CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentate il 20 maggio 2015 ( 1 )

Causa C‑177/14

María José Regojo Dans

contro

Consejo de Estado

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Supremo (Spagna)]

«Rinvio pregiudiziale — Politica sociale — Accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato — Settore pubblico — Personale reclutato occasionalmente — Clausola 2, punto 1 — Clausola 3, punto 1 — Qualifica di lavoratore a tempo determinato — Clausola 3, paragrafo 2 — Nozione di lavoro identico o simile — Particolare natura delle mansioni — Raffronto effettuato in conformità con la legge nazionale — Clausola 4 — Principio di non discriminazione — Ragioni oggettive»

1. 

La presente domanda di pronuncia pregiudiziale, proveniente dal Tribunal Supremo (Spagna), verte sull’interpretazione dell’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, contenuta nell’allegato della direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999, (in prosieguo: l’«accordo quadro sul lavoro a tempo determinato») ( 2 ). Tale testo, il quale, dando seguito al Consiglio europeo straordinario di Lussemburgo, tenta di realizzare un «migliore equilibrio fra la flessibilità dell’orario di lavoro e la sicurezza dei lavoratori» ( 3 ), persegue due obiettivi: da un lato, esso prevede che gli Stati membri adottino misure per la prevenzione degli abusi risultanti dal rinnovo dei contratti a tempo determinato ( 4 ); dall’altro, esso esige che i lavoratori a tempo determinato non vengano trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili.

2. 

È su questo secondo punto che il giudice del rinvio interpella la Corte. Essa è segnatamente chiamata ad interpretare la nozione di «lavoro/occupazione identico o simile» che caratterizza il lavoratore a tempo indeterminato «comparabile» al lavoratore a tempo determinato che rivendica il beneficio della clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, nonché a pronunciarsi sulla definizione delle «ragioni oggettive» che possono giustificare la disparità di trattamento.

I – Contesto normativo

A – Il diritto dell’Unione

3.

La clausola 2, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, definisce l’ambito di applicazione del medesimo: esso è applicabile «ai lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro».

4.

La clausola 3 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato definisce il lavoratore a tempo determinato e il lavoratore a tempo indeterminato comparabile. Secondo il suo paragrafo 1, costituisce un «lavoratore a tempo determinato» ai sensi dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato la «persona con un contratto o un rapporto di lavoro definiti direttamente fra il datore di lavoro e il lavoratore e il cui termine è determinato da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico». Secondo il suo paragrafo 2, costituisce un «lavoratore a tempo indeterminato comparabile» ai sensi dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato il lavoratore, da un lato, con un contratto di lavoro di durata indeterminata «appartenente allo stesso stabilimento» e, dall’altro, addetto a «lavoro/occupazione identico o simile, tenuto conto delle qualifiche/competenze». La clausola 3, paragrafo 2, precisa che, in assenza di un lavoratore a tempo indeterminato comparabile nello stesso stabilimento, «il raffronto si dovrà fare in riferimento al contratto collettivo applicabile o, in mancanza di quest’ultimo, in conformità con la legge, i contratti collettivi o le prassi nazionali».

5.

La clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato enuncia il principio di non discriminazione dei lavoratori a tempo determinato rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato comparabili. Il suo paragrafo 1 dispone che, «per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive». Il suo paragrafo 4 precisa che «i criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive».

B – Il diritto nazionale

6.

L’articolo 8 della legge recante le norme di base applicabili ai dipendenti pubblici (Ley 7/2007 del Estatuto Básico del Empleado Público), del 12 aprile 2007 ( 5 ) (in prosieguo: la «LEBEP»), definisce i dipendenti pubblici come «le persone che svolgono funzioni retribuite presso le amministrazioni pubbliche al servizio degli interessi generali». Esso precisa che esistono quattro tipi di dipendenti pubblici: i dipendenti di ruolo, i dipendenti temporanei, gli agenti reclutati con contratto (i cui contratti possono essere a tempo indeterminato o determinato) e il personale reclutato occasionalmente ( 6 ).

7.

L’articolo 9, paragrafo 1, della LEBEP prevede che «sono dipendenti pubblici di ruolo le persone designate dalla legge che fanno parte di un’amministrazione pubblica in forza di un rapporto statutario disciplinato dal diritto amministrativo, per svolgere in via permanente servizi professionali retribuiti». L’articolo 9, paragrafo 2, della LEBEP precisa che «in ogni caso, l’esercizio di funzioni che implicano la partecipazione diretta o indiretta all’esercizio dei poteri pubblici o alla salvaguardia degli interessi generali dello Stato e delle amministrazioni pubbliche spetta esclusivamente ai dipendenti pubblici nei termini stabiliti dalla legge di attuazione di ciascuna amministrazione pubblica».

8.

L’articolo 12, paragrafo 1, della LEBEP stabilisce che è «personale reclutato occasionalmente il personale che, in virtù di una nomina e con carattere non permanente, svolge soltanto funzioni espressamente qualificate come missioni di fiducia o di consulenza speciale, con retribuzione a carico delle linee di bilancio destinate a tal fine». Il paragrafo 3 di tale articolo prevede che «la nomina e la cessazione dal servizio sono libere. La cessazione ha luogo, in ogni caso, quando cessa dal servizio l’autorità presso la quale si presta la funzione di fiducia o di consulenza». Il paragrafo 5 del citato articolo indica che «al personale reclutato occasionalmente si applica, nella misura in cui sia adeguato alla natura della condizione di tali agenti, il regime generale dei dipendenti di ruolo».

9.

Prima dell’entrata in vigore della LEBEP, il 13 maggio 2007, il regime applicabile ai dipendenti pubblici figurava nella legge sulla funzione pubblica civile (Ley articulada de Funcionarios del Estado), adottata con il decreto del 7 febbraio 1964, n. 315 ( 7 ) (in prosieguo: la «LFCE»), e nella legge del 2 agosto 1984, n. 30 ( 8 ), recante misure per la riforma della funzione pubblica (Ley de Medidas para la Reforma de la Función Pública) (in prosieguo: la «legge 30/1984»). L’articolo 3 della LFCE distingueva fra dipendenti di ruolo e dipendenti assunti con contratto; questi ultimi potevano essere personale reclutato occasionalmente oppure dipendenti temporanei. L’articolo 4 della LFCE prevedeva che «sono dipendenti di ruolo coloro che, in forza di una nomina ex lege, occupano posti permanenti, figurano nella corrispondente pianta organica e percepiscono stipendi o indennità determinati a carico degli stanziamenti del bilancio generale dello Stato afferenti al personale». Quanto al personale reclutato occasionalmente, l’articolo 20, paragrafo 2, secondo comma, della legge 30/1984 stabiliva che esso «svolge soltanto funzioni espressamente qualificate come missioni di fiducia o di consulenza speciale; la nomina e la cessazione dal servizio sono libere e spettano esclusivamente ai ministri e ai sottosegretari di Stato e, eventualmente, ai ministri regionali delle comunità autonome e ai presidenti delle collettività locali. Il personale reclutato occasionalmente cessa dal servizio automaticamente quando cessa dal servizio l’autorità presso la quale presta la sua funzione di fiducia o consulenza speciale».

10.

Per quanto attiene alla retribuzione dei dipendenti pubblici, l’articolo 23 della LEBEP disciplina la «retribuzione di base» dei dipendenti di ruolo. Esso dispone che questa include, da un lato, «lo stipendio attribuito a ciascuna sottocategoria o categoria di classificazione professionale, nel caso in cui quest’ultima non comprenda una sottocategoria», e, dall’altro, «gli scatti triennali, che consistono in un importo, uguale per ciascuna sottocategoria o categoria di classificazione professionale, nel caso in cui quest’ultima non comprenda una sottocategoria, attribuito per ciascun triennio di servizio».

11.

La retribuzione del personale reclutato occasionalmente è disciplinata dalle leggi finanziarie. La legge finanziaria più recente applicabile al periodo controverso è la legge del 29 giugno 2012, n. 2 ( 9 ) (in prosieguo: la «legge finanziaria per l’anno 2012») ( 10 ). Il suo articolo 26, paragrafo 4, dispone che «il personale reclutato occasionalmente percepisce le retribuzioni a titolo di stipendi e di tredicesima e quattordicesima mensilità corrispondenti alla categoria o sottocategoria di classificazione alla quale il Ministero delle Finanze e delle Amministrazioni pubbliche assimili le sue funzioni e le retribuzioni integrative corrispondenti al posto di lavoro, riservato al personale reclutato occasionalmente, da esso occupato (…). I dipendenti di ruolo che, in situazione di servizio attivo o in posizione di distacco, occupino posti di lavoro riservati al personale reclutato occasionalmente, percepiscono le retribuzioni di base corrispondenti alla loro categoria o sottocategoria di classificazione, compresi gli scatti triennali di anzianità, eventualmente, e le retribuzioni integrative corrispondenti al posto di lavoro da essi occupato».

II – Fatti, procedimento principale e questioni pregiudiziali

12.

La sig.ra Regojo Dans presta servizio dal 1o marzo 1996 in qualità di personale reclutato occasionalmente presso il Consejo de Estado (Consiglio di Stato). Ella occupa ivi il posto di capo della segreteria del consigliere permanente presidente della seconda sezione. Ella era stata impiegata in precedenza, parimenti in qualità di personale reclutato occasionalmente, presso il Tribunal Constitucional (Corte Costituzionale), dal 4 luglio 1980 al 1o marzo 1996, con una breve interruzione dal 7 al 26 aprile 1995, durante la quale ella ha lavorato, in veste di agente assunto con contratto, presso il Consejo Económico y Social (Consiglio economico e sociale).

13.

Il 25 gennaio 2012 la sig.ra Regojo Dans ha presentato una domanda presso il Consejo de Estado chiedendo che le fosse riconosciuto il diritto a percepire gli scatti triennali di anzianità corrispondenti al periodo durante il quale ella è stata impiegata come dipendente pubblico, ossia 31 anni e mezzo alla data della presentazione della domanda, e che le fosse versato l’importo corrispondente agli ultimi quattro anni.

14.

Con decisione del 24 luglio 2012, il presidente del Consejo de Estado ha respinto la sua domanda.

15.

La sig.ra Regojo Dans ha proposto un ricorso contenzioso amministrativo dinanzi al giudice del rinvio avverso tale decisione, sostenendo, segnatamente, che il diniego di riconoscerle il diritto agli scatti triennali di anzianità costituisce una disparità di trattamento rispetto agli altri dipendenti pubblici, e che una siffatta disparità di trattamento è contraria alla clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato.

16.

Il Tribunal Supremo ha quindi deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se siano compresi nella definizione di “lavoratore a tempo determinato”, di cui alla clausola 3, paragrafo 1, del[l’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato], il “personale reclutato occasionalmente” il cui regime giuridico è disciplinato attualmente dall’articolo 12 della [LEBEP] nonché il «personale reclutato occasionalmente» il cui regime giuridico era disciplinato in precedenza dall’articolo 20, paragrafo 2 della legge 30/1984 (…).

2)

Se a detto “personale reclutato occasionalmente” sia applicabile il principio di non discriminazione di cui alla clausola 4, paragrafo 4, dell’[accordo quadro sul lavoro a tempo determinato] affinché gli siano riconosciute e versate le retribuzioni che a titolo di anzianità sono corrisposte ai dipendenti di ruolo, agli agenti assunti con contratto a tempo indeterminato, ai dipendenti temporanei e agli agenti assunti con contratto a tempo determinato.

3)

Se il regime di nomina e di cessazione libere, fondato su motivi di fiducia, applicabile a detto “personale reclutato occasionalmente” di cui alle due leggi spagnole summenzionate rientri tra le ragioni oggettive che detta clausola 4 indica per giustificare una diversità di trattamento».

17.

Tali questioni hanno formato l’oggetto di osservazioni scritte da parte della sig.ra Regojo Dans, dei governi spagnolo e italiano, nonché della Commissione europea.

III – Analisi giuridica

A – Sulla prima questione pregiudiziale

18.

Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte se un lavoratore che svolge una «funzione di fiducia o consulenza speciale» debba essere considerato un «lavoratore a tempo determinato» ai sensi della clausola 3, paragrafo 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato.

19.

Tale questione ne comprende, mi sembra, due. L’una verte sulla qualifica come «lavoratore» del personale reclutato occasionalmente, l’altra sulla sua qualifica come lavoratore «a tempo determinato» ai sensi della clausola 3, paragrafo 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato.

1. Sulla qualifica come «lavoratore»

20.

Secondo il giudice del rinvio, il personale reclutato occasionalmente può essere qualificato come «lavoratore» ai sensi della clausola 3, paragrafo 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato solo se soddisfa uno o più dei tre criteri seguenti: un’attività assimilabile ad una professione del settore privato; un vincolo di subordinazione e una retribuzione che costituisca un mezzo di sussistenza per il medesimo ( 11 ).

21.

Orbene, né la clausola 3 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, paragrafo 1, né alcuna clausola dell’accordo quadro definiscono il lavoratore. Infatti, la clausola 2, punto 1, di tale accordo quadro dispone che il contratto di assunzione o il rapporto di lavoro è «disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro». Il considerando 17 della direttiva 1999/70 precisa che «per quanto riguarda i termini utilizzati nell’accordo quadro [sul lavoro a tempo determinato] la presente direttiva, senza definirli precisamente, lascia agli Stati membri il compito di provvedere alla loro definizione secondo la legislazione e/o la prassi nazionale». Nella sentenza Sibilio, la Corte, interpellata sulla qualifica del rapporto fra lavoratori socialmente utili e l’amministrazione italiana, ha dichiarato che spetta agli Stati membri e/o alle parti sociali definire ciò che costituisce un contratto o un rapporto di lavoro rientrante nell’accordo quadro, conformemente alla clausola 2, paragrafo 1, del medesimo ( 12 ). Incombe al giudice del rinvio, unico competente ad interpretare il diritto interno ( 13 ), pronunciarsi sulla qualifica di «lavoratore» del personale reclutato occasionalmente.

22.

La competenza degli Stati membri a definire il contratto di assunzione o il rapporto di lavoro conosce una sola riserva: essi non possono, come statuito dalla Corte nella stessa sentenza Sibilio, procedere all’esclusione arbitraria di una categoria di persone dal beneficio della tutela offerta dalla direttiva 1999/70 e dall’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato ( 14 ). Infatti, il considerando 17 della direttiva 1999/70 precisa che gli Stati membri provvedono alla definizione dei termini non definiti da tale accordo quadro, purché dette definizioni rispettino il contenuto di detto accordo. La definizione, ad opera del diritto interno, del contratto di assunzione o del rapporto di lavoro non può pertanto mettere in pericolo gli obiettivi e l’effetto utile dell’accordo in parola. In tal senso, la Corte ha dichiarato che gli Stati membri non possono escludere i dipendenti pubblici dal beneficio della tutela dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato: «la definizione della nozione di “lavoratori a tempo determinato” ai sensi del citato accordo quadro[sul lavoro a tempo determinato], menzionata nella clausola 3, paragrafo 1, di quest’ultimo, include tutti i lavoratori, senza operare alcuna distinzione basata sulla natura pubblica o privata del loro datore di lavoro» ( 15 ). Analogamente, nella sentenza Sibilio, la Corte ha rilevato che la Repubblica italiana non poteva accogliere una qualificazione formale diversa da quella di «rapporto di lavoro» se «tale qualifica formale è solamente fittizia e nasconde in tal modo un reale rapporto di lavoro ai sensi [del] diritto [italiano]» ( 16 ). Nella sentenza O’Brien, in cui la Corte era chiamata ad occuparsi del rapporto che legava i giudici a tempo parziale all’amministrazione irlandese, essa ha ritenuto che l’Irlanda potesse negare al medesimo la qualifica di rapporto di lavoro solo «qualora la natura del rapporto di lavoro di cui trattasi sia sostanzialmente diversa da quella che lega ai loro datori di lavoro i dipendenti che, secondo il diritto nazionale, rientrano nella categoria dei lavoratori» ( 17 ). Al fine di portare a compimento tale raffronto, il giudice del rinvio doveva tenere conto delle modalità di designazione e di revoca dei giudici, nonché di quelle di organizzazione del loro lavoro (orari, periodi di lavoro, flessibilità) e della circostanza che essi avevano diritto alle prestazioni previdenziali (indennità per malattia, assegni di maternità e di paternità) ( 18 ).

23.

In altri termini, se la Corte, in conformità della clausola 2, paragrafo 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, non definisce il rapporto di lavoro, essa esige cionondimeno che una siffatta definizione non venga applicata in maniera arbitraria: essa richiede che i criteri del rapporto di lavoro, quali definiti dal diritto nazionale applicabile, siano applicati in maniera identica a tutte le persone che rivendicano la protezione dell’accordo medesimo ( 19 ).

24.

Occorre pertanto rispondere al giudice del rinvio che, sebbene spetti agli Stati membri definire il contratto di assunzione o il rapporto di lavoro, esso deve assicurare che tale definizione non comporti l’esclusione arbitraria di una categoria di persone, nella specie quella del personale reclutato occasionalmente, dal beneficio della tutela offerta dalla direttiva 1999/70 e dall’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato. Al personale reclutato occasionalmente deve infatti essere accordata una siffatta protezione qualora la natura del rapporto che lo lega all’amministrazione pubblica non sia sostanzialmente diversa da quella che lega ai loro datori di lavoro le persone che fanno parte, secondo il diritto spagnolo, della categoria dei lavoratori.

25.

Come rilevato dal giudice del rinvio, il personale reclutato occasionalmente non può essere escluso dal beneficio dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato a causa del suo status di dipendente pubblico ( 20 ).

26.

Per contro, esso può esserlo se il suo rapporto con l’amministrazione pubblica è sostanzialmente diverso dal rapporto che lega ai loro datori di lavoro i lavoratori qualificati come tali dal diritto spagnolo. A tal riguardo, il giudice del rinvio rileva che, secondo l’articolo 9, paragrafo 1, della LEBEP, i dipendenti di ruolo sono legati all’amministrazione pubblica «in forza di un rapporto statutario disciplinato dal diritto amministrativo, per svolgere in via permanente servizi professionali retribuiti» ( 21 ). Spetta pertanto al giudice del rinvio valutare se il rapporto fra il personale reclutato occasionalmente e l’amministrazione pubblica sia sostanzialmente diverso da quello descritto all’articolo 9, paragrafo 1, della LEBEP.

27.

Tuttavia, non vedo perché la qualifica generale di «funzioni di fiducia o consulenza speciale» non debba comprendere l’esercizio di «servizi professionali», e tale sembra essere l’opinione del giudice del rinvio. Rilevo parimenti che l’articolo 26, paragrafo 4, della legge finanziaria per l’anno 2012 stabilisce che «il personale reclutato occasionalmente percepisce le retribuzioni a titolo di stipendi (…) corrispondenti alla categoria o sottocategoria di classificazione alla quale il Ministero delle Finanze e delle Amministrazioni pubbliche assimili le sue funzioni (…)»: lo stipendio di base del personale reclutato occasionalmente è pertanto identico a quello dei dipendenti pubblici di ruolo inquadrati nella medesima categoria. Quanto alle modalità di designazione e di revoca, di cui la Corte fa, nella sentenza O’Brien, un elemento di cui tenere conto per valutare la differenza sostanziale, mi sembra che esse non debbano essere prese in considerazione nella presente causa. Infatti, le modalità di revoca sono rilevanti per stabilire se chi appartiene al personale reclutato occasionalmente sia un lavoratore «a tempo determinato» e non se sia un «lavoratore»; ricordo, a tal riguardo, che la sentenza O’Brien ha interpretato l’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale, e non l’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato di cui trattasi nella presente causa. Quanto alle modalità di nomina, certamente diverse in quanto il personale reclutato occasionalmente, contrariamente ai dipendenti di ruolo, non viene reclutato tramite concorso, mi sembra che esse non siano determinanti, qualora il personale reclutato occasionalmente effettui prestazioni simili a quelle dei dipendenti di ruolo e la sua retribuzione sia simile alla loro.

28.

Esaminerò adesso il secondo elemento della nozione di «lavoratore a tempo determinato» ai sensi della clausola 3, paragrafo 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, ossia il «termine» del contratto o del rapporto di lavoro. Contrariamente alla nozione di «lavoratore», quella di «termine» del contratto o del rapporto di lavoro viene definita dall’accordo quadro in oggetto.

2. Sulla qualifica di lavoratore «a tempo determinato» ai sensi della clausola 3, paragrafo 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato

29.

La clausola 3, paragrafo 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato definisce il lavoratore a tempo determinato come il lavoratore legato al datore di lavoro da un contratto o da un rapporto di lavoro il cui «termine è determinato da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico».

30.

Nella specie, il rapporto di lavoro del personale reclutato occasionalmente può cessare in due ipotesi: automaticamente, in caso di cessazione dal servizio del superiore gerarchico; e liberamente, per decisione del superiore gerarchico (si tratta, secondo l’espressione del governo italiano, di una cessazione «ad nutum»). Infatti, l’articolo 12, paragrafo 3, della LEBEP dispone che «la nomina e la cessazione dal servizio sono libere. La cessazione ha luogo, in ogni caso, quando viene meno l’autorità alla quale si presta la funzione di fiducia o di consulenza». La situazione era identica nella vigenza della legge 30/1984. L’articolo 20, paragrafo 2, secondo comma, della legge 30/1984 prevedeva infatti che «la nomina e la cessazione dal servizio sono libere e spettano esclusivamente ai ministri e ai sottosegretari e, eventualmente, ai ministri regionali delle comunità autonome e ai presidenti delle collettività locali. Il personale reclutato occasionalmente cessa dal servizio automaticamente quando cessa dal servizio l’autorità presso la quale presta la sua funzione di fiducia o consulenza speciale».

31.

La questione della qualifica del personale reclutato occasionalmente come lavoratore «a tempo determinato» ai sensi della clausola 3, paragrafo 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato viene sollevata non dal giudice del rinvio, bensì dal governo spagnolo. Mi sembra tuttavia necessario esaminare tale aspetto. Per di più, la ricorrente nel procedimento principale, nonché la Commissione, hanno presentato osservazioni su tale punto. Quest’ultimo è stato parimenti trattato, secondo la ricorrente, nel contesto del procedimento nazionale.

32.

Il governo spagnolo sostiene che il personale reclutato occasionalmente non può essere considerato un lavoratore «a tempo determinato» ai sensi della clausola 3, paragrafo 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato. Esso ritiene, infatti, che il principio sia la cessazione dal servizio libera del personale reclutato occasionalmente e che, in tale ipotesi, la fine del rapporto di lavoro non sia determinata da una «condizione oggettiva» ai sensi di tale disposizione. La circostanza che la cessazione dal servizio del personale reclutato occasionalmente avvenga «in ogni caso», automaticamente, a causa della cessazione dal servizio del superiore gerarchico, non modificherebbe tale conclusione.

33.

La ricorrente nel procedimento principale sottolinea che, secondo l’articolo 12, paragrafo 1, della LEBEP, le funzioni espletate dal personale reclutato occasionalmente hanno carattere non permanente. La cessazione dal servizio libera, come la cessazione automatica per cessazione dal servizio del superiore gerarchico, sarebbe determinata da condizioni oggettive. Infatti, la ricorrente sembra ritenere che la decisione di cessazione adottata dal superiore gerarchico costituirebbe di per sé una «condizione oggettiva» ai sensi della clausola 3, paragrafo 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato.

34.

Non condivido l’opinione della ricorrente, secondo la quale la cessazione dal servizio libera ad opera del superiore gerarchico, senza che quest’ultimo sia tenuto a motivare la propria decisione, è determinata da condizioni oggettive ai sensi della clausola 3, paragrafo 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato. È vero che le ipotesi prese in considerazione da tale disposizione («il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico») non sono tassative: la clausola 3, paragrafo 1, infatti, fa precedere tale elencazione dal termine «quali». Tuttavia, la facoltà del superiore gerarchico di far cessare liberamente dal servizio il personale reclutato occasionalmente include la facoltà di non disporre tale cessazione: non è certo che il superiore gerarchico decida una siffatta cessazione. Di conseguenza, non si può ritenere, a mio avviso, che una siffatta cessazione libera dal servizio del personale reclutato occasionalmente sia determinata da una «condizione oggettiva» ai sensi della clausola 3, paragrafo 1, del predetto accordo quadro ( 22 ).

35.

Invece, la cessazione dal servizio del superiore gerarchico costituisce ben una condizione oggettiva che comporta automaticamente la cessazione dal servizio del personale reclutato occasionalmente. Poiché si può ritenere che una delle due ipotesi di cessazione previste dal diritto spagnolo determini «il termine [del contratto o del rapporto di lavoro]» ai sensi della clausola 3, paragrafo 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, il personale reclutato occasionalmente deve essere qualificato come lavoratore «a tempo determinato» ai sensi di tale disposizione. Peraltro, il legislatore spagnolo sottolinea esso stesso la natura accessoria della cessazione libera dal servizio disposta dal superiore gerarchico, in quanto l’articolo 12, paragrafo 3, della LEBEP stabilisce che la cessazione interviene in ogni caso per il fatto della cessazione dal servizio del superiore gerarchico. La possibilità di una cessazione libera mi sembra, del resto, estremamente improbabile nella specie, dal momento che essa non ha avuto luogo nel corso dei sedici anni trascorsi dalla ricorrente presso il Consejo de Estado.

36.

Dopo aver esaminato supra l’applicabilità dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato al personale reclutato occasionalmente, procedo adesso a verificare se la ricorrente costituisca l’oggetto di un trattamento meno favorevole vietato dalla clausola 4 di tale accordo quadro.

B – Sulla seconda questione pregiudiziale

37.

Con la seconda questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, alla Corte, se il principio di non discriminazione sancito dalla clausola 4, paragrafo 4, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato debba essere interpretato nel senso che al personale reclutato occasionalmente non possono essere negati gli scatti triennali di anzianità corrisposti ai dipendenti di ruolo, ai dipendenti temporanei e agli agenti assunti con contratto a tempo determinato e indeterminato.

38.

Orbene, mi sembra che chiarire se il diniego del legislatore spagnolo di accordare al personale reclutato occasionalmente il beneficio degli scatti controversi costituisca una discriminazione rappresenti una questione che deve essere valutata alla luce della clausola 4, paragrafo 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato piuttosto che della sua clausola 4, paragrafo 4. Infatti, tale paragrafo 4 enuncia il medesimo divieto sancito al paragrafo 1 ( 23 ), ma riguarda i «criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro», mentre il paragrafo 1 attiene, in maniera generale, alle «condizioni di impiego». Orbene, uno scatto retributivo non è un criterio di anzianità. Gli scatti controversi vengono negati al personale reclutato occasionalmente non per insufficiente anzianità, bensì in quanto chi appartiene a tale personale non riveste la qualità di dipendente di ruolo. Del resto, nelle quattro cause in cui la Corte è stata chiamata a pronunciarsi su scatti di anzianità, essa ha effettuato il suo esame alla luce della clausola 4, paragrafo 1, del suddetto accordo quadro ( 24 ).

39.

A tal riguardo, la Corte ha statuito che «l’accordo quadro [sul lavoro a tempo determinato], in particolare la sua clausola 4, mira a dare applicazione al [principio di non discriminazione] nei confronti dei lavoratori a tempo determinato, al fine di impedire che un rapporto di impiego di tale natura venga utilizzato da un datore di lavoro per privare questi lavoratori di diritti riconosciuti ai lavoratori a tempo indeterminato» ( 25 ). Secondo costante giurisprudenza, il principio di non discriminazione impone che situazioni analoghe non siano trattate in modo dissimile e che situazioni diverse non siano trattate nello stesso modo, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato ( 26 ). Verificherò pertanto, in primo luogo, se il personale reclutato occasionalmente si trovi in una situazione comparabile a quella di un dipendente di ruolo o temporaneo o di un agente assunto con contratto e, in secondo luogo, se ricorra una disparità di trattamento. In caso di soluzione affermativa, esaminerò, nell’ambito della risposta alla terza questione pregiudiziale posta dal giudice del rinvio, se una siffatta disparità di trattamento possa essere giustificata da «ragioni oggettive» ai sensi della clausola 4, paragrafo 1 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato.

1. Sulla comparabilità delle situazioni

40.

La clausola 4, paragrafo 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato vieta il trattamento meno favorevole del lavoratore a tempo determinato rispetto ad un lavoratore a tempo indeterminato comparabile. La clausola 3, paragrafo 1, di tale accordo quadro definisce «lavoratore a tempo indeterminato comparabile» il «lavoratore con un contratto o un rapporto di lavoro di durata indeterminata appartenente allo stesso stabilimento e addetto a lavoro/occupazione identico o simile, tenuto conto delle qualifiche/competenze». Essa precisa che «in assenza di un lavoratore a tempo indeterminato comparabile nello stesso stabilimento, il raffronto si dovrà fare in riferimento al contratto collettivo applicabile o, in mancanza di quest’ultimo, in conformità con la legge, i contratti collettivi o le prassi nazionali».

41.

La definizione di lavoratore a tempo indeterminato «comparabile» solleva, a mio avviso, due problemi, che esaminerò in successione, ossia in che cosa consista un lavoro «identico o simile» ed entro quale perimento debba essere cercato il lavoratore a tempo indeterminato comparabile, qualora non ne esista alcuno appartenente allo stesso stabilimento (nella specie, il Consejo de Estado).

a) Sul lavoro «identico o simile» ai sensi della clausola 3, paragrafo 2, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato

42.

La valutazione del carattere «identico o simile» del lavoro svolto dal lavoratore a tempo determinato che si reputa vittima di una discriminazione e dal lavoratore a tempo indeterminato «comparabile» spetta, in linea di principio, al giudice del rinvio ( 27 ). Tuttavia, ciò non impedisce alla Corte di fornire al giudice del rinvio criteri diretti a guidarlo nella sua valutazione ( 28 ). Essa ha in tal senso indicato che «al fine di valutare se [taluni lavoratori] esercitino un lavoro identico o simile occorre valutare se, tenuto conto di un insieme di fattori, come la natura del lavoro, le condizioni di formazione e le condizioni di impiego, si possa ritenere che si trovino in una situazione comparabile» ( 29 ).

43.

Si pone la questione della definizione esatta della «natura del lavoro, [delle] condizioni di formazione e [delle] condizioni di impiego».

44.

Nell’ordinanza Montoya Medina, la Corte convalida l’analisi del giudice del rinvio, il quale si era basato su un «esame degli status giuridici dei professori assistenti a tempo indeterminato [doctor contractado] e dei professori assistenti a tempo determinato [profesor ayudante doctor», per rilevare che «questi due status presuppongono la medesima qualifica accademica – dal momento che in entrambi i casi è richiesto il possesso del dottorato –, un’esperienza professionale simile, – tre anni in un caso e due anni nell’altro –, e l’esercizio delle funzioni di insegnamento e di ricerca» ( 30 ). La Corte non esige dal giudice del rinvio che questi proceda ad un esame approfondito delle mansioni svolte dai professori a tempo determinato e indeterminato (ad esempio, che questi verifichi se essi insegnino una o più materie, a che livello essi insegnino, e se dirigano delle tesi) o della loro formazione (ad esempio, quanti anni di esperienza essi abbiano effettivamente maturato) ( 31 ).

45.

Per contro, nella sentenza O’Brien, la Corte procede ad un esame più approfondito del lavoro svolto dai lavoratori di cui trattasi. Essa rileva che si è precisato ad opera delle parti, in udienza che il lavoro dei giudici a tempo parziale e dei giudici a tempo pieno è identico, che si svolge nelle medesime giurisdizioni e nel corso delle stesse udienze ( 32 ). A differenza di quanto aveva fatto nell’ordinanza Montoya Medina, la Corte non si limita pertanto, qui, al mero esercizio di una stessa professione (quella di magistrato). Dopo aver rilevato che i criteri previsti alla clausola 3, paragrafo 2, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale sono fondati sul «contenuto dell’attività», essa si assicura, tramite un esame delle giurisdizioni e delle udienze in cui tale attività viene svolta, che essa abbia lo stesso «contenuto» ( 33 ).

46.

Orbene, è in una sentenza che interpreta l’articolo 157, paragrafo 1, TFUE, che la Corte ha fatto riferimento per la prima volta alla «natura del lavoro, le condizioni di formazione e le condizioni di impiego» ( 34 ). L’articolo 157, paragrafo 1, TFUE prevede infatti il principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile «per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore». Del resto, l’ordinanza Montoya Medina, allorché afferma che le situazioni devono essere paragonate tenendo conto di questi tre fattori, rimanda alla sentenza Angestelltenbetriebsrat der Wiener Gebietskrankenkasse ( 35 ), che interpreta l’articolo 157, paragrafo 1, TFUE ( 36 ). Mi sembra pertanto pertinente esaminare la giurisprudenza elaborata in relazione a tale articolo, tanto più che le sentenze che interpretano l’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato nelle quali la Corte esamina il «lavoro» svolto dai lavoratori di cui trattasi sono poco numerose ( 37 ).

47.

Nella sentenza Brunnhofer, la Corte era chiamata a pronunciarsi sulla situazione di una ricorrente che, incaricata, all’interno di una banca austriaca, del controllo dei crediti dell’ufficio «Esteri», adduceva di essere vittima di una discriminazione fondata sul sesso. Ella sosteneva che la sua situazione era comparabile a quella di un collega di sesso maschile che era impiegato presso la stessa banca ed era inquadrato nella stessa categoria professionale del contratto collettivo applicabile, categoria cui appartengono i lavoratori dipendenti in possesso di una formazione bancaria e che svolgono in modo autonomo un lavoro qualificato. La Corte ha chiesto al giudice del rinvio di valutare se la ricorrente e il suo collega di sesso maschile di riferimento svolgessero un’attività comparabile, anche se quest’ultimo era incaricato di seguire i clienti importanti e disponeva a tal fine di un mandato commerciale, mentre la prima, che controllava i crediti, aveva meno contatti con i clienti e non poteva prendere impegni che vincolassero direttamente il suo datore di lavoro ( 38 ). La Corte, è evidente, non esclude che i lavoratori di cui trattasi, malgrado l’esercizio di una stessa professione (quella di quadri di banca), non svolgano uno stesso lavoro: mi sembra che essa proceda ad una valutazione restrittiva del medesimo, in quanto tiene conto della differenza fra i compiti svolti (il controllo dei crediti e la gestione del portafoglio clienti), nonché del mandato commerciale e delle diverse prerogative dei lavoratori di cui trattasi.

48.

Analogamente, nella sentenza Kenny, la Corte mi sembra abbia proceduto ad una valutazione restrittiva dello stesso lavoro. In tale causa, talune dipendenti del Ministero della Giustizia irlandese si reputavano vittime di una discriminazione fondata sul sesso, in quanto esse percepivano una retribuzione inferiore ai loro colleghi di sesso maschile i quali, dipendenti non già del Ministero della Giustizia bensì della polizia, erano assegnati alle stesse mansioni, di natura amministrativa. La Corte ha chiesto al giudice del rinvio di tenere conto, da un lato, della differenza di qualificazione professionale fra i dipendenti del Ministero della Giustizia e gli agenti di polizia e, dall’altro, della circostanza che alcuni degli agenti di polizia assegnati a mansioni amministrative dovevano parimenti svolgere altre mansioni, operative, come la comunicazione con l’Europol e l’Interpol, e che tutti gli agenti di polizia potevano, in circostanze eccezionali, essere chiamati a lavorare sul campo per necessità operative ( 39 ). La Corte non esclude pertanto che i lavoratori di cui trattasi, malgrado l’esercizio di mansioni comuni identiche (le mansioni amministrative), non esercitino lo stesso lavoro: essa valuta quest’ultimo in maniera restrittiva, tenendo conto dell’esercizio di altre mansioni, diverse (le mansioni di polizia). È vero che la soluzione del giudice del rinvio potrebbe dipendere, nella causa Kenny, dal rapporto fra le mansioni amministrative e le mansioni di polizia svolte dai funzionari di polizia di cui trattasi ( 40 ).

49.

Mi sembra che, nella presente causa, occorra seguire l’approccio assunto dalla Corte nell’ordinanza Montoya Medina, piuttosto che quello da essa adottato nelle sentenze O’Brien, Brunnhofer e Kenny: la nozione di lavoro «identico o simile», ai sensi della clausola 3, paragrafo 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, deve essere oggetto, a mio avviso, di un’interpretazione ampia, che non richiede un esame delle mansioni svolte dai lavoratori di cui trattasi.

50.

Infatti, secondo una giurisprudenza costante relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, «in considerazione degli obiettivi perseguiti [da tale] accordo quadro, (…) la clausola 4 (…) deve essere intesa nel senso che esprime un principio di diritto sociale dell’Unione il quale non può essere interpretato in modo restrittivo» ( 41 ). La Corte ha dunque fornito un’interpretazione ampia della nozione di «condizioni di impiego» di cui alla clausola 4, paragrafo 1 del citato accordo quadro: essa ha dichiarato che il criterio decisivo per determinare se una misura costituiva una condizione di impiego era precisamente quello del criterio dell’impiego, ossia del rapporto di lavoro sussistente fra un lavoratore e il suo datore di lavoro ( 42 ). Essa ne ha desunto che dovevano essere considerati alla stregua di condizioni di impiego gli scatti di anzianità ( 43 ), una pensione (qualora sia dipendente dal rapporto di lavoro e non derivi da un regime legale di previdenza sociale) ( 44 ), l’indennità destinata a risarcire l’utilizzo illecito di un contratto a tempo determinato ( 45 ) e il termine di preavviso di risoluzione dei contratti a tempo determinato ( 46 ). Essa ha segnatamente rilevato, nella sentenza Nierodzik, che un’interpretazione della clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro che escludesse dalla definizione della nozione di «condizioni di impiego», ai sensi di tale disposizione, le condizioni di risoluzione di un contratto a tempo determinato equivarrebbe a ridurre, in spregio all’obiettivo assegnato alla suddetta disposizione, l’ambito di applicazione della tutela accordata ai lavoratori a tempo determinato contro le discriminazioni ( 47 ). Mi sembra che una constatazione simile possa essere fatta con riguardo alla nozione di lavoro «identico o simile», il cui esercizio definisce il «lavoratore a tempo indeterminato comparabile» di cui alla clausola 4, paragrafo 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato: un’interpretazione di tale disposizione che escludesse dalla definizione della nozione di «lavoratore a tempo indeterminato comparabile» il lavoratore a tempo indeterminato che non svolga esattamente le stesse mansioni, equivarrebbe a ridurre, in spregio all’obiettivo della clausola 4 di detto accordo quadro, l’ambito di applicazione di quest’ultima. Una siffatta interpretazione priverebbe infatti il lavoratore a tempo determinato che si reputa vittima di una discriminazione di un lavoratore di riferimento, qualora le mansioni effettuate non siano esattamente le stesse.

51.

Mi sembra che un’interpretazione ampia della nozione di lavoro «identico o simile» comporti parimenti l’impossibilità, nel caso di esercizio di una seconda attività, diversa dall’attività comune, di concludere nel senso dell’assenza di un siffatto lavoro, qualora questa seconda attività rappresenti un’attività soltanto accessoria, ossia qualora il lavoratore di cui trattasi le dedichi meno tempo rispetto all’attività comune. In maniera analoga, l’esercizio meramente possibile di una seconda attività, diversa dall’attività comune, non consente, a mio avviso, di concludere nel senso dell’assenza di un lavoro identico o simile. Una soluzione del genere è conforme alla sentenza O’Brien, ove la Corte ha dichiarato che «non si può (…) sostenere che i giudici a tempo pieno e i [giudici a tempo parziale] non si trovino in una situazione comparabile a causa delle divergenze tra le loro carriere, dato che i secondi hanno sempre la possibilità di esercitare la professione forense. Decisiva è piuttosto la questione se essi svolgano sostanzialmente la stessa attività» ( 48 ).

52.

Le mansioni svolte devono cionondimeno essere prese in considerazione dal giudice del rinvio. Tuttavia, ciò deve avvenire non per stabilire se il lavoratore a tempo determinato svolga un lavoro identico o simile a quello del lavoratore a tempo indeterminato comparabile, bensì per verificare se la disparità di trattamento possa essere giustificata da una ragione oggettiva. La clausola 4, paragrafo 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato prevede infatti un ragionamento in due fasi: si tratta, in un primo momento, di verificare se il lavoratore a tempo determinato interessato venga trattato, per quanto attiene ad una condizione di impiego, in maniera meno favorevole rispetto ad un lavoratore a tempo indeterminato comparabile, in un secondo tempo, di verificare se una siffatta disparità di trattamento possa essere giustificata da una ragione oggettiva.

53.

Rilevo, a tal riguardo, che se nell’ambito dell’esame della disparità di trattamento la Corte fa riferimento, come si è visto, alla «natura del lavoro» ( 49 ), nell’ambito dell’esame della giustificazione della disparità di trattamento essa richiama la «particolare natura delle mansioni per l’espletamento delle quali sono stati conclusi contratti a tempo determinato e [le] caratteristiche inerenti a queste ultime» ( 50 ): l’impiego di termini differenti (il «lavoro» e le «mansioni») suggerisce che l’esame della disparità di trattamento debba essere limitato al raffronto del «lavoro», termine generale, mentre l’esame della giustificazione deve prendere in considerazione le «mansioni» svolte, delle quali viene sottolineato il carattere «particolare». Le «mansioni» non devono pertanto essere prese in considerazione in sede di esame della disparità di trattamento.

54.

Sottolineo che lo stesso elemento non può essere preso in considerazione sia per accertare, in un primo tempo, la disparità di trattamento, sia poi, in un secondo tempo, per giustificarla. Se la situazione dei lavoratori di cui trattasi è stata considerata comparabile, ciò significa che essi svolgono un lavoro identico o simile ai sensi della clausola 3, paragrafo 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato. Pertanto, la disparità di trattamento non può essere giustificata, in un secondo tempo, dalla natura diversa del lavoro svolto ( 51 ). La disparità di trattamento potrebbe essere giustificata dalla diversa natura del lavoro svolto solo se si attribuisse al lavoro identico o simile un contenuto diverso in ciascuna delle due fasi dell’esame richiesto dalla clausola 4: la mera «natura del lavoro» per accertare la disparità di trattamento, la «particolare natura delle mansioni» per giustificarla ( 52 ).

55.

Una soluzione alternativa consisterebbe nel tenere conto del lavoro esercitato solo al fine di dimostrare la disparità di trattamento: quest’ultima potrebbe dunque essere giustificata solo dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro ( 53 ), e non dalla natura diversa del lavoro. In un’ipotesi del genere, sarebbe possibile tenere conto della particolare natura delle mansioni per accertare la disparità di trattamento. Tuttavia, a mio avviso, una siffatta ipotesi non è conforme all’obiettivo dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato come definito alla sua clausola 1, lettera a), ossia migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione. Un tale obiettivo richiede infatti, come si è visto, un’interpretazione ampia della clausola 4 di tale accordo quadro. Sembra essere questa, del resto, la strada scelta dalla Corte: allorché essa interpreta detta clausola 4, è nell’ambito dell’esame della giustificazione che essa si riferisce alla particolare natura delle mansioni ( 54 ).

56.

A mio avviso, occorrerebbe pertanto indicare al giudice del rinvio che, alla luce degli obiettivi dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, la nozione di lavoro «identico o simile» ai sensi della clausola 3, paragrafo 1, di tale accordo, non può essere interpretata restrittivamente. La particolare natura delle mansioni espletate dai lavoratori di cui trattasi non può pertanto essere presa in considerazione per stabilire se essi svolgano un lavoro identico o simile. Per contro, essa può essere presa in considerazione per stabilire se la disparità di trattamento sia giustificata da ragioni oggettive ai sensi della clausola 4, paragrafo 1 di tale accordo quadro. Analogamente, l’esercizio, effettivo o semplicemente possibile, di una seconda attività, diversa dall’attività comune, non consente di concludere per l’assenza di un siffatto lavoro, qualora questa seconda attività rappresenti unicamente un’attività accessoria, ossia qualora il lavoratore di cui trattasi le dedichi meno tempo rispetto all’attività comune.

57.

Quanto alla formazione professionale, essa, a mio avviso, può rivestire unicamente un’importanza secondaria rispetto alla natura del lavoro allorché si tratta di stabilire se le situazioni siano comparabili. Mi sembra infatti criticabile ritenere, come fatto dalla Corte nella sentenza Angestelltenbetriebsrat der Wiener Gebietskrankenkasse, che un medico e uno psicologo non siano in situazioni comparabili per il solo motivo che i loro diplomi sono diversi, quando essi esercitano esattamente lo stesso lavoro ( 55 ). Ciò equivale ad affermare il postulato che, poiché essi hanno una formazione professionale diversa, il loro lavoro è in realtà diverso non in quanto esso ha un oggetto diverso (l’attività esercitata era la stessa: la psicoterapia), bensì in quanto viene svolto in maniera diversa. Orbene, prendere in considerazione, al fine di determinare se il lavoro è identico o simile, non solo l’oggetto del lavoro, ma parimenti il modo in cui esso viene svolto, non mi sembra rispondere all’obiettivo dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, che esige un’interpretazione ampia della sua clausola 4, paragrafo 1.

58.

Nella specie, la ricorrente si reputa vittima di una discriminazione rispetto a tutti i dipendenti pubblici che fruiscono degli scatti triennali di anzianità il cui beneficio le viene negato, ossia i dipendenti di ruolo, i dipendenti temporanei e gli agenti assunti con contratto.

59.

Orbene, non può ritenersi che la ricorrente si trovi in una situazione paragonabile all’insieme dei dipendenti pubblici, a prescindere dalla loro attività: la sua situazione è paragonabile unicamente a quella dei dipendenti pubblici che svolgono un lavoro «identico o simile» ai sensi della clausola 3, paragrafo 2, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato.

60.

A tal riguardo, il governo spagnolo sostiene che il personale reclutato occasionalmente non svolge un lavoro identico o simile a quello degli altri dipendenti pubblici, in quanto esso svolge un lavoro specifico, ossia le funzioni di fiducia o consulenza speciale.

61.

Tale argomento non può, a mio avviso, essere accolto.

62.

È vero che il personale reclutato occasionalmente, secondo l’articolo 12, paragrafo 1, della LEBEP, svolge «soltanto funzioni espressamente qualificate di fiducia o consulenza speciale» ( 56 ). È parimenti vero che, secondo l’articolo 9, paragrafo 2, della stessa legge, il personale reclutato occasionalmente non può espletare «funzioni che implicano la partecipazione diretta o indiretta all’esercizio dei poteri pubblici o alla salvaguardia degli interessi generali dello Stato e delle amministrazioni pubbliche». Il Tribunal Supremo, in una sentenza del 17 marzo 2005, ha precisato che «gli atti di collaborazione professionale che si proiettano nelle funzioni normali dell’amministrazione pubblica, che si tratti delle funzioni esterne di prestazione e di polizia nei confronti della cittadinanza oppure delle funzioni interne di mera organizzazione amministrativa, devono restare interdetti [al] personale reclutato occasionalmente» ( 57 ).

63.

Tuttavia, da un lato, mi risulta difficile capire in che senso la fiducia potrebbe caratterizzare il lavoro della ricorrente rispetto a quello degli altri dipendenti pubblici: la fiducia del superiore gerarchico è certamente necessaria per l’esercizio di talune funzioni espletate da altri dipendenti pubblici ( 58 ). Dall’altro, se il personale reclutato occasionalmente non può esercitare, stando alla formulazione impiegata dal Tribunal Supremo citata al paragrafo precedente, le funzioni normali dell’amministrazione, per contro, i dipendenti di ruolo possono espletare le funzioni di fiducia o assistenza speciale normalmente devolute al personale reclutato occasionalmente. Infatti, l’articolo 26, paragrafo 4, della legge finanziaria per l’anno 2012, al pari dell’articolo 24, paragrafo 2, della legge 22/2013 sulla legge finanziaria per l’anno 2014, allude ai «dipendenti di ruolo che, in situazione di servizio attivo o di servizi speciali, occupino posti di lavoro riservati al personale reclutato occasionalmente».

64.

Non è pertanto possibile escludere, sulla sola base della normativa spagnola, che il personale reclutato occasionalmente svolga un lavoro identico o simile a quello di taluni dipendenti pubblici. Il giudice del rinvio deve pertanto verificare se il lavoro effettivamente svolto dalla ricorrente, ossia lavori d’ufficio, sia identico o simile al lavoro svolto da taluni dipendenti pubblici a tempo indeterminato.

65.

Rammento, a tal riguardo, che la ricorrente è a capo della segreteria del consigliere permanente, presidente della seconda sezione del Consejo de Estado.

66.

Esistono altre segretarie all’interno del Consejo de Estado, in seno alla seconda sezione. Infatti, poiché la ricorrente è «capo della segreteria» della seconda sezione, tale segreteria consta di più segretarie. Esistono certamente altre segretarie nelle altre sezioni del Consejo de Estado. Il giudice del rinvio dovrà pertanto verificare se esse, diversamente dalla ricorrente, siano impiegate sulla base di un contratto a tempo indeterminato. Se così fosse, il loro lavoro dovrebbe essere considerato, a mio avviso, identico o simile a quello della ricorrente.

67.

È possibile che esistano differenze fra le mansioni espletate dalla ricorrente, quale capo della segreteria, e quelle delle semplici segretarie, le quali non dirigono una segreteria. Ad esempio, la ricorrente potrebbe essere incaricata della gestione del calendario del presidente della seconda sezione e dei contatti con le altre sezioni del Consejo de Estado, mansioni che non verrebbero svolte dalle segretarie semplici. Tuttavia, mi sembra che tali differenze fra le mansioni espletate dal capo della segreteria e dalle segretarie semplici dovrebbero essere prese in considerazione non per stabilire se esse svolgano un lavoro identico o simile, e dunque se le loro situazioni siano comparabili, bensì per stabilire se la disparità di trattamento possa essere giustificata.

68.

Non può tuttavia escludersi che tutte le segretarie del Consejo de Estado, a prescindere dalla circostanza che esse dirigano o meno una segreteria, siano vincolate da contratti a tempo determinato. Se così fosse, non deve concludersi, a mio avviso, nel senso che la ricorrente non può beneficiare della clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato. Infatti, la clausola 3, paragrafo 2 di quest’ultimo dispone che «in assenza di un lavoratore a tempo indeterminato comparabile nello stesso stabilimento, il raffronto si dovrà fare in riferimento al contratto collettivo applicabile o, in mancanza di quest’ultimo, in conformità con la legge, i contratti collettivi o le prassi nazionali». Mi sembra che il Consejo de Estado possa essere considerato l’equivalente, nel settore pubblico, di uno stabilimento. Si pone la questione dell’individuazione del perimetro entro il quale cercare il lavoratore a tempo indeterminato comparabile qualora non ne esista alcuno all’interno del Consejo de Estado: se si tratti delle segretarie degli altri organi consultivi spagnoli, delle segretarie degli organi giudiziari spagnoli o delle segretarie dell’amministrazione pubblica spagnola, giudiziaria o no.

b) Sul perimetro di riferimento, in assenza di un lavoratore a tempo indeterminato comparabile nello stesso stabilimento

69.

Nella sentenza Valenza, nell’ordinanza Bertazzi e nella sentenza Nierodzik, la Corte ha reputato lavoratori a tempo indeterminato comparabili le persone che lavoravano per la medesima autorità pubblica di regolamentazione (l’autorità italiana garante della concorrenza e l’autorità italiana per l’elettricità e il gas) ( 59 ) o per il medesimo ospedale pubblico ( 60 ). Benché la Corte non abbia motivato le sue scelte, mi sembra che la stessa autorità di regolamentazione o lo stesso ospedale possano essere considerati l’equivalente, nel settore pubblico, dello stesso stabilimento di cui alla clausola 3, paragrafo 2, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato.

70.

Tuttavia, nelle ordinanze Montoya Medina e Lorenzo Martínez, nonché nella sentenza Rosado Santana, la Corte ha considerato lavoratori a tempo indeterminato comparabili, nel caso di un professore assistente a tempo determinato dell’università di Alicante, i «professori assistenti a tempo indeterminato del corpo insegnante universitario [della stessa] comunità autonoma» ( 61 ). Nel caso di un professore non universitario che aveva lavorato in un centro di insegnamento pubblico della comunità autonoma di Castiglia-León, la Corte ha considerato lavoratori comparabili i dipendenti di ruolo del «corpo insegnante non universitario facente parte della [stessa] comunità autonoma» ( 62 ). Nel caso di un dipendente temporaneo della comunità autonoma dell’Andalusia, i dipendenti di ruolo della stessa comunità autonoma e della stessa categoria ( 63 ). Benché neanche qui la Corte motivi le proprie scelte, mi sembra che tali lavoratori non possano essere considerati appartenenti allo stesso stabilimento, o al suo equivalente pubblico: se l’intenzione della Corte fosse stata questa, essa avrebbe preso in considerazione i lavoratori della medesima università o del medesimo centro di insegnamento.

71.

Osservo, per contro, che le condizioni di lavoro dei lavoratori di cui trattasi erano, nelle cause citate al paragrafo precedente, disciplinate dal medesimo testo, o da un testo del medesimo autore: le condizioni di lavoro dei professori assistenti a tempo determinato e indeterminato della comunità autonoma di Valenza erano disciplinate dallo stesso decreto del governo di tale comunità autonoma ( 64 ). Le retribuzioni dei dipendenti temporanei e di ruolo della comunità autonoma di Castiglia-León erano disciplinate dalla stessa legge spagnola (la LEBEP, oggetto della precedente causa) e dallo stesso decreto annuale di tale comunità autonoma ( 65 ); il calcolo dell’anzianità dei dipendenti temporanei e di ruolo della comunità autonoma dell’Andalusia, sebbene governato, sembra, da due testi, era disciplinato dal legislatore spagnolo ( 66 ). Di conseguenza, in tali cause, mi sembra che la Corte abbia voluto definire il perimetro di riferimento come comprensivo dei lavoratori le cui condizioni di lavoro erano disciplinate dallo stesso testo, oppure da un testo dello stesso autore, che disciplinava quelle del lavoratore a tempo determinato che si reputava vittima di una discriminazione.

72.

Una siffatta definizione del perimetro di riferimento può spiegarsi con un ragionamento simile a quello svolto dalla Corte nella sentenza Lawrence ( 67 ). In tale sentenza, la Corte ha dichiarato che l’articolo 157, paragrafo 1, TFUE è applicabile unicamente alle persone che lavorano per lo stesso datore di lavoro: infatti, se i lavoratori di cui trattasi sono alle dipendenze di datori di lavoro diversi, le differenze di retribuzione non [possono] essere ricondotte ad un’unica fonte. Di conseguenza, manca un soggetto che sia responsabile della diseguaglianza e che possa ristabilire la parità di trattamento. Orbene, nelle cause citate al paragrafo 70 supra, le condizioni di lavoro potevano effettivamente essere ricondotte alla stessa fonte, che si trattasse del governo della comunità autonoma interessata o del legislatore spagnolo. La Corte precisa, del resto, nella sentenza Lawrence, che le differenze di retribuzione possono essere ricondotte ad un’unica fonte in tre ipotesi: allorché esse «traggono direttamente origine da norme di legge o da contratti collettivi di lavoro, nonché nel caso in cui il lavoro venga svolto nella stessa azienda o nello stesso ufficio, privati o pubblici» ( 68 ). Il legislatore può pertanto essere considerato, secondo la Corte, un’unica fonte che consente il raffronto con l’insieme dei lavoratori dei quali esso ha determinato le modalità retributive.

73.

Una siffatta definizione del perimetro di riferimento è corroborata anche dalla clausola 3, paragrafo 2 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato. Essa prevede che, in assenza di un lavoratore a tempo indeterminato comparabile nello stesso stabilimento, il raffronto venga effettuato in conformità con la legge nazionale. Orbene, considerare lavoratori a tempo indeterminato comparabili i lavoratori le cui condizioni di lavoro sono governate dalla stessa legge che disciplina le condizioni di lavoro del lavoratore a tempo determinato interessato equivale a definire il perimetro di riferimento in conformità alla legge nazionale.

74.

Di conseguenza, mi sembra che, se non può essere individuato alcun lavoratore a tempo indeterminato comparabile nello stesso stabilimento, esso debba essere cercato fra i lavoratori le cui condizioni di lavoro possono essere ricondotte alla stessa fonte. Una soluzione del genere, nel caso del settore pubblico, in cui le condizioni di lavoro sono definite dall’autorità pubblica ( 69 ), consente di adottare una definizione ampia del perimetro di riferimento, conforme agli obiettivi dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato. Apporterò una sola riserva all’approccio seguito dalla Corte nelle cause menzionate al paragrafo 70 supra: mi sembra che, al fine di rispettare la clausola 3, paragrafo 2, di tale accordo quadro, occorra verificare se esista un lavoratore a tempo indeterminato comparabile all’interno dello stesso stabilimento, vale a dire, nel caso del settore pubblico, della stessa autorità, della stessa amministrazione o dello stesso servizio, prima di cercare un siffatto lavoratore fra quelli le cui condizioni di lavoro possono essere ricondotte alla stessa fonte.

75.

Nella specie, è dunque anzitutto in seno al Consejo de Estado che occorre cercare un lavoratore a tempo indeterminato comparabile. Se non ne esiste alcuno all’interno del Consejo de Estado, esso deve essere cercato fra i lavoratori le cui condizioni di lavoro sono disciplinate dalla LEBEP (che definisce la retribuzione dei dipendenti di ruolo e che precisa che il regime dei dipendenti di ruolo è applicabile, in linea di principio, al personale reclutato occasionalmente) e dalle leggi finanziarie (che definiscono la retribuzione del personale reclutato occasionalmente e ne escludono gli scatti triennali di anzianità controversi): le condizioni retributive del personale reclutato occasionalmente e dei dipendenti pubblici hanno la medesima fonte, ossia il legislatore spagnolo. Mi sembra che, in assenza di un lavoratore a tempo indeterminato comparabile nel Consejo de Estado, esso deve essere cercato anzitutto fra le segretarie degli altri organi consultivi spagnoli e degli organi giurisdizionali spagnoli. Infatti, la clausola 3, paragrafo 2, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato esige che un siffatto lavoratore sia cercato in seno allo stesso stabilimento, ossia in un perimetro il più ridotto possibile, prima che il perimetro di riferimento venga allargato. Di conseguenza, cercare il lavoratore in seno ad altri organi consultivi spagnoli e ad organi giurisdizionali spagnoli prima di estendere, se del caso, la ricerca ai dipendenti di altre amministrazioni, mi sembra conforme alla ratio della clausola 3, paragrafo 2 di tale accordo quadro.

76.

Una volta indicato a quali lavoratori a tempo indeterminato deve essere comparata la situazione della ricorrente e a quali condizioni, verificherò di seguito se la ricorrente abbia costituito oggetto di un trattamento meno favorevole.

2. Sulla disparità di trattamento

77.

La controversia principale verte sull’assegnazione degli scatti triennali di anzianità previsti all’articolo 23 della LEBEP.

78.

La clausola 4, paragrafo 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato vieta la discriminazione dei lavoratori a tempo determinato per quanto riguarda le condizioni di impiego. Orbene, la Corte ha statuito che gli scatti di anzianità costituiscono una «condizione di impiego» ai sensi di tale disposizione ( 70 ). Nella sentenza Gavieiro Gavieiro e Iglesias Torres, la Corte è stata segnatamente chiamata a pronunciarsi sugli scatti triennali di anzianità di cui al procedimento principale (anche se, in tale sentenza, le ricorrenti erano dipendenti temporanee, mentre la sig.ra Regojo Dans rientra nel personale reclutato occasionalmente) ( 71 ).

79.

L’articolo 23, lettera b), della LEBEP prevede che i dipendenti di ruolo abbiano diritto a scatti triennali di anzianità, da esso definiti come «un importo, uguale per ciascuna sottocategoria o categoria di classificazione professionale, nel caso in cui quest’ultima non comprenda una sottocategoria, attribuito per ciascun triennio di servizio». L’articolo 25, paragrafo 1, della LEBEP, dispone che i dipendenti temporanei percepiscano gli scatti triennali di anzianità. Per contro, l’articolo 26, paragrafo 4, della legge finanziaria per l’anno 2012, relativo alla retribuzione del personale reclutato occasionalmente, non menziona gli scatti triennali di anzianità: esso, pertanto, non li percepisce, come spiegato del resto dal giudice del rinvio.

80.

Esiste pertanto una disparità di trattamento fra un membro del personale reclutato occasionalmente, che è, si è visto, un lavoratore «a tempo determinato» ai sensi della clausola 3, paragrafo 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato e che non percepisce gli scatti controversi, e i dipendenti di ruolo, che li percepiscono e che non è contestato che siano lavoratori a tempo indeterminato.

81.

Per contro, i dipendenti temporanei, i quali percepiscono gli scatti controversi, sono dipendenti pubblici a tempo determinato ( 72 ). La disparità di trattamento fra il personale reclutato occasionalmente e i dipendenti temporanei non rientra pertanto nell’ambito della clausola 4, paragrafo 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, ai sensi della quale i lavoratori a tempo determinato non devono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili ( 73 ).

82.

Analogamente, quanto agli agenti assunti con contratto, ricorre una disparità di trattamento solo con gli agenti assunti a tempo indeterminato (l’articolo 8, paragrafo 2, lettera c), della LEBEP prevede infatti che i contratti degli agenti assunti con contratto siano a tempo indeterminato o a tempo determinato), qualora essi percepiscano gli scatti controversi.

83.

Dopo aver esaminato l’esistenza di una disparità di trattamento, mi dedicherò adesso alla sua giustificazione.

C – Sulla terza questione pregiudiziale

84.

Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte se il regime di nomina e di cessazione libere del personale reclutato occasionalmente costituisca una ragione oggettiva idonea a giustificare la disparità di trattamento, ai sensi della clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato.

85.

La clausola 4, paragrafo 1, del citato accordo quadro stabilisce che i lavoratori a tempo determinato non devono essere trattati in modo meno favorevole, per quanto riguarda le condizioni di impiego, dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili, a meno che non sussistano ragioni oggettive.

86.

Secondo una costante giurisprudenza, la nozione di «ragione oggettiva» dev’essere intesa nel senso che essa non consente di giustificare una differenza di trattamento con il fatto che tale differenza è prevista da una norma nazionale generale ed astratta, quale una legge o un contratto collettivo. La disparità di trattamento deve essere giustificata dall’esistenza di elementi precisi e concreti, che contraddistinguono la condizione di lavoro in questione, nel particolare contesto in cui essa si colloca e in base a criteri oggettivi e trasparenti. Essa deve inoltre soddisfare il principio di proporzionalità, vale a dire rispondere ad un reale bisogno, essere idonea a conseguire l’obiettivo perseguito e essere necessaria a tal fine. Possono costituire «ragioni oggettive» ai sensi della clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, segnatamente, la «particolare natura delle mansioni per l’espletamento delle quali sono stati conclusi contratti a tempo determinato», nonché il «perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro» ( 74 ).

87.

Il regime di nomina e cessazione libere proprio del personale reclutato occasionalmente non può costituire una «ragione oggettiva» ai sensi della clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato. Infatti, secondo una costante giurisprudenza, ammettere che la mera natura temporanea di un rapporto di lavoro basti a giustificare una differenza di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato svuoterebbe di ogni sostanza gli obiettivi della direttiva 1999/70 e di tale accordo quadro ed equivarrebbe a perpetuare il mantenimento di una situazione svantaggiosa per i lavoratori a tempo determinato ( 75 ).

88.

Per contro, l’obiettivo consistente nel ricompensare la fedeltà del personale tramite gli scatti controversi mi sembra costituire, come sostenuto dal governo spagnolo, un obiettivo di politica sociale idoneo a giustificare la disparità di trattamento. Ancora, occorre, tuttavia, che la misura nazionale sia atta a conseguire un siffatto obiettivo e che sia proporzionata. Orbene, ricordo che la ricorrente, che ha 31 anni e mezzo di anzianità nell’amministrazione pubblica spagnola, non ha mai percepito gli scatti controversi. Dubito pertanto della proporzionalità della misura.

89.

Quanto alla particolare natura delle mansioni, essa costituisce, come si è visto, una «ragione oggettiva» ai sensi della clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato. Spetterà al giudice del rinvio stabilire se le mansioni espletate dalla ricorrente siano idonee a giustificare il diniego degli scatti controversi. Tuttavia, rilevo che, se le mansioni della ricorrente si distinguono da quelle delle altre segretarie, ciò è dovuto al fatto che la stessa esercita prerogative di cui le altre segretarie non dispongono, in virtù delle sue funzioni organizzative e direttive. Orbene, mi risulta difficile capire in che termini l’espletamento di mansioni supplementari giustificherebbe il diniego di una retribuzione integrativa.

IV – Conclusione

90.

Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di rispondere come segue alle questioni pregiudiziali poste dal Tribunal Supremo:

1)

Le clausole 2, paragrafo 1, e 3, paragrafo 1, dell’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999, devono essere interpretate nel senso che spetta agli Stati membri definire il contratto di assunzione o il rapporto di lavoro. Incombe tuttavia al giudice del rinvio assicurare che una siffatta definizione non comporti l’esclusione arbitraria della categoria del personale reclutato occasionalmente dal beneficio della tutela offerta dall’accordo quadro. Al personale reclutato occasionalmente deve infatti essere accordata una siffatta tutela qualora la natura del rapporto che lo lega all’amministrazione pubblica non sia sostanzialmente diversa da quello che lega ai loro datori di lavoro le persone facenti parte, secondo il diritto spagnolo, della categoria dei lavoratori.

2)

La clausola 3, paragrafo 1, dell’accordo quadro deve essere interpretata nel senso che costituisce una condizione oggettiva che determina il termine del rapporto di lavoro la cessazione automatica dal servizio del lavoratore a causa della cessazione dal servizio del suo superiore gerarchico, anche se il rapporto di lavoro può parimenti terminare in forza di una mera decisione del superiore gerarchico.

3)

Per valutare se dei lavoratori svolgano un lavoro «identico o simile» ai sensi della clausola 3, paragrafo 2, dell’accordo quadro, occorre stabilire se si possa ritenere che tali lavoratori, tenuto conto di un insieme di fattori, come la natura del lavoro, le condizioni di formazione e le condizioni di impiego, si trovino in una situazione comparabile. La nozione di lavoro «identico o simile» non può, alla luce degli obiettivi dell’accordo quadro, essere interpretata restrittivamente. Pertanto, per stabilire se i lavoratori svolgano un lavoro «identico o simile», non possono essere prese in considerazione la particolare natura delle mansioni per l’espletamento delle quali è stato concluso il contratto a tempo determinato e le caratteristiche inerenti a queste ultime. Non può neanche essere preso in considerazione l’esercizio, effettivo o semplicemente possibile, di una seconda attività, diversa dall’attività comune, qualora essa costituisca unicamente un’attività accessoria all’attività comune.

4)

La clausola 3, paragrafo 2, dell’accordo quadro deve essere interpretata nel senso che, qualora non esista un lavoratore a tempo indeterminato comparabile nella stessa autorità pubblica o nello stesso servizio di un’amministrazione pubblica, esso deve essere cercato fra i lavoratori a tempo indeterminato le cui condizioni di lavoro sono state definite dallo stesso autore e che svolgono un lavoro identico o simile.

5)

La clausola 4, paragrafo 1, dell’accordo quadro deve essere interpretata nel senso che gli scatti di anzianità ricadono nella nozione di «condizione di impiego» ai sensi di tale disposizione.

6)

Un regime di nomina e di cessazione libere dei lavoratori a tempo determinato non può costituire una ragione oggettiva che giustifica una disparità di trattamento ai sensi della clausola 4, paragrafo 1, dell’accordo quadro. Per contro, l’obiettivo consistente nel ricompensare la fedeltà del personale all’amministrazione pubblica costituisce una siffatta ragione oggettiva. Il rifiuto di assegnare scatti di anzianità ad un dipendente che ha compiuto più di trent’anni di servizio nell’amministrazione pubblica non può tuttavia essere considerato idoneo a conseguire un siffatto obiettivo. Quanto alla natura particolare delle mansioni per l’espletamento delle quali è stato concluso il contratto a tempo determinato e alle caratteristiche inerenti a queste ultime, esse costituiscono una «ragione oggettiva» ai sensi della clausola 4, paragrafo 1, dell’accordo quadro. L’esercizio, da parte del lavoratore a tempo determinato, di prerogative di cui il lavoratore a tempo indeterminato comparabile non dispone, non può tuttavia giustificare il trattamento meno favorevole del primo.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) GU L 175, pag. 43.

( 3 ) Preambolo dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, primo comma.

( 4 ) Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, clausola 5.

( 5 ) Boletin Oficial del Estado n. 89 del 13 aprile 2007.

( 6 ) La categoria nota nel diritto spagnolo come «personal eventual» sarà designata in questa sede come «personale reclutato occasionalmente».

( 7 ) Boletin Oficial del Estado n. 40 del 15 febbraio 1964.

( 8 ) Boletin Oficial del Estado n. 185 del 3 agosto 1984.

( 9 ) Boletin Oficial del Estado n. 156 del 30 giugno 2012.

( 10 ) Secondo il governo spagnolo, le leggi finanziarie per gli esercizi successivi (dal 2008 al 2011) coincidono ampiamente, sul punto, con la legge finanziaria per l’anno 2012.

( 11 ) La domanda di pronuncia pregiudiziale indica infatti che la difficoltà consiste nel determinare se «le peculiarità di fiducia e di [consulenza] speciale che nella legislazione spagnola contraddistinguono il personale reclutato occasionalmente impongano di negare allo stesso personale la caratteristica della professionalità che è presente nelle definizioni di “lavoratore a tempo determinato” e di “lavoratore a tempo indeterminato comparabile”, di cui rispettivamente ai paragrafi 1 e 2 della clausola 3 dell’accordo quadro [sul lavoro a tempo determinato]». Una siffatta «professionalità» sarebbe caratterizzata dai tre criteri enunciati al paragrafo 20 supra.

( 12 ) Sentenza Sibilio (C‑157/11, EU:C:2012:148, punto 45).

( 13 ) È vero che la Corte ha dichiarato che «la direttiva 1999/70 nonché l’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato trovano applicazione nei confronti di tutti i lavoratori che forniscono prestazioni retribuite nell’ambito di un rapporto di impiego a tempo determinato che li vincola al loro datore di lavoro» (sentenze Del Cerro Alonso, C‑307/05, EU:C:2007:509, punto 28; Angelidaki e a., da C‑378/07 a C‑380/07, EU:C:2009:250, punto 114; Gavieiro Gavieiro e Iglesias Torres, C‑444/09 e C‑456/09, EU:C:2010:819, punto 42; Rosado Santana, C‑177/10, EU:C:2011:557, punto 40; Valenza e a., da C‑302/11 a C‑305/11, EU:C:2012:646, punto 33; Mascolo e a., C‑22/13, C‑61/13, C‑63/13 e C‑418/13, EU:C:2014:2401, punto 68; ordinanza León Medialdea, C‑86/14, EU:C:2014:2447, punto 39, nonché sentenza Nisttahuz Poclava, C‑117/14, EU:C:2015:60, punto 31).

Tuttavia, la Corte non ha mai precisato cosa debba intendersi per «prestazione» e per «retribu[zione]»: non mi sembra affatto che una definizione talmente generica sconfini nella competenza degli Stati membri.

Rilevo, del resto, che una siffatta definizione si distingue da quella accolta dalla Corte nell’ambito della libera circolazione dei lavoratori, la quale adottava un terzo criterio, quello del vincolo di subordinazione (sentenza Lawrie-Blum, 66/85, EU:C:1986:284, punto 17). Come rilevato dagli avvocati generali Kokott e Poiares Maduro, la nozione di «lavoratore» non è una nozione unitaria: essa varia in funzione dello strumento di diritto dell’Unione di cui trattasi (conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Wippel, C‑313/02, EU:C:2004:308, paragrafo 43, nonché conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro nella causa Del Cerro Alonso, C‑307/05, EU:C:2007:3, paragrafo 11). Nell’omissione di questo terzo criterio occorre forse ravvisare l’intenzione della Corte di tenere conto dello sviluppo di rapporti di lavoro «atipici», nei quali la distinzione fra lavoro dipendente e autonomo perde di significato: v. Barnard, C., EU Employment Law, Fourth Edition, Oxford University Press, 2012, pagg. 144 e 152-154.

( 14 ) Sentenza Sibilio (C‑157/11, EU:C:2012:148, punto 51).

( 15 ) Sentenza Gavieiro Gavieiro e Iglesias Torres (C‑444/09 e C‑456/09, EU:C:2010:819, punto 40).

( 16 ) Sentenza Sibilio (C‑157/11, EU:C:2012:148, punto 49).

( 17 ) Sentenza O’Brien (C‑393/10, EU:C:2012:110, punto 42). La sentenza O’Brien ha interpretato non già l’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, bensì la direttiva 97/81/CE del Consiglio del 15 dicembre 1997, relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale, concluso dall’UNICE, dal CEEP e della CES (GU 1998, L 14, pag. 9) (in prosieguo: l’«accordo quadro sul lavoro a tempo parziale»). Tuttavia, ciò poco rileva: infatti, il testo della clausola 2, paragrafo 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale (secondo il quale «il presente accordo si applica ai lavoratori a tempo parziale che hanno un contratto o un rapporto di lavoro definito per legge, contratto collettivo o in base alle prassi in vigore in ogni Stato membro») è molto vicino al testo della clausola 2, paragrafo 1, dell’accordo quadro di cui alla presente causa. Peraltro, nella sentenza Sibilio, la Corte cita la sentenza O’Brien (C‑393/10, EU:C:2012:110, punto 51).

( 18 ) Sentenza O’Brien (C‑393/10, EU:C:2012:110, punti 45 e 46).

( 19 ) V. Robin-Olivier, S. «Le droit social de l’Union est-il capable de réduire la fragmentation de la catégorie des travailleurs?», Revue trimestrielle du droit européen, 2012, pag. 480. L’autore rileva, a proposito della sentenza O’Brien, che «l’abilità della Corte consiste, in tale causa, nell’operare un controllo all’interno stesso del diritto nazionale, sulla scorta di un’esigenza di coerenza interna a tale diritto». L’avvocato generale Poiares Maduro parla, a proposito della clausola 2, paragrafo 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, di «rinvio condizionato» al diritto nazionale (conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro nella causa Del Cerro Alonso, C‑307/05, EU:C:2007:3, paragrafo 15).

( 20 ) Sentenze Adeneler e a. (C‑212/04, EU:C:2006:443, punto 54); Marrosu e Sardino (C‑53/04, EU:C:2006:517, punto 39); Vassallo (C‑180/04, EU:C:2006:518, punto 32); Del Cerro Alonso (C‑307/05, EU:C:2007:509, punto 25); Gavieiro Gavieiro e Iglesias Torres (C‑444/09 e C‑456/09, EU:C:2010:819, punto 38); Della Rocca (C‑290/12, EU:C:2013:235, punto 34); sentenza Fiamingo e a. (C‑362/13, C‑363/13 e C‑407/13, EU:C:2014:2044, punto 29); sentenza Mascolo e a. (C‑22/13, C‑61/13, C‑63/13 e C‑418/13, EU:C:2014:2401, punto 67).

( 21 ) Il corsivo è mio.

( 22 ) Rilevo, a tal riguardo, che la Corte ha statuito, in relazione ad un lavoratore assunto con contratto a tempo indeterminato e licenziato nel corso del periodo di prova, che il periodo di prova, durante il quale egli poteva essere liberamente licenziato, non costituiva un contratto a tempo determinato. «[I]l periodo di prova serve essenzialmente a verificare l’idoneità e le capacità del lavoratore, mentre il contratto di lavoro a tempo determinato è utilizzato quando la cessazione del contratto o del rapporto di lavoro è determinata da condizioni oggettive» (sentenza Nisttahuz Poclava C‑117/14, EU:C:2015:60, punto 36).

( 23 ) La Corte ha statuito, infatti, che «il punto 4 [della clausola 4] enuncia il medesimo divieto [del punto 1] per quanto riguarda i criteri di periodi di anzianità relativi a condizioni particolari di impiego» (sentenze Rosado Santana, C‑177/10, EU:C:2011:557, punto 64 e Valenza e a., da C‑302/11 a C‑305/11, EU:C:2012:646, punto 39, nonché ordinanza Bertazzi e a., C‑393/11, EU:C:2013:143, punto 29).

( 24 ) Sentenze Del Cerro Alonso (C‑307/05, EU:C:2007:509, punto 47) e Gavieiro Gavieiro e Iglesias Torres (C‑444/09 e C‑456/09, EU:C:2010:819, punto 50), nonché ordinanze Montoya Medina (C‑273/10, EU:C:2011:167, punto 32) e Lorenzo Martínez (C‑556/11, EU:C:2012:67, punto 37). V. segnatamente il punto 50 della sentenza Gavieiro Gavieiro e Iglesias Torres: «poiché il giudice del rinvio chiede, nell’ambito di una controversia riguardante il diritto dei dipendenti temporanei ad un’indennità per anzianità di servizio, un’interpretazione dell’espressione “criteri del periodo di anzianità di servizio” contenuta nella clausola 4, punto 4, dell’accordo quadro, si deve rilevare che la Corte ha già statuito che un’indennità per anzianità di servizio identica a quella controversa nel procedimento principale, la cui attribuzione sia riservata dal diritto nazionale al personale dipendente di ruolo dei servizi sanitari assunto a tempo indeterminato con esclusione del personale temporaneo, rientra nella nozione di “condizioni di impiego” di cui alla clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro».

( 25 ) Sentenza Nierodzik (C‑38/13, EU:C:2014:152, punto 23).

( 26 ) Sentenza Rosado Santana (C‑177/10, EU:C:2011:557, punto 65).

( 27 ) Ordinanza Montoya Medina (C‑273/10, EU:C:2011:167, punto 39); sentenza Rosado Santana (C‑177/10, EU:C:2011:557, punto 67); ordinanza Lorenzo Martínez (C‑556/11, EU:C:2012:67, punto 44); sentenza Valenza e a. (da C‑302/11 a C‑305/11, EU:C:2012:646, punto 43); ordinanza Bertazzi e a. (C‑393/11, EU:C:2013:143, punto 33) e sentenza Nierodzik (C‑38/13, EU:C:2014:152, punto 32).

( 28 ) Sentenza Marrosu e Sardino (C‑53/04, EU:C:2006:517, punto 54).

( 29 ) Ordinanza Montoya Medina (C‑273/10, EU:C:2011:167, punto 37); sentenza Rosado Santana (C‑177/10, EU:C:2011:557, punto 66); ordinanza Lorenzo Martínez (C‑556/11, EU:C:2012:67, punto 43); sentenza Valenza e a. (da C‑302/11 a C‑305/11, EU:C:2012:646, punto 42); ordinanza Bertazzi e a. (C‑393/11, EU:C:2013:143, punto 32) e sentenza Nierodzik (C‑38/13, EU:C:2014:152, punto 31).

( 30 ) Ordinanza Montoya Medina (C‑273/10, EU:C:2011:167, punto 38).

( 31 ) La Corte segue un approccio simile nell’ordinanza Lorenzo Martínez, ove essa conclude, «sulla base delle informazioni fornite dal giudice del rinvio», che i dipendenti di ruolo e i dipendenti temporanei della Comunità autonoma di Castiglia-León si trovano in una situazione comparabile, in quanto esercitano «funzioni simili» (l’insegnamento), funzioni che non esigono «qualifiche accademiche o un’esperienza diverse». V. ordinanza Lorenzo Martínez (C‑556/11, EU:C:2012:67, punti 45 e 46).

( 32 ) Sentenza O’Brien (C‑393/10, EU:C:2012:110, punto 62).

( 33 ) Sentenza O’Brien (C‑393/10, EU:C:2012:110, punto 61).

( 34 ) Sentenza Royal Copenhagen (C‑400/93, EU:C:1995:155, punto 33).

( 35 ) Sentenza Angestelltenbetriebsrat der Wiener Gebietskrankenkasse (C‑309/97, EU:C:1999:241).

( 36 ) Ordinanza Montoya Medina (C‑273/10, EU:C:2011:167, punto 37).

( 37 ) Rilevo, per ragioni di completezza, che, secondo la Corte, costituisce un indizio di un lavoro identico o simile la circostanza che la ricorrente, la quale era stata assunta in precedenza a tempo indeterminato dal medesimo datore di lavoro, occupava lo stesso posto nell’ambito di un contratto a tempo determinato (si era in presenza di un contratto a tempo parziale, e la ricorrente desiderava fruire di una pensione anticipata): sia la natura che le condizioni di lavoro erano identiche, trattandosi dello stesso posto (sentenza Nierodzik, C‑38/13, EU:C:2014:152, punto 33). La Corte sembra aver seguito il medesimo approccio nell’ipotesi opposta, quella di ricorrenti che erano stati precedentemente assunti a tempo determinato dallo stesso datore di lavoro e affermavano di svolgere le stesse funzioni nell’ambito dei loro contratti a tempo indeterminato (sentenza Valenza e a., da C‑302/11 a C‑305/11, EU:C:2012:646, punto 47, e ordinanza Bertazzi e a. C‑393/11, EU:C:2013:143, punto 36). Tuttavia, tali cause riguardano casi estremamente particolari, nei quali la stessa persona aveva svolto lo stesso lavoro nell’ambito di un altro tipo di contratto: esse non ci sono pertanto di grande aiuto.

( 38 ) Sentenza Brunnhofer (C‑381/99, EU:C:2001:358, punto 50).

( 39 ) Sentenza Kenny e a. (C‑427/11, EU:C:2013:122, punti 30 e 33).

( 40 ) La Corte rileva (indicando così che si tratta di un fattore rilevante) che essa ignora il «numero dei membri [della polizia] (…) che si limitano a svolgere mansioni amministrative e [il] numero di quelli a cui sono altresì affidate mansioni operative, quali la comunicazione con l’Ufficio europeo di polizia (Europol) o con Interpol». V. sentenza Kenny e a. (C‑427/11, EU:C:2013:122, punto 32).

( 41 ) Sentenza Del Cerro Alonso (C‑307/05, EU:C:2007:509, punto 38); sentenza Gavieiro Gavieiro e Iglesias Torres (C‑444/09 et C‑456/09, EU:C:2010:819, punto 49); ordinanza Montoya Medina (C‑273/10, EU:C:2011:167, punto 31); ordinanza Lorenzo Martínez (C‑556/11, EU:C:2012:67, punto 36); sentenza Carratù (C‑361/12, EU:C:2013:830, punto 33), nonché sentenza Nierodzik (C‑38/13, EU:C:2014:152, punto 24).

( 42 ) Sentenze Carratù (C‑361/12, EU:C:2013:830, punto 35); e Nierodzik (C‑38/13, EU:C:2014:152, punto 25).

( 43 ) Sentenza Del Cerro Alonso (C‑307/05, EU:C:2007:509, punto 48).

( 44 ) Sentenza Impact (C‑268/06, EU:C:2008:223, punto 134).

( 45 ) Sentenza Carratù (C‑361/12, EU:C:2013:830, punto 36).

( 46 ) Sentenza Nierodzik (C‑38/13, EU:C:2014:152, punto 29).

( 47 ) Sentenza Nierodzik (C‑38/13, EU:C:2014:152, punto 27).

( 48 ) Sentenza O’Brien (C‑393/10, EU:C:2012:110, punto 62).

( 49 ) V. il paragrafo 42 delle presenti conclusioni.

( 50 ) V. sentenza Rosado Santana (C‑177/10, EU:C:2011:557, punto 73): «[la nozione di ragioni oggettive] richiede che la differenza di trattamento in causa sia giustificata dalla sussistenza di elementi precisi e concreti, che contraddistinguono la condizione di impiego di cui trattasi, nel particolare contesto in cui s’inscrive e in base a criteri oggettivi e trasparenti, al fine di verificare se tale disparità risponda ad una reale necessità, sia idonea a conseguire l’obiettivo perseguito e risulti a tal fine necessaria. Detti elementi possono risultare segnatamente dalla particolare natura delle mansioni per l’espletamento delle quali sono stati conclusi contratti a tempo determinato e dalle caratteristiche inerenti a queste ultime o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro» (il corsivo è mio). V. parimenti sentenza Del Cerro Alonso (C‑307/05, EU:C:2007:509, punto 53); sentenza Gavieiro Gavieiro e Iglesias Torres (C‑444/09 et C‑456/09, EU:C:2010:819, punto 55); ordinanza Montoya Medina (C‑273/10, EU:C:2011:167, punto 41); ordinanza Lorenzo Martínez (C‑556/11, EU:C:2012:67, punto 48); sentenza Valenza e a. (da C‑302/11 a C‑305/11, EU:C:2012:646, punto 51) e ordinanza Bertazzi e a. (C‑393/11, EU:C:2013:143, punto 40).

( 51 ) È vero che la Corte ha parimenti statuito che «la natura delle funzioni espletate dal [lavoratore a tempo determinato di cui trattasi] e [l]’esperienza che ha acquisito a tale titolo non costituiscono solo uno dei fattori atti a giustificare obiettivamente una differenza di trattamento rispetto [al lavoratore a tempo indeterminato comparabile]. Tali elementi rientrano anche tra i criteri che consentono di verificare se l’interessato si trovi in una situazione comparabile a quella di [quest’ultimo]». (sentenze Rosado Santana, C‑177/10, EU:C:2011:557, punto 69 e Valenza e a., da C‑302/11 a C‑305/11, EU:C:2012:646, punto 44, nonché ordinanza Bertazzi e a., C‑393/11, EU:C:2013:143, punto 34).

V., a tal riguardo, Tobler, C., «The Prohibition of Discrimination in the Union’s Layered System of Equality Law: From Early Staff Cases to the Mangold Approach», in The Court of Justice and the Construction of Europe: Analyses and Perspectives on Sixty Years of Case-law, Asser Press, 2013, pagg. 443-469: «recently, the Court confirmed in another context that the same factual elements may be relevant in the analytically different contexts of comparability and objective justification (Rosado Santana, para. 69), which is rather confusing» (pag. 464) (il corsivo è mio).

Tuttavia, rilevo che tale punto figura, nelle sentenze di cui trattasi, prima del punto relativo alla «particolare natura delle mansioni», citato al paragrafo 53 delle presenti conclusioni, e secondo il quale le «mansioni» vengono prese in considerazione per stabilire se la disparità di trattamento sia giustificata. Di conseguenza, il punto relativo alla «particolare natura delle mansioni» deve essere letto, a mio avviso, come una precisazione apportata al punto relativo alla «natura delle funzioni».

( 52 ) L’avvocato generale Cosmas aveva peraltro attirato l’attenzione della Corte su tale aspetto nella causa Angestelltenbetriebsrat der Wiener Gebietskrankenkasse, la quale verteva sull’interpretazione dell’articolo 157, paragrafo 1, TFUE: la natura del lavoro e le condizioni lavorative possono essere oggetto di un «doppio utilizzo», ossia essere utilizzate al contempo per confrontare le prestazioni lavorative e per giustificare la disparità di trattamento, solo se esse vengono definite in maniera diversa per ciascuno di questi utilizzi. Secondo l’avvocato generale, «affinché la possibilità del doppio utilizzo del criterio della formazione professionale abbia senso, si deve considerare che tale criterio non ha contenuto identico nei due diversi modi in cui lo si può utilizzare». Nella specie, una medesima attività (la psicoterapia) veniva svolta da medici e da laureati in psicologia (i quali non erano pertanto dei medici). L’avvocato generale proponeva di tenere conto della formazione professionale sia per stabilire se le situazioni fossero comparabili sia per verificare, se del caso, se la disparità di trattamento fosse giustificata. Egli suggeriva dunque di dare un contenuto diverso al criterio della formazione professionale in ciascuna di queste due fasi: la comparabilità delle situazioni poteva essere esclusa, a suo avviso, solo se la formazione professionale era «fondamentalmente diversa», mentre la giustificazione poteva essere ammessa qualora la formazione professionale fosse semplicemente «diversa» (conclusioni dell’avvocato generale Cosmas nella causa Angestelltenbetriebsrat der Wiener Gebietskrankenkasse, C‑309/97, EU:C:1999:8, paragrafo 33).

La Corte non riprende la distinzione proposta dall’avvocato generale: essa ritiene che le situazioni non siano comparabili e non si pronuncia pertanto sulla giustificazione e sui criteri di quest’ultima (sentenza Angestelltenbetriebsrat der Wiener Gebietskrankenkasse, C‑309/97, EU:C:1999:241, punto 20). Su tale punto, essa non è stata più chiara nelle sentenze Royal Copenhagen (C‑400/93, EU:C:1995:155, punto 42) e JämO (C‑236/98, EU:C:2000:173, punti 48 e 52).

( 53 ) V. il paragrafo 86 delle presenti conclusioni.

( 54 ) Rilevo che tenere conto della «particolare natura delle mansioni» non già al fine di accertare se le situazioni siano comparabili, bensì per verificare se la disparità di trattamento possa essere giustificata, potrebbe comportare l’alleggerimento dell’onere della prova incombente sul lavoratore a tempo determinato, il che mi sembra conforme all’obiettivo dell’accordo quadro, quale definito alla sua clausola 1, lettera a). È vero che tale accordo quadro nulla dice sulla ripartizione dell’onere della prova, e la giurisprudenza relativa a quest’ultimo non apporta alcuna precisazione. Tuttavia, mi sembra che il lavoratore a tempo determinato che si reputa vittima di una discriminazione potrebbe avere delle difficoltà a dimostrare di espletare esattamente le stesse mansioni del lavoratore a tempo indeterminato che beneficia del vantaggio a lui negato, segnatamente se questi lavora presso un altro stabilimento. Di conseguenza, esigere dal medesimo che questi dimostri non di effettuare un lavoro identico o simile, bensì di svolgere esattamente le stesse mansioni, potrebbe rendergli in pratica difficile rivendicare la protezione della clausola 4 di detto accordo.

( 55 ) Sentenza Angestelltenbetriebsrat der Wiener Gebietskrankenkasse (C‑309/97, EU:C:1999:241, punto 20): «dalle indicazioni contenute nell’ordinanza di rinvio risulta che, anche se gli psicologi e i medici occupati come psicoterapeuti (…) esercitano un’attività apparentemente identica, essi utilizzano, per curare i loro pazienti, conoscenze e capacità acquisite in discipline molto diverse, le une basate su studi di psicologia e le altre su studi di medicina». V. parimenti le conclusioni dell’avvocato generale Cosmas nella causa Angestelltenbetriebsrat der Wiener Gebietskrankenkasse (C‑309/97, EU:C:1999:8, paragrafo 35): «anche se, facendo riferimento al suo oggetto, essi apparentemente esercitano la stessa attività, cioè la psicoterapia, possiedono cognizioni, esperienza e quindi idoneità terapeutiche fondamentalmente diverse, circostanza che ha influenza sostanziale sul lavoro svolto».

( 56 ) Il corsivo è mio.

( 57 ) Sentenza del Tribunal Supremo del 17 marzo 2005, Sezione del contenzioso amministrativo, Sottosezione Settima, ricorso n. 4245/1999 (ROJ STS 1711/2005).

( 58 ) La ricorrente afferma di non svolgere, in quanto segretaria, funzioni di «consulenza speciale».

( 59 ) Sentenza Valenza e a. (da C‑302/11 a C‑305/11, EU:C:2012:646, punto 43) e ordinanza Bertazzi e a. (C‑393/11, EU:C:2013:143, punto 33).

( 60 ) Sentenza Nierodzik (C‑38/13, EU:C:2014:152, punto 32).

( 61 ) Ordinanza Montoya Medina (C‑273/10, EU:C:2011:167, punto 39).

( 62 ) Ordinanza Lorenzo Martínez (C‑556/11, EU:C:2012:67, punto 46).

( 63 ) Sentenza Rosado Santana (C‑177/10, EU:C:2011:557, punti 67 e 83).

( 64 ) Ordinanza Montoya Medina (C‑273/10, EU:C:2011:167, punto 13).

( 65 ) Ordinanza Lorenzo Martínez (C‑556/11, EU:C:2012:67, punti 10-17).

( 66 ) Sentenza Rosado Santana (C‑177/10, EU:C:2011:557, punti 10-12).

( 67 ) Sentenza Lawrence e a. (C‑320/00, EU:C:2002:498, punto 18). V. parimenti la sentenza Allonby (C‑256/01, EU:C:2004:18, punto 46).

( 68 ) Sentenza Lawrence e a. (C‑320/00, EU:C:2002:498, punto 17). Il corsivo è mio.

( 69 ) Rilevo, a tal riguardo, che la definizione del perimetro di riferimento come comprensivo dei lavoratori le cui condizioni di lavoro possono essere ricondotte ad un’unica fonte può sfociare, se applicata al settore privato, nella definizione di un perimetro ristretto. La clausola 3, paragrafo 2, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato prevede in tal senso che, in assenza di un lavoratore a tempo indeterminato comparabile nello stesso stabilimento, il raffronto si dovrà fare in riferimento al contratto collettivo applicabile: se il contratto collettivo applicabile è un contratto collettivo aziendale, il perimetro di riferimento si troverà limitato ai lavoratori dell’impresa di cui trattasi. Inoltre, la definizione del perimetro di riferimento in funzione della fonte delle condizioni di lavoro può sfociare nell’adozione, per lo stesso lavoro (segretaria), di un perimetro più ristretto per i lavoratori del settore privato (per le segretarie a tempo determinato del settore privato, le segretarie a tempo indeterminato della stessa impresa, qualora il contratto collettivo applicabile sia un contratto aziendale) rispetto ai lavoratori del settore pubblico (per le segretarie a tempo determinato del settore pubblico, le segretarie a tempo indeterminato dell’amministrazione pubblica nel suo insieme). Tuttavia, conseguenze del genere mi sembrano discendere dalla clausola 3, paragrafo 2, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato. Essa prevede infatti un raffronto in riferimento al contratto collettivo applicabile oppure in conformità con la legge, i contratti collettivi o le prassi nazionali: essa lascia pertanto liberi gli Stati membri di definire il perimetro di riferimento.

( 70 ) Sentenze Del Cerro Alonso (C‑307/05, EU:C:2007:509, punti 47-48); Gavieiro Gavieiro e Iglesias Torres (C‑444/09 et C‑456/09, EU:C:2010:819, punto 50); e ordinanze Montoya Medina (C‑273/10, EU:C:2011:167, punto 32) e Lorenzo Martínez (C‑556/11, EU:C:2012:67, punto 37).

( 71 ) Sentenza Gavieiro Gavieiro e Iglesias Torres (C‑444/09 e C‑456/09, EU:C:2010:819, punto 20).

( 72 ) Nella sentenza Gavieiro Gavieiro e Iglesias Torres (C‑444/09 e C‑456/09, EU:C:2010:819), la Corte ha statuito che l’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato era applicabile a dipendenti temporanei spagnoli (le cui condizioni di lavoro erano disciplinate, come nella presente causa, dalla LEBEP).

( 73 ) Sottolineo che la situazione su cui la Corte è chiamata a pronunciarsi nella presente causa si distingue da quella sfociata nell’ordinanza Rivas Montes (C‑178/12, EU:C:2013:150).

In tale ordinanza, la Corte era chiamata ad occuparsi della disposizione spagnola che prevedeva, con riferimento ai dipendenti di ruolo, la considerazione, ai fini del calcolo degli scatti di anzianità, di tutti i periodi anteriori di servizio, a prescindere dall’amministrazione nella quale essi erano stati svolti. La stessa disposizione prevedeva, per contro, con riferimento agli agenti assunti con contratto, la considerazione dei soli periodi di servizio svolti nella stessa amministrazione. La Corte ha dichiarato di non essere competente a pronunciarsi sulla conformità di tale disposizione spagnola alla clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato. Essa ha rilevato che gli agenti reclutati con contratto erano assunti o a tempo determinato o a tempo indeterminato, e che tutti gli agenti reclutati con contratto erano trattati in maniera identica (erano presi in considerazione unicamente i periodi di servizio svolti nella stessa amministrazione). Essa ne ha desunto che la disparità di trattamento dedotta era fondata non già sulla durata determinata o indeterminata del rapporto di lavoro, bensì sulla natura giuridica di quest’ultimo (di ruolo o contrattuale). Una siffatta differenza di trattamento non rientrava pertanto nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione.

Orbene, nell’ordinanza Rivas Montes, nella quale un agente reclutato con contratto a tempo determinato invocava il beneficio di detta clausola 4, non tutti gli agenti erano stati assunti con contratto a tempo determinato: taluni erano a tempo indeterminato; tuttavia, tutti venivano trattati nella stessa maniera. Per contro, nella presente causa, nella quale un membro del personale reclutato occasionalmente invoca il beneficio della stessa clausola 4, tutti i membri del personale reclutato occasionalmente lo sono a tempo determinato; e tutti vengono trattati in maniera identica (nessuno ha diritto agli scatti controversi).

In ogni caso, la soluzione accolta dalla Corte nell’ordinanza Rivas Montes mi sembra criticabile. Infatti, nella misura in cui la ricorrente era stata assunta a tempo determinato, e taluni lavoratori a tempo indeterminato (i dipendenti di ruolo) beneficiavano del vantaggio ad essa negato, sarebbe stato preferibile, a mio avviso, ritenere che fosse integrata una disparità di trattamento vietata dalla clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato. Negare alla sig.ra Rivas Montes, come fatto dalla Corte, il beneficio di tale clausola 4 si risolve nell’esigere che tutti i lavoratori a tempo indeterminato comparabili (dipendenti di ruolo e agenti assunti con contratto a tempo indeterminato), e non solo taluni lavoratori a tempo indeterminato comparabili (i dipendenti di ruolo), beneficino del vantaggio negato al lavoratore a tempo determinato che si reputa vittima di una discriminazione. Siamo in presenza in tal caso, mi sembra, di un’interpretazione restrittiva della citata clausola 4, mentre gli obiettivi di detto accordo quadro e il suo effetto utile richiedono un’interpretazione ampia della clausola in parola. Infine, rilevo che nell’ordinanza Vino, sulla quale si fonda la Corte nell’ordinanza Rivas Montes, nessun lavoratore a tempo indeterminato poteva beneficiare del vantaggio rivendicato dal ricorrente, in quanto un siffatto vantaggio consisteva nell’indicazione obbligatoria, nel contratto di lavoro a tempo determinato, della ragione per la quale esso era concluso a tempo determinato (posto che l’omissione di una siffatta indicazione comportava la riqualificazione in contratto di lavoro a tempo indeterminato). Si era dunque effettivamente in presenza di una disparità di trattamento fra taluni lavoratori a tempo determinato (quelli al servizio, come il ricorrente, delle poste italiane, la cui normativa prevedeva che il contratto non doveva menzionare la ragione per la quale esso era concluso a tempo determinato) e altri lavoratori a tempo determinato (quelli che beneficiavano delle disposizioni di diritto comune, ossia il cui contratto doveva menzionare la ragione per la quale esso era a tempo determinato). V. ordinanza Vino (C‑20/10, EU:C:2010:677, punti 15, 16 e 57).

( 74 ) Sentenza Valenza e a. (da C‑302/11 a C‑305/11, EU:C:2012:646, punti 50 e 51) nonché ordinanza Bertazzi e a. (C‑393/11, EU:C:2013:143, punti 39 e 40).

( 75 ) Sentenza Valenza e a. (da C‑302/11 a C‑305/11, EU:C:2012:646, punto 52), nonché ordinanza Bertazzi e a. (C‑393/11, EU:C:2013:143, punto 41).