SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

5 marzo 2015 ( *1 )

«Impugnazione — Misure restrittive adottate nei confronti di determinate persone in considerazione della situazione in Egitto — Congelamento dei fondi di persone sottoposte a procedimento giudiziario per appropriazione indebita di fondi pubblici — Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione»

Nella causa C‑220/14 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 5 maggio 2014,

Ahmed Abdelaziz Ezz, residente in Giza (Egitto),

Abla Mohammed Fawzi Ali Ahmed, residente in Londra (Regno Unito),

Khadiga Ahmed Ahmed Kamel Yassin, residente in Londra,

Shahinaz Abdel Azizabdel Wahab Al Naggar, residente in Giza,

rappresentati da J. Lewis, QC, B. Kennelly, barrister, J. Pobjoy, barrister, e J. Binns, solicitor,

ricorrenti,

procedimento in cui le altre parti sono:

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da M. Bishop e I. Gurov, in qualità di agenti,

convenuto in primo grado

Commissione europea, rappresentata da F. Castillo de la Torre e D. Gauci, in qualità di agenti,

interveniente in primo grado,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da T. von Danwitz, presidente di sezione, C. Vajda, A. Rosas (relatore), E. Juhász e D. Šváby, giudici,

avvocato generale: E. Sharpston

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Il sig. Ahmed Abdelaziz Ezz e a. (in prosieguo: i «ricorrenti») hanno proposto un’impugnazione avverso la sentenza del Tribunale dell’Unione europea (Terza Sezione) del 27 febbraio 2014 Ezz e a./Consiglio (T‑256/11, EU:T:2014:93; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con cui quest’ultimo ha respinto il loro ricorso diretto all’annullamento, da un lato, della decisione 2011/172/PESC del Consiglio, del 21 marzo 2011, concernente misure restrittive nei confronti di determinate persone, entità ed organismi in considerazione della situazione in Egitto (GU L 76, pag. 63), e, dall’altro, del regolamento (UE) n. 270/2011 del Consiglio, del 21 marzo 2011, concernente misure restrittive nei confronti di determinate persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Egitto (GU L 76, pag. 4), nella parte in cui tali atti riguardano i ricorrenti stessi.

Contesto normativo e fatti

La Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione

2

La Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione è stata adottata mediante la risoluzione 58/4, del 31 ottobre 2003, dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite ed è entrata in vigore il 14 dicembre 2005. Essa è stata ratificata da tutti gli Stati membri e approvata dall’Unione europea con la decisione 2008/801/CE del Consiglio, del 25 settembre 2008 (GU L 287, pag. 1).

3

A termini dell’articolo 2 di detta Convenzione:

«Ai fini della presente Convenzione:

(...)

f)

si intende per “congelamento” o “sequestro” il divieto temporaneo di trasferimento, conversione, disposizione o movimento di beni, od il fatto di assumere temporaneamente la custodia od il controllo di beni per decisione di un tribunale o di un’altra autorità competente;

g)

si intende per “confisca” lo spossessamento permanente di beni per decisione di un tribunale o di un’altra autorità competente;

(...)».

4

Il capitolo III di detta Convenzione, all’interno del quale figurano gli articoli da 15 a 42 della stessa, è relativo all’incriminazione, individuazione e repressione delle infrazioni. Gli articoli da 15 a 27 del suddetto capitolo elencano un’ampia varietà di atti di corruzione ai quali gli Stati devono conferire il carattere di illecito penale. Dato che lo scopo di tale Convenzione è quello di consentire di incriminare un crescente numero di atti di corruzione, tenendo conto della minaccia che essi costituiscono per la stabilità e la sicurezza delle società, essa contempla non solo il fatto di offrire vantaggi indebiti a persone o la sottrazione di fondi pubblici, ma anche l’abuso di influenza nonché la ricettazione o il riciclaggio dei proventi della corruzione.

5

L’articolo 31, paragrafi 1 e 2, della stessa Convenzione è così redatto:

«1   Ciascuno Stato Parte adotta, nella maggiore misura possibile nell’ambito del proprio sistema giuridico interno, le misure necessarie per permettere la confisca:

a)

dei proventi del crimine provenienti da reati accertati conformemente alla presente Convenzione o di beni il cui valore corrisponda a quello dei proventi;

b)

dei beni, materiali o altri strumenti utilizzati o destinati ad essere utilizzati per i reati accertati conformemente alla presente Convenzione.

2.   Ciascuno Stato Parte adotta le misure necessarie per permettere l’identificazione, la localizzazione, il congelamento od il sequestro di quanto menzionato al paragrafo 1 del presente articolo ai fini di un’eventuale confisca».

6

L’articolo 55, paragrafo 2, della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione ha il seguente tenore:

«Facendo seguito ad una richiesta presentata da un altro Stato Parte avente giurisdizione su un reato previsto dalla presente Convenzione, lo Stato Parte richiesto può adottare misure volte ad identificare, rintracciare e congelare o sequestrare i proventi di reato, i beni, i materiali o altri strumenti di cui all’articolo 31, paragrafo 1, della presente Convenzione, ai fini di una successiva confisca che dovrà essere ordinata o dallo Stato Parte richiedente, ovvero, conformemente ad una richiesta di cui al paragrafo 1 del presente articolo, dallo Stato Parte richiesto».

Il diritto dell’Unione

7

A seguito degli accadimenti politici avvenuti in Egitto a partire dal gennaio 2011, il 21 marzo 2011 il Consiglio dell’Unione europea ha adottato, ai sensi dell’articolo 29 TUE, la decisione 2011/172.

8

A termini dei considerando 1 e 2 della decisione 2011/172 nella sua versione iniziale:

«(1)

Il 21 febbraio 2011 l’Unione europea ha dichiarato di essere pronta ad accompagnare la transizione pacifica e ordinata verso un governo civile e democratico in Egitto, fondato sullo stato di diritto, nel pieno rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, e ad appoggiare gli sforzi tesi a creare un’economia che rafforzi la coesione sociale e promuova la crescita.

(2)

In tale contesto, dovrebbero essere imposte misure restrittive nei confronti di persone identificate quali responsabili di distrazione di fondi pubblici egiziani e che in tal modo privano il popolo egiziano dei benefici dello sviluppo sostenibile della sua economia e della sua società e compromettono lo sviluppo della democrazia nel paese».

9

Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172 nella sua versione iniziale:

«Sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati da persone identificate quali responsabili di distrazione di fondi pubblici egiziani e da persone fisiche o giuridiche, da entità o organismi ad essi associati, elencati nell’allegato».

10

Mentre nella versione in lingua francese di tale considerando 2 e di detto articolo 1, paragrafo 1, veniva impiegata l’espressione «personnes reconnues comme responsables» [persone riconosciute quali responsabili], la versione in lingua inglese delle suddette disposizioni utilizza quella di «persons having been identified as responsible» (persone identificate quali responsabili).

11

L’11 luglio 2014, vale a dire successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea è stata pubblicata una rettifica di tale decisione per quanto riguarda le versioni in lingua bulgara, spagnola, ceca, estone, francese, ungherese e olandese (GU 2014, L 203, pag. 113). Secondo tale rettifica, le disposizioni sopra citate devono essere lette nel senso che esse si riferiscono alle persone «identificate» quali responsabili e non alle persone «riconosciute» quali responsabili.

12

La decisione 2011/172 riporta, in allegato, un «[e]lenco delle persone fisiche e giuridiche, delle entità e degli organismi di cui all’articolo 1». Tale elenco contiene tre tipi di informazioni. In una prima colonna figura il «[n]ome (ed eventuali pseudonimi)» dei soggetti di diritto interessati, la seconda colonna contiene «[i]nformazioni sull’identità» di questi ultimi e, nell’ultima colonna, sono riportati i «[m]otivi» [d’iscrizione sull’elenco].

13

Il sig. Ahmed Abdelaziz Ezz è indicato nella settima posizione di detto elenco. La seconda colonna riporta le seguenti informazioni: «Ex deputato. Data di nascita: 12.01.1959. Maschio». I motivi dell’iscrizione nell’elenco esposti nella terza colonna, identici per tutte le 19 persone che figurano nell’elenco, sono così formulati: «[p]ersona sottoposta dalle autorità egiziane a procedimento giudiziario per appropriazione indebita di fondi pubblici in base alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione».

14

La sig.ra Abla Mohamed Fawzi Ali Ahmed figura all’ottava posizione dell’elenco. La seconda colonna contiene le seguenti informazioni: «Moglie di Ahmed Abdelaziz Ezz. Data di nascita: 31.01.1963. Femmina».

15

La sig.ra Khadiga Ahmed Ahmed Kamel Yassin figura alla nona posizione dell’elenco. La seconda colonna contiene le seguenti informazioni: «Moglie di Ahmed Abdelaziz Ezz. Data di nascita: 25.05.1959. Femmina».

16

La sig.ra Shahinaz Abdel Aziz Abdel Wahab Al Naggar figura alla decima posizione dell’elenco. La seconda colonna contiene le seguenti informazioni: «Moglie di Ahmed Abdelaziz Ezz. Data di nascita: 09.10.1969. Femmina».

17

Ai sensi dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE e della decisione 2011/172, il Consiglio ha adottato il regolamento n. 270/2011. L’articolo 2, paragrafi 1 e 2, di questo riprende, in sostanza, le disposizioni dell’articolo 1, paragrafi 1 e 2, della decisione 2011/172. Tale regolamento include un allegato I identico all’allegato della decisione 2011/172. Come risulta dal considerando 2 di detto regolamento, dato che le misure istituite dalla decisione 2011/172 «rientra[va]no nell’ambito del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (...) la loro attuazione richiede[va] un’azione normativa a livello dell’Unione» e giustificava l’adozione di tale atto.

18

Il regolamento n. 270/2011 non è stato oggetto di una rettifica analoga a quella della decisione 2011/172.

Il procedimento dinanzi al Tribunale e la sentenza impugnata

19

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 maggio 2011, i ricorrenti hanno proposto un ricorso diretto all’annullamento della decisione 2011/172 e del regolamento n. 270/2011, nella parte in cui detti atti li riguardano.

20

Essi hanno dedotto otto motivi a sostegno del loro ricorso. Il quarto motivo verteva sugli errori di fatto e di qualificazione giuridica dei fatti che avrebbero viziato i motivi della loro iscrizione sugli elenchi contenuti nell’allegato della decisione 2011/172 e del regolamento n. 270/2011. Al riguardo essi hanno sostenuto di non essere sottoposti a procedimenti giudiziari in Egitto.

21

Ai punti da 123 a 133 e 137 della sentenza impugnata il Tribunale ha dichiarato quanto segue:

«123

Con lettera del 7 giugno 2011 il Consiglio ha precisato allo studio legale dei ricorrenti che aveva ricevuto una “lettera del 13 febbraio 2011 del Ministro egiziano degli Affari esteri che includeva una richiesta del procuratore generale egiziano diretta al congelamento dei beni di taluni ex ministri e ufficiali”, tra i quali figurava il primo ricorrente. Unitamente a tale lettera del Consiglio veniva trasmessa una copia di un documento del 13 febbraio 2011 recante l’intestazione dell’Ufficio del Ministro degli Affari esteri egiziano. In tale documento non sottoscritto, era menzionata la richiesta del procuratore generale egiziano volta ad ottenere che i beni di “ex ministri, ufficiali e cittadini” egiziani fossero congelati. Tra le persone indicate in tale richiesta figurava il primo ricorrente, ma non la seconda, la terza e la quarta ricorrente.

(...)

125

Con lettera del 29 luglio 2011, il Consiglio ha risposto alle lettere dello studio legale dei ricorrenti del 13 maggio, del 9 giugno e del 15 luglio 2011. In tale risposta non viene fatto riferimento ad eventuali procedimenti giudiziari nei riguardi della seconda, della terza e della quarta ricorrente, ma vi si afferma unicamente quanto segue:

“[Queste] figurano sull’elenco delle persone oggetto della summenzionata richiesta di assistenza giudiziaria da parte delle autorità egiziane (esse compaiono ai numeri 2, 3 e 4 sull’elenco allegato). La richiesta indica che il procuratore generale egiziano aveva adottato ordinanze dirette al sequestro dei beni di tutte le persone indicate nell’elenco e che tali ordinanze sono state confermate dal giudice penale”.

126

Alla suddetta lettera del Consiglio del 29 luglio 2011 era allegata una nota recante il numero di riferimento NV93/11/ms, del 24 febbraio 2011, con cui l’ambasciata della Repubblica araba di Egitto a Bruxelles (Belgio) chiedeva all’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza di trasmettere alle “autorità giudiziarie competenti” una richiesta di assistenza giudiziaria proveniente dall’ufficio del procuratore generale egiziano.

127

Alla suddetta nota erano allegati tre documenti.

128

Il primo di essi era il testo, non datato e non firmato, della richiesta di assistenza giudiziaria. Tale richiesta, formulata in inglese, era diretta ad ottenere il “congelamento, la confisca e il recupero dei beni di taluni ex ministri e ufficiali”. Essa faceva riferimento all’“indagine condotta dal Ministero pubblico egiziano nei procedimenti numeri 162 e 234 del 2010 (...); 34, 36, 38, 39, 55 e 70 del 2011 (...) nonché [nel] procedimento numero 137/2011 (...) aventi ad oggetto reati di corruzione, usurpazione di beni pubblici e reati di riciclaggio di denaro commessi da ex ministri e ufficiali” ed elencava 15 persone, tra le quali figuravano i quattro ricorrenti. Poi essa indicava, da un lato, che il procuratore generale egiziano aveva deciso di confiscare i beni delle persone elencate e, dall’altro, che tale confisca era stata “approvata dal giudice penale”.

129

Il secondo documento allegato alla nota del 24 febbraio 2011 corrispondeva ad un “elenco di ex ufficiali, [delle loro] mogli e dei figli”, in cui la seconda, la terza e la quarta ricorrente comparivano, rispettivamente, alla seconda, terza e quarta posizione.

130

Il terzo documento allegato alla nota del 24 febbraio 2011 si presentava come una sintesi delle accuse mosse al primo ricorrente nel “procedimento numero 38 del 2011”, procedimento menzionato nella richiesta di assistenza giudiziaria descritta al precedente punto 128. Tale documento non era datato. Esso era inoltre privo d’intestazione e di firma. Ma, al pari della nota del 24 febbraio 2011 e di tutti gli altri documenti ad essa allegati, recava il timbro dell’ambasciata della Repubblica araba d’Egitto a Bruxelles.

131

In definitiva, nessuno dei documenti summenzionati suggerisce che la seconda, la terza e la quarta ricorrente fossero state sottoposte a procedimenti penali in Egitto per fatti di appropriazione indebita di fondi pubblici.

132

Invece, la richiesta di assistenza giudiziaria menzionata al precedente punto 128 indica, in modo inequivocabile, che il 24 febbraio 2011, vale a dire meno di un mese prima dell’adozione della decisione 2011/172 e del regolamento n. 270/2011, l’insieme dei ricorrenti erano oggetto di un’ordinanza del procuratore generale egiziano diretta al sequestro dei loro beni, la quale era stata approvata da un giudice penale ed era connessa a indagini relative ad appropriazioni indebite di fondi pubblici.

133

I ricorrenti, del resto, non hanno prodotto alcun elemento atto a far sorgere dubbi circa l’esattezza delle indicazioni di fatto figuranti in tale richiesta di assistenza giudiziaria. Al contrario, una decisione giurisdizionale egiziana, di cui essi hanno depositato una traduzione presso la cancelleria del Tribunale in data 5 marzo 2013, conferma che la seconda ricorrente era tuttora sottoposta ad un congelamento dei beni il 30 gennaio 2013. Oltretutto, i ricorrenti non hanno contestato, in sede d’udienza, l’esistenza della suddetta ordinanza di sequestro.

(...)

137

(...) dal documento menzionato al precedente punto 130 risulta [chiaramente] che, nel “procedimento numero 38 del 2011”, il primo ricorrente era “accusato”, da un lato, di essersi “indebitamente appropriato degli attivi” di una “impresa del settore pubblico le cui azioni [erano] detenute dallo Stato” e, dall’altro, di avere “commesso reati consistenti nell’approfittare di attivi pubblici e nel comprometterli, nonché nell’appropriarsi indebitamente e (...) nell’agevolare l’appropriazione indebita [di tali attivi]”».

22

Il Tribunale non ha accolto alcuno dei motivi ed ha conseguentemente respinto il ricorso in toto.

Conclusioni delle parti

23

I ricorrenti chiedono che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata;

annullare la decisione 2011/172 e il regolamento n. 270/2011 nella parte in cui detti atti li riguardano;

condannare il Consiglio alle spese sostenute relative all’impugnazione e al procedimento dinanzi al Tribunale, e

adottare ogni altro provvedimento giudicato opportuno dalla Corte.

24

Il Consiglio chiede che la Corte voglia:

respingere l’impugnazione, e

condannare i ricorrenti alle spese.

25

La Commissione europea chiede che la Corte voglia:

respingere l’impugnazione, e

condannare i ricorrenti alle spese del procedimento.

Sull’impugnazione

26

A sostegno della loro impugnazione i ricorrenti deducono sei motivi.

Sul primo motivo

27

Con il loro primo motivo, i ricorrenti sostengono che il Tribunale, dichiarando che la decisione 2011/172 era stata legittimamente adottata sul fondamento dell’articolo 29 UE, è incorso in un errore di diritto. Tale motivo concerne i punti da 44 a 47 della sentenza impugnata.

La sentenza impugnata

28

Al fine di determinare il senso dell’articolo 29 TUE, il Tribunale ha analizzato gli articoli 21 TUE, da 23 TUE a 25 TUE e 28 TUE. Al punto 41 della sentenza impugnata esso ha concluso quanto segue:

«Dal combinato disposto delle summenzionate disposizioni deriva che configurano “posizioni dell’Unione”, ai sensi dell’articolo 29 TUE, le decisioni che, innanzi tutto, si iscrivano nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune (PESC), come definita dall’articolo 24, paragrafo 1, TUE, in secondo luogo, siano relative ad “una questione particolare di natura geografica o tematica”, e, in terzo luogo, non abbiano il carattere di “interventi operativi” ai sensi dell’articolo 28 TUE».

29

Ai punti da 44 a 46 della summenzionata sentenza, il Tribunale ha rilevato che nel caso di specie i tre criteri erano soddisfatti. Esso ha concluso, al punto 47 di detta sentenza, che l’articolo 1 della decisione 2011/172 poteva essere legittimamente adottato sul fondamento dell’articolo 29 TUE.

Argomenti delle parti

30

I ricorrenti fanno valere che, nel caso di specie, le condizioni che consentono di adottare decisioni sul fondamento dell’articolo 29 TUE non erano soddisfatte. I motivi dell’iscrizione sull’elenco contenuto nell’allegato della decisione 2011/172 non rientravano nell’ambito dei principi e degli obiettivi della PESC definiti all’articolo 21 TUE. Le autorità egiziane, nelle lettere fatte valere dal Consiglio, non avrebbero mai dato motivo di ritenere che le azioni addebitate ai ricorrenti rechino pregiudizio alla «democrazia» in Egitto o allo «sviluppo sostenibile dell[’]economia [o] della (...) società» di tale paese.

31

Il comportamento addebitato al primo ricorrente, ossia una frode a danno di azionisti di una società, non giustificherebbe un’azione dell’Unione a livello internazionale in forza della PESC. Inoltre, non sussisterebbe alcuna accusa materiale nei confronti delle mogli del sig. Ezz. Il fatto di considerare che frodi commesse in uno Stato terzo coinvolgano la politica estera e di sicurezza dell’Unione produrrebbe l’effetto di estendere in modo sensibile l’ambito di applicazione di tale politica, a scapito delle competenze degli Stati membri per quanto attiene all’assistenza giudiziaria.

32

Inoltre, le autorità egiziane non avrebbero chiesto all’Unione di adottare una decisione in forza dell’articolo 29 TUE, ma avrebbero sollecitato un’assistenza giudiziaria, di competenza delle autorità giurisdizionali nazionali.

33

Infine, la richiesta delle predette autorità concernerebbe la conservazione di fondi che potrebbero essere impiegati per dare esecuzione ad una decisione pronunciata da un’autorità giurisdizionale nazionale nei confronti del sig. Ezz e consentire il «rimpatrio» delle somme in questione, in riferimento al quale non sussiste una competenza fondata sulla PESC. Il Tribunale, constatando che uno dei ricorrenti era accusato di attività considerate dalle autorità egiziane una minaccia per il governo democratico della Repubblica araba d’Egitto o per lo sviluppo economico o sociale sostenibile in tale paese, ha snaturato gli elementi di prova dinanzi ad esso prodotti.

34

Il Consiglio rileva che il primo motivo riunisce due censure, vertenti l’una sul difetto di base giuridica della decisione 2011/172 e l’altra sul fatto che i ricorrenti non soddisferebbero i requisiti per rientrare nell’ambito di applicazione della decisione 2011/172 e del regolamento n. 270/2011. Esso rammenta che il Tribunale ha risposto al loro motivo fondato sul difetto di base giuridica ai punti da 44 a 47 della sentenza impugnata.

35

Il Consiglio ritiene che i ricorrenti interpretino in modo erroneo gli obiettivi della decisione 2011/172, mentre non vi è alcun elemento in tale decisione che consenta di concludere che le ragioni della loro inclusione nell’elenco delle persone i cui fondi e risorse economiche sono sottoposti a congelamento dei beni, contenuto nell’allegato della stessa, risiedessero in una frode commessa in un paese terzo ovvero che l’obiettivo della predetta decisione fosse quello di fornire un’assistenza giudiziaria.

36

La decisione 2011/172 configurerebbe una misura autonoma, che sarebbe stata adottata non già in risposta alla richiesta delle autorità egiziane, bensì allo scopo di realizzare gli obiettivi della PESC e nell’esercizio del potere discrezionale di cui il Consiglio dispone a tale riguardo. Perciò, nell’esame dell’eccezione d’illegittimità sollevata contro l’articolo 1 della decisione 2011/172, il Tribunale non si è pronunciato sulle azioni presunte dei ricorrenti né sul contenuto della nota verbale NV93/11/ms, né era tenuto a farlo.

37

La Commissione afferma che il primo motivo, per quanto riguarda il difetto di base giuridica della decisione 2011/172, è irricevibile, dal momento che esso non è stato dedotto nell’atto introduttivo del ricorso di annullamento depositato in primo grado. Esso sarebbe un motivo nuovo anche per quanto riguarda il merito, in quanto il criterio relativo alla responsabilità in una fattispecie di appropriazione indebita di fondi pubblici, che rappresenta il fondamento del congelamento dei fondi dei ricorrenti, sarebbe incompatibile con l’articolo 21 TUE, giacché tale misura non persegue alcuno degli obiettivi enunciati ai paragrafi 1 e 2 dell’articolo medesimo. Inoltre, l’impugnazione non farebbe alcun riferimento al ragionamento svolto dal Tribunale ai punti da 34 a 54 della sentenza impugnata circa il senso e la portata dell’articolo 29 TUE. Di conseguenza, il motivo dovrebbe essere dichiarato irricevibile.

38

In subordine, la Commissione afferma che il Tribunale non è incorso in un errore di diritto là dove ha dichiarato che le condizioni per l’applicazione dell’articolo 29 TUE erano soddisfatte. Essa fa valere che, contrariamente a quanto suggerito dai ricorrenti, nella specie non si tratta di ritenere che un caso di frode commesso in un paese terzo coinvolga la politica estera e di sicurezza dell’Unione, bensì di rispondere alle richieste di un governo recentemente insediatosi in un paese terzo dirette a preservare i fondi pubblici di tale paese onde consentirne il futuro recupero e l’utilizzazione a vantaggio del popolo egiziano.

39

Essa sottolinea inoltre che il fatto che una richiesta delle autorità egiziane sia stata espressamente indirizzata alle autorità giudiziarie dell’Unione è ininfluente rispetto alla questione se l’articolo 29 TUE configuri una base giuridica adeguata per l’adozione della decisione 2011/172 relativa a misure restrittive. Infatti, tali misure restrittive sono misure autonome, che il Consiglio è abilitato ad adottare anche in assenza di una richiesta del paese terzo interessato.

40

Infine, il riferimento al rimpatrio dei fondi è senza pertinenza nel caso di specie, atteso che tale questione esula dall’ambito di applicazione della decisione 2011/172 e del regolamento n. 270/2011.

Giudizio della Corte

41

Con il loro primo motivo, i ricorrenti sostengono che il Tribunale, dichiarando che la decisione 2011/172 è stata validamente adottata sul fondamento dell’articolo 29 TUE, è incorso in un errore di diritto.

42

Il controllo della base giuridica di un atto consente di verificare la competenza dell’autore dell’atto (v., in tal senso, sentenza Germania/Parlamento e Consiglio, C‑376/98, EU:C:2000:544, punto 83) e di verificare se la procedura di adozione di tale atto sia viziata da irregolarità (sentenza ABNA e a., C‑453/03, C‑11/04, C‑12/04 e C‑194/04, EU:C:2005:741, punto 53). Secondo una giurisprudenza costante, la scelta della base giuridica di un atto dell’Unione deve fondarsi su elementi oggettivi, suscettibili di sindacato giurisdizionale, tra i quali figurano lo scopo e il contenuto dell’atto (v., in particolare, sentenza Parlamento/Consiglio, C‑130/10, EU:C:2012:472, punto 42).

43

Ai punti da 44 a 46 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato la finalità e il contenuto della decisione 2011/172 ed ha concluso che essa poteva essere legittimamente adottata sul fondamento dell’articolo 29 TUE. In particolare, al punto 44 della sentenza impugnata il Tribunale ha dichiarato che la decisione 2011/172 si iscrive nell’ambito di una politica di sostegno alle nuove autorità egiziane, destinata a favorire la stabilizzazione tanto politica quanto economica di tale Stato e, più particolarmente, ad aiutare le autorità di detto paese nella loro lotta contro la distrazione di fondi pubblici e, pertanto, tale decisione rientra a pieno titolo nella PESC e risponde agli obiettivi menzionati all’articolo 21, paragrafo 2, lettere b) e d), TUE.

44

A tale riguardo i ricorrenti non espongono alcun argomento volto a dimostrare che il Tribunale sia incorso in un errore di diritto nel ragionamento esposto al punto precedente, ma si limitano ad affermare in modo generico che, nelle lettere prodotte dal Consiglio, le autorità egiziane non hanno dichiarato che le asserite azioni dei ricorrenti recassero pregiudizio alla democrazia o allo sviluppo sostenibile dell’economia o della società in Egitto. ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 2, lettere b) e d), TUE. Di conseguenza, l’argomento dei ricorrenti non può essere accolto.

45

Inoltre, i ricorrenti contestano la fondatezza della decisione 2011/172 alla luce dell’articolo 21 TUE.

46

Tuttavia, considerata l’ampia portata degli scopi e degli obiettivi della PESC, indicati negli articoli 3, paragrafo 5, TUE et 21 TUE nonché nelle disposizioni specifiche relative alla PESC, in particolare gli articoli 23 TUE e 24 TUE, tale argomento non può rimettere in discussione la valutazione del Tribunale relativa alla base giuridica della decisione 2011/172.

47

Quanto alla censura relativa allo snaturamento degli elementi di prova, va rilevato che i ricorrenti non indicano a quale parte dei punti della sentenza impugnata, contestati nel primo motivo, tale censura si riferisca.

48

Ne consegue che il primo motivo deve essere respinto.

Sul secondo motivo

49

Con il loro secondo motivo i ricorrenti sostengono che il Tribunale è incorso in un errore di diritto, dichiarando che gli stessi rispondevano ai criteri definiti all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172 e all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 270/2011, nonché ai motivi riportati negli allegati di tali atti normativi affinché fossero adottate nei loro confronti misure restrittive rispetto ai fondi detenuti e alle loro risorse economiche e il loro nome figurasse nell’elenco contenuto in allegato a ciascuno dei suddetti atti.

La sentenza impugnata

50

Considerata la diversa formulazione della versione in lingua inglese rispetto a quella di altre versioni linguistiche dell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172, il Tribunale, ai punti da 62 a 84 della sentenza impugnata, ha proceduto all’interpretazione di tale disposizione. Infatti, nella sua versione in lingua inglese, quest’ultima prevede l’imposizione del congelamento dei beni alle «persons having been identified as responsible» (persone che siano state «identificate» quali responsabili di distrazione di fondi), mentre la versione in lingua francese fa riferimento alle persone «riconosciute» [«reconnues»] quali responsabili di distrazione di fondi.

51

Tenuto conto del contesto e della finalità di detta disposizione, al punto 67 della sentenza impugnata detto giudice ha dichiarato che essa doveva essere oggetto di un’interpretazione estensiva. Ai punti da 70 a 81 di tale sentenza il Tribunale ha affermato che il principio secondo cui le disposizioni che prevedono sanzioni amministrative devono essere sottoposte ad un’interpretazione restrittiva non osta all’interpretazione suindicata. Tale giudice si è pronunciato in modo analogo per quanto riguarda il principio della presunzione d’innocenza ai punti da 82 a 84 della sentenza suddetta.

52

Analizzando i motivi per cui i nomi dei ricorrenti sono stati iscritti nell’elenco contenuto nell’allegato della decisione 2011/172, il Tribunale ha proceduto a un raffronto della redazione dei medesimi motivi nelle diverse versioni linguistiche di tale decisione. Al punto 93 della sentenza impugnata esso ha rilevato che, a prescindere dalla variante linguistica prescelta, il motivo dell’iscrizione era conforme all’articolo 1 della decisione in esame e, al punto 94 di tale sentenza, ha dichiarato che la versione in lingua inglese dell’allegato meglio corrispondeva all’obiettivo perseguito da tale articolo.

53

Fondandosi quindi sulla formulazione letterale dell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172 nella sua versione in lingua inglese, il Tribunale ha dichiarato, al punto 95 della sentenza impugnata, che «il Consiglio [ha] inteso congelare i beni dei ricorrenti in quanto sottoposti ad un procedimento giudiziario in Egitto che presentava un legame, qualunque esso fosse, con indagini aventi ad oggetto appropriazioni indebite di fondi pubblici». Al punto 99 di tale sentenza, esso ha concluso che, «iscrivendo il nome dei ricorrenti nell’elenco allegato alla decisione 2011/172, il Consiglio non ha disatteso i criteri che esso stesso aveva enunciato all’articolo 1, paragrafo 1, della stessa decisione».

Argomenti delle parti

54

I ricorrenti contestano anzitutto l’interpretazione operata dal Tribunale dell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172 e dell’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 270/2011. Essi affermano che il Tribunale è incorso in un errore di diritto fondandosi sulla versione in lingua inglese di tali disposizioni. Essi sostengono che non è esatto affermare che la versione in lingua inglese meglio corrisponda all’obiettivo perseguito dalla decisione 2011/172 e che il Tribunale avrebbe dovuto conciliare le diverse versioni linguistiche. Il Tribunale era tenuto ad interpretare tali disposizioni in funzione dell’economia generale e della finalità della normativa. I ricorrenti contestano altresì l’interpretazione operata dal Tribunale del motivo dell’iscrizione di ciascuno di essi singolarmente nell’allegato della decisione 2011/172 e nell’allegato del regolamento n. 270/2011, ai punti da 85 a 95 della sentenza impugnata.

55

In considerazione di tali erronee interpretazioni, il Tribunale non avrebbe effettuato quel controllo completo e rigoroso delle prove che il diritto dell’Unione impone. Esso si sarebbe unicamente fondato sulle affermazioni contenute nella richiesta di assistenza giudiziaria, senza verificarne l’esattezza. In particolare, esso non avrebbe tenuto conto dell’argomento del primo ricorrente, secondo cui la denuncia a suo carico aveva in realtà uno scopo politico ed era priva di fondamento. Allo stesso modo, il Tribunale non avrebbe esaminato le affermazioni del ricorrente, secondo cui lo stesso era oggetto in Egitto di un trattamento in spregio delle garanzie fondamentali dell’equo processo e dello stato di diritto.

56

Il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto dichiarando, al punto 99 della sentenza impugnata, che il Consiglio non aveva violato i criteri che esso stesso aveva enunciato all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172 iscrivendo il nome dei ricorrenti sull’elenco contenuto nell’allegato a tale decisione.

57

Tale errore sarebbe ancor più evidente per quanto riguarda la seconda, la terza e la quarta ricorrente. Infatti, al punto 131 della sentenza impugnata il Tribunale ha constatato che nessuno dei documenti prodotti dal Consiglio suggerisce che dette ricorrenti fossero state sottoposte a procedimenti penali in Egitto per fatti di appropriazione indebita di fondi pubblici. Facendo valere un’associazione di dette ricorrenti con il primo ricorrente, il Tribunale non avrebbe tenuto conto della sentenza della Corte Tay Za/Consiglio (C‑376/10 P, EU:C:2012:138, punto 66) né della sentenza del Tribunale Nabipour e a./Consiglio (T‑58/12, EU:T:2013:640, punti 107 e 108), in virtù delle quali solo l’implicazione personale della persona fisica negli atti contemplati dalla normativa pertinente giustifica l’adozione di misure restrittive nei suoi confronti.

58

Il Consiglio ritiene che il Tribunale non sia incorso in errore di diritto nell’interpretare la decisione 2011/172. In ogni caso, la questione relativa all’intenzione dell’autore dell’atto sarebbe definitivamente risolta dopo la pubblicazione di una rettifica di detta decisione.

59

Per quanto riguarda le prove dell’esistenza di un procedimento penale a carico del primo ricorrente, il Consiglio fa riferimento alla nota verbale NV93/11ms del procuratore generale egiziano e al fatto che detto ricorrente ha riconosciuto di essere sottoposto ad un procedimento di tal genere nell’atto di ricorso che il medesimo ha depositato presso il Tribunale. I procedimenti giudiziari non sarebbero fondati sulla violazione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, ma gli elementi addebitati al ricorrente dalle autorità egiziane corrisponderebbero agli illeciti descritti in tale Convenzione, in particolare agli articoli 17 e 18 di quest’ultima. Di conseguenza, i motivi dell’iscrizione sull’elenco contenuto nell’allegato della decisione 2011/172 risiederebbero nell’esistenza di procedimenti giudiziari condotti dalle autorità egiziane di cui fa menzione lo stesso primo ricorrente.

60

Il Consiglio rileva che i ricorrenti non chiariscono in che modo il Consiglio o il Tribunale avrebbero dovuto prendere in considerazione l’argomento secondo cui la denuncia depositata contro il primo ricorrente perseguisse in realtà uno scopo politico. Esso ricorda del resto che le misure restrittive adottate nei suoi confronti non configurano una sanzione penale, così che l’argomento vertente sulla violazione del processo equo e dello stato di diritto è inconferente.

61

Quanto alla seconda, alla terza e alla quarta ricorrente, il Consiglio sottolinea che il motivo della loro iscrizione sull’elenco contenuto nell’allegato della decisione 2011/172 non risiede nel fatto che le medesime siano state associate al primo ricorrente. In proposito esso ricorda che il Tribunale ha osservato, segnatamente al punto 97 della sentenza impugnata, che i ricorrenti sono stati iscritti nel suddetto elenco per il solo motivo che erano sottoposti ad un procedimento giudiziario in Egitto che presentava un legame con indagini aventi ad oggetto appropriazioni indebite di fondi pubblici.

62

La Commissione rileva che le ricorrenti non contestano i punti da 57 a 84 della sentenza impugnata, nei quali il Tribunale procede all’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172. Essa sostiene che il Tribunale ha legittimamente privilegiato un’interpretazione estensiva di tale disposizione. Infatti, l’obiettivo del congelamento dei fondi, ossia consentire il successivo recupero di tali fondi da parte del governo egiziano, non avrebbe potuto essere realizzato ove fosse stato necessario attendere l’avvio di procedimenti penali. D’altra parte, il testo della decisione 2011/172 non osta a una simile interpretazione. Infatti, l’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172 e l’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 270/2011 fanno riferimento alle persone identificate quali responsabili di appropriazioni indebite di fondi pubblici e a quelle ad esse «associate». Inoltre, il paragrafo 2 di tali articoli prevede una misura preordinata ad evitare che le persone interessate eludano le misure restrittive loro imposte. La Commissione conclude pertanto che il motivo dell’iscrizione sugli elenchi contenuti nell’allegato della decisione 2011/172 e del regolamento n. 270/2011, ossia il fatto di essere «sottoposti a procedimenti giudiziari», non può essere interpretato nel senso che le persone interessate debbano essere «perseguite penalmente».

63

Quanto alle prove, la Commissione sottolinea che il Consiglio poteva fondarsi sulle lettere provenienti dalle autorità egiziane senza verificare la fondatezza degli argomenti contenuti in tali lettere, né orientarsi a seconda dell’esito di tali procedimenti. Sebbene, per quanto concerne il primo ricorrente, la richiesta di assistenza giudiziaria del procuratore generale egiziano atteneva a fatti dettagliati relativi in particolare a «crimini speculativi e pregiudizio dolosamente arrecato a beni pubblici», la situazione è diversa per quanto riguarda la seconda, la terza e la quarta ricorrente. Le ragioni per cui i loro fondi sono stati sequestrati da parte delle autorità egiziane, e congelati mediante atti dell’Unione, risiederebbe nel fatto che tali persone potrebbero, grazie ai rapporti che le stesse intrattengono con il primo ricorrente, appropriarsi indebitamente di fondi pubblici o costituire lo strumento per realizzare questo fine. Inoltre, sulla scorta delle informazioni contenute in dette lettere, il sequestro dei fondi delle suddette ricorrenti sarebbe stato oggetto di ordinanze emesse dal procuratore generale e confermate dal giudice penale. Il Consiglio avrebbe quindi comunicato le informazioni pertinenti che hanno rappresentato il fondamento per elaborare gli elenchi in questione.

64

Per quanto attiene al controllo completo dei motivi dell’iscrizione su tali elenchi, richiesto dai ricorrenti, la Commissione sottolinea che non compete al Consiglio verificare la «solidità» degli argomenti delle autorità egiziane né statuire nel merito del procedimento nazionale. Le lettere delle autorità egiziane configurerebbero informazioni adeguate sulle quali il Consiglio poteva basarsi per adottare le misure restrittive.

65

Alla stregua del Consiglio, la Commissione fa valere che il riferimento alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione costituisce la base giuridica della richiesta di assistenza giudiziaria e non può considerarsi intesa a stabilire i motivi specifici dei procedimenti giudiziari nei confronti del primo ricorrente.

66

In conclusione, la Commissione sostiene che la critica secondo cui il ragionamento del Tribunale sarebbe privo di consistenza non rispecchia la sentenza impugnata. Essa rileva che i ricorrenti non contestano il punto 67 della sentenza impugnata e non tengono conto dell’analisi dettagliata del Tribunale relativa alla definizione dei criteri pertinenti di iscrizione sull’elenco contenuto nell’allegato della decisione 2011/172 (punti da 57 a 84 di tale sentenza), alla definizione del motivo dell’iscrizione su detto elenco (punti da 85 a 95 della suddetta sentenza) e alla qualificazione giuridica dei fatti (punti da 118 a 157).

67

Infine, la Commissione fa valere che la sentenza Tay Za/Consiglio (EU:C:2012:138) è inconferente nel caso di specie. Tale causa era relativa al figlio di un dirigente di imprese associato ai dirigenti birmani e le misure adottate contro il regime di tale paese terzo avevano come destinatari i funzionari «che elaborano, attuano o traggono vantaggi dalle politiche che ostacolano la transizione della Birmania/Myanmar verso la democrazia». Nel caso in esame, lo scopo sarebbe quello di preservare fondi pubblici al fine della loro futura restituzione alla Repubblica araba d’Egitto. Pertanto, la mera circostanza di essere coniugato ad una persona avente legami con i dirigenti di uno Stato non implica il fatto di essere considerato associato al regime politico di detto Stato. Invece, tale situazione è pertinente ove le misure restrittive mirino a preservare fondi pubblici, atteso che taluni beni possono essere detenuti in comune dal marito e dalle sue consorti. Il fatto stesso che in Egitto siano state adottate delle ordinanze, nonostante queste non siano strettamente necessarie per iscrivere sugli elenchi contenuti nell’allegato della decisione 2011/172 e del regolamento n. 270/2011 la seconda, la terza e la quarta ricorrente, costituisce un serio indizio di una simile associazione, dal momento che i giudici egiziani dispongono di una più approfondita conoscenza del regime matrimoniale applicabile al primo ricorrente e alle sue mogli.

Giudizio della Corte

68

Con il loro secondo motivo i ricorrenti contestano, in primo luogo, l’interpretazione fornita dal Tribunale dei criteri d’iscrizione sugli elenchi contenuti nell’allegato della decisione 2011/172 e del regolamento n. 270/2011 e, in secondo luogo, la loro iscrizione in base a detti criteri nonché la motivazione considerata a tale scopo.

69

Contrariamente a quanto fanno valere, in primo luogo, i ricorrenti, il Tribunale ha proceduto ad un’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172 e dell’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 270/2011 tenendo conto della divergente redazione di tali disposizioni nelle diverse versioni linguistiche della decisione 2011/172 e del regolamento n. 270/2011, del loro contesto e della loro finalità.

70

A questo riguardo, il Tribunale non è incorso in un errore di diritto allorché ha affermato, al punto 66 della sentenza impugnata, che l’obiettivo di detti atti consiste nell’assistenza alle autorità egiziane nella loro lotta contro la distrazione di fondi pubblici. Difatti, tale obiettivo emerge esplicitamente dal considerando 2 della decisione 2011/172.

71

Alla luce di tale obiettivo, il Tribunale non ha neanche commesso un errore di diritto dichiarando, nello stesso punto 66, che l’effetto utile della decisione 2011/172 sarebbe compromesso qualora l’adozione di misure restrittive fosse stata subordinata alla pronuncia di condanne penali nei confronti delle persone sospettate di avere distratto fondi, dal momento che queste disporrebbero, nell’attesa, del tempo necessario per trasferire i loro beni in Stati che non pratichino alcuna forma di cooperazione con le autorità egiziane.

72

Pertanto, il Tribunale ha concluso correttamente, al punto 67 della sentenza impugnata, che l’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172 doveva essere interpretato nel senso che il suo ambito di applicazione si estende non solo alle persone perseguite penalmente, ma anche alle persone sottoposte a procedimenti giudiziari connessi ad indagini penali per fatti di «distrazione di fondi pubblici egiziani», dato che queste ultime possono essere qualificate quali persone associate agli individui sottoposti alle indagini penali.

73

Per quanto riguarda la fondatezza di tale interpretazione, il Tribunale ha rilevato correttamente, al punto 93 della sentenza impugnata, che il motivo di iscrizione del nome dei ricorrenti è conforme all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172, indipendentemente dalla variante linguistica di tale motivo, e, al punto 94 di detta sentenza, che la versione in lingua inglese meglio corrisponde all’obiettivo perseguito dalla disposizione in parola. Pertanto, al punto 95 della sentenza impugnata il Tribunale ha concluso, senza incorrere in errore di diritto, che il Consiglio ha inteso congelare i beni dei ricorrenti in quanto questi ultimi erano sottoposti ad un procedimento giudiziario in Egitto che presentava un legame, qualunque esso fosse, con indagini aventi ad oggetto appropriazioni indebite di fondi pubblici.

74

In secondo luogo, i ricorrenti contestano la loro iscrizione sugli elenchi contenuti nell’allegato della decisione 2011/172 e del regolamento n. 270/2011, in quanto essa violerebbe la decisione 2011/172. Sebbene, come si è illustrato poc’anzi al punto 72 della presente sentenza, l’interpretazione data dai ricorrenti di tale decisione non possa essere accolta, occorre tuttavia esaminare gli argomenti addotti dai medesimi a tale proposito.

75

Quanto alla richiesta di assistenza giudiziaria formulata dalle autorità egiziane, deve rilevarsi che questa è oggetto d’analisi, in particolare, ai punti da 128 a 134 e 137 della sentenza impugnata. Al punto 128 di tale sentenza, il Tribunale ha constatato che detta richiesta faceva riferimento ad un’indagine condotta dal Ministero pubblico egiziano nei confronti dei quattro ricorrenti ed avente ad oggetto, tra l’altro, reati di corruzione ed appropriazione indebita di beni pubblici. Al punto 133 della stessa sentenza, il Tribunale ha rilevato che i ricorrenti non avevano prodotto alcun elemento atto a far sorgere dubbi circa l’esattezza delle indicazioni di fatto riportate in tale richiesta di assistenza giudiziaria. Allo stesso modo esso ha affermato che i ricorrenti non avevano contestato l’esistenza di un’ordinanza del procuratore generale egiziano di sequestro dei loro beni, approvata da un giudice penale. Per quanto riguarda più in particolare il primo ricorrente, il Tribunale ha esaminato, ai punti 130 e 137 della sentenza impugnata, uno dei documenti allegati alla richiesta di assistenza giudiziaria ed ha constatato che il primo ricorrente era «accusato», nel «procedimento numero 38 del 2011», di essersi «indebitamente appropriato degli attivi» di una «impresa del settore pubblico le cui azioni [erano] detenute dallo Stato» e di avere «commesso reati consistenti nell’approfittare di attivi pubblici e nel comprometterli, nonché nell’appropriarsi indebitamente e (...) nell’agevolare l’appropriazione indebita [di tali attivi]».

76

Ciò premesso, atteso che i ricorrenti non contestano la realtà né della richiesta di assistenza giudiziaria e dei documenti ad essa allegati né dell’ordinanza relativa al sequestro dei loro beni, contrariamente a quanto fanno valere i ricorrenti non può addebitarsi al Tribunale di non aver esercitato un controllo completo e rigoroso di tali prove.

77

Occorre in proposito sottolineare che al Consiglio o al Tribunale non competeva verificare la fondatezza delle indagini alle quali i ricorrenti erano sottoposti, ma unicamente verificare la fondatezza della decisione di congelamento dei fondi alla luce della richiesta di assistenza giudiziaria. Per quanto concerne le considerazioni di fatto del Tribunale circa l’esistenza di procedimenti giudiziari relativi ai quattro ricorrenti, deve ricordarsi la giurisprudenza costante della Corte secondo cui il Tribunale è il solo competente, da un lato, ad accertare i fatti, salvo nel caso in cui un’inesattezza materiale delle sue constatazioni risulti dai documenti del fascicolo ad esso sottoposti, e, dall’altro, a valutare questi fatti. La valutazione dei fatti non costituisce quindi, salvo il caso di snaturamento degli elementi di prova sottopostigli, una questione di diritto soggetta, in quanto tale, al controllo della Corte (v., in particolare, sentenze Versalis/Commissione, C‑511/11 P, EU:C:2013:386, punto 66, e Telefónica e Telefónica de Spagna/Commissione, C‑295/12 P, EU:C:2014:2062, punto 84).

78

Relativamente al primo ricorrente, i ricorrenti mirano ad ottenere in realtà una nuova valutazione degli elementi di prova, senza invocare un qualsivoglia snaturamento degli stessi da parte del Tribunale, dato che i medesimi fanno valere che la domanda di assistenza giudiziaria delle autorità egiziane, descritta segnatamente ai punti 128, 130 e 137 della sentenza impugnata, non fornisce la prova che il primo ricorrente sia oggetto di indagini in Egitto e, in particolare, che il Tribunale è incorso in un errore di diritto constatando l’esistenza di un’indagine giudiziaria a suo carico per appropriazione indebita di fondi pubblici commessa nella sua qualità di ex deputato egiziano. Tale argomento deve essere pertanto dichiarato irricevibile.

79

L’argomento dei ricorrenti secondo cui non sussisterebbe alcun elemento di prova che l’ordinanza sia stata adottata «per appropriazione indebita di fondi pubblici sulla base della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione» deve del pari essere respinto, dal momento che dalla stessa richiesta di assistenza giudiziaria emerge che il primo ricorrente è perseguito penalmente in Egitto e che le autorità egiziane hanno indicato come base giuridica della richiesta di assistenza giudiziaria tale Convenzione, facendo riferimento, tra l’altro, agli articoli da 17 a 19, 23 e 31 di questa.

80

Quanto alla seconda, alla terza e alla quarta ricorrente, sebbene il Tribunale, al punto 131 della sentenza impugnata, abbia riconosciuto che nessuno dei documenti summenzionati suggerisce che le stesse siano state sottoposte a procedimenti penali in Egitto per fatti di appropriazione indebita di fondi pubblici, al punto 132 di detta sentenza esso ha constatato che i loro beni erano stati sequestrati in forza di un’ordinanza del procuratore generale egiziano approvata da un giudice penale e connessa a indagini relative a fatti di appropriazione indebita di fondi pubblici.

81

Quanto all’argomento dei ricorrenti secondo cui il sequestro dei loro beni in Egitto non proverebbe la sussistenza di un procedimento giudiziario nei confronti della seconda, della terza e della quarta ricorrente, è sufficiente ricordare che tale sequestro è stato ordinato dal procuratore generale egiziano ed approvato da un giudice penale, che devono essere considerati organi giurisdizionali. L’argomento dei ricorrenti secondo cui il sequestro in esame avrebbe solo carattere preventivo è privo di fondamento, alla luce del fatto che tale sequestro è stato ordinato da autorità giudiziarie e che il carattere preventivo di una misura non può privarla del suo carattere giudiziario.

82

Il Tribunale, pertanto, non è incorso in un errore di diritto concludendo, al punto 134 della sentenza impugnata, che il Consiglio non aveva commesso né un errore di fatto né un errore di qualificazione giuridica dei fatti qualificando, nell’allegato della decisione 2011/172, la seconda, la terza e la quarta ricorrente quali persone sottoposte ad un procedimento giudiziario in Egitto che presentava un legame con indagini vertenti su fatti di appropriazione indebita di fondi pubblici.

83

I ricorrenti invocano altresì la finalità politica della denuncia formulata contro il primo ricorrente nonché il trattamento riservatogli in Egitto in violazione delle norme dello stato di diritto. Tuttavia, non precisano quale fosse il motivo esposto dinanzi al Tribunale al quale quest’ultimo non avrebbe risposto, né dimostrano in che modo il Tribunale sia incorso in un errore di diritto.

84

I ricorrenti sostengono infine che il Tribunale avrebbe dovuto prendere in considerazione, nell’ambito del controllo dell’iscrizione sugli elementi contenuti nell’allegato della decisione 2011/172 e del regolamento n. 270/2011, il coinvolgimento personale della persona fisica nella commissione degli atti contemplati dalla normativa pertinente. Deve peraltro rilevarsi che il criterio previsto dall’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172, in virtù del quale sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti a persone o entità identificate quali responsabili di distrazione di fondi pubblici egiziani, deve essere interpretato nel senso che esso consente di considerare l’esistenza di procedimenti giudiziari connessi ad indagini giudiziarie per distrazione di fondi pubblici quale fondamento delle misure restrittive, senza che sia necessario stabilire un’implicazione personale della persona interessata. Ne consegue che la giurisprudenza invocata dai ricorrenti e menzionata al punto 57 della presente sentenza non è pertinente.

85

Alla luce di tutti gli elementi sopra illustrati, il secondo motivo deve essere respinto.

Sul terzo motivo

Argomenti delle parti

86

Con il loro terzo motivo, i ricorrenti sostengono che il Tribunale, dichiarando che il Consiglio si era conformato al suo obbligo di motivazione nella decisione 2011/172 e nel regolamento n. 270/2011, è incorso in un errore di diritto.

87

Essi fanno valere che il Consiglio ha motivato la loro inclusione negli elenchi contenuti in allegato a tali atti sulla base di una motivazione unica e identica per ciascuno di essi, vale a dire che ognuno di essi era sottoposto «dalle autorità egiziane a procedimento giudiziario per appropriazione indebita di fondi pubblici in base alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione». Un simile motivo sarebbe vago e non consentirebbe di identificare le ragioni «specifiche e concrete» per le quali ai ricorrenti siano state imposte le misure restrittive. Il carattere impreciso della motivazione adottata dal Consiglio sarebbe reso ancor più grave per le notevoli divergenze delle versioni linguistiche della decisione 2011/172 e del regolamento n. 270/2011, e priverebbe i ricorrenti della possibilità di difendere nel miglior modo i propri diritti.

88

Il Consiglio rileva che i ricorrenti non chiariscono in che modo il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto confermando la validità della formulazione letterale dei motivi d’iscrizione. In ogni caso, i ricorrenti hanno ottenuto tutti i documenti rilevanti per la loro difesa.

89

Esso sottolinea inoltre che i ricorrenti invocano per la prima volta le difficoltà provocate dalle divergenze tra le versioni linguistiche della decisione 2011/172 e del regolamento n. 270/2011. Esso ricorda che i ricorrenti hanno sempre utilizzato la lingua inglese nel procedimento, sicché risulta difficile comprendere come il riferimento alla versione in lingua inglese delle misure contestate abbia loro impedito di difendersi nelle migliori condizioni possibili.

90

La Commissione afferma che la motivazione degli atti suddetti era sufficiente.

Giudizio della Corte

91

Ai punti da 107 a 109 della sentenza impugnata il Tribunale ha ricordato, senza incorrere in un errore di diritto, la giurisprudenza relativa alla motivazione degli atti e, più in particolare, agli atti che impongono misure restrittive quali un congelamento dei beni.

92

Dopo aver analizzato, al punto 113 della sentenza impugnata, le indicazioni relative alla base giuridica della decisione 2011/172 e del regolamento n. 270/2011, esso ha verificato, al punto 114 di tale sentenza, che le considerazioni di fatto sulla cui base il Consiglio aveva deciso il congelamento dei beni erano sufficientemente circostanziate, così da consentire che i ricorrenti ne potessero contestare l’esattezza dinanzi al Consiglio e, poi, dinanzi al giudice dell’Unione. Al punto 115 di detta sentenza, esso ha verificato che le considerazioni di cui trattasi non presentavano carattere stereotipato, ma che erano dirette a descrivere la situazione dei ricorrenti.

93

Al punto 116 della sentenza impugnata il Tribunale ha dichiarato, senza incorrere in un errore di diritto, che la decisione 2011/172 e il regolamento n. 270/2011 includono l’enunciazione degli elementi di diritto e di fatto che ne costituiscono, secondo il loro autore, il fondamento e che dal loro tenore letterale emerge chiaramente l’iter logico seguito dal Consiglio.

94

Occorre pertanto respingere il terzo motivo.

Sul quarto motivo

Argomenti delle parti

95

Con il loro quarto motivo, i ricorrenti sostengono che il Tribunale, dichiarando ai punti da 158 a 185 della sentenza impugnata che i diritti della difesa e il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva dei ricorrenti non sono stati violati, è incorso in un errore di diritto.

96

Il Tribunale avrebbe a torto ritenuto che la decisione 2011/172 ed il regolamento n. 270/2011 fossero motivati in modo adeguato. Esso non avrebbe altresì tenuto conto del fatto che i ricorrenti hanno ricevuto copia della richiesta di assistenza giudiziaria solo oltre quattro mesi dopo l’adozione di tale decisione e di tale regolamento, ossia successivamente alla data di proposizione del ricorso dinanzi al Tribunale. Le informazioni fornite nella lettera del 29 luglio 2011 sarebbero incomplete. Il Tribunale non avrebbe verificato se i fatti considerati dal Consiglio, e sui quali si fondano i motivi dell’iscrizione dei ricorrenti negli elenchi contenuti in allegato a detti atti, fossero accertati. L’affermazione operata dal Tribunale della legittimità dell’iscrizione della seconda, della terza e della quarta ricorrente su tali elenchi sarebbe fondata su un motivo diverso da quello fornito dal Consiglio.

97

Il Consiglio fa valere che i ricorrenti non indicano in che modo essi siano stati ostacolati nell’esercitare appieno i loro diritti della difesa e il loro diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, dal momento che sono stati in grado di introdurre un ricorso di annullamento entro il termine legalmente prescritto e che, nell’ambito di tale ricorso, gli stessi hanno contestato esattamente i medesimi elementi che erano stati loro comunicati in risposta alle richieste di informazioni da essi trasmesse a seguito dell’adozione della decisione 2011/172 e del regolamento n. 270/2011.

98

Il Consiglio e la Commissione ricordano che, ai punti 164 e 165 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che il Consiglio aveva comunicato ai ricorrenti i documenti necessari alla loro difesa. Orbene, i ricorrenti non contestano tali punti della sentenza impugnata.

99

Quanto agli altri argomenti, il Consiglio fa valere che a questi ultimi si è già risposto nell’ambito degli altri motivi.

Giudizio della Corte

100

Ai punti da 158 a 185 della sentenza impugnata, su cui verte il quarto motivo, il Tribunale ha risposto a tre argomenti distinti addotti dai ricorrenti.

101

Anzitutto, ai punti da 159 a 166 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che l’argomento dei ricorrenti, secondo cui non sarebbero stati loro comunicati gli elementi di prova in base ai quali i loro beni sono stati congelati, era privo di fondamento in punto di fatto. I punti 160 e 165 della sentenza impugnata, mediante i quali il Tribunale constata che il Consiglio aveva comunicato ai ricorrenti i documenti necessari alla loro difesa, sono redatti nel modo seguente:

«164

Infatti, da una parte, dai documenti del fascicolo risulta che, con lettera del 7 giugno 2011 (...), il Consiglio ha risposto alla richiesta del 1o aprile 2011, rimandando i ricorrenti ad un documento “del 13 febbraio 2011 del Ministro egiziano degli Affari esteri contenente una richiesta del procuratore generale egiziano diretta al congelamento dei beni di taluni ex ministri e ufficiali, fondata sulla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, e che include [il primo ricorrente] nell’elenco delle persone interessate”. Tale documento del 13 febbraio 2011 era allegato alla lettera del Consiglio.

165

Dall’altra, con lettera del 29 luglio 2011 menzionata al precedente punto 125, il Consiglio ha risposto in particolare alla lettera del 13 maggio 2011. Esso ha invitato lo studio legale dei ricorrenti a fare riferimento non solo alle “informazioni già comunicate nella precedente lettera del Consiglio del 7 giugno 2011”, ma altresì ad una “nota (...) della missione egiziana presso l’U[nione] E[uropea] del 24 febbraio 2011, contenente una richiesta di assistenza giudiziaria del procuratore generale egiziano”. La suddetta nota e la richiesta di assistenza giudiziaria, descritte rispettivamente ai precedenti punti 126 e 128, erano allegate alla summenzionata lettera del Consiglio».

102

Dal momento che i ricorrenti non hanno dedotto alcun motivo relativo allo snaturamento dei fatti o degli elementi di prova, il quarto motivo deve essere respinto, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 77 della presente sentenza, in quanto irricevibile nella parte in cui esso riguarda i punti da 159 a 166 della sentenza impugnata.

103

Poi, ai punti da 167 a 170 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto un argomento dei ricorrenti vertente sul difetto di motivazione della decisione 2011/172 e del regolamento n. 270/2011.

104

A tale riguardo, al punto 93 della presente sentenza, si è già rilevato che il Tribunale non era incorso in alcun errore di diritto dichiarando che gli atti summenzionati erano motivati in modo adeguato. Pertanto, il quarto motivo deve essere respinto in quanto infondato, nella parte in cui esso riguarda i punti da 167 a 170 della sentenza impugnata.

105

Da ultimo, ai punti da 171 a 185 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto svariati argomenti dei ricorrenti diretti a dimostrare la violazione del loro diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva. Nell’ambito del presente motivo, i ricorrenti affermano che il Tribunale non ha tenuto conto del fatto che essi hanno ricevuto comunicazione di una copia della richiesta di assistenza giudiziaria, che costituisce il principale elemento di prova sul quale si fondano la decisione 2011/172 e il regolamento n. 270/2011, in data 29 luglio 2011, ossia oltre quattro mesi dopo l’adozione di tali atti. Di conseguenza, i ricorrenti ritengono che il Consiglio non abbia loro risposto «in tempo utile», contrariamente a quanto valutato dal Tribunale al punto 182 della sentenza impugnata.

106

È sufficiente rilevare che i ricorrenti non hanno fatto valere tale argomento dinanzi al Tribunale e pertanto essi non possono, nella fase dell’impugnazione, invocare l’esistenza di un errore di diritto commesso a tale riguardo dal Tribunale.

107

Il quarto motivo deve essere di conseguenza respinto.

Sul quinto motivo

Argomenti delle parti

108

Con il loro quinto motivo, i ricorrenti sostengono che il Tribunale è incorso in un errore di diritto dichiarando che l’ingerenza nel loro diritto di proprietà e/o nella loro libertà imprenditoriale fosse proporzionata.

109

Il Tribunale non avrebbe esaminato la possibilità di ricorrere a misure meno severe rispetto alle misure restrittive per conseguire gli obiettivi perseguiti. Tale giudice si è limitato rilevare, al punto 207 della sentenza impugnata, che i ricorrenti non hanno dimostrato che il Consiglio potesse prevedere l’adozione di misure meno restrittive, ma al contempo adeguate, rispetto a quelle stabilite dalla decisione 2011/172 e dal regolamento n. 270/2011. Inoltre, il Tribunale non avrebbe analizzato la situazione di ciascuno dei ricorrenti individualmente considerato. Se non fosse incorso in tali errori, il Tribunale avrebbe necessariamente concluso che le misure restrittive in esame costituivano un’ingerenza sproporzionata nel diritto di proprietà e/o nella libertà di impresa dei ricorrenti.

110

Il Consiglio ricorda che il Tribunale ha profusamente esaminato la proporzionalità delle misure, ai punti da 187 a 217 della sentenza impugnata. D’altra parte, un esame della situazione di ciascuno dei ricorrenti non sarebbe stato necessario, giacché le misure restrittive di cui trattasi non costituirebbero la sanzione di un atto censurabile, presunto o provato, e, dunque, non dovrebbero essere adeguate al comportamento delle persone che ne sono destinatarie. In proposito il Consiglio rileva che i ricorrenti non hanno invocato, né dinanzi al Tribunale né dinanzi alla Corte, la minima circostanza atta a giustificare una simile differenziazione per quanto attiene al trattamento dei ricorrenti. Pertanto, gli stessi a torto affermerebbero che il Tribunale sia incorso in un errore non tenendo conto di un argomento, posto che quest’ultimo non gli è stato mai presentato.

Giudizio della Corte

111

Secondo una giurisprudenza costante, un’impugnazione deve indicare in modo preciso gli elementi censurati della sentenza di cui si chiede l’annullamento nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda (v., in particolare, sentenze Francia/Monsanto e Commissione, C‑248/99 P, EU:C:2002:1, punto 68, nonché Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punto 46).

112

Orbene, i ricorrenti non adducono alcun argomento giuridico volto a dimostrare l’esistenza di un errore di diritto ai punti da 205 a 209 della sentenza impugnata, in cui il Tribunale ha svolto un controllo della proporzionalità delle misure restrittive in questione. I ricorrenti si limitano a contestare il motivo del Tribunale, che figura al punto 207 della sentenza impugnata e ricordato al punto 109 della presente sentenza, con cui quest’ultimo constata che i ricorrenti non hanno fornito elementi atti a dimostrare la possibilità di adottare misure meno restrittive, senza neppure tentare di dimostrare di avere presentato simili elementi dinanzi al Tribunale.

113

Quanto alla situazione personale di ciascuno dei ricorrenti, è sufficiente ricordare che la fondatezza della loro iscrizione negli elenchi contenuti nell’allegato della decisione 2011/172 e del regolamento n. 270/2011 è stata verificata dal Tribunale nella sua risposta al quarto motivo del ricorso di annullamento. A tale riguardo occorre rilevare che il Tribunale ha fatto riferimento all’articolo 1, paragrafo 3, della decisione 2011/172, secondo cui, in determinate condizioni e in casi specifici, le autorità competenti degli Stati membri possono autorizzare che taluni fondi o risorse economiche congelati siano sbloccati o siano messi a disposizione. L’articolo 4 del regolamento n. 270/2011 contiene una disposizione simile. Alla luce dell’obiettivo specifico del congelamento dei fondi relativo a tutti i ricorrenti, ossia l’immobilizzazione di beni che possono essere entrati nel patrimonio dei ricorrenti a seguito di appropriazioni indebite di fondi pubblici commesse in danno alle autorità egiziane, del carattere temporaneo e reversibile delle misure, sottolineato al punto 209 della sentenza impugnata, e delle suddette disposizioni che consentono che taluni fondi siano sbloccati in casi specifici, il Tribunale non era tenuto a procedere ad un controllo della proporzionalità della misura restrittiva rispetto a ciascuno dei ricorrenti.

114

Ne consegue che il quinto motivo deve essere respinto in quanto parzialmente irricevibile e parzialmente infondato.

Sul sesto motivo

Argomenti delle parti

115

Con il loro sesto motivo i ricorrenti sostengono che il Tribunale è incorso in un errore di diritto dichiarando che il Consiglio non aveva commesso un errore manifesto di valutazione.

116

Infatti, il Tribunale ha ritenuto, ai punti 235 e 236 della sentenza impugnata, che il Consiglio si fosse conformato ai criteri definiti all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172 e all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 270/2011. Peraltro, come risulta dal punto 237 di tale sentenza, gli argomenti del Consiglio «postula[vano] che il Consiglio fosse tenuto a verificare se fossero penalmente responsabili di distrazione di fondi pubblici egiziani».

117

Il Consiglio e la Commissione fanno valere che a tali argomenti è già stata data risposta nell’ambito degli altri motivi dell’impugnazione.

Giudizio della Corte

118

Deve rilevarsi che i ricorrenti rinviano alla loro argomentazione presentata a sostegno del secondo motivo e rimettono così in discussione la valutazione del Tribunale relativa alla fondatezza della loro iscrizione sugli elenchi contenuti nell’allegato della decisione 2011/172 e del regolamento n. 270/2011. Tale valutazione del Tribunale è stata confermata dalla Corte nell’ambito dell’esame del secondo motivo e, di conseguenza, il sesto motivo deve essere respinto in quanto privo di fondamento.

119

Dato che tutti i motivi sono stati respinti, l’impugnazione deve essere respinta.

Sulle spese

120

Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è respinta la Corte statuisce sulle spese.

121

Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del medesimo regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza del successivo articolo 184, paragrafo 1, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

122

Poiché il Consiglio e la Commissione ne hanno fatto domanda, i ricorrenti, rimasti soccombenti, vanno condannati alle spese.

 

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

L’impugnazione è respinta.

 

2)

Il sig. Ahmed Abdelaziz Ezz nonché le sig.re Abla Mohammed Fawzi Ali Ahmed, Khadiga Ahmed Ahmed Kamel Yassin e Shahinaz Abdel Azizabdel Wahab Al Naggar sono condannati a sopportare, oltre alle proprie spese, anche quelle sostenute dal Consiglio dell’Unione europea e dalla Commissione europea.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.