SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

9 febbraio 2017 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale — Spazio di libertà, sicurezza e giustizia — Direttiva 2004/83/CE — Norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato — Domanda di protezione sussidiaria — Regolarità del procedimento nazionale di esame di una domanda di protezione sussidiaria presentata in seguito al rigetto di una domanda di riconoscimento dello status di rifugiato — Diritto di essere ascoltato — Portata — Diritto ad un colloquio orale — Diritto di chiamare testimoni e di esaminarli in contraddittorio»

Nella causa C‑560/14,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Supreme Court (Corte suprema, Irlanda), con decisione del 24 novembre 2014, pervenuta in cancelleria il 5 dicembre 2014, nel procedimento

M

contro

Minister for Justice and Equality,

Ireland,

Attorney General,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da L. Bay Larsen (relatore), presidente di sezione, M. Vilaras, J. Malenovský, M. Safjan e D. Šváby, giudici,

avvocato generale: P. Mengozzi

cancelliere: L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 18 febbraio 2016,

considerate le osservazioni presentate:

per M, da B. Burns e S. Man, solicitors, nonché da I. Whelan e P. O’Shea, BL;

per l’Irlanda, da E. Creedon, J. Davis e J. Stanley, in qualità di agenti, assistiti da N. Butler, SC, e K. Mooney, BL;

per il governo ceco, da M. Smolek e J. Vláčil, in qualità di agenti;

per il governo francese, da D. Colas e F.X. Bréchot, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da M. Wilderspin e M. Condou-Durande, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 3 maggio 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione del diritto di essere ascoltato nell’ambito del procedimento per il riconoscimento dello status di protezione sussidiaria, previsto dalla direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2004, L 304, pag. 12).

2

Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia che contrappone M, cittadino ruandese, al Minister for Justice and Equality (Ministro della Giustizia e delle Pari Opportunità, Irlanda) (in prosieguo: il «Ministro»), all’Irlanda e all’Attorney General, in merito alla regolarità del procedimento di esame della domanda di protezione sussidiaria presentata da M alle autorità irlandesi.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

Direttiva 2004/83

3

L’articolo 2 della direttiva 2004/83, intitolato «Definizioni», così disponeva:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

(…)

e)

“persona ammissibile alla protezione sussidiaria”: cittadino di un paese terzo o apolide che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come definito all’articolo 15, e al quale non si applica l’articolo 17, paragrafi 1 e 2, e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto paese;

(…)».

4

L’articolo 4 di detta direttiva, intitolato «Esame dei fatti e delle circostanze», era formulato come segue:

«1.   Gli Stati membri possono ritenere che il richiedente sia tenuto a produrre quanto prima tutti gli elementi necessari a motivare la domanda di protezione internazionale. Lo Stato membro è tenuto, in cooperazione con il richiedente, a esaminare tutti gli elementi significativi della domanda.

2.   Gli elementi di cui al paragrafo 1 sono le dichiarazioni del richiedente e tutta la documentazione in possesso del richiedente in merito alla sua età, estrazione, anche, ove occorra, dei congiunti, identità, cittadinanza/e, paese/i e luogo/luoghi in cui ha soggiornato in precedenza, domande d’asilo pregresse, itinerari di viaggio, documenti di identità e di viaggio nonché i motivi della sua domanda di protezione internazionale.

3.   L’esame della domanda di protezione internazionale deve essere effettuato su base individuale e prevede la valutazione:

a)

di tutti i fatti pertinenti che riguardano il paese d’origine al momento dell’adozione della decisione in merito alla domanda, comprese le disposizioni legislative e regolamentari del paese d’origine e relative modalità di applicazione;

b)

della dichiarazione e della documentazione pertinenti presentate dal richiedente che deve anche render noto se ha già subito o rischia di subire persecuzioni o danni gravi;

c)

della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente, in particolare l’estrazione, il sesso e l’età, al fine di valutare se, in base alle circostanze personali del richiedente, gli atti a cui è stato o potrebbe essere esposto si configurino come persecuzione o danno grave;

d)

dell’eventualità che le attività svolte dal richiedente dopo aver lasciato il paese d’origine abbiano mirato esclusivamente o principalmente a creare le condizioni necessarie alla presentazione di una domanda di protezione internazionale, al fine di stabilire se dette attività espongano il richiedente a persecuzione o a danno grave in caso di rientro nel paese;

e)

dell’eventualità che ci si possa ragionevolmente attendere dal richiedente un ricorso alla protezione di un altro paese di cui potrebbe dichiararsi cittadino.

4.   Il fatto che un richiedente abbia già subito persecuzioni o danni gravi o minacce dirette di siffatte persecuzioni o danni costituisce un serio indizio della fondatezza del timore del richiedente di subire persecuzioni o del rischio effettivo di subire danni gravi, a meno che vi siano buoni motivi per ritenere che tali persecuzioni o danni gravi non si ripeteranno.

5.   Quando gli Stati membri applicano il principio in base al quale il richiedente è tenuto a motivare la sua domanda di protezione internazionale e qualora taluni aspetti delle dichiarazioni del richiedente non siano suffragati da prove documentali o di altro tipo, la loro conferma non è comunque necessaria se sono soddisfatte le seguenti condizioni:

a)

il richiedente ha compiuto sinceri sforzi per circostanziare la domanda;

b)

tutti gli elementi pertinenti in suo possesso sono stati prodotti ed è stata fornita una spiegazione soddisfacente dell’eventuale mancanza di altri elementi significativi;

c)

le dichiarazioni del richiedente sono ritenute coerenti e plausibili e non sono in contraddizione con le informazioni generali e specifiche pertinenti al suo caso di cui si dispone;

d)

il richiedente ha presentato la domanda di protezione internazionale il prima possibile, a meno che egli non dimostri di aver avuto buoni motivi per ritardarla; e

e)

è accertato che il richiedente è in generale attendibile».

5

L’articolo 15 della medesima direttiva, intitolato «Danno grave», così disponeva:

«Sono considerati danni gravi:

a)

la condanna a morte o all’esecuzione; o

b)

la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo paese di origine; o

c)

la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale».

Direttiva 2005/85/CE

6

Sotto il titolo «Ambito d’applicazione», l’articolo 3 della direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1o dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato (GU 2005, L 326, pag. 13), disponeva quanto segue:

«1.   La presente direttiva si applica a tutte le domande di asilo presentate nel territorio, compreso alla frontiera o nelle zone di transito degli Stati membri, nonché alla revoca dello status di rifugiato.

(…)

3.   Qualora gli Stati membri utilizzino o avviino un procedimento in cui le domande di asilo sono esaminate sia quali domande a norma della convenzione di Ginevra sia quali domande concernenti altri tipi di protezione internazionale a seconda delle circostanze definite dall’articolo 15 della direttiva 2004/83 (…), essi applicano la presente direttiva nel corso dell’intero procedimento.

(…)».

Diritto irlandese

7

Il diritto irlandese distingue due tipi di domande volte all’ottenimento di protezione internazionale, ossia:

la domanda di asilo, e

la domanda di protezione sussidiaria.

8

Ciascuna di tali due domande costituisce l’oggetto di un procedimento specifico, dato che il procedimento relativo alla domanda di protezione sussidiaria, che viene avviato soltanto in caso di rigetto della domanda di asilo, si svolge in seguito al procedimento che ha riguardato l’esame di tale ultima domanda.

9

Dalla decisione di rinvio emerge che le disposizioni nazionali che disciplinano l’esame delle domande di asilo sono contenute principalmente nel Refugee Act 1996 (legge sui rifugiati del 1996), nella sua versione in vigore all’epoca dei fatti del procedimento principale. Il procedimento di esame delle domande di asilo prevede in particolare un colloquio personale con il richiedente.

10

Le disposizioni relative al procedimento di esame delle domande di protezione sussidiaria sono contenute nell’European Communities (Eligibility for Protection) Regulations 2006 [decreto del 2006 relativo alle Comunità europee (requisiti di ammissione alla protezione)] del Ministro, del 9 ottobre 2006, avente ad oggetto, in particolare, la trasposizione nel diritto nazionale della direttiva 2004/83.

11

La domanda di protezione sussidiaria è presentata mediante un formulario il cui modello è contenuto in allegato a tale decreto.

12

Detto decreto non contiene alcuna disposizione che prevede che il richiedente la protezione sussidiaria debba essere sentito oralmente nell’ambito dell’istruzione della sua domanda.

Procedimento principale e questione pregiudiziale

13

M è stato ammesso in Irlanda, nel settembre 2006, in forza di un visto per studenti. Terminati i suoi studi, M ha presentato una domanda di asilo che è stata respinta dal Refugee Applications Commissioner (Commissario incaricato delle domande di asilo, Irlanda), il 30 agosto 2008. Con sentenza del Refugee Appeals Tribunal (Tribunale d’appello per i rifugiati, Irlanda), del 28 ottobre 2008, è stato respinto un ricorso presentato avverso tale decisione.

14

M ha successivamente presentato una domanda di protezione sussidiaria. Tale domanda è stata respinta il 30 settembre 2010 ed il 5 ottobre 2010 il Ministro ha emesso, nei suoi confronti, un provvedimento di allontanamento. Nella sua decisione del 30 settembre 2010, il Ministro si è basato, in larga misura, sulle decisioni precedenti riguardanti la domanda di asilo presentata da M per concludere che quest’ultimo non aveva dimostrato l’esistenza di fondati motivi per ritenere che egli rischiasse di subire un grave danno, tenuto conto, in particolare, dei forti dubbi sull’attendibilità delle affermazioni contenute nella sua domanda.

15

Il 6 gennaio 2011, M ha presentato ricorso dinanzi alla High Court (Alta Corte, Irlanda) avverso la decisione di rigetto della sua domanda di protezione sussidiaria.

16

Nell’ambito dell’esame di tale ricorso, la High Court (Alta Corte) ha sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Nel caso in cui un richiedente miri ad ottenere il riconoscimento dello status di protezione sussidiaria a seguito del diniego del riconoscimento dello status di rifugiato e venga proposto il rigetto di tale domanda, se l’obbligo di cooperare con il richiedente, imposto agli Stati membri dall’articolo 4, paragrafo 1, secondo periodo, della direttiva 2004/83 esiga che le autorità amministrative dello Stato membro di cui si tratta forniscano a detto richiedente i risultati di un siffatto esame prima dell’adozione di una decisione definitiva, in modo da consentirgli di esprimersi in merito a quegli aspetti della decisione proposta che fanno presagire un esito negativo».

17

Nella sua sentenza del 22 novembre 2012, M. (C‑277/11, EU:C:2012:744), la Corte ha ritenuto in particolare che, in un sistema come quello messo in atto dalla normativa nazionale oggetto della causa che ha dato luogo a tale sentenza, caratterizzato dall’esistenza di due procedimenti distinti e successivi ai fini dell’esame, rispettivamente, della domanda volta al riconoscimento dello status di rifugiato e della domanda di protezione sussidiaria, spetta al giudice del rinvio garantire il rispetto, nell’ambito di ciascuno di tali procedimenti, dei diritti fondamentali del richiedente e, più in particolare, del diritto di essere ascoltato, nel senso che quest’ultimo deve poter esprimere utilmente le proprie osservazioni prima dell’adozione di qualsiasi decisione che neghi il beneficio della protezione richiesta. In un siffatto sistema, la circostanza che l’interessato sia già stato validamente sentito durante l’istruzione della sua domanda di riconoscimento dello status di rifugiato non implica che si possa eludere tale formalità nell’ambito del procedimento relativo alla domanda di protezione sussidiaria.

18

In seguito alla sentenza del 22 novembre 2012, M. (C‑277/11, EU:C:2012:744), la High Court (Alta Corte) ha dichiarato, il 23 giugno 2013, che il Ministro aveva erroneamente omesso di organizzare un’audizione effettiva di M nell’ambito dell’esame della sua domanda di protezione sussidiaria.

19

Il Ministro ha presentato ricorso avverso tale decisione dinanzi alla Supreme Court (Corte suprema, Irlanda). M, dal canto suo, ha presentato ricorso incidentale avverso detta decisione.

20

In tale contesto, la Supreme Court (Corte suprema), con decisione del 24 novembre 2014, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se il diritto di essere ascoltato, nel diritto dell’Unione, esiga che, ad un richiedente che presenta domanda di protezione sussidiaria ai sensi della direttiva 2004/83, venga accordata un’audizione orale concernente tale domanda, incluso il diritto di chiamare testimoni o di esaminarli in contraddittorio, nel caso in cui tale domanda venga presentata in uno Stato membro in cui sono previsti due procedimenti distinti, uno successivo all’altro, per l’esame rispettivamente delle domande di riconoscimento dello status di rifugiato e per le domande di protezione sussidiaria».

Sulla questione pregiudiziale

21

Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il diritto di essere ascoltato esiga che, qualora una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, preveda due procedimenti distinti, uno successivo all’altro, per l’esame, rispettivamente, della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato e della domanda di protezione sussidiaria, il richiedente la protezione sussidiaria benefici del diritto ad un colloquio orale relativo alla sua domanda e del diritto di chiamare testimoni o di esaminarli in contraddittorio durante tale colloquio.

22

La direttiva 2005/85 stabilisce norme minime per le procedure di esame delle domande di protezione internazionale e precisa i diritti dei richiedenti asilo. L’articolo 3, paragrafi 1 e 3, di tale direttiva precisa che quest’ultima si applica alle domande di asilo che sono esaminate sia quali domande fondate sulla convenzione sullo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 [Recueil des traités des Nations unies, vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954)], sia quali domande concernenti altri tipi di protezione internazionale a seconda delle circostanze definite dall’articolo 15 della direttiva 2004/83 (sentenza del 20 ottobre 2016, Danqua, C‑429/15, EU:C:2016:789, punto 26).

23

La Corte ha quindi statuito che la direttiva 2005/85 non si applica alle domande di protezione sussidiaria, salvo il caso in cui uno Stato membro abbia istituito un procedimento unico nell’ambito del quale esamina una domanda alla luce delle due forme di protezione internazionale, vale a dire quella relativa allo status di rifugiato e quella attinente alla protezione sussidiaria (sentenza del 20 ottobre 2016, Danqua, C‑429/15, EU:C:2016:789, punto 27).

24

Emerge tuttavia dal fascicolo che non era questa la situazione in Irlanda all’epoca dei fatti oggetto del procedimento principale, cosicché la direttiva 2005/85 non si applica alle domande di protezione sussidiaria in tale Stato membro.

25

Ciò premesso, poiché il diritto di essere ascoltato è parte integrante del rispetto dei diritti della difesa, che costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, l’obbligo di rispettare il diritto di essere ascoltato dei destinatari di decisioni che incidono in modo rilevante sui loro interessi incombe, in linea di principio, sulle amministrazioni degli Stati membri ogniqualvolta esse adottano provvedimenti che rientrano nella sfera di applicazione del diritto dell’Unione, anche quando la normativa applicabile non preveda espressamente siffatta formalità (v., in tal senso, sentenze del 5 novembre 2014, Mukarubega, C‑166/13, EU:C:2014:2336, punti 4950, nonché dell’11 dicembre 2014, Boudjlida, C‑249/13, EU:C:2014:2431, punti 3940).

26

Pertanto, come ha constatato la Corte al punto 91 della sentenza del 22 novembre 2012, M. (C‑277/11, EU:C:2012:744), qualora una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, preveda due procedimenti distinti, uno successivo all’altro, per l’esame, rispettivamente, delle domande di riconoscimento dello status di rifugiato e delle domande di protezione sussidiaria, il diritto del richiedente di essere ascoltato deve essere pienamente garantito nell’ambito di tali due procedimenti.

27

Tuttavia, da quanto precede non può desumersi che, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, tale diritto richieda che si debba necessariamente procedere ad un colloquio orale nell’ambito del procedimento di esame della domanda di protezione sussidiaria.

28

Infatti, in primo luogo, dalle constatazioni contenute nella sentenza del 22 novembre 2012, M. (C‑277/11, EU:C:2012:744), non emerge che un colloquio orale debba necessariamente essere organizzato nell’ambito del procedimento di riconoscimento della protezione sussidiaria.

29

Come ha rilevato l’avvocato generale ai paragrafi da 52 a 55 delle sue conclusioni, la Corte, al punto 90 della sentenza del 22 novembre 2012, M. (C‑277/11, EU:C:2012:744), si è limitata a precisare che non può essere accolta la tesi sostenuta dal giudice del rinvio e dall’Irlanda, secondo la quale la circostanza che il richiedente abbia già beneficiato di un’audizione orale nell’ambito dell’istruzione della domanda di asilo renderebbe superflua l’organizzazione di un’audizione orale nell’ambito dell’esame di una successiva domanda di protezione sussidiaria. La Corte ha quindi semplicemente ricordato la necessità di garantire il rispetto del diritto di essere ascoltato del richiedente la protezione sussidiaria, anche quando quest’ultimo sia già stato sentito nell’ambito dell’esame della sua domanda di asilo, senza tuttavia ravvisare un obbligo di organizzare, in qualunque circostanza, un colloquio orale avente ad oggetto la domanda di protezione sussidiaria.

30

In secondo luogo, si deve rilevare che, in mancanza di una normativa dell’Unione applicabile in materia in Irlanda, spetta all’ordinamento giuridico nazionale di tale Stato membro stabilire le modalità procedurali per l’esame di una domanda di protezione sussidiaria, fermo restando che detto Stato membro è tenuto a garantire, in tale contesto, la tutela effettiva dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione e, in particolare, il rispetto del diritto del richiedente la protezione sussidiaria di essere ascoltato (v., in tal senso, sentenza dell’8 novembre 2016, Lesoochranárske zoskupenie VLK, C‑243/15, EU:C:2016:838, punto 65).

31

A tale riguardo, occorre sottolineare che il diritto di essere ascoltato garantisce a tale richiedente la possibilità di manifestare, utilmente ed efficacemente, nel corso del procedimento amministrativo, il proprio punto di vista in merito alla sua domanda di protezione sussidiaria ed ai motivi in grado di giustificare che l’autorità competente si astenga dall’adottare una decisione sfavorevole (v., per analogia, sentenza dell’11 dicembre 2014, Boudjlida, C‑249/13, EU:C:2014:2431, punto 54, e del 17 marzo 2016, Bensada Benallal, C‑161/15, EU:C:2016:175, punto 33).

32

Inoltre, il diritto di essere ascoltato deve consentire a tale autorità di istruire il fascicolo in modo da adottare una decisione con piena cognizione di causa, tenendo conto di tutti gli elementi pertinenti, e motivare quest’ultima in modo adeguato, affinché il richiedente possa eventualmente esercitare il suo diritto di ricorso (v., in tal senso, sentenze del 18 dicembre 2008, Sopropé, C‑349/07, EU:C:2008:746, punto 49, e dell’11 dicembre 2014, Boudjlida, C‑249/13, EU:C:2014:2431, punto 59).

33

Peraltro, dalla giurisprudenza della Corte emerge che l’esistenza di una violazione del diritto di essere ascoltato deve essere valutata in funzione, in particolare, delle norme giuridiche che disciplinano la materia in esame (v., in tal senso, sentenza del 10 settembre 2013, G. e R., C‑383/13 PPU, EU:C:2013:533, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

34

Ne consegue che le modalità secondo cui un richiedente la protezione sussidiaria deve poter esercitare il suo diritto di essere ascoltato prima dell’adozione di una decisione finale relativa alla sua domanda devono essere valutate alla luce delle disposizioni della direttiva 2004/83 che mirano, in particolare, a stabilire norme minime relative ai requisiti che devono soddisfare i cittadini di paesi terzi per beneficiare della protezione sussidiaria (v., per analogia, sentenze del 5 novembre 2014, Mukarubega, C‑166/13, EU:C:2014:2336, punto 55, e dell’11 dicembre 2014, Boudjlida, C‑249/13, EU:C:2014:2431, punto 45).

35

Per pronunciarsi su una domanda di protezione sussidiaria, l’autorità competente deve verificare se il richiedente soddisfi i requisiti di cui all’articolo 2, lettera e), di detta direttiva, il che comporta, in particolare, determinare se vi siano fondati motivi di ritenere che egli, se ritornasse nel paese di origine, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno, e se tale richiedente non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto paese.

36

A tal fine, dall’articolo 4 della medesima direttiva risulta che, tra gli elementi pertinenti di cui l’autorità competente deve tenere conto, figurano in particolare le dichiarazioni e la documentazione in merito all’età del richiedente, alla sua estrazione, alla sua identità, alla sua o alle sue cittadinanze, ai paesi in cui ha soggiornato in precedenza, alle sue domande di asilo pregresse, ai suoi itinerari di viaggio, ai motivi della sua domanda e, più in generale, ai gravi danni che ha subito o che potrebbe subire. Se necessario, l’autorità competente deve inoltre prendere in considerazione le spiegazioni fornite in merito alla mancanza di elementi probanti e l’attendibilità generale del richiedente.

37

Pertanto, il diritto di essere ascoltato prima dell’adozione di una decisione relativa ad una domanda di protezione sussidiaria deve consentire al richiedente di esporre il proprio punto di vista su tutti tali elementi, al fine di motivare la sua domanda e permettere all’amministrazione di procedere con piena cognizione di causa all’esame individuale dei fatti e delle circostanze previste all’articolo 4 della direttiva 2004/83, in modo da determinare se esista un rischio effettivo che il richiedente subisca un grave danno, ai sensi di tale direttiva, se ritornasse nel proprio paese di origine.

38

In tali circostanze, il fatto che un richiedente la protezione sussidiaria abbia potuto illustrare siffatto punto di vista soltanto in forma scritta non può, in via generale, essere considerato un impedimento al rispetto effettivo del suo diritto di essere ascoltato prima dell’adozione di una decisione sulla sua domanda.

39

Infatti, tenuto conto della natura degli elementi indicati al punto 36 della presente sentenza, non si può escludere, in linea di principio, che essi possano essere utilmente portati alla conoscenza dell’autorità competente mediante dichiarazioni scritte del richiedente la protezione sussidiaria o mediante un formulario predisposto a tale proposito, accompagnati, se del caso, dalle prove documentali che il richiedente intende allegare alla sua domanda.

40

Siffatto meccanismo procedurale, a condizione che lasci al richiedente un margine di manovra sufficiente ad esprimere il proprio punto di vista e gli consenta di beneficiare, se necessario, di un’adeguata assistenza, è idoneo a consentire al richiedente di esprimersi in maniera circostanziata sugli elementi che devono essere presi in considerazione dall’autorità competente e di esporre, qualora lo ritenga opportuno, informazioni e valutazioni differenti da quelle già presentate all’autorità competente in occasione dell’esame della sua domanda di asilo.

41

Allo stesso modo, tale meccanismo è in grado di fornire all’autorità competente gli elementi riguardanti il richiedente la protezione internazionale, menzionati all’articolo 4, paragrafi da 2 a 5, della direttiva 2004/83, sulla base dei quali tale autorità deve procedere all’esame individuale dei fatti e delle circostanze pertinenti, e, pertanto, di consentirle di prendere la sua decisione con piena cognizione di causa e di motivare quest’ultima in modo adeguato.

42

Inoltre, occorre ricordare che, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, l’esame della domanda di protezione sussidiaria si svolge in seguito al procedimento di asilo, nel corso del quale il richiedente la protezione internazionale ha beneficiato di un colloquio orale vertente sulla sua domanda di asilo.

43

Ebbene, alcune informazioni o alcuni elementi raccolti durante tale colloquio potrebbero rivelarsi utili anche per valutare la fondatezza di una domanda di protezione sussidiaria. In particolare, elementi relativi alla situazione individuale del richiedente o alle sue circostanze personali potrebbero essere rilevanti ai fini dell’esame sia della sua domanda di asilo sia della sua domanda di protezione sussidiaria.

44

Pertanto, sebbene un colloquio orale effettuato nel corso del procedimento di asilo non sia sufficiente, in quanto tale, a garantire il rispetto del diritto del richiedente di essere ascoltato in merito alla sua domanda di protezione sussidiaria (v., in tal senso, sentenza del 22 novembre 2012, M., C‑277/11, EU:C:2012:744, punto 90), non si può tuttavia escludere che l’autorità competente tenga conto, ai fini dell’esame della domanda di protezione sussidiaria, di alcune informazioni o di alcuni elementi raccolti durante tale colloquio, tali da contribuire a che essa possa pronunciarsi su tale domanda con piena cognizione di causa.

45

A tale riguardo, si deve del resto rilevare che il diritto del richiedente la protezione sussidiaria di esprimersi per iscritto sui motivi che possono corroborare la sua domanda offre al medesimo l’occasione di esporre il proprio punto di vista sulla valutazione di tali informazioni o di tali elementi effettuata dall’autorità competente per pronunciarsi sulla sua domanda di asilo.

46

Peraltro, occorre sottolineare che, sebbene l’organizzazione di un nuovo colloquio orale nell’ambito dell’esame della domanda di protezione sussidiaria possa offrire al richiedente l’occasione di aggiungere nuovi elementi a quelli che egli ha già esposto per iscritto, il diritto di essere ascoltato non implica che tale possibilità gli venga offerta (v., in tal senso, sentenza del 5 novembre 2014, Mukarubega, C‑166/13, EU:C:2014:2336, punto 71).

47

Tanto premesso, ciò non toglie tuttavia che, in alcuni casi, circostanze specifiche possano rendere necessaria l’organizzazione di un colloquio orale affinché sia effettivamente rispettato il diritto di essere ascoltato del richiedente la protezione sussidiaria.

48

A tale riguardo, si deve ricordare che, qualora, per una qualsivoglia ragione, gli elementi forniti dal richiedente una protezione internazionale non fossero esaustivi, attuali o pertinenti, dall’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2004/83 emerge che lo Stato membro interessato deve cooperare attivamente con il richiedente per consentire di riunire tutti gli elementi che consentono di valutare la sua domanda (v., in tal senso, sentenza del 22 novembre 2012, M., C‑277/11, EU:C:2012:744, punto 66).

49

Pertanto, deve essere organizzato un colloquio orale nel caso in cui l’autorità competente non sia oggettivamente in grado, sulla base degli elementi di cui dispone in seguito al procedimento scritto ed al colloquio orale del richiedente svoltosi nell’ambito dell’esame della sua domanda di asilo, di determinare con piena cognizione di causa se esistano fondati motivi di ritenere che tale richiedente, se ritornasse nel paese di origine, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno, e se egli non possa o, a causa di tale rischio, non voglia avvalersi della protezione di detto paese.

50

In tale situazione, un colloquio orale potrebbe infatti consentire all’autorità competente di interrogare il richiedente sugli elementi mancanti per pronunciarsi sulla sua domanda e, se del caso, verificare se ricorrano le condizioni di cui all’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2004/83.

51

Deve essere organizzato un colloquio orale anche nel caso in cui, alla luce delle circostanze personali o generali in cui si inserisce la domanda di protezione sussidiaria, segnatamente l’eventuale vulnerabilità specifica del richiedente, dovuta per esempio alla sua età, al suo stato di salute o al fatto che abbia subito forme gravi di violenza, risulti che siffatto colloquio sia necessario al fine di consentirgli di esprimersi in modo completo e coerente sugli elementi idonei a suffragare tale domanda.

52

Di conseguenza, spetta al giudice del rinvio verificare se, nella controversia di cui al procedimento principale, esistano circostanze specifiche che rendano necessario il colloquio orale del richiedente la protezione sussidiaria affinché il diritto di essere ascoltato di quest’ultimo sia effettivamente rispettato.

53

Nell’eventualità in cui si sarebbe dovuto organizzare un siffatto colloquio nell’ambito di un procedimento come quello in esame, il giudice del rinvio si chiede se il richiedente la protezione sussidiaria debba avere il diritto di chiamare testimoni e di esaminarli in contraddittorio durante tale colloquio.

54

A tale riguardo, si deve rilevare, da un lato, che siffatto diritto supera i requisiti che normalmente deriverebbero dal diritto di essere ascoltato nei procedimenti amministrativi, come risulta dalla giurisprudenza della Corte (v., in tal senso, sentenza del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 200), e, dall’altro, che le norme applicabili all’esame delle domande di protezione sussidiaria, in particolare quelle di cui all’articolo 4 della direttiva 2004/83, non attribuiscono alle testimonianze particolare importanza ai fini della valutazione dei fatti e delle circostanze pertinenti.

55

Ne consegue che il diritto di essere ascoltato non implica che un richiedente la protezione sussidiaria benefici del diritto di chiamare testimoni o di esaminarli in contraddittorio durante un eventuale colloquio orale nell’ambito dell’esame della propria domanda.

56

Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve rispondere alla questione posta dichiarando che il diritto di essere ascoltato, come applicabile nell’ambito della direttiva 2004/83, non esige, in linea di principio, che, qualora una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, preveda due procedimenti distinti, uno successivo all’altro, per l’esame, rispettivamente, della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato e della domanda di protezione sussidiaria, il richiedente la protezione sussidiaria benefici del diritto ad un colloquio orale concernente la sua domanda e del diritto di chiamare testimoni o di esaminarli in contraddittorio durante tale colloquio.

57

Deve tuttavia essere organizzato un colloquio orale qualora circostanze specifiche, che riguardano gli elementi di cui dispone l’autorità competente oppure la situazione personale o generale in cui si inserisce la domanda di protezione sussidiaria, lo rendano necessario al fine di esaminare con piena cognizione di causa tale domanda, il che deve essere verificato dal giudice del rinvio.

Sulle spese

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Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

 

Il diritto di essere ascoltato, come applicabile nell’ambito della direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta, non esige, in linea di principio, che, qualora una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, preveda due procedimenti distinti, uno successivo all’altro, per l’esame, rispettivamente, della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato e della domanda di protezione sussidiaria, il richiedente la protezione sussidiaria benefici del diritto ad un colloquio orale concernente la sua domanda e del diritto di chiamare testimoni o di esaminarli in contraddittorio durante tale colloquio.

 

Deve tuttavia essere organizzato un colloquio orale qualora circostanze specifiche, che riguardano gli elementi di cui dispone l’autorità competente oppure la situazione personale o generale in cui si inserisce la domanda di protezione sussidiaria, lo rendano necessario al fine di esaminare con piena cognizione di causa tale domanda, il che deve essere verificato dal giudice del rinvio.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.