SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata)

15 settembre 2016 ( *1 )

«Politica estera e di sicurezza comune — Misure restrittive adottate in considerazione della situazione in Ucraina — Congelamento dei capitali — Elenco delle persone, entità e organismi ai quali si applica il congelamento dei capitali e delle risorse economiche — Inserimento del nome del ricorrente — Diritti della difesa — Obbligo di motivazione — Base giuridica — Diritto a una tutela giurisdizionale effettiva — Sviamento di potere — Inosservanza dei criteri d’inserimento nell’elenco — Errore manifesto di valutazione — Diritto di proprietà»

nella causa T‑346/14,

Viktor Fedorovych Yanukovych, residente a Kiev (Ucraina), rappresentato da T. Beazley, P. Saini, S. Fatima, QC, H. Mussa, J. Hage, K. Howard, barristers, e C. Kennedy, solicitor,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato inizialmente da E. Finnegan e J.‑P. Hix, successivamente da J.-P. Hix e P. Mahnič Bruni, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da

Repubblica di Polonia, rappresentata da B. Majczyna, in qualità di agente,

e da

Commissione europea, rappresentata da S. Bartelt e D. Gauci, in qualità di agenti,

intervenienti,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e volta all’annullamento, in primo luogo, della decisione 2014/119/PESC del Consiglio, del 5 marzo 2014, relativa a misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina (GU 2014, L 66, pag. 26), e del regolamento (UE) n. 208/2014 del Consiglio, del 5 marzo 2014, concernente misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina (GU 2014, L 66, pag. 1), in secondo luogo, della decisione (PESC) 2015/143 del Consiglio, del 29 gennaio 2015, che modifica la decisione 2014/119 (GU 2015, L 24, pag. 16), e del regolamento (UE) 2015/138 del Consiglio, del 29 gennaio 2015, che modifica il regolamento n. 208/2014 (GU 2015, L 24, pag. 1), e, in terzo luogo, della decisione (PESC) 2015/364 del Consiglio, del 5 marzo 2015, che modifica la decisione 2014/119 (GU 2015, L 62, pag. 25), e del regolamento di esecuzione (UE) 2015/357 del Consiglio, del 5 marzo 2015, che attua il regolamento n. 208/2014 (GU 2015, L 62, pag. 1), nella parte in cui il nome del ricorrente è stato inserito o mantenuto nell’elenco delle persone, entità e organismi ai quali si applicano dette misure restrittive,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata),

composto da G. Berardis (relatore), presidente, O. Czúcz, I. Pelikánová, A. Popescu e E. Buttigieg, giudici,

cancelliere: L. Grzegorczyk, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 29 aprile 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti

1

Il ricorrente, sig. Viktor Fedorovych Yanukovych, è l’ex presidente dell’Ucraina.

2

La presente causa si inserisce nell’ambito delle misure restrittive adottate in considerazione della situazione in Ucraina in seguito alla repressione delle manifestazioni di Piazza dell’Indipendenza a Kiev (Ucraina) nel febbraio 2014.

3

Il 5 marzo 2014 il Consiglio dell’Unione europea ha adottato, sulla base dell’articolo 29 TUE, la decisione 2014/119/PESC, relativa a misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina (GU 2014, L 66, pag. 26). Nella stessa data il Consiglio ha adottato, sulla base dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE, il regolamento (UE) n. 208/2014, concernente misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina (GU 2014, L 66, pag. 1).

4

Il punto 2 della decisione 2014/119 precisa:

«Il 3 marzo 2014 il Consiglio ha convenuto di concentrare le misure restrittive sul congelamento e sul recupero dei beni delle persone identificate come responsabili dell’appropriazione indebita di fondi statali ucraini e delle persone responsabili di violazioni di diritti umani, con l’obiettivo di consolidare e sostenere lo [S]tato di diritto e il rispetto dei diritti umani in Ucraina».

5

L’articolo 1, paragrafi 1 e 2, della decisione 2014/119 dispone quanto segue:

«1.   Sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati da persone identificate come responsabili dell’appropriazione indebita di fondi statali ucraini e dalle persone responsabili di violazioni di diritti umani in Ucraina, e da persone fisiche o giuridiche, entità od organismi a essi associate, elencati nell’allegato.

2.   Nessun fondo o risorsa economica è messo a disposizione, direttamente o indirettamente, o a beneficio delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi elencati nell’allegato».

6

Le modalità di tale congelamento di capitali sono definite nei paragrafi successivi del medesimo articolo.

7

Conformemente alla decisione 2014/119, il regolamento n. 208/2014 impone l’adozione di misure di congelamento di capitali e definisce le modalità di tale congelamento in termini identici, sostanzialmente, a quelli di detta decisione.

8

I nomi delle persone interessate dalla decisione 2014/119 e dal regolamento n. 208/2014 (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti di marzo 2014») figurano nell’elenco, identico, di cui all’allegato della decisione 2014/119 e all’allegato I del regolamento n. 208/2014 (in prosieguo: l’«elenco») con, in particolare, la motivazione del loro inserimento.

9

Il nome del ricorrente figurava nell’elenco con le informazioni identificative «ex Presidente dell’Ucraina» e la seguente motivazione:

«Persona sottoposta a procedimento penale in Ucraina allo scopo di indagare su reati connessi alla distrazione di fondi dello Stato ucraino e al loro trasferimento illegale al di fuori dell’Ucraina».

10

Il 6 marzo 2014 il Consiglio ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea un avviso all’attenzione delle persone soggette alle misure restrittive previste dagli atti di marzo 2014 (GU 2014, C 66, pag. 1). In base a tale avviso, «[l]e persone interessate possono presentare al Consiglio, unitamente ai documenti giustificativi, una richiesta volta ad ottenere il riesame della decisione che le include nell’elenco (...)».

11

Con scambi di lettere nel corso del 2014, il ricorrente ha contestato la fondatezza dell’inserimento del suo nome nell’elenco e ha chiesto al Consiglio di procedere a un riesame. Egli ha altresì richiesto di aver accesso alle informazioni e alle prove alla base di detto inserimento.

12

Il Consiglio ha risposto alla domanda di riesame del ricorrente. Esso ha sostenuto che, a suo avviso, le misure restrittive riguardanti il ricorrente erano ancora giustificate dalle ragioni esposte nella motivazione degli atti di marzo 2014. Per quanto riguarda la domanda di accesso al fascicolo del ricorrente, il Consiglio gli ha trasmesso vari documenti contenuti nel suo fascicolo, tra cui documenti delle autorità ucraine del 3 marzo 2014 (in prosieguo: la «lettera del 3 marzo 2014»), dell’8 luglio 2014 (in prosieguo: la «lettera dell’8 luglio 2014») e del 10 ottobre 2014 (in prosieguo: la «lettera del 10 ottobre 2014»).

13

Il 29 gennaio 2015 il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2015/143, che modifica la decisione 2014/119 (GU 2015, L 24, pag. 16), e il regolamento (UE) 2015/138, che modifica il regolamento n. 208/2014 (GU 2015, L 24, pag. 1) (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti di gennaio 2015»).

14

La decisione 2015/143 ha precisato, con decorrenza dal 31 gennaio 2015, i criteri di designazione delle persone interessate dal congelamento di capitali. In particolare, l’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2014/119 è stato sostituito dal seguente testo:

«1.   Sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati da persone identificate come responsabili dell’appropriazione indebita di fondi statali ucraini e dalle persone responsabili di violazioni di diritti umani in Ucraina, e da persone fisiche o giuridiche, entità od organismi a esse associati, elencati nell’allegato.

Ai fini della presente decisione, le persone identificate come responsabili dell’appropriazione indebita di fondi statali ucraini comprendono persone sottoposte a indagine da parte delle autorità ucraine:

a)

per appropriazione indebita di fondi o beni pubblici ucraini o per essersi rese complici di tale appropriazione, o

b)

per abuso d’ufficio in qualità di titolari di un ufficio o di una carica pubblica per procurare a se stesse o a una parte terza un vantaggio ingiustificato, arrecando in tal modo pregiudizio ai fondi o beni pubblici ucraini, o per essersi rese complici di tale abuso».

15

Il regolamento 2015/138 ha modificato il regolamento n. 208/2014 conformemente alla decisione 2015/143.

16

Con lettera del 2 febbraio 2015, il Consiglio ha informato il ricorrente della sua intenzione di mantenere le misure restrittive nei suoi confronti, informandolo della possibilità di presentare osservazioni. Con lettera del 17 febbraio 2015, il ricorrente ha invitato il Consiglio a riconsiderare la sua posizione e a fornirgli gli eventuali ulteriori elementi che giustificherebbero la posizione del Consiglio.

17

Il 5 marzo 2015 il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2015/364, che modifica la decisione 2014/119 (GU 2015, L 62, pag. 25), e il regolamento di esecuzione (UE) 2015/357, che attua il regolamento n. 208/2014 (GU 2015, L 62, pag. 1) (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti di marzo 2015»).

18

La decisione 2015/364 ha modificato l’articolo 5 della decisione 2014/119, prorogando le misure restrittive, per quanto riguarda il ricorrente, fino al 6 marzo 2016. Di conseguenza, la decisione 2015/364 e il regolamento di esecuzione 2015/357 hanno sostituito l’elenco.

19

A seguito di tali modifiche, il nome del ricorrente è stato mantenuto nell’elenco con le informazioni identificative «ex presidente dell’Ucraina» e la seguente nuova motivazione:

«Persona sottoposta a procedimento penale dalle autorità ucraine per appropriazione indebita di fondi o beni statali».

20

Con lettera del 6 marzo 2015, il Consiglio ha informato il ricorrente del mantenimento delle misure restrittive nei suoi confronti.

21

La decisione 2014/119 e il regolamento n. 208/2014 sono stati modificati, da ultimo, rispettivamente, dalla decisione (PESC) 2016/318 del Consiglio, del 4 marzo 2016 (GU 2016, L 60, pag. 76), e dal regolamento di esecuzione (UE) 2016/311 del Consiglio, del 4 marzo 2016, che attua il regolamento n. 208/2014 (GU 2016, L 60, pag. 1).

22

La decisione 2016/318 ha modificato l’articolo 5 della decisione 2014/119, prorogando le misure restrittive, per quanto riguarda il ricorrente, fino al 6 marzo 2017.

Procedimento e conclusioni delle parti

23

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 14 maggio 2014, il ricorrente ha proposto il presente ricorso.

24

Il 22 settembre 2014 il Consiglio ha depositato il controricorso. Tale istituzione ha successivamente depositato, il 26 settembre 2014, un addendum agli allegati del controricorso e, il 3 ottobre 2014, un documento supplementare. Esso ha altresì presentato una domanda motivata conformemente all’articolo 18, paragrafo 4, secondo comma, delle istruzioni al cancelliere del Tribunale, volta a far sì che il contenuto di tali documenti non fosse citato nei documenti relativi a tale causa accessibili al pubblico. Il ricorrente ha comunicato le sue obiezioni in merito alla domanda di trattamento riservato.

25

Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale rispettivamente il 2 settembre 2014 e il 16 settembre 2014, la Repubblica di Polonia e la Commissione europea hanno chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio nel presente procedimento. Con ordinanze del 12 novembre 2014, il presidente della Nona Sezione del Tribunale ha consentito tali interventi. Con atti depositati rispettivamente il 22 dicembre 2014 ed il 7 gennaio 2015, la Commissione e la Repubblica di Polonia hanno depositato le loro memorie di intervento. Il ricorrente e il Consiglio hanno depositato le loro osservazioni in merito a queste ultime nei termini impartiti.

26

Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 16 settembre 2014, l’Ucraina ha chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio nel presente procedimento. Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 24 dicembre 2014, l’Ucraina ha informato il Tribunale di rinunciare al proprio intervento. Con ordinanza dell’11 marzo 2015, il presidente della Nona Sezione del Tribunale ha dichiarato la cancellazione dell’Ucraina quale interveniente.

27

La replica e la controreplica sono state depositate, rispettivamente, il 21 novembre 2014 dal ricorrente e il 15 gennaio 2015 dal Consiglio.

28

Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale l’8 aprile 2015, il ricorrente ha adattato le sue conclusioni di modo che queste ultime sono altresì dirette all’annullamento della decisione 2015/143, del regolamento 2015/138, della decisione 2015/364 e del regolamento di esecuzione 2015/357, nella parte in cui tali atti lo riguardano. Le altre parti hanno presentato le proprie osservazioni entro i termini impartiti. Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 novembre 2015, il ricorrente ha prodotto nuovi elementi di prova.

29

Su proposta della Nona Sezione, il Tribunale ha deciso, in applicazione dell’articolo 28 del regolamento di procedura del Tribunale, di rimettere la causa dinanzi a un collegio giudicante ampliato.

30

Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Nona Sezione ampliata) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento.

31

Con decisione del presidente della Nona Sezione ampliata del Tribunale del 5 aprile 2016, sentite le parti, la presente causa e la causa T‑348/14, Yanukovych/Consiglio, sono state riunite ai fini della fase orale del procedimento, conformemente all’articolo 68 del regolamento di procedura.

32

Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti del Tribunale all’udienza del 29 aprile 2016. In tale occasione, il ricorrente ha precisato che le sue conclusioni non erano dirette all’annullamento della decisione di esecuzione 2014/216/PESC del Consiglio, del 14 aprile 2014, che attua la decisione 2014/119 (GU 2014, L 111, pag. 91), e del regolamento di esecuzione (UE) n. 381/2014 del Consiglio, del 14 aprile 2014, che attua il regolamento n. 208/2014 (GU 2014, L 111, pag. 33), in quanto tali atti non lo riguardavano nella presente causa, circostanza di cui è stato preso atto nel verbale d’udienza.

33

Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare, in primo luogo, la decisione 2014/119 e il regolamento n. 208/2014, in secondo luogo, la decisione 2015/143 ed il regolamento 2015/138 e, in terzo luogo, la decisione 2015/364 e il regolamento di esecuzione 2015/357, nella parte in cui essi lo riguardano;

condannare il Consiglio alle spese.

34

Il Consiglio, sostenuto dalla Repubblica di Polonia e dalla Commissione, chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

in subordine, in caso di annullamento parziale degli atti di marzo 2014, disporre che gli effetti della decisione 2014/119 nei confronti del ricorrente siano mantenuti sino al momento in cui diverrà efficace l’annullamento parziale del regolamento n. 208/2014 e, in caso di annullamento parziale degli atti di marzo 2015, disporre che gli effetti della decisione 2014/119, come modificata, nei confronti del ricorrente siano mantenuti sino al momento in cui diverrà efficace l’annullamento parziale del regolamento n. 208/2014, come modificato dal regolamento di esecuzione 2015/357;

condannare il ricorrente alle spese.

In diritto

1. Sulla domanda di annullamento degli atti di marzo 2014, nella loro versione originaria, nella parte in cui riguardano il ricorrente

35

A sostegno del suo ricorso volto all’annullamento degli atti di marzo 2014, nella loro versione originaria, il ricorrente deduce sette motivi. Il primo verte sulla mancanza di una base giuridica. Il secondo è relativo ad uno sviamento di potere. Il terzo verte su un difetto di motivazione. Il quarto verte sull’inosservanza dei criteri d’inserimento nell’elenco. Il quinto è relativo ad un errore manifesto di valutazione. Il sesto verte sulla violazione dei diritti della difesa e del diritto a un ricorso effettivo ed il settimo sulla violazione del diritto di proprietà.

36

Con il suo quarto motivo, che occorre esaminare per primo, il ricorrente asserisce, in particolare, che l’inserimento del suo nome nell’elenco per il solo fatto di essere sottoposto ad un’indagine non soddisfa, alla luce della giurisprudenza pertinente, i criteri previsti dagli atti di marzo 2014, i quali si riferiscono a «persone identificate come responsabili» dell’appropriazione indebita di fondi pubblici, e che, in ogni caso, il Consiglio non ha assolto l’onere della prova.

37

Inoltre, nella sua memoria di adattamento delle conclusioni, il ricorrente sostiene che, per il periodo compreso tra il 31 gennaio e il 6 marzo 2015, vale a dire a partire dall’entrata in vigore degli atti di gennaio 2015 e sino all’entrata in vigore di quelli di marzo 2015, neppure i motivi iniziali dell’inserimento del suo nome nell’elenco soddisfacevano i criteri d’inserimento, come modificati dalla decisione 2015/143.

38

Il Consiglio, sostenuto dalla Repubblica di Polonia e dalla Commissione, sottolinea, innanzitutto, che, conformemente alla giurisprudenza pertinente, spetta a esso stesso procedere all’identificazione delle persone che possono essere qualificate responsabili dell’appropriazione indebita di fondi pubblici sulla base di informazioni concordanti e che occorreva conferire all’espressione «identificate» un’interpretazione ampia al fine di comprendere in particolare le persone perseguite penalmente per fatti di tal genere.

39

Esso sostiene, successivamente, che gli elementi di prova di cui disponeva confermano che era stato avviato un procedimento penale nei confronti del ricorrente e che erano stati accertati l’appropriazione indebita di fondi pubblici per importi considerevoli ed il trasferimento illegale di tali fondi al di fuori del territorio dell’Ucraina. Tale istituzione si oppone, inoltre, ad un’applicazione generalizzata del presunto obbligo di verificare che la normativa dello Stato interessato garantisca la tutela dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva.

40

A tale riguardo, occorre ricordare che, se è vero che il Consiglio dispone di un ampio margine di discrezionalità circa i criteri generali da prendere in considerazione ai fini dell’adozione di misure restrittive, l’effettività del controllo giurisdizionale garantito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea esige che, nell’ambito del controllo della legittimità delle motivazioni su cui si fonda la decisione di iscrivere o di mantenere il nome di una determinata persona in un elenco di persone sottoposte a misure restrittive, il giudice dell’Unione europea si assicuri che detta decisione, la quale riveste portata individuale per tale persona, si fondi su una base fattuale sufficientemente solida. Ciò comporta una verifica dei fatti addotti nell’esposizione dei motivi sottesa a tale decisione, cosicché il controllo giurisdizionale non si limiti alla valutazione dell’astratta verosimiglianza dei motivi dedotti, ma consista invece nell’accertare se questi motivi, o per lo meno uno di essi considerato di per sé sufficiente a suffragare la medesima decisione, abbiano un fondamento sufficientemente preciso e concreto (v., in tal senso, sentenza del 21 aprile 2015, Anbouba/Consiglio, C‑605/13 P, EU:C:2015:248, punti 4145 e giurisprudenza ivi citata).

41

Nella fattispecie, il criterio di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2014/119 prevede che sono adottate misure restrittive nei confronti di persone identificate come responsabili dell’appropriazione indebita di fondi pubblici. Inoltre, dal punto 2 di detta decisione risulta che il Consiglio ha adottato tali misure «con l’obiettivo di consolidare e sostenere lo stato di diritto (...) in Ucraina».

42

Il nome del ricorrente è stato inserito nell’elenco con la motivazione che era una «[p]ersona sottoposta a procedimento penale in Ucraina allo scopo di indagare su reati connessi alla distrazione di fondi dello Stato ucraino e al loro trasferimento illegale al di fuori dell’Ucraina».

43

A sostegno del motivo dell’inserimento del ricorrente nell’elenco, il Consiglio invoca la lettera del 3 marzo 2014, in cui si afferma che «[le] autorità di contrasto ucraine hanno avviato un certo numero di procedimenti penali al fine di svolgere indagini su delitti commessi da ex alti funzionari», tra i quali figura il ricorrente. La lettera precisa altresì, in modo generico, che l’indagine di cui trattasi «ha consentito di dimostrare l’appropriazione indebita di fondi pubblici per importi considerevoli e il successivo trasferimento illegale al di fuori dell’Ucraina».

44

È pacifico che è solamente su tale base che il ricorrente è stato identificato «come responsabil[e] dell’appropriazione indebita di fondi statali ucraini» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2014/119. Infatti, la lettera del 3 marzo 2014 è, tra gli elementi di prova depositati dal Consiglio nel corso del presente procedimento, l’unico a essere anteriore agli atti di marzo 2014 e, pertanto, la legittimità degli atti summenzionati deve essere valutata con riferimento soltanto a tale elemento di prova.

45

Occorre considerare che, pur provenendo da un’alta autorità giudiziaria di un paese terzo, detta lettera contiene solo un’affermazione generale e vaga che associa il nome del ricorrente, tra quelli di altri ex alti funzionari, a un’indagine che, sostanzialmente, avrebbe accertato atti di appropriazione indebita di fondi pubblici. La lettera non fornisce alcuna precisazione sull’accertamento dei fatti che l’inchiesta condotta dalle autorità ucraine stava verificando e, ancor meno, sulla responsabilità individuale, anche solo presunta, del ricorrente a tale riguardo (v., in tal senso, sentenza del 28 gennaio 2016, Azarov/Consiglio, T‑332/14, non pubblicata, EU:T:2016:48, punto 46; v. altresì, per analogia, sentenza del 26 ottobre 2015, Portnov/Consiglio, T‑290/14, EU:T:2015:806, punti 4344).

46

Occorre ancora rilevare che, contrariamente alla causa che ha dato origine alla sentenza del 27 febbraio 2014, Ezz e a./Consiglio (T‑256/11, EU:T:2014:93, punti da 57 a 61), confermata in sede di impugnazione dalla sentenza del 5 marzo 2015, Ezz e a./Consiglio (C‑220/14 P, EU:C:2015:147), richiamate dal Consiglio, nella fattispecie, da un lato, quest’ultimo non disponeva di informazioni sui fatti o i comportamenti specificamente contestati al ricorrente dalle autorità ucraine e, dall’altro, la lettera del 3 marzo 2014, anche se esaminata nel contesto in cui essa si inserisce, non può costituire una base fattuale sufficientemente solida ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 40 per includere il nome del ricorrente nell’elenco con la motivazione che quest’ultimo era identificato «come responsabile» di appropriazione indebita di fondi pubblici (v., in tal senso, sentenza del 26 ottobre 2015, Portnov/Consiglio, T‑290/14, EU:T:2015:806, punti da 46 a 48).

47

Indipendentemente dallo stadio in cui si trovava il procedimento al quale il ricorrente era asseritamente sottoposto, il Consiglio non poteva adottare misure restrittive nei suoi confronti senza conoscere i fatti di appropriazione indebita di fondi statali che le autorità ucraine gli avevano specificamente contestato. Infatti, è solo avendo conoscenza di tali fatti che il Consiglio sarebbe stato in grado di dimostrare che essi potevano, da un lato, essere qualificati come appropriazione indebita di fondi pubblici e, dall’altro, rimettere in discussione lo Stato di diritto in Ucraina, il cui consolidamento e il cui sostegno costituiscono, come ricordato al precedente punto 41, l’obiettivo perseguito dall’adozione delle misure restrittive di cui trattasi (sentenze del 28 gennaio 2016, Klyuyev/Consiglio, T‑341/14, EU:T:2016:47, punto 50, e del 28 gennaio 2016, Azarov/Consiglio, T‑331/14, EU:T:2016:49, punto 55).

48

Del resto, in caso di contestazione, è all’autorità competente dell’Unione che incombe il compito di dimostrare la fondatezza dei motivi posti a carico della persona interessata, e non già a quest’ultima di produrre la prova negativa dell’infondatezza di tali motivi (sentenze del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punti 120121, e del 28 novembre 2013, Consiglio/Fulmen e Mahmoudian, C‑280/12 P, EU:C:2013:775, punti 6566).

49

Alla luce di tutti i suesposti rilievi, occorre concludere che l’inserimento del nome del ricorrente nell’elenco non si fonda su una base fattuale sufficiente a garantire il rispetto dei criteri di designazione delle persone interessate dalle misure restrittive di cui trattasi fissati dalla decisione 2014/119.

50

Inoltre, è necessario constatare che tale situazione di illegittimità è perdurata sino all’entrata in vigore degli atti di marzo 2015, che hanno sostituito l’elenco e modificato la motivazione dell’inserimento del ricorrente.

51

Alla luce di tale conclusione, non occorre pronunciarsi sulla domanda del ricorrente che mira a far dichiarare l’illegittimità dell’inserimento del suo nome ad opera degli atti di marzo 2014 per il periodo compreso tra il 31 gennaio e il 6 marzo 2015, vale a dire a partire dall’entrata in vigore degli atti di gennaio 2015 e sino all’entrata in vigore di quelli di marzo 2015. Infatti, tenuto conto dell’annullamento degli atti di marzo 2014, nella parte in cui riguardano il ricorrente, si presume che quest’ultimo non sia stato sottoposto alle misure restrittive durante tale periodo.

52

Pertanto, occorre accogliere il quarto motivo e annullare la decisione 2014/119, nella sua versione originaria, nella parte in cui essa riguarda il ricorrente, senza che sia necessario pronunciarsi sugli altri motivi.

53

In conseguenza dell’annullamento della decisione 2014/119, è parimenti necessario annullare, nella parte in cui riguarda il ricorrente, il regolamento n. 208/2014, nella sua versione originaria, che, ai sensi dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE, presuppone una decisione adottata conformemente al capo 2 del titolo V del Trattato UE.

2. Sulla domanda di annullamento degli atti di marzo 2014, come modificati dagli atti di gennaio e di marzo 2015, nella parte in cui riguardano il ricorrente

54

Con la sua memoria di adattamento delle conclusioni, il ricorrente ha chiesto di estendere la portata del suo ricorso al fine di ricomprendervi l’annullamento degli atti di gennaio e di marzo 2015, nella parte in cui lo riguardano.

55

Nelle sue osservazioni sulla memoria di adattamento delle conclusioni, il Consiglio ha affermato, da un lato, che il Tribunale non era competente, ai sensi dell’articolo 275 TFUE, a pronunciarsi sull’estensione delle conclusioni alla decisione 2015/143, che è stata adottata, in particolare, sulla base dell’articolo 29 TUE, e, dall’altro, che l’estensione delle conclusioni al regolamento 2015/138 era irricevibile a motivo della mancanza di legittimazione ad agire del ricorrente. Quanto al resto, il Consiglio contesta la fondatezza dell’adattamento del ricorso.

Sulla competenza del Tribunale ad esaminare la legittimità della decisione 2015/143

56

Occorre rilevare che, come emerge in particolare dall’esame qui di seguito effettuato del primo motivo, il ricorrente, senza sollevare formalmente un’eccezione di illegittimità ai sensi dell’articolo 277 TFUE, invoca la mancata conformità del criterio d’inserimento agli obiettivi del Trattato UE, nell’ambito della domanda volta all’annullamento degli atti di marzo 2015, che hanno mantenuto il suo nome nell’elenco. Poiché la decisione 2015/143 costituiva proprio una modifica di detto criterio d’inserimento, si deve ritenere che, laddove chiede l’annullamento di tale decisione, il ricorrente intenda, in realtà, avvalersi di un’eccezione di illegittimità a sostegno della sua domanda di annullamento degli atti di marzo 2015 (v., per analogia, sentenza del 6 settembre 2013, Post Bank Iran/Consiglio, T‑13/11, EU:T:2013:402, punto 37).

57

A tale riguardo, si deve ricordare che l’articolo 275, secondo comma, TFUE prevede esplicitamente che, in deroga alle disposizioni di cui al primo comma di tale articolo, il giudice dell’Unione è competente a «pronunciarsi sui ricorsi, proposti secondo le condizioni di cui all’articolo 263, quarto comma [TFUE], riguardanti il controllo della legittimità delle decisioni che prevedono misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche adottate dal Consiglio in base al titolo V, capo 2 del trattato [UE]». Detta disposizione si riferisce così, contrariamente a quanto sostiene il Consiglio, a tutte le decisioni del Consiglio relative a misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche, rientranti nel titolo V, capo 2, del Trattato UE, senza distinguere a seconda che si tratti di decisioni a portata generale o di decisioni individuali. In particolare, esso non esclude la possibilità di contestare, per mezzo di un’eccezione, la legittimità di una disposizione a portata generale, a sostegno di un ricorso di annullamento proposto avverso una misura restrittiva individuale (sentenza del 16 luglio 2014, National Iranian Oil Company/Consiglio, T‑578/12, non pubblicata, EU:T:2014:678, punti 9293; v. altresì, in tal senso, sentenza del 28 gennaio 2016, Azarov/Consiglio, T‑331/14, EU:T:2016:49, punto 62).

58

Pertanto, contrariamente a quanto sostiene il Consiglio, il Tribunale è competente ad esaminare la legittimità della decisione 2015/143 nei limiti in cui modifica l’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2014/119.

59

Tale eccezione di illegittimità verrà quindi esaminata nell’ambito del primo motivo, a sostegno della domanda di annullamento degli atti di marzo 2015, con cui il ricorrente contesta la mancata conformità del criterio d’inserimento applicato nei suoi confronti agli obiettivi del Trattato UE.

Sull’eccezione di irricevibilità vertente sulla mancanza di legittimazione ad agire del ricorrente alla luce del regolamento 2015/138

60

Per quanto riguarda l’eccezione di irricevibilità vertente sulla mancanza di legittimazione ad agire del ricorrente, sollevata dal Consiglio alla luce del regolamento 2015/138, si deve osservare che il regolamento n. 208/2014 è stato modificato dal regolamento 2015/138 solo nei limiti in cui sono stati precisati i criteri di designazione per il congelamento dei capitali riguardanti le persone responsabili di appropriazione indebita di fondi appartenenti allo Stato ucraino.

61

Il regolamento 2015/138 non individua nominativamente il ricorrente e non è nemmeno stato adottato a seguito di un riesame integrale dell’elenco. Infatti, tale atto riguarda soltanto i criteri generali d’inserimento che si applicano a situazioni determinate oggettivamente e che producono effetti giuridici nei confronti di categorie di persone e di entità considerate in modo generale ed astratto, e non l’inserimento del nome del ricorrente nell’elenco. Di conseguenza, esso non riguarda né direttamente né individualmente il ricorrente e quest’ultimo non è legittimato ad adattare le sue conclusioni per chiederne l’annullamento (v. sentenza del 28 gennaio 2016, Azarov/Consiglio, T‑331/14, EU:T:2016:49, punti 6465 e giurisprudenza ivi citata).

62

Si deve accogliere la censura del Consiglio e respingere il ricorso in quanto irricevibile, nella parte in cui riguarda l’annullamento del regolamento 2015/138.

Nel merito

63

A sostegno della sua domanda di annullamento degli atti di marzo 2014, come modificati dagli atti di gennaio e di marzo 2015, il ricorrente deduce sette motivi. Il primo verte sulla mancanza di una base giuridica. Il secondo è relativo ad uno sviamento di potere. Il terzo verte su un difetto di motivazione. Il quarto verte sull’inosservanza dei criteri d’inserimento nell’elenco. Il quinto è relativo ad un errore manifesto di valutazione. Il sesto verte sulla violazione dei diritti della difesa e del diritto a un ricorso effettivo ed il settimo sulla violazione del diritto di proprietà.

64

Occorre anzitutto esaminare il sesto motivo, vertente sulla violazione dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, successivamente il terzo motivo, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione e, infine, gli altri motivi, nell’ordine in cui sono stati dedotti.

Sul sesto motivo, vertente sulla violazione dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva

65

Con il suo sesto motivo, il ricorrente lamenta di non essere stato adeguatamente consultato prima del mantenimento del suo nome nell’elenco e, più in particolare, che non gli è stato concesso un termine e non gli sono state fornite informazioni sufficienti per contestare il mantenimento del suo nome nell’elenco.

66

Il Consiglio, sostenuto dalla Repubblica di Polonia e dalla Commissione, contesta gli argomenti del ricorrente.

67

In via preliminare, occorre rammentare che il rispetto dei diritti della difesa, sancito all’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta dei diritti fondamentali, a cui il Trattato UE riconosce lo stesso valore giuridico dei trattati, include il diritto di essere ascoltato e il diritto di accedere agli atti di causa, mentre il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, sancito all’articolo 47 di detta Carta, impone che l’interessato possa conoscere i motivi su cui si fonda una decisione adottata nei suoi confronti (v., in tal senso, sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punti da 98 a 100).

68

Ne risulta che, nell’ambito dell’adozione di una decisione che mantiene il nome di una persona, di un’entità o di un organismo in un elenco di persone, di entità o di organismi sottoposti a misure restrittive, il Consiglio deve rispettare il diritto di tale persona, entità o organismo a essere previamente ascoltato qualora, nella decisione che comporta il mantenimento dell’inserimento nell’elenco, prenda in considerazione nei suoi confronti nuovi elementi, ossia elementi che non erano contenuti nella decisione iniziale di inserimento in tale elenco (sentenza del 4 giugno 2014, Sina Bank/Consiglio, T‑67/12, non pubblicata, EU:T:2014:348, punto 68 e giurisprudenza ivi citata; v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2011, Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran, C‑27/09 P, EU:C:2011:853, punto 62).

69

Nel caso di specie, occorre rilevare che il mantenimento del nome del ricorrente nell’elenco a seguito degli atti di marzo 2015 si basa unicamente sulla lettera del 10 ottobre 2014.

70

A tale riguardo, è altresì necessario rammentare che, prima di adottare la decisione di mantenere il nome del ricorrente nell’elenco, il Consiglio ha trasmesso al ricorrente la lettera del 10 ottobre 2014 (v. punto 12 supra). Inoltre, con lettera del 2 febbraio 2015, il Consiglio ha informato il ricorrente della sua intenzione di mantenere le misure restrittive nei suoi confronti, informandolo della possibilità di presentare osservazioni (v. punto 16 supra).

71

Ne consegue che il ricorrente ha avuto accesso alle informazioni e agli elementi di prova che hanno fornito motivazioni al Consiglio per mantenere le misure restrittive nei suoi confronti e ha potuto formulare osservazioni in tempo utile (v. punto 16 supra).

72

Inoltre, il ricorrente non ha dimostrato che le asserite difficoltà riguardanti le informazioni ricevute e il termine per rispondere alle accuse del Consiglio gli hanno impedito di adattare le sue conclusioni in tempo utile o di sviluppare argomenti a sua difesa.

73

Da quanto precede emerge che la comunicazione degli elementi di prova nel corso del procedimento è stata sufficiente a garantire l’esercizio dei diritti della difesa e del diritto a un tutela giurisdizionale effettiva del ricorrente.

74

Il sesto motivo deve, pertanto, essere respinto.

Sul terzo motivo, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione

75

Con il suo terzo motivo, il ricorrente asserisce, da un lato, che il motivo dell’inserimento del suo nome nell’elenco non fornisce alcuna precisazione sui fatti contestati e sul procedimento che lo riguarda, che consenta di suffragare l’accusa ad esso rivolta di appropriazione indebita di fondi pubblici e del loro trasferimento illegale al di fuori dell’Ucraina, e, dall’altro, che detto motivo avrebbe carattere stereotipato.

76

Il Consiglio, sostenuto dalla Repubblica di Polonia e dalla Commissione, contesta gli argomenti del ricorrente.

77

In via preliminare, occorre rammentare che la motivazione prescritta dall’articolo 296 TFUE e dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera c), della Carta dei diritti fondamentali deve essere adeguata alla natura dell’atto impugnato e al contesto nel quale esso è stato adottato. Essa deve far apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire all’interessato di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il proprio controllo. La necessità della motivazione deve essere valutata in funzione delle circostanze del caso di specie (v. sentenza del 14 aprile 2016, Ben Ali/Consiglio, T‑200/14, non pubblicata, EU:T:2016:216, punto 94 e giurisprudenza ivi citata).

78

La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento della sussistenza, in capo alla motivazione di un atto, dei requisiti di cui all’articolo 296 TFUE e all’articolo 41, paragrafo 2, lettera c), della Carta dei diritti fondamentali va effettuato alla luce non solo del suo tenore letterale, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia in questione. Così, da un lato, un atto lesivo è sufficientemente motivato quando è stato emanato in un contesto noto all’interessato, che gli consente di comprendere la portata del provvedimento adottato nei suoi confronti. Dall’altro lato, il grado di precisione della motivazione di un atto deve essere proporzionato alle possibilità materiali ed alle condizioni tecniche o di tempo disponibile nelle quali questo deve essere adottato (v. sentenza del 14 aprile 2016, Ben Ali/Consiglio, T‑200/14, non pubblicata, EU:T:2016:216, punto 95 e giurisprudenza ivi citata).

79

In particolare, la motivazione di una misura di congelamento di beni non può, in linea di principio, consistere soltanto in una formulazione generica e stereotipata. Con le riserve di cui al precedente punto 78, una misura di tale genere deve, al contrario, indicare le ragioni specifiche e concrete per le quali il Consiglio considera applicabile all’interessato la normativa pertinente (v. sentenza del 14 aprile 2016, Ben Ali/Consiglio, T‑200/14, non pubblicata, EU:T:2016:216, punto 96 e giurisprudenza ivi citata).

80

Nel caso di specie, da un lato, occorre rilevare che, in linea con la motivazione d’inserimento iniziale, la motivazione, come modificata dagli atti di marzo 2015 (v. punto 19 supra), enuncia gli elementi che costituiscono il fondamento dell’inserimento del ricorrente, vale a dire la circostanza che egli è sottoposto a un procedimento penale avviato dalle autorità ucraine per appropriazione indebita di fondi o beni statali.

81

Inoltre, il mantenimento delle misure nei confronti del ricorrente è avvenuto in un contesto noto a quest’ultimo, il quale aveva avuto conoscenza, al momento degli scambi intercorsi durante il presente procedimento, della lettera del 10 ottobre 2014, su cui il Consiglio ha basato il mantenimento delle misure restrittive nei suoi confronti, con la quale il Consiglio forniva precisazioni in merito all’inserimento del suo nome nell’elenco (v., in tal senso, sentenze del 15 novembre 2012, Consiglio/Bamba, C‑417/11 P, EU:C:2012:718, punti 5354 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 6 settembre 2013, Bank Melli Iran/Consiglio, T‑35/10 e T‑7/11, EU:T:2013:397, punto 88), e in particolare alla descrizione circostanziata dei fatti che gli erano addebitati.

82

Dall’altro lato, per quanto riguarda il carattere asseritamente stereotipato della motivazione dell’inserimento, occorre osservare che, se è vero che le considerazioni di cui a tale motivazione sono le stesse di quelle in base a cui le altre persone fisiche menzionate nell’elenco sono state sottoposte a misure restrittive, esse sono tuttavia volte a descrivere la situazione concreta del ricorrente che, secondo il Consiglio, è stato sottoposto, al pari di altre persone, a procedimenti giudiziari che presentano un nesso con indagini vertenti su appropriazioni indebite di fondi pubblici in Ucraina (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2014, Ezz e a./Consiglio, T‑256/11, EU:T:2014:93, punto 115).

83

Alla luce di tutti i suesposti rilievi, occorre concludere che gli atti di marzo 2014, come modificati dagli atti di gennaio e di marzo 2015, enunciano in modo giuridicamente sufficiente gli elementi di diritto e di fatto che ne costituiscono, secondo il loro autore, il fondamento.

84

Pertanto, occorre respingere il terzo motivo.

Sul primo motivo, vertente sulla mancanza di una base giuridica

85

Con il suo primo motivo, il ricorrente afferma che la decisione 2014/119, come modificata dagli atti di gennaio e di marzo 2015, non è conforme agli obiettivi dell’Unione di cui all’articolo 29 TUE ed è quindi priva di base giuridica, e che, alla luce dell’invalidità della decisione 2014/119, il regolamento n. 208/2014, come modificato dagli atti di gennaio e di marzo 2015, sarebbe anch’esso invalido, in quanto non esisterebbe alcuna valida decisione ai sensi del capo 2 del titolo V del Trattato UE che consenta di invocare l’articolo 215 TFUE.

86

Il Consiglio, sostenuto dalla Repubblica di Polonia e dalla Commissione, contesta gli argomenti del ricorrente.

– Sull’argomento principale del ricorrente, vertente sulla mancanza di proporzionalità del criterio d’inserimento rispetto agli obiettivi del Trattato UE

87

Con il suo argomento principale, il ricorrente afferma, in sostanza, che la decisione 2014/119 non persegue i due obiettivi da essa enunciati, ossia quelli di consolidare e sostenere lo Stato di diritto e di garantire il rispetto dei diritti umani in Ucraina, né gli altri obiettivi della politica estera e di sicurezza comune (PESC) di cui all’articolo 21, paragrafo 2, lettera b), TUE. Esso aggiunge che la modifica della motivazione che lo riguarda da parte degli atti di marzo 2015, in seguito all’estensione del criterio d’inserimento da parte degli atti di gennaio 2015, non era giustificata, in quanto il Consiglio non ha provato che esso aveva arrecato pregiudizio alla democrazia, allo Stato di diritto o ai diritti dell’uomo in Ucraina, né allo sviluppo economico o sociale sostenibile in tale paese.

88

Occorre dunque esaminare la conformità del criterio d’inserimento di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2014/119, come modificata dalla decisione 2015/143, agli obiettivi della PESC e, più in particolare, la proporzionalità di detto criterio rispetto agli obiettivi sopra considerati.

89

Anzitutto, è necessario ricordare che gli obiettivi del Trattato UE relativi alla PESC sono enunciati, segnatamente, all’articolo 21, paragrafo 2, lettera b), TUE, che dispone quanto segue:

«L’Unione definisce e attua politiche comuni e azioni e opera per assicurare un elevato livello di cooperazione in tutti i settori delle relazioni internazionali al fine di: (...) consolidare e sostenere la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti dell’uomo e i principi del diritto internazionale».

90

Si deve, poi, rammentare che il punto 2 della decisione 2014/119 così prevede:

«Il 3 marzo 2014 il Consiglio ha convenuto di concentrare le misure restrittive sul congelamento e sul recupero dei beni delle persone identificate come responsabili dell’appropriazione indebita di fondi statali ucraini e delle persone responsabili di violazioni di diritti umani, con l’obiettivo di consolidare e sostenere lo [S]tato di diritto e il rispetto dei diritti umani in Ucraina».

91

Su tale base, il criterio d’inserimento di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della decisione 2014/119, come modificata dalla decisione 2015/143, è il seguente:

«Sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati da persone identificate come responsabili dell’appropriazione indebita di fondi statali ucraini e dalle persone responsabili di violazioni di diritti umani in Ucraina, e da persone fisiche o giuridiche, entità od organismi a esse associati, elencati nell’allegato.

Ai fini della presente decisione, le persone identificate come responsabili dell’appropriazione indebita di fondi statali ucraini comprendono persone sottoposte a indagine da parte delle autorità ucraine:

a)

per appropriazione indebita di fondi o beni pubblici ucraini o per essersi rese complici di tale appropriazione (...)».

92

Infine, occorre rammentare che la motivazione dell’inserimento del nome del ricorrente nell’elenco, a seguito degli atti di marzo 2015, è la seguente:

«Persona sottoposta a procedimento penale dalle autorità ucraine per appropriazione indebita di fondi o beni statali».

93

In via preliminare, è giocoforza constatare che, come riconosciuto dal Consiglio nei suoi atti, le misure restrittive nei confronti del ricorrente sono state adottate con il solo scopo di consolidare e sostenere lo Stato di diritto in Ucraina. Pertanto, gli argomenti del ricorrente secondo i quali il criterio d’inserimento di cui alla decisione 2014/119 non realizza altri obiettivi della PESC sono inconferenti.

94

Occorre dunque verificare se il criterio d’inserimento previsto dalla decisione 2014/119 e come modificato dalla decisione 2015/143, riguardante persone identificate come responsabili di appropriazione indebita di fondi appartenenti allo Stato ucraino, corrisponde all’obiettivo, invocato dalla stessa decisione, di consolidamento e di sostegno dello Stato di diritto in Ucraina.

95

A tale riguardo, è necessario rammentare che la giurisprudenza elaborata in materia di misure restrittive relative alla situazione in Tunisia e in Egitto ha stabilito che obiettivi quali quelli menzionati all’articolo 21, paragrafo 2, lettere b) e d), TUE, potevano essere raggiunti mediante il congelamento di beni il cui ambito di applicazione era, come nella fattispecie, circoscritto alle persone identificate come responsabili di appropriazione di fondi pubblici e alle persone, entità o organismi che sono loro connessi, vale a dire a persone le cui azioni sono atte ad aver ostacolato il buon funzionamento delle istituzioni pubbliche e degli organismi loro collegati (v., in tal senso, sentenze del 28 maggio 2013, Trabelsi e a./Consiglio, T‑187/11, EU:T:2013:273, punto 92; del 27 febbraio 2014, Ezz e a./Consiglio, T‑256/11, EU:T:2014:93, punto 44, e del 14 aprile 2016, Ben Ali/Consiglio, T‑200/14, non pubblicata, EU:T:2016:216, punto 68).

96

Nel caso di specie, è necessario constatare, da un lato, che il criterio d’inserimento si basa, per quanto riguarda il ricorrente, su reati di «appropriazione indebita di fondi statali» e, dall’altro, che detto criterio rientra in un contesto giuridico chiaramente delimitato dalla decisione 2014/119 e dal perseguimento dell’obiettivo pertinente del Trattato UE da questa invocato, enunciato al suo punto 2, vale a dire quello di consolidare e sostenere lo Stato di diritto in Ucraina.

97

A tale proposito, occorre rammentare che il rispetto dello Stato di diritto è uno dei principali valori su cui si fonda l’Unione, come emerge dall’articolo 2 TUE, nonché dai preamboli del Trattato UE e da quelli della Carta dei diritti fondamentali. Il rispetto dello Stato di diritto costituisce, inoltre, una condizione preliminare per l’adesione all’Unione, ai sensi dell’articolo 49 TUE. La nozione di Stato di diritto è parimenti sancita, con la formulazione alternativa di «preminenza del diritto», nel preambolo della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950.

98

La giurisprudenza della Corte e della Corte europea dei diritti dell’Uomo nonché i lavori del Consiglio d’Europa, mediante la Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto, forniscono un elenco non esaustivo dei principi e delle norme che possono ricomprendersi nella nozione di Stato di diritto. Tra questi figurano i principi di legalità, di certezza del diritto e di divieto di arbitrarietà del potere esecutivo; dell’indipendenza e imparzialità del giudice; un controllo giurisdizionale effettivo, anche per quanto riguarda il rispetto dei diritti fondamentali e l’uguaglianza davanti alla legge [v., a tale riguardo, l’elenco dei criteri dello Stato di diritto adottato dalla Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto in occasione della sua centoseiesima sessione plenaria (Venezia, 11-12 marzo 2016)]. Inoltre, nell’ambito dell’azione esterna dell’Unione, taluni strumenti giuridici menzionano segnatamente la lotta contro la corruzione quale principio iscritto nella nozione di Stato di diritto [v., ad esempio, il regolamento (CE) n. 1638/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 2006, recante disposizioni generali che istituiscono uno strumento europeo di vicinato e partenariato (GU 2006, L 310, pag. 1)].

99

Orbene, benché non possa escludersi che determinati comportamenti concernenti fatti di appropriazione indebita di fondi pubblici siano in grado di pregiudicare lo Stato di diritto, non si può ammettere che ogni fatto di appropriazione indebita di fondi pubblici, commesso in un paese terzo, giustifichi un intervento dell’Unione al fine di consolidare e sostenere lo Stato di diritto in tale paese, nell’ambito delle sue competenze in materia di PESC. Affinché possa accertarsi che un’appropriazione indebita di fondi pubblici sia idonea a giustificare un’azione dell’Unione nell’ambito della PESC, fondata sull’obiettivo di consolidare e sostenere lo Stato di diritto, è quantomeno necessario che i fatti contestati siano atti a pregiudicare i fondamenti istituzionali e giuridici del paese in questione.

100

In tale contesto, il criterio d’inserimento può essere considerato conforme all’ordinamento giuridico dell’Unione solo nei limiti in cui sia possibile attribuirgli un senso compatibile con i requisiti posti dalle norme di rango superiore alla cui osservanza esso è soggetto, e più precisamente con l’obiettivo di consolidare e sostenere lo Stato di diritto in Ucraina. Peraltro, tale interpretazione consente di rispettare l’ampio margine discrezionale di cui gode il Consiglio nel definire i criteri generali d’inserimento, garantendo al contempo un controllo, in linea di massima completo, della legittimità degli atti dell’Unione rispetto ai diritti fondamentali (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2014, National Iranian Oil Company/Consiglio, T‑578/12, non pubblicata, EU:T:2014:678, punto 108 e giurisprudenza ivi citata).

101

Pertanto, detto criterio deve essere interpretato nel senso che esso non riguarda, in modo astratto, qualsiasi fatto di appropriazione indebita di fondi pubblici, bensì piuttosto fatti di appropriazione indebita di fondi o di beni pubblici che, in considerazione dell’importo o del tipo di fondi o di beni oggetto di appropriazione indebita o del contesto in cui essi si sono verificati, sono quantomeno idonei a pregiudicare i fondamenti istituzionali e giuridici dell’Ucraina, in particolare i principi di legalità, di divieto di arbitrarietà del potere esecutivo, del controllo giurisdizionale effettivo e di uguaglianza davanti alla legge, e, in ultima analisi, a pregiudicare il rispetto dello Stato di diritto in tale paese (v. punto 99 supra). Così interpretato, il criterio d’inserimento è conforme e proporzionato agli obiettivi pertinenti del Trattato UE.

– Sugli altri argomenti dedotti dal ricorrente

102

In primo luogo, il ricorrente afferma che l’obiettivo legato al consolidamento ed al sostegno dello Stato di diritto sarebbe stato preso in considerazione per la prima volta tardivamente, vale a dire nelle conclusioni del Consiglio «Affari esteri» sull’Ucraina del 3 marzo 2014.

103

Laddove, con tale argomento, il ricorrente intende sostenere che l’inserimento del suo nome nell’elenco è stato motivato da considerazioni di carattere politico, si deve rilevare che l’argomento relativo al presunto carattere tardivo del riferimento effettuato all’obiettivo legato al consolidamento ed al sostegno dello Stato di diritto non è di per sé sufficiente a dimostrare che, nell’adottare gli atti di marzo 2014, il Consiglio non si è basato sull’obiettivo, dichiarato e legittimo, di consolidare e sostenere lo Stato di diritto in Ucraina e che detto obiettivo non ha neppure motivato il mantenimento delle misure nei confronti del ricorrente da parte degli atti di marzo 2015.

104

Laddove, mediante tale argomento, il ricorrente sollevi, in realtà, una censura relativa ad uno sviamento di potere, è sufficiente rilevare che quest’ultimo costituisce l’oggetto del secondo motivo qui di seguito esaminato.

105

In secondo luogo, il ricorrente asserisce che l’estensione del criterio d’inserimento da parte degli atti di gennaio 2015 (v. punto 14 supra) non può essere correttamente interpretata nel senso che una semplice indagine è sufficiente a soddisfare tale criterio. Diversamente, il Consiglio delegherebbe alle autorità ucraine il potere di decidere di imporre misure dell’Unione restrittive, senza alcun controllo da parte di quest’ultima.

106

A tale riguardo, se è vero che il giudice dell’Unione ha dichiarato che l’identificazione di una persona come responsabile di un reato non implicava necessariamente una condanna per tale reato (v., in tal senso, sentenza del 5 marzo 2015, Ezz e a./Consiglio, C‑220/14 P, EU:C:2015:147, punti 7172), ciò non toglie che, dalla giurisprudenza ricordata al precedente punto 48 emerge che, in caso di contestazione, è all’autorità competente dell’Unione che spetta dimostrare la fondatezza dei motivi posti a carico della persona interessata, e non già a quest’ultima che spetta produrre la prova negativa dell’infondatezza di tali motivi.

107

Nella fattispecie, il criterio d’inserimento di cui agli atti di marzo 2014, come modificato dagli atti di gennaio 2015, permette al Consiglio, conformemente alla sentenza del 27 febbraio 2014, Ezz e a./Consiglio (T‑256/11, EU:T:2014:93), di prendere in considerazione un’indagine per atti di appropriazione indebita di fondi pubblici come elemento che può, eventualmente, giustificare l’adozione di misure restrittive, fermo restando che, alla luce della giurisprudenza citata al precedente punto 106 e dell’interpretazione del criterio d’inserimento ai precedenti punti da 88 a 101, il mero fatto di essere sottoposto a un’indagine vertente su reati di appropriazione indebita di fondi non può, in quanto tale, giustificare l’azione del Consiglio ai sensi degli articoli 21 e 29 TUE. Il criterio d’inserimento non può quindi essere interpretato come una delega alle autorità ucraine del potere di decidere di imporre misure.

108

In terzo luogo, il ricorrente sostiene che l’estensione del criterio da parte degli atti di gennaio 2015, volto ad includere le «persone sottoposte a indagine da parte delle autorità ucraine (...) per abuso d’ufficio in qualità di titolari di un ufficio o di una carica pubblica per procurare a se stesse o a una parte terza un vantaggio ingiustificato, arrecando in tal modo pregiudizio ai fondi o beni pubblici ucraini, o per essersi rese complici di tale abuso», non corrisponderebbe agli obiettivi della PESC.

109

Ebbene, è sufficiente constatare che tale estensione del criterio d’inserimento non è pertinente nel caso di specie, in quanto il nome del ricorrente è stato inserito nell’elenco per il solo motivo che esso era sottoposto a procedimento penale dalle autorità ucraine per appropriazione indebita di fondi o beni statali e non per abuso d’ufficio in qualità di titolare di un ufficio o di una carica pubblica.

110

In quarto luogo, il ricorrente intende contestare la legittimità della sua destituzione da parte del Parlamento ucraino e la regolarità del cambiamento di regime in Ucraina, in seguito agli eventi di febbraio 2014. Esso sostiene che esistono numerosi elementi di prova che dimostrerebbero che l’attuale regime in Ucraina compromette esso stesso la democrazia e lo Stato di diritto e che lede, ed è pronto a ledere, in modo sistematico i diritti dell’uomo, e sottolinea che non beneficerà di un trattamento equo, indipendente o imparziale da parte delle autorità investigative o giudiziarie ucraine. Si riferisce, da un lato, alla mancanza di diritti della difesa e del diritto ad un processo equo in Ucraina e, dall’altro, alla situazione deplorevole dei diritti dell’uomo in tale paese.

111

A tale riguardo, occorre ricordare che l’Ucraina è uno Stato membro del Consiglio d’Europa dal 1995 e ha ratificato la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e che il nuovo regime ucraino è stato riconosciuto come legittimo dall’Unione nonché dalla comunità internazionale. Il Consiglio non è dunque incorso in un errore laddove si è basato su elementi di prova che gli erano stati forniti da una suprema autorità giudiziaria di tale paese riguardanti l’esistenza di un procedimento penale relativo alle accuse di appropriazione indebita di fondi o beni statali nei confronti del ricorrente, senza mettere in discussione la legalità e la legittimità del regime e del sistema giudiziario ucraini.

112

Certamente, non si può escludere che, laddove il ricorrente adduce elementi atti a dimostrare che i fatti che gli sono contestati sono manifestamente falsi o travisati, spetta al Consiglio verificare le informazioni che gli sono state presentate e, se del caso, richiedere informazioni o elementi di prova supplementari.

113

Tuttavia, nel caso di specie, il ricorrente evoca, in primo luogo, l’esistenza di una persecuzione politica nei suoi confronti, che sarebbe dimostrata dalla quantità di capi di imputazione che lo riguardano, alcuni dei quali sarebbero falsi e motivati da considerazioni di carattere politico, in secondo luogo, l’esistenza di numerose dichiarazioni pubbliche di membri dell’attuale regime che presentano il ricorrente quale colpevole di diversi reati e, in terzo luogo, l’esistenza di violazioni procedurali nell’ambito dei procedimenti che lo riguardano. Più in generale, esprime dubbi riguardo alla legittimità del nuovo regime ucraino e sull’imparzialità del sistema giudiziario ucraino, nonché sulla situazione dei diritti dell’uomo in Ucraina.

114

Orbene, tali elementi non potevano né rimettere in discussione la verosimiglianza delle accuse contro il ricorrente riguardanti atti di appropriazione indebita di fondi pubblici, il che costituisce l’oggetto dell’esame di seguito svolto nell’ambito del quarto motivo, né essere sufficienti a dimostrare che la particolare situazione del ricorrente era stata influenzata dai problemi da lui invocati concernenti il sistema giudiziario ucraino, nel corso dei procedimenti che lo riguardavano e su cui si è fondata l’adozione di misure restrittive nei suoi confronti. Pertanto, nelle circostanze del caso di specie, il Consiglio non era tenuto a procedere a una verifica ulteriore degli elementi di prova che gli erano stati forniti dalle autorità ucraine.

115

Del resto, nei limiti in cui l’analisi degli argomenti del ricorrente comporterebbe che il Tribunale si pronunci sulla regolarità della transizione del regime ucraino ed esamini la fondatezza delle valutazioni formulate da diverse autorità internazionali a tale proposito, ivi comprese le valutazioni politiche del Consiglio, è necessario constatare che un esame siffatto non rientra nell’ambito del controllo esercitato dal Tribunale sugli atti che costituiscono l’oggetto della presente causa (v., in tal senso, sentenza del 25 aprile 2013, Gbagbo/Consiglio, T‑119/11, EU:T:2013:216, punto 75).

– Conclusione sul primo motivo di ricorso

116

Alla luce di tutti i suesposti rilievi, si deve concludere che il criterio d’inserimento di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2014/119, come modificato dalla decisione 2015/143, è conforme agli obiettivi della PESC, come enunciati all’articolo 21 TUE, nei limiti in cui esso riguarda le persone identificate come responsabili di appropriazione indebita di fondi pubblici ucraini idonea a pregiudicare lo Stato di diritto in Ucraina.

117

La stessa conclusione si impone con riguardo alle domande dirette all’annullamento del regolamento n. 208/2014. Quest’ultimo dispone una misura di congelamento di fondi prevista da una decisione adottata ai sensi del capo 2 del titolo V del Trattato UE ed è dunque conforme all’articolo 215 TFUE, nei limiti in cui esiste una decisione valida ai sensi di detto articolo.

118

Il primo motivo deve, pertanto, essere respinto.

Sul secondo motivo, vertente su uno sviamento di potere

119

Con il suo secondo motivo, il ricorrente afferma che il vero obiettivo perseguito dal Consiglio attraverso le misure restrittive in questione era quello di guadagnarsi i favori del presunto regime transitorio dell’Ucraina, al fine di creare un governo ucraino favorevole all’Unione, il che costituisce una finalità politica dell’Unione, e non quello di consolidare e sostenere lo Stato di diritto in Ucraina. Ciò troverebbe conferma nel fatto che il Consiglio non ha dimostrato l’esistenza di alcun procedimento penale nei confronti del ricorrente riguardante l’appropriazione indebita di fondi pubblici ed il loro trasferimento illegale al di fuori dell’Ucraina.

120

Per quanto riguarda, più in particolare, gli atti di gennaio e di marzo 2015, lo sviamento di potere sarebbe tanto più evidente in quanto, da un lato, il Consiglio ha ampliato i criteri d’inserimento invece di ritirare il nome del ricorrente dall’elenco e, dall’altro, ampliando detti criteri esso ha, in sostanza, delegato al governo ucraino il controllo completo su tali criteri.

121

Il Consiglio, sostenuto dalla Repubblica di Polonia e dalla Commissione, contesta gli argomenti del ricorrente.

122

In via preliminare, si deve ricordare che un atto è viziato da sviamento di potere solo se, in base ad indizi oggettivi, pertinenti e concordanti, risulti essere stato adottato allo scopo esclusivo, o quanto meno determinante, di raggiungere fini diversi da quelli dichiarati o di eludere una procedura appositamente prevista dal Trattato per far fronte alle circostanze del caso di specie (v. sentenza del 14 ottobre 2009, Bank Melli Iran/Consiglio, T‑390/08, EU:T:2009:401, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

123

Nella fattispecie, occorre ricordare che gli atti di marzo 2014, nella loro versione originaria e come modificati dagli atti di gennaio e di marzo 2015, prevedono misure restrittive nei confronti delle persone identificate come responsabili dell’appropriazione indebita di fondi appartenenti allo Stato ucraino al fine di sostenere lo Stato di diritto in Ucraina.

124

Conformemente alle conclusioni formulate nell’ambito del primo motivo, occorre constatare, da un lato, che l’obiettivo perseguito dalla decisione 2014/119 corrisponde ad uno degli obiettivi di cui all’articolo 21, paragrafo 2, lettera b), TUE e, dall’altro, che un siffatto obiettivo può essere raggiunto dalle misure controverse.

125

Pertanto, il ricorrente non ha dimostrato che, nell’adottare gli atti di marzo 2014, o nel modificarli mediante gli atti di gennaio e di marzo 2015, il Consiglio perseguiva principalmente un obiettivo diverso da quello di consolidare e sostenere lo Stato di diritto in Ucraina.

126

Tale conclusione non è rimessa in discussione dalla circostanza, invocata dal ricorrente, che le misure restrittive in questione hanno parimenti favorito, di fatto o intenzionalmente, legami più stretti tra l’Ucraina e l’Unione.

127

Peraltro, si deve ancora rilevare che la presunta assenza di qualsiasi procedimento penale o l’esistenza di una semplice indagine preliminare in Ucraina sono circostanze insufficienti a suffragare l’esistenza di uno sviamento di potere da parte del Consiglio, in quanto quest’ultimo, fondandosi su una base fattuale solida, come emerge dall’esame del quarto motivo (v. infra, punti da 130 a 153), era a conoscenza dei fatti contestati al ricorrente e che tali fatti potevano giustificare un intervento finalizzato al consolidamento ed al sostegno dello Stato di diritto in Ucraina.

128

Inoltre, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, occorre rilevare, da un lato, che, con gli atti di gennaio 2015, il Consiglio non ha ampliato i criteri d’inserimento, ma si è limitato a precisare la nozione di «appropriazione indebita di fondi», e che, in ogni caso, la precisazione del criterio d’inserimento non è pertinente ai fini della valutazione della legittimità dell’inserimento iniziale del nome del ricorrente nell’elenco da parte degli atti di marzo 2014 (v. punti da 49 a 51 supra) e non implicava quindi il ritiro del nome di quest’ultimo dall’elenco. Dall’altro lato, come rilevato al precedente punto 107, il criterio d’inserimento non può essere interpretato come una delega alle autorità ucraine del potere di decidere di imporre le misure restrittive in questione.

129

Il secondo motivo deve, pertanto, essere respinto.

Sul quarto motivo, vertente sull’inosservanza dei criteri d’inserimento nell’elenco

130

Con il suo quarto motivo, il ricorrente sostiene che l’inserimento del suo nome nell’elenco non rispettava i criteri d’inserimento di cui alla decisione 2014/119, come modificati dalla decisione 2015/143.

131

Il Consiglio, sostenuto dalla Repubblica di Polonia e dalla Commissione, contesta gli argomenti del ricorrente.

– Sull’argomento principale del ricorrente

132

Con il suo argomento principale, il ricorrente afferma, in sostanza, che i motivi di inserimento del suo nome nell’elenco, come modificati dagli atti di marzo 2015, non soddisfano i criteri d’inserimento, come modificati dagli atti di gennaio 2015.

133

In via preliminare, occorre rilevare che, a decorrere dal 7 marzo 2015, il ricorrente è stato sottoposto a nuove misure restrittive introdotte con gli atti di marzo 2015 sulla base del criterio d’inserimento di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2014/119, come «precisato» dagli atti di gennaio 2015. Infatti, la decisione 2015/364 non è un mero atto confermativo, ma costituisce una decisione autonoma, adottata dal Consiglio al termine di un riesame periodico previsto all’articolo 5, terzo comma, della decisione 2014/119.

134

Occorre dunque esaminare la legittimità dell’inserimento del nome del ricorrente nell’elenco, ad opera degli atti di marzo 2015, tenuto conto, anzitutto, del criterio d’inserimento, come precisato dagli atti di gennaio 2015, poi, della motivazione d’inserimento e, in ultimo, degli elementi di prova su cui si fonda detto inserimento.

135

Per quanto riguarda, anzitutto, il criterio d’inserimento, è necessario rammentare che tale criterio, come modificato dagli atti di gennaio 2015, dispone che le misure restrittive in questione si applichino, segnatamente, alle persone «identificate come responsabili» di appropriazione indebita di fondi statali ucraini, il che include le persone «sottoposte a indagine da parte delle autorità ucraine» per appropriazione di fondi o beni statali ucraini (v. punto 14 supra). Inoltre, come precisato nell’ambito del primo motivo, detto criterio deve essere interpretato nel senso che esso non riguarda, in modo astratto, qualsiasi atto di appropriazione indebita di fondi pubblici, ma piuttosto fatti di appropriazione indebita di fondi o beni statali idonei a pregiudicare il rispetto dello Stato di diritto in Ucraina (v. punto 101 supra).

136

Quanto, poi, alla motivazione dell’inserimento del nome del ricorrente nell’elenco, occorre rammentare che, dal 7 marzo 2015, il ricorrente è inserito nell’elenco con la motivazione che egli è sottoposto a un «procedimento penale dalle autorità ucraine per appropriazione indebita di fondi o beni statali» (v. punto 19 supra).

137

Per quanto riguarda, da ultimo, gli elementi di prova su cui si fonda l’inserimento del nome del ricorrente nell’elenco, si deve osservare, come riconosciuto dal Consiglio, che la legittimità della motivazione dell’inserimento del nome del ricorrente, come modificata, deve essere valutata principalmente con riguardo alla lettera del 10 ottobre 2014, che attesta gli sviluppi intervenuti nel corso delle diverse indagini concernenti il ricorrente.

138

Tale lettera attesta, segnatamente, tre indagini preliminari nell’ambito di procedimenti penali avviati a carico del ricorrente e riguardanti atti di appropriazione indebita di fondi pubblici. Essenzialmente, tali tre indagini riguardavano, la prima, l’appropriazione indebita di beni, in concorso con altre persone, nell’ambito del finanziamento illegale della costruzione di una rete di telecomunicazioni, la seconda, l’appropriazione indebita di edifici, di impianti e di un appezzamento di terreno, nonché di altre proprietà pubbliche, e la legalizzazione di proventi illeciti e, la terza, l’appropriazione indebita di un appezzamento di terreno.

139

In tali circostanze, in primo luogo, occorre osservare che tale lettera, che costituisce l’elemento di prova su cui il Consiglio si è basato per adottare gli atti di marzo 2015, fornisce una prova sufficiente del fatto che, alla data di adozione degli atti di marzo 2015, il ricorrente era sottoposto a procedimenti penali vertenti su un’appropriazione indebita di fondi o di beni pubblici.

140

In secondo luogo, è dunque necessario verificare se il mantenimento del nome del ricorrente nell’elenco a seguito degli atti di marzo 2015 in ragione del fatto che quest’ultimo era sottoposto a un procedimento penale per tali reati soddisfi il criterio d’inserimento, come precisato dagli atti di gennaio 2015 e come interpretato nell’ambito del primo motivo (v. punto 135 supra).

141

In considerazione dei reati contestati al ricorrente, attestati nella lettera del 10 ottobre 2014, da un lato, occorre ricordare che il perseguimento di delitti contro il patrimonio, quali l’appropriazione indebita di fondi pubblici, è un importante mezzo di lotta contro la corruzione e che la lotta contro la corruzione costituisce, nel contesto dell’azione esterna dell’Unione, un principio ricompreso nella nozione di Stato di diritto (v. punto 98 supra).

142

Dall’altro lato, è necessario rilevare che i reati contestati al ricorrente si inseriscono in un contesto più ampio in cui una parte considerevole dell’ex classe dirigente ucraina è sospettata di avere commesso gravi reati nella gestione delle risorse pubbliche, minacciando così in modo serio i fondamenti istituzionali e giuridici del paese e pregiudicando in particolare i principi di legalità, di divieto di arbitrarietà del potere esecutivo, del controllo giurisdizionale effettivo e di uguaglianza davanti alla legge (v. punti da 99 a 101 supra). Ciò è ancor più evidente nel caso di specie, in quanto si tratta di fatti asseritamente commessi dall’ex presidente dell’Ucraina.

143

Ne consegue che, nel loro complesso e tenuto conto delle funzioni esercitate dal ricorrente in seno alla ex classe dirigente ucraina, le misure restrittive in questione contribuiscono in modo efficace a facilitare il perseguimento di delitti di appropriazione indebita di fondi pubblici commessi a danno delle istituzioni ucraine e fanno sì che sia più agevole, per le autorità ucraine, ottenere da parte di queste ultime la restituzione del prodotto di tali appropriazioni indebite. Ciò consente di agevolare, nell’ipotesi in cui i procedimenti giudiziari si riveleranno fondati, la repressione con mezzi giudiziari degli asseriti atti di corruzione commessi da membri dell’ex regime, contribuendo così al sostegno dello Stato di diritto in tale paese (v., in tal senso, la giurisprudenza richiamata al precedente punto 95).

144

Si deve pertanto concludere che l’inserimento del nome del ricorrente nell’elenco, ad opera degli atti di marzo 2015, in base agli elementi di prova di cui alla lettera del 10 ottobre 2014, è conforme al criterio d’inserimento, come modificato dagli atti di gennaio 2015 e interpretato alla luce dell’obiettivo su cui esso si fonda, vale a dire quello di consolidare e sostenere lo Stato di diritto in Ucraina.

– Sugli altri argomenti sollevati dal ricorrente

145

In primo luogo, il ricorrente fa valere che la lettera del 10 ottobre 2014 precede di qualche mese l’adozione della nuova motivazione, è stata inviata da soggetti che non esercitano più le funzioni che erano loro attribuite e presenta alcune incongruenze rispetto a quella dell’8 luglio 2014.

146

Occorre rilevare che tali circostanze, anche supponendo che siano fondate, non sono da sole in grado di provare che il ricorrente, alla data dell’adozione delle nuove misure, non fosse più sottoposto ad un procedimento penale da parte delle autorità ucraine per appropriazione indebita di fondi o di beni pubblici, il che non è del resto contestato dal ricorrente. Per quanto riguarda, più in particolare, le incongruenze tra le due lettere, per quanto sia spiacevole che il Consiglio non abbia ottenuto informazioni più precise riguardo ai dettagli di ciascuna indagine, occorre nondimeno constatare che la lettera del 10 ottobre 2014 descrive con precisione i fatti oggetto delle diverse indagini avviate a carico del ricorrente. La conoscenza di tali fatti, la cui esistenza non è stata seriamente messa in discussione, ha potuto quindi fornire al Consiglio una base adeguata per decidere di mantenere il nome del ricorrente nell’elenco.

147

In secondo luogo, il ricorrente sostiene che le accuse che lo riguardano sono state formulate al fine di giustificare l’adozione delle misure restrittive in questione. Esso si riferisce, in particolare, alle circostanze seguenti: anzitutto, come risulterebbe da un comunicato stampa, il procuratore generale avrebbe promesso di fare «tutto il possibile per evitare la revoca delle sanzioni dell’Unione europea»; inoltre, nel procedimento riguardante il figlio del ricorrente, talune allegazioni tali da consentire il mantenimento delle misure restrittive sarebbero state avanzate all’ultimo momento; ancora, la lettera dell’8 luglio 2014 conterrebbe «quasi esclusivamente» riferimenti ad atti violenti; da ultimo, le accuse riguardanti fatti di appropriazione indebita di fondi pubblici sarebbero state formulate soltanto quando è risultato evidente che le allegazioni basate su episodi di violenza non erano sufficienti ai fini del mantenimento delle misure restrittive nei suoi confronti.

148

Si deve nuovamente rilevare che nessuna di tali circostanze dimostra che, alla data in cui il Consiglio ha deciso il mantenimento del nome del ricorrente nell’elenco, il medesimo non era sottoposto ad un procedimento penale riguardante fatti di appropriazione indebita di fondi. In particolare, il fatto che, prima di adottare gli atti di marzo 2014, il Consiglio abbia verificato la possibilità di adottare misure restrittive incentrate su accuse diverse da quella di appropriazione indebita di fondi, anche supponendo che sia accertato, non dimostra che le accuse di appropriazione indebita di fondi siano state formulate in maniera pretestuosa al fine di giustificare l’adozione, e successivamente il mantenimento, delle misure restrittive.

149

In terzo luogo, il ricorrente afferma che il Consiglio ha già ammesso che gli argomenti relativi alle istruzioni impartite alle autorità di contrasto di fare uso di una forza eccessiva nella dispersione di manifestazioni pacifiche non avevano alcun fondamento giuridico o fattuale.

150

Tale argomento, anche supponendolo dimostrato, è inconferente, in quanto il ricorrente non è stato sottoposto alle misure restrittive in questione sulla base di dette circostanze.

151

In quarto luogo, il ricorrente sostiene che il Consiglio avrebbe dovuto effettuare un controllo particolarmente rigoroso della base fattuale per l’adozione delle misure restrittive di cui alla fattispecie, in considerazione della situazione specifica dell’Ucraina. Esso fa riferimento, in particolare, alle seguenti circostanze: in primo luogo, al fatto che l’Ucraina non è uno Stato membro dell’Unione, in secondo luogo, alla motivazione politica delle accuse mosse nei suoi confronti, in terzo luogo, al mancato avanzamento dei procedimenti penali in questione, in quarto luogo, all’assenza, in Ucraina, di qualsiasi procedura equilibrata o equa relativa all’adozione di decisioni in una fase anteriore all’imputazione, in quinto luogo, al fatto che taluni giudici ucraini avrebbero accertato che alcune informazioni trasmesse dalle autorità ucraine erano false e, in sesto luogo, al fatto che il Consiglio ha disposto di un margine di tempo per produrre o verificare gli elementi di prova e le informazioni che giustificavano la sua nuova designazione.

152

Tali argomenti sono già stati respinti nell’ambito dell’esame del primo motivo (v. punti da 110 a 114 supra). Nella misura in cui sono volti a dimostrare che il Consiglio ha commesso un errore manifesto di valutazione a tale riguardo, essi saranno qui di seguito trattati nell’ambito del quinto motivo.

153

Il quarto motivo deve, pertanto, essere respinto.

Sul quinto motivo, vertente su un errore manifesto di valutazione

154

Con il suo quinto motivo, il ricorrente sostiene che il Consiglio non può validamente basarsi soltanto sulle allegazioni che gli vengono presentate da uno Stato membro o da un paese terzo, e che è tenuto ad esaminare esso stesso l’esattezza delle allegazioni che gli vengono fornite. Il Consiglio avrebbe pertanto commesso un errore manifesto di valutazione basandosi su allegazioni non suffragate per inserire e mantenere il nome del ricorrente nell’elenco.

155

Il Consiglio, sostenuto dalla Repubblica di Polonia e dalla Commissione, contesta gli argomenti del ricorrente.

156

Occorre constatare che, alla luce della giurisprudenza richiamata al precedente punto 40, il Consiglio ha assolto l’onere probatorio su di esso gravante. Infatti, alla data di adozione degli atti di marzo 2015, il Consiglio disponeva di informazioni maggiormente suffragate in merito agli atti di appropriazione indebita di fondi pubblici che giustificavano, secondo le autorità ucraine, l’avvio di indagini nei confronti del ricorrente. Il Consiglio era venuto a conoscenza di tali fatti, in particolare, con la lettera del 10 ottobre 2014, che era stata comunicata al ricorrente prima dell’adozione di detti atti.

157

Inoltre, poiché l’inserimento del ricorrente si basa su un atto dell’amministrazione giudiziaria ucraina descritto nella lettera del 10 ottobre 2014, ossia l’avvio di un’indagine vertente su reati di appropriazione indebita di fondi pubblici, non può essere contestato al Consiglio di non aver verificato che informazioni provenienti da una delle più alte autorità giudiziarie del paese, le quali confermavano l’esistenza di tali indagini, fossero corrette e suffragate (v. punti da 110 a 115 supra).

158

D’altra parte, non competeva al Consiglio verificare la fondatezza delle indagini alle quali il ricorrente era sottoposto, bensì unicamente esaminare la fondatezza della decisione di congelamento dei fondi alla luce di tali indagini (v., in tal senso, sentenza del 5 marzo 2015, Ezz e a./Consiglio, C‑220/14 P, EU:C:2015:147, punto 77), ciò che esso ha fatto quando ha adottato gli atti di marzo 2015, sulla base di elementi di prova che confermavano l’esistenza di procedimenti penali per atti, ben precisati, di appropriazione indebita di fondi pubblici.

159

Alla luce di quanto precede, occorre respingere il quinto motivo.

Sul settimo motivo, vertente sulla violazione del diritto di proprietà

160

Con il suo settimo motivo, il ricorrente sostiene, in primo luogo, che le misure restrittive gli sarebbero state imposte senza rispettare le garanzie adeguate che gli avrebbero consentito di difendersi dinanzi al Consiglio. In secondo luogo, tali misure sarebbero state adottate in violazione del criterio d’inserimento. In terzo luogo, la motivazione dell’inserimento non prevedrebbe più il reato di trasferimento illegale di fondi pubblici ucraini al di fuori dell’Ucraina. In quarto luogo, il Consiglio non avrebbe dimostrato che il congelamento totale dei beni, a differenza di un congelamento parziale, era proporzionato nel caso di specie, tenuto conto del fatto, da un lato, che dalle accuse contro il ricorrente non emergerebbe che i beni immobili asseritamente oggetto di appropriazione indebita siano stati venduti o non possano più essere recuperati in altro modo e, dall’altro, che un congelamento di fondi non sarebbe giustificato oltre il valore dei beni asseritamente oggetto di appropriazione indebita, quale esso risulta dalla lettera del 10 ottobre 2014.

161

Il Consiglio, sostenuto dalla Repubblica di Polonia e dalla Commissione, contesta gli argomenti del ricorrente.

162

Occorre rilevare, in via preliminare, che il primo ed il secondo argomento sono stati trattati e respinti, rispettivamente, nell’ambito del sesto e del quarto motivo.

163

Si deve altresì respingere il terzo argomento del ricorrente, secondo il quale la motivazione d’inserimento non prevede più il reato di trasferimento illegale di fondi pubblici ucraini al di fuori dell’Ucraina. Infatti, benché il trasferimento illegale di fondi pubblici al di fuori dell’Ucraina non figuri più nella motivazione d’inserimento, come modificata dagli atti di marzo 2015, ciò non toglie che il riferimento all’appropriazione indebita di fondi pubblici, ove fondato, è di per sé sufficiente a giustificare le misure restrittive nei confronti del ricorrente.

164

Per quanto riguarda il quarto argomento, vertente, in sostanza, su una mancanza di proporzionalità delle misure restrittive, occorre rammentare che il principio di proporzionalità, quale principio generale del diritto dell’Unione, richiede che gli atti delle istituzioni dell’Unione non eccedano quanto è adeguato e necessario al conseguimento degli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui trattasi. Così, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e gli inconvenienti causati devono essere proporzionati rispetto agli scopi perseguiti (v. sentenza del 27 febbraio 2014, Ezz e a./Consiglio, T‑256/11, EU:T:2014:93, punto 205 e giurisprudenza ivi citata).

165

Nella fattispecie, è vero che il diritto di proprietà del ricorrente è limitato, poiché egli non può, segnatamente, disporre dei suoi fondi situati nel territorio dell’Unione, se non in virtù di particolari autorizzazioni, e poiché nessun fondo e nessuna risorsa economica può essere messa, direttamente o indirettamente, a sua disposizione.

166

A tale riguardo, è necessario anzitutto rammentare, come dichiarato nell’ambito del primo e del quarto motivo, che, da un lato, il criterio d’inserimento, di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2014/119, come modificato dalla decisione 2015/143, è conforme agli obiettivi della PESC e che, dall’altro, l’inserimento del nome del ricorrente nell’elenco è conforme al criterio d’inserimento (v. punti da 88 a 116 e da 133 a 144 supra).

167

Poi, si deve altresì respingere l’argomento del ricorrente secondo cui, da un lato, non è stato affermato che i beni immobili asseritamente oggetto di appropriazione indebita siano stati venduti o non possano più essere recuperati in altro modo e, dall’altro, un congelamento di fondi non sarebbe giustificato al di là del valore dei beni asseritamente oggetto di appropriazione indebita, quale esso risulta dalla lettera del 10 ottobre 2014.

168

Occorre infatti constatare che, come sottolinea il Consiglio, da un lato, gli importi menzionati in tale lettera forniscono solamente un’indicazione del valore dei beni che sarebbero stati oggetto di appropriazione indebita e, dall’altro, ogni tentativo diretto a determinare l’importo dei fondi congelati sarebbe estremamente difficile, se non impossibile, da attuare nella pratica.

169

Inoltre, gli inconvenienti causati dalle misure restrittive non sono sproporzionati rispetto agli obiettivi perseguiti, tenuto conto, da un lato, del fatto che tali misure presentano, per loro natura, un carattere temporaneo e reversibile e non violano dunque il «contenuto essenziale» del diritto di proprietà, e, dall’altro, è possibile derogarvi allo scopo di coprire le esigenze di base, le spese di giustizia o ancora le spese straordinarie delle persone interessate (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2014, Ezz e a./Consiglio, T‑256/11, EU:T:2014:93, punto 209).

170

Occorre dunque respingere il settimo motivo e, conseguentemente, rigettare integralmente il ricorso, nella parte in cui riguarda l’annullamento del mantenimento del nome del ricorrente nell’elenco ad opera degli atti di marzo 2015.

Sul mantenimento degli effetti della decisione 2014/119

171

In via subordinata, il Consiglio chiede che, in caso di annullamento parziale degli atti di marzo 2014, per ragioni di certezza del diritto, il Tribunale dichiari che gli effetti della decisione 2014/119 siano mantenuti sino al momento in cui diverrà efficace l’annullamento parziale del regolamento n. 208/2014. Egli chiede, altresì, che in caso di annullamento parziale degli atti di marzo 2015, gli effetti della decisione 2014/119, come modificata, siano mantenuti sino al momento in cui diverrà efficace l’annullamento parziale del regolamento n. 208/2014, come modificato dal regolamento di esecuzione 2015/357.

172

Il ricorrente si oppone alla domanda del Consiglio.

173

Occorre rammentare che il Tribunale, da un lato, ha annullato la decisione 2014/119 e il regolamento n. 208/2014, nella loro versione originaria, nella parte in cui riguardano il ricorrente, e, dall’altro, ha respinto il ricorso in quanto diretto contro il regolamento 2015/138 e gli atti di marzo 2015, nella parte in cui riguardano il ricorrente.

174

A tale riguardo, è necessario rilevare che, come ricordato al precedente punto 133, la decisione 2015/364 non è un mero atto confermativo, ma costituisce una decisione autonoma, adottata dal Consiglio al termine di un riesame periodico, quale previsto all’articolo 5, terzo comma, della decisione 2014/119. In tali circostanze, se è vero che l’annullamento degli atti di marzo 2014, nella parte in cui riguardano il ricorrente, comporta l’annullamento dell’inserimento del nome del ricorrente nell’elenco per il periodo precedente l’entrata in vigore degli atti di marzo 2015, esso non è invece idoneo a rimettere in discussione la legittimità di tale medesimo inserimento per il periodo successivo a detta entrata in vigore.

175

Pertanto, non occorre pronunciarsi sulla domanda del Consiglio volta al mantenimento degli effetti della decisione 2014/119.

Sulle spese

176

A norma dell’articolo 134, paragrafo 2, del regolamento di procedura, qualora vi siano più parti soccombenti, il Tribunale decide sulla ripartizione delle spese.

177

Nella specie, il Consiglio, essendo rimasto soccombente riguardo alla domanda di annullamento formulata nel ricorso, deve essere condannato alle spese relative a tale domanda, conformemente alle conclusioni del ricorrente. Il ricorrente, essendo rimasto soccombente riguardo alla domanda di annullamento formulata nella memoria di adattamento delle conclusioni, deve essere condannato alle spese relative a tale domanda, conformemente alle conclusioni del Consiglio.

178

Inoltre, in forza dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, gli Stati membri e le istituzioni intervenuti nella causa si faranno carico delle proprie spese. Pertanto, la Repubblica di Polonia e la Commissione si faranno carico delle proprie spese.

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

 

1)

La decisione 2014/119/PESC del Consiglio, del 5 marzo 2014, relativa a misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina, e il regolamento (UE) n. 208/2014 del Consiglio, del 5 marzo 2014, concernente misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina, nella loro versione originaria, sono annullati nella parte in cui il nome del sig. Viktor Fedorovych Yanukovych è stato inserito nell’elenco delle persone, entità e organismi a cui si applicano dette misure restrittive, e ciò sino all’entrata in vigore della decisione (PESC) 2015/364 del Consiglio, del 5 marzo 2015, che modifica la decisione 2014/119, e del regolamento di esecuzione (UE) 2015/357 del Consiglio, del 5 marzo 2015, che attua il regolamento n. 208/2014.

 

2)

Il ricorso è respinto quanto al resto.

 

3)

Il Consiglio dell’Unione europea è condannato a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dal sig. Yanukovych per quanto riguarda la domanda di annullamento formulata nel ricorso.

 

4)

Il sig. Yanukovych è condannato a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dal Consiglio per quanto riguarda la domanda di annullamento formulata nella memoria di adattamento delle conclusioni.

 

5)

La Repubblica di Polonia e la Commissione europea si faranno carico delle proprie spese.

 

Berardis

Czúcz

Pelikánová

Popescu

Buttigieg

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 settembre 2016.

Firme

Indice

 

Fatti

 

Procedimento e conclusioni delle parti

 

In diritto

 

1. Sulla domanda di annullamento degli atti di marzo 2014, nella loro versione originaria, nella parte in cui riguardano il ricorrente

 

2. Sulla domanda di annullamento degli atti di marzo 2014, come modificati dagli atti di gennaio e di marzo 2015, nella parte in cui riguardano il ricorrente

 

Sulla competenza del Tribunale ad esaminare la legittimità della decisione 2015/143

 

Sull’eccezione di irricevibilità vertente sulla mancanza di legittimazione ad agire del ricorrente alla luce del regolamento 2015/138

 

Nel merito

 

Sul sesto motivo, vertente sulla violazione dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva

 

Sul terzo motivo, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione

 

Sul primo motivo, vertente sulla mancanza di una base giuridica

 

– Sull’argomento principale del ricorrente, vertente sulla mancanza di proporzionalità del criterio d’inserimento rispetto agli obiettivi del Trattato UE

 

– Sugli altri argomenti dedotti dal ricorrente

 

– Conclusione sul primo motivo di ricorso

 

Sul secondo motivo, vertente su uno sviamento di potere

 

Sul quarto motivo, vertente sull’inosservanza dei criteri d’inserimento nell’elenco

 

– Sull’argomento principale del ricorrente

 

– Sugli altri argomenti sollevati dal ricorrente

 

Sul quinto motivo, vertente su un errore manifesto di valutazione

 

Sul settimo motivo, vertente sulla violazione del diritto di proprietà

 

Sul mantenimento degli effetti della decisione 2014/119

 

Sulle spese


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.