CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 1o dicembre 2016 ( 1 )

Causa C‑598/14 P

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)

contro

Gilbert Szajner

«Impugnazione — Marchio dell’Unione europea — Marchio denominativo “LAGUIOLE” — Domanda di dichiarazione di nullità fondata sui diritti connessi alla ditta anteriore “Forge de Laguiole” — Dichiarazione parziale di nullità da parte della commissione di ricorso dell’EUIPO — Annullamento parziale della decisione della commissione di ricorso da parte del Tribunale — Articoli 8, paragrafo 4, 53, paragrafo 1, lettera c), e 65, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 207/2009 — Determinazione della portata della tutela riconosciuta ad un determinato contrassegno dalla normativa nazionale pertinente — Decisione giurisdizionale nazionale emanata successivamente alla decisione della commissione di ricorso dell’EUIPO — Sindacato sulla decisione della commissione di ricorso da parte del Tribunale — Articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte — Sindacato sulla decisione del Tribunale da parte della Corte nel procedimento di impugnazione»

I – Introduzione

1.

Nel presente procedimento d’impugnazione la controversia verte, essenzialmente, sulla questione della misura in cui è consentito ai giudici dell’Unione, nell’ambito del sistema di tutela giuridica dei marchi dell’Unione, sottoporre a sindacato la normativa nazionale.

2.

La questione è stata sollevata nel contesto di una controversia in cui figura il nome «Laguiole» che, in Francia, non è collegato soltanto alla coltelleria, ma anche a numerose controversie. Queste ultime riguardano, in particolare, l’utilizzo del nome del paese di Laguiole, oggi spesso impiegato come sinonimo per i famosi coltelli pieghevoli che tradizionalmente venivano ivi prodotti. La normativa nazionale non ha ancora definitivamente chiarito in qual misura detto nome possa essere impiegato per la commercializzazione di prodotti che non hanno nulla a che fare con la località di Laguiole ( 2 ).

3.

Nel caso di specie, si discute peraltro soltanto della questione, da esaminare, in una prima fase, quale questione autonoma, della portata della tutela accordata alla ditta«Forge de Laguiole» nell’ambito dell’articolo 8, paragrafo 4, lettera b), del regolamento n. 207/2009 in combinato disposto con l’articolo L. 711‑4, lettera b), della legge francese sulla proprietà intellettuale.

4.

La commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (in prosieguo: l’«EUIPO») ha ritenuto, al riguardo, che, in base alla giurisprudenza francese, una ditta sarebbe protetta essenzialmente rispetto a tutte le attività ricomprese nell’oggetto d’impresa. A parere del Tribunale, la ditta è invece tutelata soltanto rispetto alle attività effettivamente esercitate dall’impresa. Il Tribunale ha fondato tale posizione sulla sentenza della Cour de cassation francese del 10 luglio 2012 nella causa Cœur de Princesse (in prosieguo: la «sentenza Cœur de princesse») ( 3 ) emanata soltanto successivamente alla decisione della commissione di ricorso.

5.

Secondo l’EUIPO, il Tribunale sarebbe incorso, sul punto, in un errore di diritto. Il Tribunale potrebbe infatti annullare una decisione della commissione di ricorso solo se illegittima al momento della sua emanazione. Tenendo conto della sentenza Cœur de princesse, il Tribunale non avrebbe accertato dunque un errore della commissione di ricorso ma avrebbe sostituito alla valutazione di quest’ultima la propria. Per contro, secondo il Tribunale, la sentenza de qua si sarebbe limitata a stabilire come il diritto francese avrebbe dovuto essere applicato dalla commissione di ricorso ( 4 ).

6.

La controversia evidenzia come il rinvio al diritto nazionale, nel sistema dei marchi dell’Unione, si ponga in un certo qual modo in contrasto con i principi che, di norma, disciplinano il controllo del Tribunale sulle decisioni delle commissioni di ricorso dell’EUIPO. In base a tali principi, il Tribunale dovrebbe infatti limitarsi, in linea di massima, a determinare, alla luce dei dati assunti dalla commissione di ricorso, la sentenza che quest’ultima avrebbe dovuto emanare. Già dalla giurisprudenza elaborata della Corte emerge che tali principi non trovano peraltro automatica applicazione quando si discute dell’interpretazione di una disposizione di diritto nazionale da parte del Tribunale. L’impugnazione in esame offre alla Corte l’occasione di precisare e sviluppare ulteriormente la propria giurisprudenza in materia ( 5 ).

II – Contesto normativo

A – Diritto dell’Unione

1. Statuto della Corte

7.

L’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte così recita:

«L’impugnazione proposta dinanzi alla Corte di giustizia deve limitarsi ai motivi di diritto. Essa può essere fondata su motivi relativi all’incompetenza del Tribunale, a vizi della procedura dinanzi al Tribunale recanti pregiudizio agli interessi della parte ricorrente, nonché alla violazione del diritto dell’Unione da parte del Tribunale».

2. Regolamento n. 207/2009

8.

Il regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario ( 6 ) è stato sostituito dal regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea ( 7 ).Gli articoli 8, 52 e 63 del regolamento n. 40/94 sono conseguentemente divenuti, senza sostanziali modifiche, gli articoli 8, 53 e 65 del regolamento n. 207/2009.

9.

L’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009 così dispone:

«4.   In seguito all’opposizione del titolare di un marchio non registrato o di un altro segno utilizzato nella normale prassi commerciale e di portata non puramente locale, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se e in quanto, conformemente a una normativa dell’Unione o alla legislazione dello Stato membro che disciplina detto segno:

a)

sono stati acquisiti diritti a detto contrassegno prima della data di presentazione della domanda di marchio UE, o della data di decorrenza del diritto di priorità invocato per presentare la domanda di marchio UE;

b)

questo contrassegno dà al suo titolare il diritto di vietare l’uso di un marchio successivo».

10.

L’articolo 53, paragrafo 1, lettera c), del regolamento medesimo prevede quanto segue:

«1.   Su domanda presentata all’Ufficio o su domanda riconvenzionale in un’azione per contraffazione il marchio UE è dichiarato nullo allorché esiste:

(...)

c)

un diritto anteriore ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 4, e ricorrono le condizioni previste nello stesso paragrafo».

11.

Il successivo articolo 65, paragrafi 1 e 2, così recita:

«1.   Avverso le decisioni delle commissioni di ricorso relative ai ricorsi può essere proposto ricorso dinanzi al Tribunale.

2.   Il ricorso può essere proposto per incompetenza, per violazione di norme che prescrivono una determinata forma, per violazione del trattato, del presente regolamento o di qualsiasi regola di diritto relativa alla loro applicazione, o ancora per sviamento di potere».

B – Diritto francese

12.

Gli articoli L. 711‑4, lettera b), e L. 714‑3 del Code de la propriété intellectuelle francese (codice della proprietà intellettuale) (in prosieguo: il «CPI») così dispongono:

L. 711‑4

«Non può essere adottato come marchio un segno che violi diritti anteriori e, segnatamente

(...)

b)

una ditta, qualora esista un rischio di confusione per il pubblico;

(...)».

L. 714‑3

«La registrazione di un marchio non conforme alle disposizioni di cui agli articoli è dichiarata nulla mediante decisione giudiziaria da L. 711‑1 a L. 711‑4».

III – Contesto della controversia e procedimento dinanzi all’EUIPO e al Tribunale

13.

Il sig. Szajner è titolare del marchio denominativo dell’Unione LAGUIOLE, richiesto il 20 novembre 2001 e registrato il 17 gennaio 2005 dall’EUIPO ai sensi del regolamento n. 40/94 (sostituito dal regolamento n. 207/2009).

14.

Il marchio LAGUIOLE è stato registrato, inter alia, per una serie di prodotti e servizi delle classi 8, 14, 16, 18, 20, 21, 28, 34 e 38 dell’Accordo di Nizza del 15 giugno 1957, sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato. Trattasi di un’ampia gamma di prodotti e servizi, dagli utensili e strumenti azionati manualmente, agli articoli di bigiotteria e gioielleria, orologi, stoviglie, cancelleria, pelletteria, oggetti artistici e articoli per lo sport e per fumatori, sino ai servizi di telecomunicazione ( 8 ). A seguito della rinuncia parziale intervenuta in pendenza del procedimento dinanzi all’EUIPO, non sono peraltro più compresi coltelli, forchette e forbici ( 9 ).

A – Procedimento dinanzi all’EUIPO e decisione della commissione di ricorso

15.

Il 22 luglio 2005 la Forge de Laguiole presentava domanda di dichiarazione di nullità parziale del marchio LAGUIOLE, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera c), in combinato disposto con l’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 40/94 [divenuti gli articoli 53, paragrafo 1, lettera c), e 8, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009].

16.

La domanda di dichiarazione di nullità era fondata sulla ditta Forge de Laguiole, utilizzata dalla Forge de Laguiole per la «fabbricazione e vendita di tutti gli articoli di coltelleria, forbiceria, articoli da regalo e souvenir – tutti gli articoli collegati alle arti della tavola». Secondo la Forge de Laguiole, tale ditta la legittima, in base all’articolo L. 711‑4, lettera b), in combinato disposto con l’articolo L. 714‑3 del CPI, a vietare a terzi l’utilizzo del marchio LAGUIOLE.

17.

Con decisione del 27 novembre 2006, la divisione di annullamento respingeva la domanda di dichiarazione di nullità.

18.

Avverso la decisione della divisione di annullamento la Forge de Laguiole proponeva, in data 25 gennaio 2007, ricorso dinanzi all’EUIPO.

19.

Con decisione del 1o giugno 2011, la prima commissione di ricorso dell’EUIPO accoglieva parzialmente il ricorso dichiarando la nullità del marchio LAGUIOLE per i prodotti rientranti nelle classi 8, 14, 16, 18, 20, 21, 28 e 34. Il ricorso veniva respinto con riguardo ai servizi ricompresi nella classe 38 (Servizi di telecomunicazione) ( 10 ).

20.

La commissione di ricorso basava la propria decisione su due pilastri, ciascuno dei quali era da solo sufficiente per fondare la conclusione finale, ovvero che la ditta Forge de Laguiole sarebbe tutelata per tutte le attività ricomprese nell’oggetto della propria attività d’impresa ( 11 ). Da un lato, la commissione di ricorso riteneva che, conformemente all’articolo L. 711-4, lettera b), del CPI, una ditta sarebbe protetta in base al diritto francese, in linea di principio, per tutte le attività ricomprese nell’oggetto della propria attività d’impresa, a condizione che quest’ultimo sia, come nel caso di specie, sufficientemente preciso ( 12 ). Dall’altro, la commissione di ricorso riteneva che, anche a voler ammettere che l’oggetto«fabbricazione e vendita di tutti gli articoli da regalo e souvenir – tutti gli articoli collegati alle arti della tavola» non fosse sufficientemente preciso, la Forge de Laguiole avrebbe dimostrato di aver esteso la propria attività a l settore de quo prima del deposito del marchio dell’Unione controverso ( 13 ).

B – Sentenza del Tribunale

21.

L’8 agosto 2011 il sig. Szajner proponeva dinanzi al Tribunale ricorso di annullamento contro la decisione impugnata. Il ricorso era fondato sulla violazione dell’articolo 53, paragrafo 1, lettera c), in combinato disposto con l’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009 sostenendosi, in particolare, che – a norma dell’articolo L. 711‑4 del CPI – la protezione di una ditta si estenderebbe, contrariamente a quanto affermato dalla commissione di ricorso, unicamente alle attività realmente esercitate dall’impresa ( 14 ).

22.

Nella sua sentenza del 21 ottobre 2014 il Tribunale rilevava, in limine, che la commissione di ricorso aveva fondato la propria interpretazione del diritto francese sulla giurisprudenza esistente al 1o giugno 2011, data di adozione della decisione impugnata. Tale giurisprudenza non sarebbe però stata uniforme e avrebbe dato luogo ad un contrasto in dottrina ( 15 ).

23.

Secondo il Tribunale, la controversia sarebbe stata definita dalla Cour de cassation francese con la sentenza Cœur de princesse nel senso che «la ditta [beneficia] di una protezione soltanto per le attività effettivamente esercitate dall’impresa e non per quelle elencate nel suo statuto» ( 16 ). Il Tribunale riteneva di potersi fondare su detta sentenza nell’esame della legittimità della decisione de qua, benché essa fosse posteriore alla decisione impugnata ( 17 ).

24.

Il Tribunale perveniva così alla conclusione che il primo pilastro del ragionamento della commissione di ricorso – basato sulle attività enunciate nell’oggetto d’impresa della Forge de Laguiole – non costituiva fondamento idoneo della decisione impugnata ( 18 ). Nell’ambito del suo esame del ragionamento del secondo pilastro della decisione de qua, il Tribunale rilevava, inoltre, che la Forge de Laguiole, contrariamente a quanto assunto dalla commissione di ricorso, avrebbe provato soltanto di aver esercitato attività di fabbricazione e di vendita di tutti gli articoli ricompresi nei settori della coltelleria o delle posate, nonché dei regali e dei souvenir, nella misura in cui trattasi di prodotti appartenenti a tali settori. Il Tribunale annullava, quindi, la decisione impugnata nella parte in cui essa aveva accertato, rispetto ad altri articoli, un rischio di confusione ai sensi dell’articolo L. 711‑4 del CPI, limitando il proprio esame del rischio di confusione, ai sensi di detta disposizione, alle attività che, a proprio parere, sarebbero state effettivamente esercitate dalla Forge de Laguiole nel periodo di cui trattasi ( 19 ).

25.

A conclusione del suo esame ( 20 ), il Tribunale confermava la decisione impugnata solo rispetto a un determinato numero di prodotti, ricompresi nei settori di attività effettivamente esercitate dalla Forge de Laguiole e per i quali il Tribunale aveva accertato un rischio di confusione tra la ditta Forge de Laguiole e il marchio LAGUIOLE. Il Tribunale accoglieva, quanto al resto, il ricorso annullando la decisione impugnata nella parte in cui la commissione di ricorso aveva dichiarato nullo il marchio LAGUIOLE anche per altri prodotti ( 21 ).

IV – Impugnazione e conclusioni delle parti

26.

Avverso la sentenza del Tribunale, con ricorso del 22 dicembre 2014 l’EUIPO ha proposto la presente impugnazione. Il 23 marzo 2015 la Forge de Laguiole ha depositato propria comparsa di risposta. L’EUIPO e la Forge de Laguiole chiedono l’annullamento della sentenza impugnata con condanna del sig. Szajner alle spese.

27.

A causa di iniziali problemi di notifica, il sig. Szajner poteva depositare la propria comparsa di risposta solo nel dicembre 2015. Egli chiede che tutte le domande e i motivi di ricorso dedotti dall’EUIPO e dalla Forge de Laguiole siano dichiarati irricevibili; in via subordinata, chiede che tali domande e i motivi di ricorso siano dichiarati infondati, che l’impugnazione sia respinta, che l’annullamento della sentenza impugnata sia dichiarato ultroneo, con condanna dell’EUIPO alle spese.

28.

L’impugnazione è stata trattata per iscritto dinanzi alla Corte.

V – Analisi

A – Sulla ricevibilità

29.

Il sig. Szajner contesta sia la ricevibilità dell’impugnazione dell’EUIPO (v., al riguardo, qui di seguito, sub 1), sia la ricevibilità della domanda della Forge de Laguiole (v. al riguardo, infra, sub 2).

1. Sulla ricevibilità dell’impugnazione dell’EUIPO

30.

Secondo il sig. Szajner, non sarebbe consentito all’EUIPO presentare alcuna impugnazione avverso una sentenza del Tribunale il cui oggetto consista in una decisione della commissione di ricorso, in quanto non avrebbe né legittimazione, né interesse ad agire. I motivi di impugnazione dell’EUIPO sarebbero inoltre irricevibili in quanto modificherebbero l’oggetto della controversia inter partes dinanzi ad esso.

31.

Le eccezioni sono infondate.

32.

In limine, a norma dell’articolo 172 del regolamento di procedura del Tribunale del 4 marzo 2015 ( 22 ), il ricorso dinanzi al Tribunale contro una decisione della commissione di ricorso dell’EUIPO viene proposto nei confronti dell’EUIPO stesso in qualità di convenuto. Inoltre, a norma dell’articolo 56, secondo comma, dello Statuto della Corte, la parte rimasta parzialmente o totalmente soccombente può proporre impugnazione contro le decisioni del Tribunale dinanzi alla Corte. Posto che, nel caso di specie, l’EUIPO è rimasto parzialmente soccombente in primo grado, la sua legittimazione ad agire e anche il suo interesse ad agire nell’ambito del procedimento d’impugnazione sono pacifici, come confermato peraltro da consolidata prassi della Corte ( 23 ).

33.

Né il fatto che l’EUIPO, quale convenuto o ricorrente, compaia dinanzi ai giudici dell’Unione nell’ambito di procedimenti vertenti su decisioni delle proprie commissioni di ricorso, viola i principi dell’indipendenza dei giudici, dell’imparzialità e della neutralità e neppure quelli dell’affidamento legittimo e dell’equo processo. È ben vero che i ricorsi contro le decisioni dell’EUIPO dinanzi al Tribunale sono preceduti dalla procedura di ricorso dinanzi alle commissioni di ricorso dell’EUIPO. Il suo status di autorità giurisdizionale è pacifico. Inoltre, le decisioni delle commissioni di ricorso dell’EUIPO gli vengono, in un certo qual modo, imputate. Esso non può infatti impugnarle dinanzi al Tribunale e i suoi diritti sono limitati rispetto alle altre parti convenute o intervenienti ( 24 ). Tuttavia, contrariamente a quanto ritenuto dal sig. Szajner, l’EUIPO non è, nel procedimento dinanzi ai giudici dell’Unione, «sia giudice che parte», posto che nel procedimento de quo non è l’EUIPO, ma la Corte a pronunciarsi sulla legittimità delle decisioni della commissione di ricorso. Non occorre, pertanto, esaminare la questione sollevata dal sig. Szajner in merito allo status di autorità giurisdizionale delle commissioni di ricorso ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU e 47 della Carta dei diritti fondamentali.

34.

Non può inoltre trovare accoglimento la tesi secondo cui, nell’ambito del procedimento di primo grado, l’EUIPO non sarebbe stata essenzialmente parte opponente, ma parte interveniente, e dovrebbe pertanto dimostrare il suo interesse ad agire nel procedimento d’impugnazione. È pur vero che il procedimento dinanzi al Tribunale aveva ad oggetto una decisione della commissione di ricorso dell’EUIPO vertente su una controversia tra il titolare di un marchio successivo e quello di un segno anteriore. Tuttavia, dal regolamento di procedura del Tribunale richiamato supra ( 25 ) si evince chiaramente che, in tale procedimento, l’EUIPO assume ciononostante il ruolo di convenuto ( 26 ).

35.

Il sig. Szajner afferma, da ultimo, che i motivi di impugnazione dell’EUIPO risultanti dalla sentenza Cœur de princesse sarebbero irricevibili. L’EUIPO avrebbe, al riguardo, modificato dinanzi al Tribunale l’oggetto della controversia, come risultante dalle domande delle parti del procedimento dinanzi ad esso.

36.

Tale eccezione è parimenti infondata. Infatti, come correttamente osservato dall’EUIPO, l’interpretazione del diritto francese era già oggetto di controversia inter partes nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso. Ivi si discuteva, in particolare, della portata della tutela accordata a una ditta con riferimento alla quale, dinanzi al Tribunale, è stata richiamata la sentenza Cœur de princesse, peraltro dallo stesso sig. Szajner ( 27 ). Gli argomenti dedotti dall’EUIPO sulla ricevibilità della sentenza medesima in primo grado non costituiscono, quindi, un ampliamento dell’oggetto della controversia inter partes del procedimento dinanzi all’EUIPO.

2. Sulla ricevibilità delle domande della Forge de Laguiole

37.

Il sig. Szajner contesta, inoltre, la ricevibilità delle domande della Forge de Laguiole, la quale, pur non essendo parte ricorrente, chiederebbe, infatti, l’annullamento della sentenza impugnata. In base all’articolo 174 del regolamento di procedura della Corte, le domande della Forge de Laguiole dovrebbero tuttavia essere dirette al completo o parziale accoglimento o rigetto dell’impugnazione dell’EUIPO. La sua memoria integrerebbe quindi in realtà un’impugnazione incidentale che, a norma dell’articolo 176 del regolamento di procedura, avrebbe dovuto essere presentata con un atto separato.

38.

Tale argomento, puramente formalistico, dev’essere respinto. È pur vero che la Forge de Laguiole con le proprie domande chiede, in esito alle proprie considerazioni, non l’accoglimento dell’impugnazione dell’EUIPO, bensì l’annullamento della sentenza impugnata. Tuttavia, dalla sua comparsa di risposta nel suo insieme emerge chiaramente che la Forge de Laguiole sostiene in toto le argomentazioni e i motivi d’impugnazione dell’EUIPO. È quindi chiaro che essa richiede l’accoglimento dell’impugnazione. Essa non deduce, inoltre, motivi e argomenti di diritto autonomi come postulato dall’articolo 178, paragrafo 3, del regolamento di procedura ai fini di un’impugnazione incidentale.

3. Conclusione interlocutoria

39.

Ne consegue che sia l’impugnazione dell’EUIPO, sia le domande della Forge de Laguiole sono ricevibili.

B – Sulla fondatezza

40.

Come già osservato, la commissione di ricorso ha fondato il proprio ragionamento in merito alla portata della tutela della ditta Forge de Laguiole sia sulle attività ricomprese nel suo oggetto d’impresa, sia sulle attività da essa effettivamente esercitate ( 28 ). Nella sentenza impugnata il Tribunale ha ritenuto del tutto errata la prima tesi, in quanto una ditta sarebbe tutelata nel diritto francese soltanto rispetto alle attività effettivamente esercitate. Il Tribunale ha poi ritenuto la seconda tesi parzialmente errata, considerato che l’effettivo esercizio sarebbe stato dimostrato soltanto per una parte delle attività ricomprese nell’oggetto imprenditoriale della Forge de Laguiole ( 29 ).

41.

Nell’ambito della sua impugnazione l’EUIPO contesta le conclusioni del Tribunale con riguardo sia alla tutela delle attività indicate nell’oggetto d’impresa della Forge de Laguiole (v., al riguardo, qui di seguito, sub 1), sia alle attività da essa effettivamente esercitate (v., al riguardo, infra, sub 2).

1. Sulla tutela delle attività indicate nell’oggetto d’impresa della Forge de Laguiole (primo motivo di impugnazione e primo capo del secondo motivo di impugnazione)

42.

L’EUIPO afferma che il Tribunale non avrebbe dovuto tener conto della sentenza Cœur de princesse emanata successivamente alla decisione della commissione di ricorso [primo motivo di impugnazione, a tal riguardo, qui di seguito, sub a)]. Il Tribunale avrebbe inoltre snaturato la sentenza in parola [primo capo del secondo motivo di impugnazione; v., al riguardo, infra, sub b)].

a) Sulla presa in considerazione della sentenza Cœur de princesse da parte del Tribunale

43.

A parere dell’EUIPO, l’esame compiuto dal Tribunale rispetto all’applicazione del diritto nazionale da parte della commissione di ricorso è limitato ratione temporis. Il Tribunale, in linea con la sentenza UAMI/National Lottery Commission ( 30 ), potrebbe sì fondarsi su sentenze nazionali che ‑ benché già emesse alla data della decisione della commissione di ricorso ‑ non siano state da questa prese in considerazione. Estendere tale possibilità alle sentenze nazionali emanate successivamente alla decisione della commissione di ricorso eccederebbe tuttavia i poteri di controllo del Tribunale.

44.

Il regolamento n. 207/2009 fa riferimento, in numerosi passi, al diritto nazionale e, in particolare, rispetto ad ipotesi in cui – come nel caso in esame – diritti anteriori contrastino con un marchio dell’Unione. La tutela che può essere riconosciuta a un tale marchio viene fatta qui dipendere dalla normativa di uno Stato membro. La normativa nazionale pertinente diviene così una disposizione di diritto applicabile in sede di attuazione del regolamento n. 207/2009.

45.

L’articolo 65, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, secondo cui un ricorso contro le decisioni delle commissioni di ricorso dell’EUIPO può essere proposto dinanzi al Tribunale in particolare per «violazione di qualsiasi regola di diritto relativa all[’]applicazione [del presente regolamento]» ( 31 ), dev’essere quindi interpretato nel senso che dinanzi al Tribunale è possibile eccepire la violazione di una disposizione di diritto nazionale che trovi applicazione in virtù di un rinvio contenuto nel regolamento n. 207/2009 ( 32 ).

46.

L’esame compiuto a questo riguardo dal Tribunale costituisce, come già affermato dalla Corte, un pieno sindacato di legittimità. Il Tribunale non è quindi vincolato né agli elementi indicati dalle parti, né a quelli di cui la commissione di ricorso ha tenuto conto. Esso può invece informarsi d’ufficio sul contenuto, sui presupposti di applicazione e sulla portata delle norme giuridiche nazionali fatte valere ( 33 ).

47.

Contrariamente a quanto sostenuto dall’EUIPO, i poteri di controllo del Tribunale non si limitano alla verifica se la commissione di ricorso abbia applicato correttamente il diritto nazionale. Il Tribunale è, invece, chiamato a verificare se e in qual misura una norma giuridica nazionale fatta valere autorizzi il titolare di un segno anteriore a inibire l’utilizzo del marchio dell’Unione.

48.

Ne consegue che il Tribunale, nel valutare la tutela accordata dal diritto nazionale, deve applicare una disposizione interna in linea con l’interpretazione che ne è data, al momento dalla sua decisione, dai giudici nazionali. A tal fine, il Tribunale deve poter parimenti tener conto di decisioni giurisdizionali nazionali emanate successivamente alla decisione della commissione di ricorso, sulla quale le parti – come nel caso di specie ( 34 ) – abbiano avuto la possibilità di esprimersi ( 35 ).

49.

Tale lettura dei poteri di controllo del Tribunale risulta confermata dal fatto che osterebbe al riconoscimento di efficacia pratica al regolamento n. 207/2009 se il Tribunale dovesse limitarsi ad applicare il diritto nazionale in linea con l’interpretazione datane dai giudici nazionali alla data dell’adozione della decisione della commissione di ricorso ( 36 ). Ciò potrebbe, infatti, portare al diniego della registrazione o alla dichiarazione di nullità di un marchio dell’Unione, benché la disposizione nazionale pertinente non costituisca (più) una base per farlo. Una situazione di tal genere, non solo non rispetterebbe l’esigenza di una tutela giurisdizionale effettiva, ma andrebbe anche respinta per ragioni di economia processuale. Essa potrebbe, infatti, obbligare il dichiarante o il titolare di un marchio dell’Unione ad avviare un nuovo procedimento di registrazione dinanzi all’EUIPO al fine di far valere i diritti illegittimamente negati sul marchio dell’Unione interessato.

50.

In questo contesto occorre distinguere la situazione in esame da quella in cui una disposizione nazionale che trovi applicazione in ragione di un rinvio contenuto nel regolamento n. 207/2009 sia stata modificata successivamente alla decisione della commissione di ricorso. È vero che un rinvio come quello di cui all’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009 costituisce, in mancanza di una limitazione al riguardo, un rinvio dinamico che richiama la normativa nazionale nel testo di volta in volta vigente. La modifica di una disposizione nazionale, fatta valere nell’ambito dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009, darebbe tuttavia luogo ad una fattispecie nuova, esulando quindi dal quadro di una preesistente controversia vertente sulla sussistenza di un marchio dell’Unione. In un’ipotesi di tal genere, dovrebbe pertanto essere avviato un nuovo procedimento di annullamento del relativo marchio dell’Unione.

51.

L’applicazione, come nella specie, di una disposizione nazionale invariata nell’interpretazione datane dai giudici nazionali al momento della decisione del Tribunale è, invece, in linea con il principio secondo cui l’interpretazione giudiziale di una disposizione trova, di norma, vale a dire in assenza di deroga esplicita, applicazione retroattiva. Tale interpretazione si limita, infatti, a chiarire come la disposizione medesima «deve o avrebbe dovuto essere intesa e applicata sin dal momento della sua entrata in vigore» ( 37 ). La questione della validità generale del suddetto principio del diritto – contestata dall’EUIPO – non richiede qui alcun chiarimento ulteriore. Non sussiste, infatti, alcun elemento idoneo a escludere che l’applicabilità di detto principio con riguardo alla normativa francese pertinente nella specie. Al contrario, le informazioni fornite dal sig. Szajner comprovano la sua applicabilità proprio rispetto alla giurisprudenza della Cour de cassation francese ( 38 ). Come correttamente affermato dal Tribunale, la sentenza della Cœur de princesse non contiene, inoltre, nessun elemento da cui emerga che essa intendesse limitare ratione temporis l’ambito di applicazione dell’interpretazione ivi accolta ( 39 ).

52.

Ciò premesso, occorre osservare, per completezza, che la valutazione del contenuto di una sentenza nazionale e, in particolare, la questione se si tratti di una modifica o di una conferma della giurisprudenza pregressa, non può essere decisiva per stabilire se il Tribunale possa o meno tener conto di una sentenza nazionale emanata successivamente alla decisione della commissione di ricorso ( 40 ). Non occorre pertanto stabilire se la sentenza Cœur de princesse costituisca una conferma o una modifica della pregressa giurisprudenza francese.

53.

È pur vero che dalla presa in considerazione di una sentenza nazionale, emanata successivamente alla decisione della commissione di ricorso, può derivare che il Tribunale, per effetto di detta sola sentenza, valuti una disposizione nazionale in maniera diversa rispetto alla commissione di ricorso. Non si può quindi escludere che il Tribunale, come osserva l’EUIPO, possa annullare o modificare una decisione della commissione di ricorso in ragione di un «errore senza colpa». Tuttavia, nel caso del sindacato giurisdizionale della valutazione del diritto nazionale compiuta dalla commissione di ricorso, proprio in ragione dei poteri di controllo riconosciuti al Tribunale, si discute non di una «colpa» ma di un complessivo controllo di legittimità. Il fatto che solo in un secondo momento emerga che la decisione della commissione di ricorso si fondasse su un’interpretazione errata del diritto nazionale non può costituire un ostacolo alla rettifica dell’errore medesimo.

54.

A tale rilievo non osta neppure il fatto che il Tribunale, come osserva l’EUIPO, deve in linea di principio limitarsi ad adottare – alla luce degli elementi assunti dalla decisione della commissione di ricorso – la decisione che questa avrebbe dovuto emettere ( 41 ). Infatti, il principio di cui trattasi opera per i fatti alla base della decisione della commissione di ricorso e per i fatti quali definiti dall’EUIPO. Da un lato, con l’interpretazione di una disposizione nazionale che sia già stata oggetto di discussione dinanzi alla commissione di ricorso non viene peraltro modificato l’oggetto della controversia. Dall’altro, la normativa nazionale da applicare in sede di attuazione del regolamento n. 207/2009 non ha lo status di elemento puramente di fatto ( 42 ), ma è soggetta – a norma dell’articolo 65, paragrafo 2, del regolamento in parola – a un pieno sindacato di legittimità da parte del Tribunale, il quale dispone, quindi, della facoltà, contrariamente ai principi altrimenti applicabili nell’ambito del sistema di controllo sancito dal diritto dei marchi, di indagare d’ufficio il contenuto e i presupposti di applicazione del diritto nazionale ( 43 ).

55.

In tale contesto si deve osservare, per tuziorismo, che in considerazione di tale facoltà d’indagine d’ufficio, il Tribunale si trova, in una certa qual misura, obbligato ad informarsi in merito al diritto nazionale e alla sua evoluzione. A tal riguardo occorre tuttavia tener presente che, in base alla ripartizione dei compiti tra giudici dell’Unione e giudici nazionali, l’interpretazione del diritto nazionale è rimessa a questi ultimi e i giudici dell’Unione non dispongono neppure di alcuno strumento specifico per chiarire le questioni interpretative attinenti al diritto nazionale ( 44 ). La facoltà per il Tribunale di informarsi d’ufficio in merito alla normativa applicabile non esenta quindi minimamente il soggetto che si richiami alla normativa medesima dall’obbligo di fornire le indicazioni da cui risulti l’interpretazione da questi fatta valere ( 45 ). Non è quindi possibile contestare al Tribunale, nell’ambito di un procedimento di impugnazione, di non aver tenuto conto di un nuovo elemento del diritto nazionale che avrebbe dovuto essere portato alla sua conoscenza da colui che se ne avvalga.

56.

In linea con le suesposte considerazioni si deve affermare, in conclusione, che la presa in considerazione della sentenza Cœur de princesse da parte del Tribunale non costituisce una violazione dell’articolo 65, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009. Il primo motivo di impugnazione dev’essere quindi respinto.

b) Sulla portata della sentenza della Cœur de princesse

57.

Nell’ambito del primo capo del suo secondo motivo di impugnazione l’EUIPO afferma che il Tribunale avrebbe snaturato la sentenza Cœur de princesse violando, in tal modo, l’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009. Prima di procedere all’esame di tale argomento, affronterò brevemente la questione dei limiti dell’esame del diritto nazionale da parte della Corte nel procedimento d’impugnazione.

i) Sull’esame, nel procedimento d’impugnazione, degli accertamenti compiuti dal Tribunale rispetto alla normativa nazionale

– Considerazioni generali

58.

Come rilevato supra, l’applicazione del diritto nazionale da parte della commissione di ricorso dell’EUIPO nell’ambito del regolamento n. 207/2009 è soggetta ad un sindacato decisamente esteso da parte del Tribunale. Per contro, il sindacato esercitato successivamente dalla Corte, nell’ambito nel procedimento di impugnazione, rispetto all’applicazione del diritto nazionale da parte del Tribunale è molto più circoscritto.

59.

Contrariamente all’articolo 65, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, che consente, in primo grado, di fondare la domanda sulla «violazione di qualsiasi regola di diritto relativa all[’]applicazione [del presente regolamento]», l’articolo 58 dello Statuto limita, infatti, i poteri di sindacato della Corte nel procedimento di impugnazione alla «violazione del diritto dell’Unione da parte del Tribunale». Il rinvio al diritto nazionale contenuto nel regolamento n. 207/2009 attribuisce, in tal modo, una«giuridicità» a tale diritto ( 46 ). Ne discende, tuttavia, soltanto che, dinanzi al Tribunale, il diritto nazionale è oggetto di un controllo di legittimità complessivo. Il diritto nazionale non acquisisce peraltro, in tal modo, lo status di diritto dell’Unione, la cui violazione può essere eccepita nell’ambito di un procedimento di impugnazione ( 47 ).

60.

In linea con le suesposte considerazioni, la Corte ha già avuto modo di dichiarare, nella sentenza Edwin/UAMI, che, nell’esercizio del suo controllo dell’applicazione del diritto nazionale da parte del Tribunale nel contesto del regolamento n. 207/2009, essa si limita a verificare se il Tribunale abbia snaturato il tenore letterale delle disposizioni nazionali in questione e della giurisprudenza e della dottrina ad esse relative. La Corte verifica, inoltre, soltanto se il Tribunale non abbia formulato rilievi che si pongano manifestamente in contrasto con il contenuto di tale materiale e se abbia valutato in maniera manifestamente errata la portata dei singoli elementi nei reciproci rapporti ( 48 ).

61.

Il ruolo della Corte non si limita quindi, come nel caso di elementi di mero fatto, all’esame di uno snaturamento degli elementi presi in considerazione dal Tribunale, ma ricomprende anche il controllo «dell’errore manifesto di valutazione» ( 49 ). Tale controllo è tuttavia diretto soltanto a verificare se il Tribunale abbia valutato in maniera manifestamente errata gli elementi a sua disposizione. A differenza del Tribunale, la Corte non compie quindi più una valutazione complessiva del diritto nazionale, ma si limita a controllare la valutazione compiuta dal Tribunale alla luce degli elementi dedotti dalle parti e sotto il profilo dell’errore manifesto. La Corte non è quindi in alcun modo chiamata a indagare d’ufficio il contenuto del diritto nazionale.

62.

Tale limitazione è giustificata tanto dal ruolo della Corte quale giudice dell’impugnazione quanto dalla rilevanza del diritto nazionale nel contesto del regolamento n. 207/2009. Se è pur vero, infatti, che il diritto nazionale non costituisce un «elemento puramente di fatto» ed è esaminato dal Tribunale nel suo complesso, esso continua tuttavia a costituire parte delle circostanze, seppur di diritto, della controversia. Tali circostanze devono essere accertate e valutate dall’EUIPO e dal Tribunale, e sono oggetto di esame della Corte nel procedimento di impugnazione solo sotto il profilo dell’errore manifesto. La Corte, quale giudice dell’impugnazione, non è, infatti, chiamata a garantire l’applicazione uniforme del diritto nazionale, compito che spetta ai supremi giudici nazionali di, bensì a garantire l’uniforme interpretazione e applicazione del diritto dell’Unione.

63.

È vero che tale limitato sindacato del diritto nazionale da parte della Corte nell’ambito del procedimento di impugnazione si pone, in un certo qual modo, in contrasto con la ratio del corrispondente potere di controllo riconosciuto al Tribunale. Tali limiti trovano, infatti, il loro fondamento nel garantire che la questione, se e in qual misura una disposizione nazionale autorizzi il titolare di un segno a negare l’utilizzo di un marchio successivo, venga risolta con riferimento al momento dell’adozione della decisione del Tribunale,. Tale contrasto risulta tuttavia inevitabile in considerazione delle differenze tra i compiti affidati al Tribunale e alla Corte nonché alla luce del ruolo della Corte nel procedimento di impugnazione. Non si può così neppure escludere che la Corte confermi una valutazione del diritto nazionale operata dal Tribunale che, per effetto degli sviluppi giurisprudenziali nazionali medio tempore intervenuti, non riflettano più il reale contesto giuridico nazionale. Laddove tali nuovi sviluppi dovessero determinare novità radicali nella tutela di un contrassegno nazionale che implichino conseguenze sulla validità del marchio dell’Unione, sarà eventualmente necessario avviare un procedimento di revocazione dinanzi al Tribunale o persino proporre nuovamente domanda di declaratoria di nullità dinanzi all’EUIPO.

– Applicazione nel caso di specie

64.

Nel caso di specie, per quanto attiene agli elementi del diritto francese di cui il Tribunale ha tenuto conto, si deve rilevare che il Tribunale si è fondato, nell’esame della sentenza Cœur de princesse, esclusivamente sul suo tenore letterale ( 50 ).

65.

È pur vero che il Tribunale ha inoltre dichiarato che la precedente giurisprudenza dei giudici francesi di grado inferiore, seppure non univoca, consentiva, già prima della sentenza Cœur de princesse, di ritenere che la tutela della ditta fosse limitata alle attività effettivamente esercitate dalla società in questione ( 51 ). Tuttavia, il Tribunale non ha fondato le proprie valutazioni in ordine alla portata della sentenza Cœur de princesse su tale considerazione, svolta solo in via di subordine. Non è quindi necessario accertare se il Tribunale, richiamandosi a «numerose sentenze anteriori dei giudici francesi prodotte dalle parti sia dinanzi all’[EUIPO] sia dinanzi al Tribunale», senza peraltro indicarle, abbia adempiuto il proprio obbligo di motivazione.

66.

Nell’ambito della presente impugnazione, l’esame della Corte si limita quindi a verificare se il Tribunale abbia snaturato il tenore letterale della sentenza Cœur de princesse operando rilievi che si pongano manifestamente in contrasto con le indicazioni contenute nella menzionata sentenza. Infatti, considerato che il Tribunale non si è fondato su ulteriori elementi attinenti al diritto nazionale, uno snaturamento o una manifesta errata valutazione di tali elementi non può essergli contestato. I poteri di sindacato della Corte possono tuttavia essere intesi nel senso che occorra verificare se la sentenza Cœur de princesse, in combinato disposto con il tenore letterale dell’articolo L. 711‑4, lettera b), del CPI, costituisca idoneo fondamento delle valutazioni compiute dal Tribunale o se quest’ultimo necessitasse evidentemente di ulteriori elementi relativi alla normativa francese.

67.

Gli orientamenti espressi nella dottrina francese, richiamati dal sig. Szajner a sostegno dell’interpretazione della sentenza Cœur de princesse accolta dal Tribunale, possono invece essere richiamati tutt’al più a titolo integrativo. Non occorre pertanto stabilire se il Tribunale disponesse di tali elementi e neppure se ne abbia tenuto conto.

ii) Sull’asserito snaturamento della sentenza Cœur de princesse

68.

A parere dell’EUIPO e della Forge de Laguiole, il Tribunale avrebbe snaturato la sentenza Cœur de princesse laddove ha ritenuto che l’affermazione contenuta in tale sentenza in merito all’ambito di tutela di una ditta sarebbe priva di ambiguità e potrebbe essere applicata in maniera generale.

69.

Oggetto della sentenza Cœur de princesse non sarebbe infatti stata la definizione della portata della tutela di una ditta rispetto a un marchio di cui un terzo abbia richiesto la registrazione. Oggetto di detta sentenza sarebbe stato invece l’accertamento del carattere fraudolento della registrazione di un marchio da parte del titolare della ditta. In tale controversia l’impresa Cœur de princesse avrebbe registrato un omonimo marchio solo al fine di danneggiare un terzo. Tale registrazione sarebbe inoltre avvenuta per attività che la ditta Cœur de princesse non svolgeva e che non rientravano neppure nella sua originaria sfera di attività d’impresa.

70.

Ciò è certamente vero ed è stato anche riconosciuto dal Tribunale il quale ha rilevato, in particolare, che la sentenza Cœur de princesse non si fondava su un ricorso ai sensi dell’articolo L. 711‑4 del CPI, bensì su un ricorso di annullamento di un marchio per deposito fraudolento e su una domanda in materia di concorrenza sleale.

71.

Tuttavia, come altresì correttamente rilevato dal Tribunale, nella sentenza Cœur de princesse non si rinviene alcun elemento da cui risulti che la Cour de cassation intendesse circoscrivere la validità delle proprie affermazioni relative alla portata della tutela di una ditta alle specifiche circostanze della causa. Al contrario, la Cour de cassation ha compiuto l’affermazione in questione nell’ambito del rigetto del primo motivo di impugnazione, che si fondava in particolare sull’asserita violazione dell’articolo L. 711‑4, lettera b), del CPI. Non appare quindi convincente l’argomento dedotto dall’EUIPO, secondo cui l’affermazione della Cour de cassation non troverebbe applicazione nel contesto dell’articolo L. 711‑4, lettera b), del CPI. Proprio nell’ambito di detta disposizione risulta peraltro logico far riferimento alle attività che il titolare della ditta esercita effettivamente. L’articolo L. 711‑4, lettera b), del CPI subordina, infatti, la possibilità di opporre una ditta precedente ad un marchio successivo alla sussistenza, per il pubblico, di un rischio di confusione. La dimostrazione dell’esistenza di un siffatto rischio per attività che non siano esercitate può risultare molto difficile.

72.

Né tale conclusione può essere inficiata dall’ eccezione, peraltro vagamente formulata, sollevata dalla Forge de Laguiole, secondo cui la sentenza Cœur de princesse non potrebbe essere considerata una sentenza «di riferimento», trattandosi di una sentenza di conferma della decisione anteriore. Nel caso di specie, non è, infatti, necessario acclarare se la sentenza Cœur de princesse costituisca una «sentenza di riferimento», essendo sufficiente rilevare che, dalla struttura della risposta data al primo motivo di impugnazione e dalla collocazione dell’affermazione relativa alla portata della tutela accordata ad una ditta, emerge chiaramente che si tratta di un affermazione di carattere generale e di principio.

73.

L’EUIPO sostiene, da ultimo, che la Cour de cassation avrebbe fatto riferimento alle attività effettivamente svolte dal titolare di una ditta nell’esame del secondo motivo di impugnazione dinanzi ad essa dedotto, vertente sul settore della concorrenza sleale, che presuppone una situazione di reale concorrenza tra le imprese coinvolte. Tale argomento non può però essere accolto. L’affermazione di cui qui si discute non è stata, infatti, operata nell’ambito della risposta della Cour de cassation al secondo motivo di impugnazione, riguardante la concorrenza sleale. Ne consegue che, nel caso in esame, non occorre analizzare la controversia insorta inter partes in merito alla necessità di una reale situazione di concorrenza nell’ambito della concorrenza sleale.

74.

Alla luce delle suesposte considerazioni, non risulta che il Tribunale abbia snaturato la sentenza Cœur de princesse ovvero che necessitasse manifestamente di ulteriori elementi attinenti al diritto nazionale per confermare il contenuto della massima de qua. La posizione assunta dalla dottrina francese, richiamata dal sig. Szajner, conferma peraltro l’interpretazione data dal Tribunale della sentenza Cœur de princesse ( 52 ).

75.

Il primo capo del secondo motivo di impugnazione deve quindi essere respinto.

2. Sulle attività effettivamente esercitate dalla Forge de Laguiole (secondo capo del secondo motivo di impugnazione)

76.

Nell’ambito del secondo capo del secondo motivo d’impugnazione l’EUIPO, sostenuto dalla Forge de Laguiole, contesta al Tribunale di non aver definito correttamente le attività effettivamente esercitate dalla Forge de Laguiole. Il Tribunale avrebbe sì, correttamente, rilevato che i limiti della tutela riconosciuta alla ditta Forge de Laguiole dipenderebbero unicamente dal diritto francese. Nell’ambito dell’esame delle attività effettivamente esercitate dalla Forge de Laguiole, il Tribunale si sarebbe peraltro fondato solo sulla natura dei prodotti interessati e non, come richiesto dalla giurisprudenza francese, anche sulla loro destinazione e impiego. In tale contesto, il Tribunale avrebbe richiamato anche la propria giurisprudenza sull’uso effettivo del marchio dell’Unione, benché la Corte abbia escluso un’applicazione analogica di detta giurisprudenza nell’ambito dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009.

77.

Tale argomento dev’essere respinto in quanto manifestamente infondato senza che sia qui necessario chiarire ulteriormente la questione dell’applicazione analogica della giurisprudenza relativa all’articolo 42, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 207/2009 nell’ambito dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento medesimo ( 53 ).

78.

In limine, si deve, infatti, rilevare che il Tribunale, nell’ambito dell’esame delle attività esercitate dalla Forge de Laguiole, non ha assolutamente applicato genericamente in via analogica la propria giurisprudenza sull’uso effettivo del marchio dell’Unione. Il Tribunale si è dunque limitato a richiamare, al punto 63 della sentenza impugnata, la propria giurisprudenza sulla nozione di categorie e sottocategorie di prodotti. Ciò è stato fatto al fine di spiegare l’affermazione che la vendita di forchette non poteva fungere da prova per un’attività nell’intero settore delle arti della tavola, ma soltanto per un’attività nel settore delle posate. I punti critici evidenziati a tal riguardo dall’EUIPO e dalla Forge de Laguiole risultano, pertanto, irrilevanti.

79.

La censura dell’EUIPO e della Forge de Laguiole risulta, inoltre, manifestamente infondata nella misura laddove si fonda su una lettura errata della sentenza impugnata. È pur vero che il Tribunale non ha esplicitamente premesso alla propria analisi delle attività effettivamente esercitate dalla Forge de Laguiole i criteri sulla base dei quali dovevano essere determinate le rispettive attività. Il Tribunale ha infatti citato la giurisprudenza francese richiamata dalle parti nella specie solo nell’ambito dell’esame del rischio di confusione ( 54 ). Ciò non è però sufficiente per accertare una carenza di motivazione della sentenza impugnata. Dalla sentenza risulta, infatti, manifestamente che i criteri elaborati dalla giurisprudenza – dalle parti concordemente considerati applicabili – sono stati utilizzati dal Tribunale anche per determinare le attività effettivamente svolte dalla Forge de Laguiole.

80.

Infatti, nell’esaminare tali attività, il Tribunale ha fatto esplicito riferimento non soltanto alla natura della merce interessata, ma anche alla sua destinazione, all’impiego, alla clientela e alle modalità di distribuzione ( 55 ).

81.

Avendo il Tribunale tenuto adeguatamente conto dei suddetti diversi fattori, le sue valutazioni ricadono nell’ambito dell’analisi dei fatti. Fatto salvo il caso di uno snaturamento, che – nel caso di specie – né è stato eccepito né risulta manifesto, tale analisi esula dai limiti del sindacato della Corte ( 56 ). L’EUIPO e la Forge de Laguiole possono non condividere gli accertamenti di fatto compiuti dal Tribunale con riguardo alla natura, alla destinazione e all’impiego dei prodotti di cui trattasi rispetto alle attività svolte dalla Forge de Laguiole. Ciò non è però sufficiente per dimostrare che il Tribunale sia incorso, nella sentenza impugnata, in un errore di diritto.

82.

Non può quindi trovare accoglimento nemmeno il secondo capo del secondo motivo di impugnazione.

3. Sintesi

83.

Atteso che nessuno dei motivi di impugnazione dedotti dall’EUIPO può essere accolto, l’impugnazione dev’essere respinta in toto.

VI – Spese

84.

A norma dell’articolo 184, paragrafo 2, del suo regolamento di procedura, la Corte statuisce sulle spese quando respinge l’impugnazione.

85.

Dall’articolo 138, paragrafo 1, in combinato disposto con l’articolo 184, paragrafo 1, del regolamento di procedura risulta che la parte soccombente è condannata alle spese se ne è fatta domanda. Posto che il sig. Szajner ha formulato una domanda in tal senso e l’EUIPO è risultata soccombente con le sue argomentazioni, quest’ultima deve essere condannata alle spese.

86.

Dall’articolo 184, paragrafo 4, del regolamento di procedura si evince inoltre che una parte interveniente in primo grado, che non abbia proposto essa stessa l’impugnazione, può essere condannata alle spese del procedimento di impugnazione solo se ha partecipato alla fase scritta od orale del procedimento dinanzi alla Corte. Conformemente a detta disposizione, la Forge de Laguiole SARL, che nel presente procedimento ha preso parte alla procedura scritta, dev’essere condannata a sopportare le proprie spese.

VII – Conclusione

87.

Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di decidere nei seguenti termini:

1)

L’impugnazione è respinta.

2)

L’EUIPO sopporterà le proprie spese nonché quelle del sig. Gilbert Szajner.

3)

La Forge de Laguiole SARL sopporterà le proprie spese.


( 1 ) Lingua originale: il tedesco.

( 2 ) L’ultima tappa, ad oggi, della ormai ultraventennale controversia sull’utilizzo del nome «Laguiole» è una decisione della Cour de cassation francese del 4 ottobre 2016; v., sul punto e, in generale, sulla storia della controversia, E. Tymen, «Une nouvelle manche dans la guerre autour des couteaux Laguiole», Le Figaro dell’11 ottobre 2016, disponibile all’indirizzo http://www.lefigaro.fr/conjoncture/2016/10/11/20002-20161011ARTFIG00196-une-nouvelle-manche-dans-la-guerre-autour-des-couteaux-laguiole.php.

( 3 ) Allegato 4 della comparsa di risposta del sig. Szajner.

( 4 ) V. punto 51 della sentenza del Tribunale del 21 ottobre 2014, Szajner/UAMI – Forge de Laguiole (LAGUIOLE) (T‑453/11, EU:T:2014:901) (in prosieguo anche la «sentenza impugnata»).

( 5 ) Sentenze del 5 luglio 2011, Edwin/UAMI (C‑263/09 P, EU:C:2011:452), e del 27 marzo 2014, UAMI/National Lottery Commission (C‑530/12 P, EU:C:2014:186).

( 6 ) GU 1994, L 11, pag. 1.

( 7 ) GU 2009, L 78, pag. 1.

( 8 ) Punti 1 e 2 della sentenza impugnata.

( 9 ) V. punto 2 della sentenza impugnata, e punti 5 e 6 della decisione della commissione di ricorso dell’EUIPO del 1o giugno 2011 (allegato 1 del ricorso in primo grado) (in prosieguo anche: la «decisione impugnata»).

( 10 ) Punti da 3 a 8 della sentenza impugnata.

( 11 ) Punti 9 e 33 della sentenza impugnata.

( 12 ) Punti 34 e 41 della sentenza impugnata; punti da 87 a 90 della decisione impugnata (allegato 1 del controricorso in primo grado).

( 13 ) Punto 34 della sentenza impugnata; punti da 91 a 94 della decisione impugnata (allegato 1 del controricorso in primo grado).

( 14 ) Punto 38 della sentenza impugnata.

( 15 ) Punto 42 della sentenza impugnata.

( 16 ) Punto 43 della sentenza impugnata.

( 17 ) Punto 45 della sentenza impugnata.

( 18 ) Punti 51 e 52 della sentenza impugnata.

( 19 ) Punti 53, 73 e 74 della sentenza impugnata.

( 20 ) Punti da 161 a 165 della sentenza impugnata.

( 21 ) Punto 166 e punto 1 del dispositivo della sentenza impugnata.

( 22 ) V. già articolo 133, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991.

( 23 ) V., ad esempio, sentenze del 21 luglio 2016, EUIPO/Grau Ferrer (C‑597/14 P, EU:C:2016:579), e dell’11 dicembre 2014, UAMI/Kessel (C‑31/14 P, non pubblicata nella Raccolta, EU:C:2014:2436), e ordinanza dell’8 maggio 2014, UAMI/Sanco (C‑411/13 P, non pubblicata nella Raccolta, EU:C:2014:315).

( 24 ) V., in particolare, articolo 65, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009, oltre alla sentenza citata dal sig. Szajner del 12 ottobre 2004, Vedial/UAMI (C‑106/03 P, EU:C:2004:611, punti 26 e segg.).

( 25 ) V. supra, paragrafo 32.

( 26 ) V. anche sentenza del 12 ottobre 2004, Vedial/UAMI (C‑106/03 P, EU:C:2004:611, punto 27).

( 27 ) V. punto 25 della sentenza impugnata.

( 28 ) V. supra, paragrafo 20.

( 29 ) V. supra, paragrafo 24.

( 30 ) Sentenza del 27 marzo 2014, UAMI/National Lottery Commission (C‑530/12 P, EU:C:2014:186, punti 4446).

( 31 ) Il corsivo è mio.

( 32 ) V.al riguardo, più precisamente, le mie conclusioni nella causa Edwin/UAMI (C‑263/09 P, EU:C:2011:30, paragrafi 61 e segg.).

( 33 ) Sentenze del 5 luglio 2011, Edwin/UAMI (C‑263/09 P, EU:C:2011:452, punto 52), e del 27 marzo 2014, UAMI/National Lottery Commission (C‑530/12 P, EU:C:2014:186, punti 4446).

( 34 ) V. punto 25 della sentenza impugnata.

( 35 ) V., per quanto attiene a tale requisito, sentenza del 27 marzo 2014, UAMI/National Lottery Commission (C‑530/12 P, EU:C:2014:186, punti da 55 a 59).

( 36 ) V., in questo contesto, le conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa UAMI/National Lottery Commission (C‑530/12 P, EU:C:2013:782, paragrafi 9192), e la sentenza del 27 marzo 2014, UAMI/National Lottery Commission (C‑530/12 P, EU:C:2014:186, punti da 4044).

( 37 ) V. la formulazione accolta dalla Corte sulla validità retroattiva della propria interpretazione del diritto dell’Unione nell’ambito di un procedimento pregiudiziale [v., ad esempio, sentenza del 22 settembre 2016, Microsoft Mobile Sales International e a. (C‑110/15, EU:C:2016:717, punto 59)]. V. in questo contesto anche il punto 48 della sentenza impugnata.

( 38 ) V. punti da 25 a 27 e allegati 5 (pag. 1), 5bis (pag. 2) e 7 (pag. 1) della comparsa di risposta del sig. Szajner.

( 39 ) Punto 48 della sentenza impugnata.

( 40 ) Risulta, in tal modo, inoperante l’argomento svolto dal Tribunale, seppur solo in via di subordine, al punto 46 della sentenza impugnata.

( 41 ) V.,in particolare, i punti 71 e 72 della sentenza del 5 luglio 2011, Edwin/UAMI (C‑263/09 P, EU:C:2011:452), richiamati dall’EUIPO, e la giurisprudenza ivi citata; v. anche sentenza del 26 ottobre 2016, Westermann Lernspielverlage/EUIPO (C‑482/15 P, EU:C:2016:805, punto 27, e la giurisprudenza ivi citata).

( 42 ) Sentenza del 27 marzo 2014, UAMI/National Lottery Commission (C‑530/12 P, EU:C:2014:186, punto 37).

( 43 ) V. paragrafo 46 supra.

( 44 ) V. a tal riguardo, più in particolare, le mie conclusioni nella causa Edwin/UAMI (C‑263/09 P, EU:C:2011:30, paragrafi 49 e segg.).

( 45 ) V., al riguardo, sentenza del 5 luglio 2011, Edwin/UAMI (C‑263/09 P, EU:C:2011:452, punto 50).

( 46 ) In tal senso si è espresso l’avvocato generale Bot nelle proprie conclusioni nella causa UAMI/National Lottery Commission (C‑530/12 P, EU:C:2013:782, paragrafo 86).

( 47 ) V. al riguardo, più in particolare, le mie conclusioni nella causa Edwin/UAMI (C‑263/09 P, EU:C:2011:30, paragrafi 42 e segg.); sulla diversa posizione nel diritto nazionale con riferimento ai rispettivi contesti processuali e procedurali di diritto dell’Unione, v. anche J. Kokott, «Le droit de l’Union et son champ d’application», La Cour de justice de l’Union européenne sous la présidence de Vassilios Skouris, Bruylant, Bruxelles, 2015, pagg. da 349 a 366 (pagg. 350 e segg.).

( 48 ) V. punto 53 della sentenza del 5 luglio 2011, Edwin/UAMI (C‑263/09 P, EU:C:2011:452). V. anche ordinanza del 29 novembre 2011, Tresplain Investments/UAMI (C‑76/11 P, non pubblicata nella Raccolta, EU:C:2011:790, punto 66).

( 49 ) Conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa UAMI/National Lottery Commission (C‑530/12 P, EU:C:2013:782, paragrafo 84).

( 50 ) Punto 44 della sentenza impugnata.

( 51 ) Punto 46 della sentenza impugnata.

( 52 ) V., in particolare, l’allegato 16 della comparsa di risposta del sig. Szajner.

( 53 ) V., a tal riguardo, la sentenza citata dall’EUIPO del 29 marzo 2011, Anheuser-Busch/Budějovický Budvar (C‑96/09 P, EU:C:2011:189, punti da 142 a 146), e le conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Anheuser-Busch/Budějovický Budvar (C‑96/09 P, EU:C:2010:518, paragrafi 6970).

( 54 ) V. punto 81 della sentenza impugnata.

( 55 ) V. punti 61, 62, e da 67 a 69 della sentenza impugnata rispetto alle attività effettivamente svolte dalla Forge de Laguiole. Nel contesto dell’esame del rischio di confusione, v. inoltre i punti 85, 99, 101, 104, 106 e 110 della sentenza impugnata.

( 56 ) V., in tal senso, ordinanze del 30 gennaio 2014, Industrias Alen/The Clorox Company (C‑422/12 P, EU:C:2014:57, punto 38), e del 20 gennaio 2015, Longevity Health Products/UAMI (C‑311/14 P, non pubblicata nella Raccolta, EU:C:2015:23, punto 39).