SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

25 febbraio 2016 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale — Direttiva 80/987/CEE — Ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro — Ambito di applicazione — Diritti non pagati di marinai che lavorano su nave battente bandiera di uno Stato terzo — Datore di lavoro con sede statutaria in tale Stato terzo — Contratto di lavoro regolato dalla legge del medesimo Stato terzo — Fallimento del datore di lavoro dichiarato in uno Stato membro nel quale abbia la sua sede effettiva — Articolo 1, paragrafo 2 — Allegato, punto II, A — Normativa nazionale che garantisce i diritti non pagati dei marinai unicamente in caso di abbandono di questi ultimi all’estero — Livello di tutela non equivalente a quello previsto dalla direttiva 80/987»

Nella causa C‑292/14,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Symvoulio tis Epikrateias (Consiglio di Stato, Grecia), con decisione del 5 maggio 2014, pervenuta in cancelleria il 13 giugno 2014, nel procedimento

Elliniko Dimosio

contro

Stefanos Stroumpoulis,

Nikolaos Koumpanos,

Panagiotis Renieris,

Charalampos Renieris,

Ioannis Zacharias,

Dimitrios Lazarou,

Apostolos Chatzisotiriou,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da L. Bay Larsen, presidente della Terza Sezione, facente funzione di presidente della Quarta Sezione, J. Malenovský, M. Safjan, A. Prechal (relatore) e K. Jürimäe, giudici,

avvocato generale: P. Cruz Villalón

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per il governo ellenico, da X. Basakou, I. Kotsoni e K. Georgiadis, in qualità di agenti;

per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da B. Tidore, avvocato dello Stato;

per la Commissione europea, da M. Patakia e J. Enegren, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 24 settembre 2015,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 80/987/CEE del Consiglio, del 20 ottobre 1980, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro (GU L 283, pag. 23).

2

Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra l’Elliniko Dimosio (Stato greco) e i sig.ri Stroumpoulis, Koumpanos, P. Renieris, Ch. Renieris, Zacharias, Lazarou e Chatzisotiriou in merito al danno asseritamente sofferto da questi ultimi per errata trasposizione della direttiva 80/987 nell’ordinamento nazionale.

Contesto normativo

La CNUDM

3

La convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, sottoscritta a Montego Bay il 10 dicembre 1982 ed entrata in vigore il 16 novembre 1994 (in prosieguo: la «CNUDM»), è stata ratificata dalla Repubblica di Malta il 20 maggio 1993 e dalla Repubblica ellenica il 21 luglio 1995, e approvata a nome della Comunità europea mediante la decisione 98/392/CE del Consiglio, del 23 marzo 1998, concernente la conclusione, da parte della Comunità europea, della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982 e dell’accordo del 28 luglio 1994 relativo all’attuazione della parte XI della convenzione (GU L 179, pag. 1).

4

Ai termini dell’articolo 91, paragrafo 1, della CNUDM:

«Ogni Stato stabilisce le condizioni che regolamentano la concessione alle navi della sua nazionalità, dell’immatricolazione nel suo territorio, del diritto di battere la sua bandiera. Le navi hanno la nazionalità dello Stato di cui sono autorizzate a battere bandiera. Fra lo Stato e la nave deve esistere un legame effettivo».

5

Rubricato «Posizione giuridica delle navi», l’articolo 92 della CNUDM enuncia, nel paragrafo 1, quanto segue:

«Le navi battono la bandiera di un solo Stato e, salvo casi eccezionali specificamente previsti da trattati internazionali o dalla presente convenzione, nell’alto mare sono sottoposte alla sua giurisdizione esclusiva. (...)».

6

Conformemente all’articolo 94 della CNUDM, rubricato «Obblighi dello Stato di bandiera»:

«1.   Ogni Stato esercita efficacemente la propria giurisdizione e il proprio controllo su questioni di carattere amministrativo, tecnico e sociale sulle navi che battono la sua bandiera.

2.   In particolare ogni Stato:

(...)

b)

esercita la propria giurisdizione conformemente alla propria legislazione, su tutte le navi che battono la sua bandiera, e sui rispettivi comandanti, ufficiali ed equipaggi, in relazione alle questioni di ordine amministrativo, tecnico e sociale di pertinenza delle navi.

(...)».

La convenzione di Roma

7

Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali aperta alla firma a Roma il 19 giugno 1980 (GU L 266, pag. 1; in prosieguo: la «convenzione di Roma»):

«Il contratto è regolato dalla legge scelta dalle parti. (...)».

8

L’articolo 6 della convenzione di Roma è formulato nei seguenti termini:

«1.   In deroga all’articolo 3, nei contratti di lavoro, la scelta della legge applicabile ad opera delle parti non vale a privare il lavoratore della protezione assicuratagli dalle norme imperative della legge che regolerebbe il contratto, in mancanza di scelta, a norma del paragrafo 2.

2.   In deroga all’articolo 4 ed in mancanza di scelta a norma dell’articolo 3, il contratto di lavoro è regolato:

a)

dalla legge del paese in cui il lavoratore, in esecuzione del contratto[,] compie abitualmente il suo lavoro, anche se è inviato temporaneamente in un altro paese, oppure

b)

dalla legge del paese dove si trova la sede che ha proceduto ad assumere il lavoratore, qualora questi non compia abitualmente il suo lavoro in uno stesso paese,

a meno che non risulti dall’insieme delle circostanze che il contratto di lavoro presenta un collegamento più stretto con un altro paese. In questo caso si applica la legge di quest’altro paese».

9

Rubricato «Portata della legge del contratto», l’articolo 10 di detta convenzione così recita nel paragrafo 1:

«La legge che regola il contratto in forza degli articoli da 3 a 6 e dell’articolo 12 regola in particolare:

a)

la sua interpretazione;

b)

l’esecuzione delle obbligazioni che ne discendono;

c)

nei limiti dei poteri attribuiti al giudice dalla sua legge processuale, le conseguenze dell’inadempimento totale o parziale di quelle obbligazioni, compresa la liquidazione del danno in quanto sia governata da norme giuridiche;

d)

i diversi modi di estinzione delle obbligazioni nonché le prescrizioni e decadenze fondate sul decorso di un termine;

e)

le conseguenze della nullità del contratto».

La direttiva 80/987

10

Tenuto conto dell’epoca in cui sono avvenuti i fatti del procedimento principale, e come ha rilevato giustamente il giudice del rinvio, occorre fare riferimento alle disposizioni della direttiva 80/987 nella versione anteriore alle modifiche operate dalla direttiva 2002/74/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002 (GU L 270, pag. 1). La direttiva 80/987 è stata nel frattempo abrogata e sostituita dalla direttiva 2008/94/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro (GU L 283, pag. 36).

11

I primi quattro considerando della direttiva 80/987 enunciavano quanto segue:

«considerando che sono necessarie disposizioni per tutelare i lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro, in particolare per garantire loro il pagamento dei diritti non pagati tenendo conto della necessità di un equilibrato sviluppo economico e sociale nella Comunità;

considerando che tra gli Stati membri sussistono differenze per quanto riguarda l’entità della protezione dei lavoratori subordinati in questo settore; che occorre tendere alla riduzione di tali differenze che possono ripercuotersi direttamente sul funzionamento del mercato comune;

considerando che si deve quindi incoraggiare il ravvicinamento nel progresso delle legislazioni in materia, ai sensi dell’articolo 117 del trattato;

considerando che il mercato del lavoro della Groenlandia, a motivo della posizione geografica e delle strutture professionali attuali di questa regione, differisce in modo sostanziale da quello delle altre regioni della Comunità».

12

L’articolo 1 della medesima direttiva recitava:

«1.   La presente direttiva si applica ai diritti dei lavoratori subordinati derivanti da contratti di lavoro o da rapporti di lavoro ed esistenti nei confronti di datori di lavoro che si trovano in stato di insolvenza ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1.

2.   Gli Stati membri possono, in via eccezionale, escludere dal campo di applicazione della presente direttiva i diritti di alcune categorie di lavoratori subordinati, in funzione della natura particolare del contratto di lavoro o del rapporto di lavoro dei lavoratori subordinati o in funzione dell’esistenza di altre forme di garanzia che assicurano ai lavoratori subordinati una tutela equivalente a quella che risulta dalla presente direttiva.

L’elenco delle categorie di lavoratori subordinati di cui al primo comma è riportato nell’allegato.

3.   La presente direttiva non è applicabile in Groenlandia. Questa eccezione verrà riesaminata qualora si registri un’evoluzione delle strutture professionali di questa regione».

13

L’elenco riportato nel punto II dell’allegato a detta direttiva riguardava i «lavoratori subordinati che beneficiano di altre forme di garanzia». Quanto alla Repubblica ellenica, esso includeva «[g]li equipaggi delle navi marittime».

14

L’articolo 2 della direttiva 80/987 così disponeva:

«1.   Ai sensi della presente direttiva, un datore di lavoro si considera in stato di insolvenza:

a)

quando è stata chiesta l’apertura di un procedimento, previsto dalle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative dello Stato membro interessato, che riguarda il patrimonio del datore di lavoro ed è volto a soddisfare collettivamente i creditori di quest’ultimo e che permette di prendere in considerazione i diritti di cui all’articolo 1, paragrafo 1, e

b)

quando l’autorità competente in virtù di dette disposizioni legislative, regolamentari e amministrative

ha deciso l’apertura del procedimento,

o ha constatato la chiusura definitiva dell’impresa o dello stabilimento del datore di lavoro, e l’insufficienza dell’attivo disponibile per giustificare l’apertura del procedimento.

2.   La presente direttiva non pregiudica il diritto nazionale per quanto riguarda la definizione dei termini “lavoratore subordinato”“datore di lavoro”, “retribuzione”, (...)».

15

L’articolo 3, paragrafo 1, della medesima direttiva prevedeva che «[g]li Stati membri adotta[sser]o le misure necessarie affinché gli organismi di garanzia assicur[asser]o (...) il pagamento dei diritti non pagati dei lavoratori subordinati, risultanti da contratti di lavoro o da rapporti di lavoro e relativi alla retribuzione del periodo situato prima di una data determinata».

16

Ai termini dell’articolo 5 di tale direttiva:

«Gli Stati membri fissano le modalità di organizzazione, di finanziamento e di funzionamento degli organismi di garanzia nel rispetto, in particolare, dei seguenti principi:

(...)

b)

i datori di lavoro devono contribuire al finanziamento, a meno che quest’ultimo non sia integralmente assicurato dai pubblici poteri;

c)

l’obbligo di pagamento a carico degli organismi esiste indipendentemente dall’adempimento degli obblighi di contribuire al finanziamento».

Il diritto greco

17

Il recepimento della direttiva 80/987 è stato realizzato con la legge 1836/1989 e con il decreto presidenziale 1/1990 (FEK A’ 1), emanato in sua attuazione.

18

Ai sensi dell’articolo 29 della legge 1220/1981, che integra e modifica la normativa attinente all’ente di gestione del porto del Pireo (FEK A’ 296):

«1.   In caso di abbandono all’estero, i marinai greci imbarcati su navi battenti bandiera greca o su navi straniere convenzionate con il Naftiko Apomachiko Tameio (NAT) (Cassa per la previdenza marinara) riceveranno, se il proprietario della nave non osserva le disposizioni applicabili in materia di retribuzioni e di alimenti:

a)

dal NAT, a partire dal “Fondo Malattia e Disoccupazione”, una somma fino a tre mensilità, a valere sui salari di base e sugli assegni in ritardo, come definiti nelle convenzioni collettive;

b)

i beneficiari saranno rimpatriati a cura dell’Ospizio marittimi, conformemente alle disposizioni applicabili e pagandogli le piccole spese di viaggio.

(...)

2.   La procedura prevista al paragrafo precedente non è obbligatoria per il marinaio che preferisca proseguire il contratto; tuttavia, se il marinaio ha percepito le spese di rimpatrio o ha accettato il biglietto proposto, il suo contratto di lavoro marittimo è risolto di pieno diritto “in quanto marinaio abbandonato all’estero dal proprietario della nave” (...)

(...)

5.   Il pagamento della prestazione prevista al paragrafo 1 comporta l’estinzione dei corrispondenti crediti derivanti dal rapporto di lavoro; l’eventuale saldo residuo è versato ai beneficiari dal rispettivo datore di lavoro o dagli altri obbligati.

(...)».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

19

Il 14 luglio 1994, i resistenti nel procedimento principale, marinai greci residenti in Grecia, concludevano, nel Pireo (Grecia), con la Panagia Malta Ltd (in prosieguo: la «Panagia Malta»), società con sede statutaria in La Valletta (Malta), contratti con cui si impegnavano a lavorare a bordo di una nave da crociera battente bandiera maltese e appartenente a detta società. I loro contratti comportavano una clausola di applicabilità del diritto maltese.

20

Ferma nel porto del Pireo dal mese di settembre 1992 per sequestro, detta nave doveva andare in noleggio nell’estate del 1994. Non avendo percepito retribuzione per il periodo successivo all’assunzione, durante il quale erano rimasti sulla nave in attesa del noleggio mai avvenuto, i resistenti nel procedimento principale denunciavano i rispettivi contratti in data 15 dicembre 1994.

21

Con sentenza 1636/1995, il Monomeles Protodikeio Peireos (Tribunale monocratico di primo grado del Pireo) condannava la Panagia Malta a versare ai resistenti nel procedimento principale le somme, maggiorate degli interessi legali, corrispondenti alla loro retribuzione, alle spese di sostentamento sulla nave, ai congedi e all’indennità di licenziamento.

22

Dopo essere stata oggetto di nuovi sequestri, la nave in questione veniva venduta all’asta il 7 giugno 1995. Nel medesimo anno la Panagia Malta era dichiarata fallita dal Polymeles Protodikeio Peireos (Tribunale collegiale di primo grado del Pireo). Pur avendo dichiarato i loro crediti, i resistenti nel procedimento principale non potevano, per mancanza di residui attivi, ricevere alcun pagamento nell’ambito del fallimento.

23

Si rivolgevano, pertanto, all’Organismos Apascholisis Ergatikou Dynamikou (Agenzia per il lavoro) per beneficiare della tutela dei lavoratori contro l’insolvenza del datore di lavoro. Tale tutela veniva loro negata con l’argomento che, in quanto marinai garantiti in altra forma, essi erano esclusi dall’ambito di applicazione tanto della direttiva 80/987 quanto del decreto presidenziale 1/1990.

24

L’11 ottobre 1999, i resistenti nel procedimento principale promuovevano azione legale dinanzi al Diokitiko Protodikeio Athinon (Tribunale amministrativo di primo grado di Atene) perché lo Stato greco fosse dichiarato responsabile di non aver garantito agli equipaggi marittimi, conformemente alla direttiva 80/987, l’accesso a un organismo di garanzia o comunque una tutela equivalente a quella che risultava da detta direttiva.

25

Avendo detto giudice disatteso le loro richieste, i resistenti nel procedimento principale ne impugnavano la decisione. Con sentenza 1063/2005, il Dioikitiko Efeteio Athinon (Corte amministrativa d’appello di Atene) riformava la decisione appellata statuendo che la direttiva 80/987 era applicabile alla fattispecie giacché la Panagia Malta esercitava la sua attività d’impresa in Grecia, paese nel quale si trovava la sua sede effettiva, e la sua nave batteva una bandiera di comodo. D’altro lato, il giudice d’appello osservava che lo Stato greco, nel trasporre la direttiva 80/987 nel diritto interno, si era a torto astenuto dal garantire a lavoratori subordinati come i resistenti nel procedimento principale la tutela prevista dalla direttiva. A quest’ultimo riguardo detto giudice osservava in particolare che, contrariamente a quanto prescriveva l’articolo 1, paragrafo 2, di detta direttiva, l’articolo 29 della legge 1220/1981 non offriva agli interessati una tutela equivalente a quella risultante dalla stessa direttiva.

26

Contro tale sentenza lo Stato greco ha proposto ricorso dinanzi al Symvoulio tis Epikrateias (Consiglio di Stato).

27

Il giudice del rinvio considera che il ricorso al suo esame solleva questioni di interpretazione del diritto dell’Unione. Al riguardo esso si riferisce segnatamente agli articoli 91, 92 e 94 della CNUDM e alla consuetudine internazionale che tali disposizioni rifletterebbero, nonché alla sentenza Poulsen e Diva Navigation (C‑286/90, EU:C:1992:453), nella quale la Corte avrebbe statuito che, ai sensi del diritto internazionale, una nave ha in linea di principio un’unica nazionalità, ossia quella dello Stato in cui è immatricolata, con la conseguenza che uno Stato membro non può trattare come nave battente la propria bandiera una nave già immatricolata in un paese terzo per il fatto che tale nave mantiene con lo Stato membro un legame sostanziale.

28

È in tale contesto che il Symvoulio tis Epikrateias (Consiglio di Stato) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se, ai sensi delle disposizioni della direttiva 80/987, i marinai di uno Stato membro che abbiano prestato servizio su nave battente bandiera di un paese terzo rispetto all’Unione europea beneficino, per i diritti non pagati che vantino nei confronti della compagnia di navigazione – la quale abbia sede statutaria sul territorio del paese terzo, ma sede effettiva sul territorio dello Stato membro in questione e che, tenuto conto di quest’ultima sede, sia stata dichiarata fallita da un organo giurisdizionale di tale Stato membro, secondo il diritto dello stesso –, della tutela offerta dalla medesima direttiva, in considerazione dello scopo che essa persegue e indipendentemente dal fatto che i contratti di lavoro siano regolati dalla legge del paese terzo e che lo Stato membro non possa richiedere all’armatore proprietario della nave, non soggetto al proprio ordinamento giuridico, un contributo per il finanziamento dell’organismo di garanzia.

2)

Se, ai sensi delle disposizioni della direttiva 80/987, sia da considerare tutela equivalente il pagamento, istituito all’articolo 29 della legge 1220/1981, a carico della [Cassa per la previdenza marinara], per un massimo di tre mesi, dei salari di base e degli assegni stabiliti dai pertinenti contratti collettivi a favore di marinai greci in servizio su nave battente bandiera greca o su nave straniera convenzionata con la [Cassa], pagamento previsto da detto articolo solo per l’ipotesi in cui tali marinai siano stati abbandonati all’estero».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

29

Con la prima questione il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se la direttiva 80/987 debba essere interpretata nel senso che, fatta salva l’eventuale applicazione dell’articolo 1, paragrafo 2, della stessa, marinai residenti in uno Stato membro e ingaggiati in detto Stato da una società che abbia sede statutaria in uno Stato terzo, ma sede effettiva nel medesimo Stato membro, per prestare lavoro subordinato a bordo di una nave da crociera appartenente a detta società e battente bandiera di detto Stato terzo, in esecuzione di un contratto di lavoro che designi come legge applicabile la legge di questo stesso Stato terzo, devono, qualora un organo giurisdizionale dello Stato membro interessato dichiari fallita detta società ai sensi del proprio diritto nazionale, poter beneficiare della tutela prevista da detta direttiva relativamente ai diritti non pagati che essi vantino nei confronti di questa stessa società.

30

Occorre ricordare che, secondo giurisprudenza costante, la direttiva 80/987 persegue un fine sociale che consiste nel garantire una tutela minima a tutti i lavoratori subordinati a livello dell’Unione in caso di insolvenza del datore di lavoro mediante il pagamento dei diritti non pagati derivanti da contratti o da rapporti di lavoro e vertenti sulla retribuzione relativa ad un periodo determinato (v., in particolare, sentenze Maso e a., C‑373/95, EU:C:1997:353, punto 56; Walcher,C‑201/01, EU:C:2003:450, punto 38, nonché Tümer, C‑311/13, EU:C:2014:2337, punto 42). In tale contesto la Corte ha più volte sottolineato che, per loro stessa natura, i crediti retributivi sono di enorme importanza per l’interessato (v., in particolare, sentenza Visciano, C‑69/08, EU:C:2009:468, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

31

Al riguardo la direttiva 80/987 stabilisce in particolare garanzie specifiche per il pagamento dei diritti non pagati (v. sentenza Francovich e a., C‑6/90 e C‑9/90, EU:C:1991:428, punto 3).

32

Relativamente alla determinazione dei beneficiari di dette garanzie, va rilevato che, in base al suo articolo 1, paragrafo 1, la direttiva 80/987 si applica ai diritti dei lavoratori subordinati derivanti da contratti di lavoro o da rapporti di lavoro ed esistenti nei confronti di datori di lavoro che si trovino in stato di insolvenza ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della stessa. L’articolo 2, paragrafo 2, di detta direttiva rinvia al diritto nazionale per la determinazione delle nozioni di «lavoratore subordinato» e di «datore di lavoro». Infine, il paragrafo 2 del medesimo articolo 1 dispone che gli Stati membri possano, in via eccezionale e a determinate condizioni, escludere dall’ambito di applicazione della direttiva in parola talune categorie di lavoratori elencate nell’allegato alla stessa (sentenza Francovich e a., C‑6/90 e C‑9/90, EU:C:1991:428, punto 13).

33

Come ha dichiarato la Corte, discende da tali disposizioni che un soggetto può beneficiare dell’applicazione della direttiva 80/987, da un lato, se ha lo status di lavoratore subordinato ai sensi del diritto nazionale e non rientri in una delle esclusioni previste all’articolo 1, paragrafo 2, di detta direttiva e, dall’altro, se il suo datore di lavoro si trova in una delle ipotesi di insolvenza di cui all’articolo 2 della stessa direttiva (v., in tal senso, sentenza Francovich e a., C‑6/90 e C‑9/90, EU:C:1991:428, punto 14).

34

Quanto a quest’ultima condizione, risulta dai termini dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 80/987 che un tale «stato di insolvenza» richiede, in primo luogo, che le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative dello Stato membro interessato prevedano un procedimento che riguardi il patrimonio del datore di lavoro e sia volto a soddisfare collettivamente i creditori di quest’ultimo, in secondo luogo, che sia permesso, nell’ambito di tale procedimento, prendere in considerazione i diritti dei lavoratori subordinati derivanti da contratti o da rapporti di lavoro, in terzo luogo, che sia stata chiesta l’apertura del procedimento e, in quarto luogo, che l’autorità competente ai sensi delle disposizioni nazionali succitate abbia deciso l’apertura del procedimento ovvero constatato la chiusura definitiva dell’impresa o dello stabilimento del datore di lavoro e l’insufficienza dell’attivo disponibile per giustificare l’apertura del procedimento (v. sentenza Francovich, C‑479/93, EU:C:1995:372, punto 18).

35

Quanto, invece, alla qualità di lavoratore subordinato, è d’uopo ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, l’articolo 2, paragrafo 2, primo comma, della direttiva 80/987 deve essere interpretato alla luce del fine sociale di quest’ultima, quale ricordato al punto 30 della presente sentenza. Di conseguenza, gli Stati membri non possono definire, a loro discrezione, il termine«lavoratore subordinato» in modo tale da compromettere detto fine sociale; il margine di discrezionalità di cui essi dispongono in merito è pertanto circoscritto da questo fine sociale che sono tenuti a rispettare (sentenza Tümer, C‑311/13, EU:C:2014:2337, punti 4243).

36

Con riferimento al procedimento principale, occorre rilevare, da un lato, che non è contestato che, secondo il diritto greco, marinai assunti a contratto, come quelli di cui trattasi nel procedimento principale, sono lavoratori subordinati.

37

Dall’altro lato, risulta dalla decisione di rinvio che il fallimento della Panagia Malta è stato dichiarato da un organo giurisdizionale greco. La medesima decisione dà altresì atto che, pur essendosi maturati nel contesto del procedimento che ha condotto a detto stato di fallimento, i crediti retributivi dei resistenti nel procedimento principale non hanno potuto essere onorati per mancanza di residui attivi.

38

Alla luce di quanto precede è pacifico che, salvo verificare, ciò che costituisce oggetto della seconda questione pregiudiziale, che lavoratori come i resistenti nel procedimento principale non siano esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva 80/987 in quanto lavoratori subordinati che beneficiano di altre forme di garanzia ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, di detta direttiva, le due altre condizioni alle quali la direttiva 80/987 subordina l’accesso alla tutela che ha istituito, ricordate al punto 33 della presente sentenza, sono soddisfatte, sicché tali lavoratori devono, in linea di principio, poter beneficiare di detta tutela.

39

Contrariamente a quanto sostiene la Commissione europea, la garanzia dei crediti retributivi prevista dalla direttiva 80/987 deve trovare applicazione indipendentemente da quali siano peraltro le acque marittime (mare territoriale o zona economica esclusiva di uno Stato membro o di uno Stato terzo o, ancora, alto mare) nelle quali la nave su cui dovevano lavorare i resistenti nel procedimento principale si sarebbe trovata infine a navigare.

40

A torto detta istituzione crede di poter dedurre dalle sentenze Mosbæk (C‑117/96, EU:C:1997:415) nonché Everson e Barrass (C‑198/98, EU:C:1999:617) che detta garanzia sia applicabile a lavoratori subordinati che versino in una situazione come quella dei resistenti nel procedimento principale unicamente qualora esercitino la loro attività sul territorio greco.

41

Infatti, nella prima di dette sentenze, la Corte ha dichiarato che, in caso di insolvenza di un datore di lavoro stabilito in uno Stato membro diverso da quello sul cui territorio risiede ed esercita la propria attività subordinata il lavoratore, l’organismo di garanzia competente per il pagamento dei diritti di tale lavoratore è, in linea di principio, quello del luogo di stabilimento del datore di lavoro che, di regola, contribuisce al finanziamento dell’organismo (v., in tal senso, sentenza Mosbæk, C‑117/96, EU:C:1997:415, punti 2425). Nella seconda sentenza la Corte ha precisato che la situazione è, però, diversa allorché il datore di lavoro disponga di più stabilimenti in diversi Stati membri: in tale ipotesi, per determinare l’organismo di garanzia competente è necessario rifarsi, come criterio supplementare a quello del luogo di stabilimento, al luogo di attività dei lavoratori (sentenza Everson e Barrass, C‑198/98, EU:C:1999:617, punti 2223).

42

Orbene, si deve constatare che tali due sentenze, relative a situazioni in cui apparivano a priori competenti a garantire il pagamento dei diritti non pagati dei lavoratori subordinati gli organismi di garanzia di due Stati membri, non sono idonee a suffragare la tesi difesa dalla Commissione. Infatti, le risposte fornite dalla Corte in tali sentenze non incidono punto sulla questione se, quando un datore di lavoro che ha sede effettiva in uno Stato membro abbia assunto lavoratori ivi residenti per svolgere prestazioni a carattere subordinato su una nave, i diritti non pagati che gli stessi eventualmente vantino nei confronti di detto datore di lavoro debbano o meno, una volta che quest’ultimo sia stato dichiarato insolvente, beneficiare della tutela conferita dalla direttiva 80/987. Più in particolare, tale giurisprudenza non porta affatto a limitare necessariamente detta tutela in funzione della qualificazione dei summenzionati spazi marittimi nel diritto internazionale.

43

Peraltro, occorre precisare, in risposta agli interrogativi formulati dal giudice del rinvio, che la valutazione esposta al punto 38 della presente sentenza non può essere rimessa in discussione da nessuna delle particolarità menzionate da detto giudice nella sua questione e attinenti al fatto, rispettivamente, che i contratti di lavoro di cui trattasi nel procedimento principale fossero regolati dalla legge di uno Stato terzo, che la nave su cui i resistenti nel procedimento principale erano stati chiamati a lavorare battesse la bandiera di tale Stato terzo, che il datore di lavoro avesse sede statutaria in questo stesso Stato terzo o, ancora, che lo Stato membro interessato non sarebbe stato in condizione di esigere da un tale datore di lavoro un contributo al finanziamento dell’organismo di garanzia di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 80/987.

44

In primo luogo, quanto alla clausola contrattuale in base alla quale i contratti di cui al procedimento principale sono regolati dalla legge di uno Stato terzo, si deve rilevare che la domanda di pagamento dell’equivalente dei diritti non pagati rivolta da un lavoratore subordinato a un organismo di garanzia va distinta dalla domanda di pagamento di tali diritti indirizzata da un tale lavoratore al datore di lavoro in stato di insolvenza (v., in tal senso, sentenza Visciano, C‑69/08, EU:C:2009:468, punto 41).

45

Come la Commissione ha giustamente osservato, una normativa come quella di cui al procedimento principale, che stabilisce le condizioni alle quali uno Stato membro garantisce l’assunzione dei diritti non pagati a seguito dell’insolvenza di un datore di lavoro, non è intesa a disciplinare il rapporto contrattuale esistente tra il lavoratore e il datore di lavoro.

46

Ne consegue che, contrariamente a quanto sostiene il governo ellenico, tali condizioni e tale domanda di accollo presso un organismo di garanzia non possono rientrare nell’ambito della legge del contratto, ai sensi dell’articolo 10 della convenzione di Roma.

47

In secondo luogo, quanto alla circostanza che, da un lato, la nave sulla quale i resistenti nel procedimento principale erano chiamati a esercitare la loro attività battesse bandiera di uno Stato terzo e, dall’altro, il datore di lavoro avesse sede statutaria in questo stesso Stato terzo, si deve sottolineare, per prima cosa, che, com’è stato ricordato ai punti 32 e 33 della presente sentenza, i criteri ai quali la direttiva 80/987 subordina l’ammissione al beneficio della tutela che istituisce vertono, in sostanza, sullo status di lavoratore subordinato del beneficiario e sul fatto che il datore di lavoro sia stato oggetto di un procedimento di soddisfacimento collettivo dei creditori in applicazione delle disposizioni in vigore in uno Stato membro.

48

Per contro, non emerge dalle disposizioni di detta direttiva, e in particolare dal suo articolo 1 che ne delimita l’ambito di applicazione, che il luogo della sede statutaria del datore di lavoro o la bandiera battuta dalla nave sulla quale sono impiegati i lavoratori debbano costituire criteri alla cui stregua operare detta delimitazione.

49

In particolare, non può essere accolto l’argomento del governo ellenico secondo il quale dall’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 80/987, ai cui sensi la direttiva non è applicabile alla Groenlandia, deriverebbe che la medesima direttiva si applichi solo ai rapporti di lavoro che implicano prestazioni subordinate sul territorio dell’Unione, e non già prestazioni effettuate su navi battenti bandiera di Stati terzi.

50

Infatti, detta inapplicabilità della direttiva 80/987 si spiegava, come enunciato al quarto considerando di quest’ultima, per il fatto che il mercato del lavoro della Groenlandia, a motivo della posizione geografica e delle strutture professionali della regione, differiva, all’epoca, in modo sostanziale da quello delle altre regioni della Comunità. Essa è tuttavia ininfluente per stabilire se la situazione dei marinai residenti in uno Stato membro, e ivi assunti per lavorare su una nave battente bandiera di uno Stato terzo da una società avente sede effettiva nello stesso Stato membro, rientri o meno nel mercato del lavoro di detto Stato membro.

51

Allo stesso modo, non può essere accolto l’argomento del governo italiano secondo il quale la circostanza che il primo considerando della direttiva 80/987 si riferisca alla necessità di un equilibrato sviluppo economico e sociale nella Comunità porterebbe alla conclusione che i crediti retributivi che tali lavoratori vantino verso un tale datore di lavoro debbano essere esclusi dall’ambito di applicazione della tutela istituita da detta direttiva. È sufficiente osservare che, nelle circostanze di specie ricordate al punto 50 della presente sentenza, non risulta affatto che la concessione di una siffatta tutela non partecipi alla realizzazione di tale obiettivo di equilibrato sviluppo economico e sociale o che lo travisi.

52

Non può poi, per seconda cosa, essere accolta neppure la tesi del governo ellenico secondo la quale la duplice circostanza che la nave in questione battesse bandiera di uno Stato terzo e che il datore di lavoro avesse sede statutaria in questo stesso Stato terzo comporterebbe che una situazione come quella del procedimento principale non rientri, più in generale, nell’ambito di applicazione ratione loci del diritto dell’Unione, nei limiti in cui quest’ultimo non si estenderebbe agli Stati terzi.

53

Al riguardo occorre ricordare che, secondo giurisprudenza costante, la mera circostanza che le attività di un lavoratore siano esercitate fuori dal territorio dell’Unione non è sufficiente per escludere l’applicazione delle norme dell’Unione sulla libera circolazione dei lavoratori, se il rapporto di lavoro conserva un nesso sufficientemente stretto con il territorio dell’Unione (v., in particolare, sentenza Bakker, C‑106/11, EU:C:2012:328, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

54

Con riferimento al procedimento principale, si deve rilevare che il rapporto di lavoro tra i resistenti nel procedimento principale e il loro datore di lavoro presenta più nessi con il territorio dell’Unione. Infatti, detti resistenti hanno stipulato un contratto di lavoro, sul territorio di uno Stato membro nel quale risiedevano, con un datore la cui insolvenza è stata, successivamente, dichiarata da un organo giurisdizionale del medesimo Stato membro, perché il datore di lavoro esercitava la sua attività di impresa in tale Stato e vi aveva stabilito la sua sede effettiva.

55

Orbene, nel caso di una garanzia come quella che la direttiva 80/987 istituisce a carico degli Stati membri e tenuto conto, in particolare, del fine sociale di quest’ultima, ricordato al punto 30 della presente sentenza, circostanze siffatte traducono l’esistenza di un nesso sufficientemente stretto tra i rapporti di lavoro in questione e il territorio dell’Unione.

56

Per terza cosa, nella misura in cui il giudice del rinvio ha fatto riferimento, nella sua decisione, agli articoli 91, 92 e 94 della CNUDM nonché alla sentenza Poulsen e Diva Navigation (C‑286/90, EU:C:1992:453), e il governo ellenico sostiene che da dette disposizioni, alla luce di detta giurisprudenza, discende che le stesse sarebbero travisate se si dovesse interpretare la direttiva 80/987 nel senso che alla tutela che essa istituisce sono ammessi lavoratori impiegati, da una società avente sede statutaria in uno Stato terzo, su una nave battente bandiera di questo stesso Stato terzo, è d’uopo precisare quanto segue.

57

Dopo aver ricordato, al punto 13 della sentenza Poulsen e Diva Navigation (C‑286/90, EU:C:1992:453), che, ai sensi del diritto internazionale, una nave ha in linea di principio un’unica nazionalità, ossia quella dello Stato in cui è immatricolata, la Corte ha dichiarato, al punto 16 di detta sentenza, che una nave immatricolata in uno Stato terzo non poteva, pertanto, essere trattata, ai fini dell’applicazione dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CEE) n. 3094/86 del Consiglio, del 7 ottobre 1986, che istituisce misure tecniche per la conservazione delle risorse della pesca (GU L 288, pag. 1), come se avesse la nazionalità di uno Stato membro perché manteneva con tale Stato membro un legame sostanziale.

58

Nella medesima sentenza la Corte, dopo aver rilevato che la legge applicabile all’attività dell’equipaggio dipende non dalla cittadinanza dei membri dell’equipaggio, ma dallo Stato nel quale sia immatricolata la nave e, eventualmente, dalla zona marittima nella quale si trovi la nave stessa, ha considerato pure che detto articolo 6, paragrafo 1, lettera b), non può esser applicato al comandante e agli altri membri dell’equipaggio per il solo fatto di essere cittadini di uno Stato membro (v. sentenza Poulsen e Diva Navigation, C‑286/90, EU:C:1992:453, punti 1820).

59

Infine, dopo aver sottolineato che detto articolo 6, paragrafo 1, lettera b), non può essere applicato a una nave immatricolata in uno Stato terzo, primo, quando si trovi in mare aperto, in quanto una tale nave in linea di massima è disciplinata in quel momento solo dalla legge del paese di cui batte bandiera, secondo, quando navighi nella zona economica esclusiva di uno Stato membro, giacché tale nave gode in detta zona della libertà di navigazione, né, terzo, quando transiti nelle acque territoriali di uno Stato membro, se sta esercitando in tal modo il suo diritto di transito inoffensivo, la Corte ha statuito che si può invece applicare una tale disposizione quando la nave si trovi in acque interne o, più in particolare, in un porto di uno Stato membro, ove in linea di principio è soggetta alla legge di detto Stato (v. sentenza Poulsen e Diva Navigation, C‑286/90, EU:C:1992:453, punti da 22 a 29).

60

Si deve, tuttavia, ricordare che l’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 3094/86 si riferiva al caso di specie ittiche che, pur se catturate fuori delle acque soggette alla sovranità o alla giurisdizione degli Stati membri, non potevano essere tenute a bordo, trasbordate, sbarcate, trasportate, immagazzinate, vendute, esposte o messe in vendita, ma dovevano essere immediatamente rigettate in mare.

61

A differenza del regolamento n. 3094/86, la direttiva 80/987 intende non già disciplinare un’attività esercitata per mezzo di una nave dall’equipaggio a bordo, quali la pesca, lo stoccaggio, il trasbordo, lo sbarco o la vendita di risorse ittiche, bensì unicamente imporre a ogni Stato membro di garantire ai lavoratori subordinati, segnatamente a quelli che sono già assunti a bordo di una nave, il pagamento dei loro diritti non pagati dopo che il loro datore di lavoro sia stato dichiarato insolvente nel territorio dello Stato membro di volta in volta interessato.

62

Orbene, non risulta, al riguardo, che il diritto internazionale pubblico comporti norme nel senso che solo lo Stato di bandiera della nave ha la facoltà di istituire un tale meccanismo di garanzia, escludendo, in particolare, che possa fare altrettanto lo Stato sul cui territorio si trovi la sede effettiva delle attività del datore di lavoro che un organo giurisdizionale del medesimo Stato abbia appunto dichiarato insolvente.

63

In particolare, non hanno un tale tenore le norme degli articoli 92, paragrafo 1, e 94, paragrafi 1 e 2, lettera b), della CNUDM, ai quali fa riferimento il giudice del rinvio, o le norme consuetudinarie anteriori che tali disposizioni eventualmente rifletterebbero.

64

Infatti, l’articolo 92, paragrafo 1, della CNUDM tratta della giurisdizione esclusiva di cui dispone, «nell’alto mare», uno Stato membro sulle navi battenti la propria bandiera.

65

Dal canto loro, dai paragrafi 1 e 2, lettera b), dell’articolo 94 della CNUDM risulta – rispettivamente – che ogni Stato esercita effettivamente la propria giurisdizione e il proprio controllo su questioni di carattere amministrativo, tecnico e sociale sulle navi che battono la sua bandiera e che ogni Stato esercita, in particolare, la propria giurisdizione conformemente alla propria legislazione su tutte le navi che battono la sua bandiera, e sui rispettivi comandanti, ufficiali ed equipaggi, in relazione alle questioni di ordine amministrativo, tecnico e sociale di pertinenza delle navi.

66

Orbene, si deve rilevare che l’istituzione di un meccanismo come quello previsto dalla direttiva 80/987, in base al quale un organismo di garanzia di uno Stato membro assicura il pagamento dei diritti non pagati che marinai assunti anteriormente su una nave vantino nei confronti del loro datore di lavoro dichiarato insolvente da un organo giurisdizionale di detto Stato membro, non impedisce allo Stato di bandiera di una tale nave di esercitare effettivamente la propria giurisdizione su tale nave o sul suo equipaggio su questioni di carattere sociale concernenti detta nave così come prevedono le disposizioni della CNUDM in esame.

67

In terzo luogo, quanto alla circostanza che lo Stato greco, nella specie, non sarebbe in condizione di esigere dal datore di lavoro il pagamento di contributi al fondo di garanzia di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 80/987, occorre rilevare, anzitutto, che la decisione di rinvio non spiega il perché di tale impossibilità.

68

Dopodiché, risulta dall’articolo 5, lettera b), della direttiva 80/987 che i datori di lavoro devono contribuire al finanziamento degli organi di garanzia solo qualora quest’ultimo non sia integralmente assicurato dai pubblici poteri, di modo che, per la sistematica stessa della direttiva in parola, non è necessario un nesso tra l’obbligo di contribuzione del datore di lavoro e l’intervento del fondo di garanzia.

69

Infine, si deve rilevare che, nel caso di specie, e come si evince dalla decisione di rinvio, è perché la Panagia Malta aveva la sua sede effettiva in Grecia che un organo giurisdizionale di tale Stato ha potuto, in applicazione del proprio diritto nazionale, dichiararne il fallimento. Così, come ha osservato l’avvocato generale al paragrafo 60 delle conclusioni, la mera circostanza che lo Stato greco abbia eventualmente omesso vuoi di prevedere nella propria legislazione che una tale società sia tenuta a versare contributi, vuoi di assicurarsi che detta società osservi l’obbligo che le incomberebbe ai sensi di detta legislazione non può comportare che i lavoratori interessati siano privati della tutela istituita dalla direttiva 80/987.

70

A quest’ultimo riguardo si deve ricordare che l’articolo 5, lettera c), di detta direttiva enuncia espressamente che l’obbligo di pagamento degli organismi di garanzia sussiste indipendentemente dall’adempimento dell’obbligo di contribuire al finanziamento.

71

Tutto ciò considerato, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che la direttiva 80/987 deve essere interpretata nel senso che, fatta salva l’eventuale applicazione dell’articolo 1, paragrafo 2, della stessa, marinai residenti in uno Stato membro e ingaggiati in detto Stato da una società che abbia sede statutaria in uno Stato terzo, ma sede effettiva nel medesimo Stato membro, per prestare lavoro subordinato a bordo di una nave da crociera appartenente a detta società e battente bandiera di detto Stato terzo, in esecuzione di un contratto di lavoro che designi come legge applicabile la legge di questo stesso Stato terzo, devono, qualora un organo giurisdizionale dello Stato membro interessato dichiari fallita detta società ai sensi del proprio diritto nazionale, poter beneficiare della tutela prevista da detta direttiva relativamente ai diritti non pagati che essi vantino nei confronti di questa stessa società.

Sulla seconda questione

72

Con la seconda questione il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 80/987 debba essere interpretato nel senso che, trattandosi di lavoratori che versino in una situazione come quella dei resistenti nel procedimento principale, costituisce una «tutela equivalente a quella che risulta dalla [medesima] direttiva», ai sensi di detta disposizione, una tutela come quella istituita dall’articolo 29 della legge 1220/1981 in caso di abbandono di marinai all’estero.

73

Al riguardo occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 80/987, gli «Stati membri possono, in via eccezionale, escludere dal campo di applicazione della [medesima] direttiva i diritti di alcune categorie di lavoratori subordinati, in funzione della natura particolare del contratto di lavoro o del rapporto di lavoro dei lavoratori subordinati o in funzione dell’esistenza di altre forme di garanzia che assicurano ai lavoratori subordinati una tutela equivalente a quella che risulta dalla presente direttiva», e che l’elenco delle categorie di lavoratori interessati è riportato nell’allegato alla stessa direttiva.

74

Il punto II di detto elenco, che tratta dei «lavoratori subordinati che beneficiano di altre forme di garanzia», include, per quanto riguarda la Repubblica ellenica, gli equipaggi di navi marittime.

75

Peraltro, come la Corte ha già dichiarato, risulta tanto dal fine della direttiva 80/987, che consiste nel garantire una tutela minima a tutti i lavoratori, quanto dall’eccezionalità della facoltà di esclusione, prevista all’articolo 1, paragrafo 2, della stessa, che può essere considerata «equivalente», ai sensi di detta disposizione, solo una tutela che, pur basandosi su un sistema di modalità differenti da quelle previste dalla direttiva 80/987, assicuri ai lavoratori le garanzie essenziali definite da quest’ultima (sentenza Commissione/Grecia, C‑53/88, EU:C:1990:380, punto 19).

76

Per quanto concerne l’articolo 29 della legge 1220/1981, si deve rilevare che, come sottolinea il giudice del rinvio nella sua questione, la tutela istituita ai sensi di detta disposizione interviene solo in caso di abbandono di marinai all’estero e non, come prescrive invece la direttiva 80/987, al sopraggiungere dell’insolvenza del datore di lavoro.

77

Orbene, occorre constatare, al riguardo, che un datore di lavoro può trovarsi in stato di insolvenza ai sensi della direttiva 80/987 senza, però, che i marinai che abbia assunto siano stati abbandonati all’estero nelle condizioni previste da dette disposizioni nazionali.

78

Ne discende che, in una tale situazione, che corrisponde precisamente a quella dei lavoratori di cui trattasi nel procedimento principale, queste stesse disposizioni non prevedono il pagamento ai lavoratori dei loro diritti non pagati, garanzia che costituisce, tuttavia, come si evince segnatamente dal primo considerando della stessa direttiva, l’obiettivo essenziale di quest’ultima (v., in tal senso, sentenza Commissione/Grecia, C‑53/88, EU:C:1990:380, punto 20).

79

La disposizione nazionale considerata non assicura, pertanto, a lavoratori che si trovino in una situazione come quella dei resistenti nel procedimento principale una tutela equivalente a quella che risulta dalla direttiva 80/987.

80

Di conseguenza, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 80/987 deve essere interpretato nel senso che, nell’ipotesi di lavoratori che versino in una situazione come quella dei resistenti nel procedimento principale, non costituisce una «tutela equivalente a quella che risulta dalla [medesima] direttiva», ai sensi di detta disposizione, una tutela come quella istituita dall’articolo 29 della legge 1220/1981 in caso di abbandono di marinai all’estero.

Sulle spese

81

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

 

1)

La direttiva 80/987/CEE del Consiglio, del 20 ottobre 1980, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro, deve essere interpretata nel senso che, fatta salva l’eventuale applicazione dell’articolo 1, paragrafo 2, della stessa, marinai residenti in uno Stato membro e ingaggiati in detto Stato da una società che abbia sede statutaria in uno Stato terzo, ma sede effettiva nel medesimo Stato membro, per prestare lavoro subordinato a bordo di una nave da crociera appartenente a detta società e battente bandiera di detto Stato terzo, in esecuzione di un contratto di lavoro che designi come legge applicabile la legge di questo stesso Stato terzo, devono, qualora un organo giurisdizionale dello Stato membro interessato dichiari fallita detta società ai sensi del proprio diritto nazionale, poter beneficiare della tutela prevista da detta direttiva relativamente ai diritti non pagati che essi vantino nei confronti di questa stessa società.

 

2)

L’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 80/987 deve essere interpretato nel senso che, nell’ipotesi di lavoratori che versino in una situazione come quella dei resistenti nel procedimento principale, non costituisce una «tutela equivalente a quella che risulta dalla [medesima] direttiva», ai sensi di detta disposizione, una tutela come quella istituita dall’articolo 29 della legge 1220/1981, che integra e modifica la normativa attinente all’ente di gestione del porto del Pireo, in caso di abbandono di marinai all’estero.

 

Firme


( *1 )   Lingua processuale: il greco.