SENTENZA DELLA CORTE (Ottava Sezione)

26 febbraio 2015 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale — Articolo 288, terzo comma, TFUE — Lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali — Direttiva 2000/35/CE — Articoli 2, 3 e 6 — Direttiva 2011/7/UE — Articoli 2, 7 e 12 — Normativa di uno Stato membro idonea a modificare, a sfavore di un creditore dello Stato, gli interessi prodotti da un credito antecedente a tali direttive»

Nella causa C‑104/14,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Corte suprema di cassazione (Italia), con ordinanza del 28 novembre 2013, pervenuta in cancelleria il 5 marzo 2014, nel procedimento

Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali

contro

Federazione Italiana Consorzi Agrari Soc. coop. arl – Federconsorzi, in concordato preventivo,

Liquidazione giudiziale dei beni ceduti ai creditori della Federazione Italiana Consorzi Agrari Soc. coop. arl – Federconsorzi,

LA CORTE (Ottava Sezione),

composta da A. Ó Caoimh, presidente di sezione, E. Jarašiūnas (relatore) e C.G. Fernlund, giudici,

avvocato generale: N. Wahl

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per la Liquidazione giudiziale dei beni ceduti ai creditori della Federazione Italiana Consorzi Agrari Soc. coop. arl – Federconsorzi, da D. Santosuosso e G. Niccolini, avvocati;

per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da S. Fiorentino, avvocato dello Stato;

per la Commissione europea, da G. Zavvos, in qualità di agente, assistito da A. Franchi, avvocatessa,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 2, 3 e 6 della direttiva 2000/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 giugno 2000, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (GU L 200, pag. 35), nonché degli articoli 2, 7 e 12 della direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (GU L 48, pag. 1, e, per rettifica, GU 2012, L 233, pag. 3).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone il Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali (in prosieguo: il «Ministero») alla Federazione Italiana Consorzi Agrari Soc. coop. arl, in concordato preventivo (in prosieguo: la «Federconsorzi»), e alla Liquidazione giudiziale dei beni ceduti ai creditori della Federazione Italiana Consorzi Agrari Soc. coop. arl – Federconsorzi, in merito agli interessi dovuti su un credito vantato dalla Federconsorzi nei confronti del Ministero.

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione

3

La direttiva 2000/35, che è stata abrogata dalla direttiva 2011/7 con effetto dal 16 marzo 2013, stabiliva, all’articolo 1, che le sue disposizioni si applicavano a tutti i pagamenti effettuati a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale. Ai sensi dell’articolo 2 di detta direttiva, costituiscono una «transazione commerciale» tutti i «contratti tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni che comportano la consegna di merci o la prestazione di servizi, contro pagamento di un prezzo».

4

L’articolo 3 della direttiva 2000/35 imponeva agli Stati membri l’obbligo di garantire che il creditore avesse il diritto di reclamare gli interessi di mora, qualora egli avesse adempiuto ai propri obblighi contrattuali e di legge e, alla data di scadenza del credito, non avesse ricevuto l’importo dovuto, salvo il caso di non imputabilità del ritardo al debitore, e dettava alcune regole riguardo alla data di esigibilità degli interessi e alla determinazione del loro tasso. Il citato articolo 3, paragrafo 3, era così formulato:

«Gli Stati membri dispongono che un accordo sulla data del pagamento o sulle conseguenze del ritardo di pagamento che non sia conforme alle disposizioni di cui ai paragrafi 1, lettere da b) a d), e 2 non possa essere fatto valere[, oppure] dia diritto a un risarcimento del danno, se, considerate tutte le circostanze del caso, ivi compresa la corretta prassi commerciale e la natura del prodotto, risulti gravemente iniquo nei confronti del creditore. Per determinare se un accordo è gravemente iniquo per il creditore, si terrà conto inter alia se il debitore ha qualche motivo oggettivo per ignorare le disposizioni dei paragrafi 1, lettere da b) a d), e 2. Ove si accerti che tale accordo è gravemente iniquo, si applicano i termini legali, a meno che il giudice nazionale non riporti il contratto ad equità»

5

L’articolo 6 della direttiva summenzionata recitava:

«1.   Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente all’8 agosto 2002. (...)

(...)

2.   Gli Stati membri possono lasciare in vigore od emanare norme che siano più favorevoli al creditore di quelle necessarie per conformarsi alla presente direttiva.

3.   Nell’attuare la presente direttiva gli Stati membri possono escludere:

(...)

b)

contratti conclusi prima dell’8 agosto 2002 (...)

(...)».

6

Quanto alla direttiva 2011/7, il suo articolo 1 dispone quanto segue:

«1.   Lo scopo della presente direttiva è di lottare contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, al fine di garantire il corretto funzionamento del mercato interno, favorendo in tal modo la competitività delle imprese e in particolare delle PMI.

2.   La presente direttiva si applica ad ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale.

(...)».

7

La definizione di «transazione commerciale» formulata all’articolo 2, punto 1, della direttiva 2011/7 è identica a quella precedentemente fornita dalla direttiva 2000/35.

8

L’articolo 7 della direttiva 2011/7 così dispone:

«1.   Gli Stati membri dispongono che una clausola contrattuale o una prassi relativa alla data o al periodo di pagamento, al tasso dell’interesse di mora o al risarcimento per i costi di recupero non possa essere fatta valere oppure dia diritto a un risarcimento del danno qualora risulti gravemente iniqua per il creditore.

Per determinare se una clausola contrattuale o una prassi sia gravemente iniqua per il creditore, ai sensi del primo comma, si tiene conto di tutte le circostanze del caso, tra cui:

a)

qualsiasi grave scostamento dalla corretta prassi commerciale, in contrasto con il principio della buona fede e della correttezza;

b)

la natura del prodotto o del servizio; e

c)

se il debitore abbia qualche motivo oggettivo per derogare al tasso d’interesse di mora legale, al periodo di pagamento di cui all’articolo 3, paragrafo 5, all’articolo 4, paragrafo 3, lettera a), all’articolo 4, paragrafo 4, e all’articolo 4, paragrafo 6, o all’importo forfettario di cui all’articolo 6, paragrafo 1.

2.   Ai fini del paragrafo 1, una clausola contrattuale o una prassi che escluda l’applicazione di interessi di mora è considerata gravemente iniqua.

3.   Ai fini del paragrafo 1, si presume che una clausola contrattuale o una prassi che escluda il risarcimento per i costi di recupero di cui all’articolo 6 sia gravemente iniqua.

(...)».

9

L’articolo 12 della medesima direttiva dispone quanto segue:

«1.   Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi agli articoli da 1 a 8 e all’articolo 10 entro il 16 marzo 2013. (...)

(...)

3.   Gli Stati membri possono mantenere in vigore o adottare disposizioni più favorevoli al creditore di quelle necessarie per conformarsi alla presente direttiva.

4.   Nel recepire la presente direttiva, gli Stati membri decidono se escludere contratti conclusi prima del 16 marzo 2013».

Il diritto italiano

10

All’indomani della Seconda guerra mondiale, le autorità italiane hanno istituito un regime di gestione centralizzata dell’approvvigionamento di cereali e di altri prodotti agroalimentari, disciplinato dal decreto legislativo del 23 gennaio 1948, n. 169, relativo all’assunzione a carico dello Stato dell’onere risultante dalle importazioni di cereali derivati e prodotti comunque destinati alla pani‑pastificazione a decorrere dalla campagna cerealicola 1946/47, e successivamente dalla legge del 22 dicembre 1957, n. 1294, disciplinante gli acquisti dall’estero per conto dello Stato di materie prime, prodotti alimentari ed altri prodotti essenziali (GURI n. 9, del 13 gennaio 1958).

11

In tale quadro legislativo, la gestione degli ammassi obbligatori di tali prodotti alimentari è stata affidata ai consorzi agrari preesistenti, organizzazioni di agricoltori costituite in forma di società cooperative, su base provinciale. La Federconsorzi era l’organizzazione costituita a livello nazionale che riuniva l’insieme di questi consorzi agrari, incaricati dallo Stato di garantire l’approvvigionamento di derrate alimentari con obbligo di fornire il rendiconto annuale della loro gestione allo Stato stesso, il quale rimborsava loro le spese sostenute.

12

I consorzi agrari sono stati riformati dalla legge del 28 ottobre 1999, n. 410, recante nuovo ordinamento dei consorzi agrari (GURI n. 265, dell’11 novembre 1999), mediante la quale la Federconsorzi è stata sciolta e posta in concordato preventivo. I crediti pendenti costituiscono l’oggetto dell’articolo 8, primo comma, di tale legge, il quale dispone quanto segue:

«I crediti derivanti dalle gestioni di ammasso obbligatorio e di commercializzazione dei prodotti agricoli nazionali, svolte dai consorzi agrari per conto e nell’interesse dello Stato e di cui gli stessi consorzi agrari sono titolari alla data di entrata in vigore della presente legge, quali risultanti dai rendiconti approvati con decreti definitivi ed esecutivi del Ministro dell’agricoltura e delle foreste e registrati dalla Corte dei conti, nonché le spese e gli interessi maturati a decorrere dalla data di chiusura delle relative contabilità, indicata nei decreti medesimi, fino alla data del 31 dicembre 1997, sono estinti mediante assegnazione ai consorzi di titoli di Stato da parte del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica».

13

Tale articolo è stato in seguito modificato dalla legge del 23 dicembre 2000, n. 388, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001) (supplemento ordinario alla GURI n. 302, del 29 dicembre 2000), il cui articolo 130 così dispone:

«(...)

b)

all’articolo 8, comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Gli interessi di cui al presente comma sono calcolati: fino al 31 dicembre 1995 sulla base del tasso ufficiale di sconto maggiorato di 4,40 punti, con capitalizzazione annuale; per gli anni 1996 e 1997 sulla base dei soli interessi legali”.

(...)».

14

Adottato successivamente all’adizione della Corte suprema di cassazione nel procedimento principale, il decreto legge del 2 marzo 2012, n. 16, recante disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento (GURI n. 52, del 2 marzo 2012; in prosieguo: il «decreto legge n. 16/2012»), convertito in legge, con modifiche, dalla legge del 26 aprile 2012, n. 44 (supplemento ordinario alla GURI n. 99, del 28 aprile 2012), stabilisce, all’articolo 12, quanto segue:

«I crediti derivanti dalle gestioni di ammasso obbligatorio e di commercializzazione dei prodotti agricoli nazionali, svolte dai consorzi agrari per conto e nell’interesse dello Stato, diversi da quelli estinti ai sensi dell’articolo 8, comma 1, della legge 28 ottobre 1999, n. 410, come modificato dall’articolo 130 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, quali risultanti dai rendiconti approvati con decreti definitivi ed esecutivi del Ministro dell’agricoltura e delle foreste e registrati dalla Corte dei conti, che saranno estinti nei riguardi di coloro che risulteranno averne diritto, nonché le spese e gli interessi maturati a decorrere dalla data di chiusura delle relative contabilità, indicata nei decreti medesimi, producono interessi calcolati: fino al 31 dicembre 1995 sulla base del tasso ufficiale di sconto maggiorato di 4,40 punti, con capitalizzazione annuale; per il periodo successivo sulla base dei soli interessi legali».

15

D’altro canto, la direttiva 2000/35 è stata trasposta nell’ordinamento giuridico italiano dal decreto legislativo del 9 ottobre 2002, n. 231, recante attuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (GURI n. 249, del 23 ottobre 2002), il quale dispone, all’articolo 11, che le sue disposizioni non si applicano ai contratti conclusi prima dell’8 agosto 2002.

16

Il decreto legislativo del 9 novembre 2012, n. 192, recante modifiche al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, per l’integrale recepimento della direttiva 2011/7/UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, a norma dell’articolo 10, comma 1, della legge 11 novembre 2011, n. 180 (GURI n. 267, del 15 novembre 2012), ha trasposto la direttiva 2011/7 nell’ordinamento italiano. Esso stabilisce, all’articolo 3, che le sue disposizioni si applicano alle transazioni concluse a far data dal 1o gennaio 2013.

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

17

Con una sentenza in data 22 novembre 2004, la Corte d’appello di Roma ha fissato ad EUR 511 878 997,39 l’ammontare del credito vantato dalla Federconsorzi, quale cessionaria dei crediti di 58 consorzi agrari provinciali, nei confronti del Ministero, a titolo delle spese sostenute da questi consorzi fino al 1967 nel quadro della gestione degli ammassi obbligatori. Per giungere a tale importo, detto giudice ha escluso l’applicazione dell’articolo 8, primo comma, della legge del 28 ottobre 1999, n. 410, affermando che tale norma era diretta soltanto ad estinguere i contenziosi pendenti con i consorzi agrari e non si applicava a soggetti diversi, divenuti cessionari dei crediti dei succitati consorzi. La Corte d’appello di Roma ha fatto decorrere gli interessi dal 31 gennaio 1982, data della constatazione del credito di cui sopra, ha proceduto ad una compensazione dei reciproci crediti delle due parti alla data del 4 luglio 1991 ed ha calcolato gli interessi dovuti sul saldo con capitalizzazione semestrale degli stessi, per il periodo dal 5 luglio 1991 al 30 giugno 2004, con ulteriore produzione di interessi fino al pagamento effettivo.

18

Tale pronuncia è stata annullata da una sentenza della Corte suprema di cassazione del 13 dicembre 2007, che ha rinviato la causa dinanzi alla Corte d’appello di Roma, la quale, con sentenza del 14 ottobre 2011, ha nuovamente constatato che il debito del Ministero ammontava, alla data del 30 giugno 2004, alla somma di EUR 551 878 997,39, oltre ad ulteriori interessi pari al tasso ufficiale di sconto aumentato del 4,40% capitalizzato semestralmente, a far data dal 1o luglio 2004 fino al pagamento effettivo. Detto giudice ha in particolare constatato che tra lo Stato e la Federconsorzi esisteva un mandato ex lege avente ad oggetto la delega della funzione di garantire l’approvvigionamento di prodotti agroalimentari, ed ha osservato che tale mandato si svolgeva con piena autonomia gestionale e finanziaria e prevedeva un obbligo di rendiconto annuale nonché un diritto al rimborso delle spese.

19

Il Ministero ha proposto un ricorso per cassazione contro quest’ultima sentenza, deducendo in particolare una violazione dell’articolo 8, primo comma, della legge 28 ottobre 1999, n. 410.

20

Nel corso del procedimento, il liquidatore giudiziario della Federconsorzi ha in particolare sostenuto che l’articolo 12, paragrafo 6, del decreto legge n. 16/2012, adottato successivamente alla presentazione del ricorso per cassazione e del quale il Ministero ha chiesto l’applicazione, era incompatibile con le direttive 2000/35 e 2011/7. Esso ha fatto valere al riguardo che, mediante tale atto legislativo successivo alle direttive menzionate, lo Stato italiano imponeva al proprio creditore non soltanto una riduzione degli interessi per ritardato pagamento scaduti fino al 1995, con capitalizzazione annuale anziché semestrale degli stessi, ma anche l’applicazione dei soli interessi legali a partire dall’anno 1995, quando invece le direttive sopra citate osterebbero, a suo parere, a che il legislatore nazionale intervenga per escludere il diritto di un creditore dello Stato ad interessi per il ritardato pagamento di crediti già esistenti, ivi compresi i crediti derivanti da rapporti sorti anteriormente all’8 agosto 2002 o al 16 marzo 2013.

21

Il Ministero ha concluso per l’inapplicabilità della direttiva 2000/35 e del decreto legislativo del 9 ottobre 2002, n. 231, ai fatti del procedimento principale, in quanto, da un lato, tra le parti non ricorreva una transazione commerciale, bensì un rapporto pubblicistico, e, dall’altro, la direttiva e il decreto legislativo sopra citati non si applicano ai contratti conclusi prima dell’8 agosto 2002.

22

La Corte suprema di cassazione chiarisce, in via preliminare, che l’articolo 12, paragrafo 6, del decreto legge n. 16/2012 è applicabile alla controversia di cui al procedimento principale, per il fatto che, al momento dell’entrata in vigore di detto provvedimento, le questioni relative al tasso d’interesse applicabile e all’anatocismo non avevano costituito l’oggetto di una decisione passata in giudicato.

23

Il giudice del rinvio rileva, in primo luogo, come non possa escludersi che il mandato ex lege esistente tra i consorzi agrari e lo Stato, per la gestione degli ammassi obbligatori, costituisca una transazione commerciale ai sensi delle direttive 2000/35 e 2011/7.

24

Esso ritiene, in secondo luogo, che non sia manifestamente infondata la tesi del liquidatore della Federconsorzi, secondo cui dette direttive non consentono l’adozione di disposizioni applicabili ai rapporti sorti prima dell’8 agosto 2002 o del 16 marzo 2013, le quali escludano il pagamento di interessi moratori. Il giudice nazionale ritiene dunque che sia necessario valutare la compatibilità dell’articolo 12, paragrafo 6, del decreto legge n. 16/2012 con le disposizioni del diritto dell’Unione.

25

Sulla scorta di tali circostanze, la Corte suprema di cassazione ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«l)

Se il rapporto di mandato ex lege intercorrente tra l’Amministrazione statale ed i Consorzi agrari (rapporto dal quale è nato il credito successivamente ceduto dai Consorzi alla Federconsorzi e da questa ai suoi creditori nell’ambito di una procedura concorsuale) per l’approvvigionamento e la distribuzione di prodotti agricoli, quale risultante dal decreto legislativo del 23 gennaio 1948, n. 169, e dalla legge del 22 dicembre 1957, n. 1294, rientri nella definizione di transazione commerciale, come definita dall’articolo 2 della direttiva 2000/35 e dall’articolo 2 della direttiva 2011/7.

2)

Nel caso di positiva risposta al quesito sub l), se l’obbligo di recepimento delle direttive 2000/35 (articolo 6, paragrafo 2) e 2011/7 (articolo 12, paragrafo 3), con la possibilità di lasciare in vigore norme più favorevoli, implichi l’obbligo di non mutare in peius, o addirittura escludere, il tasso di mora applicabile ai rapporti già in corso al momento della entrata in vigore delle direttive.

3)

Nel caso di positiva risposta al quesito sub 2), se l’obbligo di non mutare in peius il tasso di mora applicabile ai rapporti già in corso debba essere valutato come operante rispetto ad una regolazione unitaria degli interessi, che preveda fino ad un certo momento (nella specie dal 31 gennaio 1982 al 31 dicembre 1995) il riconoscimento di un saggio extralegale e di una capitalizzazione, sia pure annuale e non semestrale come richiesta dal creditore, e dopo il predetto momento soltanto la corresponsione di un interesse legale, con una disciplina, che, attesi gli estremi della controversia in atto (...), non è necessariamente sfavorevole per il creditore.

4)

Se l’obbligo di recepimento delle direttive 2000/35 (articolo 6) e 2011/7 (articolo 12), nella parte in cui, in relazione alla proibizione dell’abuso della libertà contrattuale in danno del creditore, prevedono, rispettivamente agli articoli 3, paragrafo 3, e 7, l’inefficacia di clausole contrattuali o prassi inique, implichi il divieto per lo Stato di intervenire con norme che, con riferimento a rapporti di cui lo Stato è parte e che sono in corso al momento di entrata in vigore delle direttive, escludano la corresponsione di interessi moratori.

5)

Nel caso di positiva risposta al quesito sub 4), se l’obbligo di non intervenire in rapporti in corso, e nei quali lo Stato sia parte, con norma di esclusione degli interessi di mora sia operante rispetto ad una regolazione unitaria degli interessi, che preveda fino ad un certo momento (nella specie dal 31 gennaio 1982 al 31 dicembre 1995) il riconoscimento di un saggio extralegale e di una capitalizzazione, sia pure annuale e non semestrale come richiesta dal creditore, e dopo il predetto momento soltanto la corresponsione di un interesse legale, con una disciplina, che, attesi gli estremi della controversia in atto (...), non è necessariamente sfavorevole per il creditore».

Sulle questioni pregiudiziali

26

Occorre rilevare, in via preliminare, che il decreto legge n. 16/2012 è stato adottato quando la direttiva 2000/35 era ancora in vigore, dopo l’adozione e l’entrata in vigore della direttiva 2011/7, ma prima della scadenza del termine di trasposizione di quest’ultima.

27

Inoltre, come risulta dai punti 15 e 16 della presente sentenza, la Repubblica italiana ha fatto uso della facoltà conferita agli Stati membri dall’articolo 6, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2000/35 di escludere, in sede di trasposizione di quest’ultima, i contratti conclusi prima dell’8 agosto 2002, ed ha altresì fatto ricorso, dopo l’adozione del decreto legge n. 16/2012, alla facoltà, prevista dall’articolo 12, paragrafo 4, della direttiva 2011/7, di escludere i contratti conclusi prima del 16 marzo 2013.

28

Orbene, risulta dall’ordinanza di rinvio che il credito della Federconsorzi controverso nel procedimento principale è sorto nell’ambito di rapporti, qualificati dal giudice del rinvio come mandato ex lege, intercorsi fino al 1967 tra lo Stato italiano e vari consorzi agrari, e che il credito suddetto era derivato da una cessione di crediti risultanti dalle spese effettuate da tali consorzi prima di quella data per conto e nell’interesse dello Stato nell’ambito del mandato di cui sopra.

29

Il giudice del rinvio si chiede, nondimeno, se dall’obbligo di recepimento delle direttive 2000/35 e 2011/7, nonché dagli articoli 3, paragrafo 3, e 6 della prima di tali direttive e dagli articoli 7 e 12 della seconda di esse, risulti che la Repubblica italiana non poteva legittimamente adottare le disposizioni del decreto legge n. 16/2012, convertito in legge, che sono idonee a modificare gli interessi del credito della Federconsorzi a sfavore di quest’ultima.

30

Alla luce di tali elementi, occorre considerare che, mediante le sue questioni seconda, terza, quarta e quinta, da esaminarsi congiuntamente e in via preliminare, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 288, terzo comma, TFUE, nonché gli articoli 3, paragrafo 3, e 6 della direttiva 2000/35 e gli articoli 7 e 12 della direttiva 2011/7 debbano essere interpretati nel senso che ostano a che uno Stato membro, il quale abbia fatto uso della facoltà prevista dall’articolo 6, paragrafo 3, lettera b), della prima delle suddette direttive, possa, durante il termine di trasposizione della seconda di esse, adottare disposizioni legislative, come quelle in questione nel procedimento principale, idonee a modificare a sfavore di un creditore dello Stato gli interessi prodotti da un credito derivante dall’esecuzione di un contratto concluso prima dell’8 agosto 2002.

31

A questo proposito, è sufficiente rilevare che la facoltà per uno Stato membro di escludere, in sede di trasposizione della direttiva 2000/35, i contratti conclusi prima dell’8 agosto 2002 – così come ha fatto la Repubblica italiana mediante l’adozione dell’articolo 11 del decreto legislativo del 9 ottobre 2002, n. 231 – è espressamente prevista dall’articolo 6, paragrafo 3, lettera b), della direttiva sopra citata ed ha come effetto, allorché viene esercitata, di rendere inapplicabile ratione temporis ai contratti summenzionati l’insieme delle disposizioni di tale direttiva.

32

Inoltre, il fatto di modificare a sfavore di un creditore dello Stato, con atto legislativo adottato durante il termine di trasposizione della direttiva 2011/7, gli interessi prodotti da un credito derivante dall’esecuzione di un contratto concluso prima del 16 marzo 2013 non può comunque essere considerato idoneo a compromettere seriamente il raggiungimento del risultato prescritto da tale direttiva (v. sentenza Inter‑Environnement Wallonie, C‑129/96, EU:C:1997:628, punto 45), dal momento che l’articolo 12, paragrafo 4, di quest’ultima attribuisce agli Stati membri la facoltà di escludere i contratti conclusi prima della data suddetta e che lo Stato membro interessato poteva dunque prendere in considerazione l’esercizio di tale facoltà.

33

Di conseguenza, né l’obbligo di trasporre la direttiva 2011/7, né l’articolo 12, paragrafo 3, di tale direttiva, che permette agli Stati membri di mantenere o di adottare disposizioni più favorevoli per il creditore rispetto a quelle necessarie per conformarsi alla direttiva stessa, né l’articolo 7 di quest’ultima, relativo agli accordi, alle clausole o alle pratiche abusive, consentono di affermare che uno Stato membro, il quale abbia fatto uso della facoltà prevista dall’articolo 6, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2000/35, non possa modificare a sfavore di un creditore dello Stato, durante il termine di trasposizione della citata direttiva 2011/7, gli interessi prodotti da un credito derivante dall’esecuzione di un contratto concluso prima dell’8 agosto 2002, fatti salvi però gli eventuali ricorsi esperibili ai sensi della normativa interna avverso una siffatta modifica degli interessi.

34

Dunque, nel procedimento principale, anche supponendo che il rapporto intercorso tra lo Stato italiano ed i consorzi agrari possa essere qualificato come «transazione commerciale» ai sensi dell’articolo 2 della direttiva 2011/7 e rientrare dunque nell’ambito di applicazione materiale di tale direttiva, quest’ultima non costituiva comunque un ostacolo all’adozione delle disposizioni del decreto legge n. 16/2012.

35

Alla luce delle considerazioni sopra esposte, occorre rispondere alle questioni seconda, terza, quarta e quinta dichiarando che l’articolo 288, terzo comma, TFUE, nonché gli articoli 3, paragrafo 3, e 6 della direttiva 2000/35 e gli articoli 7 e 12 della direttiva 2011/7 devono essere interpretati nel senso che non ostano a che uno Stato membro, il quale abbia fatto uso della facoltà prevista dall’articolo 6, paragrafo 3, lettera b), della prima delle citate direttive, possa, durante il termine di trasposizione della seconda di esse, adottare disposizioni legislative, come quelle in questione nel procedimento principale, idonee a modificare a sfavore di un creditore dello Stato gli interessi prodotti da un credito derivante dall’esecuzione di un contratto concluso prima dell’8 agosto 2002.

36

Alla luce della risposta fornita alle questioni seconda, terza, quarta e quinta, non è necessario rispondere alla prima questione.

Sulle spese

37

Nei confronti delle parti del giudizio principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara:

 

L’articolo 288, terzo comma, TFUE, nonché gli articoli 3, paragrafo 3, e 6 della direttiva 2000/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 giugno 2000, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, e gli articoli 7 e 12 della direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, devono essere interpretati nel senso che non ostano a che uno Stato membro, il quale abbia fatto uso della facoltà prevista dall’articolo 6, paragrafo 3, lettera b), della prima delle citate direttive, possa, durante il termine di trasposizione della seconda di esse, adottare disposizioni legislative, come quelle in questione nel procedimento principale, idonee a modificare a sfavore di un creditore dello Stato gli interessi prodotti da un credito derivante dall’esecuzione di un contratto concluso prima dell’8 agosto 2002.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’italiano.