completamento,

iv)

fornitura di strutture galleggianti specializzate.

2.   I divieti di cui al paragrafo 1 lasciano impregiudicata l’esecuzione di obblighi derivanti da contratti o accordi quadro conclusi anteriormente al 12 settembre 2014 o di contratti accessori necessari per l’esecuzione di tali contratti.

3.   Il divieto di cui al paragrafo 1 non si applica se i servizi in questione sono necessari per la prevenzione o la mitigazione urgenti di un evento che potrebbe avere conseguenze gravi e rilevanti sulla salute e sulla sicurezza delle persone o sull’ambiente.

Il prestatore del servizio informa, entro cinque giorni lavorativi, l’autorità competente di qualsiasi attività intrapresa a norma del presente paragrafo, fornendo particolari sulla giustificazione della vendita, della fornitura, del trasferimento o dell’esportazione».

25

L’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), della decisione impugnata, come modificato dall’articolo 1, paragrafo 4, della decisione 2014/659, stabilisce quanto segue:

«1.   Non è concesso alcun diritto in relazione a contratti o transazioni sulla cui esecuzione abbiano inciso, direttamente o indirettamente, integralmente o in parte, le misure istituite ai sensi della presente decisione, anche a fini di indennizzo o diritto analogo, ad esempio un diritto di compensazione o un diritto coperto da garanzia, segnatamente una proroga o il pagamento di una garanzia o di una controgaranzia, in particolare finanziaria, indipendentemente dalla sua forma, se la richiesta è presentata da:

a)

le entità di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettere b) o c) e all’articolo 1, paragrafo 2, lettera c) o d), o elencate nell’allegato I, II, III o IV».

26

Allo stesso modo, l’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 833/2014, come modificato dall’articolo 1, paragrafo 5 bis, del regolamento n. 960/2014, stabilisce quanto segue:

«1.   Non è concesso alcun diritto in relazione a contratti o transazioni sulla cui esecuzione abbiano inciso, direttamente o indirettamente, integralmente o in parte, le misure istituite ai sensi del presente regolamento, anche a fini di indennizzo o diritto analogo, ad esempio un diritto di compensazione o un diritto coperto da garanzia, segnatamente una proroga o il pagamento di una garanzia o di una controgaranzia, in particolare finanziaria, indipendentemente dalla sua forma, se la richiesta è presentata da:

a)

entità di cui alle lettere b) e c) dell’articolo 5, paragrafo 1, e alle lettere c) e d) dell’articolo 5, paragrafo 2, o elencate negli allegati III, IV, V e VI».

Procedimento e conclusioni delle parti

27

La ricorrente ha introdotto il ricorso nella causa T‑735/14 con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 24 ottobre 2014.

28

La ricorrente ha introdotto il ricorso nella causa T‑799/14 con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 5 dicembre 2014.

29

Con atto separato depositato presso la cancelleria del Tribunale il 2 gennaio 2015, la ricorrente ha chiesto la riunione delle cause T‑735/14 e T‑799/14 e ha adattato i ricorsi in dette cause per tenere conto dell’adozione della decisione 2014/872 e del regolamento n. 1290/2014.

30

Con decisione del presidente della Nona Sezione del Tribunale del 12 marzo 2015, le cause T‑735/14 e T‑799/14 sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento, conformemente all’articolo 50 del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991.

31

Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale, la Commissione e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord hanno chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno della domanda del Consiglio. Con ordinanze del 24 giugno 2015, il presidente della Nona Sezione del Tribunale ha consentito tali interventi. Le parti intervenienti hanno depositato le loro memorie e le ricorrenti hanno presentato le loro osservazioni in relazione alle medesime nei termini impartiti.

32

Con decisione del 29 ottobre 2015, il presidente della Nona Sezione, dopo aver raccolto le osservazioni delle parti, ha disposto la sospensione del procedimento sino alla pronuncia della sentenza della Corte nella causa C‑72/15, Rosneft.

33

In seguito alla sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft (C‑72/15, EU:C:2017:236), è terminata la sospensione del procedimento, a norma dell’articolo 71, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale.

34

Le parti principali sono state invitate, in tale contesto, a presentare le loro osservazioni sulle conseguenze da trarre dalla sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft (C‑72/15, EU:C:2017:236), per quanto riguarda i motivi e gli argomenti sollevati nell’ambito dei presenti ricorsi. Esse hanno dato seguito a tale richiesta nel termine impartito.

35

Poiché la composizione delle sezioni del Tribunale è stata modificata, il giudice relatore è stato assegnato alla Sesta Sezione, alla quale sono state di conseguenza attribuite le presenti cause, in conformità all’articolo 27, paragrafo 5, del regolamento di procedura.

36

Con misura di organizzazione del procedimento del 12 ottobre 2017, le parti sono state invitate a precisare taluni argomenti relativi alla ricevibilità del ricorso.

37

Nella causa T‑735/14, la ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

annullare l’articolo 4 della decisione impugnata, come modificato dall’articolo 1, paragrafo 5, della decisione 2014/872;

annullare l’articolo 3 e l’articolo 4, paragrafi 3 e 4, del regolamento impugnato, come modificati dall’articolo 1, paragrafi 3 e 5, del regolamento n. 1290/2014;

condannare il Consiglio alle spese.

38

Nella causa T‑799/14, la ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

annullare l’articolo 4 bis della decisione impugnata, come introdotto dall’articolo 1, paragrafo 3, della decisione 2014/659 e modificato dall’articolo 1, paragrafo 6, della decisione 2014/872;

annullare l’articolo 3 bis del regolamento impugnato, come introdotto dall’articolo 1, paragrafo 3, del regolamento n. 960/2014, e modificato dall’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento n. 1290/2014;

annullare l’articolo 1, paragrafo 2, lettere da b) a d), paragrafi 3 e 4, e l’allegato III della decisione impugnata, come inseriti o modificati dall’articolo 1, paragrafo 1, e dall’allegato della decisione 2014/659, e dall’articolo 1, paragrafo 1, lettere a) e b), della decisione 2014/872, nella parte in cui tali disposizioni la riguardano;

annullare l’articolo 5, paragrafo 2, lettere da b) a d), paragrafi 3 e 4, e l’allegato VI del regolamento impugnato, come inseriti o modificati dall’articolo 1, paragrafi 5 e 9, e dall’allegato III del regolamento n. 960/2014, e dall’articolo 1, paragrafi 6 e 7, del regolamento n. 1290/2014, nella parte in cui tali disposizioni la riguardano;

annullare l’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), della decisione impugnata, come modificato dall’articolo 1, paragrafo 4, della decisione 2014/659, nella parte in cui tale disposizione la riguarda;

annullare l’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), del regolamento impugnato, come modificato dall’articolo 1, paragrafo 5, lettera a), del regolamento n. 960/2014;

condannare il Consiglio alle spese.

39

Nella causa T‑735/14 il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso, per quanto riguarda l’articolo 4 della decisione impugnata, per incompetenza o, in subordine, in quanto irricevibile;

respingere il ricorso per quanto concerne l’articolo 3 e l’articolo 4, paragrafi 3 e 4, del regolamento impugnato in quanto irricevibile;

in subordine, respingere il ricorso in quanto infondato;

condannare la ricorrente alle spese.

40

Nella causa T‑799/14 il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso per quanto riguarda la decisione impugnata per incompetenza o, in subordine, in quanto irricevibile;

respingere il ricorso per quanto riguarda il regolamento impugnato in quanto irricevibile;

in subordine, respingere il ricorso in quanto infondato;

condannare la ricorrente alle spese.

41

Nella sua risposta scritta al quesito del Tribunale a seguito della sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft (C 72/15, EU:C:2017:236), il Consiglio ha precisato che metteva in discussione la competenza del Tribunale, sul fondamento dell’articolo 275, secondo comma, TFUE, unicamente per quanto concerne gli articoli 4 e 4 bis della decisione impugnata.

42

La Commissione chiede che il Tribunale voglia, nelle cause riunite T‑735/14 e T‑799/14, respingere integralmente i ricorsi.

43

Il Regno Unito chiede che il Tribunale voglia, nelle cause riunite T‑735/14 e T‑799/14, respingere i ricorsi.

In diritto

44

In via preliminare, il Tribunale decide di riunire le cause T‑735/14 e T‑799/14 ai fini della sentenza, ai sensi dell’articolo 68, paragrafo 1, del regolamento di procedura.

45

In seguito, occorre esaminare la competenza del Tribunale e la ricevibilità del ricorso, che sono contestati dal Consiglio.

Sulla competenza del Tribunale

46

Per quanto attiene alla competenza del Tribunale a conoscere della domanda diretta all’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 2, lettere da b) a d), paragrafi 3 e 4, dell’articolo 4, dell’articolo 4 bis, dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), e dell’allegato III della decisione impugnata, il Consiglio ha affermato, nella sua risposta scritta al quesito del Tribunale a seguito della sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft (C‑72/15, EU:C:2017:236), che non metteva più in discussione la competenza del Tribunale a controllare la legittimità di tali disposizioni, in forza dell’articolo 275, secondo comma, TFUE, salvo per quanto riguardava gli articoli 4 e 4 bis della decisione impugnata.

47

Infatti, la Corte avrebbe confermato che tali disposizioni avevano una portata generale, in quanto miravano a vietare la fornitura, il trasferimento o l’esportazione di talune attrezzature figuranti nell’allegato della decisione impugnata o di altri servizi connessi per alcune categorie di progetti di prospezione e di produzione in Russia, indipendentemente dall’identità o dal numero di imprese che potevano utilizzare tali tecnologie o servizi, e senza fare riferimento al nome della ricorrente al riguardo. Pertanto, tali disposizioni non costituirebbero misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche, ai sensi dell’articolo 275, secondo comma, TFUE.

48

Inoltre, il Consiglio ritiene che il fatto che la ricorrente sarebbe uno dei due principali operatori russi ad utilizzare le tecnologie di cui all’articolo 4 della decisione impugnata non è sufficiente perché tale disposizione rivesta un carattere sufficientemente individuale per essere considerata una decisione che prevede misure restrittive nei suoi confronti, ai sensi dell’articolo 275, secondo comma, TFUE.

49

La ricorrente contesta tali argomenti e sostiene, in ogni caso, che il Tribunale è competente a controllare tutte le disposizioni del regolamento impugnato.

50

A tale riguardo, si deve ricordare che, ai sensi dell’articolo 275, secondo comma, TFUE, la Corte e, di conseguenza, il Tribunale sono competenti a «pronunciarsi sui ricorsi, proposti secondo le condizioni di cui all’articolo 263, quarto comma [TFUE], riguardanti il controllo della legittimità delle decisioni che prevedono misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche adottate dal Consiglio in base al titolo V, capo 2, [TUE]».

51

Per contro, l’articolo 275, primo comma, TFUE prevede che «[l]a Corte di giustizia dell’Unione europea non è competente per quanto riguarda le disposizioni relative alla politica estera e di sicurezza comune, né per quanto riguarda gli atti adottati in base a dette disposizioni».

52

Secondo la giurisprudenza, le misure restrittive sono riconducibili ad atti di portata generale, in quanto vietano ad una categoria generale ed astratta di destinatari di mettere risorse economiche a disposizione delle entità elencate nei loro allegati e, al contempo, sono riconducibili a decisioni individuali nei confronti di tali entità (v. sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 146 e giurisprudenza ivi citata).

53

Occorre inoltre ricordare che, per quanto riguarda gli atti adottati sulla base di disposizioni relative alla politica estera e di sicurezza comune (PESC), è la natura individuale degli atti che dà accesso, ai sensi dell’articolo 275, secondo comma, TFUE, al giudice dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del martedì 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 103 e giurisprudenza ivi citata).

54

Benché siffatte misure possano anche riguardare individualmente altre entità di una particolare industria di un paese terzo, resta nondimeno il fatto che dalla natura di tali misure risulta che, nell’ipotesi in cui la legittimità di queste ultime venga contestata, esse devono poter essere sottoposte, conformemente all’articolo 275, secondo comma, TFUE, al controllo giurisdizionale del giudice dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 104).

55

Nel caso di specie, occorre ricordare che l’articolo 1, paragrafo 2, lettere da b) a d), e paragrafo 3, della decisione impugnata vieta a tutti gli operatori dell’Unione di effettuare alcuni tipi di attività finanziarie o di concludere determinati tipi di accordi con entità con sede in Russia di proprietà o controllo pubblici per oltre il 50%, che hanno attività totali stimate di oltre 1000 miliardi di rubli russi (RUB) (circa EUR 13 miliardi) e le cui entrate stimate provengono per almeno il 50% dalla vendita o dal trasporto di petrolio greggio o prodotti petroliferi al 12 settembre 2014, il cui nome figura all’allegato III di tale decisione, o con qualsiasi persona giuridica, entità o organismo stabiliti al di fuori dell’Unione di proprietà per oltre il 50% di un’entità elencata nell’allegato III di detta decisione o che agisce per conto o sotto la direzione di un’entità rientrante nelle due suddette categorie.

56

Pertanto, si deve considerare che, nel sancire i criteri previsti dall’articolo 1, paragrafo 2, lettere da b) a d), della decisione impugnata, che consentono di identificare la ricorrente, e nell’indicare detta società nell’allegato III della suddetta decisione, il Consiglio ha adottato misure restrittive nei confronti di tale determinata persona giuridica.

57

L’articolo 1, paragrafi 3 e 4, della decisione impugnata permette inoltre d’individuare direttamente la ricorrente, nella misura in cui si riferisce alle entità e organismi di cui al paragrafo 1 o 2 del medesimo articolo, tra i quali figura la ricorrente.

58

Analogamente, l’articolo 7 della decisione impugnata indica allo stesso modo espressamente le entità riportate nell’allegato III della decisione impugnata, tra le quali figura la ricorrente.

59

Per contro, con riferimento agli articoli 4 e 4 bis della decisione impugnata, si deve constatare che il controllo della legittimità di tali disposizioni esula dalla competenza del Tribunale.

60

Infatti, siffatte misure non sono dirette a persone fisiche o giuridiche determinate, ma si applicano a tutti gli operatori coinvolti nella vendita, nella fornitura, nel trasferimento o nell’esportazione di attrezzature soggette all’obbligo di autorizzazione preventiva e a tutti i fornitori di servizi associati in via generale. Alla luce di ciò, le misure previste dagli articoli 4 e 4 bis della decisione impugnata non costituiscono misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche ai sensi dell’articolo 275, secondo comma, TFUE, bensì misure di portata generale, rispetto alle quali né la Corte né il Tribunale sono competenti (v., in tal senso, sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punti da 97 a 99).

61

Tale soluzione non è modificata dal fatto che la ricorrente ha indicato di contestare tali disposizioni soltanto nella parte in cui queste la riguardavano, o che essa sarebbe una delle due compagnie petrolifere che hanno ottenuto le autorizzazioni necessarie per esercitare attività sulla piattaforma continentale russa, di modo che dette disposizioni produrrebbero gli stessi effetti di misure restrittive nei propri confronti. Infatti, la circostanza che tali disposizioni siano state applicate alla ricorrente non modifica la loro natura giuridica di atto di portata generale. Nel caso di specie, le «decisioni che prevedono misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche», ai sensi dell’articolo 275, secondo comma, TFUE, si rinvengono nelle disposizioni con cui il nome della ricorrente è stato inserito nell’allegato III della decisione impugnata (v., in tal senso, sentenze del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 104, e del 4 giugno 2014, Sina Bank/Consiglio, T‑67/12, non pubblicata, EU:T:2014:348, punto 39). Ciò è in linea con la giurisprudenza secondo cui, per quanto riguarda gli atti adottati sulla base delle disposizioni relative alla PESC, è la natura individuale degli atti che, ai sensi dell’articolo 275, secondo comma, TFUE, consente di adire il giudice dell’Unione (punto 53 supra).

62

Si deve concludere, pertanto, che il Tribunale è competente a conoscere del ricorso della ricorrente diretto all’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 2, lettere da b) a d), e paragrafi 3 e 4, dell’allegato III e dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), della decisione impugnata (in prosieguo: le «disposizioni controverse della decisione impugnata»), nei limiti in cui queste ultime prevedono misure restrittive nei suoi confronti. Per contro, il Tribunale non è competente a conoscere del ricorso di annullamento nei limiti in cui esso è rivolto contro gli articoli 4 e 4 bis della decisione impugnata.

63

In ogni caso, il Tribunale è altresì competente a conoscere del ricorso di annullamento nella parte in cui è diretto contro il regolamento impugnato, in forza dell’articolo 263, primo comma, TFUE, il che non è contestato dal Consiglio. Infatti, anche se è volto ad attuare la decisione impugnata, adottata nell’ambito della PESC, il regolamento impugnato non è una «disposizion[e] relativ[a] alla politica estera e di sicurezza comune», ai sensi dell’articolo 275, primo comma, TFUE, che sfugge alla competenza della Corte di giustizia dell’Unione europea.

Sulla ricevibilità

64

Il Consiglio sostiene che il ricorso è irricevibile, sia per quanto riguarda l’articolo 3, l’articolo 3 bis, l’articolo 4, paragrafi 3 e 4, l’articolo 5, paragrafo 2, lettere da b) a d), paragrafi 3 e 4, l’allegato VI e l’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), del regolamento impugnato, sia per quanto riguarda le disposizioni controverse della decisione impugnata (in prosieguo, congiuntamente: le «disposizioni controverse»), poiché le condizioni di ricevibilità previste dall’articolo 263, quarto comma, cui rinvia espressamente l’articolo 275, secondo comma, TFUE, non sono soddisfatte, in particolare per quanto riguarda l’incidenza diretta nei confronti della ricorrente.

65

Infatti, sotto un primo profilo, la ricorrente non sarebbe direttamente interessata dalle disposizioni controverse, dato che queste ultime dovrebbero obbligatoriamente essere applicate dalle autorità competenti degli Stati membri, che disporrebbero di un margine di discrezionalità a tal fine. Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, della decisione impugnata, spetta ad esse stabilire se la vendita, la fornitura, il trasferimento o l’esportazione delle attrezzature in questione o la fornitura dei servizi in questione siano destinati a prospezioni petrolifere e produzione petrolifera in acque profonde e nell’Artico o a progetti relativi allo scisto bituminoso in Russia. Del pari, l’articolo 3 e l’articolo 4, paragrafi 3 e 4, del regolamento impugnato richiederebbero una previa autorizzazione ottenuta presso le autorità competenti degli Stati membri per la fornitura o l’esportazione di determinate tecnologie destinate alla prospezione e alla produzione di petrolio in acque profonde e nell’Artico o a progetti inerenti lo scisto bituminoso in Russia, nonché per i servizi di intermediazione o assistenza tecnica, il finanziamento o l’assistenza finanziaria in relazione a tali tecnologie.

66

Inoltre, il Consiglio osserva che, quando le disposizioni controverse sono state inizialmente adottate, il significato preciso di taluni termini essenziali non era stabilito, e lo sarebbe stato solo successivamente, nella decisione 2014/872 e nel regolamento n. 1290/2014. Le autorità degli Stati membri disporrebbero sempre, nondimeno, di un certo margine di discrezionalità.

67

Sotto un secondo profilo, il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, fa valere che la ricorrente non è direttamente interessata dalle disposizioni controverse, in quanto esse non producono direttamente effetti sulla sua situazione giuridica, ai sensi della giurisprudenza. Infatti, nel caso di specie, i fornitori ed esportatori delle tecnologie e connessi servizi dell’Unione sarebbero soggetti a restrizioni all’esportazione previste dalle disposizioni controverse, ma tali restrizioni non si applicherebbero né alla ricorrente né all’industria petrolifera in Russia. Inoltre, non vi è alcun elemento di tali disposizioni che impedisca alla ricorrente di garantire la prospezione e la produzione di petrolio in acque profonde e nell’Artico o progetti relativi allo scisto bituminoso in Russia. Anche se essa non può più acquisire le tecnologie elencate presso i fornitori dell’Unione ai fini del loro utilizzo in tali progetti, né ottenere assistenza tecnica o finanziaria, ciò non significa che siano stati prodotti effetti diretti sulla sua situazione giuridica. Le stesse considerazioni varrebbero anche per quanto riguarda, tra l’altro, le restrizioni di accesso ai mercati dei capitali dell’Unione o quelle che colpiscono i nuovi prestiti e crediti con scadenza superiore a 30 giorni.

68

Sotto un terzo profilo, in risposta ad un quesito del Tribunale, il Consiglio e la Commissione hanno osservato che l’articolo 3 e l’articolo 4, paragrafi 3 e 4, del regolamento impugnato, comporterebbero misure di esecuzione, in quanto prevedono un sistema di autorizzazione preventiva. La ricorrente dovrebbe dunque non solo dimostrare di essere direttamente interessata, ma anche di essere individualmente interessata da tali disposizioni, ipotesi che non si verificherebbe nel caso di specie.

69

La ricorrente contesta tali argomenti.

70

Occorre distinguere la questione della legittimazione ad agire della ricorrente contro le disposizioni controverse della decisione impugnata e l’articolo 5, paragrafo 2, lettere da b) a d), paragrafi 3 e 4, dell’allegato VI e l’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), del regolamento impugnato (in prosieguo: le «disposizioni relative all’accesso al mercato dei capitali»), da un lato, e contro l’articolo 3, l’articolo 3 bis e l’articolo 4, paragrafi 3 e 4, del regolamento impugnato (in prosieguo: le «disposizioni del regolamento impugnato relative alle restrizioni all’esportazione»), dall’altro lato.

Sulla legittimazione ad agire della ricorrente contro le disposizioni relative all’accesso al mercato dei capitali

71

A tal proposito si deve ricordare che, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre, alle condizioni previste al primo e secondo comma, un ricorso contro gli atti adottati nei suoi confronti o che la riguardano direttamente e individualmente, nonché contro gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura d’esecuzione. La seconda parte di frase dell’articolo 263, quarto comma, TFUE specifica che, qualora la persona fisica o giuridica che propone il ricorso di annullamento non sia la destinataria dell’atto impugnato, la ricevibilità del ricorso è subordinata alla condizione che il ricorrente sia direttamente e individualmente interessato da quest’ultimo. Inoltre, il trattato di Lisbona ha aggiunto all’articolo 263, quarto comma, TFUE una terza parte di frase che ha attenuato i requisiti di ricevibilità dei ricorsi di annullamento proposti da persone fisiche e giuridiche. Infatti, tale parte di frase, senza subordinare la ricevibilità del ricorso di annullamento proposto da persone fisiche o giuridiche al requisito dell’incidenza individuale, apre detta via di ricorso in relazione agli «atti regolamentari» che non comportino alcuna misura di esecuzione e che riguardino il ricorrente direttamente (v., in tal senso, sentenza del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punti 5657).

72

Sotto un primo profilo, per quanto concerne la condizione relativa all’incidenza diretta della ricorrente, si deve ricordare che, per consolidata giurisprudenza, la condizione di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE, secondo cui una persona fisica o giuridica dev’essere direttamente interessata, richiede che il provvedimento dell’Unione contestato produca direttamente effetti sulla situazione giuridica del singolo e non lasci alcun potere discrezionale ai destinatari del provvedimento incaricati della sua applicazione, la quale ha carattere meramente automatico e deriva dalla sola normativa dell’Unione senza intervento di altre norme intermedie (v., in tal senso, sentenza del 13 marzo 2008, Commissione/Infront WM, C‑125/06 P, EU:C:2008:159, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

73

Orbene, nel caso di specie si deve ricordare che le disposizioni relative all’accesso al mercato dei capitali vietano in particolare a tutti gli operatori dell’Unione di effettuare certe operazioni finanziarie o di concludere un accordo con entità con sede in Russia controllate dallo Stato o nelle quali quest’ultimo detiene una partecipazione superiore al 50%, che hanno attività totali stimate di oltre 1000 miliardi di rubli russi e le cui entrate stimate provengono per almeno il 50% dalla vendita o dal trasporto di petrolio greggio o prodotti petroliferi al 12 settembre 2014, il cui nome figura nell’allegato III alla decisione impugnata, o nell’allegato VI al regolamento impugnato (v. punti da 17 a 20 supra).

74

Occorre constatare, pertanto, che la ricorrente è direttamente interessata dalle disposizioni relative all’accesso al mercato dei capitali, che non lasciano alcun potere discrezionale ai destinatari incaricati della loro attuazione. Infatti, le misure restrittive che ne derivano si applicano direttamente nei suoi confronti, in conseguenza immediata del fatto che essa è un’entità di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera b), e paragrafo 3, della decisione impugnata e di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), e paragrafo 3, del regolamento impugnato, e che il suo nome figura nell’allegato III alla decisione impugnata e nell’allegato VI al regolamento impugnato. Non rileva, a tale riguardo, che tali disposizioni non impediscano alla ricorrente di effettuare le operazioni in questione al di fuori dell’Unione. Infatti, è pacifico che le disposizioni relative all’accesso al mercato dei capitali impongono alla ricorrente delle restrizioni all’accesso al mercato dei capitali dell’Unione.

75

Allo stesso modo, occorre respingere l’argomento del Consiglio secondo cui lo status giuridico della ricorrente non sarebbe direttamente inciso, dal momento che le misure disposte dalle disposizioni relative all’accesso al mercato dei capitali si applicano soltanto a soggetti stabiliti nell’Unione. Se è pur vero che tali disposizioni contengono divieti che si applicano innanzitutto agli enti creditizi e alle altre istituzioni finanziarie stabilite nell’Unione, tali divieti hanno per obiettivo e per effetto di pregiudicare direttamente i soggetti, come la ricorrente, che si vedono limitati nella loro attività economica, in conseguenza dell’applicazione di tali misure nei loro confronti. Va da sé che spetta agli organismi stabiliti nell’Unione applicare dette misure, dato che gli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione non si applicano, in linea di principio, al di fuori del territorio dell’Unione. Ciò non significa però che gli enti interessati dalle disposizioni relative all’accesso al mercato dei capitali non siano direttamente interessati dalle misure restrittive applicate nei loro confronti. Infatti, il fatto di vietare agli operatori dell’Unione di effettuare alcuni tipi di operazioni con enti al di fuori dell’Unione equivale a vietare a tali enti di effettuare le operazioni in questione con operatori dell’Unione. Inoltre, accogliere la tesi del Consiglio equivarrebbe a considerare che, anche nei casi singoli di congelamento di capitali, i soggetti elencati, ai quali si applicano le misure restrittive, non sono direttamente interessati da tali misure, dal momento che spetta anzitutto agli Stati membri dell’Unione e alle persone fisiche o giuridiche nella loro giurisdizione applicarle.

76

Peraltro, inutilmente il Consiglio si basa, al riguardo, sulla causa che ha dato luogo all’ordinanza del 6 settembre 2011, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio (T‑18/10, EU:T:2011:419). Infatti, in tale causa, il Tribunale ha dichiarato che il regolamento (CE) n. 1007/2009 del Parlamento e del Consiglio, del 16 settembre 2009, sul commercio dei prodotti derivati dalla foca (GU 2009, L 286, pag. 36) riguardava unicamente la situazione giuridica dei ricorrenti attivi nell’immissione sul mercato dell’Unione dei prodotti derivati dalla foca e interessati dal divieto generale di immissione in commercio di tali prodotti, a differenza di ricorrenti la cui attività non consisteva nell’immissione in commercio di detti prodotti e/o di quelli rientranti nell’eccezione prevista dal regolamento n. 1007/2009, dato che, in linea di principio, l’immissione sul mercato dell’Unione dei prodotti derivati dalla foca provenienti da forme di caccia tradizionalmente praticate dalle comunità Inuit e da altre comunità indigene e che contribuiscono al loro sostentamento era ancora consentita (v., in tal senso, ordinanza del 6 settembre 2011, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, T‑18/10, EU:T:2011:419, punto 79). Nel caso di specie, per contro, si deve constatare che la ricorrente è attiva nel mercato dei servizi finanziari soggetti alle disposizioni relative all’accesso al mercato dei capitali, e non in un mercato a monte o a valle di tali servizi, come sostiene il Consiglio. Infatti, proprio in ragione delle disposizioni relative all’accesso al mercato dei capitali la ricorrente si vede nell’impossibilità di effettuare determinate transazioni finanziarie vietate con organismi stabiliti nell’Unione, mentre essa avrebbe avuto diritto di concludere tali operazioni in assenza di detti atti.

77

Allo stesso modo, occorre ricordare che l’articolo 7 della decisione impugnata e l’articolo 11 del regolamento impugnato prevedono che non sarà accolta nessuna domanda in relazione a contratti o operazioni sulla cui esecuzione hanno inciso, direttamente o indirettamente, del tutto o in parte, le misure istituite ai sensi di tale decisione o di tale regolamento, quando una simile richiesta venga presentata, in particolare, da un ente di cui all’allegato III della decisione impugnata o all’allegato VI del regolamento impugnato. Occorre constatare, pertanto, che la ricorrente è direttamente interessata da tali disposizioni, poiché figura tra gli enti elencati in allegato, la cui capacità di stare in giudizio è stata limitata.

78

Si deve concludere, pertanto, che la ricorrente è direttamente interessata dalle disposizioni relative all’accesso al mercato dei capitali.

79

Sotto un secondo profilo, senza che si debba esaminare se le disposizioni relative all’accesso al mercato dei capitali introducano o meno misure di esecuzione, si deve rilevare che la condizione relativa all’incidenza individuale, previsto dalla seconda ipotesi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, è anch’essa soddisfatta nel caso di specie.

80

Infatti, si deve ricordare che, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, al quale fa riferimento l’articolo 275, secondo coma, TFUE, qualunque inserimento in un elenco di persone o entità colpite da misure restrittive, in quanto assimilabile ad una decisione individuale, apre a detta persona o entità la via del ricorso al giudice dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 28 novembre 2013, Consiglio/Manufacturing Support & Procurement Kala Naft, C‑348/12 P, EU:C:2013:776, punto 50; del 1o marzo 2016, National Iranian Oil Company/Consiglio, C‑440/14 P, EU:C:2016:128, punto 44 e giurisprudenza ivi citata, e del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 103 e giurisprudenza ivi citata).

81

Orbene, nel caso di specie, dal momento che il nome della ricorrente figura - negli elenchi dell’allegato III alla decisione impugnata e dell’allegato VI al regolamento impugnato - tra i soggetti ai quali si applicano le misure restrittive previste all’articolo 1, paragrafo 2, di detta decisione e all’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento impugnato, la ricorrente dev’essere ritenuta personalmente interessata da tali misure.

82

Qualunque altra soluzione violerebbe le disposizioni dell’articolo 263 e dell’articolo 275, secondo comma, TFUE e sarebbe quindi contraria al sistema di tutela giurisdizionale istituito dal Trattato FUE, nonché al diritto a un ricorso effettivo sancito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo, la «Carta») (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2014, National Iranian Oil Company/Consiglio, T‑578/12, non pubblicata, EU:T:2014:678, punto 36).

83

Pertanto, si deve concludere che la ricorrente è legittimata a chiedere l’annullamento delle misure restrittive introdotte dalle disposizioni relative all’accesso al mercato dei capitali, nella parte in cui la riguardano.

Sulla legittimazione ad agire della ricorrente contro le disposizioni del regolamento impugnato relative alle restrizioni all’esportazione

84

In via preliminare, occorre ricordare, innanzitutto, che il Tribunale non è competente a conoscere del ricorso di annullamento nella parte in cui è esso diretto contro le disposizioni della decisione impugnata relative alle restrizioni all’esportazione, vale a dire gli articoli 4 e 4 bis della decisione impugnata, dal momento che si tratta di misure di portata generale adottate nel quadro della PESC (v. punti da 58 a 62 supra). Per contro, il Tribunale è competente ad esaminare la legittimità delle disposizioni equivalenti del regolamento impugnato (v. supra, punto 63).

85

Occorre, allora, esaminare la legittimazione ad agire della ricorrente avverso le disposizioni del regolamento impugnato relative alle restrizioni all’esportazione in relazione alle disposizioni dell’articolo 263, quarto comma, TFUE (v. punto 71 supra).

86

A tal riguardo, sotto un primo profilo, occorre rilevare che, anche se le disposizioni del regolamento impugnato relative alle restrizioni all’esportazione costituiscono disposizioni di portata generale, esse riguardano direttamente la ricorrente.

87

Infatti, va ricordato che ai sensi delle disposizioni del regolamento impugnato relative alle restrizioni all’esportazione «[o]ccorre un’autorizzazione preventiva per vendere, fornire, trasferire o esportare, direttamente o indirettamente, i prodotti elencati nell’allegato II, anche non originari dell’Unione, a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità o organismo in Russia, comprese la sua zona economica esclusiva e la sua piattaforma continentale, o in qualsiasi altro Stato, se tali prodotti sono destinati a un uso in Russia, comprese la sua zona economica esclusiva e la sua piattaforma continentale» (articolo 3, paragrafo 1). Si precisa, parimenti, che «[l]e autorità competenti non concedono autorizzazioni di esportazione per la vendita, la fornitura, il trasferimento o l’esportazione dei prodotti di cui all’allegato II se hanno fondati motivi per ritenere che la vendita, la fornitura, il trasferimento o l’esportazione di tali prodotti siano destinati ad una delle categorie di progetti di prospezione e produzione di cui al paragrafo 3» (articolo 3, paragrafo 5). A norma dell’articolo 3 bis del regolamento impugnato, il divieto si estende anche ai servizi connessi di cui a tale articolo. L’articolo 4, paragrafi 3 e 4, di detto regolamento prevede l’applicazione della stessa procedura di autorizzazione preventiva di cui all’articolo 3 alla «assistenza tecnica o servizi di intermediazione connessi ai prodotti elencati nell’allegato II, nonché alla fornitura, alla fabbricazione, alla manutenzione e all’uso di detti prodotti» e a «finanziamenti o assistenza finanziaria connessi ai prodotti di cui all’allegato II, compresi in particolare sovvenzioni, prestiti e assicurazione dei crediti all’esportazione».

88

Occorre constatare, pertanto, che la ricorrente è direttamente interessata dalle disposizioni del regolamento impugnato relative alle restrizioni all’esportazione, in quanto ha dimostrato, in base a documenti prodotti dinanzi al Tribunale, di essere attiva in progetti di prospezione e di produzione in Russia, quali quelli di cui all’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento impugnato, vale a dire prospezione e produzione petrolifere in acque di profondità superiore a 150 metri, prospezione e produzione petrolifere nella zona in mare aperto a nord del circolo polare artico, o progetti che hanno il potenziale di produrre petrolio da risorse situate in formazioni di scisto mediante fratturazione idraulica (in prosieguo: i «progetti non convenzionali») e non in qualsivoglia mercato a monte o a valle degli stessi (v. la giurisprudenza di cui al punto 76 supra).

89

Infatti, in virtù dell’adozione delle disposizioni del regolamento impugnato relative alle restrizioni all’esportazione, la ricorrente si vede nell’impossibilità materiale e giuridica di sottoscrivere nuovi contratti o di chiedere l’esecuzione di contratti conclusi dopo il 1o agosto 2014 con operatori dell’Unione, relativi a prodotti di cui all’allegato II del regolamento impugnato, se sono destinati a progetti non convenzionali. Essa deve inoltre richiedere e ottenere una previa autorizzazione per i contratti protetti da diritti acquisiti e per i contratti relativi agli usi autorizzati (articolo 3, paragrafo 1, e paragrafo 5, secondo comma, articolo 3 bis, paragrafo 2, e articolo 4, paragrafo 3, del regolamento impugnato).

90

Per quanto riguarda, poi, l’argomento del Consiglio secondo cui le autorità nazionali dispongono di un margine di valutazione, di modo che la ricorrente non sarebbe direttamente interessata dalle disposizioni del regolamento impugnato riguardanti le restrizioni all’esportazione, occorre rilevare che, se è vero che tali disposizioni istituiscono un sistema di autorizzazione preventiva in forza del quale tali autorità devono attuare i divieti previsti, queste ultime non dispongono in realtà di alcun margine di discrezionalità al riguardo.

91

Così, l’articolo 3, paragrafo 5, del regolamento impugnato prevede, ad esempio, che le autorità competenti «non concedono» autorizzazioni di esportazione per la vendita, la fornitura, il trasferimento o l’esportazione dei prodotti di cui all’allegato II se hanno fondati motivi per ritenere che la vendita, la fornitura, il trasferimento o l’esportazione di tali prodotti siano destinati ad una delle categorie di progetti di prospezione e produzione di cui al paragrafo 3 del medesimo articolo. La mera valutazione, puramente di fatto e svolta a monte, a cui possono procedere le autorità nazionali consiste quindi nel determinare se l’operazione di cui trattasi riguardi prodotti destinati ad una delle categorie di progetti non convenzionali di cui al paragrafo 3. Esse non possono tuttavia rilasciare alcuna autorizzazione se hanno fondati motivi per ritenere che si versi in tale ipotesi.

92

Lo stesso vale per quanto riguarda l’articolo 4, paragrafi 3 e 4, del regolamento impugnato, che subordina la prestazione di determinati servizi di intermediazione o di assistenza tecnica, finanziamenti o assistenza finanziaria connessi alle tecnologie di cui all’allegato II ad un’autorizzazione preventiva dell’autorità in questione, nei limiti in cui l’articolo 3 del suddetto regolamento, e in particolare i paragrafi 2 e 5, si applicano mutatis mutandis ove siano richieste delle autorizzazioni.

93

L’articolo 3 bis del regolamento impugnato non lascia parimenti alcun margine di discrezionalità alle autorità nazionali in quanto prevede che è vietato fornire, direttamente o indirettamente, servizi associati necessari per le categorie di progetti di prospezione e produzione petrolifere in Russia, comprese la sua zona economica esclusiva e la sua piattaforma continentale, di cui all’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento impugnato. Il Consiglio ha peraltro riconosciuto, per quanto riguarda tale disposizione, che essa non comportava misure di esecuzione, il che implica necessariamente che non sussiste alcun margine di discrezionalità delle autorità nazionali.

94

Si deve concludere, pertanto, che la ricorrente è direttamente interessata dalle disposizioni del regolamento impugnato riguardanti le restrizioni all’esportazione.

95

In risposta ad un quesito del Tribunale in sede di udienza, il Consiglio e la Commissione hanno affermato, tuttavia, che la nozione di incidenza diretta, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, dovrebbe formare oggetto di un’interpretazione più restrittiva nell’ambito della PESC rispetto ad altri settori di attività dell’Unione, quali il diritto della concorrenza o degli aiuti di Stato.

96

Un siffatto argomento non può tuttavia essere accolto.

97

Infatti, le condizioni di ricevibilità previste dall’articolo 263, quarto comma, TFUE, sono le stesse per tutti i ricorsi proposti da persone fisiche o giuridiche contro atti dell’Unione, indipendentemente dal tipo di atto o dalla materia di cui trattasi. Così, se è vero che, secondo la giurisprudenza, la condizione che richiede che la persona fisica o giuridica sia direttamente interessata da un atto dell’Unione è soddisfatta solo se l’atto impugnato produce direttamente effetti sulla situazione giuridica di tale soggetto, non di rado la giurisprudenza ritiene ricevibili ricorsi di annullamento proposti dai singoli contro gli atti dell’Unione i cui effetti sui ricorrenti non producono effetti giuridici in senso stretto, ma puramente reali, ad esempio perché incidono direttamente sulla loro qualità di operatori di mercato in concorrenza con altri operatori. Occorre pertanto, al fine di accertare l’incidenza diretta nei confronti di un soggetto, tener conto non solo degli effetti di un atto dell’Unione sulla sua posizione giuridica, ma anche degli effetti reali di tale atto su di essa, e tali effetti devono essere più rilevanti di semplici effetti indiretti, circostanza che si dovrà determinare in ciascun caso individuale, tenuto conto del contenuto normativo dell’atto dell’Unione di cui trattasi (v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:21, paragrafi da 70 a 72 e giurisprudenza ivi citata).

98

Sotto un secondo profilo, occorre esaminare se le disposizioni del regolamento impugnato riguardanti le restrizioni all’esportazione prevedano o meno misure di esecuzione.

99

In proposito si deve ricordare che, secondo la giurisprudenza, per valutare se un atto regolamentare comporti misure di esecuzione occorre far riferimento alla posizione del soggetto che invoca il diritto di ricorso ex articolo 263, quarto comma, ultima parte di frase, TFUE. Risulta quindi irrilevante la circostanza che l’atto di cui trattasi comporti o meno misure di esecuzione nei confronti di altri soggetti di diritto (sentenza del 19 dicembre 2013, Telefónica/Commissione, C‑274/12 P, EU:C:2013:852, punto 30).

100

Orbene, nel caso di specie, come riconosciuto in udienza da Consiglio e Commissione, non è certo che la ricorrente possa essa stessa chiedere alle autorità nazionali il rilascio di un’autorizzazione e che possa impugnare l’atto che concede o rifiuta tale autorizzazione dinanzi ai giudici nazionali, in particolare per quanto riguarda le operazioni relative ai progetti non convenzionali, vale a dire quelle concernenti «la vendita, la fornitura, il trasferimento o l’esportazione dei prodotti di cui all’allegato II se hanno fondati motivi per ritenere che la vendita, la fornitura, il trasferimento o l’esportazione di tali prodotti siano destinati ad una delle categorie di progetti di prospezione e produzione di cui al paragrafo 3» (articolo 3, paragrafo 5, del regolamento impugnato). Lo stesso vale per quanto riguarda i servizi connessi di cui all’articolo 3 bis del regolamento impugnato.

101

Pertanto, contrariamente a quanto suggerito dal Consiglio in udienza, non si può ritenere che tali disposizioni comportino misure d’esecuzione nei confronti della ricorrente solo per il fatto che essa potrebbe eventualmente chiedere alle controparti stabilite nell’Unione di presentare domande di autorizzazione alle autorità nazionali competenti al fine di contestare le decisioni prese da tali autorità dinanzi ai giudici nazionali.

102

Inoltre, come ha fatto valere la ricorrente nella propria risposta ad un quesito del Tribunale, anche a voler ritenere che un’autorizzazione possa eventualmente essere chiesta, una simile richiesta non può che incontrare un rifiuto se riguarda una delle operazioni relative ai progetti non convenzionali indicati all’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento impugnato, in forza dell’articolo 3, paragrafo 5, dell’articolo 3 bis e dell’articolo 4, paragrafi 3 e 4 del suddetto regolamento. Orbene, in una simile ipotesi, sarebbe artificioso o eccessivo esigere che un operatore chieda un atto di esecuzione al solo fine di poterlo impugnare dinanzi ai giudici nazionali, quando è evidente che una simile domanda avrebbe necessariamente quale esito un diniego, di modo che essa non sarebbe stata depositata nel corso normale delle attività (v., in tal senso, sentenza del 14 gennaio 2016, Doux/Commissione, T‑434/13, non pubblicata, EU:T:2016:7, punti da 59 a 64).

103

Si deve concludere, pertanto, che le disposizioni del regolamento impugnato relative alle restrizioni all’esportazione costituiscono disposizioni regolamentari che non comportano misure di esecuzione, ai sensi della terza ipotesi di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE. La ricorrente doveva quindi dimostrare soltanto di essere direttamente interessata da tali disposizioni, così come essa ha fatto nel caso di specie. Pertanto, il suo ricorso dev’essere dichiarato ricevibile, anche nella parte in cui si riferisce alle disposizioni del regolamento impugnato relative alle restrizioni all’esportazione.

104

In conclusione, il ricorso è ricevibile nella parte in cui è diretto contro le disposizioni relative all’accesso al mercato dei capitali e contro le disposizioni del regolamento impugnato relative alle restrizioni all’esportazione.

Nel merito

105

Nella causa T‑735/14 la ricorrente deduce tre motivi, basati, sotto un primo profilo, sulla violazione dell’obbligo di motivazione, sotto un secondo profilo, su un difetto di base giuridica adeguata e, sotto un terzo profilo, su una violazione del principio di proporzionalità e dei diritti fondamentali.

106

Nella causa T‑799/14, la ricorrente deduce quattro motivi, basati, sotto un primo profilo, su di una violazione dell’obbligo di motivazione, sotto un secondo profilo, sull’assenza di base giuridica adeguata per quanto concerne le disposizioni del regolamento impugnato relative alle restrizioni all’esportazione e le disposizioni relative all’accesso al mercato dei capitali, sotto un terzo profilo, su una violazione dell’accordo di partenariato e di cooperazione che istituisce un partenariato tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da un lato, e la Federazione russa, dall’altro lato, firmato il 24 giugno 1994 e approvato a nome delle Comunità europee con decisione 97/800/CECA, CE, Euratom del Consiglio e della Commissione, del 30 ottobre 1997 (GU 1997, L 327, pag. 1, in prosieguo: l’ «accordo di partenariato UE-Russia») e, sotto un quarto profilo, su una violazione del principio di proporzionalità e dei diritti fondamentali.

Sul primo motivo dedotto nelle cause T‑735/14 e T‑799/14, attinente ad un difetto di motivazione

107

Con il suo primo motivo, la ricorrente deduce una violazione dell’articolo 296 TFUE, in quanto la decisione impugnata e il regolamento impugnato (in prosieguo: gli «atti impugnati») non sarebbero sufficientemente motivati. Essa ritiene che le sanzioni previste da questi atti siano misure straordinarie, che richiedono quindi una motivazione esaustiva. Orbene, gli atti impugnati non cercherebbero neppure di spiegare perché i progetti non convenzionali siano oggetto di misure restrittive mirate. Infatti, tali progetti sarebbero per la maggior parte nella fase di sviluppo e produrrebbero utili imponibili per il governo russo in non prima di vent’anni. Del pari, non sarebbe spiegato perché le categorie di attrezzature contemplate dalle disposizioni del regolamento impugnato relative alle restrizioni all’esportazione dovrebbero essere considerati merci e tecnologie «sensibili».

108

Per quanto riguarda le disposizioni relative all’accesso al mercato dei capitali, la ricorrente ritiene parimenti che la motivazione degli atti impugnati non consenta di comprendere come queste azioni consentiranno di perseguire l’obiettivo dichiarato di tali atti, che è quello di far pressione sul governo russo. Ancora, la motivazione fornita dal Consiglio nel suo controricorso sarebbe tardiva e non consentirebbe, in ogni caso, di giustificare le ragioni dell’imposizione delle suddette restrizioni alla ricorrente.

109

Inoltre, la ricorrente fa valere che non esiste alcuna motivazione quanto al nesso necessario tra la stessa e il governo russo, né quanto alla proporzionalità delle misure restrittive o al loro impatto sui diritti fondamentali, circostanza che renderebbe ancor più difficile la contestazione della legittimità di tali misure. Tale assenza di motivazione sarebbe in netto contrasto con la motivazione fornita ai singoli e agli enti interessati dalle altre misure restrittive, come il congelamento dei fondi. Ammettere che il Consiglio possa adottare qualsiasi tipo di misura restrittiva senza fornire alcuna motivazione razionale sarebbe inaccettabile e arrecherebbe un sostanziale pregiudizio allo Stato di diritto.

110

Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione e dal Regno Unito, contesta tali argomenti.

111

Ai sensi dell’articolo 296, secondo comma, TFUE, «[g]li atti giuridici sono motivati (…)». Inoltre, in virtù dell’articolo 41, paragrafo 2, lettera c), della Carta, alla quale l’articolo 6, paragrafo 1, TUE riconosce lo stesso valore giuridico dei trattati, il diritto ad una buona amministrazione include in particolare «l’obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni».

112

Per consolidata giurisprudenza, la motivazione prescritta dall’articolo 296 TFUE e dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera c), della Carta dev’essere adeguata alla natura dell’atto impugnato e al contesto nel quale è stato adottato. Essa deve far apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire all’interessato di conoscere le ragioni del provvedimento adottato, e al giudice competente di esercitare il proprio controllo. L’obbligo di motivazione dev’essere valutato in funzione delle circostanze del caso di specie (v. sentenza del 14 aprile 2016, Ben Ali/Consiglio, T‑200/14, non pubblicata, EU:T:2016:216, punto 94 e giurisprudenza ivi citata; v. anche, in tal senso, sentenza del 25 gennaio 2017, Almaz-Antey Air and Space Defence/Consiglio, T‑255/15, non pubblicata, EU:T:2017:25, punto 56).

113

Non è quindi necessario che la motivazione specifichi tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, nei limiti in cui la sufficienza della motivazione dev’essere valutata alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto, nonché del complesso di norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi. In particolare, da un lato, un atto lesivo è sufficientemente motivato quando è stato emanato in un contesto noto all’interessato, che gli consente di comprendere la portata del provvedimento adottato nei suoi confronti. Dall’altro lato, il grado di precisione della motivazione di un atto deve essere proporzionato alle possibilità materiali ed alle condizioni tecniche o di tempo disponibile nelle quali questo dev’essere adottato (v. sentenza del 14 aprile 2016, Ben Ali/Consiglio, T‑200/14, non pubblicata, EU:T:2016:216, punto 95 e giurisprudenza ivi citata; v. anche, in tal senso, sentenza del 25 gennaio 2017, Almaz-Antey Air and Space Defence/Consiglio, T‑255/15, non pubblicata, EU:T:2017:25, punto 56).

114

Alla luce di tale giurisprudenza, occorre distinguere a seconda che la motivazione degli atti impugnati si riferisca a disposizioni di portata generale o a disposizioni che sono simili, per la ricorrente, a misure restrittive di portata individuale.

115

Infatti, per quanto riguarda le disposizioni di portata generale, quali le disposizioni del regolamento impugnato relative alle restrizioni all’esportazione, il Consiglio può legittimamente sostenere che la motivazione può limitarsi a indicare, da un lato, la situazione complessiva che ha condotto alla loro adozione e, dall’altro, gli obiettivi generali che le stesse si propongono di raggiungere (v., in tal senso, sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 120 e giurisprudenza ivi citata).

116

Per contro, per quanto concerne le disposizioni relative all’accesso al mercato dei capitali, occorre ricordare che tali disposizioni costituiscono, nei confronti della ricorrente, nella parte in cui la riguardano, delle misure restrittive di portata individuale (punti 56 e 81 supra).

117

Orbene, la giurisprudenza ha precisato, a tal proposito, che la motivazione di un atto del Consiglio che imponeva una misura restrittiva doveva identificare non soltanto la base giuridica di tale misura, ma anche i motivi specifici e concreti per i quali il Consiglio considerava, nell’esercizio del proprio potere discrezionale, che l’interessato dovesse essere assoggettato a una misura di questo tipo (v. sentenza del 3 luglio 2014, National Iranian Tanker Company/Consiglio, T‑565/12, EU:T:2014:608, punto 38 e giurisprudenza ivi citata; v. anche, in tal senso, sentenza del 25 gennaio 2017, Almaz-Antey Air and Space Defence/Consiglio, T‑255/15, non pubblicata, EU:T:2017:25, punto 55).

118

È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare se il Consiglio abbia soddisfatto il proprio obbligo di motivare sufficientemente le disposizioni controverse nel caso di specie.

119

Sotto un primo profilo, per quanto riguarda, in particolare, le disposizioni del regolamento impugnato relative alle restrizioni all’esportazione, occorre ricordare che l’insieme delle misure in questione si inseriscono nel contesto, noto alla ricorrente, di tensione internazionale che ha preceduto l’adozione degli atti impugnati, richiamato ai punti da 2 a 16 supra. Dai considerando da 1 a 8 della decisione impugnata e dal considerando 2 del regolamento impugnato emerge che l’obiettivo dichiarato degli atti impugnati è aumentare i costi delle azioni intraprese dalla Federazione russa volte a compromettere l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina e promuovere una soluzione pacifica della crisi. Il considerando 12 della decisione impugnata precisa, inoltre, che la vendita, la fornitura, il trasferimento o l’esportazione di taluni beni e tecnologie sensibili dovrebbero essere vietati laddove essi siano destinati a prospezioni petrolifere e produzione petrolifera in acque profonde, a prospezioni petrolifere e produzione petrolifera nell’Artico oppure a progetti inerenti lo scisto bituminoso. Gli atti impugnati descrivono quindi la situazione complessiva che ha condotto alla loro adozione e gli obiettivi generali che essi si prefiggono (sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 123).

120

Sotto un secondo profilo, per quanto riguarda le disposizioni relative all’accesso al mercato dei capitali, occorre ricordare che esse prevedono misure restrittive nei confronti della ricorrente, in quanto il suo nome è stato inserito nell’allegato III della decisione impugnata e nell’allegato VI del regolamento impugnato, in relazione alle attività vietate di cui, rispettivamente, all’articolo 1, paragrafo 2, lettere da b) a d), della decisione impugnata e all’articolo 5, paragrafo 2, lettere da b) a d), del regolamento impugnato.

121

Pertanto, occorre respingere l’argomento del Consiglio secondo cui i criteri giurisprudenziali relativi all’obbligo di motivazione degli atti che impongono misure restrittive individuali non sarebbero applicabili nel caso di specie.

122

Si deve ritenere, tuttavia, che i «motivi specifici e concreti» per i quali il Consiglio ha ritenuto, nell’esercizio del proprio potere discrezionale di valutazione, che la ricorrente dovesse essere oggetto di misure siffatte, ai sensi della giurisprudenza citata, corrispondono nel caso di specie ai criteri stabiliti dalle disposizioni relative all’accesso al mercato dei capitali.

123

Infatti, essendo la ricorrente una delle entità destinatarie, ossia «entità con sede in Russia controllate dallo Stato o nelle quali quest’ultimo detiene una partecipazione superiore al 50%, che hanno attività totali stimate di oltre 1000 miliardi di rubli russi e le cui entrate stimate provengono per almeno il 50% dalla vendita o dal trasporto di petrolio greggio o prodotti petroliferi al 12 settembre 2014» non può essere chiesta alcuna motivazione aggiuntiva ai fini dell’inserimento del suo nome negli allegati degli atti impugnati.

124

A tal proposito, occorre rilevare che il ricorso alle stesse considerazioni per adottare misure restrittive nei confronti di più soggetti non esclude che le suddette considerazioni portino a una motivazione sufficientemente specifica per ciascuno dei soggetti interessati (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 27 febbraio 2014, Ezz e a./Consiglio, T‑256/11, EU:T:2014:93, punto 115).

125

La ricorrente ritiene, tuttavia, che il Consiglio avrebbe dovuto esporre le ragioni specifiche per le quali il settore petrolifero è stato colpito e in che modo il fatto di colpire quest’ultimo consenta di promuovere l’obiettivo perseguito dalle misure controverse.

126

Si deve ricordare, tuttavia, che non è necessario che la motivazione specifichi tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti (v. punto 113 supra). Pertanto, il Consiglio non era tenuto a motivare ulteriormente i motivi alla base della propria decisione d’imporre misure restrittive mirate a settori specifici dell’economia e di vietare l’esportazione di taluni beni e servizi considerati «sensibili». Peraltro, la questione se tali misure siano conformi agli obiettivi della PESC e se siano adeguate e necessarie per conseguire detti obiettivi emerge in maggior grado dall’esame nel merito delle stesse.

127

Inoltre, occorre considerare che la ricorrente, che è un operatore primario del settore petrolifero in Russia e le cui partecipazioni, alla data di adozione della decisione 2014/512, erano detenute per una quota di maggioranza, anche indirettamente, dallo Stato russo, non poteva ragionevolmente ignorare le ragioni per le quali il Consiglio ha adottato misure mirate nei suoi confronti. Conformemente all’obiettivo di aumentare i costi delle azioni della Federazione russa nei confronti dell’Ucraina, l’articolo 1, paragrafo 2, lettera b), della decisione 2014/512 stabilisce restrizioni nei confronti di talune entità del settore petrolifero controllate dallo Stato russo, sulla base, segnatamente, delle loro attività totali stimate in oltre RUB 1000 miliardi. Poiché il contesto politico esistente alla data di adozione delle suddette misure e l’importanza che riveste il settore petrolifero per l’economia russa sono peraltro ben noti, la scelta operata dal Consiglio di adottare misure restrittive nei confronti degli operatori di tale industria può essere facilmente compresa alla luce dell’obiettivo dichiarato di tali atti (sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 124).

128

Pertanto, si deve concludere dichiarando che il Consiglio ha sufficientemente motivato gli atti impugnati e respingere in quanto infondato il primo motivo dedotto nelle cause T‑735/14 e T‑799/14.

Sul secondo motivo dedotto nelle cause T‑735/14 e T‑799/14, vertente su un difetto di base giuridica adeguata

129

La ricorrente fa valere che l’articolo 215 TFUE, che consente al Consiglio di adottare sanzioni economiche nei confronti di paesi terzi, può servire solo in via eccezionale per colpire persone ed entità individuali, a condizione che vi sia un legame sufficiente tra l’entità oggetto di sanzioni e il governo del paese terzo interessato, da un lato, e tra l’entità e l’obiettivo della misura, dall’altro lato. Tali principi risulterebbero altresì dagli orientamenti del Consiglio, del 2 dicembre 2005, sull’attuazione e la valutazione delle misure restrittive (sanzioni) nel contesto della PESC dell’Unione. Orbene, tali condizioni non sarebbero soddisfatte nel caso di specie.

130

Infatti, sotto un primo profilo, i legami tra la ricorrente e il governo russo sarebbero insufficienti, in quanto la ricorrente non sarebbe affatto un’emanazione dello Stato e non avrebbe partecipato all’esercizio del potere pubblico né gestirebbe un servizio pubblico sotto il controllo delle autorità. Il fatto che la ricorrente sia una società di diritto privato che fa parte del gruppo Gazprom, le cui azioni sono detenute al 50,23% dallo Stato russo, non sarebbe sufficiente a tal proposito. Peraltro, non sarebbe consentito presumere l’esistenza di legami con il governo russo, senza aver permesso all’entità interessata di far valere il proprio punto di vista al riguardo.

131

Sotto un secondo profilo, gli atti impugnati non esporrebbero in alcun modo il nesso richiesto tra le entità destinatarie delle misure restrittive e l’obiettivo di tali misure. Sarebbe difficile capire in che modo le disposizioni del regolamento impugnato relative alle restrizioni all’esportazione, che riguardano progetti non convenzionali, o le disposizioni relative all’accesso al mercato dei capitali, potrebbero contribuire agli obiettivi degli atti impugnati. Il Consiglio non potrebbe imporre tali misure, che causano un danno rilevante alle entità e ai loro partner commerciali nell’Unione, in modo del tutto arbitrario.

132

Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione e dal Regno Unito, contesta tali argomenti.

133

Sotto un primo profilo, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui un nesso sufficiente con il governo russo mancherebbe nel caso di specie, occorre rilevare, innanzitutto, che l’articolo 215 TFUE stabilisce che, da un lato, quando una decisione adottata conformemente al capo 2 del titolo V del Trattato UE prevede «l’interruzione (…), totale o parziale, delle relazioni economiche e finanziarie con uno o più paesi terzi», il Consiglio adotta le misure necessarie e che, dall’altro lato, quando una decisione adottata conformemente al capo 2 del titolo V del Trattato UE lo prevede, il Consiglio può adottare «misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche, di gruppi o di entità non statali». L’articolo 215, paragrafo 2, TFUE prevede quindi la possibilità di adottare misure restrittive nei confronti di entità non statali, al fine di attuare una decisione PESC adottata in base al capo 2 del titolo V del Trattato UE.

134

Orbene, come si è rilevato in precedenza, le disposizioni relative all’accesso al mercato dei capitali costituiscono misure restrittive nei confronti della ricorrente (punti 56 e 81 supra). Per quanto riguarda tali misure, la ricorrente non può validamente eccepire, pertanto, che esse devono necessariamente essere imposte nei confronti di soggetti che presentino un nesso sufficiente con il governo russo.

135

Per quanto riguarda, poi, le disposizioni del regolamento impugnato relative alle restrizioni all’esportazione, va ricordato che il loro obiettivo non è sanzionare determinati soggetti a motivo del loro legame con la situazione in Ucraina, ma imporre sanzioni economiche alla Federazione russa, al fine di aumentare i costi delle azioni della medesima volte a compromettere l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina, e promuovere una soluzione pacifica della crisi.

136

Dal momento che tali misure riguardano un settore dell’economia in particolare, data la sua importanza per l’economia russa o il suo legame con le azioni della Federazione russa volte a destabilizzare l’Ucraina, non è richiesto che le imprese interessate siano imprese pubbliche russe (v., in tal senso, sentenza del 25 gennaio 2017, Almaz-Antey Air and Space Defence/Consiglio, T‑255/15, non pubblicata, EU:T:2017:25, punto 135).

137

A tale riguardo, la sentenza del 13 marzo 2012, Tay Za/Consiglio (C‑376/10 P, EU:C:2012:138), non può essere utilmente invocata dalla ricorrente. Vero è che, in tale sentenza, la Corte si è premurata di ricordare che la nozione di «paese terzo», ai sensi degli articoli 60 e 301 CE, articoli che corrispondono, in sostanza, all’articolo 215, paragrafo 1, TFUE, può includere i dirigenti di un tale paese nonché le persone ed entità associate a tali dirigenti o da essi direttamente o indirettamente controllate (v. sentenza del 13 marzo 2012, Tay Za/Consiglio, C‑376/10 P, EU:C:2012:138, punto 43 e giurisprudenza citata). Essa ha considerato, pertanto, che, dichiarando che si poteva presumere che i familiari dei dirigenti importanti d’imprese traessero profitto dalla funzione svolta da questi ultimi, così da beneficiare a loro volta delle politiche economiche del governo, e che, di conseguenza, esistesse un legame sufficiente tra il ricorrente e il regime militare di Myanmar, il Tribunale aveva commesso un errore di diritto (v., in tal senso, sentenza del 13 marzo 2012, Tay Za/Consiglio, C‑376/10 P, EU:C:2012:138, punto 71).

138

Va tuttavia ricordato che, nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 13 marzo 2012, Tay Za/Consiglio (C‑376/10 P, EU:C:2012:138), le misure restrittive adottate dal Consiglio erano basate sulla posizione comune 2006/318/PESC del Consiglio, del 27 aprile 2006, che proroga le misure restrittive nei confronti della Birmania/Myanmar (GU 2006, L 116, pag. 77). Tali misure prevedevano, in particolare, il congelamento dei fondi e delle risorse economiche dei membri del governo di Myanmar e delle persone fisiche o giuridiche, entità o organismi ad essi associati. Il nome del ricorrente, sig. Pye Phyo Tay Za, era stato inserito nell’elenco delle persone colpite da misure restrittive, sotto il titolo J dell’allegato II della posizione comune 2006/318, intitolato «Persone che beneficiano delle politiche economiche del governo e altre persone associate al regime», corredato dell’informazione «Figlio di Tay Za» (sentenza del 13 marzo 2012, Tay Za/Consiglio, C‑376/10 P, EU:C:2012:138, punti da 4 a 11). Si trattava quindi di determinare, in tale causa, se il Tribunale e il Consiglio avessero legittimamente concluso nel senso di ritenere che il sig. Tay Za, in quanto membro della famiglia del dirigente di impresa Tay Za, traesse direttamente vantaggio dalle politiche del governo, e quindi che lo si potesse ritenere associato a tale regime in conformità ai parametri di base di cui alla posizione comune 2006/318. La Corte non ha rimesso in discussione, tuttavia, la possibilità di adottare sanzioni economiche nei confronti di Stati terzi, né richiesto che le entità interessate da tali misure, senza essere colpite individualmente, siano «emanazioni dello Stato», come sostiene la ricorrente.

139

Al contrario, emerge dalla giurisprudenza che il Consiglio dispone di un ampio margine di discrezionalità quando definisce l’oggetto di misure restrittive e ciò, in particolare, qualora siffatte misure prevedano, a norma dell’articolo 215, paragrafo 1, TFUE, l’interruzione o la riduzione, in tutto o in parte, delle relazioni economiche e finanziarie con uno o più paesi terzi (sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 132). Qualunque misura di tal genere comporta, per definizione, conseguenze negative sui diritti di proprietà e sul libero esercizio delle attività professionali, con danni per soggetti che non hanno alcuna responsabilità riguardo alla situazione che ha condotto all’adozione delle sanzioni stesse (v., in tal senso, sentenza del 30 luglio 1996, Bosphorus, C‑84/95, EU:C:1996:312, punto 22).

140

In ogni caso, anche a voler supporre che sia richiesto un nesso tra le entità asseritamente destinatarie delle misure restrittive di cui trattasi e il governo russo, è sufficiente constatare che, essendo detenuta dallo Stato russo, anche indirettamente, per oltre il 50%, la ricorrente deve essere considerata un’impresa sotto il controllo dello Stato russo. Il fatto che la ricorrente non sia un’emanazione dello Stato, ai sensi della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (v., in tal senso, sentenza del 6 settembre 2013, Bank Melli Iran/Consiglio, T‑35/10 e T‑7/11, EU:T:2013:397, punto 71 e giurisprudenza ivi citata), non rileva a tale riguardo, in quanto non è richiesto che la ricorrente sia un’entità che partecipa all’esercizio dei pubblici poteri perché possa essere colpita dalle sanzioni economiche adottate dal Consiglio in base all’articolo 215, paragrafo 1, TFUE.

141

Sotto un secondo profilo, per quanto riguarda l’asserita mancanza di un rapporto tra le misure adottate nel caso di specie e gli obiettivi perseguiti dagli atti impugnati, si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, il Consiglio dispone di un ampio potere discrezionale in merito agli elementi da prendere in considerazione per adottare misure di sanzioni economiche e finanziarie sulla base dell’articolo 29 del TUE e dell’articolo 215 del TFUE. Poiché il giudice dell’Unione non può sostituire la propria valutazione delle prove, dei fatti e delle circostanze che giustificano l’adozione di tali misure a quella svolta dal Consiglio, il controllo che esso esercita dev’essere limitato alla verifica del rispetto delle regole di procedura e di motivazione, dell’esattezza materiale dei fatti nonché dell’assenza di errori manifesti di valutazione dei fatti e di sviamento di potere. Tale controllo ristretto si applica, in particolare, alla valutazione delle considerazioni di opportunità sulle quali sono fondate decisioni siffatte (v. sentenza del 25 gennaio 2017, Almaz-Antey Air and Space Defence/Consiglio, T‑255/15, non pubblicata, EU:T:2017:25, punto 95 e giurisprudenza ivi citata).

142

Nel caso di specie, risulta dai considerando da 1 a 8 della decisione impugnata e dal considerando 2 del regolamento impugnato che l’obiettivo dichiarato di tali atti è quello di aumentare i costi delle azioni intraprese dalla Federazione russa volte a compromettere l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina e di promuovere una soluzione pacifica della crisi. Un obiettivo del genere è in linea con quello consistente nel mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, conformemente agli obiettivi dell’azione esterna dell’Unione sanciti all’articolo 21 TUE (sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 115).

143

Orbene, come già rilevato dalla Corte, e contrariamente a quanto fatto valere dalla ricorrente, sussiste un nesso logico tra il fatto di colpire le imprese del settore petrolifero russo, sulla base, in particolare, delle attività totali, stimate a più di RUB 1000 miliardi, alla luce dell’importanza rivestita da tale settore per l’economia russa, e l’obiettivo di misure restrittive nel caso di specie, che è quello di aumentare i costi delle azioni intraprese dalla Federazione russa volte a compromettere l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina e di promuovere una soluzione pacifica della crisi (v., in tal senso, sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 147).

144

Sotto un terzo profilo, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui le misure derivanti dalle disposizioni del regolamento impugnato relative alle restrizioni all’esportazione hanno per bersaglio solo i progetti non convenzionali del settore petrolifero e non il settore petrolifero in generale, che continua a generare redditi sostanziali per l’economia russa, occorre rilevare che il Consiglio può imporre, se lo ritiene opportuno, restrizioni che riguardano imprese attive in settori specifici dell’economia russa nei quali i prodotti, le tecnologie o i servizi provenienti dall’Unione occupano una posizione particolarmente importante. Infatti, la scelta di dirigersi contro imprese o settori che dipendono da tecnologie avanzate o da competenze disponibili principalmente nell’Unione è conforme all’obiettivo consistente nel garantire l’efficacia delle misure restrittive di cui trattasi e nell’evitare che l’efficacia di tali misure sia vanificata dall’importazione, in Russia, di prodotti, tecnologie o servizi fungibili provenienti da paesi terzi (sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 132).

145

La circostanza che i progetti non convenzionali colpiti da talune di queste misure non genererebbero redditi immediati per lo Stato russo non è tale da rimettere in discussione tale conclusione, dato che, compromettendo gli investimenti e gli utili futuri delle entità attive nel settore petrolifero colpite da tali misure, il Consiglio poteva ragionevolmente sperare che ciò contribuisse ad esercitare una pressione sul governo russo e ad aumentare i costi delle azioni intraprese dalla Federazione russa per compromettere l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina.

146

Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, occorre respingere il secondo motivo dedotto nelle cause T‑735/14 e T‑799/14 in quanto infondato.

Sul terzo motivo nella causa T‑799/14, vertente su una violazione dell’accordo di partenariato UE-Russia

147

Con il terzo motivo, presentato solo nella causa T‑799/14, la ricorrente fa valere una violazione dell’articolo 52, paragrafi 5 e 9, dell’articolo 98, paragrafo 1, e dell’articolo 36 dell’accordo di partenariato UE-Russia. Tali disposizioni avrebbero un effetto diretto in quanto contengono obblighi sufficientemente chiari e precisi che non sono subordinati, nel loro adempimento o nei loro effetti, all’intervento di alcun atto ulteriore.

148

Sotto un primo profilo, la ricorrente ritiene che le disposizioni relative all’accesso al mercato dei capitali violino l’articolo 52, paragrafo 5, dell’accordo di partenariato UE-Russia, che prevede che «le parti evitano di introdurre nuove restrizioni alla circolazione dei capitali e ai relativi pagamenti correnti tra residenti [dell’Unione] e della Russia e né rendono più restrittive le intese esistenti». Sotto un secondo profilo, tali disposizioni sarebbero incompatibili con l’articolo 52, paragrafo 9, dell’accordo di partenariato UE-Russia, che stabilisce che l’Unione e la Russia «si concedono reciprocamente il trattamento della nazione più favorita per quanto riguarda la libertà dei pagamenti correnti e dei movimenti di capitale nonché le condizioni di pagamento». Sotto un terzo profilo, la disposizione relativa al non soddisfacimento delle richieste sarebbe contraria all’articolo 98, paragrafo 1, del medesimo accordo, che impone all’Unione di «garantire che le persone fisiche e giuridiche [della Russia] possano adire senza discriminazione, rispetto ai propri cittadini, i competenti organi giuridici e amministrativi [dell’Unione] per tutelare i loro diritti individuali e di proprietà, inclusi quelli riguardanti la proprietà intellettuale, industriale e commerciale». Sotto un quarto profilo, le restrizioni all’esportazione sarebbero in contrasto con l’articolo 36 dell’accordo di partenariato UE-Russia, che prevede altresì una clausola della nazione più favorita per quanto riguarda le condizioni che incidono sulla prestazione transfrontaliera di servizi.

149

Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione e dal Regno Unito, contesta tali argomenti.

150

Per quanto concerne l’accordo di partenariato UE-Russia, la Corte ha dichiarato che una disposizione di un accordo concluso dall’Unione con paesi terzi dev’essere considerata direttamente applicabile quando, avuto riguardo alla sua lettera, nonché all’oggetto e alla natura dell’accordo, stabilisce un obbligo chiaro e preciso che non è subordinato, nel suo adempimento o nei suoi effetti, all’intervento di alcun atto ulteriore (sentenza del 12 aprile 2005, Simutenkov, C‑265/03, EU:C:2005:213, punto 21).

151

Nel caso di specie, anche a voler supporre che le disposizioni invocate dalla ricorrente siano direttamente applicabili e che le misure restrittive in questione non siano conformi a talune di tali disposizioni, l’articolo 99 dell’accordo di partenariato UE-Russia ne consente in ogni caso l’adozione. Infatti, a norma dell’articolo 99, punto 1, lettera d), di detto accordo, nessun elemento dello stesso impedisce a una delle parti di prendere le misure che ritiene necessarie per tutelare i propri interessi fondamentali in materia di sicurezza, segnatamente in tempo di guerra o in occasione di gravi tensioni internazionali che possano sfociare in una guerra o per rispettare obblighi assunti al fine di mantenere la pace e la sicurezza internazionale (v., in tal senso, sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punti 110111).

152

Nel caso di specie, come risulta dal considerando 2 del regolamento impugnato, le misure restrittive previste dagli atti impugnati miravano a promuovere una soluzione pacifica della crisi in Ucraina. Un obiettivo del genere è in linea con quello consistente nel mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, conformemente agli obiettivi dell’azione esterna dell’Unione sanciti all’articolo 21 TUE (sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 115).

153

Ciò premesso, e tenuto conto dell’ampio potere discrezionale di cui dispone in tale ambito, il Consiglio ha potuto ritenere che l’adozione delle misure restrittive di cui trattasi fosse necessaria per la tutela degli interessi fondamentali della sicurezza dell’Unione nonché per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, ai sensi dell’articolo 99 dell’accordo di partenariato UE-Russia (sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 116).

154

Di conseguenza, occorre respingere il terzo motivo sollevato nella causa T‑799/14.

Sul terzo motivo sollevato nella causa T‑735/14 e sul quarto motivo sollevato nella causa T‑799/14, vertenti su una violazione del principio di proporzionalità e dei diritti fondamentali della ricorrente

155

La ricorrente deduce una violazione, da un lato, della libertà d’impresa e del diritto di proprietà, garantiti dagli articoli 16 e 17 della Carta, e, dall’altro, del principio di proporzionalità, così come previsto all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta nonché in quanto principio generale del diritto dell’Unione. In virtù di tale principio, qualsiasi misura prevista da un atto dell’Unione deve perseguire uno scopo legittimo, costituire un mezzo adeguato per conseguire tale obiettivo, essere necessario e non causare inconvenienti sproporzionati rispetto ai vantaggi che essa presenta. Nel caso di specie, le disposizioni controverse imporrebbero sanzioni che prendono di mira precisamente i progetti non convenzionali della ricorrente, in un contesto in cui questa non è stata accusata di aver commesso una violazione, né è stata messa nella possibilità di far valere il proprio punto di vista, il che richiederebbe un controllo ancora più stretto sotto il profilo dei diritti fondamentali e del principio di proporzionalità.

156

Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione e dal Regno Unito, contesta tali argomenti.

157

Secondo la ricorrente, le misure risultanti dagli atti impugnati costituiscono una lesione sproporzionata dei suoi diritti fondamentali, protetti in particolare in particolare dagli articoli 16 e 17 della Carta, in quanto le impediscono di esercitare liberamente un’attività economica, e senza che tale limitazione dei suoi diritti sia necessaria o appropriata per il raggiungimento degli obiettivi perseguiti dal Consiglio.

158

Sotto un primo profilo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 16 della Carta, «è riconosciuta la libertà d’impresa conformemente al diritto [dell’Unione] e alle legislazioni e prassi nazionali».

159

Sotto un secondo profilo, l’articolo 17, paragrafo 1, della Carta prevede quanto segue:

«Ogni persona ha il diritto di godere della proprietà dei beni che ha acquisito legalmente, di usarli, di disporne e di lasciarli in eredità. Nessuna persona può essere privata della proprietà se non per causa di pubblico interesse, nei casi e nei modi previsti dalla legge e contro il pagamento in tempo utile di una giusta indennità per la perdita della stessa. L’uso dei beni può essere regolato dalla legge nei limiti imposti dall’interesse generale».

160

Non vi è dubbio che misure restrittive come quelle di cui trattasi limitano incontestabilmente i diritti di cui la ricorrente gode a norma degli articoli 16 e 17 della Carta (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 22 settembre 2016, NIOC e a./Consiglio, C‑595/15 P, non pubblicata, EU:C:2016:721, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

161

Tuttavia, i diritti fondamentali invocati dalla ricorrente non sono prerogative assolute e il loro esercizio può essere quindi oggetto di restrizioni, alle condizioni di cui all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta (v., in tal senso, sentenze del 28 novembre 2013, Consiglio/Manufacturing Support & Procurement Kala Naft, C‑348/12 P, EU:C:2013:776, punto 121, e del 27 febbraio 2014, Ezz e a./Consiglio, T‑256/11, EU:T:2014:93, punto 195 e giurisprudenza ivi citata).

162

A tal proposito, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, da un lato, «[e]ventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla (…) Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà» e, dall’altro lato, «[n]el rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui».

163

Pertanto, per essere conforme al diritto dell’Unione, una limitazione all’esercizio dei diritti fondamentali di cui trattasi deve in ogni caso rispondere ad una triplice condizione. In primo luogo, la limitazione deve essere prevista dalla legge: in altri termini, la misura in questione deve avere una base giuridica. In secondo luogo, la limitazione deve perseguire un obiettivo d’interesse generale, riconosciuto come tale dall’Unione. In terzo luogo, la limitazione non dev’essere eccessiva. Da un lato, essa dev’essere necessaria e proporzionata allo scopo perseguito; dall’altro, il «contenuto essenziale», ossia la sostanza, del diritto o della libertà in questione non deve essere leso (v. sentenza del 30 novembre 2016, Rotenberg/Consiglio, T‑720/14, EU:T:2016:689, punti da 170 a 173 e giurisprudenza ivi citata).

164

Orbene, si deve constatare che nel caso di specie ricorrano tutte le condizioni sopra indicate.

165

In primo luogo, le misure restrittive di cui trattasi sono previste dalla legge, in quanto sono enunciate in atti di portata generale con base giuridica chiara in diritto dell’Unione e sono fornite di sufficiente motivazione (v. punti da 111 a 128 supra).

166

In secondo luogo, risulta dai considerando da 1 a 8 della decisione impugnata e dal considerando 2 del regolamento impugnato che l’obiettivo dichiarato di tali atti è quello di aumentare i costi delle azioni intraprese dalla Federazione russa volte a compromettere l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina e di promuovere una soluzione pacifica della crisi. Un obiettivo del genere è in linea con quello consistente nel mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, conformemente agli obiettivi dell’azione esterna dell’Unione sanciti all’articolo 21 TUE (sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 115).

167

In terzo luogo, per quanto concerne il principio di proporzionalità, si deve ricordare che quest’ultimo, in quanto principio generale del diritto dell’Unione, esige che gli atti delle istituzioni dell’Unione non superino i limiti di ciò che è idoneo e necessario al conseguimento degli scopi perseguiti dalla normativa di cui trattasi. Così, quando vi sia la scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere a quella meno restrittiva, e gli inconvenienti cagionati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (v. sentenza del 30 novembre 2016, Rotenberg/Consiglio, T‑720/14, EU:T:2016:689, punto 178 e giurisprudenza ivi citata).

168

A tal proposito la giurisprudenza precisa che, per quanto riguarda il controllo giurisdizionale del rispetto del principio di proporzionalità, si deve riconoscere un ampio potere discrezionale al legislatore dell’Unione nei settori che richiedono da parte di quest’ultimo scelte di natura politica, economica e sociale e rispetto ai quali esso è chiamato a effettuare valutazioni complesse. Pertanto, solo la manifesta inidoneità di un provvedimento adottato in tali settori, in relazione allo scopo che l’istituzione competente intende perseguire, può inficiare la legittimità di una simile misura (v. sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 146 e giurisprudenza ivi citata).

169

Si deve constatare, a tale riguardo, che esiste un rapporto ragionevole tra il contenuto degli atti impugnati e l’obiettivo perseguito da questi ultimi. Infatti, nei limiti in cui tale obiettivo è, segnatamente, quello di aumentare i costi delle azioni intraprese dalla Federazione russa per compromettere l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina, l’approccio consistente nel prendere di mira un operatore primario del settore petrolifero, peraltro detenuto maggioritariamente dallo Stato russo, risponde in modo coerente all’obiettivo citato e, in ogni caso, non può essere considerato manifestamente inidoneo rispetto all’obiettivo perseguito (sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 147).

170

Inoltre, non vi è dubbio che le misure restrittive, per definizione, abbiano conseguenze negative sui diritti di proprietà e sul libero esercizio delle attività professionali, con danni per soggetti che non hanno alcuna responsabilità riguardo alla situazione che ha condotto all’adozione delle sanzioni stesse. Tale è, a maggior ragione, l’effetto di misure restrittive mirate per entità oggetto delle stesse (v. sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 149 e giurisprudenza ivi citata).

171

Tuttavia, va rilevato che l’importanza degli obiettivi perseguiti dagli atti impugnati – ossia la tutela dell’integralità territoriale, della sovranità e dell’indipendenza dell’Ucraina nonché la promozione di una soluzione pacifica della crisi in tale paese, riconducibili allo scopo più ampio del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, conformemente agli obiettivi dell’azione esterna dell’Unione sanciti all’articolo 21 TUE – è tale da giustificare conseguenze negative, anche notevoli, per taluni operatori privi di responsabilità per quanto riguarda la situazione che ha condotto all’adozione delle sanzioni (v., in tal senso, sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 149150 e giurisprudenza ivi citata).

172

Alla luce di ciò, e tenuto conto, segnatamente, dell’evoluzione progressiva dell’intensità delle misure restrittive adottate dal Consiglio in risposta alla crisi in Ucraina, l’ingerenza nella libertà di impresa e nel diritto di proprietà della ricorrente non può essere considerata sproporzionata (v., in tal senso, sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 150).

173

Se, come sostenuto dalla ricorrente, è possibile che alcuni dei suoi partner e contraenti siano stati costretti ad abbandonare i loro rapporti di affari con essa, i cui progetti non convenzionali nel settore petrolifero sono stati rinviati, e se è possibile che tali misure abbiano avuto un impatto negativo sul diritto di proprietà degli azionisti della ricorrente e della sua società madre, proprio questo è lo scopo delle misure introdotte dagli atti impugnati, di modo che ingerenze nel suo diritto di proprietà e nel suo diritto di esercitare un’attività economica non possono essere qualificate come sproporzionate a tale riguardo.

174

Pertanto, occorre respingere il terzo motivo sollevato nella causa T‑735/14 nonché il quarto motivo sollevato nella causa T‑799/14, e respingere integralmente il ricorso.

Sulle spese

175

A norma dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, risultata soccombente, sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dal Consiglio, conformemente alla domanda di quest’ultimo.

176

Peraltro, conformemente all’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni intervenuti nella causa restano a loro carico. La Commissione e il Regno di Spagna sopporteranno quindi ciascuno le proprie spese.

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

dichiara e statuisce:

 

1)

Le cause T‑735/14 e T‑799/14 sono riunite ai fini della sentenza.

 

2)

Il ricorso è respinto.

 

3)

La Gazprom Neft PAO sopporterà le proprie spese, nonché quelle sostenute dal Consiglio dell’Unione europea.

 

4)

La Commissione europea e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sopporteranno ciascuno le proprie spese.

 

Berardis

Spielmann

Csehi

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 13 settembre 2018.

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.