CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 3 maggio 2016 ( 1 )

Causa C‑554/14

Procedimento penale

contro

Atanas Ognyanov

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia, Bulgaria)]

«Rinvio pregiudiziale — Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale — Decisione quadro 2008/909/GAI — Articolo 17 — Diritto applicabile all’esecuzione di una misura privativa della libertà personale — Norma nazionale dello Stato di esecuzione che prevede la concessione di una remissione di pena a motivo del lavoro svolto dalla persona condannata durante la sua detenzione nello Stato di emissione — Ammissibilità — Principio di territorialità della legge penale — Principio dell’individualizzazione della pena — Obiettivo del reinserimento sociale dell’interessato — Obbligo di interpretazione conforme»

I – Introduzione

1.

Il presente rinvio pregiudiziale invita la Corte ad esaminare un aspetto della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale finora relativamente poco sviluppato dalla giurisprudenza. Si tratta del diritto e delle modalità applicabili all’esecuzione di una pena detentiva quando una persona condannata sia trasferita, sulla base della decisione quadro 2008/909/GAI ( 2 ), dallo Stato membro di condanna ( 3 ) al proprio Stato membro di origine o di residenza ( 4 ).

2.

In particolare, il Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia, Bulgaria) si interroga sulle norme applicabili alla concessione di una remissione di pena.

3.

Con sentenza del 28 novembre 2012, il sig. Atanas Ognyanov, un cittadino bulgaro, è stato condannato dalle autorità giudiziarie danesi a una pena detentiva di quindici anni per aver commesso un furto aggravato e un omicidio nel territorio danese. Egli è stato posto in stato di detenzione in un istituto penitenziario danese dal 10 gennaio 2012 al 1o ottobre 2013, data nella quale è stato trasferito alle autorità giudiziarie bulgare.

4.

Il sig. Ognyanov ha lavorato durante la propria detenzione in Danimarca.

5.

Il Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia) è oggi tenuto a statuire su questioni relative alle modalità di esecuzione di detta pena, e in particolare sul residuo di pena da scontare. È in tale contesto che si è posta la questione della remissione di pena a motivo del lavoro svolto dall’interessato durante la sua detenzione in Danimarca.

6.

Poiché la normativa danese non consente di concedere una siffatta riduzione di pena, il giudice del rinvio si chiede se esso sia legittimato, conformemente alla giurisprudenza del Varhoven kasatsionen sad (Corte suprema di cassazione, Bulgaria), ad applicare la propria normativa nazionale più favorevole al periodo di detenzione scontato dal sig. Ognyanov in Danimarca. Infatti, in applicazione del Nakazatelen Kodeks (codice penale bulgaro) ( 5 ), due giorni di lavoro sono assimilati a tre giorni di privazione della libertà personale. In tal modo, l’interessato beneficerebbe di una riduzione di pena non già di un anno, otto mesi e venti giorni, bensì di due anni, sei mesi e ventiquattro giorni, circostanza che gli consentirebbe di essere rimesso in libertà prima ( 6 ).

7.

A tal fine, il giudice del rinvio si basa sul testo dell’articolo 17 della decisione quadro.

8.

Secondo tale disposizione, l’esecuzione della pena è disciplinata dal diritto dello Stato di esecuzione. Il legislatore dell’Unione europea indica che le autorità giudiziarie di tale Stato sono quindi le sole competenti a prendere le decisioni concernenti le modalità di esecuzione della pena e a stabilire tutte le misure che ne conseguono, a condizione, da un lato, di dedurre il periodo complessivo di privazione della libertà personale già scontato nello Stato di emissione e, dall’altro, di rispettare l’obbligo d’informazione di cui al paragrafo 3 di detta disposizione.

9.

Il giudice del rinvio chiede pertanto alla Corte se, ai sensi dell’articolo 17 della decisione quadro, esso sia legittimato a sostituire la propria normativa nazionale alla normativa danese, più rigorosa, in modo tale da concedere all’interessato una remissione di pena a motivo del lavoro da lui svolto prima del suo trasferimento.

10.

Nelle presenti conclusioni, proporrò alla Corte di dichiarare che l’articolo 17, paragrafi 1 e 2, della decisione quadro osta ad una norma nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, ancorché quest’ultima sia più favorevole alla persona condannata.

11.

La mia analisi sarà, in particolare, guidata dal rispetto di due principi, quello della territorialità della legge penale e quello dell’individualizzazione della pena, sul quale si fonda l’intero diritto dell’esecuzione delle pene. Definirò la portata di tali principi e spiegherò le ragioni per le quali il loro rispetto impone che l’esecuzione di una pena detentiva, e in particolare la concessione di una riduzione di pena, sia disciplinata dal diritto dello Stato membro nel quale la persona condannata è effettivamente detenuta. Insisterò inoltre sulla necessità di rispettare la sovranità nazionale dello Stato di emissione e sulle implicazioni della fiducia reciproca che deve esistere tra gli Stati membri nell’ambito dell’attuazione della decisione quadro.

12.

Pur riconoscendo che, in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, la normativa bulgara sembra effettivamente più favorevole all’interessato, concluderò nondimeno, che, in considerazione dei rispettivi ambiti di competenza territoriale, lo Stato di esecuzione non può legittimamente applicare talune disposizioni del proprio codice penale all’esecuzione della pena nel territorio dello Stato di emissione. In mancanza di applicabilità della normativa bulgara, la norma della retroattività della legge penale più favorevole, contenuta nell’articolo 49, paragrafo 1, ultima frase, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ( 7 ), non potrà quindi essere applicata.

II – Contesto normativo

A – Il diritto dell’Unione

1. La decisione quadro

13.

La decisione quadro si basa sul principio del reciproco riconoscimento ( 8 ) delle decisioni giudiziarie, in forza del quale le decisioni giudiziarie sono eseguite direttamente in tutta l’Unione senza alcun procedimento di convalida ( 9 ).

14.

Ai sensi del suo considerando 9 e del suo articolo 3, paragrafo 1, la decisione quadro intende garantire il riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze ( 10 ) di condanna ( 11 ) ad una pena detentiva in uno Stato membro diverso dallo Stato di emissione, e ciò al fine di favorire il reinserimento sociale della persona condannata.

15.

Pendant necessario della libertà di circolazione, il trasferimento della persona condannata verso il suo Stato membro di origine o di residenza deve aumentare le sue possibilità di reinserimento sociale, dandogli l’opportunità di conservare i propri legami familiari, linguistici e culturali.

16.

Dopo aver acquisito la certezza del fatto che l’esecuzione della pena da parte dello Stato di esecuzione contribuirà al conseguimento di tale obiettivo, lo Stato di emissione trasmette alle autorità di detto Stato la sentenza di condanna conformemente alle modalità stabilite agli articoli 4 e 5 della decisione quadro.

17.

Esso allega, a tale riguardo, un certificato debitamente compilato e il cui modello standard figura nell’allegato I della decisione quadro. Tale certificato contiene varie rubriche che consentono allo Stato di emissione di fornire informazioni relative all’identità dell’individuo perseguito e dell’autorità che ha emesso la sentenza, alla natura del reato commesso nonché alla natura e alla durata della pena.

18.

Sotto la rubrica i) di tale allegato, intitolata «Informazioni sulla sentenza che irroga la pena», il punto 2, che riguarda le indicazioni relative alla durata della pena, invita l’autorità competente dello Stato di emissione a compilare i punti seguenti:

«2.1.

Durata complessiva della pena (in giorni): (…)

2.2.

Il periodo complessivo di privazione della libertà personale già scontato in relazione alla pena riguardo alla quale è emessa la sentenza (in giorni):

(…) al [...] (indicare la data alla quale è stato effettuato il calcolo: gg-mm-aaaa): (…)

2.3.

Numero di giorni da detrarre dalla durata complessiva della pena per motivi diversi da quelli di cui al punto 2.2. (ad esempio amnistia, grazia o indulto ecc. già concessi in relazione alla pena):

(…) al (indicare la data alla quale è stato effettuato il calcolo: gg-mm-aaaa): (…)

(…)».

19.

L’articolo 8 della decisione quadro, intitolato «Riconoscimento della sentenza ed esecuzione della pena», così dispone al paragrafo 1:

«L’autorità competente dello Stato di esecuzione riconosce una sentenza trasmessa (…) e adotta immediatamente tutti i provvedimenti necessari all’esecuzione della pena, a meno che non decida di invocare uno dei motivi di rifiuto di riconoscimento e di esecuzione previsti dall’articolo 9».

20.

L’articolo 17 della decisione quadro, intitolato «Legislazione applicabile all’esecuzione», – la cui interpretazione è qui richiesta – è formulato come segue:

«1.   L’esecuzione della pena è disciplinata dalla legislazione dello Stato di esecuzione. Le autorità dello Stato di esecuzione sono le sole competenti, fatti salvi i paragrafi 2 e 3, a prendere le decisioni concernenti le modalità di esecuzione e a stabilire tutte le misure che ne conseguono, compresi i motivi per la liberazione anticipata o condizionale.

2.   L’autorità competente dello Stato di esecuzione deduce dalla durata totale della privazione della libertà personale da scontare in detto Stato il periodo complessivo di privazione della libertà personale già scontato in relazione alla pena riguardo alla quale è stata emessa la sentenza.

3.   L’autorità competente dello Stato di esecuzione può, su richiesta, informare l’autorità competente dello Stato di emissione delle disposizioni applicabili in materia di liberazione anticipata o condizionale. Lo Stato di emissione può accettare l’applicazione di dette disposizioni o ritirare il certificato.

4.   Gli Stati membri possono stabilire che qualsiasi decisione sulla liberazione anticipata o condizionale possa tenere conto delle disposizioni della legislazione nazionale indicate dallo Stato di emissione che conferiscono alla persona il diritto alla liberazione anticipata o condizionale in un determinato momento».

21.

Ai sensi del suo articolo 26, paragrafo 1, primo trattino, la decisione quadro sostituisce, a decorrere dal 5 dicembre 2011, la Convenzione europea sul trasferimento delle persone condannate, firmata a Strasburgo il 21 marzo 1983 ( 12 ), nonché il relativo protocollo addizionale del 18 dicembre 1997.

22.

La decisione quadro doveva, ai sensi del suo articolo 29, paragrafo 1, essere attuata dagli Stati membri entro il 5 dicembre 2011. Il Regno di Danimarca l’ha trasposta, contrariamente alla Repubblica di Bulgaria.

B – Il diritto bulgaro

23.

L’articolo 41, paragrafo 3, del NK dispone che il lavoro svolto dalla persona condannata è preso in considerazione ai fini della riduzione della durata della pena, in modo tale che due giorni di lavoro equivalgano a tre giorni di privazione della libertà personale.

24.

L’articolo 457 del Nakazatelno protsesualen Kodeks (codice di procedura penale bulgaro) ( 13 ), intitolato «Risoluzione da parte del giudice delle questioni relative all’esecuzione della sentenza», prevede quanto segue:

«1.   Una volta che la persona condannata entri nella Repubblica di Bulgaria o che si accerti che essa si trova nel suo territorio, il procuratore generale trasmette la sentenza accettata per l’esecuzione nonché i documenti ad essa allegati al Sofiyski gradski sad [Tribunale di Sofia (…)] insieme a una proposta riguardante la risoluzione delle questioni relative alla sua esecuzione.

2.   Il [Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia)] si pronuncia sulla proposta con ordinanza nel corso di un’udienza a cui partecipa il procuratore e alla quale la persona condannata è chiamata a comparire.

3.   L’ordinanza menziona il numero e la data della sentenza emessa ai fini dell’esecuzione, la causa nella quale essa è stata pronunciata, il testo della legge bulgara che prevede la responsabilità per il reato commesso e la durata della pena detentiva inflitta dal giudice straniero, e determina il regime iniziale della pena da scontare nonché il tipo di istituto penitenziario.

4.   Qualora la durata massima della privazione della libertà personale prevista dal diritto bulgaro per il reato commesso sia inferiore alla durata fissata nella sentenza, il [Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia)] riduce a tale durata la pena inflitta. Qualora il diritto bulgaro non preveda la privazione della libertà personale per il reato commesso, tale giudice fissa una pena che corrisponda il più possibile alla pena inflitta nella sentenza.

5.   Il periodo di custodia cautelare e di pena già scontato nello Stato di condanna è dedotto e – qualora le pene siano diverse – preso in considerazione ai fini della determinazione della durata della pena.

6.   Le pene complementari inflitte nella sentenza devono essere eseguite qualora siano previste nelle disposizioni corrispondenti del diritto bulgaro e non siano state eseguite nello Stato di condanna.

7.   L’ordinanza del giudice è impugnabile dinanzi al Sofiyski Apelativen sad (Corte d’appello di Sofia [Bulgaria])».

III – Fatti della controversia principale

25.

Il sig. Ognyanov, cittadino bulgaro, è stato condannato in Danimarca a una pena detentiva di quindici anni per aver commesso un furto aggravato e un omicidio nel territorio danese. Egli è stato posto in stato di detenzione in un istituto penitenziario danese dal 10 gennaio 2012 al 1o ottobre 2013, data nella quale è stato trasferito alle autorità giudiziarie bulgare.

26.

Il sig. Ognyanov ha lavorato durante la sua detenzione in Danimarca, precisamente dal 23 gennaio 2012 al 30 settembre 2013.

27.

Le autorità giudiziarie danesi si sono basate sulle disposizioni della decisione quadro al fine di procedere al trasferimento dell’interessato. Esse hanno chiesto, in particolare, alle loro omologhe bulgare di informarle riguardo alla pena che queste ultime intendevano fare eseguire e alle norme applicabili in materia di liberazione anticipata. A tale riguardo, esse hanno espressamente indicato che la normativa danese non consente di concedere all’interessato una riduzione di pena a motivo del lavoro svolto da quest’ultimo nel corso della sua detenzione. Non è escluso, a mio avviso, che le autorità giudiziarie danesi abbiano tenuto conto in un altro modo del lavoro svolto durante la detenzione dal sig. Ognyanov.

28.

Dalla decisione di rinvio risulta che le autorità giudiziarie bulgare hanno riconosciuto la sentenza emessa dalle autorità giudiziarie danesi e hanno accettato di eseguire la pena inflitta. A tal fine e ai sensi dell’articolo 457 del NPK, il procuratore generale presso il pubblico ministero di Sofia ha adito il giudice del rinvio affinché questo statuisca sulle questioni relative alle modalità di esecuzione della pena, e in particolare affinché il medesimo determini il residuo di pena da eseguire.

29.

In tale contesto, il giudice del rinvio si chiede se esso sia legittimato, conformemente alla giurisprudenza del Varhoven kasatsionen sad (Corte suprema di cassazione), a concedere all’interessato una remissione di pena a motivo del lavoro svolto da quest’ultimo durante la sua detenzione in Danimarca.

30.

Infatti, in una sentenza del 12 novembre 2013, il Varhoven kasatsionen sad (Corte suprema di cassazione) ha dichiarato che, ai fini dell’applicazione dell’articolo 457, paragrafo 5, del NPK, il «lavoro d’interesse generale svolto nello Stato di condanna dal condannato bulgaro trasferito deve essere preso in considerazione dal [Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia)] ai fini della riduzione della durata della pena, a meno che la durata del residuo di pena da scontare determinata dallo Stato di emissione sia stata calcolata tenuto conto del lavoro svolto».

31.

Il Varhoven kasatsionen sad (Corte suprema di cassazione) si è basato sul testo dell’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione sul trasferimento nonché sulle precisazioni contenute nella relazione esplicativa di tale convenzione.

32.

A suo avviso, il trasferimento del detenuto implica, in particolare, che allo Stato di esecuzione sia concessa una competenza esclusiva in materia di esecuzione della pena, sia nel caso della prosecuzione dell’esecuzione, sia in quello della conversione della pena.

33.

È interessante notare la motivazione del Varhoven kasatsionen sad (Corte suprema di cassazione):

«La legislazione bulgara prevede la possibilità di ridurre la pena detentiva sulla base dell’articolo 41, paragrafo 3, del NK qualora il cittadino bulgaro trasferito abbia svolto un lavoro di interesse generale mentre la scontava. Non vi è dubbio che il condannato debba beneficiare di una remissione [di pena] qualora egli lavori dopo il suo trasferimento in Bulgaria. Tale presa in considerazione è necessaria, tuttavia, anche qualora egli abbia svolto un lavoro come quello previsto dalla disposizione dell’articolo 178 della [zakon za izpalnenie na nakazaniyata i zadarzhanieto pod strazha (legge sull’applicazione delle pene e sulla custodia cautelare)] [ ( 14 )] nello Stato di condanna, ancorché una siffatta presa in considerazione non sia prevista nella sua legislazione. Infatti, lo svolgimento di un lavoro costituisce non già un elemento della pena detentiva propriamente detta, bensì una conseguenza della sua esecuzione. Se ne può dedurre che la presa in considerazione del lavoro svolto ai fini di una riduzione della durata della pena ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 3, del NK non è legata all’individualizzazione (determinazione) della pena, ma costituisce un atto legato alla sua esecuzione. Ciò determina la competenza dello Stato di esecuzione, le cui norme in materia di esecuzione della pena si applicano nel loro complesso, anche per quanto riguarda i motivi e le forme di commutazione della pena.

(…) La contabilizzazione del lavoro svolto ai fini di una riduzione della durata della pena ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 3, del NK tiene conto degli effetti positivi del lavoro sul processo di rieducazione e di reinserimento della persona condannata. L’integrazione professionale della persona condannata è un presupposto importante per il suo reinserimento nella società, e la sua portata giuridica e i suoi effetti sono soggetti ad una valutazione unica, senza alcuna distinzione a seconda che il lavoro sia svolto all’estero o nel territorio della Repubblica di Bulgaria. Secondo la legge – sulla base dell’articolo 41, paragrafo 3, del NK – il periodo durante il quale la persona condannata ha svolto lavori d’interesse generale è considerato un periodo di esecuzione della pena detentiva, indipendentemente dal luogo in cui i lavori sono stati svolti. La deduzione dei giorni di lavoro è un privilegio legale che costituisce non già una revisione della pena detentiva inflitta dallo Stato di condanna o della “durata” di tale pena, bensì una conseguenza favorevole applicabile obbligatoriamente, fondata sul fatto stesso che il condannato abbia svolto lavori d’interesse generale mentre scontava la propria pena detentiva e durante la propria detenzione. Si tratta, pertanto, di una commutazione della pena [ ( 15 )] ai sensi dell’articolo 12 della Convenzione sul trasferimento.

(…)

Alla luce di quanto precede, al fine di risolvere la questione del trasferimento di un cittadino bulgaro condannato tra il procuratore generale della Repubblica di Bulgaria e l’autorità competente dell’altro Stato, l’accordo raggiunto da tali due parti dev’essere accompagnato da informazioni precise che indichino se la persona condannata abbia svolto un lavoro (o abbia partecipato a corsi e a una formazione) nel corso dell’esecuzione di una pena detentiva in un istituto penitenziario (…) all’estero, durante quale periodo, e se la durata del residuo di pena da scontare determinata dallo Stato di emissione sia stata calcolata successivamente alla presa in considerazione del lavoro svolto all’estero» ( 16 ).

IV – Le questioni pregiudiziali

34.

In tale contesto, il Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se le disposizioni della decisione quadro consentano che lo Stato di esecuzione riduca, nel corso della procedura di trasferimento, la durata della pena “privazione della libertà personale” irrogata nello Stato di emissione a motivo del lavoro svolto durante l’espiazione della stessa nello Stato di emissione nel modo seguente:

a)

la riduzione della pena è la conseguenza dell’applicazione della legge dello Stato di esecuzione all’esecuzione della pena, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della decisione quadro. Se tale disposizione consenta che la legge dello Stato di esecuzione sull’esecuzione della pena si applichi già nella procedura di trasferimento in relazione a fatti avvenuti durante il periodo in cui il condannato era sottoposto alla giurisdizione dello Stato di emissione (ossia in relazione al lavoro svolto durante la detenzione nell’istituto penitenziario dello Stato di emissione);

b)

la riduzione della pena avviene sulla base della deduzione ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 2, della decisione quadro. Se tale disposizione consenta la deduzione di un periodo di tempo più lungo della durata della detenzione fissata secondo la legge dello Stato di emissione, quando, in applicazione della legge dello Stato di esecuzione, i fatti avvenuti nello Stato di emissione (ossia il lavoro svolto nell’istituto penitenziario dello Stato di emissione) sono nuovamente valutati.

2)

Nel caso in cui tali disposizioni o altre disposizioni della decisione quadro siano applicabili alla riduzione della pena in esame, se debba essere di ciò informato lo Stato di emissione, qualora lo stesso ne abbia fatto espressa richiesta e se, in caso di opposizione da parte di quest’ultimo, si debba porre fine alla procedura di trasferimento. Nel caso in cui sussista l’obbligo di informazione, come essa debba essere fornita – se in maniera generale ed astratta sul diritto applicabile oppure sulla concreta riduzione di pena che il tribunale intende accordare a una determinata persona condannata.

3)

Nel caso in cui la Corte dichiari che le disposizioni dell’articolo 17, paragrafi 1 e 2 della decisione quadro non consentono allo Stato di esecuzione di ridurre la pena in base al suo diritto interno (a motivo del lavoro svolto nello Stato di emissione), se sia conforme al diritto dell’Unione la decisione del giudice nazionale di applicare comunque il suo diritto nazionale, in quanto più favorevole rispetto all’articolo 17 della decisione quadro».

35.

I governi tedesco, spagnolo, dei Paesi Bassi, austriaco e del Regno Unito, nonché la Commissione europea, hanno formulato osservazioni.

36.

Non posso che rammaricarmi per l’assenza delle parti del procedimento principale e per quella del governo bulgaro. Essi non hanno depositato osservazioni scritte e non erano neanche presenti all’udienza.

V – Osservazioni preliminari

37.

Prima di esaminare le questioni sollevate dal giudice del rinvio, sono necessarie due osservazioni al fine di confermare la competenza della Corte a pronunciarsi in via pregiudiziale su queste ultime e l’utilità di interpretare l’articolo 17 della decisione quadro.

38.

In primo luogo, contrariamente a quanto risulta dalla decisione di rinvio, il trasferimento dell’interessato è avvenuto sulla base non già delle disposizioni della decisione quadro, bensì di quelle della Convenzione sul trasferimento.

39.

Ciò risulta espressamente dalla domanda di trasferimento del sig. Ognyanov emessa dal Ministero della Giustizia danese il 26 marzo 2013, nonché dall’insieme delle lettere successive ad essa relative, contenute nel fascicolo nazionale.

40.

Le autorità giudiziarie danesi hanno fatto chiaramente riferimento alle disposizioni della Convenzione sul trasferimento in assenza di trasposizione della decisione quadro da parte della Repubblica di Bulgaria.

41.

Ci si chiede se tale elemento comporti ipso facto l’incompetenza della Corte.

42.

A mio avviso, non è così.

43.

In realtà, ritengo che il giudice del rinvio abbia citato con cognizione di causa, nelle sue questioni, le disposizioni della decisione quadro. Infatti, ai sensi dell’articolo 29, paragrafo 1, di quest’ultima, la Repubblica di Bulgaria era, in linea di principio, tenuta a trasporre la decisione quadro entro il 5 dicembre 2011. A decorrere da tale data, la decisione quadro, ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 1, primo trattino, doveva quindi sostituire la Convenzione sul trasferimento e il relativo protocollo addizionale.

44.

Poiché la richiesta di trasferimento del sig. Ognyanov è stata emessa il 26 marzo 2013 e il trasferimento di quest’ultimo ha avuto luogo, a seguito del consenso espresso dalle autorità giudiziarie bulgare, il 1o ottobre 2013, le uniche disposizioni applicabili al trasferimento dell’interessato tra i due Stati membri avrebbero dovuto essere, pertanto, in linea di principio, quelle della decisione quadro.

45.

Il giudice del rinvio ha quindi scelto di sottoporre alla Corte una questione sull’interpretazione delle disposizioni della decisione quadro.

46.

Ricordo che, nell’ambito del procedimento ex articolo 267 TFUE, spetta soltanto al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze del caso, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale al fine di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte ( 17 ).

47.

La presunzione di rilevanza che inerisce alle questioni proposte in via pregiudiziale dai giudici nazionali può essere esclusa solo in casi eccezionali, qualora risulti manifestamente che la sollecitata interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione considerate in tali questioni non ha alcun rapporto con la realtà o con l’oggetto della controversia principale, o qualora il problema sia di natura ipotetica, o ancora qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per risolvere utilmente le questioni che le vengono sottoposte ( 18 ).

48.

Orbene, nessuna di queste circostanze si verifica nel caso di specie.

49.

Di conseguenza, non vedo alcun ostacolo a che la Corte si pronunci nella presente causa interpretando le disposizioni della decisione quadro.

50.

In secondo luogo, occorre sottolineare che uno degli elementi che avrebbero potuto ostacolare l’adempimento, da parte del giudice del rinvio del suo obbligo di interpretazione conforme del diritto nazionale – e mi riferisco qui alla giurisprudenza elaborata dal Varhoven kasatsionen sad (Corte suprema di cassazione) riguardo alla portata dell’articolo 41, paragrafo 3, del NK – è oggi eliminato.

51.

Infatti, nella sentenza del 19 aprile 2016, DI ( 19 ), la Corte ha dichiarato che l’esigenza di un’interpretazione conforme «include l’obbligo, per i giudici nazionali, di modificare, se del caso, una giurisprudenza consolidata, se questa si basa su un’interpretazione del diritto nazionale incompatibile con gli scopi di una direttiva» ( 20 ).

52.

Orbene, il principio enunciato dalla Corte si impone nella stessa misura per quanto riguarda la decisione quadro.

53.

Ricordo, infatti, che, nella sentenza del 16 giugno 2005, Pupino ( 21 ), la Corte ha dichiarato che il carattere vincolante delle decisioni quadro, formulato in termini identici a quelli dell’articolo 288, terzo comma, TFUE, nonché il principio di leale cooperazione, che si impone nell’ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale ( 22 ), comportano, in capo alle autorità nazionali, ed in particolare ai giudici nazionali, un obbligo di interpretazione conforme del diritto nazionale ( 23 ). Rammento che tale obbligo attiene al sistema del Trattato FUE, in quanto permette ai giudici nazionali di assicurare, nell’ambito delle rispettive competenze, la piena efficacia del diritto dell’Unione quando risolvono le controversie ad essi sottoposte ( 24 ).

54.

Di conseguenza, un’interpretazione dell’articolo 41, paragrafo 3, del NK conforme all’articolo 17, paragrafo 1, della decisione quadro è, a mio avviso, perfettamente possibile.

55.

Inoltre, il giudice del rinvio non è limitato, a tale riguardo, dalla necessità di rispettare i principi di certezza del diritto e di non retroattività. Sappiamo che tali principi ostano, secondo giurisprudenza costante, a che l’«obbligo [di interpretazione conforme] possa condurre a determinare o ad aggravare, sul fondamento di una decisione quadro e indipendentemente da[ll’esistenza di] una legge adottata per l’attuazione di quest’ultima, la responsabilità penale di coloro che agiscono in violazione delle sue disposizioni» ( 25 ).

56.

Orbene, nella presente causa, la disposizione che è oggetto della domanda di pronuncia pregiudiziale verte non già sulla portata della responsabilità penale dell’interessato, bensì su una modalità di esecuzione della sua pena, e in particolare sulla concessione di una remissione di pena.

57.

In considerazione di tali elementi, nulla osta, di conseguenza e in assenza di trasposizione della decisione quadro in Bulgaria, a che il giudice del rinvio interpreti le norme pertinenti del NK, nella misura del possibile, alla luce del testo e della finalità della decisione quadro al fine di conseguire il risultato perseguito da quest’ultima.

VI – Analisi

A – Sulla prima questione

58.

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, alla Corte se l’articolo 17, paragrafi 1 e 2, della decisione quadro debba essere interpretato nel senso che esso osta a una norma nazionale che, in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, consenta allo Stato di esecuzione di concedere alla persona condannata una remissione di pena a motivo del lavoro che quest’ultima ha svolto durante la propria detenzione nello Stato di emissione.

59.

Ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della decisione quadro, l’esecuzione della pena, compresi i motivi per la liberazione anticipata o condizionale, sono disciplinati dal diritto dello Stato di esecuzione.

60.

Nel caso di specie, il Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia) si chiede, pertanto, se non occorra applicare il diritto dello Stato di esecuzione – vale a dire, nella fattispecie, l’articolo 41, paragrafo 3, del NK – al periodo di detenzione scontato dall’interessato in Danimarca.

61.

I termini utilizzati dal legislatore dell’Unione nell’articolo 17, paragrafo 1, prima frase, della decisione quadro possono effettivamente far sorgere un dubbio riguardo alla ripartizione delle competenze relative all’esecuzione della pena detentiva, e i lavori preparatori relativi a tale disposizione non forniscono veri e propri chiarimenti riguardo alla sua interpretazione.

62.

Da un lato, il legislatore dell’Unione non definisce cosa debba intendersi per «esecuzione della pena» ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della decisione quadro.

63.

Dall’altro lato, esso non precisa se si tratti dell’esecuzione della pena sin dalla pronuncia della sentenza nello Stato di emissione o soltanto a partire dal trasferimento dell’interessato nello Stato di esecuzione.

1. La definizione della nozione di «esecuzione della pena»

64.

La definizione della nozione di «esecuzione della pena» è un presupposto indispensabile.

65.

Infatti, se si deve statuire sulle rispettive competenze dello Stato di emissione e dello Stato di esecuzione per quanto riguarda l’esecuzione stessa di una pena, occorre, preliminarmente, definire una siffatta nozione.

66.

Peraltro, se si deve garantire il riconoscimento reciproco delle sentenze di condanna ad una pena detentiva ed assicurare l’esecuzione effettiva delle pene in uno Stato diverso da quello di emissione, occorre definire tale nozione «a livello dell’Unione», poiché la complessità e, talvolta, anche l’incertezza delle normative e delle prassi riguardanti l’esecuzione delle condanne penali possono rendere difficile tale compito. Orbene, l’effettività dell’esecuzione delle pene è una componente essenziale della politica penale, in generale, e dello spazio giudiziario europeo in materia penale, in particolare.

67.

Dobbiamo pertanto iniziare la nostra analisi con una definizione della nozione di «esecuzione della pena».

68.

Ai sensi dell’articolo 1, lettera b), della decisione quadro, la «pena» o, per impiegare l’espressione utilizzata nella versione in lingua francese della decisione quadro, la «condamnation» ( 26 ) consiste in una pena detentiva, di durata limitata o illimitata, irrogata da un giudice nazionale a causa di un reato in seguito ad un procedimento penale ( 27 ).

69.

Le misure che costituiscono una «pena» rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 49 della Carta e dell’articolo 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 ( 28 ).

70.

Le misure volte all’«esecuzione della pena» riguardano quindi l’attuazione di una «pena» o di una «condanna». La Corte europea dei diritti dell’uomo ritiene che tali misure non costituiscano parte integrante della «pena» e non rientrino, pertanto, nell’ambito di applicazione dell’articolo 7 della CEDU ( 29 ).

71.

L’esecuzione di una pena interviene dopo la pronuncia definitiva della condanna. Si tratta quindi dell’ultima fase del processo penale, quella durante la quale si attua la sentenza.

72.

Essa copre tutte le misure volte, da un lato, a garantire l’esecuzione materiale della pena, quali il mandato d’arresto e, dall’altro, ad assicurare il reinserimento sociale della persona condannata. In tale ambito, le autorità giudiziarie competenti sono chiamate a stabilire le modalità relative allo svolgimento della pena e all’adattamento di quest’ultima, decidendo, ad esempio, sul collocamento all’esterno, sui permessi di uscita, sulla semilibertà, sul frazionamento e sulla sospensione della pena, sulle misure di liberazione anticipata o condizionale del detenuto o sul collocamento sotto sorveglianza elettronica. Il diritto dell’esecuzione delle pene comprende inoltre le misure che possono essere adottate dopo la liberazione della persona condannata, quali la sua sottoposizione a sorveglianza giudiziaria o la sua partecipazione a programmi di riabilitazione, o le misure di indennizzo a favore delle vittime.

73.

Nell’ambito del contenzioso trattato, la Corte europea dei diritti dell’uomo si è trovata spesso di fronte a situazioni in cui la distinzione tra la pena e le misure volte ad assicurare la sua esecuzione non è stata sempre netta nella pratica. Occorre pertanto distinguere, tra le misure adottate dopo la pronuncia definitiva della condanna, quelle che sono, in realtà, idonee a ridefinire o a modificare la portata della pena ( 30 ).

74.

Ciò detto, la definizione della nozione di «esecuzione della pena» non è sufficiente per risolvere il problema sollevato nella presente causa.

2. Il significato e la portata dell’articolo 17 della decisione quadro

75.

La rigorosa applicazione del principio secondo cui l’«esecuzione della pena è disciplinata dalla legislazione dello Stato di esecuzione» solleva, di per sé, una difficoltà nella misura in cui l’esecuzione della pena sia già iniziata nel territorio dello Stato di emissione per proseguire sotto la giurisdizione dello Stato di esecuzione. Di quale «esecuzione» si parla? Ci si chiede se il legislatore dell’Unione si riferisca all’esecuzione della pena sin dalla pronuncia della sentenza da parte dello Stato di emissione oppure all’esecuzione della pena a partire dal trasferimento della persona condannata alle autorità giudiziarie dello Stato di esecuzione.

76.

La risposta s’impone se si tiene conto dei principi che sottendono la decisione quadro e dell’impianto sistematico nel quale s’inserisce l’articolo 17 di quest’ultima.

a) Il principio della territorialità della legge penale

77.

L’articolo 17 della decisione quadro mira a risolvere i conflitti di leggi e di competenze relative all’esecuzione della pena, risultanti inevitabilmente dal trasferimento della persona condannata dalle autorità dello Stato di emissione a quelle dello Stato di esecuzione. Infatti, il trasferimento di una persona condannata implica che la stessa abbia iniziato l’esecuzione della propria pena nel territorio dello Stato di emissione per proseguirla, se del caso, in un istituto penitenziario dello Stato di esecuzione ( 31 ).

78.

Ciò spiega il fatto che, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 2, della decisione quadro, lo Stato di esecuzione sia tenuto, ai fini del calcolo del residuo di pena da eseguire nel proprio territorio, a dedurre il periodo di privazione della libertà personale «già scontato» nello Stato di emissione.

79.

Consentire allo Stato di esecuzione di applicare retroattivamente la propria legge all’inizio dell’esecuzione della pena dell’interessato nello Stato di emissione violerebbe il principio, comunemente riconosciuto, della territorialità della legge penale.

80.

Tale principio della territorialità della legge penale è un principio comune a tutti gli Stati membri. La legge penale è di applicazione territoriale in quanto essa è l’espressione della sovranità degli Stati membri. La competenza territoriale dei giudici in materia penale riveste pertanto, normalmente, nelle legislazioni nazionali, un carattere di ordine pubblico. Dalla competenza territoriale deriva necessariamente la legge nazionale applicabile.

81.

Di conseguenza, e in linea di principio, la questione non è se, nell’interesse della persona di cui trattasi, sia meglio applicare, in base al principio della retroattività in mitius ( 32 ) di cui all’articolo 49, paragrafo 1, ultima frase, della Carta, la normativa penale bulgara in quanto si tratta di una legge penale più favorevole all’interessato, anziché la normativa penale danese. Una tale scelta non sussiste in una situazione transfrontaliera come quella di cui trattasi nel procedimento principale, poiché l’applicabilità della legge penale deriva dal principio stesso di territorialità.

82.

D’altronde, il principio stesso della retroattività in mitius non mi sembra applicabile nel caso di specie. Tradizionalmente, infatti, l’ambito di applicazione di tale principio è quello dei conflitti di leggi nel tempo e non, come nel caso di specie, quello dei conflitti di leggi nello spazio. Senza dubbio, detto principio si applicherebbe, pertanto, se, a seguito di una modifica della legge penale danese, il reato commesso dal sig. Ognyanov venisse meno successivamente alla sua condanna, durante l’esecuzione di quest’ultima. In tali circostanze, le autorità giudiziarie bulgare non avrebbero altra scelta se non quella di liberare l’interessato. Per contro, se fosse la legge bulgara a depenalizzare l’atto commesso dall’interessato, dubito fortemente che ciò comporterebbe ipso facto la liberazione di quest’ultimo. Infatti, tale atto è punito dalla legge danese in quanto costituisce una turbativa dell’ordine pubblico danese, che esula dall’ambito di applicazione della legge bulgara. Inoltre, è interessante segnalare che una tale ipotesi avrebbe l’effetto di rendere impossibile il trasferimento ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della Convenzione sul trasferimento.

83.

D’altronde, mi sembra che le disposizioni della decisione quadro confermino la mia opinione. Infatti, tale testo non esige la doppia incriminabilità per i reati elencati al suo articolo 7, paragrafo 1, e la prevede per gli altri reati soltanto a titolo di possibilità, per lo Stato di esecuzione, di esigerla, ai sensi del suo articolo 7, paragrafo 3. Mi sembra, pertanto, che tale norma confermi il carattere territoriale della legge penale e porti ad escludere, in quanto inappropriato, il principio della retroattività in mitius in un’ipotesi come quella in esame.

b) Il principio dell’individualizzazione della pena

84.

La decisione quadro ha per obiettivo principale quello di favorire il reinserimento sociale delle persone condannate a una pena detentiva, consentendo all’individuo privato della sua libertà personale a causa di una condanna penale di scontare la sua pena o il residuo di quest’ultima nel suo ambiente sociale d’origine.

85.

Ciò traspare chiaramente dal considerando 9 e dall’articolo 3, paragrafo 1, della decisione quadro ( 33 ).

86.

Ciò implica che tutte le misure relative all’esecuzione e all’adattamento delle pene siano individualizzate dalle autorità giudiziarie in modo tale da favorire, nel rispetto degli interessi della società e dei diritti delle vittime, oltre alla prevenzione della recidiva, l’inserimento o il reinserimento sociale della persona condannata.

87.

Nell’ambito dell’attuazione dell’articolo 17 della decisione quadro, il principio dell’individualizzazione della pena, che costituisce una delle funzioni stesse della pena, impone pertanto una ripartizione chiara delle competenze tra lo Stato di emissione e lo Stato di esecuzione, in modo tale da garantire che le decisioni relative all’esecuzione della pena siano adottate dall’autorità giudiziaria che si trova nella posizione migliore per valutare il comportamento dell’individuo.

88.

Ciò presuppone che siano le autorità giudiziarie del luogo di detenzione effettiva dell’individuo a pronunciarsi su tutte le misure di adattamento della pena, ivi comprese le misure di riduzione della pena che possano essere concesse alla persona condannata.

89.

Orbene, si tratta innegabilmente delle autorità che sono vicine a quest’ultima, e quindi, di quelle del suo luogo di detenzione effettiva ( 34 ).

90.

Per quanto riguarda, in particolare, la riduzione della pena per il lavoro penitenziario, tale misura di individualizzazione ha senso soltanto se adottata dall’autorità che si è occupata effettivamente del controllo e della valutazione del lavoro dell’individuo.

91.

Pertanto, non sussiste alcuna ragione né alcun fondamento giuridico per applicare l’articolo 41, paragrafo 3, del NK al periodo di detenzione scontato dal sig. Ognyanov in Danimarca, anziché la normativa danese. Una tale iniziativa sarebbe, di per sé, contraria al principio dell’individualizzazione della pena, in quanto le autorità giudiziarie bulgare si troverebbero a concedere una riduzione di pena a una persona condannata, da un lato, che esse non hanno mai incontrato e, dall’altro, di cui esse non hanno verificato il lavoro né tantomeno i progressi. Nulla osta, per contro, a che le autorità giudiziarie bulgare, ai fini di una valutazione più globale degli sforzi di reinserimento sociale dimostrati dall’individuo, tengano conto del lavoro svolto dal sig. Ognyanov durante la sua detenzione in Danimarca nonché delle valutazioni operate, a tal riguardo, dalle loro omologhe danesi. Si tratterà di uno tra più criteri, che consentirà alle autorità giudiziarie competenti di valutare se la concessione all’individuo della liberazione condizionale sia giustificata.

92.

Soltanto una volta che l’interessato sarà detenuto in un istituto penitenziario bulgaro, le autorità giudiziarie nazionali potranno, se del caso, applicare l’articolo 41, paragrafo 3, del NK. Tale riduzione di pena dovrà inserirsi nell’ambito di una valutazione regolare e personalizzata dell’individuo e non dovrà rivestire, come mi sembra di capire dalla sentenza del Varhoven kasatsionen sad (Corte suprema di cassazione), un carattere automatico ( 35 ).

93.

Alla luce di tutti questi elementi, ritengo pertanto che il rispetto dei principi della territorialità della legge penale e dell’individualizzazione della pena, sui quali si fonda la decisione quadro, imponga che l’esecuzione di una pena detentiva, e in particolare la concessione di una riduzione di pena, sia disciplinata dal diritto dello Stato membro nel quale la persona condannata è effettivamente detenuta.

94.

Tale interpretazione è avvalorata dall’impianto sistematico della decisione quadro nel quale si inserisce l’ articolo 17 della stessa.

c) L’impianto sistematico della decisione quadro

95.

L’esame dell’impianto sistematico della decisione quadro tende a dimostrare che l’articolo 17 di quest’ultima stabilisce i principi applicabili all’esecuzione della pena una volta effettuato il trasferimento della persona condannata.

96.

In primo luogo, occorre tener conto del contesto nel quale sono stati elaborati i principi dell’articolo 17 della decisione quadro. In effetti, la decisione quadro è stata adottata sul fondamento di una serie di strumenti esistenti, e in particolare sulla base della Convenzione sul trasferimento ( 36 ). Di ciò, d’altronde, viene fatta menzione ai considerando 4 e 5 della decisione quadro.

97.

I termini dell’articolo 17, paragrafo 1, della decisione quadro sono, in sostanza, identici a quelli utilizzati nell’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione sul trasferimento. Infatti, quest’ultima disposizione precisa che «[l]’esecuzione della condanna è regolata dalla legge dello Stato d’esecuzione e quest’ultimo è il solo competente a prendere tutte le decisioni appropriate». Orbene – e questo è un punto importante – detta disposizione è intitolata «Conseguenze del trasferimento per lo Stato di esecuzione» ( 37 ).

98.

Alla luce del contesto nel quale è stata adottata la decisione quadro, è quindi molto probabile che, intitolando l’articolo 17 della decisione quadro «Legislazione applicabile all’esecuzione», il legislatore dell’Unione abbia voluto riferirsi al diritto applicabile all’esecuzione della pena «in seguito al trasferimento della persona condannata».

99.

In secondo luogo, si deve tener conto del fatto che ciascuno dei principi della decisione quadro è stabilito secondo un ordine di successione cronologica.

100.

In un primo tempo, gli articoli da 4 a 14 della decisione quadro stabiliscono le norme che gli Stati membri devono applicare al fine di procedere al trasferimento della persona condannata. In particolare, gli articoli da 4 a 6 della decisione quadro precisano le modalità di trasmissione della sentenza e del certificato allo Stato di esecuzione. Gli articoli da 7 a 14 della stessa stabiliscono, poi, i principi applicabili alla decisione di riconoscimento della sentenza e alla decisione di esecuzione della pena. L’articolo 13 della decisione quadro dispone, a tale riguardo, che lo Stato di emissione conserva il diritto di ritirare il certificato «[f]intantoché l’esecuzione della pena nello Stato di esecuzione non sia iniziata» ( 38 ).

101.

In un secondo tempo, l’articolo 15 della decisione quadro stabilisce le modalità del trasferimento della persona condannata, mentre l’articolo 16 della medesima prevede disposizioni particolari in caso di transito dell’individuo nel territorio di un altro Stato membro.

102.

Tali disposizioni si inseriscono pertanto in una successione perfettamente logica e l’articolo 17 della decisione quadro ne costituisce manifestamente la prosecuzione stabilendo i principi applicabili all’esecuzione della pena «una volta trasferita la persona condannata» alle autorità giudiziarie dello Stato di esecuzione.

103.

L’articolo 17 della decisione quadro dev’essere letto anche alla luce delle norme contenute nelle disposizioni seguenti della medesima, e in particolare al suo articolo 22.

104.

Tale articolo 22, intitolato «Conseguenze del trasferimento della persona condannata», rivela particolarmente bene il trasferimento di competenze che accompagna necessariamente il trasferimento della persona condannata.

105.

Il legislatore dell’Unione indica, infatti, all’articolo 22, paragrafo 1, della decisione quadro, che lo Stato di emissione non può più procedere all’esecuzione della pena a partire dal momento in cui «l’esecuzione della medesima sia iniziata nello Stato di esecuzione». Ciò significa molto chiaramente che, fintantoché lo Stato di esecuzione non abbia iniziato l’esecuzione della pena, lo Stato di emissione rimane, a tale riguardo, competente ai fini dell’esecuzione della pena. L’articolo 22, paragrafo 2, della decisione quadro precisa, d’altronde, che, qualora lo Stato di esecuzione si trovi nell’impossibilità di eseguire la pena a causa dell’evasione della persona condannata, «[l]o Stato di emissione riacquista il diritto di procedere all’esecuzione della pena» ( 39 ).

106.

Pertanto, è solo una volta riconosciuta la sentenza dallo Stato di esecuzione ed effettuato il trasferimento della persona condannata che si applica il diritto dello Stato di esecuzione all’esecuzione stricto sensu della pena detentiva. Fintantoché la sentenza non sia stata riconosciuta e la persona condannata si trovi ancora sotto la giurisdizione delle autorità giudiziarie dello Stato di emissione, all’esecuzione della pena si applica il diritto di quest’ultimo Stato. Spetta pertanto allo Stato di emissione risolvere, conformemente alla propria normativa nazionale, le questioni relative alle riduzioni di pena.

107.

In terzo luogo, va rilevato che, nel sistema della decisione quadro, è proprio allo Stato di emissione che spetta valutare se occorra organizzare il trasferimento del detenuto nel suo Stato membro di origine o di residenza ( 40 ).

108.

Orbene, il trasferimento è una vera e propria misura di esecuzione della pena ( 41 ), forse una delle ultime che possono essere adottate dalle autorità giudiziarie dello Stato di emissione. Si tratta, in particolare, di una misura di individualizzazione della pena che ha l’obiettivo di favorire il reinserimento sociale della persona condannata.

109.

Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della decisione quadro, la trasmissione della sentenza ai fini del riconoscimento può aver luogo soltanto a partire dal momento in cui le autorità giudiziarie dello Stato di emissione, ove opportuno previe consultazioni con le autorità giudiziarie dello Stato di esecuzione, abbiano acquisito la certezza che l’esecuzione della pena da parte dello Stato di esecuzione contribuirà al conseguimento di tale obiettivo.

110.

Per acquisire una siffatta certezza, il legislatore dell’Unione precisa, al considerando 9 della decisione quadro, che le autorità giudiziarie dello Stato di emissione dovranno quindi «tenere conto di elementi quali, per esempio, l’attaccamento della persona allo Stato di esecuzione e il fatto che questa consideri tale Stato il luogo in cui mantiene legami familiari, linguistici, culturali, sociali o economici e di altro tipo».

111.

Allo stesso modo in cui spetta allo Stato di emissione effettuare tale valutazione, soltanto al medesimo Stato spetta altresì valutare se, al termine del periodo di detenzione scontato dall’interessato nel suo territorio e tenuto conto del suo impegno, lo stesso debba beneficiare delle riduzioni di pena consentite ai sensi della normativa nazionale.

112.

Il fatto che lo Stato di emissione sia tenuto ad indicare, nel certificato allegato alla sentenza, il numero di giorni supplementari che occorre detrarre dal periodo di detenzione già scontato avvalora tale interpretazione.

113.

Il certificato è un modulo standard presente nell’allegato I della decisione quadro ( 42 ). Tale modulo contiene diverse rubriche che devono essere compilate dalle autorità giudiziarie dello Stato di emissione. Dette rubriche gli consentono di fornire informazioni relative, in particolare, all’autorità che ha emesso la sentenza, all’individuo perseguito nonché alla natura del reato commesso, e di precisare la natura e la durata della pena. Di tali informazioni dev’essere certificata l’esattezza da parte delle autorità giudiziarie dello Stato di emissione ( 43 ). Si tratta, infatti, di informazioni essenziali che devono consentire allo Stato di esecuzione di effettuare un controllo minimo della sentenza ( 44 ) e che devono, in definitiva, garantire la corretta esecuzione della pena. L’autorità giudiziaria dello Stato di esecuzione riconosce la sentenza sulla base del certificato trasmesso dall’autorità giudiziaria dello Stato di emissione, che ne attesta la regolarità e l’esecutività. Diversamente, l’incompletezza o l’inesattezza di quest’ultimo costituisce un motivo di rifiuto di riconoscimento della sentenza e di non esecuzione della pena ai sensi dell’articolo 9 della decisione quadro.

114.

Ai fini della nostra analisi, occorre fare riferimento alle informazioni richieste al punto 2 della rubrica i) del modello di certificato presente nell’allegato I della decisione quadro, relative alla durata della pena. Tali informazioni garantiscono l’effetto utile dell’articolo 17, paragrafo 2, della decisione quadro.

115.

Al punto 2.2 di detta rubrica, lo Stato di emissione è tenuto ad indicare, in numero di giorni, il periodo complessivo di privazione della libertà personale già scontato in relazione alla pena in questione. Si tratta della pena lorda.

116.

Per contro, ai sensi del punto 2.3 di detta rubrica, quest’ultimo Stato è inoltre libero di detrarre da tale periodo un numero di giorni supplementari per «motivi diversi da quelli di cui al punto 2.2.», e il legislatore dell’Unione menziona, a titolo esemplificativo, l’amnistia, la grazia o l’indulto. Tale punto 2.3 consente pertanto allo Stato di emissione di fornire ulteriori indicazioni qualora circostanze particolari abbiano già dato luogo a una riduzione della pena.

117.

Detti elementi dimostrano che spetta effettivamente allo Stato di emissione statuire sulle riduzioni di pena inerenti al periodo di detenzione scontato nel proprio territorio, dato che, nel certificato, lo Stato di emissione è tenuto ad indicare allo Stato di esecuzione se occorra detrarre un numero di giorni maggiore di quelli concretamente trascorsi in stato di detenzione e, se del caso, il numero esatto di giorni. I termini utilizzati dal legislatore dell’Unione riguardo alla natura dei motivi idonei a fondare una riduzione di pena sono manifestamente molto vaghi. Inoltre, l’elenco di tali motivi non è tassativo, come dimostra l’utilizzo della locuzione avverbiale «ad esempio». Il legislatore dell’Unione ha quindi inteso coprire nel modo più ampio possibile tutte le circostanze particolari che possano dar luogo a una riduzione di pena nei diversi Stati membri. Pertanto, è ragionevole ritenere che una remissione di pena concessa in considerazione dei progressi compiuti dalla persona condannata rientri tra detti motivi.

118.

Alla luce di tali elementi, sono quindi convinto che lo Stato di esecuzione non possa sostituire il proprio diritto dell’esecuzione delle pene, e in particolare la propria normativa nazionale relativa alle remissioni di pena, a quello dello Stato di emissione, ritornando così sulla detrazione operata da quest’ultimo, a rischio di violare in modo grave non soltanto il principio del riconoscimento reciproco, ma anche la sovranità territoriale del Regno di Danimarca.

119.

Infatti, nel caso di cui trattasi nel procedimento principale, il Regno di Danimarca ha dichiarato espressamente di non concedere alcuna riduzione di pena a motivo del lavoro penitenziario. In ossequio al principio della fiducia reciproca, sul quale si fonda la decisione quadro, la Repubblica di Bulgaria non ha quindi altra scelta se non quella di rispettare l’applicazione del diritto vigente nello Stato di emissione, ancorché, per citare l’espressione utilizzata dalla Corte nella sentenza dell’11 febbraio 2003, Gözütok e Brügge ( 45 ), «il ricorso al proprio diritto nazionale condurrebbe a soluzioni diverse» ( 46 ).

120.

Una siffatta iniziativa, se fosse adottata, pregiudicherebbe quindi inevitabilmente la fiducia reciproca tra gli Stati membri e rischierebbe di compromettere la realizzazione degli obiettivi fissati dalla decisione quadro.

121.

Si ricordi, inoltre, che il diritto di punire costituisce uno degli attributi essenziali dello Stato e che il diritto penale, ivi compreso il diritto dell’esecuzione delle pene, si colloca al centro della sovranità nazionale. Il diritto dell’esecuzione delle pene rientra pertanto nel potere riconosciuto agli Stati di decidere della propria politica criminale, come dimostra il suo carattere territoriale ( 47 ).

122.

Orbene, nel caso di specie, è appunto l’ordine pubblico del Regno di Danimarca ad essere stato violato dagli atti commessi dal sig. Ognyanov. Sono, quindi, proprio le autorità giudiziarie di tale Stato membro ad avere la competenza per giudicarlo e condannarlo per i reati da lui commessi. Parimenti, è proprio nel territorio danese e sotto la giurisdizione delle autorità danesi che la detenzione del sig. Ognyanov si è svolta in un primo tempo.

123.

Tenuto conto dei rispettivi ambiti di competenza territoriale, è quindi evidente che l’articolo 41, paragrafo 3, del NK «non è applicabile» all’esecuzione della pena nel territorio danese, a meno di violare la sovranità territoriale del Regno di Danimarca.

124.

Infine, se l’articolo 17 della decisione quadro dovesse essere interpretato nel senso che esso consente l’applicazione della legge dello Stato di esecuzione all’esecuzione della pena nello Stato di emissione, ciò violerebbe altresì il principio fondamentale della parità di trattamento. Infatti, persone che scontano la loro pena nel medesimo istituto penitenziario sarebbero sottoposte o sarebbero chiamate ad essere sottoposte a regimi giuridici diversi per quanto riguarda l’esecuzione della loro pena, e in particolare per quanto concerne le modalità di remissione di pena.

125.

Ciò darebbe luogo a situazioni irrisolvibili che non consentirebbero di garantire un’applicazione equa e giusta delle norme e rischierebbero certamente di compromettere il successo della decisione quadro.

126.

Alla luce di tutti questi elementi, ritengo, pertanto, che, tenuto conto dei principi sui quali si fonda la decisione quadro, vale a dire, da un lato, la fiducia reciproca tra gli Stati membri e, dall’altro, i principi della territorialità della legge penale e dell’individualizzazione della pena, l’articolo 17, paragrafi 1 e 2, della decisione quadro debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una norma nazionale che consenta alle autorità giudiziarie dello Stato di esecuzione di concedere alla persona condannata una remissione di pena a motivo del lavoro svolto da quest’ultima durante la sua detenzione nello Stato di emissione.

127.

Riconosco che una tale interpretazione non consente di differenziare la decisione quadro fondata sul principio del reciproco riconoscimento dai meccanismi di cooperazione giudiziaria tradizionali concepiti come una cooperazione tra Stati sovrani. Tuttavia, si tratta, a mio avviso, dell’unica interpretazione possibile qualora si voglia tenere pienamente conto dell’assenza di armonizzazione delle norme relative all’esecuzione delle pene nell’Unione.

B – Sulla seconda questione

128.

La seconda questione riguarda la portata del dovere d’informazione che incombe alle autorità giudiziarie dello Stato di esecuzione ai sensi dell’articolo 17 della decisione quadro. Essa si pone nell’ipotesi in cui tale disposizione consenta alle autorità giudiziarie bulgare di applicare l’articolo 41, paragrafo 3, del NK al periodo di detenzione scontato dall’interessato in Danimarca.

129.

Il Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia) si interroga sulla questione se, qualora le autorità giudiziarie bulgare siano investite di una richiesta in tal senso, esse siano tenute ad informare le loro omologhe danesi dell’applicabilità di una siffatta normativa e, se del caso, sulla natura delle informazioni che devono essere comunicate a tale riguardo.

130.

Tenuto conto della risposta che propongo di fornire alla prima questione, ritengo che non occorra rispondere alla seconda.

C – Sulla terza questione

131.

Nel caso in cui la Corte dichiari che l’articolo 17, paragrafi 1 e 2, della decisione quadro osta a una norma nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, con la sua terza questione, se il diritto dell’Unione osti a che esso scelga di applicare, «comunque», l’articolo 41, paragrafo 3, del NK al periodo di detenzione scontato dal sig. Ognyanov in Danimarca in quanto si tratterebbe di una normativa più favorevole.

132.

Si deve ammettere, in effetti, che la remissione di pena di cui trattasi non è trascurabile.

133.

Dato che la normativa danese è più rigorosa per quanto riguarda le remissioni di pena per il lavoro in detenzione, l’applicazione dell’articolo 41, paragrafo 3, del NK al periodo di detenzione scontato dal sig. Ognyanov in Danimarca gli consentirebbe effettivamente di beneficiare di una riduzione di pena non già di un anno, otto mesi e venti giorni, bensì di due anni, sei mesi e ventiquattro giorni, circostanza che gli permetterebbe di essere rimesso in libertà molto prima.

134.

Tuttavia, la domanda posta dal giudice del rinvio si basa su un postulato che occorre subito respingere. Infatti, il Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia) chiede, in realtà, se esso possa applicare una norma nazionale, pur ritenuta contraria al diritto dell’Unione, in ragione del fatto che essa è più favorevole per l’interessato.

135.

Tale questione è stata sollevata, in termini diversi, dal giudice del rinvio nell’ambito della domanda di pronuncia pregiudiziale formulata nella causa Ognyanov (C‑614/14), pendente dinanzi alla Corte.

136.

Di conseguenza, risponderò negli stessi termini che ho utilizzato nell’ambito delle mie conclusioni nella causa Ognyanov ( 48 ), aggiungendo comunque alcune osservazioni.

137.

In primo luogo, in conformità all’articolo 280 TFUE, «[l]e sentenze della Corte (…) hanno forza esecutiva». Come ho affermato al paragrafo 111 di tali conclusioni, la Corte, adita ai sensi dell’articolo 267 TFUE, non fornisce un parere consultivo. Da costante giurisprudenza risulta dunque che la sentenza con la quale la Corte si pronunzia in via pregiudiziale vincola il giudice nazionale, per quanto concerne l’interpretazione o la validità degli atti delle istituzioni dell’Unione in questione, per la definizione della lite principale ( 49 ).

138.

In secondo luogo, se la Corte dovesse dichiarare che l’articolo 17, paragrafi 1 e 2, della decisione quadro osta a una norma nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, il giudice del rinvio sarebbe tenuto, come abbiamo visto, ad interpretare i termini dell’articolo 41, paragrafo 3, del NK alla luce del testo e della finalità della decisione quadro, disapplicando se necessario la giurisprudenza elaborata dal Varhoven kasatsionen sad (Corte suprema di cassazione), e ciò in forza del suo obbligo di interpretazione conforme.

139.

In terzo luogo, e in ogni caso, ricordo al giudice del rinvio che, in assenza di applicabilità dell’articolo 41, paragrafo 3, del NK al periodo di detenzione scontato dall’interessato in Danimarca, la norma della retroattività della legge penale più favorevole contenuta nell’articolo 49, paragrafo 1, ultima frase, della Carta (principio della retroattività in mitius) non può essere applicata.

140.

Infine, in quarto luogo, la remissione di pena sulla quale si concentra il giudice del rinvio ci fa dimenticare il fatto che il trasferimento del sig. Ognyanov in Bulgaria è destinato, di per sé, ad essergli più favorevole in quanto egli potrà scontare il resto della propria pena nel suo ambiente sociale di origine, favorendo così il suo reinserimento sociale.

141.

Alla luce di tali considerazioni, e nel caso in cui la Corte dichiarasse che l’articolo 17, paragrafi 1 e 2, della decisione quadro osta ad una norma nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, il giudice del rinvio sarebbe quindi tenuto, in forza del proprio obbligo di interpretazione conforme, a respingere l’interpretazione adottata dal Varhoven kasatsionen sad (Corte suprema di cassazione) dell’articolo 41, comma 3, del NK, disapplicando tale disposizione al periodo di detenzione scontato dall’interessato in Danimarca.

142.

A seguito di tali osservazioni, desidero trarre alcune conclusioni in merito alla ripartizione delle competenze fissata dalla decisione quadro tra le autorità giudiziarie dello Stato di emissione e quelle dello Stato di esecuzione.

D – Il bilancio relativo alla ripartizione delle competenze fissata dalla decisione quadro tra le autorità giudiziarie dello Stato di emissione e quelle dello Stato di esecuzione

1. Il diritto applicabile all’esecuzione della pena detentiva prima del trasferimento della persona condannata

143.

Quando, in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, l’individuo è, in un primo tempo, incarcerato nello Stato di emissione, il diritto applicabile all’esecuzione della sua pena è ovviamente quello di tale Stato. Tutte le misure inerenti all’esecuzione della pena nel territorio di detto Stato – che si tratti di misure relative all’attuazione della pena, quali l’ordine di carcerazione, o di quelle riguardanti l’adattamento della pena, quali il collocamento all’esterno – rientrano nell’ambito di applicazione del diritto dello Stato di emissione.

144.

Come abbiamo visto, è parimenti proprio allo Stato di emissione che spetta valutare se occorra organizzare il trasferimento del detenuto nel suo Stato membro di origine o di residenza ( 50 ).

145.

Orbene, il trasferimento è una vera e propria misura di esecuzione della pena, e in particolare una misura di individualizzazione diretta a far sì che l’interessato possa scontare la propria pena detentiva quanto più vicino possibile al proprio ambiente familiare e al contesto sociale in cui dovrà reinserirsi ( 51 ).

146.

Allo stesso modo in cui spetta allo Stato di emissione effettuare tale valutazione, al medesimo Stato spetta altresì valutare se, ai sensi della propria normativa nazionale e in considerazione dell’impegno dimostrato dal detenuto, quest’ultimo possa beneficiare di altre misure di adattamento della pena, ivi comprese le misure di riduzione della pena.

147.

Una tale ripartizione di competenze obbliga lo Stato di emissione a statuire su tutte le questioni relative alle remissioni di pena prima del trasferimento della persona condannata ( 52 ).

148.

È d’altronde questo, lo ricordo, l’oggetto stesso del punto 2.3 della rubrica i) del modello di certificato presente nell’allegato I della decisione quadro.

149.

Infatti, il trasferimento della persona condannata non deve privare di ogni effetto utile le remissioni di pena a cui quest’ultima abbia eventualmente diritto in applicazione della legge dello Stato di emissione e delle decisioni emesse dal giudice competente ( 53 ). Le autorità giudiziarie dello Stato di emissione devono quindi essere in grado di rilasciare un certificato nel quale siano precisate non solo la durata della condanna e della pena eseguita stricto sensu, ma anche quanto è stato detratto a titolo di remissioni di pena previste dalla normativa nazionale. Esse dovrebbero altresì poter fornire alcune precisazioni in merito alla valutazione effettuata sull’impegno di riadattamento dell’individuo.

150.

Lo Stato di esecuzione non può quindi sostituire il proprio diritto dell’esecuzione delle pene a quello dello Stato di emissione, quand’anche la propria normativa fosse più favorevole all’interessato, poiché ciò significherebbe non soltanto violare le disposizioni dell’articolo 17 della decisione quadro, ma anche ledere in modo grave la sovranità dello Stato di emissione e, in tal modo, il principio del reciproco riconoscimento.

2. La richiesta di informazioni precedente al trasferimento

151.

Qualora la persona condannata sia trasferita nello Stato di esecuzione, è perfettamente logico che le autorità giudiziarie dello Stato di emissione si informino sulle disposizioni applicabili in materia di liberazione anticipata o condizionale, come previsto dall’articolo 17, paragrafo 3, della decisione quadro. Ancora una volta, occorre tenere presente che è proprio l’ordine pubblico dello Stato di emissione ad essere stato violato a causa della commissione di un reato. Tale Stato deve quindi essere sicuro del fatto che l’esecuzione della pena nel territorio dello Stato di esecuzione apporterà una soluzione adeguata alla turbativa dell’ordine pubblico causata nel proprio territorio. Lo Stato di emissione valuterà pertanto se, alla luce di tali nuove disposizioni, la pena manterrà globalmente la coerenza che le era propria nel giorno della pronuncia. Qualora esso tema che il trasferimento possa dar luogo a ciò che esso ritenga essere una liberazione prematura o qualora esso stimi che la pena non sia più proporzionata alla violazione, esso può decidere di non trasferire la persona condannata e di ritirare il certificato.

152.

La richiesta di informazioni deve essere formulata prima del trasferimento dell’individuo, poiché, una volta effettuato il trasferimento, lo Stato di emissione non può più imporre la propria concezione delle misure di esecuzione delle pene e non può revocare la decisione di trasferimento.

3. Il diritto applicabile all’esecuzione della pena detentiva dopo il trasferimento della persona condannata

153.

Il trasferimento dell’interessato comporta automaticamente e necessariamente un trasferimento concomitante di competenze riguardo all’esecuzione della pena a favore dello Stato di esecuzione, e ciò per le medesime ragioni sopra menzionate. Da una lato, in quanto l’esecuzione della pena prosegue da quel momento in poi nel territorio e sotto la giurisdizione di tale Stato. Dall’altro lato, in quanto, a partire da tale trasferimento, soltanto le autorità giudiziarie dello Stato di esecuzione saranno in grado di adattare le condizioni di esecuzione della pena alla luce dell’impegno di reinserimento dell’interessato nonché della sua situazione materiale, familiare e sociale.

154.

Una volta effettuato il trasferimento, è ovvio che non si può pretendere che lo Stato di esecuzione chieda l’autorizzazione dello Stato di emissione prima di adottare una misura di individualizzazione della pena che assuma, ad esempio, la forma di una riduzione di pena o di una liberazione anticipata o condizionale. Come abbiamo visto, le questioni relative all’esistenza, alle modalità di esecuzione nonché alle giustificazioni di un regime di liberazione rientrano nel potere riconosciuto agli Stati di decidere della propria politica criminale. Chiedere, in una tale ipotesi, l’autorizzazione dello Stato di emissione equivarrebbe quindi a violare la sovranità dello Stato di emissione nonché l’indipendenza del suo sistema giudiziario.

155.

Lo Stato di esecuzione deve pertanto eseguire la pena come se quest’ultima fosse stata inflitta dalle sue autorità giudiziarie. A sua volta, lo Stato di emissione non ha altra scelta, conformemente al principio della fiducia reciproca, se non quella di rispettare l’applicazione del diritto vigente nello Stato di esecuzione, anche quando, per citare ancora una volta l’espressione utilizzata dalla Corte nella sentenza dell’11 febbraio 2003, Gözütok e Brügge ( 54 ), «il ricorso al proprio diritto nazionale condurrebbe a soluzioni diverse» ( 55 ).

156.

Nell’adottare la decisione quadro, gli Stati membri erano perfettamente consapevoli delle differenze esistenti tra i loro rispettivi sistemi giuridici per quanto riguarda l’esecuzione delle decisioni penali. Per quanto concerne, ad esempio, le norme applicabili in materia di liberazione anticipata o condizionale, in alcuni Stati membri, la persona condannata è liberata dopo aver scontato i due terzi della propria pena, mentre, in altri, la liberazione può aver luogo soltanto dopo l’esecuzione di un terzo della pena. Gli Stati membri erano quindi perfettamente consapevoli del fatto che il trasferimento di una persona condannata avrebbe potuto avere conseguenze sulla durata concreta della privazione della libertà personale che verrebbe scontata rispetto alla pena inizialmente inflitta e, di conseguenza, sulla data della liberazione ( 56 ). D’altronde, è per tale ragione – e precisamente per evitare una liberazione, che lo Stato di emissione qualificherebbe come «anticipata» alla luce del reato commesso nel proprio territorio – che il legislatore dell’Unione ha previsto la «riserva» di cui all’articolo 17, paragrafo 3, della decisione quadro ( 57 ).

157.

Nel caso in cui lo Stato di esecuzione applicasse norme più rigorose, in verità, il trasferimento in tale Stato della persona condannata potrebbe dar luogo, di fatto, a una pena detentiva più lunga di quella che sarebbe stata scontata nello Stato di emissione.

158.

La Corte europea dei diritti dell’uomo non ravvisa obiezioni, in tali circostanze, per quanto riguarda il diritto alla libertà e alla sicurezza sancito dall’articolo 5 della CEDU, a condizione che la durata della detenzione non ecceda quella pronunciata al termine del procedimento penale iniziale. Essa non esclude, tuttavia, che una pena detentiva, di fatto nettamente più lunga nello Stato di esecuzione, possa far sorgere la responsabilità dello Stato di emissione con riferimento all’articolo 5 della CEDU, e ciò a motivo delle conseguenze che erano prevedibili al momento in cui il trasferimento è stato deciso ( 58 ).

VII – Conclusione

159.

Alla luce delle considerazioni fin qui svolte, propongo alla Corte di risolvere le questioni sollevate dal Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia, Bulgaria) nei seguenti termini:

1)

Tenuto conto dei principi sui quali si fonda la decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea, vale a dire, da un lato, il principio della fiducia reciproca tra gli Stati membri e, dall’altro, i principi della territorialità della legge penale e dell’individualizzazione della pena, l’articolo 17, paragrafi 1 e 2, di tale decisione quadro deve essere interpretato nel senso che esso osta a una norma nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che consenta alle autorità giudiziarie dello Stato membro al quale è trasmessa una sentenza ai fini del suo riconoscimento e della sua esecuzione di concedere alla persona condannata una remissione di pena a motivo del lavoro che quest’ultima ha svolto durante la propria detenzione nello Stato membro in cui è stata emessa la sentenza.

2)

Il Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia) è tenuto, in forza del proprio obbligo di interpretazione conforme, a respingere l’interpretazione adottata dal Varhoven kasatsionen sad (Corte suprema di cassazione, Bulgaria) dell’articolo 41, comma 3, del Nakazatelen Kodeks (codice penale bulgaro), non applicando tale disposizione al periodo di detenzione scontato dall’interessato in Danimarca.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) Decisione quadro del Consiglio, del 27 novembre 2008, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea (GU 2008, L 327, pag. 27; in prosieguo: la «decisione quadro»).

( 3 ) In prosieguo: lo «Stato di emissione». A termini dell’articolo 1, lettera c), della decisione quadro, si tratta dello Stato membro in cui è emessa una sentenza.

( 4 ) In prosieguo: lo «Stato di esecuzione». A termini dell’articolo 1, lettera d), della decisione quadro, si tratta dello Stato membro al quale è trasmessa una sentenza ai fini del suo riconoscimento e della sua esecuzione.

( 5 ) In prosieguo: il «NK».

( 6 ) Nell’ambito della decisione di rinvio della causa Ognyanov (C‑614/14), pendente dinanzi alla Corte, e in relazione alla quale presento parimenti le mie conclusioni, il procuratore generale presso il Sofiyska gradska prokuratura (pubblico ministero di Sofia, Bulgaria) rimette in discussione il calcolo effettuato dal giudice del rinvio, in quanto quest’ultimo non terrebbe conto dei giorni non lavorativi.

( 7 ) In prosieguo: la «Carta».

( 8 ) Considerando 1, 2 e 5 di quest’ultima.

( 9 ) V., a tale riguardo, conclusioni del Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999.

( 10 ) Ai sensi dell’articolo 1, lettera a), della decisione quadro, la nozione di «sentenza» indica «una decisione definitiva di un organo giurisdizionale dello Stato di emissione con la quale viene irrogata una pena nei confronti di una persona fisica».

( 11 ) Ai sensi dell’articolo 1, lettera b), della decisione quadro, la nozione di «pena» è definita come «qualsiasi pena detentiva o misura privativa della libertà personale, di durata limitata o illimitata, irrogata a causa di un reato in seguito ad un procedimento penale».

( 12 ) In prosieguo: la «Convenzione sul trasferimento». Tale convenzione è disponibile sul sito Internet del Consiglio d’Europa. Essa è stata ratificata da 64 Stati ed è entrata in vigore il 1o luglio 1985. Tra gli Stati membri, soltanto la Repubblica di Croazia e la Repubblica di Finlandia non l’hanno firmata.

( 13 ) In proseguo: il «NPK».

( 14 ) DV n. 25, del 3 aprile 2009.

( 15 ) A mio avviso, contrariamente a quanto sottolinea il Varhoven kasatsionen sad (Corte suprema di cassazione), si tratta in questo caso non già di una «commutazione della pena», bensì di una riduzione di pena.

( 16 ) Il corsivo è mio.

( 17 ) Sentenza del 26 febbraio 2013, Melloni (C‑399/11, EU:C:2013:107, punto 28 e giurisprudenza citata).

( 18 ) Sentenza del 26 febbraio 2013, Melloni (C‑399/11, EU:C:2013:107, punto 29 e giurisprudenza citata).

( 19 ) C‑441/14, EU:C:2016:278.

( 20 ) Punto 33 e giurisprudenza citata.

( 21 ) C‑105/03, EU:C:2005:386.

( 22 ) Punto 42.

( 23 ) Punto 34.

( 24 ) V., in particolare, sentenza del 24 gennaio 2012, Dominguez (C‑282/10, EU:C:2012:33, punto 24 e giurisprudenza citata).

( 25 ) Sentenza del 16 giugno 2005, Pupino (C‑105/03, EU:C:2005:386, punto 45). Da tale sentenza risulta che l’«obbligo per il giudice nazionale di far riferimento al contenuto di una decisione quadro quando interpreta le norme pertinenti del suo diritto nazionale trova i suoi limiti nei principi generali del diritto, ed in particolare in quelli di certezza del diritto e di non retroattività» (punto 44).

( 26 ) Nella versione in lingua inglese della decisione quadro, viene utilizzato un unico termine, vale a dire «sentence», per designare indistintamente la «pena» e la «condanna».

( 27 ) Secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, «il punto di partenza di ogni valutazione relativa all’esistenza di una “pena” consiste nel determinare se la misura in questione sia stata imposta a seguito di una condanna per un reato. Altri elementi possono essere considerati rilevanti a tale riguardo: la natura e lo scopo della misura in questione, la sua qualificazione nel diritto interno, le procedure relative alla sua adozione e alla sua esecuzione, nonché la sua gravità (…) La gravità della misura non è tuttavia decisiva di per sé, poiché numerose misure non penali di natura preventiva possono avere un impatto sostanziale sulla persona interessata» (v., a tale riguardo, Corte eur. D.U., sentenza Del Rio Prada c. Spagna del 21 ottobre 2013, CE:ECHR:2013:1021JUD004275009, § 82 e giurisprudenza citata).

( 28 ) In prosieguo: la «CEDU».

( 29 ) Corte eur. D.U., sentenze Uttley c. Regno Unito del 29 novembre 2005, CE:ECHR:2005:1129DEC003694603, e Del Río Prada c. Spagna del 21 ottobre 2013, CE:ECHR:2013:1021JUD004275009.

( 30 ) Corte eur. D.U., sentenza Del Río Prada c. Spagna del 21 ottobre 2013, CE:ECHR:2013:1021JUD004275009, §§ 59, 83, 85 e giurisprudenza citata, nonché 89. In tale sentenza, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha così dichiarato che l’applicazione di nuove modalità d’imputazione delle remissioni di pena per il lavoro durante la detenzione a una condanna emessa non può essere assimilata a una misura inerente esclusivamente all’esecuzione della pena inflitta. Avendo causato un prolungamento di quasi nove anni della detenzione, tali nuove modalità, secondo la Corte europea dei diritti dell’uomo, hanno determinato una ridefinizione della portata della «pena» inflitta e devono, pertanto, essere valutate alla luce delle garanzie di cui all’articolo 7, paragrafo 1, ultima frase, della CEDU (§§ 109 e 110).

( 31 ) Tuttavia, può darsi che, in alcuni casi, la persona condannata si trovi già nel territorio dello Stato di esecuzione.

( 32 ) Conformemente al principio di legalità dei reati e delle pene, la legge penale non può essere applicata retroattivamente. Il principio della retroattività in mitius costituisce un’eccezione a tale principio, imponendo l’applicazione delle disposizioni penali più favorevoli alla persona condannata.

( 33 ) V., inoltre, dichiarazione del Consiglio dell’Unione europea relativa alla finalità di reinserimento della decisione quadro, a termini della quale, «[t]enendo presente che l’effettivo reinserimento della persona condannata nello Stato con cui abbia i legami più stretti è l’obiettivo fondamentale della (…) decisione quadro (…) e fermo restando che la fiducia reciproca tra gli Stati membri non richiede l’introduzione di un ulteriore motivo di rifiuto basato sull’incompatibilità del riconoscimento della sentenza con la finalità di reinserimento, il Consiglio sottolinea che tale finalità dovrebbe essere un fattore di primaria importanza per lo Stato di emissione ogniqualvolta si prende una decisione in merito alla necessità di trasmettere la sentenza e il certificato allo Stato di esecuzione» (v. allegato II parte I del documento del Consiglio 6070/1/09 REV 1), nonché punto 4.1 della relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione da parte degli Stati membri delle decisioni quadro 2008/909/GAI, 2008/947/GAI e 2009/829/GAI relative al reciproco riconoscimento delle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, delle decisioni di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive e delle misure alternative alla detenzione cautelare [COM(2014) 57 final].

( 34 ) V. comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo intitolata «Riconoscimento reciproco delle decisioni definitive in materia penale» [COM(2000) 495 definitiva], nella quale la Commissione precisava già che «è opportuno che le decisioni connesse all’esecuzione, che si basano sul comportamento del detenuto, siano di competenza dello Stato membro che esegue la pena (…) [I]n effetti, le autorità dello Stato membro che dà esecuzione alla decisione sono in contatto diretto con il detenuto e pertanto in grado di giudicare nel modo migliore la sua condotta» (punto 9.1).

( 35 ) Invero, quest’ultimo spiega che la deduzione dei giorni di lavoro costituisce «una conseguenza favorevole applicabile obbligatoriamente, fondata sul fatto stesso che il condannato abbia svolto lavori d’interesse generale mentre scontava la propria pena detentiva e durante la propria detenzione» (il corsivo è mio).

( 36 ) V., in particolare, punto 3.2.1.5 del libro verde sul ravvicinamento, il reciproco riconoscimento e l’esecuzione delle sanzioni penali nell’Unione europea [COM(2004) 334 definitivo].

( 37 ) Il corsivo è mio.

( 38 ) Il corsivo è mio.

( 39 ) Il corsivo è mio.

( 40 ) V. articolo 4, paragrafo 1, della decisione quadro.

( 41 ) V., a tale riguardo, Corte eur. D.U., sentenza Szabó c. Svezia del 27 giugno 2006, CE:ECHR:2006:0627DEC002857803, pag. 12.

( 42 ) Il legislatore dell’Unione si è ispirato alla tecnica del certificato stabilita dall’articolo 54 del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 2001, L 12, pag. 1).

( 43 ) Articolo 5, paragrafo 2, della decisione quadro.

( 44 ) Quest’ultimo assicura, in particolare, che la decisione da eseguire provenga effettivamente dall’autorità competente ai sensi del diritto dello Stato di emissione e rientri effettivamente nell’ambito di applicazione della decisione quadro.

( 45 ) C‑187/01 e C‑385/01, EU:C:2003:87.

( 46 ) Punto 33.

( 47 ) V., a tale riguardo, Corte eur. D.U., sentenza Del Río Prada c. Spagna del 21 ottobre 2013, CE:ECHR:2013:1021JUD004275009, § 84.

( 48 ) C‑614/14, EU:C:2016:111.

( 49 ) Sentenza del 5 ottobre 2010, Elchinov (C‑173/09, EU:C:2010:581, punto 29 e giurisprudenza citata).

( 50 ) V. articolo 4, paragrafo 1, della decisione quadro.

( 51 ) Corte eur. D.U., sentenza Szabó c. Svezia del 27 giugno 2006, CE:ECHR:2006:0627DEC002857803, pag. 14.

( 52 ) Tenuto conto della ripartizione delle competenze, le remissioni di pena sono computate non già sulla durata totale della reclusione, bensì, successivamente, su ciascuno dei periodi di detenzione scontati nello Stato di emissione e nello Stato di esecuzione.

( 53 ) V. in particolare, a tale riguardo, Corte eur. D.U., sentenza Del Río Prada c. Spagna del 21 ottobre 2013, CE:ECHR:2013:1021JUD004275009, § 107.

( 54 ) C‑187/01 e C‑385/01, EU:C:2003:87.

( 55 ) Punto 33.

( 56 ) V. studio dell’IRCP intitolato «Material detention condition, execution of custodial sentences and prisoner transfer in the EU Member States», 2011. V., inoltre, punto 4.1.8 del libro verde della Commissione citato supra alla nota 36, in cui quest’ultima osserva che «le differenze tra gli ordinamenti giuridici degli Stati membri per quanto concerne il termine minimo di detenzione (…) hanno determinato difficoltà applicative ed anche rifiuto di trasferimenti poiché esse possono comportare una pena meno severa od anche una liberazione immediata». Tali difficoltà si sono presentate negli stessi termini nell’applicazione della Convenzione sul trasferimento.

( 57 ) Ricordo che, ai sensi di tale disposizione, «[l]’autorità competente dello Stato di esecuzione può, su richiesta, informare l’autorità competente dello Stato di emissione delle disposizioni applicabili in materia di liberazione anticipata o condizionale. Lo Stato di emissione può accettare l’applicazione di dette disposizioni o ritirare il certificato».

( 58 ) Corte eur. D.U., sentenza Szabó c. Svezia del 27 giugno 2006, CE:ECHR:2006:0627DEC002857803, pag. 9. Nella causa che ha dato luogo a tale sentenza, l’interessato poteva ragionevolmente sperare di essere liberato in Svezia una volta scontati i due terzi della propria pena detentiva di dieci anni, vale a dire dopo sei anni e otto mesi. A causa del suo trasferimento in Ungheria, quest’ultimo avrebbe potuto ottenere la liberazione condizionale soltanto dopo aver scontato i quattro quinti di tale pena, vale a dire dopo otto anni. In diritto, la sua pena non risultava quindi aggravata, tuttavia, di fatto, l’interessato avrebbe dovuto scontare in Ungheria una pena detentiva più lunga di un anno e quattro mesi rispetto a quella che avrebbe dovuto scontare in Svezia. La Corte europea dei diritti dell’uomo doveva pertanto decidere se il trasferimento dell’interessato in Ungheria e l’allungamento di fatto della durata della sua detenzione potessero costituire una violazione dell’articolo 5 della CEDU. Nella fattispecie, essa ha stimato che il periodo supplementare di detenzione che l’interessato rischierà di scontare in Ungheria equivale al 20% del periodo che egli avrebbe potuto aspettarsi di scontare in Svezia. Dopo aver rilevato che la differenza di un anno e quattro mesi non è trascurabile, essa ha dichiarato, tuttavia, che la durata della detenzione che l’interessato sconterà rimane compresa nei limiti della pena pronunciata.